Notizie su Israele 57 - 29 novembre 2001 <- precedente seguente -> indice | |||
Voi nazioni, ascoltate la parola del SIGNORE, e proclamatela alle isole lontane; dite: "Colui che ha disperso Israele lo raccoglie, lo custodisce come fa il pastore con il suo gregge". (Geremia 31.10) INTERVISTA CON RAPHAEL ISRAELI, ESPERTO DI ISLAM
nai:Prof. Israeli, qual è la causa del terrorismo islamico: l'esistenza dello Stato ebraico o il contenuto del Corano? Prof. Israeli: Anzitutto il testo del Corano, perché questo esiste già da secoli, ma anche lo Stato di Israele ha contribuito nei tempi moderni ad aumentare il pericolo dell'Islam fondamentalista. Quello che adesso brucia agli occhi dei musulmani è l'attacco dell'occidente all'Islam. E non importa che l'America lodi l'Islam e procuri cibo ai musulmani. Ai loro occhi l'America è e rimane il loro nemico mortale. Lo vediamo tutti i giorni nei paesi arabi e nei territori palestinesi. nai: E' il popolo musulmano quindi a determinare il clima? Prof. Israeli: Sto scrivendo in questo momento un nuovo libro sul terrorismo islamico, dove descrivo anche i nuovi precetti legali dei dotti musulmani, che non sono da considerarsi estremisti, ma appartengono alla corrente islamica predominante Azhar. Anche loro mobilitano oggi il mondo musulmano contro l'America, perché l'America attacca i musulmani. Secondo il Corano nessun musulmano deve combattere un altro musulmano o stringere un'alleanza contro musulmani. nai: Forse capiamo male l'Islam? Prof. Israeli: La terminologia è un grosso problema. Noi e i musulmani usiamo le stesse parole, ma ognuno pensa qualcosa di diverso. Nella loro visione, ogni persona che attacca un musulmano è un terrorista. I musulmani descrivono il terrorismo in modo diverso dall'occidente, dove si dice terrorista chi vuole raggiungere un obiettivo usando violenza contro civili innocenti. I musulmani considerano il terrorismo islamico contro l'America o Israele come una difesa contro l'aggressione americana o israeliana. Pensano che soltanto loro hanno diritto a difendersi, ma non l'America o noi. I musulmani chiamano tutto questo Jihad (guerra santa) per seminare paura nei cuori dei nemici, perché l'America e Israele sono nemici di Allah. I musulmani considerano quindi gli attacchi terroristici a Manhattan o nella pizzeria Sbarro a Gerusalemme come guerra santa contro i terroristi dell'occidente. nai: Non si può presentare la Jihad in modo innocuo? Prof. Israeli: No, la Jihad è una guerra. Ma all'inizio del ventesimo secolo alcuni alti religiosi musulmani hanno cercato di addolcire la Jihad e interpretarla spiritualmente, come se fosse una pacifica missione per convertire il mondo all'Islam. La Jihad è uno strumento dei musulmani per diffondere l'Islam nel mondo, così era all'inizio nel Medio Evo e così è ancora oggi. Quindi i musulmani hanno dichiarato una guerra santa contro l'America, così come hanno dichiarato una guerra santa contro di noi. nai: Quale tipo di Islam dà oggi il tono, gli estremisti o i musulmani moderati? Prof. Israeli: L'Islam fondamentalista non ha inventato un nuovo Islam. C'è solo un Islam e i musulmani moderati credono le stesse cose degli estremisti, solo che non mettono ancora in pratica le idee musulmane. L'Egitto, per esempio, è un paese povero e oggi dipende dall'America. Come potrebbe l'Egitto combattere contro l'America da cui riceve ogni anno 2 miliardi di dollari? Ma non appena dovesse scoppiare una guerra totale contro i musulmani, l'Egitto combatterebbe il nemico insieme agli altri musulmani. nai: L'occidente oggi cerca di fare una differenza tra il terrorismo palestinese e il terrorismo islamico. Prof. Israeli: Come ho già detto, l'Islam sostiene di dover combattere una legittima Jihad, e tutto quello che i nemici fanno è sempre terrorismo. L'occidente lo sa, e sa anche che le azioni di Israele nei territori palestinesi sono più umane degli attacchi aerei americani contro l'Afganistan. E tuttavia siamo noi ad essere criticati; noi, che facciamo uccisioni mirate di terroristi palestinesi e non facciamo come gli Americani, che bombardano le scuole, e come gli attentatori suicidi palestinesi, che fanno saltare in aria ristoranti e autobus. L'occidente si comporta da ipocrita, perché vuole tenersi buono l'Islam. nai: L'America combatte davvero il terrorismo Prof. Israeli: Gli americani credono di combattere il terrorismo, ma in realtà lo combattono molto peggio di noi. Il ministro della difesa americano Rumsfed ha detto: "Per combattere il terrorismo bisogna cercare i terroristi dove si trovano, in Afganistan." La stessa cosa facciamo noi nei territori palestinesi, ma, a differenza dell'America, Israele viene criticato. Ma non passerà molto tempo e gli Americani si accorgeranno di non avere più dei partner di coalizione musulmani, quando nel secondo stadio della guerra vorranno combattere il terrorismo anche in Irak, in Siria e in altri paesi arabi. nai: In quale misura i governi arabi sono radicati sul terrorismo islamico? Prof. Israeli: Dipende dal paese. Vorrei ricordare ai lettori che il Presidente egiziano Mubarak ha ingannato il Presidente americano Reagan, quando ha negato che i terroristi responsabili del sequestro della nave Achille Lauro (1985) si trovavano nel suo paese. L'Arabia Saudita è il partner più stretto dell'America e l'Arabia Saudita paga ogni anno 100 milioni di dollari ai terroristi di Hamas. Naturalmente l'America lo sa, e tuttavia Washington non intraprende nulla contro l'Arabia Saudita, nonostante che Hamas si trovi sulla lista americana del terrorismo. Ma il governo di Bush ha annunciato di punire anche i governi arabi che sostengono il terrorismo islamico, non è vero? L'America non può permettersi di fare guerra a tutti i musulmani, e poiché Washington e l'occidente conducono una politica di compromesso con i musulmani, l'America e l'occidente non potranno mai annientare il terrorismo islamico. nai: In altre parole: il mondo è inerme contro l'Islam? Prof. Israeli: L'Islam mette il mondo sotto pressione e il mondo mette Israele sotto pressione. L'occidente cede all'Islam per motivi politici ed economici, tra l'altro anche per il numero crescente di minoranze musulmane in occidente, circa 10 milioni di musulmani negli USA, 5 milioni in Francia, 3 milioni in Germania e 2 milioni in Inghilterra. nai: Ma l'Europa non vede il pericolo dell'Islam? Prof. Israeli: I governi europei hanno paura dei musulmani, ma non l'ammetteranno mai. Negli anni 80 la Francia è stato l'obiettivo di numerosi attacchi terroristici e il governo francese ha dato dei soldi ai terroristi per mettere fine al terrorismo in Francia. E' più economico comprare la tranquillità che andare in guerra contro l'Islam. nai: Il movimento islamico in Israele è un serio pericolo per il futuro di Israele? Prof. Israeli: Già vent'anni fa ho messo in guardia contro il movimento islamico in Israele e nove anni fa ho scritto un libro sul pericolo del fondamentalismo musulmano in Israele. Le mie diagnosi erano giuste, questo l'ammette anche il servizio di sicurezza israeliano Schin Bet. Ma a che cosa serve questo se il governo israeliano, per motivi politici, non intraprende nulla contro i fanatici musulmani? Gli arabi israeliani diventeranno un grande pericolo per il futuro di Israele. (da Nai - Nachrichten aus Israel, novembre 2001) DI CHI E' LA COLPA? L'arte di incolpare Usa e Israele dell'11 settembre
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Sul giornale Al-Hayat al-Jadida, controllato dall'Autorita' Palestinese, il 17 ottobre gli Stati Uniti venivano definiti "il nemico delle aspirazioni democratiche dei popoli arabi". Lo stesso giorno il sindaco di New York Rudolph Giuliani (che aveva rifiutato un assegno da 10 milioni dollari da un principe saudita perche' questi aveva incolpato la politica americana per gli attentati) veniva accusato dal direttore del giornale Hadez al-Barghouthi d'essere affetto da "odio paranoico verso gli arabi fin da prima degli attacchi a New York". E continuava: "Giuliani nasconde il proprio nome di battesimo, che gli ha dato il padre italiano, per non ricordare agli elettori ebrei il famigerato Rudolph Hitler" (sic). Il 25 ottobre l'Associazione dei Giornalisti palestinesi diramava un comunicato, ripreso dall'agenzia ufficiale iraniana IRNA, nel quale si diceva che i mass media occidentali, tra cui Washington Post e CNN, "non sono degni di fiducia perche' sono sottomessi ai circoli e al denaro sionisti". Il direttore della Anti-Defamation League Abraham Foxman chiede agli Stati Uniti di prestare maggiore attenzione ai media arabi e musulmani: "Questo genere di retorica antisemita e anti-americana fomenta rabbia e odio e crea un'atmosfera che puo' incoraggiare i terroristi a commettere altri atti di violenza". (Jerusalem Post, 27.11.01) IL "CURRICULUM VITAE" DI UN PREMIO NOBEL PER LA PACE Arafat: un fanatico antisemita come simbolo pacifista Quante volte è capitato di vedere ragazzi con la keffiah palestinese come simbolo per la pace? Quante volte Arafat (soprattutto dopo il suo Premio Nobel per la Pace) è citato come Gandhi? Quante volte i movimenti comunisti pacifisti appendono cartelli "Libertà per il popolo palestinese. Morte all'imperialismo sionista. Viva l'Intifadah"? Sembrerebbe di trovarci di fronte a un caso di lotta di un popolo oppresso contro una potenza coloniale, dove la sinistra, per sua natura, parteggia giustamente per gli oppressi. No: da quello che so, chi veramente vuole la pace è Israele e non è mai stato Arafat. Anzitutto, la "resistenza" al sionismo non è nata dal popolo palestinese, ma nei palazzi delle monarchie arabe che non intendevano vedere insediati popoli di un'altra religione rispetto alla loro, su un territorio vicino. Sia ben chiaro che gli Ebrei confluiti nelle regioni palestinesi tra gli anni '20 e '40 non avevano trovato che deserto: erano regioni trascurate da tutti e senza alcuna forma di organizzazione politica. Durante la II Guerra Mondiale, gli Ebrei appoggiavano gli Alleati, mentre gli Arabi sono rimasti in disparte o si sono esplicitamente alleati con Hitler. Quando, dopo la II Guerra Mondiale, alle proteste dei monarchi arabi, gli Ebrei avevano proposto una spartizione dei territori, gli Arabi hanno rifiutato ed hanno attaccato gli inermi kibbutz, le comunità contadine ebraiche, massacrando indistintamente uomini, donne e bambini. A un certo punto gli Ebrei hanno reagito con l'Operazione Dalet con cui hanno cacciato gli Arabi lontano dalle loro comunità, ma sono sempre stati disponibili per ulteriori trattative. Quando è stato proclamato lo Stato di Israele nel 1948 (un grave errore, da un punto di vista libertario), tutte le monarchie arabe l'hanno attaccato, (forse anche con la collaborazione di ufficiali ex-nazisti). La I Guerra Arabo-Israeliana è stata la prima delle 4 guerre di sopravvivenza di Israele nei confronti di Stati vicini che non ne tolleravano l'esistenza stessa. Nei territori arabi occupati dalla controffensiva di Israele i Palestinesi, organizzati dai monarchi arabi, hanno continuato a combattere. Tra le varie organizzazioni paramilitari, la più feroce e intransigente era l'Al-Fatah di Arafat. Il suo programma era un esemplare di assoluta intransigenza religiosa: nell'Articolo 9 si affermava che la lotta armata fosse l'unico modo di trattare con gli Israeliani; nell'Articolo 19 veniva respinto ogni tentativo di connivenza con gli Ebrei; nell'Articolo 20 si negava alla comunità ebraica mondiale l'aspirazione ad una terra propria; nell'Articolo 22 venivano ripresi pari-pari i temi dell'antisemitismo nazista: il complotto sionista mondiale, collegato con l'imperialismo capitalista. L'intento appare chiaro: costruire uno Stato nazionalisticamente omogeneo, attraverso l'esclusione dello "straniero" con la forza. Sia per la presa che aveva sulla popolazione araba, sia per l'assenza di scrupoli di Arafat (che non ha esitato a eliminare anche fisicamente i gruppi palestinesi concorrenti), l'organizzazione è arrivata a egemonizzare l'OLP: lo Stato palestinese clandestino. Dopo aver creduto di sconfiggere l'esercito israeliano in una grossa imboscata a Karameh, Arafat venne invitato dalla Giordania con i suoi guerriglieri per "destabilizzare Israele" prima del nuovo attacco che gli Arabi preparavano. Fallita la Guerra dei Sei Giorni e fallita anche la Guerra di Suez, nel settembre 1970, re Hussein di Giordania decise di sbarazzarsi dello scomodo alleato e fece sterminare migliaia di Palestinesi: una lotta fra Arabi sotto lo sguardo costernato degli Israeliani. Da quel momento Al Fatah si è trasferita nel Paese più pacifico del Medio Oriente, il Libano, da dove ha continuato la guerriglia anti-israeliana ed ha organizzato una serie di attentati, sia contro Israele (il più noto è il barbarico omicidio di massa degli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco del 1972) sia contro i rivali arabi. La sua azione intransigente ha contribuito a rompere il fragile equilibrio fra comunità cristiane e musulmane che, da decenni, giunte cattolico-liberali tentavano di mantenere in Libano. E' stato grazie ai guerriglieri palestinesi che il Paese più pacifico del Medio Oriente si è trasformato in un decennale campo di battaglia fra musulmani (organizzati da Arafat) e cristiani (saltuariamente appoggiati da Israele). Durante la lunga guerra civile libanese, è stato più il sangue arabo versato dalle armi di Arafat che non quello israeliano. E ora veniamo all'Intifadah: il più grande esempio di demente intransigenza trasformato, dalla nostra propaganda di sinistra, in un'eroica lotta anti-coloniale. Le aree di Israele abitate da maggioranze arabe dipendevano per il loro benessere, dall'economia israeliana. Arabi e Israeliani stavano iniziando a convivere, a commerciare e cooperare nell'amministrazione locale, ma nelle frange più emarginate della popolazione araba covava l'odio etnico (perché di odio etnico si tratta, non di lotta sociale) contro gli Ebrei. Gli estremisti arabi volevano a tutti costi un loro Stato islamico-progressista che escludesse completamente gli Ebrei. La scintilla è stato un banale incidente stradale: un camion israeliano che ha travolto, nella notte, un gruppetto di Arabi. Da quella notte gruppi di estremisti (soprattutto integralisti islamici) hanno occupato un villaggio dopo l'altro con la forza delle armi. L'OLP di Arafat ha potuto reagire solo in un secondo momento ed ha imposto la sua disciplina centralistica ai rivoltosi: una strategia anti-coloniale in stile Guerra di Algeria, basata sulla fine di ogni cooperazione con l'"occupante", sulla protesta fiscale, su scioperi a catena, sul boicottaggio dell'istruzione israeliana e su una lotta a oltranza contro l'esercito. Era questa una strategia che non poteva funzionare, se non con effetti controproducenti, in un territorio economicamente dipendente da Israele. Quest'ultimo reagì semplicemente non opponendosi al processo di rottura dei meccanismi di cooperazione: le università furono chiuse, i negozi cessarono le loro attività (chi tentava di continuarle veniva fatto a pezzi dai guerriglieri dell'OLP) con enormi perdite di guadagni e clienti. Il risultato fu un drastico abbassamento del livello di vita della popolazione araba, la sostituzione dell'istruzione pubblica (che era garantita a tutti) con l'ideologizzazione di massa da parte degli estremisti dell'OLP (i bambini erano, alla fine, diventati i combattenti più fanatici e intransigenti) e la fine di quel lento processo economico e sociale di integrazione fra Arabi ed Ebrei iniziato già dal '48 in quelle aree. Arafat sapeva dell'inutilità tattica di quella strategia, ma cinicamente, l'ha fatta continuare per il suo valore propagandistico: la lotta di un popolo contro un (inesistente) colonialismo. Quando Saddam Hussein, nel 1990, ha invaso il Kuwait dichiarandolo arbitrariamente la sua XIX Provincia, Arafat si è schierato con lui e lo ha seguito fino alla sconfitta. Nel 1991, con la sconfitta della causa irakena, Arafat si trovava contro tutta l'opinione pubblica araba e mondiale. Sputtanato senza possibilità di ripresa, non ha fatto altro che calare le brache e accettare il piano di coesistenza con gli Ebrei che Israele proponeva da decenni. Naturalmente, ora, il compito più gravoso per Arafat è quello di domare a forza migliaia di Arabi che, sobillati da 14 anni di "istruzione" anti-semita durante l'Intifadah, continuano ad attaccare gli Ebrei. Nonché di fronteggiare una generazione di Israeliani, resa furiosa dall'intransigenza araba e pronta ad appoggiarsi ai più intolleranti integralisti ortodossi. Stefano Magni (da internet)ARAFAT DENUNCIATO DAVANTI A UN TRIBUNALE BELGA Decine di israeliani vittime del terrorismo inoltreranno martedi' una denuncia contro il presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat di fronte a un tribunale belga. I querelanti, vittime o parenti di vittime di attentati palestinesi, accusano Arafat di assassinio. Tra di essi il capo del Partito Nazionale Religioso israeliano Yitzhak Levy, la cui figlia e' morta in un attentato a Gerusalemme, e Yitzhak Pass, un cittadino ebreo che vive a Hebron e la cui figlia neonata venne uccisa da un cecchino palestinese. Altri firmatari della denuncia hanno avuto il loro famigliari uccisi negli attentati suicidi alla discoteca Dolphinarium di Tel Aviv e alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme. La legge belga prevede la possibilita' che vengano processate davanti a un tribunale belga persone accusate di crimini contro i diritti umani anche quando queste non sono cittadini belgi, ne' lo sono le vittime, e il reato non e' stato commesso in Belgio. E' sulla base di questa legge che e' mesi fa e' stata presentata una denuncia a carico dell'attuale primo ministro israeliano Ariel Sharon in relazione alle stragi di palestinesi a Sabra e Chatila durante la guerra civile libanese. (Jerusalem Post, 27.11.01) INDIRIZZI INTERNET Ebraismo laico |