Notizie su Israele 181 - 21 giugno 2003


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Il SIGNORE mi disse: «Proclama tutte queste parole nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme, dicendo: "Ascoltate le parole di questo patto, e mettetele in pratica! Io infatti ho scongiurato i vostri padri dal giorno che li feci uscire dal paese d'Egitto fino a questo giorno, li ho scongiurati fin dal mattino, dicendo: «Ascoltate la mia voce!» Ma essi non l'hanno ascoltata, non hanno prestato orecchio, e hanno camminato seguendo ciascuno la caparbietà del loro cuore malvagio; perciò io ho fatto venir su di loro tutto quello che avevo detto in quel patto che io avevo comandato loro di osservare, e che essi non hanno osservato».

(Geremia 11:6-8)



NESSUN ACCORDO CON I PALESTINESI FINO A CHE C'E' ARAFAT


TEL AVIV - L'ex Primo Ministro israeliano Ehud Barak ha aspramente criticato il capo dell'OLP Yasser Arafat. In un congresso tenutosi nell'Università di Tel Aviv martedì scorso [17 giugno], il politico del Partito Laburista ha addossato ad Arafat la responsabilità del fallimento dei colloqui di pace a Camp David di tre anni fa.
     Secondo il piano, i palestinesi avrebbero ricevuto tutto il territorio della striscia di Gaza e oltre il 90 per cento della Cisgiordania per il loro proprio Stato, ha sottolineato Barak nel suo discorso. Era prevista inoltre una soluzione per il problema dei profughi. «Ma Arafat si è rifiutato di accettare la proposta come base per le trattative e si è indirizzato volutamente verso il terrorismo». L'ex capo di governo ha inoltre aggiunto: «Se Arafat appare come un terrorista, parla come un terrorista e si comporta come un terrista, vuol dire certamente che è un terrorista».
     Come soluzione con due Stati per due popoli il capo dell'OLP intende qualcosa di diverso da Israele, ha spiegato Barak. «Quando lui parla di soluzione, intende uno Stato palestinese accanto a una tollerante democrazia israeliana, i cui democratici organi - attraverso il diritto al ritorno, la popolazione araba nel paese e la forza della storia - nel corso degli anni dovrebbero essere usati per fondare uno Stato binazionale e alla fine un unico Stato con una minoranza ebraica».
     Il capo dell'OLP non riconosce l'esistenza del popolo ebraico e dello Stato ebraico, ha detto Barak. «Fino a che Arafat si trova in una posizione di potere e ha anche soltanto un briciolo di sostegno, non ci sarà nessun accordo con i palestinesi».
     Al congresso, che si è svolto sotto il titolo «Il fallimento di Camp David - dove abbiamo sbagliato?», hanno preso parte israeliani, americani e palestinesi. Tra questi c'era anche l'ex ambasciatore americano in Israele, Martin Indyk, e il professore di filosofia palestinese Sari Nusseibeh.

(Israelnetz Nachrichten, 18.06.2003)



LA ROAD MAP E GLI EBREI: L'OPINIONE DI UN RABBINO


Dove porta la Road Map? Ad un 11 settembre israeliano


di Rabbi Ben Tzion Krasnianski
direttore del Chabad dell'Upper East Side di Manhattan


La guerra segreta (ma non troppo) contro gli ebrei.

Come mai in tutto il mondo è così importante costringere gli ebrei a scendere a un compromesso sullo Stato Palestinese? Si possono capire le ragioni arabe, ma perché questo zelo missionario da parte degli europei, la frenesia delle Nazioni Unite, l'urgenza del Dipartimento di Stato e gli sfrontati pregiudizi della maggior parte dei media mondiali contro Israele?
    Nessuna nazione al mondo ha mai restituito il territorio conquistato legittimamente in guerra. Ancora oggi la Russia rifiuta di restituire alcune isole conquistate ai giapponesi a Kamachatka durante la seconda guerra mondiale, perché "il sangue russo non è poco costoso". Perché le insistenti richieste affinché Israele abbandoni vaste porzioni di territorio a terroristi noti e impenitenti, che continuano a disconoscere il diritto all'esistenza di Israele? Come si può concedere uno Stato a quelle stesse persone che hanno dedicato la propria vita a bruciare vivi i bambini ebrei? Rivendicano un territorio che hanno perso  in modo miracoloso nel corso di cinque guerre che miravano ad annientare Israele e a creare un'altra Auschwitz? Chi è in pace e chi in guerra? Il popolo ebraico è stato in pace per 55 anni, mentre gli arabi hanno perpetrato nei nostri confronti una campagna persistente, brutale e spietata, fatta di terrorismo e aggressione.
    Se tutti gli eserciti arabi prendessero un anno di vacanza, c'è forse qualcuno che non sa quello che accadrebbe? Assolutamente nulla! Gli arabi dormirebbero di notte come bambini. Il grande "terrorista" Ariel Sharon ritornerebbe felicemente nella sua famosa fattoria nel Neghev a coltivare i suoi cetrioli e i suoi pomodori. Durante la guerra dello Yom Kippur, quando Israele avrebbe potuto, avrebbe avuto e aveva tutto il diritto di conquistare il Cairo e Damasco, incredibilmente non ha invaso l'Egitto e la Siria.
    Qualcuno dubita che se l'IDF prendesse un giorno di ferie gli eserciti arabi, compresi quello egiziano e giordano, non invaderebbero subito Israele?
    Come si permette il mondo di voler far sentire in colpa gli ebrei per aver vinto miracolosamente ogni guerra? Qual è la mente che potrebbe distorcere e stravolgere in tal modo la realtà da far sembrare gli ebrei come quelli cattivi, quelli che occupano?
    Noi vogliamo la pace con gli arabi. Detestiamo la guerra e la violenza con ogni fibra del nostro essere. Ma è chiaro che la pace non si otterrà concedendo agli arabi uno Stato Palestinese, quando i loro leader non cercano nemmeno di far finta di voler far pace con Israele, e quando le loro scuole educano all'odio contro Israele e il suo popolo, lodando chi si fa saltare in aria. Gli accordi di Oslo hanno portato un bagno di sangue; si può immaginare quello che porterebbe uno Stato Palestinese?
    I tempi della Road Map sono stupefacenti. Nel momento della vittoria, quando l'America ha miracolosamente concluso la "operazione chemioterapica", asportando con successo una massa consistente di "cancro terroristico", proprio le stesse voci codarde che si erano opposte alla guerra stanno ora premendo su Israele perché sia indulgente, accondiscendente e premi il terrorismo!
Ovviamente, sta avvenendo qualcosa di più profondo: la guerra di Amalek. Credo che si tratti dell'antica, perenne guerra di Amalek contro gli ebrei, descritta nel libro dell'Esodo. Quando gli ebrei lasciarono l'Egitto, poco prima di raggiungere il monte Sinai, la nazione amalechita fece quasi sessanta chilometri per andare a far guerra contro gli ebrei. Perché? Gli Amalechiti sono stati i primi pluralisti e relativisti morali del mondo. Era la convinzione ebraica nella verità assoluta che li disturbava. Quello che infastidiva la nazione di Amalek era il fatto che il popolo ebraico stava per avere un incontro con un D-o assoluto che avrebbe rivelato loro la Sua verità assoluta.
   

Amalek è molto tollerante.

Se l'ebraismo ti fa sentire bene e per te funziona, va bene; ma è per la passione, il fervore e la certezza assoluta che si tratta della Verità. Amalek ha cercato di bloccare l'assolutismo sul nascere, gettando acqua fredda sull'impegno appassionato degli ebrei e iniettando un piccolo dubbio, una dose salutare di cinismo.
    Amalek fu scioccato dalla ferocia del contrattacco ebreo, che lo sconfisse e aprì la strada al monte Sinai. Ciò di cui Amalek non si rese conto era che per il popolo ebraico i Dieci Comandamenti sono molto più che una questione di legge: sono un matrimonio. L'evento che ebbe luogo al Sinai esattamente 3.315 anni fa, e che si celebra durante la festa dello Shavuot, è l'unione d'amore fra il popolo ebraico e D-o.


Che cos'è il matrimonio?

Il matrimonio è una relazione assoluta. Non è il novantanove percento, neanche 99,99 percento. E' il cento per cento. Un matrimonio aperto non è affatto matrimonio; anche se si tradisse il proprio coniuge per una frazione di secondo, il matrimonio ne verrebbe indelebilmente intaccato. Il matrimonio è un avviluppamento, un coinvolgimento totale della persona, a livello sia mentale che emotivo, sia fisico che spirituale. Ciascuno dei coniugi si dona totalmente e senza riserve, e non tiene nulla per sé.
    Non c'è niente di più deprecabile per un ebreo che il relativismo morale. L'ebreo è sposato alla morale e al suo Divino creatore. Se sei sposato e "tolleri" che un altro uomo si inserisca nel vostro rapporto, non sei più considerato un tollerante, ma un traditore debole e codardo. Questo è il relativismo morale per un ebreo: un tradimento del suo matrimonio con D-o.
    Quello che ci ha permesso di andare avanti per migliaia di anni, è stata la consapevolezza interiore di avere un rapporto intimo con D-o, e che il nostro sposo non ci avrebbe mai lasciato andare. Anche quando fuori soffiavano i venti più contrari e tutto il mondo sembrava pronto a saltarci addosso, il nostro rapporto con D-o è stato la fiamma interiore che ci ha riscaldato dal di dentro.


Distruggere quel rapporto assoluto.

Amalek è vivo e vegeto. La sua filosofia e la convinzione insidiosa che non vi sia verità, ha conquistato il mondo, ed ha certamente espugnato di forza le università. Abbiamo visto il suo terribile volto nell'imbarazzante eruzione di proteste contro la guerra, specialmente da parte della "elite". Mentre i soldati americani stavano liberando il mondo da un mostro che dava in pasto ai suoi cani selvaggi delle vite umane, loro erano occupati a protestare contro "il ciclo della violenza".
    L'argomento di Amalek: per migliaia di anni gli uomini hanno creduto nella verità, nel bene e nel male, credendoci al punto da fare la guerra tra di loro. La fiducia di così tanta gente in una verità ha riempito il mondo di sangue. L'ovvia conclusione sarebbe che non c'è verità, e che se solo fossimo più intelligenti da ammetterlo, e la smettessimo di prendere sul serio l'intero concetto di verità, di bene e di male, ne verremmo fuori! Che ognuno si comporti da D-o, creando la sua propria versione della verità.


Da qui la nuova religione: il pluralismo.

Non si potrebbe essere più cinici di così. Per migliaia di anni la gente ha saputo per istinto con ogni fibra del proprio essere e con ogni osso del proprio corpo che esiste una verità obiettiva che vale la pena cercare, per cui vale la pena vivere e persino morire, una verità che è più grande di noi stessi, e che potremmo sinceramente adorare. Tutte le prove puntano al fatto che esiste una verità più grande di tutti noi messi assieme.
    E se non esiste verità assoluta, non c'è fondamento per una morale universale. Se tutti possono costruirsi la propria verità, non c'è motivo di ritenere cattivo Adolf Hitler e buona Madre Teresa.
    Esiste qualcosa di estremamente falso, insidioso e disumano nella filosofia che invoglia i giovani brillanti ad abbandonare l'idealismo, che insegna ai nostri giovani a non prendere sul serio gli ideali e le convinzioni. La più grande vittoria di Amalek è che in breve tempo ha mandato in cenere migliaia di anni di idealismo, sostituendolo con un pragmatismo cinico. La filosofia nichilista di Nietzsche che ha portato ad avere un Hitler, oggi regna sovrana. Sebbene abbiamo vinto la Seconda Guerra Mondiale, abbiamo perso la guerra culturale. Il pensiero tedesco ha trionfato!


Chi è l'assolutista?

L'ironia è che Amalek è il più grande assolutista, perché crede in modo assoluto che non vi sia verità, che non vi sia anima. Tollera chiunque, tranne i veri credenti!
    Gli ebrei per Amalek sono un ostacolo sulla via della vittoria totale, in questa titanica e globale battaglia delle idee. E' l'ebreo testardo, che non vuol ragionare, ha il collo duro, è irremovibile e rifiuta di scendere a compromessi anche su uno iota delle sue fondamentali convinzioni. L'ebreo è sposato con D-o, e non tollera la minima rottura nell'assoluta moralità di D-o, che santifica la vita e aborrisce l'omicidio.


Il vero piano.

Questo, a mio avviso, è il piano segreto che si nasconde dietro gli accordi di Oslo e dietro alla crociata dei mass-media (guidati dal New York Times) per stabilire uno Stato Palestinese in Israele. Tutti gli accordi di Oslo hanno come obiettivo la rinuncia da parte degli ebrei alle promesse bibliche riguardanti il possesso della terra d'Israele. Dopo di ciò la pace sarà eterna. Questo significa che il mondo vuole che Israele dichiari che i suoi diritti su tutto il territorio israeliano sono definitivamente nulli.
    La frenesia per lo Stato Palestinese non ha nulla a che vedere con gli arabi - al mondo non interessa nulla degli arabi, visto che ha permesso che soffrissero per più di 50 anni sotto le mani dei dittatori più brutali - ma ha a che vedere soltanto con gli ebrei! Se il mondo riuscisse soltanto a far entrare nelle proprie file gli ebrei, a compromettere la loro anima e le loro convinzioni inducendoli a riconoscere che non esiste verità assoluta, che la Torah è solo un nostro "mito", la nostra particolare visione della realtà, mentre gli arabi hanno la loro propria legittima  visione della realtà, allora Amalek avrebbe trionfato completamente.
    Ma la Torah afferma solennemente che tutto il mondo appartiene al Creatore del cielo e della terra e che Lui ha scelto la Terra Santa come il luogo della Sua dimora, dove vivrà per sempre insieme alla Sua sposa, il popolo ebraico. La risposta degli ebrei al mondo deve essere cristallina ed inequivocabile:
    La Torah è la nostra Road Map alla pace e non è negoziabile!
    E' tempo di dire la verità: non c'è mai stato un popolo palestinese e non ci sarà mai uno Stato Palestinese, non durante la vita di D-o. Non si sta facendo un favore agli arabi facendoli diventare ladri, aiutandoli a rubare il territorio che non è mai appartenuto a loro.


Chutzpah [arroganza, sfrontatezza].

Amalek rappresenta la pura chutzpah. La chutzpah va combattuta con la chutzpah, non si deve negoziare con Amalek, al contrario bisogna trattarlo con il disprezzo che merita e buttarlo fuori della porta. Gli ebrei devono rimanere fermi, non devono concedere neanche un centimetro! Non dobbiamo sacrificare i nostri 3.300 anni di matrimonio, e prostituirci nel sostegno illusorio di un pragmatismo politico che porterà altro sangue per ebrei ed arabi.
    La Road Map è una farsa. La gente morale ed intelligente non dovrebbe cadere preda di un piano che  porterà sangue nel mondo. I terroristi si devono sconfiggere con la forza e la chiarezza morale, non asservendosi e sottomettendo l'anima e il cuore.


Il nostro 11 settembre.

Poi, ahimé, la tragedia è avvenuta. Domenica 25 maggio 2003, a mezzogiorno. Il popolo ebraico ha osservato con orrore un gruppo di politici israeliani che distruggeva il simbolo del popolo ebraico e della civiltà ebraicakn, le nostre Torri Gemelle. Si è trattato di un audace e sfacciato attacco frontale che ci ha colto di sorpresa. Con profonda delusione siamo rimasti a guardare stupefatti mentre pochi individui attaccavano sfrontatamente e incendiavano le Due Tavole, la Torah. L' accettazione della Road Map da parte di Israele è stato un atto di suicidio.
    Per la prima volta in 3.800 anni, gli ebrei si sono auto-esiliati, hanno ripudiato pubblicamente il proprio diritto alla Terra d'Israele. Sei miliardi di gentili guardavano, alcuni con indifferenza, altri con delusione ed altri ancora con gioia malcelata, mentre gli ebrei calpestavano Abrahamo, Isacco, Giacobbe, Sara, Rebecca, Rachele e Lea. Il linciaggio è stato impietoso.
    Il 26 maggio il Primo Ministro ha raddoppiato la posta ripetendo per ben quattro volte, e sottolineandolo con enfasi, che il popolo ebraico ha storicamente, illegalmente ed immoralmente occupato il Territorio di Israele. Il gabinetto ha votato la declassazione della Torah a immondizia della storia, invitando gli europei, i russi, gli arabi e gli americani al summit di Aqaba, per assistere al rogo in cui 3.800 anni di fede e di sangue sarebbero andati in fiamme.
    Le ripercussioni del 25 maggio, sebbene sia passata più di una settimana, sono che molti ebrei non riescono a dormire la notte. E' duro da mandar giù, ma è ufficiale: Israele si è arreso domenica 25 maggio.
    Quello che è ancor più insopportabile è che neanche uno dei membri del gabinetto ha rassegnato le sue dimissioni!
Nel medesimo tempo, decine di migliaia di ebrei ortodossi hanno organizzato proteste di massa e campagne internazionali, no, non per protestare contro quella che è forse la maggiore dissacrazione della storia ebraica, ma contro i tagli del bilancio! Le maggiori organizzazioni rabbiniche ed ebraiche hanno fatto come al solito i loro affari, senza registrare neanche un sospiro o un mormorio di protesta contro questa tragedia titanica.


Impazziti.

E' difficile arrabbiarsi perché è ovvio che questi ebrei che hanno abbracciato la realtà di uno Stato Palestinese sono folli, pazzi da legare.  Si può ragionare con chi è pazzo da legare? Sembra che la pressione inesorabile causata dal vivere in un mondo non-ebreo e ostile per oltre due millenni sia diventata insopportabile, e che alcuni dei nostri fratelli siano semplicemente crollati. Forse è colpa di D-o. Dopo duemila anni di abusi su mogli e figli, di spietate torture, di pogrom e Olocausti, e di estirpazione degli ultimi veri leader ebrei fra di noi, che cosa si può aspettare D-o? Si aspetta forse che gli ebrei siano normali?
    Migliaia di anni di antisemitismo hanno fatto sì che molti ebrei hanno cominciato a credere alle parole di chi ci odia: che siamo

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veramente un popolo malvagio e immorale. Abbiamo cominciato a denigrare e disprezzare noi stessi, compreso il diritto inequivocabile alla Terra Santa, dal Giordano al Mediterraneo, un dono di D-o alla casa d'Israele, chiaramente presentato nel Libro dei Libri.
    E' difficile stabilire che cosa è peggio, il 25 maggio o il disastro del Vitello d'Oro. Non è possibile minimizzare l'immensità della tragedia o far finta che quello che è accaduto il 25 maggio sia meno della Road Map per Auschwitz. Il Primo Ministro ha ora di sua propria volontà prenotato il treno e sta cercando di convincere se stesso e gli altri ad affidare agli arabi e al dipartimento di Stato arabo cinque milioni di vite ebree!
    Quando un ebreo impazzisce, la cosa ha effetti e conseguenze in tutto il mondo. Gli Stati Uniti hanno appena speso 100 miliardi di dollari per estirpare uno stato terroristico e - incredibile a dirsi - adesso stanno impiegando tutte le loro risorse per fondarne un altro! Il presidente Bush si è fatto prendere dalla megalomania: i suoi prodigiosi successi forse gli hanno dato alla testa. Crede sul serio di poter avere successo là dove tutti gli altri hanno fallito. Seguendo il folle consiglio di alcuni suoi consiglieri, è pronto a mettere in gioco in una mitica ricerca il prestigio faticosamente guadagnato  .
    Quello che i suoi consiglieri hanno dimenticato di dirgli è che negli ultimi 3.800 anni tutti coloro che hanno aiutato una nazione a uccidere gli ebrei, si sono ritrovati dal lato sbagliato della storia. Un risultato garantito della Road Map: ogni politico personalmente coinvolto in questo sporco affare è avviato sulla strada in discesa dell'oblio politico.

(Naomi Ragen, 10.06.2003)



TERRA SANTA O PAESE CONTAMINATO?


Sotto il titolo "Love Without Borders", si svolge oggi, venerdì 20 giugno, nella capitale israeliana, la "Gay-Pride Parade". La festa popolare, che doveva avvenire venerdì scorso ed era stata rinviata a causa dell'attentato suicida sul bus n.14 in via Giaffa con 17 morti. Nell'attentato è morto anche Alan Bier, uno degli organizzatori del corteo. Gli abitanti ultra-ortodossi hanno aspramente criticato Uri Lupoliansky. Il nuovo sindaco aveva infatti annunciato il suo sostegno all'avvenimento nella capitale. Anche nella città nord israeliana di Haifa si svolge oggi un corteo simile. E' il primo nella storia della città.

(Ha,aretz, 20.06.2003)


DALLA TORAH
  • Non avrai relazioni carnali con la moglie del tuo prossimo per contaminarti con lei.
  • Non darai i tuoi figli perché vengano offerti a Moloc; e non profanerai il nome del tuo Dio.
  • Io sono il SIGNORE.
  • Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole.
  • Non ti accoppierai con nessuna bestia per contaminarti con essa; la donna non si prostituirà a una bestia: è una mostruosità.
  • Non vi contaminate con nessuna di queste cose; poiché con tutte queste cose si sono contaminate le nazioni che io sto per cacciare davanti a voi.
  • Il paese ne è stato contaminato; per questo io punirò la sua iniquità; il paese vomiterà i suoi abitanti.
  • Voi dunque osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni, e non commetterete nessuna di queste cose abominevoli: né colui che è nativo del paese, né lo straniero che abita in mezzo a voi.
  • Poiché tutte queste cose abominevoli le ha commesse la gente che vi era prima di voi, e il paese ne è stato contaminato.
  • Badate che, se contaminate il paese, esso non vi vomiti come ha vomitato le nazioni che vi stavano prima di voi.
    (Levitico 18:20-28)


IMPORTANTI CAMBIAMENTI NELLA FEDE MESSIANICA DELL'EBRAISMO ORTODOSSO (II)



Il Rebbe, gli ebrei e il Messia (Seconda puntata)

di David Berger

II

Si può facilmente sostenere che il chassidismo sia il movimento religioso più vivace della moderna comunità ebraica. Creato nella Polonia del 19° secolo, si basa sugli insegnamenti del rabbino Israel Baal Shem Tov (Maestro del Buon Nome, o meglio, Buon Maestro del Nome). Esaltando l'importanza della gioia nel servizio di Dio, il ruolo decisivo della preghiera e l'opportunità di stringersi al divino attraverso un tzaddik o rebbe – un leader carismatico visto come un collegamento fra le sfere celesti e quelle terrene – il Baal Shem Tov e i suoi successori hanno plasmato un messaggio che ha dato una nuova energia e una rinnovata direzione alla devozione, ai rituali dell'ebraismo e alle sue istituzioni sociali.
    La corrente del chassidismo conosciuta come Chabad – acronimo ebraico che sta per saggezza, comprensione e conoscenza – nasce con l'evolversi del rabbino Shneur Zalman, una grandissima figura della normativa e del misticismo ebraici, che ha introdotto un forte elemento intellettuale in un movimento contrassegnato dall'entusiasmo pietistico. Se a causa di una serie di fattori, il movimento chassidico diventò una corrente molto controversa in seno all'ebraismo, il gruppo Chabad, localizzato in Lituania, venne addirittura a trovarsi al centro di una campagna ostile capeggiata dal famoso rabbino Gaon di Vilna, il talmudista più grande della sua generazione e di tutte le successive, diventando la forza motrice di una serie d'interdizioni contro il nascente movimento chassidico a partire dal tardo  700.
    Agli albori del 19° secolo, il chassidismo aveva fatto ben più che resistere semplicemente a questi attacchi. Mentre una schiera di rebbe stabilirono le loro dinastie nei paesi e negli shtetels (i villaggi dell'Europa orientale), il movimento divenne la forma dominante ebraica nella maggior parte della Mitteleuropa, la roccaforte degli ebrei del 19° secolo. È vero che gli oppositori tradizionali non abbandonarono completamente il campo, ma i loro sforzi diminuirono quando si trovarono alleati del chassidismo nella difesa contro un nemico comune: la forte e impetuosa avanzata dello scetticismo, del laicismo e dell'assimilazione culturale che operavano per corrodere i fondamenti stessi della società tradizionale ebraica.
    Il movimento Chabad, conosciuto oggi anche come Lubavitch, dal nome del paese dove hanno vissuto i capi Chabad dal 1813 al 1913, ha avuto una parte importante in quella resistenza. Fu proprio nel 19° secolo, quando i rabbini Chabad hanno lavorato assieme ad altri leader tradizionalisti, e ancora di più nel 20°, quando la resistenza si doveva tradurre in un'opposizione eroica, combattuta per decine d'anni, soli ed isolati, non contro i modernisti ebraici, ma contro il regime sovietico totalitario determinato a estirpare totalmente l'osservanza ebraica. Neanche il più duro dei cuori poté fare a meno di commuoversi ai racconti di quanta abnegazione ci fosse stata nella lotta dei chassidim di Lubavitch nel conservare minuscole sacche d'ebraismo negli abissi della Russia stalinista e post-stalinista – lottando contro tutte le grosse difficoltà per assicurarsi una dieta esclusivamente kasher, per evitare di dover scrivere quando erano costretti ad andare a scuola il sabato e le feste, per sopportare mesi o anche anni di celibato da parte di coppie sposate a causa della mancanza dei bagni rituali necessari per riprendere i rapporti matrimoniali. Ho un vivo ricordo dell'impatto emotivo di questi racconti quando ho risposto agli appelli lanciati a favore della Lishkath Ezer Achim, un'organizzazione Chabad che mandava cibo kasher agli ebrei osservanti durante i giorni più bui della tirannia sovietica.
    Questa campagna ed altre ancora furono capeggiate nella seconda metà del 20° secolo dal rebbe più recente, il rabbino Menachem Mendel Schneerson, il quale salì alla sua posizione 50 anni fa, dopo la morte del suo suocero. Dal quartiere generale a Crown Heights, Brooklyn, il Rebbe, come fu semplicemente chiamato, creò un impero mondiali di seguaci, diffuse l'ebraismo ortodosso in luoghi dove non era nemmeno conosciuto, dette energia nuova all'educazione ebraica, portò un numero sostanziale di ebrei miscredenti all'osservanza e molto altro. Fu, infatti, un uomo straordinario di un tale talento che sono certamente veri la maggior parte degli elogi riversati su di lui dagli odierni messianisti (termine per descrivere coloro che credono che sia il messia).
    In linea di massima, neanche gli osservatori ben informati riconoscono l'importanza monumentale del movimento Lubavitch, sia prima che dopo la morte del Rebbe. Usando fonti ufficiali, un giornalista ha detto recentemente che Chabad può vantarsi di più di 2.600 istituzioni in tutto il mondo, con 3.700 coppie sposate che fungono da emissari; più di 500 di queste istituzioni sono state create solo dopo la morte del Rebbe. Anche se queste cifre fossero ingrandite, non c'è dubbio che la presenza di Chabad nel mondo continua a crescere a un ritmo fenomenale.
    Per esempio, sono rimasto sorpreso nell'apprendere che il 50 percento del rabbinato inglese è formato di rabbini Chabad. C'è una presenza Chabad molto energica a Milano, in Italia. Venezia vanta di un centro Chabad dove molti turisti ebrei mangiano e passano assieme lo Shabbat, e il macellaio rituale di Roma è un chassid Lubavitch. Qualsiasi viaggiatore ebraico in Francia, dove l'elenco di Chabad comprende 35 emissari importanti, può testimoniare della visibilità e del significato delle istituzioni e dei servizi che si trovano in quel paese. A Sydney, Australia, tredici delle 26 sinagoghe sono guidate da rabbini Chabad e, nelle parole del mio informatore, l'autorità della città addetta al controllo della kasherut «ha un solo rabbino per supervisore, Chabad naturalmente». Un giornalista ebreo olandese mi assicura che più della metà dei rabbini ortodossi in Olanda sono chassidim Lubavitch. Il capo della corte rabbinica per la città di Montreal è un rabbino Chabad e, secondo l'elenco Lubavitch, ci sono diciotto centri importanti in Brasile.
    E poi ci sono ancora gli Stati Uniti e Israele. Per un numero rilevante di comunità americane, quando si cerca una presenza ortodossa, o a volte qualsiasi presenza ebraica religiosa, la si trova solo tra i Chabad. E per quanto riguarda Israele, vi è una rappresentanza sproporzionata del movimento fra i rabbini ed i funzionari religiosi del paese; il suo peso politico ne è testimone.
    Finalmente, merita un cenno particolare il ruolo di Chabad nell'ex-Unione Sovietica, un territorio vastissimo con una popolazione di mezzo milione di ebrei. Grazie alla Federazione di comunità ebraiche, di formazione recente, è stato insediato come il rabbino capo del paese, un emissario Chabad di nome Berel Lazar. Anche se l'attuale rabbino capo non ha ancora rinunciato al suo incarico, questo nuovo gruppo gode del consenso del governo, e le attività organizzati da Chabad primeggiano su quelle di tutti gli altri movimenti religiosi ebraici. Secondo un ebreo russo molto ben informato, nel prossimo futuro, Chabad verrà visto nel suo paese come sinonimo dell'ebraismo, mentre si guarderà agli altri gruppi religiosi ebrei come sette.


III

In teoria, il Rebbe avrebbe potuto stabilire questo impero straordinario senza nessun riferimento alla credenza nella fine dei giorni. In realtà però, le sue attività si sono sviluppate sullo sfondo di aspettative messianiche molto intense. In una serie di affermazioni che, da allora, sono state energicamente evidenziate dai messianisti, egli stesso proclamò senza mezzi termini l'imminenza della redenzione, incoraggiò il grido dello slogan "vogliamo mashiach [messia] ora" e fece chiare allusioni al fatto che sarebbe stato egli stesso il redentore. Tali affermazioni furono, per esempio: che suo suocero scomparso, la cui anima si credette il Rebbe avesse condiviso, e che era dunque visto come una sorte di surrogato o di codice per il Rebbe stesso, fosse il principe (nasi) di questa generazione. Che il principe della generazione fosse il messia della generazione. Che il processo metafisico di separare le scintille di santità dal dominio malvagio fosse stato completato,. Che il messia fosse stato già rivelato e che tutto ciò che bisognasse fare ora fosse di accoglierlo. Che il messia sarebbe venuto prestissimo. Che «il tempo della tua redenzione è arrivato.» Che il santuario finale sarebbe sceso dal cielo in un punto a Crown Heights, adiacente ai quartieri generali Lubavitch, e che solo allora i due palazzi sarebbero stati portati a Gerusalemme. Che il nome del messia fosse Menachem.
    Il messaggio non era certo inequivocabile. Il Rebbe si astenne da qualsiasi proclama aperto e esplicito della propria identità messianica, insegnò che bisogna portare avanti le relazioni pubbliche in maniera tale da conquistarsi il proprio interlocutore, e continuò a spingere le persone note per la loro opposizione ai messianisti ad assumere incarichi importanti. Un collaboratore di lunga data ha referito che il Rebbe gli abbia detto, «L'uomo che è il messia deve essergli rivelato dal cielo, e per il momento, questo non mi è stato rivelato. » Benché, nei suoi ultimi anni, il Rebbe abbia tollerato e sembra anche aver incoraggiato che si cantasse la formula che dichiarasse il fatto che egli fosse il messia - «Che il nostro Maestro, il nostro Insegnante e Rabbino, il Re Messia, viva per sempre» - ha anche fatto notare che avrebbe dovuto in realtà lasciare la stanza durante quel canto e che rimase solo perché lasciare la stanza non avrebbe avuto nessun effetto. Negli anni 80, espresse forti critiche nei confronti delle persone che pubblicavano materiali messianisti, e fece un commento analogo anche nel 1991. Una volta, si dice, abbia risposto ad una petizione indirizzatagli nella sua veste di messia dicendo «Quando viene, gliela darò».
    A mio giudizio, il Rebbe non avrebbe voluto che, dopo la sua morte, si proclamasse che fosse il messia in un mondo non redento, tuttavia, questo è esattamente ciò che è successo. Giorni dopo la sua morte, un giornale messianista in Israele paragonò i non credenti agli idolatri del vitello d'oro nella Bibbia che hanno perso la fede perché Mosé si assentò sul Monte Sinai più a lungo del previsto, e dichiarò che il Rebbe «sarebbe apparso con reale immediatezza per redimere Israele». In pochi mesi, due volumi bellissimi, il primo in ebraico e il secondo in inglese, furono pubblicati per spiegare i motivi per i quali la fede doveva continuare. Le affermazioni più forti del Rebbe riguardo all'imminenza della redenzione furono lette ormai come vere profezie.
    Una volta che un profeta si fosse pronunciato, non era più necessario produrre altre prove e tutte le prove contrarie portate erano invalidate. Si cominciò ora a setacciare duemila anni di letteratura messianica per trovare una manciata di citazioni di rilevanza generale, anche se a rigore inapplicabili, e con altre affermazioni meno pertinenti, per dimostrare che l'ebraismo consente di credere in una messia che fa ritorno dalla morte. Con il passare dei mesi, neanche questa posizione fu sufficiente, e un numero sempre più grande di messianisti cominciò a sostenere che il Rebbe non fosse mai morto, che rimase in vita nel senso completo della parola. In questa lettura, ciò che è successo il 12 giugno del 1994 fu un'illusione, analoga alla strategia di Satana quando, subito prima del peccato del vitello d'oro, mostrò al popolo ebraico una cassa che sembrò la bara di Mosé. I funerali del Rebbe, come la cassa da morto di Mosé, fu dunque:
    «una prova per occhi carnali… Per la verità, non si è spento e non è scomparso, Dio ce ne guardi… La cosa speciale del Principe della generazione è precisamente che è un essere umano in un corpo fisico che dev'essere parte del mondo, ed è così che si unisce con la sua natura divina. Non possiamo dire, non vogliamo dire, è assolutamente impossibile dire che si è spento, Dio ce ne guardi. Il Rebbe vive e esiste fra di noi esattamente come prima, letteralmente, letteralmente».
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Traduzione di Lenore Rosenberg dell'articolo "The Rebbe, the Jews, and the Messiah" di David Berger; Commentary; settembre 2001; vol. 112, numero 2; p. 23, 8 pp.

(KESHER Le newsletter di Morasha.it, 08.06.2003)

Terza puntata



PIU' EBREI IN ISRAELE CHE NEGLI STATI UNITI


Secondo fonti dell'Ufficio di Statistiche americano, quest'anno il numero degli ebrei che vivono in Israele supera quello degli ebrei che vivono negli Stati Uniti. Quindi, per la prima volta da circa 2OOO anni, dal tempo della distruzione del secondo tempio, ci sono di nuovo più ebrei in Israele che in qualsiasi altro paese del mondo.
     Secondo un rapporto della CBS, il mese scorso il numero dei cittadini ebrei di Israele era di 5,4 milioni, mentre negli USA vivono 5,2 milioni di ebrei. D'altra parte però, commenta il prof. Sergio Della Pergola dell'Università Ebraica, non vengono considerati i coniugi e i familiari che non sono di provenienza ebraica. Al numero degli americani bisognerebbe quindi aggiungere altri 1,5 milioni.
     Se continua l'attuale tendenza, in tre anni la popolazione ebraica di Israele supererà quella degli Stati Uniti. Nonostante che la maggioranza degli oltre 13 milioni di ebrei viva ancora fuori di Israele, si aspetta che entro i prossimi dieci anni più della metà degli ebrei avrà la sua patria in Israele.

(ICEJ Nachrichten, 18.06.2003)



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