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Notizie su Israele 222 - 9 febbraio 2004

1. Conferenza di cristiani evangelici sull'antisemitismo
2. «Anche un solo ebreo caduto, soldato o civile, è un gran risultato»
3. La televisione palestinese educa i «martiri»
4. L'asimmetrico accordo del governo Sharon
5. Il club dei dittatori processa la democrazia
6. Insulti e minacce contro la cantante israeliana Shirel
7. Della serie «Noi non siamo antisemiti!»
8. Musica e immagini
9. Indirizzi internet
Geremia 31:15-17. Così parla il SIGNORE: «Si è udita una voce a Rama, un lamento, un pianto amaro; Rachele piange i suoi figli; lei rifiuta di essere consolata dei suoi figli, perché non sono più». Così parla il SIGNORE: «Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime; poiché l’opera tua sarà ricompensata», dice il SIGNORE; «essi ritorneranno dal paese del nemico; c’è speranza per il tuo avvenire», dice il SIGNORE; «i tuoi figli ritorneranno entro le loro frontiere.
1. CONFERENZA DI CRISTIANI EVANGELICI SULL'ANTISEMITISMO




Cristiani evangelici a colloquio con Ariel Sharon e altri ministri israeliani

GERUSALEMME - Oltre sessanta leader cristiani provenienti da tutto il mondo hanno preso parte mercoledì [4 febbraio] in Gerusalemme ad una conferenza sulla lotta all'antisemitismo. L'incontro di emergenza è stato organizzato da "Keren Hayesod - United Israel Appeal", l'organizzazione ebraica per la raccolta di fondi per Israele e il Comitato Internazionale per l'Amicizia tra ebrei e cristiani.
    Rappresentanti di dieci paesi europei, tra cui la Germania, e delegati dagli Usa e dal Canada si sono incontrati nel corso della conferenza con il Primo Ministro Ariel Sharon, il Ministro degli Esteri Silvan Shalom e il Ministro del Turismo Benny Elon per poter meglio combattere il crescente antisemitismo.
    "Scopo di questo incontro è raggiungere i nostri amici negli ambienti cristiani pro-Israele in Europa", ha dichiarato il Rabbino Yechiel Eckstein. "Desideriamo formarli e farli ritornare nei loro paesi e nelle loro comunità con nuove idee su come possono aiutare Israele, incoraggiati dal sapere che Israele e il popolo ebraico apprezzano il loro lavoro e sono pronti a lavorare con loro in ogni modo possibile."
    Da parte della "International Christian Embassy Jerusalem" hanno partecipato il direttore del ramo tedesco, dr. Jürgen Bühler e il direttore amministrativo del quartier generale dell'organizzazione, il pastore Malcolm Hedding. Johannes Glashouwer, dell'organizzazione "Christian for Israel" in Olanda, e Hedding sono stati gli oratori principali da parte cristiana.
    "Il sostegno di Israele da parte dei suoi amici cristiani ha un significato strategico", ha dichiarato Hedding nel suo discorso di chiusura. "Per difendere Israele, qualche volta i cristiani si trovano in una posizione migliore di quella degli ebrei. Quando un ebreo sostiene la sua posizione, le persone sono portate a pensare che è prevenuto. Ma quando interviene a favore di Israele qualcuno della comunità cristiana, la cosa ha una maggiore efficacia."
    
(ICEJ-NACHRICHTEN", 5 febbraio 2004).

________________


Al termine dell'incontro con i responsabili politici israeliani di mercoledì 4, il comitato ha consegnato al Primo Ministro Ariel Sharon la seguente dichiarazione:
    “Noi, leaders cristiani di tutto il mondo, rappresentanti di varie organizzazioni, abbiamo avuto il privilegio di venire a Gerusalemme ed incontrarci con i capi del governo israeliano, concentrandoci sulle questioni più critiche, quali terrorismo, antisemitismo ed antisionismo, che Israele si trova oggi ad affrontare.
        Come cristiani, che amano Israele ed il Popolo ebraico, promettiamo di raddoppiare il nostro impegno a favore d’ Israele, appoggiandolo in questo difficilissimo periodo e incoraggiando le nostre congregazioni e le nostre comunità a pregare per la pace di Gerusalemme; assistendolo ovunque ci sia possibile nell’alleviare i dolori e le sofferenze della popolazione israeliana e venendo incontro alle sue esigenze; promuovendo il turismo in Israele; resistendo all’antisemitismo in tutte le sue forme ed in tutte le parti del mondo e presentando con onestà il caso d’Israele al grande mondo cristiano, in modo che i pericoli che affronta, insieme al suo reale desiderio di pace con i palestinesi e con gli altri suoi vicini, siano meglio compresi”.

    Firmato:
    Avi Pazner, Presidente Mondiale
    Gad Ben Ari, Presidente del Comitato                     
    Rav Yechiel Eckstein, Direttore Internazionale del KH per l’Amicizia con i Cristiani  
[ved. foto]

(Keren Hayesod, 05.02.2004)




2. «ANCHE UN SOLO EBREO CADUTO, SOLDATO O CIVILE, È UN GRAN RISULTATO»




Il giorno dopo l'attentato suicida compiuto da una donna palestinese a Gaza, Walid Jumblatt, presidente del Partito Progressista Socialista (Druso) e membro del parlamento libanese, ha espresso il suo compiacimento per il fatto avvenuto. Qui di seguito alcune delle sue dichiarazioni: [1]
    
    "Ieri, la madre palestinese Reem Al-Riyashi ha sacrificato se stessa e così facendo si è unita alle colonne di coraggiosi guerrieri della Jihad e ha rotto l'atroce e preoccupante silenzio arabo, l'inettitudine e la ritirata che precede il fallimento e la disintegrazione. Ha donato speranza in un mare di autocompiacimento, indecisione e paura. Si tratta di una nuova Intifada, l'Intifada della rivoluzionaria palestinese e della terra, che si oppone alla 'ebraicizzazione' [della Palestina], alla realtà ebraica e ai regimi arabi. È forse nata dalla disperazione ?".
    "No e ancora no. È un atto di convinzione ed è la strada giusta, perché in tempi di declino, remissività e sottomissione anche un solo ebreo caduto, soldato o civile, è un gran risultato ed è un modo per minare il progetto di 'ebraicizzazione' di tutta la Palestina".
    Dico 'ebreo' e mi scuso con gli intellettuali libanesi, o almeno alcuni di loro, che hanno accolto con favore l'iniziativa di Ginevra, applaudendola e giudicandola una storica soluzione del conflitto mediorientale. Essi giocano con le parole [e fanno distinzioni] tra ebrei e israeliani, tra destra e sinistra, tra falchi e colombe. Forse alcuni di loro hanno dimenticato, o fingono di aver dimenticato, che in sostanza Israele è il prodotto della sinistra sionista nata con Weizmann, Ben Gurion e Peres attraverso Yossi Beilin. Hanno forse dimenticato che fu il Partito Laborista a entrare in Guerra nel 1967 e a dare l'avvio sin da allora agli insediamenti ebraici nella West Bank? Persino l'odierno muro di separazione è un prodotto del Partito Laburista ai tempi di Barak ... E vi sono anche coloro che hanno fatto di Rabin un eroe grazie a un'oscura promessa di cui ci stiamo ancora vantando [riguardo alla disponibilità di Israele a ritirarsi dalle Alture del Golan]. Non fu lui a instaurare [la pratica] di rompere le ossa ai detenuti palestinesi ...?"
    "Reem Al-Riyashi è l'estremo blocco stradale. Cosa cercano e cosa chiedono lei e le altre [donne]? Qualche arma, esplosivo e missile anti-carro, [e di poter passare] attraverso la Giordania, Rafah, il Libano, la Siria o qualsiasi altra porta d'accesso per prevenire la realizzazione del piano di 'ebraicizzazione' o almeno ritardarla, mentre i depositi degli eserciti arabi traboccano [di armi]".
    
Nota:
[1] Al-Nahar (Libano), 19 gennaio 2004.
    
(The Middle East Media Research Institute, 23.01.2004)




3. LA TELEVISIONE PALESTINESE EDUCA I "MARTIRI"




GERUSALEMME - "Cerca la morte, e ti sarà data la vita", è uno dei messaggi che risuonano continuamente nella televisione ufficiale dell'Autorità Palestinese . Nei film antiebraici e antiisraeliani, negli spot pubblicitari e nei video musicali viene seminato l'odio, e questa semina porta frutto. Dozzine di giovani palestinesi si sono fatti saltare in aria negli ultimi anni, nella fede di aver raggiunto il più grande obiettivo della vita: essere un martire. Alcuni degli assassini avevano appena 17 o 18 anni.
    "La violenza sui bambini usata dai responsabili dei media e dai politici palestinesi deve essere fermata. Dobbiamo assumercene qui la responsabilità e non tacere", sostiene l'Organizzazione "Palestinian Media Watch", che da anni osserva i contenuti dei media palestinesi.
    Per l'illustrazione e la migliore comprensione dei fatti, il gruppo di ricerca ha pubblicato una brossura in cui viene documentato l'indottrinamento dei bambini palestinesi attraverso l'Autorità Palestinese. Il quaderno adesso è disponibile anche in tedesco [quando anche in italiano? n.d.t.]
    L'organizzazione mostra come i bambini, in contrasto con il fondamentale istinto naturale di ogni persona, desiderano la morte.
    Nella brossura si riportano citazioni di politici, di religiosi, di insegnanti e di genitori palestinesi che incitano i bambini a diventare martiri. Vi si trovano inoltre testi di canzoni con contenuti simili e corrispondenti fotografie. Al quaderno è anche allegato un CD con i citati video musicali e film.
    
(israelnetz.de, 05.02.2004)




4. L'ASIMMETRICO ACCORDO DEL GOVERNO SHARON




Vittoria Hezbollah, declino di Israele

di Daniel Pipes

Quando nel 1787, a Philadelphia, in occasione della stipula della Convenzione Costituzionale, venne chiesto a Benjamin Franklin se avesse dato vita a una monarchia o a una repubblica, il politico rispose: "A una repubblica, se voi la riuscirete a mantenere".
    Si ripensa al suo pessimismo ogni volta che una repubblica commette un terribile errore, a partire dalla politica francese di pacificazione a prezzo di concessioni nei confronti della Germania, negli anni '30, alla politica americana dell'escalation in Vietnam e, per finire, "alla politica del sorriso" nord-coreana, appena decollata.
    E il timore di Franklin è tornato a farsi strada giovedì scorso, in seguito all'eccezionale scambio, effettuato da Israele, con Hezbollah, uno dei più importanti gruppi terroristici a livello mondiale.
    In cambio di un civile israeliano, catturato mentre era probabilmente impegnato in ambigue trattative di affari, e delle salme di tre soldati, Israele ha rilasciato 429 terroristi e criminali, inclusi tre palestinesi, 23 libanesi, 5 arabi e un tedesco, oltre a 59 corpi di terroristi.
    Una piccola sorpresa arriva dal New York Times, che descrivendo lo scambio riporta la celebrazione "di un giorno di festeggiamenti nazionali" in Libano e "il malumore in Israele". Non sorprende sentire il premier israeliano, Ariel Sharon, descrivere il presente come "un momento non felice".
    Sharon ha spiegato le motivazioni dello scambio, alludendo ai familiari dei soldati morti israeliani: "Tre care famiglie, che non si sono date pace per quaranta mesi, adesso potranno unirsi nel comune dolore intorno a una modesta sepoltura, con compostezza, dal momento che è stata fatta una promessa ed è stata presa una giusta e morale decisione, nonostante il duro prezzo da pagare".
    In altre parole, è stata presa un'importante decisione di Stato, al fine di dare un piccolo conforto alle tre famiglie. Ma quali sono le conseguenze strategiche che Israele dovrà affrontare, in seguito a questa azione di apparente moralità?
    Alcuni o parecchi di quei 429 saranno ancora impegnati in attività terroristiche contro Israele, provocando una nuova campagna di violenza. Cosa che è accaduta prima d'ora: la Reuters spiega che, nel 1985, il governo israeliano "scambiò oltre 1.100 palestinesi per 3 soldati israeliani scomparsi. A settecento arabi venne permesso di rimanere nei territori occupati e molti di essi, in seguito, divennero i leader della rivolta palestinese del 1987."
    L'asimmetrico accordo fa capire ai nemici di Israele che essi possono trarre dei grossi benefici dal prendere in ostaggio anche un solo civile israeliano. Itamar Marcus di Palestinian Media Watch ha raccolto parecchie dichiarazioni palestinesi che conducono a questa conclusione. Il braccio militare di Fatah "ha messo in evidenza la necessità di seguire le orme di Hezbollah, in modo che tutti i prigionieri e detenuti vengano rilasciati". Un leader di Hamas ha visto in questo accordo la conferma che il terrorismo "è capace di riuscire a liberare terra e popolazioni". Un quotidiano saluta Hezbollah come colui che apre "una nuova porta di speranza per le famiglie dei prigionieri, dopo che essa era stata chiusa dalle risoluzioni politiche intercorse tra (l'Autorità Palestinese) e Israele, che non hanno condotto a nessun risultato pratico".
    La reputazione e la posizione di Israele subiscono un grave danno

prosegue ->
da questo segnale di demoralizzazione e vulnerabilità. A sentire Ali Khamenei, supremo leader iraniano, lo scambio è un'altra prova "che il malvagio regime sionista può essere sconfitto dalla forte volontà e dalla salda fede dei Mujahedeen dell'Islam".
    Il governo Sharon ha altresì tradito i suoi alleati nella guerra globale al terrorismo.
    Fare ostaggi sembra essere una tattica più efficace di quella decisa una settimana fa. Se ci fosse una notevole vittoria degli Islamisti libanesi su Israele, le loro controparti ideologiche, con ogni probabilità, utilizzerebbero simile tattica in Iraq contro il governo americano, a Mosca contro quello russo e in Kasmir contro il governo indiano. Ogni successo terroristico, per quanto locale esso sia, potrebbe avere dei riverberi internazionali.
    Il vituperio morale di trattare con i terroristi è superato. Se per Israele è accettabile rilasciare centinaia di terroristi, perché non è così anche per altri Paesi?
    Queste innumerevoli conseguenze sollevano degli interrogativi sulla moralità di questa azione governativa israeliana.
    Nei primi decenni, è stata leggendaria la bravura strategica di Israele nel trasformare un Paese debole in una potenza regionale. Negli ultimi dieci anni si è assistito al processo opposto, in base al quale la potenza si è ridotta ad essere un bersaglio appetitoso. Che questo cambiamento sia stato del tutto auto-indotto e ottenuto attraverso il processo democratico, rende fin troppo reale la preoccupazione profetica di Benjamin Franklin.
    Quando si arresterà il declino? Quanti danni saranno stati fatti sino ad allora?

(New York Sun, 3 febbraio 2004 - trad. Angelita La Spada)




5. IL CLUB DEI DITTATORI PROCESSA LA DEMOCRAZIA




«Se l'Aia non processa i terroristi, Israele li processa all'Aia»

Riportiamo dal Foglio un articolo a proposito del processo del tribunale internazionale alla barriera difensiva. Un processo che vedrà da un lato contro Israele tutti gli stati dittatoriali uniti nel fare un processo all'unica democrazia del Medio Oriente.

GERUSALEMME. Israele si prepara a una campagna mediatica “aggressiva e senza precedenti”, che sarà rilanciata prossimamente, quando tra due settimane e mezzo il tribunale dell’Aia comincerà le sue valutazioni sulla barriera difensiva. Lo hanno confermato a Gerusalemme diplomatici israeliani, che studiano un modo per affrontare le accuse palestinesi.
    Il governo di Gerusalemme insiste sul fatto che il tribunale internazionale non sia competente anche se non è stato ancora deciso nulla in proposito, propende verso l’ipotesi di non participare alle sedute, sapendo che i componenti della giuria e i rappresentanti che la Corte ha invitato sono tutti anti-israeliani e che quindi si tratta di una battaglia persa in partenza. Nonostante ciò, il governo israeliano manderà all’Aia un consigliere mediatico di alto livello, che in questi giorni, in segreto, prepara un “processo” ai palestinesi. In parallelo alle sedute del tribunale internazionale, Israele aprirà infatti un “processo mediatico aperto al pubblico, contro il terrorismo palestinese”, affittando un’aula per congressi, molto vicina al tribunale.
    L’evento sarà aperto alla stampa internazionale e la corte parallela processerà i leader palestinesi accusandoli dell’invio di kamikaze nelle città israeliane. “Intendiamo presentare fuori dall’aula quello che non ci lasceranno dire in tribunale”, ha spiegato al Foglio un diplomatico israeliano. Visto che i palestinesi si preparano a ondate di manifestazioni nelle strade della città olandese, gli israeliani stanno considerando l’idea di preparare una manifestazione parallela dove presenteranno le foto di bambini israeliani uccisi dal terrore palestinese. Fonti del ministero degli Esteri a Gerusalemme confermano che “non c’è l’intenzione di lasciare la propaganda palestinese senza una risposta”. Tutte queste manovre aspettano il via libera da parte del premier, Ariel Sharon. Una riunione dove si prenderanno le decisioni sul come agire è stata fissata per la prossima settimana.
    La maggior parte degli esperti israeliani sostiene che non c’è motivo di presentarsi davanti a un tribunale “politico”. Portano come esempio il rifiuto della Corte dell’Aia di annullare la partecipazione del giudice egiziano, Nabil El Araby, nonostante le sue dichiarazioni anti-israeliane al giornale Al Ahram, prima della sua nomina al tribunale internazionale. Soltanto un giudice americano ha sostenuto la necessità di revocare l’invito all’egiziano.
    Comunque sia, sarà il primo ministro Sharon a decidere in quale modo mediatico sarà affrontata la questione dell’Aia. Nel caso decidesse di partecipare pienamente al processo, la proposta di un dibattimento parallelo israeliano sul terrorismo palestinese potrebbe anche rimanere nel cassetto. Giorno dopo giorno, Israele viene a conoscenza della lista dei paesi che hanno presentato al tribunale il loro sostegno nei confronti dei palestinesi, contro il muro, secondo la terminologia palestinese, o la barriera difensiva, secondo quella israeliana. Ultimamente si è aggiunta anche la Corea del Nord: il paese che, secondo la Bbc, uccide i suoi cittadini in camere a gas ora si schiera contro la barriera, dichiarando che la sua esperienza con i “muri” ha portato alle divisioni con la Corea del Sud. Altri paesi che hanno preso posizioni anti-israeliane sono Cuba, Indonesia, Malesia, Egitto, Pakistan, Arabia Saudita, Yemen, Siria, Libano, Marocco, Sudan e Brasile. Secondo la definizione israeliana è “il club dei dittatori, che gode della maggioranza all’Onu”.

(Il Foglio, 06.02.2004 - ripreso da Informazione Corretta)




6. INSULTI E MINACCE CONTRO LA CANTANTE ISRAELIANA SHIREL




Shirel

Operazione stelle gialle

di François Medioni

«Sporca ebrea, morte agli ebrei, vi uccideremo!", ecco l'accoglienza che una trentina di arabi hanno riservato alla cantante Shirel venuta ad interpretare la canzone "Gerusalemme" nel quadro di un concerto di beneficenza dato per "Operation pièces jaunes".
Con coraggio, la cantante ha continuato a cantare mentre piovevano gli insulti e le dita formavano delle croci uncinate.
La madrina dell'operazione, Bernadette Chirac, assisteva al concerto, insieme a David Douillet, il sindaco di Mâcon e al altri 5.000 spettatori. Nessuno è intervenuto per porre fine all'aggressione di cui era vittima la giovane cantante.
    Dopo il fatto, queste brave persone hanno proferito delle scuse pietose: non ho sentito niente, non abbiamo voluto invelenire la situazione. L'organizzatore della serata ha perfino detto che non c'era niente da fare.
    E invece c'era una quantità di cose da fare, come per esempio avvertire la polizia e far arrestare quei mascalzoni, che invece sono spariti impunemente nella notte; salire sul palcoscenico e rimetterli al loro posto; mobilitare la sala per sostenere Shirel; far uscire con la forza quella canaglia dalla sala, in 5.000 contro 30 non ci sarebbe stato bisogno di chiedere rinforzi a Tsahal o all'esercito USA.
    La passività degli organizzatori, degli spettatori, e soprattutto della prima donna di Francia ha disonorato un po' di più la Repubblica Francese [...].
    Come al solito, la maggior parte dei media francesi ha trattato molto male questo caso. L'incidente è stato menzionato in modo molto succinto, e alcuni media non hanno considerato interessante riferire la vergognosa inazione dei partecipanti e soprattutto della signora Chirac.
    La catena della televisione TF1, nonostante fosse partecipe dell'operazione, si è degnata di riferire di questa aggressione soltanto due giorni dopo. Gli organi ufficiali dello Stato hanno reagito anche loro con ritardo, visto che Shirel ha ricevuto il sostegno di Jean-Pierre Raffarin e Dominique Per ben due giorni dopo i fatti, e poiché ormai non era più possibile mettere a tacere la cosa.
    Tutto questo ci deve portare a considerare il problema da un altro lato: i giornalisti e i politici francesi adorano dare lezioni al mondo intero e particolarmente agli ebrei, soprattutto se sono israeliani. Ora, è praticamente certo che se dei mascalzoni razzisti avessero attaccato dei musulmani o dei cristiani in una zona ebraica, non avrebbero mai avuto l'impunità. E' certo che se la moglie del Primo Ministro israeliano avesse mancato ai suoi doveri in una simile situazione, sarebbe stata messa al patibolo dai media israeliani, che certamente non avrebbero cercato di nascondere gli aspetti vergognosi della cosa. [...]
    In ogni caso, rivolgo un grande kol hakavod a Shirel per il coraggio e la dignità con la quale ha affrontato questo odio. Quelli che amano dare lezioni dovrebbero imparare.

(Guysen Israël News, 03.02.2004)




7. DELLA SERIE «NOI NON SIAMO ANTISEMITI!»




Quel tuo gesticolare da mercante di tappeti

Parlando con persone che conosci poco, non ricordi a proposito di cosa, hai pronunciato una frase o anche una sola parola a favore di Israele. A quel punto hai scorto nei loro sguardi quella stessa luce spenta che avevano i tuoi parenti al funerale di tuo padre. Hai notato il loro volto un po' più serio, la loro voce un po' più controllata. Li hai visti osservare le tue mani ossute, il tuo naso o le tue orecchie senza lobo. Finalmente riuscivano a spiegarsi le tue movenze, quel tuo gesticolare da mercante di tappeti, quel tuo sorridere. Finalmente capivano il perché dei tuoi occhi, della tua voce, e dell'impossibilità di collocarti a destra, a sinistra, al centro. E ti osservavano, ascoltandoti con apparente assenso.

Poi è successo qualcosa: ti hanno chiesto "sei ebreo", oppure tu stesso hai detto qualcosa che gli ha fatto capire che ebreo non sei. A quel punto, tutto è cambiato. Gli sguardi si sono accesi, i volti si sono contratti in una smorfia, le voci sono diventate tese, rabbiose. Eri solo un mercante imbroglione che voleva ingannarli. E ti hanno sfogato addosso tutto l'odio che, a causa di 6.000.000 di morti, si erano costretti a trattenere fino a quell'istante.

Fulvio Del Deo

(Club Livuso, 07.02.2004)

*

Quando uno dice: "Non è per il denaro, ma per il principio",
è per il denaro, aveva detto Leo Longanesi.

Quando lo spiritoso dopo una battuta dice: "Scherzo",
non è uno scherzo, e infatti chi è colpito non si diverte.

Quando l'oratore prima della conferenza dice: "Sarò breve",
è perché sa che sarà lungo, e teme che gli uditori si addormentino.

Quando uno dice: "Io non sono antisemita, però...",
è un antisemita, ma teme che qualcuno se ne accorga.

Essere o non essere? Questo è il problema.
Excusatio non petita, accusatio manifesta. Questa è la risposta.




MUSICA E IMMAGINI




Im Zer Kotzim Koev




INDIRIZZI INTERNET




Mothers Express Joy at son’s Death for Allah

Christians for Israel




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