Notizie su Israele 15 - 30 maggio 2001


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Oracolo, parola del SIGNORE, riguardo a Israele. Parola del SIGNORE che ha disteso i cieli e fondata la terra, e che ha formato lo spirito dell'uomo dentro di lui. «Ecco, io farò di Gerusalemme una coppa di stordimento per tutti i popoli circostanti; questo concernerà anche Giuda, quando Gerusalemme sarà assediata. In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti e tutte le nazioni della terra si aduneranno contro di lei.

(Zaccaria 12.1-3)



 Il motivo di queste pagine non è dire: "Israele ha sempre ragione", ma: "Dio ha sempre ragione". E nella Sua Parola Dio dice che Israele è il popolo da Lui scelto e che Satana spingerà le nazioni contro Israele, con la crudeltà e la menzogna, per combattere Dio e dominare il mondo. Il tentativo avverrà, ma questo segnerà la sua fine.
 Poiché la menzogna è l'arma principale con cui l'Avversario seduce le nazioni, è importante saper riconoscere le parole che fanno il gioco del Nemico, per non rischiare di diventare elementi inconsapevoli delle sue manovre anche soltanto ascoltando e commentando notizie distorte.  

M.C.


CONFLITTO PER LA TERRA O GUERRA SPIRITUALE?


 Mark Twain ha detto una volta: "Tutte le cose passano, soltanto l'Ebreo no; altre potenze spariscono, ma lui rimane. Dove si trova il segreto della sua immortalità?" Non c'è nessun segreto sull'immortalità degli Ebrei. E' ben noto dalla Bibbia che il popolo ebreo è stato eletto tra le nazioni, e proprio dall'onnipotente Dio, che lo ha scelto per il compimento di ben precisi progetti. In questi ultimi tempi le Sue precise intenzioni  non sono ancora tutte compiute.
 Nessun altro popolo è stato eletto, ma nessun altro popolo è stato il bersaglio di tanto odio e ha subito tanta persecuzione e sperimentato tanto spargimento di sangue. E' stato detto che le grandi sofferenze patite da Israele nell'antichità hanno la loro origine nella decisione di Israele di seguire la via delle nazioni e non la via del suo Dio: "... lei non pensava alla sua fine; perciò è caduta in modo sorprendente" (Prov. 1.9).
 Israele è costretta dal suo destino a giocare una parte nel piano di redenzione mondiale di Dio. Per Israele è impossibile essere "come tutte le altre nazioni", come avrebbe voluto un Primo Ministro del recente passato. Israele è prigioniero delle profezie bibliche, e il rischio che le profezie su Israele non si compiano è grande come il rischio che domani il sole non sorga. Le profezie e i fatti biblici hanno una loro stabile ineluttabilità; l'uomo non può modificare quello che Dio nella Sua volontà ha deciso. Ma ci sono anche cose che Dio non farà, e tra queste c'è il fatto che Dio non contraddirà mai la Sua parola.
 Nel giardino di Eden l'uomo si è ribellato a Dio ed è morto di una morte spirituale. Gli Ebrei sono stati scelti da Dio per formare un popolo che dovesse servire come strumento per riportare l'uomo a Dio. Attraverso di loro è giunto il Messia per riportare gli uomini dalla morte alla vita. La vocazione degli Ebrei è molto chiaramente di natura spirituale. E come nel giardino di Eden la potenza satanica ha potuto provocare la morte spirituale dell'uomo, così fino ad oggi ha tentato di distruggere il popolo ebraico, per impedire il compimento della sua vocazione. Satana odia gli Ebrei, e questo è chiaro dai trattamenti a cui li sottopone, ma il compimento dei piani di Dio non può essere impedito. I piani di Dio possono essere ostacolati e perfino ritardati, ma il loro compimento finale non può essere vanificato.
 Dio, che resta fedele alla Sua parola, ha conservato per secoli il Suo popolo e lo ha accompagnato in tutte le tempeste e i vortici in cui le forze dell'inferno hanno fatto passare questo popolo, anche attraverso l'olocausto dei nazisti, che è costato la vita a sei milioni di Ebrei. Dio non ha soltanto conservato il Suo popolo, ma, in accordo con la Sua parola, ha riportato gli Ebrei nella loro patria d'origine e fatto rinascere lo Stato d'Israele.
 Le nazioni arabe, insieme con altri paesi islamici, vorrebbero farci intendere che i grandi disordini del Vicino Oriente sono dovuti al fatto che gli Ebrei hanno rubato la terra araba. Anche i mezzi di comunicazione di massa, i veri megafoni del mondo, presentano il lungo conflitto arabo-israeliano come una lite per la terra. E i capi politici delle potenti nazioni del mondo esercitano pressione su Israele per indurli a restituire la terra ai loro vicini arabi, che da millenni occupano complessivamente circa il dieci per cento dell'intera superficie terrestre, un'estensione geografica più grande di quella di ogni altro gruppo etnico. Facendo pressioni su Israele affinché restituisca la terra, le teste che guidano il mondo pensano di realizzare i loro piani su un conflitto territoriale. Ma il conflitto e lo spargimento di sangue nella "Terra santa" non è una lite per i territori, ma una battaglia spirituale di una potenza satanica contro il popolo e i piani di Dio. Un terrorista di Gaza ha chiarito con questa dichiarazione il pensiero dei Musulmani:

"Israele sarà distrutta. E' un fatto che sta scritto nel Corano. Si tratta di un conflitto religioso, non di con conflitto arabo-israeliano o palestinese-israeliano. E' un conflitto religioso tra Musulmani, che sono i veri proprietari di questa terra, e gli Ebrei, che usano il sionismo e l'ebraismo per costruire uno Stato secolare".

 Al terrorista è stata posta questa domanda: "Ma che sarà se Israele vincerà l'Islam?" Risposta: "Se Israele vincerà l'Islam, non sarà l'ultima battaglia, perché l'ultima battaglia si avrà quando i Musulmani vinceranno Israele." [...]

 Ad ogni serio lettore della Bibbia è chiaro che alla fine di questa epoca della storia un posto importante sarà occupato da guerre con grandi perdite di vite umane. Al lettore della Bibbia è anche chiaro che il Regno di Dio si realizzerà passando attraverso catastrofi e non per un graduale sviluppo. Poiché vivo qui in Gerusalemme e seguo attentamente le notizie inglesi, ebraiche ed arabe su Israele, mi è chiaro che siamo nel mezzo di un irreversibile Countdowun (conto alla rovescia) per la guerra, che vada avanti o no il "processo di pace".
 Le intenzioni che guidano l'OLP nel "processo di pace" stanno tutte in questo: indebolire abbastanza Israele fino a rendere possibile il suo annientamento. La guerra è quindi un'indispensabile componente di tutto il piano.

(da "PHILISTINE - The Great Deception", di Ramon Bennett)



«VOGLIAMO GETTARE GLI ISRAELIANI NEL PANICO»

Il grande fratello del terrore

GERUSALEMME -  LA Jihad Islamica ha rivendicato l'attentato di ieri mattina (27 maggio) a Gerusalemme; l'organizzazione di George Habash ha rivendicato quella dell'altra notte; il giorno prima i due attacchi terroristici, l'uno a Gaza e l'altro a Hadera, sono stati rivendicati da Hamas. Questa giostra di firme si è verificata anche per gli attentati dei giorni precedenti, e tutti hanno due importanti dati in comune, che ci permettono di decifrare la situazione attuale: la televisione degli hezbollah El Manara quasi ad ogni attentato (compreso quello di Natanya che ha fatto cinque morti più il terrorista suicida) ha presentato in anteprima sia le immagini degli scoppi, sia i video-cult che i terroristi suicidi, gli shahid (in arabo: martire) lasciano per i posteri. A volte gli hezbollah trasmettono insieme anche dichiarazioni di incitamento e lodi da parte di Hassan Nasrallah, il loro carismatico leader politico-religioso, e anche dello sceicco Yassin, che sugli ultimi attentati ha dichiarato da Gaza: «Vogliamo gettare gli israeliani nel panico. Vogliamo impiantare il terrore nella testa dei nostro nemici». Sia i leader di Hamas sia gli hezbollah hanno dichiarato che gli ultimi attentati erano intesi a celebrare la ritirata di Israele dal Libano del Sud un anno fa. Persino un terrorista suicida l'ha dichiarato nel suo ultimo discorso. Ma consideriamo anche il secondo elemento importante: da venerdì, quando Sharon ha dichiarato il cessate il fuoco, da parte di Arafat la sequenza di attentati in Israele non è stata condannata; e anzi, dopo l'attacco di Natanya una grande manifestazione di gioia di Ramallah ha visto in piazza appartenenti a tutte le organizzazioni palestinesi, da Fatah a Hamas. Il muftì di Gerusalemme nominato da Arafat, Ekrima Sabri, ha dichiarato venerdì il sostegno teologico ai terroristi suicidi. Del resto i colpevoli di attentati terroristi della Jihad e di Hamas, che dopo l'ondata terroristica del 1994-95 erano stati catturati dalle forze di Arafat, in base gli accordi di Oslo sono stati rimessi in libertà a ottobre con una decisione strategica di unità nazionale, seguita da regolari riunioni politiche fra tutte le componenti. Ieri stesso un personaggio di primo piano nell'Autonomia palestinese, Nabil Amar, ha detto che considerare terrorismo le azioni in corso in Israele è una definizione americana che l'Autorità non riconosce. In breve, al momento l'accordo fra tutte le componenti politiche palestinesi comprende anche le varie organizzazioni terroristiche: le loro azioni creano per Arafat una situazione di tensione che potrebbe portare Israele a rompere il cessate il fuoco, a compiere un gesto pesante che gli consentirebbe così di rilanciare, al di là della ripresa di un'incerta mediazione americana e del prossimo incontro di martedì con Shimon Peres, uno scontro tale da giustificare la chiamata in gioco di una forza internazionale. Del resto, a giudicare da un'intervista di Solana sul quotidiano spagnolo «El Pais» di ieri, Arafat ha ottenuto un buon successo strategico ponendo la questione degli insediamenti come priorità internazionale; il terrorismo ormai devastante e onnipresente nella vita degli israeliani resta in secondo piano. Non è detto, pensa quindi Arafat, che la sua richiesta di una forza internazionale non abbia successo. L'altro punto fondamentale per valutare la nuova escalation è il ruolo degli hezbollah: anzitutto è enorme il peso ideologico che, specie in questo anniversario dell'uscita israeliana dal Libano, esercita l'eccitazione diffusasi nel Medio Oriente al pensiero che un esercito di guerriglia e di terrorismo suicida abbia «messo in fuga» Israele. L'adesione al modello libanese, il mito dell'irriducibilità, l'ispirazione religiosa ne hanno fatto il modello della piazza e delle organizzazioni palestinesi, il punto d'appoggio dell'occupazione siriana del Libano e anche il gruppo di guerriglia islamico preferito dall'Iran. Appunto dall'Iran, con l'aiuto della Siria, giungono agli hezbollah una quantità di fondi e di armi inusitata, ormai distribuite alle varie organizzazioni amiche: la nave carica d'armi diretta a Gaza e intercettata nelle acque israeliane era di questa provenienza. La causa palestinese, per gli hezbollah, è diventata la nuova «ragione sociale» per la quale si battono, dato che Israele ha lasciato il Libano. E nelle intenzioni di Nasrallah la guerra a Israele non ha una dimensione territoriale, ma strategica, per restaurare una società islamica nell'intera area. Come per Hamas, per Nasrallah che lo ripete ad ogni occasione «il nemico sionista» - ha detto il 20 di questo mese - «verrà attaccato sempre di più». Il 14 maggio Nasrallah aveva fatto sparare quattro missili sul posto di confine di Daliah e la sala da pranzo dei soldati era stata colpita qualche minuto prima del loro pasto. La tecnica delle katiusha e dei mortai è copiata e sostenuta dagli hezbollah; le organizzazioni che ora ad una ad una compiono attentati terroristici sono appunto riuscite a tornare sul palcoscenico del conflitto perché gli hezbollah si sono fatti loro patroni e organizzatori; e quanto più Hamas, Jihad, Fronte Popolare si fanno sentire, quanti più terroristi suicidi riescono a produrre, tanto più supporto e aiuto economico ottengono da questa sempre attiva fonte di sostegno. [f. n.]

("La Stampa", 28.05.01)


INDIRIZZI INTERNET

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