Notizie su Israele 192 - 22 agosto 2003


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Il SIGNORE ha in mano una coppa di vino spumeggiante, pieno di mistura. Egli ne versa; certo tutti gli empi della terra ne dovranno sorseggiare, ne berranno fino alla feccia. Ma io racconterò sempre queste cose, salmeggerò al Dio di Giacobbe. Stroncherò la potenza degli empi, ma la potenza dei giusti sarà accresciuta.

(Salmo 75:8-10)



SCENE DI VITA E DI MORTE IN ISRAELE


Una sera fuori, a Gerusalemme

di Naomi Ragen

GERUSALEMME, 20 agosto - «Andiamo a cena fuori, stasera», mi ha proposto ieri mio marito verso le cinque del pomeriggio. Ero rimasta bloccata a casa tutto il giorno, lavorando al mio libro. Preparare una cena mi sembrava un'impresa impossibile.
    Volevo andare in qualche posto nuovo, quindi sono andata a visitare una pagina di internet dove si trovano tutti i ristoranti kosher di Gerusalemme e ho trovato un posticino francese nel centro della città, in cui non ero mai andata prima. Ho telefonato per chiedere se avevano un servizio di sicurezza, e mentre ero al telefono ho chiesto se era necessaria una prenotazione. Effettivamente era necessaria. «Abbiamo soltanto un tavolo disponibile all'esterno», mi ha detto la persona al telefono. «Per il resto, è tutto prenotato». «Wow! - ho pensato - Considerato che dopo due anni di intifada tutti i ristoranti nel centro della città non fanno affari, questo posto deve avere qualcosa di speciale».
    Prima ancora di parcheggiare l'auto, ho guardato fuori. Il centro di Gerusalemme era pieno di gente. Famiglie in strada per una passeggiatina. Agenti turistici al lavoro. Persone che andavano in città a mangiare alle feste popolari. Il mercato all'aperto dell'usato era di nuovo in funzione e pieno di acquirenti. E' come il sentimento di una rinascita, pensavo. Le persone gettano via le loro paure e ricominciano a vivere.
    Ci siamo seduti a mangiare alle otto meno dieci. Il cibo era eccellente. Il servizio meraviglioso. Foie gras con pere, servito a un piccolo tavolo in un cortile all'aperto sotto un pergolato. Era tutto calmo e gradevole. E pensavo a come era fortunato questo posticino che aveva resistito ai giorni terribili, quando nessuno veniva a Gerusalemme.
    Abbiamo finito alle nove e dieci e abbiamo deciso di raggiungere la folla che si stava godendo la serata estiva. Dopo aver percorso Rechov Rivlin siamo arrivati a via Gaffa , e lì ho visto un ragazzo che correva per strada, ma non ho sospettato nulla. «Ragazzi che si sfogano», ho pensato. Poi ho visto la macchina della polizia e ho sentito qualcuno che diceva: «Pigua, attentato terroristico».
    Immediatamente dopo ho sentito le sirene. Una folla di persone si era radunata all'angolo e ascoltava la radio delle macchine. Qualcuno ha detto: «Via Shmuel HaNavi». E' una strada nel cuore del quartiere ultraortodosso di Gerusalemme.
    Ad un tratto la scena della vivace strada cittadina si è fatta quasi surreale. Le persone rimanevano sedute fuori ai bar, sorridendo e ridendo, mentre poche strade più in là dei bambini stavano bruciando e morendo. Non c'erano altoparlanti, e a non fare attenzione si poteva pensare che tutto era come prima: una piacevole serata estiva a Gerusalemme.
    Siamo tornati alla macchina e abbiamo acceso la radio. Un autobus a due piani con posti solo in piedi, pieno di famiglie religiose che tornavano da una visita al Muro del Pianto, è saltato in aria. Era appena successo.
    Siamo tornati a casa per vedere i servizi alla televisione. Quando ho aperto la porta, ho fatto ad alta voce il nome di mio figlio. Ma nessuno ha risposto. Non aveva detto che sarebbe uscito. Probabilmente non mi aveva sentito. Ho salito i gradini. La sua stanza era vuota. Il mio stomaco cominciava a rumoreggiare. Mio Dio, dov'è mio figlio?
    Ma subito dopo ho sentito la sua voce dall'altra parte della casa. E ho pensato alle famiglie che hanno avuto lo stesso pensiero, ma con un risultato diverso.
    Ho guardato i servizi alla televisione, le facce insaguinate dei bambini che piangevano. La nonna portata fuori dal carnaio. I corpi sdraiati sulle strade. La piccola, esile bambina voltata sulla schiena mentre i medici si davano da fare su di lei...
    
Un poliziotto israeliano con la ca- micia sporca di sangue al telefono nell'operazione di soccorso per l'attentato di Gerusalemme
    E ho pensato alle persone che in tutto Israele stavano sedute nei bar e nei ristoranti, e a tutto il mondo che insiste a dire che siamo in pace, o che stiamo in una qualche forma di processo di pace, o che tra i musulmani palestinesi, o tra i musulmani in generale, ci sono persone con cui possiamo parlare, che sono in posizione di potere e vogliono raggiungere un compromesso pacifico su ogni questione. E ho pensato a tutti i mesi in cui il nostro governo ha ceduto alle pressioni americane e ha abbandonato la guerra al terrorismo, ha liberato detenuti, ha trasferito il controllo della sicurezza in Cisgiordania e a Gaza, ha permesso alle organizzazioni terroristiche di raccogliere armi migliori e in maggior numero, di addestrare più terroristi suicidi, in un processo di autoillusione che considerava ogni concessione come un passo avanti verso un qualche positivo obiettivo. Ho pensato a tutte queste cose che hanno condotto, inevitabilmente, a quell'esile bambina sanguinante sulla strada, che ora stava lottando per la sua giovane vita.
    E ho pensato a me stessa come cittadina in una democrazia, e a quanto ero stanca di combattere i suoi nemici e il suo proprio governo e la maggior parte della sua propria stampa, e al paese della sua nascita - la più grande democrazia, quella che più di tutte al mondo oggi ama la pace, gli Stati Uniti - ognuno dei quali ha totalmente sbagliato quando ha voluto affrontare una minaccia all'umanità che può soltanto essere vinta con la forza, con inutili parole e autodistruttiva pacificazione.
    Ho pensato che dovevo accusarmi per quella bambina. Non avrei dovuto andare fuori a cena. Avrei dovuto stare con i picchetti davanti alla casa del mio Primo Ministro, davanti alla sede del mio governo, dell'Ambasciata Americana, per dire a loro che le vite dei cittadini di Israele non sono merce di scambio. E che la vita di questa bambina, il suo sangue, ricade sulle loro teste. Avrei dovuto urlare: «Chiunque non combatte il terrorismo il 100% del tempo è corresponsabile della morte delle vittime del terrorismo».
    Lo stesso giorno avevo visto il servizio televisivo del terrorista suicida che si è fatto saltare in aria davanti alla delegazione dell'ONU a Bagdad. Finalmente, dopo due anni che ce li vediamo scoppiare ai Bar Mitzvà, nelle discoteche e nelle sere dei Seder, ho sentito un cronista dell'ONU che diceva: «I terroristi non hanno frontiere».
    Quelli che vogliono liberare il mondo dal terrorismo dovrebbero imparare dai nostri nemici. La nostra opposizione al terrorismo, ai leader del mondo libero che scendono a patti con lui, la nostra opposizione a un indifferente pubblico che ha imparato a tollerare la morte degli altri, non deve avere frontiere. Non ci è permesso di stancarci, di perdere tempo. Dobbiamo essere inesorabili, intransigenti, risoluti, impietosi e determinati come Hamas e Jihad Islamica. Dobbiamo combattere adesso per le nostre vite, in modo che i nostri figli non debbano combattere per le loro in mezzo a una strada, sotto le soccorrevoli mani di medici mentre il loro sangue bagna il terreno.

(MidEast Truth, 20 agosto 2003)



PER CONTENTARE L'ALLEATO AMERICANO


Crimine contro l'umanità

di Marc Haviv

Stavo sgombrando tre corpi senza vita che erano l'uno sull'altro quando ho sentito il pianto di un bebè seppellito sotto i corpi. Mi sono affrettato a liberarlo. C'era sangue dapperrutto e ho visto un lattante di appena due mesi, vivo e indenne.

Probabilmente penserete che si tratta di un'altra testimonianza di uno scampato dai campi di sterminio, il racconto di una scena tante volte sentita. No, si tratta della testimonianza di un soccorritore dell'associazione Hatzolah-Yoch, il 19 agosto 2003, nel sanguinoso attentato di Gerusalemme. Il terrorismo che ritorna, l'incubo che ricomincia; ma non per i responsabili di Hamas, che nonostante rivendichino l'attentato, fanno sapere questa mattina, in un comunicato, che "la hudna continua, ma che non possono impedire iniziative individuali".
    NO COMMENT!
    Quando comprenderanno i responsabili israeliani che bisogna regolare una volta per tutte il problema palestinese? Perché è di un vero problema che si tratta. Nessuno di loro desidera la pace, e noi ebrei continuiamo a pagarne il prezzo politico con la morte dei nostri figli. Dobbiamo pagare per vedere. Noi sappiamo che non manterranno le loro promesse, che non disarmeranno le loro entità terroristiche. Nel momento stesso in cui avveniva questo terribile attentato, Abu Mazen era a colloquio con i dirigenti di Hamas e di Jihad.
    "Vedremo se l'Autorità Palestinese saprà contenere il terrorismo!"
    Ed è questo "Vedremo" che ci costa qualche dozzina di morti ogni volta. E' il prezzo da pagare per contentare l'alleato americano.
    Tra la Russia, Bagdad e Gerusalemme, 90 morti per attentati suicidi in una sola settimana, ma il mondo resta nella sua letargia, non sente avvicinarsi la catastrofe.
    Signor Sharon, signor Mofaz, voi finirete davvero per diventare complici del genocidio del vostro popolo se non decapitate una volta per tutte l'idra immonda, tirandogli una palla in testa.
    Non siamo più disposti ad accettare che voi continuiate a lasciar scorrere il nostro sangue per vedere se Dahlan e Mazen disarmeranno i terroristi.
    Sono mesi che avete tutti gli indicatori al rosso, ma voi aspettate che il rosso si trasformi in fiumi di sangue, il sangue dei bebè, dei lattanti, dei bambini.
    Che cosa importano i belati delle nazioni, voi dovete compiere la vostra funzione, proteggere il popolo ebraico, e a questo scopo usare tutti i mezzi, cosa che voi non fate. Non è così semplice! Diranno gli specialisti di geopolitica.
    Lasciate che le nazioni urlino, non hanno molto di meglio da fare. Non ci sarà mai una soluzione, quale prova volete ancora? Quale decisione di contenersi giustifica che si sotterri una madre incinta di nove mesi e suo figlio? Quale calcolo politico vale la vita di un padre e di suo figlio, sotterrati lo stesso giorno. Lo Stato d'Israele ha come vocazione primaria quella di progeggere i suoi cittadini ebrei, unico vero bersaglio del terrorismo.
    E' questa la missione essenziale e non deve fallire.
    
(Guysen Israël News, 20 agosto 2003)



PAROLE, SOLO PAROLE


Il Presidente palestinese Mahmud Abbas ha condannato l'attacco di Gerusalemme: "Desidero esprimere tutta la mia riprovazione per questo fatto. Esso non serve al bene del popolo palestinese". Abbas ha incaricato il suo Ministro per la Sicurezza Mohammed Dahlan, di avviare immediatamente delle indagini. Ci deve essere una fine per attacchi di questo tipo, ha detto Abbas. Con entrambe le organizzazioni terroristiche Abbas ha interrotto immediatamente tutti i contatti.
    Anche la Casa Bianca ha condannato l'attentato. Il governo americano invita l'Autorità Palestinese a distruggere il terrorismo, ha detto un portavode del Presidente USA, George W. Bush, a Washington.
    Il Ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fisher, ha condannato nel modo più categorico l'attentato e ha dichiarato: "Ancora una volta i nemici della pace tentano di annientare il processo di pace israelo-palestinese che nelle ultime settimane aveva risvegliato una tenue speranza. Devono essere decisamente contrastati. I loro progetti non devono riuscire. Entrambi i popoli, israeliani e palestinesi, desiderano una vita in pace e sicurezza. I responsabili politici si sentono chiamati a impegnarsi con energia per una soluzione pacifica del conflitto. Il processo di pace deve continuare".
    
(Israelische Botschaft in Berlin, 20.08.2003)



L'AUTORITÀ PALESTINESE SIMULA OPERAZIONI ANTITERRORISMO


Un rapporto confidenziale che è stato sottoposto al governo israeliano indica che nel quadro degli sforzi intrapresi dall'Autorità Palestinese per convincere il governo israeliano della sua "buona fede", essa simulerebbe la cattura di terroristi o la scoperta di ordigni esplosivi. Questa azione sarebbe intrapresa dai membri delle forze di sicurezza palestinesi. I dirigenti palestinesi cercano con questo mezzo di affrettare il ritiro dell'esercito israeliano dalle città sotto il loro controllo e a incitare gli americani ad aumentare le loro pressioni su Israele affinché la popolazione palestinese benefici di misure di alleggerimento. A questo scopo sono state ingaggiate delle équipe per filmare le pretese operazioni di reperimento di cinture esplosive che in realtà sono state nascoste qualche minuto prima dai palestinesi.

(Arouts 7, 19.08.2003)



AUTORITA' RELIGIOSE, AUTORITA' POLITICHE... E ARAFAT


Arafat sputa addosso ai delegati del Waqf

Da mercoledì [20 agosto] il monte del Tempio è di nuovo aperto per i non musulmani. Se fosse stato per le autorità musulmane (Waqf), la cosa sarebbe avvenuta già due settimane fa, per un accordo con la polizia israeliana, ma questo è stato rifiutato da Yasser Arafat.
    Come riferisce giovedì il quotidiano israeliano "Ma'ariv", una delegazione del Waqf si è incontrata circa due settimane fa con Arafat alla Muqata. Gli inviati hanno cercato di spiegare al capo dell'OLP che Israele in questa occasione ha esercitato una forte pressione sul Waqf. Ma proprio questo argomento non è piaciuto ad Arafat.
    Il capo dell'OLP si è infuriato, ha sputato addosso ai suoi interlocutori e alla fine li ha gettati fuori dalla Muqata. «Io, e non Sharon, sarò quello che decide sull'apertura del Tempio», ha gridato.

*


L'Autorità Palestinese si muovo solo con il permesso di Arafat

RAMALLAH - Il gabinetto palestinese e il Primo Ministro Mahmud Abbas la sera di mercoledì hanno minacciato di dimettersi se il capo dell'OLP Yasser Arafat si rifiuterà di acconsentire ad un piano per la lotta ai gruppi terroristici. Evidentemente Abbas ha posto ad Arafat un ultimatum.
    Il Premier e il ministro palestinese per la sicurezza interna, Mohammed Dahlan, dopo il disastroso attentato suicida di martedì a Gerusalemme hanno elaborato un piano per procedere contro i gruppi terroristici radicali.
    Ma hanno annunciato di non attuare il piano se il partito Fatah e il suo presidente, Yasser Arafat, rifiuteranno il loro consenso e il loro sostegno.
    Come riferisce il quotidiano "Ha'aretz", devono anzitutto essere dichiarate fuori legge le ali militari di Hamas e di Jihad islamica. I responsabili dell'attentato suicida a Gerusalemme devono essere arrestati, le armi dei membri dei gruppi devono essere sequestrate.
    Inoltre, le moschee di Hamas devono essere chiuse o sottoposte alle autorità musulmane (Waqf). Scuole e istituzioni sociali dirette da Hamas o da Jihad islamica devono ugualmente essere chiuse o poste sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.
    Inoltre tutti i servizi di sicurezza devono essere messi sotto il controllo del Ministero dell'Interno. Su alcuni di questi servizi Arafat ha ancora il totale controllo.
    Secondo quello che ha detto un alto rappresentante dell'Autorità Palestinese, «certamente, solo alcuni dei passi contro Hamas e Jihad islamica verranno attuati». Inoltre questi si potranno realizzare soltanto se Israele non interviene militarmente di sua volontà contro le organizzazioni. «In ogni caso, la decisione è nelle mani di Arafat, e non in quelle di Abbas o Dahlan», ha aggiunto il palestinese.
    I capi dei due gruppi islamici radicali nella striscia di Gaza hanno tra l'altro espresso mercoledì il loro rammarico per il fatto che l'Autorità Palestinese ha rotto il contatto con loro.

(Israelnetz Nachrichten, 21.08.2003 )


PERCHÉ GLI ARABI ODIANO L'OCCIDENTE, IN PARTICOLARE GLI U.S.A.?


In un articolo intitolato "Perché gli arabi odiano l'Occidente, in particolare gli U.S.A.," Zuheir Abdallah, opinionista del quotidiano in lingua araba di Londra - Al-Hayat, rimprovera al fascismo arabo e all''islamismo di aver fallito il raggiungimento di ogni risultato per il mondo arabo dal 1948,

portandolo all'arretratezza attuale. Seguono estratti dell'articolo: (1)


Gli arabi devono ricordarsi che hanno invaso e occupato l'Europa prima delle Crociate

"La maggior parte degli arabi odiano l'Occidente, in particolare gli USA, per molte ragioni; alcune datano dal tempo delle crociate e dal periodo andaluso, e più recentemente, a causa della Palestina e dell'Iraq. Non intendo rinvangare questo turbamento storico, ma giusto per la storia, gli arabi dovrebbero ricordarsi che hanno invaso e occupato parti importanti dell'Europa centinaia di anni prima delle guerre dei crociati".

"L'Occidente, e gli USA in particolare, con il loro crescente potere finanziario e morale a partire dagli anni 1950, come ogni forza umana, dominano e colonizzano… esattamente come gli Assiri, i Romani, i Greci, i Persiani, gli Arabi, i Tartari, gli Ottomani e altri prima di loro … Ma dagli anni 1950, sia i dominatori sia i dominati hanno fatto un tentativo per costruire un nuovo mondo, dove la competizione (che è parte della natura umana) si sposta gradualmente dai campi di battaglia al regno della creatività economica e commerciale. Scienze e invenzioni sviluppati coma mai prima, specie in campo spaziale, delle comunicazioni e della medicina, hanno condotto all'invenzione di calcolatori, internet, satelliti; molte medicine e gli antibiotici sono stati scoperti, e hanno debellato molte malattie e allungato l'aspettativa di vita. In genere, il mondo si è avviato su un percorso stabile di progresso, con lo sviluppo del commercio (grazie all'eliminazione delle tariffe e la rapidità dei trasporti)."


Dal 1948 il mondo arabo è regredito

"Ma malgrado ciò, il mondo arabo ha mancato di salire sullo stesso treno (eccetto per i consumi), anche a partire dalla Nakba palestinese nel 1948. Da allora, con il pretesto di liberare la Palestina e distruggere gli agenti dell'occupazione, la maggior parte degli stati arabi sono stati guidati da gente non tanto intelligente e piuttosto tirannica (per la maggior parte militari). Quindi, la crescita economica e scientifica è regredita, raggiungendo il livello più basso in confronto agli altri stati del mondo (secondo l'ultimo rapporto ONU)."


Fascismo arabo e fondamentalismo islamico non hanno nulla da offrire al popolo

"Dal 1948, il primitivo fascismo arabo ha avuto mano libera, sostenuto dall'appoggio dei soldati e degli ufficiali dei partiti reazionari (a volte auto-proclamatisi progressisti), e altre volte alleati con l'Islam fondamentalista. Non hanno nulla da offrire al popolo eccetto slogan vuoti che girano intorno ai temi della resistenza e della lotta, perché nessuna voce può essere più forte di quella del combattimento, e di conseguenza si è diffusa la corruzione e questo fascismo arabo è sempre stato sconfitto nelle sue battaglie donchisciottesche contro qualunque forza straniera (eccetto il popolo, che sempre li ha sconfitti).

"In tutto il mondo, slogan e concetti cadono uno dopo l'altro, ma nel mondo arabo hanno raggiunto un livello tale che le persone semplici e la gente ignorante hanno sfortunatamente subito il lavaggio del cervello, diventando il combustibile di questo estremismo. Discutendo con molti cittadini arabi, anche con quelli che si reputano istruiti, sulle ragioni della nostra arretratezza, riceverete una risposta preconcetta sul fatto che l'Occidente e in particolare gli USA impediscono agli arabi di progredire. Se questa ipotesi è vera, perché allora certi paesi arabi e islamici, quali la Malesia e il Dubai [sic], cercano di raggiungere il progresso (sia pure parzialmente)?"


Gli arabi respingono le invenzioni occidentali, solo per abbracciarle più tardi

"L'Occidente e gli USA in particolare hanno raggiunto importanti traguardi durante il secolo scorso. Per quanto riguarda noi, arabi e musulmani, siamo diventati al massimo dei consumatori di queste realizzazioni e invenzioni; come prima reazione le rifiutiamo, affermando che sono concepite per controllarci, poi le consumiamo velocemente e persino lo nascondiamo la maggior parte del tempo. Gli esempi sono numerosi:

* L'invenzione delle trasmissioni radio, poi la televisione, poi i canali satellitari, poi le apparecchiature di comunicazione elettroniche. La maggior parte degli arabi ha usato male questi mezzi e li ha usati come canali dell'estremismo religioso, della provocazione politica e di divulgazione d'informazioni scorrette. La generazione più giovane passa lunghe ore su internet a guardare foto pornografiche, che alimentano la frustrazione. Prima dei mezzi di comunicazione moderni (visivi e audio), abbiamo avuto dotti e illuminati religiosi come Mohamad Abdu e Jamaleddine Al Afghani. Dopo la confusione derivante da questi mezzi, abbiamo sceicchi come bin Laden, Al Dhawahiri e molti altri che vediamo e ascoltiamo sui canali satellitari arabi.

* Le armi furono straordinariamente ed eccezionalmente sviluppate nel secolo scorso. Dal 1948 a oggi, gli acquisti di armi in Medio Oriente hanno raggiunto il primo posto tra le nazioni del mondo totalizzando, tra il 1995 e il 1997, circa il 38 per cento degli acquisti mondiali di armi in confronto con il 3% in Sud America, secondo un rapporto del Dipartimento di Stato degli U.S.A.: "Spese militari e trasferimenti di armi nel 1998." La maggior parte di questi acquisti furono fatti con il pretesto di liberare la Palestina e combattere i nemici. Esse invece furono usate contro il popolo o durante le guerre civili o per attaccare gli stati vicini. In quanto a Israele, resta il più potente in termini di armi.

* In campo medico, la scoperta di penicillina e antibiotici salvarono milioni e miliardi di vite umane da malattie mortali come il tifo e molte malattie infantili. Come conseguenza, vi è stato uno squilibrio nel bilancio demografico di molte nazioni in via di sviluppo, in particolare negli stati arabi, poiché il tasso di natalità è cresciuto considerevolmente (a volte incoraggiato da governanti ignoranti), combinato con una diminuzione del tasso di mortalità, specialmente infantile. Così, l'incremento annuale demografico ha oscillato tra il 3 e il 5%, il che significa che la popolazione in alcuni stati arabi è raddoppiata ogni 16 anni. Ne sono derivati problemi sociali, politici e ambientali che governi e popoli non hanno potuto affrontare.

"Questi sono alcuni esempi di invenzioni e scoperte degli ultimi secoli e di come sono state mal utilizzate nel mondo arabo. Fermiamoci per un momento e domandiamoci, noi arabi e soprattutto musulmani, che cosa abbiamo offerto a noi stessi e al resto del mondo, dall'inizio della rivoluzione industriale a oggi, quanto a scienze umane e scoperte o a un qualsiasi valore aggiunto per la civiltà? Sfortunatamente la risposta è: quasi nulla!!"

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Nota:
(1) Questo articolo è una traduzione dell'edizione inglese di Dar al hayat.

(Middle East Media Research Institute, 20.08.2003)



CONDIZIONI POSTE AGLI EBREI PER ESSERE ACCETTATI


Autodafè politico

di Deborah Fait
    
    Tempo fa leggevo un bellissimo articolo di Fiamma Nirenstein in cui l'autrice parlava della sua esperienza di giovane ebrea di sinistra e lo leggevo sorridendo perche' rivivevo la mia vita, le mie esperienze e gli autodafe' che i miei compagni pretendevano da me, ebrea e sionista, per poter essere considerata una "di sinistra" senza macchia.
    Erano gli anni Sessanta e io stavo "nascendo" politicamente piu' a sinistra del PCI, protestavo contro la mia borghesissima famiglia, contro il capitalismo, contro tutto il male dell'umanita'. Protestavo perche' avevo vent'anni e si avvicinava il 1968 anche se ancora non lo sapevamo. Ero una ragazzina (all'epoca, a vent'anni, si era ancora ragazzini) piena di ideali, di giustizia e di liberta', come tutti i miei coetanei politicamente impegnati e all'epoca chi era politicamente impegnato doveva essere di sinistra se no era semplicemente un fascista. Non esisteva una via di mezzo.
    Un giorno salutai tutti e me ne andai in America per vedere con i miei occhi questo paese del demonio e del capitalismo. Gran brutta parola "capitalismo", vuoi mettere invece il suo contrario, il paradisiaco Co-mu-ni-smo!
    Me ne andai, dunque, nel Paese del Capitalismo che, secondo gli insegnamenti di Partito, era il Male dell'umanita' intera. Ero curiosa e il mio innato senso di giustizia mi impediva di demonizzare un intero paese e un intero popolo (che stupidi questi americani!) senza conoscerlo. Mia madre era preoccupata? Piangeva? Non importava! Dovevo andare. Io, a vent'anni, dovevo salvare il mondo dal demonio e le lacrime di mia madre facevano parte del prezzo che la borghesia doveva pagare.
    A Boston, culla dell'America colta e borghese, giravo per le strade col naso arricciato nel vedere tutto quel benessere , quella ricchezza, quelle macchinone. Che schifo! Non vedevo ancora i demoni per le strade ma ero sicura che prima o poi si sarebbero rivelati.
    Stavo au-pair presso una famiglia di ricchi ebrei, i Jakobson, e li consideravo con disprezzo: la villa in mezzo al bosco, la macchina, la moto, il cane, il gatto. E pensare che c'era gente che moriva di fame! Che schifo!
    A Boston conobbi Giovanna Marini, la famosa musicologa, e diventammo amiche, tanto che ancora oggi siamo legate da grande affetto.
    Con Giovanna, la sua famiglia e altri amici rigorosamente di sinistra, abbiamo girato il nord America in lungo e in largo cantando a squarciagola le canzoni di protesta alla Bella Ciao. E nessuno, in quel Paesaccio capitalista, ci diceva niente se cantavamo Bandiera Rossa o le Otto Ore. Ci guardavano un po' straniti e sorridevano. Che strano!
    Giovanna Marini, Ivan Della Mea, Dario Fo, i guru della cultura comunista italiana hanno riempito la mia prima giovinezza ma non mi hanno impedito di pensare che forse quel Paese, gli Stati Uniti d'America, non era proprio cosi' demoniaco e che gli americani non erano proprio cosi' stupidi come volevano farci credere.
    Tornai in Italia con le idee un po' confuse quando scoppio' la guerra dei Sei Giorni.
    Era il giugno del 1967 e mi precipitai in Israele per dare un aiuto, per solidarieta', per disperazione. Al mio arrivo la guerra lampo era gia' finita con la meravigliosa vittoria di Israele e io rimasi al kibbuz Mishmar Hasharon, vicino a Natanya, per sostituire i giovani, ragazzi e ragazze, che erano ancora richiamati al fronte. Passai in kibbuz il periodo piu' bello della mia vita, imparai a conoscere questo popolo meraviglioso, gli israeliani cosi' bistrattati dai media e dall'opinione pubblica: maleducati, rozzi, cafoni! Certo, erano in guerra dal 1948, veramente anche da prima, e forse avevano avuto poco tempo di leggere Monsignor Della Casa ma erano persone meravigliose, piene di coraggio, dal cuore d'oro, ospitali e, a conoscerli, dolcissime, soprattutto erano soli e abbandonati dal mondo intero. La democrazia israeliana non pagava in un mondo filoarabo e filocomunista.
    Andai a fare la guardia sul Golan e dormivamo in sacchi a pelo sotto il cielo stellato. Ho girato tutta Israele in autostop o col camion del kibbuz perche' ogni volta che finivamo di piantare un campo di fiori nella sabbia (e vi assicuro che crescevano!) o di raccogliere i pompelmi in un campo di agrumi, ci portavano in gita premio. Era bellissimo.
    Ricordo che non c'era nessuna paura degli arabi dentro Israele, non pensavamo agli attentati anche se c'erano, non vivevamo nella psicosi di oggi. La guerra era finita, basta, chiuso l'argomento. Non era ancora nata l'OLP di Yasser Arafat che in seguito avrebbe terrorizzato gli ebrei, gli israeliani e seminato il terrorismo in Israele e in tutto il mondo occidentale.
    Nei campi del kibbuz lavoravano con noi alcuni ebrei yemeniti che ci deliziavano con i loro canti, sicuramente gli stessi che sentiva da piccola Achinoam Nini (Noa) e che hanno formato la sua cultura musicale. Antichi canti millenari di un popolo esiliato e schiavo che aveva ritrovato la Patria e la Liberta' con l'operazione 'Tappeto volante'.
    Dopo un anno e mezzo di kibbuz, di Israele, di Amicizia e Solidarieta', ritornai a malincuore in Italia e trovai tutto cambiato.
    I miei amici e compagni mi guardavano storto. Un mio compagno sindacalista durante un brindisi per la chiusura di un contratto grido' alzando il bicchiere verso di me: "Un brindisi agli ebrei e peccato che non li hanno ammazzati tutti". Gelo ma nessuna reazione, a parte la mia: mi alzai e me ne andai.
    Mentre bevevo il caffe' in un bar, uno sconosciuto rabbioso mi aggredi' guardando il Maghen David che portavo al collo "Non vi vergognate per quello che fate ai palestinesi?!".
    Allora capii, capii che per essere accettata da quelle persone "democratiche" e da tutta la societa' comunista italiana dovevo fare autodafe', rinnegare Israele e abbracciare il credo antisemita di tutta la sinistra pro-araba. Sentivo sulla pelle il disprezzo e la pieta' delle mie compagne femministe, capivo di essere isolata, sopportavo le loro battute velenose, il loro considerarmi diversa e il rinascere cosi' tristemente naturale dell'odio antisemita ma non mi sono mai piegata. E dovetti scegliere.
    Gli ebrei dovettero scegliere, alcuni rinnegarono Israele per essere considerati "vergini e innocenti"; altri, come me, abbandonarono il partito e l'ideologia della sinistra e si dedicarono alla causa del sionismo e della giustizia. Incomincio' cosi' la nostra persecuzione. Come ebrei eravamo ancora odiati e "sospetti", come sionisti dovevamo per forza essere fascisti e non si contano le offese, le minacce, gli insulti, la rabbia quando andavamo a parlare nelle scuole o nelle universita' a favore di Israele e gli studenti ci guardavano con odio. Tanto odio che dovevamo essere protetti dalla polizia, in Italia, a casa nostra! Ci gridavano ogni tipo di piacevolezze: "Fascisti, assassini" e incominciavano i primi slogan che avrebbero dovuto far pensare ma che al contrario furono accettati incondizionatamente come normali e giusti: "Israele boia, Palestina libera". Poi ne idearono molti altri , ancor piu' razzisti e raffinati.
    Per assurdo queste persone "di sinistra" odiavano un paese nato socialista, davano il loro supporto alle dittature fasciste, razziste e teocratiche arabe e offrivano il loro incondizionato amore ai terroristi di Arafat che presto avrebbero insanguinato anche l'Italia.
    Inutile parlare, inutile spiegare. Israele, cosi' piccolo e cosi' povero, aveva vinto la guerra, aveva umiliato gli eserciti di cinque paesi arabi e aveva conquistato dei territori. Imperdonabile.
    E' stato allora che ho sollevato la testa, piu' in alto che potevo rifiutando ogni tipo di autodafe' politico.
    E' stato allora che ho abbracciato incondizionatamente la mia vera identita', ed e' stato allora che ho guardato i miei ex compagni negli occhi sbattendogli orgogliosamente in faccia la realta': "Sono ebrea, sono sionista. E allora?"

(Informazione Corretta, 14.08.2003)

* * *


Deboli di carattere

di Fulvio Del Deo
     
    Essere ascoltati fa piacere e non c'è nulla di male. Ma c'è chi lo trova talmente gratificante, da arrivare a sacrificare perfino la propria dignità pur di non perdere il consenso del pubblico e, per non scontentarlo, evita accuratamente certi argomenti oppure li adatta al gusto dei suoi ascoltatori.
    E' un modo come tanti di sentirsi accettati ed è un comportamento molto simile a quello di certi ragazzini deboli di carattere che, per non essere allontanati dal proprio gruppo, si rassegnano ad abbracciarne i gusti, gli atteggiamenti e le idee, sebbene non le condividano affatto o si rivolgano addirittura contro loro stessi.
    Un caso esemplare è quello del figlio di meridionali trasferiti al Nord che, unitosi a un gruppo di teppisti, si diverte a distruggere le auto delle famiglie dei "terroni" e dei "marocchini". Una volta interrogato sul perché delle proprie azioni, facendogli notare che stava scaricando la propria rabbia su famiglie molto simili alla sua, questi ha risposto (scimmiottando un dialetto che non gli appartiene) che lui con "quella gentaglia" non aveva nulla in comune e che, anzi, erano la causa di molti suoi problemi poiché lo facevano vergognare delle sue stesse origini.
    Su questo episodio è bene che riflettano a fondo tutti quegli ebrei seguiti da un pubblico che si dice non-antisemita e che li accetta solo a patto che condividano le "dovute distanze" da Israele.
     
(livuso, 14.08.2003)


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