Notizie su Israele 162 - 21 marzo 2003


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Prestami attenzione, popolo mio! Porgimi orecchio, mia nazione! Poiché la legge procederà da me e io porrò il mio diritto come luce dei popoli. La mia giustizia è vicina, la mia salvezza sta per apparire, le mie braccia giudicheranno i popoli; le isole spereranno in me, confideranno nel mio braccio. Alzate i vostri occhi al cielo e abbassateli sulla terra! I cieli infatti si dilegueranno come fumo, la terra invecchierà come un vestito; anche i suoi abitanti moriranno; ma la mia salvezza durerà in eterno, la mia giustizia non verrà mai meno.

(Isaia 51:4-6)



SPECIALE GUERRA 20 MARZO 2003


di Deborah Fait

Tutta Israele ascolta le notizie, le strade sono vuote, nessun passante, poche automobili , siamo tutti davanti alla televisione per sapere cosa dobbiamo fare e se dobbiamo incominciare ad avere paura.
    
Preparazione della stanza sigillata in una casa di Tel Aviv

    Io ho appena finito di sigillare la finestra della camera scelta per rifugiarmici in caso di bombardamenti.
    Io ho appena finito di sigillare la finestra della camera scelta per rifugiarmici in caso di bombardamenti.
    E' la cameretta piccola, quella dove dorme, a volte, Yonatan. E' una stanza chiara, coi muri allegramente gialli, libri e giocattoli alle pareti. C'e' anche un grande manifesto bianco e azzurro che dice in ebraico "Erez Israel le Am Israel" (La Terra di Israele al Popolo di Israele).
    Un must per la camera sigillata e' il telefono cellulare poi un altro telefono di quelli senza fili e poi la radio a transistor. Non portero' la Tv e il computer se no dovrei uscire io ma spero di non dovermici rinchiudere per troppo tempo.... come farei senza il computer!
    L'unica finestra coperta con nylon fermato da nastro adesivo tutto intorno in modo che non entri un filo d'aria.
    Un secchio d'acqua per mettere uno straccio bagnato sotto la porta.
    Biscottini, cioccolata (c'e' la guerra, al diavolo la dieta), crakers e naturalmente tante bottiglie di acqua.
    Il telefono squilla in continuazione, amici dall'italia, amici in Israele, Aaron: "Mamma hai preparato tutto?" , Tania: " Non so se posso mandare Yonatan all'asilo domani".
    Ci diranno cosa fare, tranquilli.
    Un portavoce dell'esercito ci dice infatti sorridendo in modo molto rassicurante che il pericolo per Israele e' minimo, ma contemporaneamente ci raccomanda di preparare la maschere, non si sa mai cosa puo' succedere.
    E allora ecco che io apro la scatola marrone, sono sola in casa e mi sento un po' comica, tiro fuori la maschera, prendo il filtro rotondo e grigio con una linguetta bianca. E' quella linguetta che bisogna strappare e poi avvitare il filtro alla maschera nera. Fatto.  Tutto pronto.
    Poi sullo schermo compare Limor Livnat, Ministro dell'Educazione e dice che, salvo novita', domani scuola regolare per tutti.
    Israele continua a vivere e lo fa nel modo piu' normale che puo',  da una parte la guerra crudele con i palestinesi , dall'altra il pericolo biologico delle armi dell'iracheno baffuto e in mezzo il popolo israeliano che vive queste tragedie con tutto il coraggio che ha ancora a disposizione.
    Poi dicono che siamo nevrotici.
    
    Questa mattina, a guerra scoppiata, siamo tutti, chissa'  perche', piu' tranquilli. Esco colla mia maschera in mano, vado a fare la spesa, ci sorridiamo senza conoscerci,  quasi tutti i bambini stanno andando a scuola colle loro brave maschere a tracolla, fanno meno casino degli altri giorni.
    In queste occasioni si capisce cos'e' Israele, come si vive in questo paese e come sia forte la solidarieta'  tra noi.  Sono duemila anni che ci sorridiamo mentre qualcuno trama per la nostra distruzione.
    La televisione della mattina  trasmette le notizie e sentiamo i discorsi: quello tranquillo e fermo di Bush, quello cupo di un Saddam Hussein cogli occhiali molto meno marziale di sempre e del suo capo dell'esercito e entrambi parlano colla solita retorica araba: Jihad, vinceremo, usate la vostra spada.... il libro della storia... i criminali di guerra americani e.... (naturalmente)... sionisti.... Israele.... Bush delinquente... la solita Palestina libera.... l'Iraq vincera'.....
    Bene, speriamo che l'Iraq vinca colla liberazione del suo popolo e la fine del suo dittatore.
    Ha inizio il primo giorno di guerra, un po' in sordina, quasi un assaggio, il vero attacco in massa avverra' solo questa sera.
    
(Informazione Corretta, 20.03.2003)



GLI ISRAELIANI E LA GUERRA


Il Rabbino esorta a pregare con i Salmi

GERUSALEMME - In occasione dell'attuale guerra contro l'Iraq, il Rabbino capo di Israele Meir Lau ha esortato la popolazione a pregare con i Salmi. Mercoledì ha raccomandato agli Israeliani di preparare nella loro stanza di rifugio un libro con le preghiere bibliche. Come ha annunciato la radio "Arutz Sheva", nel caso di un attacco iracheno contro Israele il Rabbino Lau ha consigliato di leggere sette particolari Salmi in cui si parla della minaccia da parte dei nemici. Si tratta dei Salmi 3, 13, 20, 121, 130, 142 e 144.

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Le maschere antigas è meglio lasciarle a casa

   
    A scuola con la maschera antigas
Nonostante gli inviti del fronte interno a portare sempre con sé le maschere antigas, sulle strade si vedono poche persone con i cartoni marroni. A parte i bambini, che senza le maschere antigas non possono entrare a scuola o all'asilo, per molti le maschere antigas sembrano non avere significato. In una radio trasmissione diversi ascoltatori hanno detto che al prossimo allarme notturno loro resteranno a letto. Altri hanno detto che le maschere antigas non le useranno e altri ancora hanno dichiarato che è meglio morire bevendo un bicchiere di birra che dentro una maschera antigas. Ieri solo il 60% degli scolari israeliani è andato a scuola.


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Inchiesta: gli Israeliani e la guerra del golfo.

In una inchiesta del quotidiano Ma'ariv è stato accertato che il 62% di tutti gli Israeliani è dell'opinione che maschere antigas e le stanze sigillate non servano contro le armi chimiche e biologiche. Il 28% è convinto che queste diano una sufficiente protezione e il 10% è indeciso.
    Alla domanda se hanno timori per la propria famiglia, il 48% ha risposto "sì", il 50% "no" e il 2% è indeciso.
    In Gerusalemme e nei dintorni il 50% della popolazione ha sigillato una stanza, nella zona intorno a Tel Aviv è circa il 63% della popolazione.
    Il 59% degli Israeliani sostiene la guerra contro l'Iraq, il 24% è contrario e il 17% è indeciso.
    Il 48% crede che Israele non sarà attaccato dall'Iraq, il 32% pensa che anche questa volta Saddam Hussein lancerà missili su Israele, il 20% è indeciso.

(NAI-Stimme aus Jerusalem, 20.03.2003)



LA MINACCIA IRACHENA


In seguito all'ultimatum del Presidente George Bush a Saddam Hussein, il Comando del Fronte Interno dell'Esercito Israeliano ha chiesto alla popolazione civile di rifornirsi di materiali e scorte per le 'stanze sigillate'.
   
    1. Rivolgendosi ad una platea di uomini d'affari, l'11 marzo 2003, il Primo Ministro Ariel Sharon ha detto: "Scure nubi di guerra si stanno addensando sulle nostre teste. Abbiamo fatto tutti i preparativi necessari. Non penso che vi sia un' altra nazione da me conosciuta che abbia fatto così tanti preparativi a tali costi... Abbiamo preso ogni precauzione[ possibile] ed abbiamo messo in chiaro con amici e nemici che Israele, se attaccato, saprà come difendersi". Il Primo Ministro ha aggiunto che l'economia ha subito una contrazione a causa delle violenze attuali. "La capacità dello Stato di provvedere a tutte le necessità dei cittadini si è ridotta, perché ci troviamo in stato di guerra".

    2. L'ufficiale di collegamento responsabile dei rapporti fra l'esercito americano e quello israeliano, Generale Charles Simpson si trova in missione in Israele per un periodo di tempo indeterminato. Nel corso della prossima guerra, egli gestirà il coordinamento fra la rete difensiva israeliana ed il Pentagono. Il Gen. Simpson è il comandante delle operazioni dell'Aviazione americana in Europa. Di recente, ha partecipato alle esercitazioni con i missili Patriot, che sono state condotte congiuntamente da unità americane ed israeliane nel Negev. Il personale tecnico americano, nelle ultime settimane, si è occupato delle infrastrutture tecniche del sistema di coordinamento fra i due eserciti.

    3. Dopo avere speso decine di milioni di Shekel in equipaggiamenti ed addestramenti, durante lo scorso anno, il responsabile del sistema sanitario ha rassicurato la popolazione, dicendo che il sistema ora è "bene oliato" e "decine di volte meglio preparato" a far fronte ad ogni emergenza, di quanto non fosse durante la Guerra del Golfo, 12 anni fa, sebbene la probabilità di pericolo per Israele sia considerata minima. Per la prima volta, tutte e quattro le casse-mutue nazionali hanno coordinato tutti i loro piani e, in caso di reale emergenza, ciascuna di loro darà cure mediche anche ai membri delle altre tre.
    In una conferenza-stampa tenuta a Gerusalemme la settimana scorsa, insieme ad alti funzionari del suo ministero ed ai dirigenti delle casse-mutue nazionali, il Ministro della Salute, Dan Naveh – che, da quando ha assunto le sue nuove mansioni, ha già preso parte a numerose sedute di lavoro, presenziato ad esercitazioni e studiato i minimi dettagli dei preparativi – ha affermato di avere una grande ammirazione per i dirigenti del ministero, della mutua, degli ospedali ed altri amministratori, per il loro alto livello di preparazione ad ogni attacco convenzionale e non-convenzionale.
    Quasi 18.000 persone, facenti parte del personale di "pronto-intervento", sono già state vaccinate contro il vaiolo: sono tutti impiegati del settore medico. Naveh ha detto che si farà vaccinare quanto prima ed ha invitato "tutti i giornalisti che si occupano della Sanità, e che sono il primo pronto-intervento, qualsiasi cosa accada, a fare come lui, se lo desiderano". Il ministero spera di vaccinare altri impiegati del settore medico, ma non il grosso pubblico, per il momento. Il Direttore Generale del Ministtero, Boaz Lev, ha affermato: "Ogni giorno facciamo il punto della situazione, per controllare se sia il caso di offrire il vaccino a tutta la popolazione, ma per ora non vi è ragione che giustifichi un cambiamento di politica".

    4. In situazione d'emergenza, il Dipartimento di Educazione di Tel Aviv metterà in funzione un sistema speciale, che permetterà agli allievi di rimanere a casa e di continuare a studiare tremite computer. Tutti gli allievi delle scuole medie e dei licei della città hanno ricevuto un codice di accesso personale all'internet, che permetterà loro di rimanere in contatto con insegnanti, psicologi ed amici per la durata dell'emergenza e di partecipare a gruppi di discussione virtuali. Questo arrangiamento renderà possibile la continuaizone degli studi a Tel Aviv.

   5. Il Ministro degli Esteri, Silvan Shalom, ha inviato un netto messaggio agli americani, secondo cui "Israele non è parte della guerra contro l'Irak. Tuttavia, se attaccati, sapremo come proteggerci". Il messaggio fa parte di una serie di misure che Israele sta prendendo, per fare pressione sugli americani, affinché vengano aumentati gli aiuti per la sicurezza ed i prestiti, ed al Congresso vengano accelerate le procedure di approvazione del trasferimento dei finanziamenti ad Israele.

    6. L'ONU sta aumentando gli sforzi per mantenere calmo il fronte libanese, nel caso di un'offensiva guidata dagli americani contro l'Irak. Fonti diplomatiche occidentali hanno detto che l'ONU è stato in contatto con alti funzionari del governo libanese e dei principali partiti del paese, specialmente nel Sud, nel tentativo di assicurare la pace e la tranquillità e prevenire un evntuale scoppio, che potrebbe portare ad una conflagrazione in tutta la regione. Il Hezbollah ha giurato che condurrà rappresaglie contro ogni violazione aerea o territoriale della sovranità libenese e che non dimenticherà il suo impegno, pubblicamente preso, nella causa palestinese e nella lotta contro il nemico sionista. Hanno dichiarato che "se gli arabi ed il mondo sono occupati con l'Irak, non significa che noi abbandoneremo i palestinesi".
    Valutazioni dell'intelligence, tuttavia, indicano che i Hezbollah non tenteranno di infiammare il fronte, in modo tale da consentire all'esercito israeliano di reagire. Alcune alti fonti della sicurezza, tuttavia, ritengono che esista la possibilità che tentino di condurre attacchi simili a quelli dell'aprile dell'anno scorso, durante l'Operazione Muraglia di Difesa. Vi è inoltre una certa preoccupazione che l'organizzazione possa tentare di incoraggiare attività terroristiche fra i gruppi palestinesi del Libano, pur evitando il coinvolgimento diretto. Israele, tuttavia, ha fatto trasmettere messaggi tramite diverse fonti, ONU compreso, in cui si dice che vedrebbe in operazioni di questo tipo un casus belli e regirebbe di conseguenza.

    7. Anticipando un possibile attacco missilistico iracheno contro Israele, il paese sarà diviso in regioni – il nord ed il sud avranno una copertura di batterie di missili Patriot israeliani o tedeschi, mente il centro del paese sarà coperto da batterie di Patriot americani, che sono del tipo più nuovo, migliorato e più preciso. In caso di attacco imminente, batterie di Patriot americani verranno posizionate a Tel Aviv-Giaffa. Se si verificasse un attacco missilistico contro Isrele, i Patriot verrebbero impiegati come seconda linea difensiva, nel caso il missile anti-missile Arrow non riuscisse ad abbattere lo Scud. Se l'Arrow israeliano non riuscisse a centrare lo Scud in arrivo, gli americani sarebbero autorizzati a lanciare contro lo Scud un missile Patriot, senza bisogno di ottenere la previa autorizzazione degli alti comandi israeliani. Secondo il comandante del battaglione Patriot, tenente colonnello Yariv Schnepp, la probabilità che un missile Scud atterri in Israele è 'minima'. Schnepp ha spiegato che "Ciascuna batteria di Patriot può lanciare simultaneamente 9 missili e ciascun missile può abbattere missili in arrivo in un raggio compreso fra i 3 ed i 160 km.".

    8. Con un atto senza precedenti, 50 studenti di yeshivà [accademia talmudica], volontari del ZAKA (identificazione delle vittime del terrorismo), un'organizzazione composta da ultra-ortodossi di tutto il paese, verranno arruolati nel Comando del Fronte Interno. Altre centinaia saranno richiamati con l'approssimarsi della guerra. Secondo i piani del Ministero della Difesa, al termine del processo di addestramento, vi sarà un battaglione di volontari del ZAKA in ogni settore del Comando del Fronte Interno. Ai volontari sarà fornito cibo super-casher ed essi verranno a contatto soltanto con uomini – niente commilitoni donne o istruttrici. Gli addestramenti verrano interrotti per le tre preghiere quotidiane.

    9. Parlando ad una conferenza-stampa, il generale di divisione Amos Gilad, il portavoce nazionale designato per la durata della guerra, ha dato la sua valutazione della situazione con l'Irak. Egli ha affermato che la rimozione di Saddam Hussein sarebbe un 'miracolo', che eliminerabbe dalla regione un 'mostro pericoloso', che nel decennio scorso ha rappresentato una minaccia esistenziale per Israele. Gilad, riportando l'opinione del governo, ha predetto che alla rimozione di Saddam Hussein farà seguito la rimozione di altri dittatori della regione, con chiaro riferimento ad Arafat.
    Secondo Gilad, che in qualità di ufficiale dell'intelligence segue Saddam Hussein da circa vent'anni, il dittatore iracheno è circondato da "leccapiedi", che molto probabilmente non lo hanno adeguatamente informato delle forze che gli Stati Uniti hanno ammassato nella regione. "Saddam non sa che cosa gli sta di fronte", ha detto Gilad, pur insistendo sul fatto che egli non sottovaluta il presidente iracheno. "Gli uomini di Saddam non gli dicono che cosa gli sta di fronte". Oltre a dover affrontare forze americane parecchie volte più consistenti di quelle che lo sconfissero pesantemente nel 1991, Saddam è debole perché è isolato, sia nel mondo arabo che all'interno del paese. Gilad ha affermato che gli stati confinanti con l'Irak, che Saddam ha combattuto e minacciato durante gli ultimi 20 anni, tireranno un sospiro di sollivo quando egli se ne sarà andato.
    Poichè Israele ha sviluppato un potente sistema missilistico difensivo, Gilad ha detto che la capacità dell'Irak di colpire il paese con i missili è enormemente diminuita. Mentre nel 1991 gli iracheni erano in grado di lanciare contemporaneamente una salva di missili, questa volta probabilmente saranno in grado di lanciarne soltanto pochi ed isolati. Ed anche ciò potrebbe rivelarsi difficile, ha asserito, perché gli Stati Uniti hanno stabilito come  obiettivo primario dell'inizio della guerra l'eliminazione delle piattaforme di lancio dei missili nell'Irak Occidentale.
    Israele è anche preoccupato della possibilità che un velivolo iracheno tenti di penetrare lo spazio aereo israeliano, ma l'Aviazione Militare israeliana è in piena allerta – ha affermato Gilad - ed il velivolo, appartenente ad un'indebolita aviazione irachena, dovrebbe eludere tutti i sistemi di difesa, sia israeliani che americani.
    Gilad ha anche detto di non credere che gli iracheni siano riusciti ad impiantare in Israele "cellule dormienti", che possano essere attivate a richiesta.

(Keren Hayesod, 18.03.03)



MESSAGGIO CON APPELLO DEL "SIMON WIESENTHAL CENTER"


Un nuovo virus antisemitico cerca di far ricadere la colpa della guerra in Iraq sugli Ebrei e sui loro sostenitori

di Rabbi Marvin Hier

Voci di destra come di sinistra stanno giocando allegramente la carta dell'antisemitismo accusando gli Ebrei di essere responsabili della guerra contro l'Iraq. E la cosa peggiore è il silenzio assordante dei moderati.
    In un recente articolo dell'Ameerican Conservative il commentatore della CNBC, Pat Buchanan, che è stato canditato alla presidenza, accusa lo Stato d'Israele e una cricca di neoconservatori - di cui la maggior parte è costituita da Ebrei e da sostenitori di Israele - di essere responsabili del conflitto con l'Iraq. Nel discorso al vetriolo di Buchanam si può leggere:
    «Noi accusiamo una cricca di polemisti e di funzionari pubblici di cercare di sedurre il nostro paese per trascinarlo in una serie di guerre che non servono agli interessi dell'America. Noi li accusiamo di essere in collusione con Israele per attizzare queste guerre e distruggere gli accordi di Oslo».
    Veramente spaventoso è il fatto che questa retorica

prosegue ->
anti-israeliana e anti-ebraica non proviene da una frangia di spostati. Ormai si sta insinuando nella principale corrente americana, aiutata da bigotti come Buchanan e il repubblicano James Moran.
    Ormai è di moda addossare la colpa della guerra contro l'Iraq a Israele e agli Ebrei americani.
    Per convincersene basta leggere quello che dice Pat Buchanan:
    «Noi li accusiamo [gli Americani neoconservatori - leggi: gli Ebrei] di deteriorare deliberatamente le relazioni tra gli Stati Uniti e ogni Stato del mondo arabo che contrasta Israele e sostiene il diritto dei Palestinesi ad avere una loro propria patria. Noi li accusiamo di essersi alienati amici e alleati in tutto il mondo islamico e occidentale con la loro arroganza, la loro spocchia e la loro bellicosità.
    E riassumendo le sue osservazioni Buchanan scrive:
    «Ci accusano di antisemitismo. E' falso. La verità è che coloro che lanciano queste accuse nutrono un attaccamento passionale verso una nazione che non è la nostra, il che li spinge a subordinarle gli interessi del loro proprio paese e ad agire con la convinzione che, in un modo o nell'altro, quello che è buono per Israele è buono anche per l'America».
    Su un altro fronte, il democratico James Moran, membro del Congresso, sente ancora lo stesso ardore con cui ha fatto le sue recenti dichiarazioni (pur essendosene poi scusato), quando ha detto: «Se non fosse stato per il potente appoggio della comunità ebraica a questa guerra contro l'Iraq, noi non l'avremmo fatta». Continua infatti a ripetere il vecchio ritornello del potente gruppo di Ebrei che tirano le fila dietro le quinte, quando dice: «I leader della comunità ebraica sono influenti abbastanza da essere in grado di cambiare il corso delle cose, e io penso che dovrebbero farlo.»
    A parte il suo aspetto scioccante, questo sentimento esprime una nuova menzogna che è allarmante e deve essere fermata: cioè che il sostegno a Israele sta facendo perdere il giusto discernimento alla comunità ebraica americana e sta forzando il Presidente americano e i suoi consiglieri a continuare nella via della guerra. Noi sappiamo che queste affermazioni sono prive di fondamento: esse non tengono conto, infatti, che la percentuale degli ebrei che appoggiano un'azione militare per disarmare l'Iraq di Saddam Hussein è identica a quella degli americani non ebrei, cioè il 59%.
    Certo, non è la prima volta che Buchanan censura Israele e i suoi sostenitori. Qualunque sia il problema, la linea di Buchanan porta sempre ad accusare gli Ebrei. Ma in questo caso ha avuto l'impudenza di addebitare allo Stato ebraico e a quelli che lo sostengono la responsabilità della crisi più seria che si è avuta tra gli USA e le Nazioni Unite.
    Può darsi che la fine della guerra in Iraq sia questione di giorni o di settimane. Ma la guerra contro gli Ebrei continuerà ancora molto tempo dopo che i soldati saranno ritornati a casa. Noi abbiamo intenzione di combattere contro questo e contro tutte le menzogne concernenti il popolo ebraico con la nostra arma più potente: la VERITA'. Ma abbiamo bisogno del vostro aiuto per sbarrare la strada ai Buchanan e ai Moran di tutto il mondo.
    Per favore, non tardate. E' per noi un imperativo avere ora il vostro supporto, per aiutarci a continuare la nostra azione di sensibilizzazione contro le pericolose menzogne che si stanno infiltrando nella coscienza americana.

(Simon Wiesenthal Center, trad. www.ilvangelo-israele.it)



SUI MEDIA PALESTINESI SI ESORTA ALLA GUERRA CONTRO L'OCCIDENTE


I media palestinesi hanno riferito che gli Stati Uniti progettano di usare una possibile guerra contro l'Iraq come mezzo per prendere il controllo dell'intera nazione araba e islamica, compresa la Palestina. Le fazioni islamiche rappresentate nei media palestinesi hanno sollecitato esplicitamente di intraprendere la Jihad contro l'Occidente e di boicottare i paesi occidentali, specialmente gli Stati Uniti, mentre editorialisti affiliati all'OLP hanno contestato il silenzio del mondo arabo, alla luce delle dimostrazioni contro la guerra che si sono svolte in tutto il mondo il 5 febbraio 2003. Ecco alcuni estratti degli articoli scritti da questi editorialisti:


L'opposizione islamica: sollecitazioni per la violenza

Il sito web di Hamas ha diffuso estratti di un comunicato distribuito ai giornalisti durante una marcia organizzata da Hamas a Gaza City. Nel documento, il leader di Hamas, sceicco Ahmad Yassin, ha sollecitato la nazione islamica a "colpire gli interessi occidentali dovunque, se l'Iraq viene conquistato". Yassin ha continuato: "L'Occidente intriso di odio, guidato dall'America, ha dichiarato oggi una crociata contro la nazione [islamica] e contro la fede musulmana quando si è radunato per colpire l'Iraq". Lo sceicco Yassin ha sollecitato il popolo iracheno a serrare le file sotto la bandiera della Jihad, ed ha richiesto che l'Iraq "apra i suoi confini a tutti i musulmani del mondo in modo che possano giocare la loro parte nella battaglia difensiva della nazione [islamica]".

Yassin ha esortato gli iracheni a prepararsi al martirio per amore di Allah e anche ad una resistenza popolare di lungo periodo, perché "anche se i nemici di Allah sono capaci di invadere l'Iraq, la resistenza popolare può logorare il nemico e costringerlo a indietreggiare". Yassin ha sottolineato che "se l'Iraq viene conquistato, la Jihad costituirà l'obbligo personale di ogni uomo e donna musulmani, e non ci sarà altra alternativa per i musulmani che minacciare gli interessi degli ostili americani e occidentali e colpirli dovunque". Yassin ha anche chiesto che arabi e musulmani scendano in strada a milioni per protestare, notando che "il popolo è capace di salvare la nazione [islamica] se paga il prezzo, e qualsiasi prezzo esso paghi per la sua fede, la sua libertà e la sua indipendenza è minuscolo" (1). Secondo l'Al-Hayat Al-Jadida, quotidiano dell'Autorità Palestinese, Yassin si è anche rivolto agli americani musulmani, chiedendo che "non obbediscano agli ordini dell'ostile amministrazione americana di danneggiare l'Iraq" (2).

L'Associazione degli ecclesiastici palestinesi, che è vicina ad Hamas e alla Jihad islamica, ha emesso un documento (3) per sollecitare tutti gli arabi e musulmani in tutto il mondo, in particolare quelli dei movimenti islamici, a fronteggiare "l'aggressione della crociata sionista americana contro l'Iraq, perché lo richiede l'imperativo religioso, pan-arabo e umano; come Allah ha detto: 'Tutti i credenti sono fratelli' "(4).

Il documento ha chiamato arabi e musulmani "a dissociarsi da legami politici, economici e militari con l'America e con i suoi ostili alleati, a boicottare i suoi prodotti e a rimuovere i [loro] capitali dalle sue banche". I movimenti della Jihad islamica sono stati chiamati "a intraprendere la Jihad, a [promuovere] una mobilitazione generale, e a [colpire] gli interessi dell'America e quelli dei suoi alleati nel mondo, in risposta all'aggressione prevista contro l'Iraq e contro la nazione araba e islamica, come Allah ha detto: 'Andate alla guerra, con le vostre armi leggere e pesanti, e intraprendete la Jihad per la causa di Allah, con le vostre proprietà e con le vostre anime. Questo è buono per voi... ' "(5).

Il documento ha anche dichiarato che "gli Stati Uniti e i suoi alleati, in particolare la Gran Bretagna e l'entità sionista, stanno suonando i tamburi di guerra [per] ammassare i loro numerosi eserciti e attaccare crudelmente l'Iraq, con lo scopo di prendere il controllo della regione e del petrolio dell'Iraq e di altri [paesi], e realizzare gli interessi di Israele…".

L'Associazione degli ecclesiastici palestinesi ha anche notato che "qualsiasi autorità religiosa e ogni funzionario di alto livello in un paese arabo o musulmano che forma un'alleanza e trama con l'America nella sua aggressione preventiva contro l'Iraq, o che le fornisce aiuto materiale o spirituale, o chi permette agli eserciti degli invasori di attraversare il territorio di questi paesi, tale aiuto sarà considerato il più grave dei crimini e tradimento di Allah, del suo Messaggero e dei fedeli". L'Associazione ha sostenuto la sua dichiarazione con un verso coranico: " Oh tu che credi, non considerare gli ebrei e i cristiani come tuoi aiutanti, perché essi sono aiutanti l'uno dell'altro. Chi così tra voi li prende come aiutanti sarà in effetti uno di loro. In realtà, Allah non guida il popolo ingiusto" (6). L'Associazione ha anche sollecitato il popolo e gli eserciti arabi e musulmani "a sollevarsi contro i governanti che tramano con l'America [contro l'Iraq] "(7).

Il dr.Ataallah Abu Al-Subh, un editorialista del settimanale di Hamas Al-Risala, ha scritto una "lettera aperta" ai ministri degli Esteri arabi, criticando la loro inattività e accusandoli di preoccuparsi solo dei loro lavori: "…Sappiamo che il vostro destino, cioè la vostra permanenza nelle poltrone, è per voi molto più importante della rovina di tutti noi... Perché non siete usciti a manifestare come le 700 ragazze nude a Sydney? Sicuramente ne avete sentito parlare ... Perché non siete usciti a manifestare, come hanno fatto alcuni ebrei a Tel Aviv, dicendo 'no' alla guerra?.."(8).

Anche Muhammad Al-Hindi, un funzionario di alto livello della Jihad islamica e capo del Centro palestinese di studi e ricerche, ha sottolineato il legame tra l'imminente offensiva contro l'Iraq e l'attacco programmato al resto del mondo arabo e musulmano. Ha infatti affermato: "Dopo l'11 settembre, gli Stati Uniti [hanno lanciato] una crociata contro i musulmani, in cui tutti noi, governanti e popoli, siamo presi di mira...La resistenza e la fermezza sono gli unici mezzi possibili per rimanere in piedi e ostacolare gli aggressivi piani americani e sionisti, perché senza di questo l'Iraq non sarà l'ultimo, [ma solo] una tra tutte le tappe dell'aggressione. [Poi] sarà il turno della Palestina e di tutte le terre arabe" (9).


I portavoce dell'OLP: gli Stati Uniti vogliono impossessarsi dell'intera nazione araba; il mondo arabo deve scendere a protestare

Sul quotidiano in lingua araba di Gerusalemme, Al-Quds, il membro del Consiglio legislativo palestinese Hatem Abu Sha'ban ha scritto sullo scopo attribuito all'America: ottenere l'egemonia attraverso la guerra. Ha scritto che gli Stati Uniti vogliono realizzare i loro obiettivi strategici in tre modi: 1) una crociata contro l'Islam, guidata dall'attuale amministrazione americana che rappresenta le forze cristiane di estrema destra nel mondo; 2) prendere il controllo dei pozzi petroliferi arabi nella regione del Golfo, in particolare quelli dell'Iraq, le cui riserve di greggio sono considerate le seconde più grandi nel mondo dopo quelle dell'Arabia Saudita; e 3) eliminare i sistemi di governo arabi e le forze di liberazione arabe nella regione, in modo da trasformare Israele nell'unica potenza della regione, per governare il mondo arabo economicamente, politicamente e militarmente. Abu Sha'ban più avanti ha scritto che la guerra all'Iraq inizierà attraverso queste tre vie, con "l'amministrazione americana impegnata a realizzare la nuova mappa che sta programmando per la regione, una mappa che è compatibile con gli interessi degli Stati Uniti e con la loro politica imperialistica, che mira a sottomettere il mondo arabo e musulmano…(10).

Il vice-capo del Political Guidance Directorate dell'Autorità Palestinese, Salim Al-Wadiya, ha affermato che la ragione principale del possibile attacco all'Iraq è che esso ha cominciato ad essere un pericolo per Israele e a minacciarne la sicurezza.. Ha affermato che le dichiarazioni del Segretario di Stato americano Colin Powell , secondo cui "la guerra all'Iraq è mirata all'organizzazione degli affari nella regione in un modo che serva gli interessi americani" [sic], attesta chiaramente il fatto che l'aggressione è diretta non solo all'Iraq ma minaccia l'intera patria araba, inclusi Egitto e Arabia Saudita, e che una rivoluzione araba e musulmana è necessaria per contrastare questa aggressione (11).

Sulla stessa scia, Talal 'Awkal, un editorialista del quotidiano dell'Autorità Palestinese Al-Ayyam, ha scritto: "…La guerra all'Iraq non sarà solo un preludio... all'egemonia americana sulla regione e alla sua riorganizzazione e al suo riassemblaggio in conformità con le richieste strategiche dell'America e di Israele. [La guerra] sarà anche un preludio a una guerra mondiale... [che sarà un preludio] alla riorganizzazione del mondo e all'emersione di nuove alleanze, assi, conflitti e inimicizie..."(12).

Dopo le dimostrazioni in tutto il mondo del 5 febbraio contro la possibile guerra, alcuni nella stampa palestinese hanno condannato il silenzio, sull'argomento, del mondo arabo, in particolare quello dei palestinesi. Il direttore generale del Ministero
   
   
    Bambini palestinesi gridano slogan pro-Iraq agitando bandiere della Palestina e un'immagine di Saddam Hussein davanti al quartier generale delle Nazioni Unite a Gaza
dell'Informazione palestinese, Al-Kashef, ha scritto: "… Cento milioni di persone nel mondo hanno detto 'no' alla guerra degli americani all'Iraq e noi, gli arabi, non vi abbiamo preso parte, [nemmeno alle dimostrazioni] di un solo milione tra i cento milioni. Gli arabi, sia governanti che governati, sono stati assenti alla più grande visione di questa epoca, in cui l'umanità si è sollevata contro la decisione degli americani di intraprendere la guerra all'Iraq e contro gli scopi [della guerra]...". Al Kashef ha reiterato la tesi araba secondo la quale gli Stati Uniti hanno come obiettivo tutti gli arabi, non solo l'Iraq.

Più avanti ha dichiarato: "Perché gli arabi non hanno partecipato al giorno dei cento milioni ?... Perché i palestinesi non sono scesi in strada, visto che essi sono un obiettivo quotidiano dell'armamento americano che miete i loro Shahids [martiri] e le loro vittime attraverso l'esercito israeliano? Perché i palestinesi non capeggiano [le dimostrazioni, sebbene] capiscano che loro, come popolo e come autorithy, la loro causa e i loro diritti, saranno i primi a rimetterci se l'America guadagna? Non ci rendiamo conto... che Israele è il partner eterno dell'America? [Non ci rendiamo conto che Israele] è, militarmente e politicamente, l'alleato strategico dell'America e che il risultato della conquista americana dell'Iraq è la dichiarazione della vittoria finale, storica e completa di Israele sui palestinesi e sugli arabi? Perché non siamo scesi [a protestare] anzitutto, per autodifesa e per sostegno all'Iraq, e per lealtà verso i suoi martiri [caduti] sulla nostra terra?... I dimostranti nelle strade del mondo collegavano l'Iraq con la Palestina, e Sharon con Bush. Perché non abbiamo enfatizzato questa connessione?.. "(13).

Nel suo settimanale editoriale sul quotidiano dell'Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida, il membro del Consiglio legislativo palestinese Nahidh Munir Al-Rayyis ha scritto: "…Non provate rabbia, umiliazione e solidarietà con l'Iraq alla luce dell'attuale situazione, come il resto del popolo nei vostri paesi? Non vi rendete conto che il popolo attende qualcosa da voi? Non avete davvero alcuna altra opzione oltre al silenzio e all'attesa, fino a quando il crimine di cui vi siete pubblicamente lavate le mani abbia luogo?... Non notate che l'Europa sembra più araba e più musulmana di voi? Il vostro unico talento è di inventare scuse e raccogliere prove in modo che possiate eludere qualsiasi approccio tranne il silenzio e l'attesa…". Al-Rayyis ha accusato i leader arabi di condonare il possibile attacco all'Iraq con la loro incondizionata acquiescenza alle richieste degli Stati Uniti(14).

L'editorialista dell'Al-Ayyam, Ashraf Al-Ajrami, ha rivolto critiche ai leader dei paesi arabi che, ha detto, si attengono alle richieste americane. Ha anche criticato l'inattività del cittadino arabo medio: "In contrasto con la decisa opposizione internazionale alla guerra degli americani si erge il deprecabile silenzio arabo, sia a livello popolare che ufficiale. Salvo le dimostrazioni a Damasco e a Beirut, e le [dimostrazioni] di centinaia qua e là, non c'è alcuna reazione araba a livello internazionale…".

"E' irragionevole per i paesi arabi prendere decisioni risolute di opporsi alla volontà dell'amministrazione americana, che è ostile alla nazione araba, vietando l'uso delle loro basi per la guerra all'Iraq o minacciando di cessare la collaborazione con gli Stati Uniti se osano attaccare l'Iraq? La posizione [dei paesi arabi] sulla questione dell'Iraq è identica alla loro posizione sulla questione palestinese e si riduce a civettare [con l'America]"(15).

Anche l'editorialista dell'Al-Ayyam, Rajeb Abu Siriy, ha duramente criticato il mondo arabo per l'acquiescenza agli americani, e ha aggiunto che esso aveva bisogno di essere spronato dall'Europa per adottare qualsiasi misura che evitasse la guerra: "Il summit arabo, che doveva essere convocato... a marzo, è venuto dopo un diretto sprone da parte dell'Unione Europea, quando il ministro degli Esteri greco, l'attuale presidente dell'Unione Europea, è venuto a Beirut e ha ufficialmente chiesto ai paesi arabi, per conto dell'Unione, di unirsi all'opposizione dell'Europa alla guerra...E' stato in questa atmosfera che i ministri degli Esteri arabi si sono riuniti…".

Abu Siriy ha sottolineato che il problema centrale è "la presenza del cavallo di Troia americano... con le forze americane collocate nella maggior parte delle terre arabe e nelle acque territoriali arabe [un riferimento principalmente agli stati del Golfo]...". Egli ha espresso la speranza che gli arabi riescano a impedire al cavallo di Troia che porta i soldati americani di entrare in Iraq e, se questo non avvenisse, "tutto questo sforzo diventerà alla fine un grido di protesta che non ha potuto evitare una guerra mirata a prendere il controllo dell'intero mondo arabo, e a fare della regione araba letteralmente un protettorato americano"(16).

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Note:
(1) http://www.palestine-info.info/
(2) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità Palestinese), 8 febbraio 2003.
(3) http://www.palestine-info.info/
(4) Corano 49:10.
(5) Corano 9:41.
(6) Corano 5:51.
(7) http://www.palestine-info.info/
(8) Al-Risala (Autorità Palestinese), 20 febbraio 2003.
(9) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità Palestinese), 10 febbraio 2003.
(10) Al-Quds (Autorità Palestinese), 2 febbraio 2003.
(11) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità Palestinese), 10 febbraio 2003.
(12) Al-Ayyam (Autorità Palestinese), 10 febbraio 2003.
(13) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità Palestinese), 17 febbraio 2003. Altre condanne del silenzio del mondo arabo e altre sollecitazioni ai regimi dei paesi arabi ad agire per evitare la guerra sono apparse in articoli dell'alto funzionario del Ministero per l'Informazione palestinese Hani Al-Masri; dell'editorialista Muhannad Abd Al-Hamid, e di Khalil Al-Sawahri, su Al-Ayyam, 18 febbraio 2003.
(14) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità Palestinese), 24 febbraio 2003.
(15) Al-Ayyam (Autorità Palestinese), 17 febbraio 2003.
(16) Al-Ayyam (Autorità Palestinese), 2 febbraio 2003.

(The Middle East Media Research Institute, 19.03.2003)



LIBRI


Elena Loewenthal, Lettera agli amici non ebrei, ed. Bompiani, € 6,20

Dal testo:

«L'amico ebreo è figura di mondo, in questi tempi. Più un'ombra che una vera presenza, aleggia su frontespizi e nei bisbigli dentro o fuori dei talk-show. Viene rivendicato, condotto in palmo di mano, suggerito come chiosa a effetto o patente di buoni istinti. Può presentarsi in forma singolare ed esclusiva - "Il mio miglior amico è un ebreo!" - o generica e collettiva - "Ho tanti amici ebrei" - quando non nel contesto di quello che è ormai, in Italia e altrove, un vero e proprio genere letterario: la "lettera a un amico ebreo". Il quale è solitamente più lo strumento astratto che il destinatario vero del discorso che contorna l'esternazione d'affetto. [...] L'amico ebreo, insomma, è sbandierato come salvacondotto di attendibilità quando ciò che si ha da dire fatica magari a stare in piedi, e se non ci fosse l'amico ebreo chiamato in causa suonerebbe discutibile, financo turpe. L'amico ebreo è retoricamente corretto, quando non indispensabile.»



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