Notizie su Israele 47 - 9 ottobre 2001 <- precedente seguente -> indice I re della terra si danno convegno e i prìncipi congiurano insieme contro il SIGNORE e contro il suo Unto, dicendo: «Spezziamo i loro legami, e liberiamoci dalle loro catene». Colui che siede nei cieli ne riderà; il Signore si farà beffe di loro. Egli parlerà loro nella sua ira, e nel suo furore li renderà smarriti: «Sono io», dirà, «che ho stabilito il mio re sopra Sion, il mio monte santo». (Salmo 2.1-6) FORME RAFFINATE DI ODIO VERSO ISRAELE Da un articolo di Giorgio Israel [...] Ecco il tema su cui sta iniziando il fuoco incrociato, fuoco da tutte le parti: non vogliamo morire per Israele, colpa di tutti i mali, causa del terrorismo. Se non ci fosse Israele vivremmo tranquilli coi nostri amici dell'Islam. Quindi, Israele conceda qualsiasi cosa gli si chieda, oppure si tolga dai piedi Si ha sensazione da qualche giorno di una sorta di riallineamento su questa posizione, anche se per lo più espressa con toni moderati: "Si risolva subito la questione palestinese e, inciso questo bubbone, la soluzione del problema del terrorismo sarà avviata nel modo migliore" Il fatto è che questa linea è inconsistente anche quando non è enunciata in malafede per due ragioni: perché è basata su una falsificazione e su un'ipocrisia tipicamente 'postmoderna' La falsificazione consiste nell'asserire che la causa principale, se non unica, del terrorismo è Israele e il problema palestinese. Si tratta di una tesi talmente falsa da non meritare neppure una confutazione. Del resto, si sono incaricati terroristi e taleban stessi di confutarla. Il problema è molto più ampio, grave e profondo. Non è forse vero che la seconda Intifada è scoppiata subito dopo che Arafat aveva rigettato le generose (troppo generose) offerte di Barak a Camp David? Non è forse vero che subito dopo che Bush ha dichiarato di voler accettare il principio di uno stato palestinese, vi è stato un sanguinoso assalto a un insediamento a Gaza? Non è forse vero che la dirigenza palestinese gioca sempre al rialzo? Se si offre loro tutta la Cisgiordania e Gaza chiedono Gerusalemme; se si offre loro parte di Gerusalemme la vogliono tutta. E avvertono subito che quand'anche la ottenessero tutta, vorrebbero il diritto al ritorno su tutto il suolo di Israele per 4 milioni tra profughi e i loro discendenti. In realtà, quel che preferiscono è lo scontro, sperando di coinvolgere tutto il mondo islamico nelle loro posizioni estremiste e di riuscire pian piano a buttare a mare tutti gli ebrei residenti in Palestina. Questa politica non è quindi altro che un aspetto del disegno complessivo del terrorismo islamico. Chi non lo vuol vedere o è cieco o si tappa gli occhi a bella posta L'ipocrisia consiste nell'attribuire la colpa di ogni delitto sempre a certe "cause" (sociali, morali, economiche ecc.) che lo avrebbero generato e quindi a chi ha prodotto quelle cause. Hai assassinato tua madre e tuo fratello? E' colpa loro che ti avranno distrutto la psiche attraverso chissà quali sevizie mentali. Sei il mostro di Firenze? No poveretto, sei soltanto una vittima della società. Sei un terrorista e distruggi due grattacieli con migliaia di persone dentro? Povero caro, sei soltanto una vittima della ferocia del capitalismo americano. Un terrorista fa saltare per aria una pizzeria e i suoi amici fanno un'esposizione macabra per esaltare il gesto? Poveracci, sono soltanto vittime della ferocia israeliana. Naturalmente potremmo continuare a fare esempi ed esercizi di un simile modo di ragionare. Hanno sparato a D'Antona? Certo, quando si fa una politica sociale antipopolare è naturale che qualcuno si metta a sparare (udita testualmente). Insomma, chi fa le stragi vi è stato costretto in qualche modo, è lui la vittima. Così, potremmo anche dire che, se gli ebrei sono stati sterminati nelle camere a gas, dovevano pure aver fatto qualcosa di male per suscitare una simile reazione da parte dei nazisti. (Quest'ultimo esempio lo dedichiamo alla Signora Tullia Zevi che, in un'intervista a Barbara Palombelli su Il Corriere della Sera, ha sostenuto con energia la tesi giustificazionista e "politically correct" secondo cui bisogna sempre capire le ragioni degli assassini e secondo cui la vera causa del terrorismo è la miseria dei popoli arabi e la crisi mediorientale). Non ci soffermiamo a confutare queste visioni, se non per dire che è sperabile che di esse ci si liberi anche negli Stati Uniti, la cui cultura recente ha non poco contribuito all'ossessione del "politically correct" Qui ci preme soprattutto sottolineare le conseguenze gravi che derivano dall'assunzione di quest'idea: il problema del terrorismo non si risolve tanto combattendolo quanto rimuovendo le "colpe" occidentali e in particolare sanando la ferita del conflitto mediorientale attraverso l'imposizione ad Israele di tutti i cedimenti possibili. Questa tesi è pericolosa perché rispondere all'attentato americano con la promessa di dare ai palestinesi quanto più possibile, crea lo si voglia o no una connessione di causa-effetto: vi abbiamo colpito e voi cedete. E allora, se quel che ci offrirete non ci sembrerà sufficiente, un altra mazzata potrà servire a ottenere di più. Si dialoga con chiunque, ma con i terroristi il dialogo israelo-palestinese ha senso soltanto con un referente palestinese non terrorista. Che senso la creazione a tutti i costi e senza condizioni di uno stato palestinese? Sarebbe forse accettabile e risolverebbe qualcosa uno stato palestinese governato dalla Jihad islamica? Ovvero un duplicato dell'Afganistan taleban? Eppure sarà la paura, sarà la debolezza, oppure l'antiamericanismo e l'"antisionismo", o infine il terrore che ci taglino petrolio e gas e che non ci si possa più cucinare il risotto molti si allineano su questa posizione. Ed ecco che allora il tiro incrociato si concentra su Israele, l'ostacolo, il guastafeste. Giorni fa la Comunità di S. Egidio ha organizzato un incontro per il dialogo cristiano-islamico. Non è chiaro a cosa si mirasse con questo incontro: forse evitare lo scontro di civiltà. Ma allora la civiltà occidentale sarebbe nient'altro che l'"Occidente cristiano"? Mah La Comunità di S. Egidio va giustamente fiera per il contributo dato alla pace nel Mozambico. E' naturale che essa speri di ottenere qualcosa di analogo anche in Medio Oriente. Ma allora doveva organizzare un incontro ebraico-islamico-cristiano, anzi, soprattutto ebraico-islamico. Difatti, tutti sanno che il principale problema è la negazione diffusa nel mondo islamico di un "diritto storico" ebraico a una qualsivoglia presenza in Palestina. Anzi, molto spesso si nega persino che gli ebrei abbiano mai avuto una presenza su quelle terre: l'ineffabile Arafat è arrivato al punto di dire che con Gerusalemme gli ebrei non hanno alcun legame storico, e neppure vi sarebbe traccia di un loro passaggio nella città Quindi, usare un incontro come quello per stimolare la pace in Medio Oriente sarebbe stato una gaffe colossale ed anche un'emerita violenza: la questione della pace in Medio Oriente non è un affare esclusivo del cristianesimo e dell'islamismo. Per fortuna non sembra che questo sia stato il tema dell'incontro Ma allora non capiamo proprio perché, nel ricevere in forma solenne al Quirinale i partecipanti all'incontro, una persona così autorevole e verso cui non si può che nutrire il massimo rispetto, come il Presidente Ciampi, abbia lanciato un segnale fortissimo: e cioè abbia detto con energia che per battere il terrorismo occorre innanzitutto risolvere il problema palestinese. Inutile insistere sul perché un simile appello, per i suoi contenuti e per il contesto, ci sembra sbagliato e inopportuno. Diciamo soltanto che vengono alla mente le nobili frasi pronunziate dal Presidente subito dopo l'attentato americano la sua affermazione secondo cui contro il terrorismo occorre una lotta senza quartiere volta alla difesa delle nostre istituzioni e dei nostri valori di democrazia e riesce difficile capire quelle di adesso Speriamo vivamente di sbagliarci. Speriamo di non assistere tra pochi giorni ad una marcia della pace Perugia-Assisi che raccolga un vasto fronte, da Bertinotti a Forza Italia. Magari sotto uno striscione che proclami: Morire per Tel Aviv? No, grazie Tel Aviv, s'intende. Gerusalemme è la capitale del futuro stato di Palestina. (Igaion, 4 ottobre 2001) TUTTO DIPENDE DALLA DEFINIZIONE DI TERRORISMO "Niente di tutto quello che fa Bin Laden è terrorismo; terrorismo è quello che fanno i sionisti". Abdul Asis Rantis, portavoce di Hamas DISSE ARAFAT Il 13 settembre 1995, lo stesso giorno in cui si svolse la cerimonia degli accordi di pace in Washington, Yasser Arafat disse alla televisione giordana: "Poiché non possiamo sconfiggere Israele in guerra, lo faremo per gradi. Prenderemo tutto il territorio che potremo in Palestina, stabiliremo lì la nostra sovranità e l'useremo come trampolino per prendere di più. Quando arriverà il tempo opportuno, chiederemo alle nazioni arabe di unirsi a noi per il colpo finale contro Israele." LE NAZIONI UNITE E IL TERRORISMO La Siria nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu La Siria ha ottenuto lunedi' uno dei seggi provvisori del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con il voto favorevole di 160 paesi (su 177 votanti) dell'Assemblea Generale Israele ha protestato con forza, sottolineando come la decisione dell'Assemblea Generale contraddica gli sforzi internazionali volti a sradicare le organizzazioni terroristiche. La Siria figura tuttora sulla lista americana dei paesi che sponsorizzano il terrorismo ed e' accusata di dare ospitalita' e appoggio ad almeno undici organizzazioni terroristiche diverse, tra cui i fondamentalisti sciiti libanesi Hezbollah. Secondo Israele, alcune di queste organizzazioni sono direttamente e indirettamente coinvolte anche nella preparazione degli attentati anti-americani dell'11 settembre. La Siria e' anche accusata di impedire al Libano la piena applicazione della risoluzione Onu 425 che esige il dispiegamento dell'esercito libanese sul confine meridionale con Israele, dove invece spadroneggia Hezbollah. Inoltre la Siria e' formalmente in guerra contro Israele, con il quale non ha voluto finora firmare alcun trattato di pace "Sarebbe ora che il mondo aprisse gli occhi e imparasse a giudicare i paesi non sulla base del numero di voti che ottengono alle Nazioni Unite, ma sulla base della politica che conducono realmente rispetto al terrorismo", ha dichiarato Raanan Gissin, portavoce del primo ministro israeliano Ariel Sharon. A Gerusalemme ci si domanda come mai gli Stati Uniti non si siano opposti con determinazione a una nomina che appare assurda ("un controsenso" l'ha definita l'ambasciatore d'Israele all'Onu Yehuda Lancry) e che getta discredito sul massimo organismo esecutivo dell'Onu. Non sfugge il fatto che nelle scorse settimane si erano moltiplicati gli sforzi per cooptare anche la Siria nella coalizione internazionale contro il terrorismo guidata dagli Stati Uniti, tanto da spingere Sharon a manifestare la profonda preoccupazione di Gerusalemme per i prezzi che questi sforzi potrebbero comportare Il Consiglio di Sicurezza, vero organo decisionale dell'Onu, e' composto da 15 paesi membri, di cui 5 permanenti e con diritto di veto (Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) e 10 a rotazione, eletti per due anni sulla base dei gruppi regionali. Israele non e' mai stato candidato a un seggio del Consiglio di Sicurezza. (Ha'aretz, Associated Press, 8.10.01) INDIRIZZI INTERNET |