Notizie su Israele 198 - 26 settembre 2003
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«Perciò, di alla casa dIsraele: Così parla DIO, il Signore: Io agisco così, non a causa di voi, o casa dIsraele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni dove siete andati. Io santificherò il mio gran nome che è stato profanato fra le nazioni, in mezzo alle quali voi lavete profanato; e le nazioni conosceranno che io sono il SIGNORE, dice il Signore, DIO, quando io mi santificherò in voi, sotto i loro occhi. Io vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi, e vi ricondurrò nel vostro paese; vi aspergerò dacqua pura e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni. Abiterete nel paese che io diedi ai vostri padri, sarete il mio popolo, e io sarò il vostro Dio. (Ezechiele 36:22-28) Rispondendo ad una richiesta che ci è stata rivolta, dedichiamo tutto questo notiziario all'illustrazione, mediante un unico articolo, della nostra posizione biblica su Israele. Non è certo una posizione strana e originale, perché è condivisa da quella grande parte di cristiani evangelici di ieri e di oggi che fanno una lettura letteralistica della Bibbia, e in particolare dell'Antico Testamento, attribuendo a Israele, e non alla chiesa, tutti i passi che parlano di Israele, anche quelli che si riferiscono alle profezie riguardanti il futuro, come per esempio quella che abbiamo riportato poco sopra. PERCHE' CI INTERESSIAMO DI ISRAELE La salvezza viene dai Giudei di Marcello Cicchese Lanno scorso ebbi la possibilità di partecipare con mia moglie a un ciclo di seminari sulle profezie bibliche in una graziosa località della
In effetti, si tratterebbe di un'autentica "soluzione finale", perché sta scritto che la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza. Certo, anche al più accanito antisemita l'impresa apparirebbe ardua, ma forse qualcuno non si fermerebbe neppure davanti a questa difficoltà. Qualche scienzato pazzo potrebbe cercare i finanziamenti necessari per avviare un programma di ricerche con un titolo del tipo: "Rinvenimento di una procedura scientifica per l'alterazione delle leggi che governano il moto dei pianeti del sistema solare". E come motivazione sociale potrebbe indicare: "La soluzione definitiva di un secolare problema di ordine internazionale mediante l'uso di una metodologia che armonizza scienza e religione", ottenendo così l'appoggio sia dei laici, sia del Vaticano. Probabilmente troverebbe i soldi. In fondo, con la scienza si modifica tutto - potrebbe pensare qualcuno -, e se oggi ci sono gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), perché prima o poi non potrebbero esserci anche i PAM (Pianeti Astronomicamente Modificati)? Qui però vien fuori un intoppo di ordine esegetico. Per uno scienziato moderno una legge è un'impersonale, anonima regolarità della natura che deve essere soltanto individuata, studiata e, se possibile, modificata e applicata. Per la Bibbia invece una legge, sia che si tratti di una legge morale, sia che si tratti di una legge naturale, è sempre l'espressione di una volontà. E poiché si tratta della volontà di Dio, le leggi indicate nella Bibbia non possono essere infrante. Nel Salmo 148 infatti è scritto:
«Il solito visionario che sogna tempi futuri che non arriveranno mai. Siamo concreti, attuali!» penserà qualcuno. Siamo in democrazia, e quindi ciascuno è libero di pensare quello che vuole. Però, anche in democrazia nessuno può costringere la realtà ad essere come lui la vuole. E se insiste a pensare la realtà come la vuole ma non è, è lui che diventa un visionario. E di visionari politici che credono di essere realisti ce ne sono molti in giro oggi. Basta pensare agli accordi di Oslo e alla Road Map, tanto per fare esempi di concreta attualità. Per la Bibbia, che è l'unico libro veramente realistico, i nostri tempi sono tempi straordinari, di emergenza, anche se durano da secoli. Siamo ancora nei provvisori "tempi dei gentili", alla fine dei quali arriveranno i tempi stabili: quelli degli ebrei. Fino a quando dureranno i tempi dei gentili? Risposta: fino a che "Gerusalemme sarà calpestata dai gentili". E questo lo dice Gesù, non un rabbino ultraortodosso (Luca 21:24). La cosa si spiega. Gerusalemme "è la città del gran Re" - anche questo lo dice Gesù (Matteo 5:35) -, come può quindi il gran Re reinsediare il suo regno fino a che Gerusalemme "è calpestata dai gentili"? E questo regno non interesserà soltanto gli abitanti dei ventimila chilometri quadrati dell'attuale "Stato d'Israele", ma tutti gli abitanti della terra, perché quel regno, partendo dalla terra d'Israele, si estenderà su tutto il mondo. Ecco perché il mondo è interessato a Gerusalemme. Ecco perché Arafat la vuol far diventare la capitale dello Stato di Palestina, ecco perché l'ONU la vuole internazionalizzare, ecco perché il Vaticano la vuol fare diventare la capitale del mondo. Tutti sono interessati a non farla diventare quello che è: la capitale d'Israele. I laici illuminati arricceranno il naso davanti a queste interpretazioni troppo "religiose", ma c'è qualcuno che sa fornire un'altra spiegazione convincente, resistente alla prova dei fatti, dell'incomprensibile interesse di tutto il mondo per una normale, anche se antichissima città di seicentomila abitanti? Si ascoltano con interesse elaborate interpretazioni storico-politico-economico- sociologico-psicologico-critiche, di cui la prima metà consiste nell'illustrare con grande acutezza i motivi per cui le interpretazioni del mese prima erano sbagliate, e non si vuol prendere in considerazione una spiegazione che è stata scritta secoli fa e ha sempre resistitito alla prova dei fatti. Anche questo è un mistero. Nel quadro di quanto detto fino ad ora, si può anche dare una risposta al contestato articolo di Avraham Burg. L'ex presidente
«Le bombe umane lanciate da qualche anno dai palestinesi fanatici sono, come si sa, una delle armi più sofisticate mai concepite perché colpiscono l'obiettivo a colpo sicuro. Quello che si sa meno è che il loro effetto non si limita alla sola onda d'urto dell'esplosione, che è soltanto quella più forte e visibile. Altre onde seguono, che vanno a toccare gli spiriti, a indebolire la capacità di resistenza nervosa, per insinuarsi in seguito nel cervello, provocando quindi una visione deformata della realtà. Questa visione determina presso colui che ne è colpito una propensione a non considerarsi più come la vittima, ma come il colpevole di quello che gli succede. Colpevole anzitutto di rimanere in vita, mentre altri sono uccisi; colpevole poi di aver potuto suscitare tanto odio da generare una tale violenza contro l'oggetto di tale odio. Fino al punto che la sola espiazione possibile di questa colpevolezza deve tradursi nell'autodistruzione. E' sorprendente l'effetto cumulativo che possono provocare pochi chilogrammi di esplosivo quando vengono giudiziosamente adoperati!» La Scrittura che Dio ha dato ad Israele potrebbe offrire anche in questo caso un aiuto decisivo, ma il sionista laico e sicuro di sé non se ne cura. Ai colti sadducei che non credevano nella risurrezione dai morti perché dicevano che nella Torah non se ne parla, Gesù risponde:
Non temere, Avraham, potrebbe dire il Signore a Burg, che non per nulla porta lo stesso nome del grande patriarca. Non temere! Il sionismo forse è già morto o presto morirà, ma non per questo morirà Israele. Israele è un problema mio, non tuo; e tu sei parte del problema. Ma io l'ho già risolto. Temi me, non Arafat o Hamas, e neppure Sharon. La conoscenza delle Scritture potrebbe anche togliere a Burg l'eventuale complesso di colpa per l'odio inestinguibile che avverte contro il suo popolo, e la conoscenza della potenza di Dio potrebbe togliergli la paura che un giorno Israele possa essere cancellato dalla carta geografica. Certo, l'odio secolare contro gli ebrei, sempre diverso a seconda delle circostanze storiche e geografiche, ma sempre uguale per intensità e tenacia, rappresenta un enigma che può turbare la coscienza di un animo sensibile. Ma che abbiamo fatto di male, potrebbe chiedersi qualche ebreo, per essere odiati in questo modo? La Scrittura spiega anche questo apparente mistero. No, gli ebrei non sono né migliori né peggiori di tutti gli altri uomini mortali e peccatori. Hanno soltanto il "torto" di essere stati scelti da Dio per eseguire il suo piano di salvezza dell'umanità. Ma nella gran maggior parte gli uomini non sentono affatto il bisogno di essere salvati, anzi, per dirla meglio, non gli va proprio di essere scocciati da un Dio onnisciente e onnipotente che avvertono soltanto come autoritario e prepotente. Vogliono la libertà, e la semplice presenza di un popolo che dovrebbe esprimere la volontà di un Dio sovrano, gli dà fastidio. Questo è il motivo per cui il problema di Israele in realtà è stato sempre il problema dell'esistenza di Israele. La ragione del
Da una parte questa constatazione può tagliare le gambe agli ebrei di buona volontà, quelli che vogliono avere un comportamento giusto e rispettoso verso gli altri, che cercano di evitare atteggiamenti di superbia che possano ferire, che fanno sforzi per favorire il dialogo e lo stare insieme dei diversi. Tutto questo è buono e lodevole in sé, ma non cambia il fatto che le cose buone può farle soltanto qualcuno che c'è. E più un ebreo si muove, anche per venire incontro al suo prossimo non ebreo, più gli fa sentire che c'è. E questo non fa che aumentare l'avversione del non ebreo ostile. D'altra parte, proprio questa amara constatazione può liberare l'ebreo da un inutile senso di colpa. «Sarò imperfetto, farò molte cose sbagliate, sarò un poco di buono come tanti altri - può pensare - ma se i guai provengono dal fatto che ci sono, allora la colpa non è mia, perché io ho il diritto di esserci, come tutti gli altri». Sì, su questo punto gli ebrei possono tranquillizzarsi: il "problema Israele" in realtà è una malattia dei gentili. C'è un particolare della vita di Theodor Herzl che fa capire quanto può essere pesante per un ebreo il sentirsi non accolto dall'ambiente circostante, e quanto può essere grande e sincero il desiderio di fare qualcosa per venire incontro alle aspettative degli altri. Riporto alcune notizie della sua vita tratte da "A History of Israel from the Rise of Zionism to our Time", di Howard M. Sachar. Herzl non era un religioso, e in gioventù tendeva piuttosto all'assimilazione. Provava anzi un po' di disagio davanti ai comportamenti sconvenienti di certi "cattivi ebrei". Ma il suicidio di un suo caro amico, Heinrich Kana, molto probabilmente dovuto ai disagi legati al suo essere ebreo, lo scosse profondamente. Nella sua attività di giornalista cominciò allora a dedicare sempre più attenzione all'antisemitismo, e nel privato continuò a rimuginare dentro di sé su quello che si poteva fare per eliminare questa piaga sociale. Un'idea che gli venne in mente, e che riportò soltanto nelle sue note, fu «una volontaria e onorevole conversione» di massa degli ebrei al cristianesimo. Immaginava che la cosa sarebbe dovuta avvenire «alla chiara luce del sole, in un pomeriggio di domenica, con una solenne, festosa processione accompagnata dal suono delle campane ... con fierezza e gesti dignitosi». L'autore aggiunge che Herzl lasciò cadere quasi subito quest'idea, ma il semplice fatto che gli sia venuta in mente fa intuire il peso che aveva in cuore, e la sua sincerità nella ricerca di una soluzione che non danneggiasse nessuno. Resta la domanda del perché. Perché i gentili non sopportano la presenza degli ebrei come persone, come popolo, come nazione? Anche qui le spiegazioni date sono innumerevoli, ma quella biblica resta la più semplice, ed è anche quella giusta: gli ebrei ricordano qualcuno. Qualcuno a cui non si vuole pensare perché non si vuole che ci sia. O, se proprio deve esserci, che almeno stia zitto. Si sarà capito che è il Dio d'Israele, l'unico vero Dio, che non solo ha creato i cieli e la terra, ma li ha creati con la sua parola, e quindi ha parlato, e continua a parlare. Cosa che a molti non fa piacere. Si capisce allora perché periodicamente si è sempre fatto avanti qualcuno che ha manifestato la "buona intenzione" di beneficare l'umanità risolvendo una volta per tutte il problema nell'unico modo adeguato: sterminando gli ebrei. E questa non è un'idea che sia venuta in mente per la prima volta a Hitler. L'intenzione risale ai tempi biblici. Sentiamo come prega il salmista:
In questo salmo c'è tutta la spiegazione del "problema Israele". Abbiamo detto che la causa profonda dell'ostilità verso gli ebrei sta nel fatto che ci sono, e infatti qui si dice: "distruggiamoli come nazione". Abbiamo detto che non si vuole che gli ebrei ci siano perché non si vuole che la loro presenza tenga vivo un ricordo, e qui si dice: "... e il nome dIsraele non sia più ricordato!". Abbiamo detto che quello che non vuol essere ricordato è il Dio d'Israele, e qui si dice che i popoli stringono un patto contro di te, cioè contro Dio che ha scelto Israele. Il salmista non prega dicendo: "Aiuto, Signore, siamo in mezzo ai guai, liberaci dai nostri nemici", come avremmo fatto noi che pensiamo sempre e soltanto agli affari nostri. Il salmista dice: I tuoi nemici si agitano, i tuoi avversari alzano la testa. Quello che succede a noi è un problema tuo, dice il salmista a Dio, perché i nostri vicini stanno congiurando"contro quelli che tu proteggi", e allora se noi andiamo a fondo, sarà il tuo nome che ci va di mezzo. Diranno che non sei un Dio potente, che non sei stato capace di proteggere il tuo popolo, arriveranno fino a Gerusalemme, al monte che tu hai scelto per tua dimora (Salmo 68:16), e faranno quello che vuol fare Arafat (anacronismo calcolato), «poiché hanno detto: Impossessiamoci delle dimore di Dio» (Salmo 83:12). E nel seguito il salmista non chiede al Signore di aiutare il popolo d'Israele, ma di colpire i nemici di Dio. Cattiveria? No, difesa del nome di Dio e desiderio che i popoli vicini, proprio quelli che vogliono far sparire il nome d'Israele dalla terra (tanto da non volerlo nemmeno scrivere sulle carte geografiche del Medio Oriente), si ravvedano e cerchino il nome del SIGNORE, buttando nella spazzatura tutti gli altri nomi. Infatti conclude:
Ma è chiaro che chi osa pregare in questo modo deve anche, coerentemente, lui per primo, cercare e onorare il nome del Signore. E questo è il vero problema di Israele. Cominciamo adesso a dire qualcosa su di noi, che ci professiamo cristiani e abbiamo un particolare rapporto con Israele e con gli
Diciamo anzitutto che mentre il dualismo ebrei-gentili è giustificato biblicamente ed è chiaro nella sua formulazione, anche se non sempre nella sua esatta delimitazione, la contrapposizione ebrei-cristiani è ambigua e fuorviante. Anzitutto, entrambi i termini sono di radice ebraica. Se |
invece di usare la derivazione dal greco si usasse quella dall'ebraico, si dovrebbe parlare di "messianici", invece che di "cristiani", e allora il collegamento con l'ebraismo sarebbe più evidente. Ma a parte questo, non ha senso contrapporre ebraismo e cristianesimo come se fossero due religioni che una volta si combattevano ma adesso hanno finalmente imparato la civile arte del dialogo e della coesistenza pacifica. O meglio, il senso è che quando questo avviene, vuol dire che s'incontrano due religioni create dagli uomini, senza reale collegamento con la rivelazione biblica. All'inizio i cristiani erano tutti ebrei. Solo dopo qualche anno ai cristiani ebrei si sono aggiunti anche i gentili, che adesso certamente sono in larga maggioranza. Ma in nessun modo il termine "cristiano" può essere contrapposto a "ebreo". Prendiamo infatti i principali documenti dei cristiani: i vangeli. Qualcuno forse pensa che i vangeli siano libri da sacrestia, che parlino di chiese, messe, sacramenti, processioni, statue della madonna, cattedrali. Chi li conosce, sa che non c'è niente di tutto questo. E se si dicesse quante volte il termine "chiesa" viene usato nei vangeli, forse molti sarebbero sorpresi. Diciamolo allora: esattamente 3 volte, in due soli versetti. Il termine "israele"invece compare ben 30 volte, in altrettanti versetti. Un rapporto di 1 a 10. Questo dà una prima idea di questi libri che, contrariamente a quello che si può pensare, hanno un carattere interamente ebraico, anche se sono scritti in greco. Una persona che cominciasse a leggere l'Antico Testamento e proseguisse nel Nuovo fermandosi ai vangeli, potrebbe legittimamente chiedersi: "Ma che c'entrano i non ebrei in tutto questo?". Un ebreo nato in Israele e cresciuto con un'educazione ortodossa, che in età adulta si è deciso infine a leggere i vangeli, non solo vi ha ritrovato un paesaggio a lui ben familiare, ma a un certo momento si è chiesto: "Ma come fanno i gentili a capire questi libri?" E la domanda è comprensibile, perché per veder comparire il primo gentile che occupi un posto significativo nella storia della salvezza si deve arrivare al capitolo 10 del libro degli Atti. Riporto un passo del vangelo che dovrebbe essere noto, ma non è molto sottolineato:
Non è possibile entrare qui nella spiegazione di quel racconto del vangelo, ma ho voluto segnalarlo perché è uno di quei passi della Bibbia che si riescono a ingranare legittimamente nel contesto solo se si ha una comprensione della rivelazione biblica che tiene conto in modo corretto del posto che occupa Israele nella storia della salvezza. C'è anche un'altra donna non ebrea che Gesù ha trattato in modo non proprio conforme a certi canoni di comportamento usualmente accettati: la donna samaritana. Gesù l'incontra e le chiede un favore. Lei si sorprende, prima in modo positivo, perché Gesù si degna di rivolgerle la parola, poi in modo negativo, perché certe parole di Gesù sulla sua vita privata avrebbe volentieri fatto a meno di sentirle. E alla fine, dopo aver capito che Gesù era un profeta, gli pone un problema teologico:
C'è un altro fondamentale errore, molto comune, che deve essere corretto. La Bibbia dei cristiani si divide in Antico e Nuovo
Nell'ultima cena Gesù ha parlato di patto quando ha detto ai suoi dodici discepoli ebrei: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti» (Marco 14:24). Questa frase non è una formula magica che fa cambiare il vino in sangue, anche perché in quel momento il sangue di Gesù stava ancora scorrendo nelle sue vene; questo è un linguaggio tipicamente ebraico, come quello che usò Mosè quando suggellò il patto con Dio al Sinai:
L'apostolo Paolo, che qualcuno considera un traditore del popolo ebraico, sottolinea invece che agli israeliti "appartengono ladozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse" (Romani 9:4). Mentre ai gentili dice:
«E voi, chi dite che io sia?» chiese a un certo momento Gesù ai suoi discepoli (Matteo 16:15). La risposta fu data, ed era quella giusta, ma solo un ebreo poteva darla: «Tu sei il Messia, il Figlio del Dio vivente» (Matteo 16:16). Solo chi risponde nello stesso modo a questa domanda, entra a far parte di quell'unico corpo di cui parla l'apostolo Paolo. Ma se il Messia è già venuto, che cosa si deve fare di tutte le profezie messianiche che parlano di un regno di Israele trionfante e vittorioso? Un giorno tutte inevitabilmente si compiranno, perché il Messia, che una prima volta è venuto come servo sofferente dell'Eterno per espiare i peccati del popolo d'Israele e di tutti gli uomini, un giorno ritornerà come il Leone della tribù di Giuda per regnare sul mondo da Sion. I cristiani evangelici letteralisti non "spiritualizzano" l'Antico Testamento, facendone un'allegoria della chiesa. Quando la Scrittura parla di Israele, intende sempre e soltanto Israele, mai la chiesa, anche se spesso si possono trarre utili analogie e applicazioni pratiche. Per questo i cristiani fedeli alla Bibbia aspettano che le sue parole riguardanti il futuro di Israele si compiano, predicando il vangelo a tutti gli uomini e cercando di occupare il giusto posto nel tempo dell'attesa. L'obiezione che i cristiani s'interessino di Israele soltanto per convertire gli ebrei dev'essere attentamente esaminata. E'
L'annuncio del vangelo è un compito che il cristiano deve e vuole svolgere verso ogni essere umano, senza distinzione, mentre l'interesse per Israele è dettato dalla particolare, unica posizione che questo popolo occupa nella storia della salvezza. Ci sono almeno tre motivi per cui i cristiani s'interessano di Israele e degli ebrei. 1. Manifestare amore. Gli ebrei avvertono che verso di loro c'è un odio gratuito, cioè un'ostilità che non può essere interamente spiegata da nessuna motivazione razionalmente giustificabile: sono odiati perché ci sono. E anche quando l'ostilità non si concretizza in atti di violenza, la percezione di questi sentimenti di avversione li fa soffrire. Abbiamo detto che questo non dipende dagli ebrei, ma dal rapporto degli uomini con Dio. L'astio contro gli ebrei non è che l'espressione dell'umana ribellione contro Dio, è quindi manifestazione di peccato. I credenti in Gesù sanno di aver ricevuto il perdono dei peccati attraverso il Messia d'Israele, vivono in comunione con Dio e di conseguenza diventano partecipi del suo amore verso il suo popolo. L'amore dei veri cristiani verso Israele è quindi un amore gratuito, cioè un sentimento che non può essere spiegato da nessuna motivazione o interesse razionalmente giustificabili: il popolo d'Israele viene amato soltanto perché c'è, perché è un'espressione della volontà di quel Dio con cui i cristiani vivono in comunione d'amore. Sarebbe una grave perdita per gli ebrei se fossero capaci di percepire soltanto l'odio gratuito contro di loro, senza saper riconoscere e avvertire anche l'amore gratuito di cui sono oggetto. Se è vero che non c'è popolo sulla terra che sia stato tanto odiato, è anche vero che non ce n'è un altro che sia stato tanto amato. E anche se in questo periodo della storia del mondo l'odio è molto più appariscente dell'amore, non è vero che sia più reale. 2. Mettersi dalla parte della verità e della giustizia. Le ingiustizie nel mondo sono infinite, e altrettante sono le menzogne, ma quelle che si commettono contro Israele sono uniche per grandezza, estensione e sfacciataggine. Il credente in Gesù Cristo deve stare sempre dalla parte della verità e della giustizia, quindi è suo compito prendere la parola per difendere chi viene ingiustamente colpito, quando ne ha l'occasione e la possibilità. Questo dev'essere fatto verso tutti, ma si potrebbe dire, con l'apostolo Paolo, prima al Giudeo e poi al Greco. Chi, pur essendo adeguatamente informato, non è capace di riconoscere gli enormi soprusi e le spudorate calunnie che deve subire Israele, ha una coscienza morale assopita e un'intelligenza critica ottusa. E queste forme di rilassamento spirituale un vero cristiano non se le deve permettere. 3. Essere vigilanti. Quello che succede agli ebrei, prima o poi ha delle conseguenze sul resto del mondo. Questo è stato ormai accertato, e vale in primo luogo per il corpo dei veri credenti in Gesù Cristo che il Nuovo Testamento chiama "chiesa"(2). Per poter colpire il popolo d'Israele, l'Avversario spirituale di Dio cerca di confondere e fuorviare prima di tutto quelli che potrebbero essergli d'aiuto, e questi sono proprio gli autentici seguaci di Gesù. In tempi difficili per Israele, i credenti vengono messi sotto pressione in vari modi, soprattutto attraverso false informazioni e false dottrine. Questo è successo in Germania ai tempi del nazismo: le persecuzioni contro i cristiani sono state poche perché pochi sono stati i cristiani che hanno capito quello che stava veramente succedendo, e molti sono stati sedotti da false dottrine che si accordavano con la realtà diabolica che si stava svolgendo sotto i loro occhi. Non sono stati soltanto i "Deutsche Christen", con il loro pervertito "cristianesimo positivo" nazionalsocialsta, a profanare il nome di Cristo: molte altre chiese e movimenti cristiani, anche evangelici, hanno subito l'influsso dell'ideologia del tempo, e se non sempre hanno adottato dottrine perverse dal punto di vista biblico, certamente si sono lasciati trasportare in un'annebbiata atmosfera di torpore che non ha permesso loro di rendersi conto della realtà in cui vivevano. E questo non deve più accadere. O per lo meno, per quel che ci riguarda non vogliamo che accada più. Anche per questo riteniamo nostro dovere interessarci di Israele e, per quanto possibile, aiutare altri a capire quello che succede, in modo da saper prendere al momento opportuno la giusta posizione che le circostanze richiedono. Secondo la nostra comprensione della Bibbia, i veri cristiani non devono cercare di costituirsi come forza politica organizzata al fine
Certo, questa è una debolezza, ma una debolezza voluta, perché sorretta dalla parola di Dio giunta fino a noi anche attraverso un noto ebreo, nato a Tarso di Cilicia, allevato a Gerusalemme, educato ai piedi di Gamaliele nella rigida osservanza della legge dei padri (Atti 22:3):
Note (1) Il termine "Israele" viene qui usato in modo biblico, come discendenza etnica di Giacobbe. Di conseguenza per "Stato d'Israele" s'intende quello che di diritto biblico appartiene a Israele, anche quando dei governanti increduli vogliono avere uno Stato laico come tutte le altre nazioni. Contrariamente quindi alla distinzione politica corrente, in questo articolo i termini Israele, ebrei, Stato o Regno di Israele si riferiscono alla medesima realtà. (2) Da non confondere con la mastodontica organizzazione religiosa mondiale che compare tutti i giorni in televisione e porta indebitamente lo stesso nome. LIBRI Giacobbe Damkani, "Leone di pietra, Leone di Giuda" ed. UCEB, Fondi LT 2003, p. 268, ¤ 12 Lo straordinario racconto di un "sabra" israeliano, figlio di ebrei iraniani immigrati in Israele, che dopo un lungo travaglio personale trova la fede autentica nel Dio vivente e vero della Bibbia. MUSICA E IMMAGINI Shalom Aleyhkem INDIRIZZI INTERNET Morashà Jüdische Geschichte und Kultur Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte. | |||||||