Notizie su Israele 11 - 17 maggio 2001


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PULIZIA ETNICA IN BEIT JALLA


I cristiani palestinesi hanno recentemente diffuso un appello contro gli spari dei terroristi di Fatah-Tanzim contro Gerusalemme, la capitale di Israele (Gilo). Nel loro appello i cristiani palestinesi si lamentano per il fatto che i musulmani palestinesi di Beit Jalla sfruttano le sparatorie con Israele per operare una pulizia etnica in Beit Jalla.

"Da più di sette mesi musulmani armati irrompono in case e appartamenti di cristiani palestinesi e da lì sparano su Gilo e altri punti fortificati israeliani, pur sapendo che con le loro armi non possano raggiungerli. L'unica cosa che vogliono è di provocare le forze di sicurezza israeliane e spingerle ad un feroce fuoco di risposta sugli abitanti cristiani di Beit Jalla", così è scritto nell'appello.

Per la prima volta, inoltre, vengono anche pubblicati i nomi dei terroristi di Fatah-Tanzim, che secondo il documento sono una banda di irresponsabili briganti. Tra questi ci sono: i fratelli Asdaf e Ibarbim Abiat, Riad Amour, Kamal Hamid e Abdallah Abu Hadid. I cristiani palestinesi accusano le autorità dell'Autonomia Palestinese di non fare niente per impedire la pulizia etnica esercitata contro i cristiani palestinesi della zona di Betlemme.

"Il gruppo degli Hatha'amara è costituito da musulmani, ed è il più forte gruppo nella zona di Betlemme. I membri del gruppo militano nelle file della polizia palestinese e in Betlemme comandano come piace a loro."

(da NAI - Nachrichten aus Israel, 11.05.01)


ARAFAT INVITA AD ANDARE AVANTI


Migliaia di Palestinesi hanno manifestato nella striscia di Gaza e in Cisgiordania per chiedere, nel giorno dell'indipendenza dello Stato di Israele, il "giorno della catastrofe", il ritorno dei profughi palestinesi. I dimostranti, armati di sassi, fucili e bombe incendiarie, portavano bandiere palestinesi e striscioni con la scritta: "A Gerusalemme ci arriveremo, anche se dovessero morire milioni di persone". In un'intervista televisiva fatta prima del suo viaggio in Egitto, Yasser Arafat ha esortato i Palestinesi a non mollare, e a onorato i morti che hanno già lasciato la loro vita per il futuro stato palestinese. Nello stesso tempo ha detto chiaramente che non ci sarà nessuna pace senza il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, il completo ritiro dei militari israeliani dietro i confini del 1967 e l'abbondono di tutti gli insediamenti dei coloni ebrei. Il suo discorso si è concluso con "Fino a che ci rivedremo ... in Gerusalemme, la capitale della Palestina ... in cui un bambino palestinese alzerà la bandiera palestinese sulle moschee e sulle chiese".

(da ICEJ-Nachrichten, 16.05.01)

Nota - ICEJ è la sigla della International Christian Embassy Jerusalem.



LA SIRIA CONTINUERA' A SOSTENERE GLI HEZBOLLAH


Il ministro della difesa siriano Mustafa Tlass ha dichiarato in un'intervista al settimanale siriano "Al-Majalla" che il suo paese non ha paura di una lotta armata con Israele. "Noi in Siria non proviamo mai paura davanti a una guerra. Come militiari, da una parte questa è la nostra scelta, e dall'altra è il nostro destino" ha detto, e poi ha dichiarato che il suo paese continuera a sostenere i gruppi terroristi "Hezbollah" nel sud del Libano. Tlass, amico stretto del defunto Presidente Assad, è dal 1972 ministro della difesa siriano ed è considerato uno degli uomini più potenti nel partito di governo Baath. Inoltre è conosciuto internazionalmente per il suo libro "The Matzah of Zion", in cui sostiene l'affermazione che nel 1841 gli Ebrei in Damasco uccisero bambini siriani per usare il loro sangue nei pasti ebraici della Pasqua. All'inizio della settimana scorsa si è messo ancora in evidenza con un'altra osservazione antiebraica, quando in un'intervista presso una stazione televisiva libanese ha detto: "Noi [Arabi] viviamo in una tradizione del martirio... Quando vedo un Ebreo davanti a me, io l'ammazzo. Se ogni Arabo agisse così, sarebbe la fine degli Ebrei".

(da ICEJ-Nachrichten, 16.05.01)



TUTTI I MOTIVI SONO BUONI


Da un articolo di Herb Keinon su Jerusalem Post

Per i primi cinque mesi della cosiddetta intifada nessuno ha parlato di insediamenti. La versione palestinese era che l'intifada "di Al-Aqsa" costituiva una spontanea reazione popolare alla visita di Ariel Sharon al Monte del Tempio. Gli israeliani rispondevano che era un'assurdita', che l'intifada non aveva nulla a che fare con il Monte del Tempio e con Sharon. Piuttosto si trattava di una scelta del presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat il quale, visto che non era riuscito a ottenere tutto quello che voleva al tavolo negoziale di Camp David, aveva deciso di cercare di prendersi il resto con la violenza.
Dunque, durante i primi cinque mesi di violenze, diciamo durante il "periodo Barak", anche se Israele subiva sconfitte nella battaglia per l'immagine, tuttavia questo suo punto di vista iniziava a farsi strada e molti iniziavano a pensare che i palestinesi avessero effettivamente respinto un'offerta di compromesso che non avrebbero dovuto rifiutare, facendo ricorso alla violenza. I palestinesi, quando hanno capito che il loro primo copione non funzionava piu', l'hanno semplicemente messo da parte e ne hanno tirato fuori un altro. Ora non e' piu' Sharon che ha causato l'intifada. Ora le cause sono la rabbia e la frustrazione per gli insediamenti. Questa seconda versione funziona meglio per due motivi. Primo, perche' il mondo non ha molto in simpatia gli insediamenti israeliani. Secondo, perche' e' molto facile collegare l'immagine di Sharon con quella degli insediamenti. (...) Ma e' comunque sorprendente vedere la rapidita' con cui e' stata spostata l'attenzione dalla visita di Sharon agli insediamenti, e la rapidita' con cui il mondo ha preso per buona la nuova versione dei palestinesi secondo cui il problema non sono le violenze, ma gli insediamenti. Anzi, che sono gli insediamenti che hanno causato le violenze. Chi parla piu' della visita di Sharon? Chi ricorda piu' che, accettando le offerte fatte a Camp David, oggi il problema insediamenti sarebbe gia' avviato a soluzione? (...)
I palestinesi sono riusciti a far passare l'idea che costruire 500 appartamenti a Ma'aleh Adumin o 200 abitazioni ad Alfei Menashe in qualche modo sia la stessa cosa che spaccare la testa a due adolescenti a colpi di pietre. Il ragionamento e': "se smettete di costruire, noi smettiamo di spaccarvi la testa". Un ragionamento che mette il governo Sharon in una posizione ben difficile. Anche se i sondaggi, come quello pubblicato pochi giorni fa da Yediot Aharonot, indicano che il 62 per cento degli israeliani sarebbe disposto a congelare le costruzioni negli insediamenti, il governo israeliano difficilmente potra' accettare di fare una cosa non prevista dagli accordi firmati, premiando chi ha fatto esplicito ricorso alla violenza. Per dirla con le parole di un funzionario dell'ufficio di Sharon, "e' come se i palestinesi puntassero una pistola alla tempia degli israeliani e dicessero: o fermate le costruzioni, o spariamo. Sarebbe esattamente come pagare la protezione, il pizzo. Sharon semplicemente non puo' farlo". (...).

(Jerusalem Post, 11.05.01)



LIBRI

Benny Morris, "Vittime - Storia del conflitto arabo-sionista 1881-2001", Rizzoli, Milano 2001


INDIRIZZI INTERNET


The Brief Facts on the Israeli Conflict
http://www.gamla.org.il/english/feature/facts.htm