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Notizie su Israele 240 - 20 maggio 2004

1. Elezioni europee: «Votate la lista Euro-Palestina!»
2. Il nuovo continente perduto
3. Arafat promette ai profughi il diritto al ritorno
4. La testimonianza di Theodor Herzl su Gerusalemme
5. Un rapporto sulla violenza nelle aree dell'Autorità Palestinese
6. Consderazioni sulla scuola italiana
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 57:13. «Quando tu griderai, venga a salvarti la moltitudine dei tuoi idoli! Il vento li porterà via tutti, un soffio li toglierà di mezzo; ma chi si rifugia in me possederà il paese, erediterà il mio monte santo».
1. ELEZIONI EUROPEE: «VOTATE LA LISTA EURO-PALESTINA!»




Per le prossime elezioni europee di giugno è stata presentata in Francia la lista «Euro-Palestine» in cui si ritrovano diverse personalità note ai francesi, come Christophe Obelin, Dieudonné, Olivia Zémor, Maurice Rajsfus. Riportiamo il documento presentato agli elettori per invitare a votare la lista.



La pace in Europa passa attraverso
la giustizia in Medio Oriente


* Nell'ora in cui il governo israeliano volta le spalle alla pace, ridicolizza il diritto internazionale e i più fondamentali diritti di un intero popolo che non si stanca di decimare, imprigionare e depredare in tutta impunità con la benedizione di George Bush,
* Nell'ora in cui gli Stati Uniti e i governi europei che li sostengono proseguono la loro occupazione illegale e le loro criminali azioni di guerra in Iraq, nonostante il parere della loro opinione pubblica, giocando deliberatamente la carta del peggio, anche quando questa si traduce, come è avvenuto in Spagna, nello sviluppo di attentati terroristici nel seno stesso dell'Unione Europea,
* Noi, cittadini di ogni origine, abbiamo deciso di presentarci all'elezione del Parlamento Europeo del 13 giugno 2004 per far udire un'altra voce: quella della giustizia e del rispetto del diritto internazionale, quella del rifiuto di divisioni etniche degne del Medio Evo.
* «L'asse del male» non è questa o quella civiltà o religione, è la scelta della guerra totale fatta dai governi israeliano e americano, attualmente diretti da Bush e Sharon; è il loro disprezzo dei popoli, i loro bombardamenti di civili per imporre i loro interessi economici sotto la veste di «democrazia», il loro sostegno a dei regimi dittatoriali e corrotti ma «docili».
* Gli europei non sono sciocchi; il 59% di loro ha recentemente risposto a un sondaggio dell'Unione Europea dicendo che la politica israeliana costituisce, ai loro occhi, un pericolo per la pace nel mondo. Ma quali conclusioni ne hanno tratto i dirigenti europei? Quali misure hanno preso per impedire questo bagno di sangue e questa escalation della violenza? L'Europa costituisce la prima potenza economica mondiale. Non ci si venga a dire che è impotente, chiedendo i nostri voti il 13 giugno.
* Noi diciamo chiaramente che non ci può essere avvenire per i popoli dell'Unione Europea, né coesistenza pacifica tra i cittadini di tutte le origini e culture che la compongono, senza rispetto del diritto e senza giustizia nel mondo, a cominciare dal Medio Oriente. Perché se accettiamo la legge del più forte in quella regione, la subiremo anche a casa nostra.
* Noi constatiamo che il conflitto israelo-palestinese ha già fatto un male considerevole anche nei nostri paesi europei, con l'inquietante stigmatizzazione in corso, nel nome di discorsi di pretesa «sicurezza» o di «antiterrorismo», degli strati più vulnerabili della nostra società, a cominciare dai milioni di cittadini immigrati di origine araba e africana.
* Questa spirale pericolosa, accompagnata da un costante grido all'antisemitismo contro coloro che reclamano una pace giusta in Medio Oriente, conduce ai peggiori ripiegamenti comunitari e nutre gli integrismi di tutti i tipi. Essa può e deve essere arrestata.
* E' necessario per questo che l'Europa assuma le sue responsabilità e faccia rispettare gli impegni che ha firmato nelle Convenzioni di Ginevra o le risoluzioni dell'ONU. E' necessario inoltre che il Parlamento Europeo disponga di un vero potere e che i suoi voti siano seguiti da effetti, cosa che attualmente non avviene. Così, quando i deputati europei hanno votato a maggioranza, il 10 aprile 2002, la sospensione dell'accordo di associazione economica tra Europa e Israele, dopo aver constatato che Israele non rispettava l'articolo 2 di questo accordo che riguarda i diritti dell'uomo, i governi non hanno applicato questa decisione.


Noi esigiamo:

* Il ritiro dell'esercito israeliano dai territori palestinesi occupati illegalmente nel giugno 1967;
* Delle sanzioni contro Israele, a cominciare dal rifiuto d'integrare questo paese nelle iniziative europee (commerciali, culturali, sportive) fino a che Israele violerà i diritti più elementari del popolo palestinese, edificherà un muro dell'apartheid annettendo una parte delle terre palestinesi in Cisgiordania, e fino a che getterà in prigione i «refuzniks», quegli israeliani che hanno il coraggio di rifiutare di servire in un esercito di occupazione;
* L'invio su iniziativa dell'Europa di una forza di protezione della popolazione palestinese;
* Un intervento deciso dei governi europei per trovare un giusto regolamento al conflitto israelo-palestinese e per far rispettare le Convenzioni di Ginevra e le risoluzioni dell'ONU;
* Un rifiuto da parte dei nostri governi europei di partecipare alle sporche guerre dell'amministrazione americana, ivi comprese quelle sotto i pretesti di «liberazione», «pacificazione», «transizione» o sotto la copertura dell'ONU.


Per far intendere la voce di milioni di cittadini che aspirano a un mondo di giustizia e fraternità fra i popoli, e che sono stufi di essere imbrogliati e manipolati,

Il 13 giugno votate per la lista

«Euro-Palestina»

La pace in Europa passa attraverso
la giustizia in Medio Oriente

(Oumma.com: l´Islam en toute liberté, 05.06.2004)






2. IL NUOVO CONTINENTE PERDUTO




Europa islamica

di Daniel Pipes

"L'Europa è sempre più una provincia dell'Islam, una colonia dell'Islam". Così afferma Oriana Fallaci nel suo nuovo libro, La Forza della Ragione. E la celebre giornalista italiana ha in effetti ragione: l'antica roccaforte europea della Cristianità si sta rapidamente arrendendo all'Islam.

Sono due i fattori che contribuiscono principalmente a questa evoluzione di rilievo mondiale:
  • Il declino spirituale della Cristianità. L'Europa è sempre più una società post-cristiana, sempre meno legata alle sue tradizioni o ai suoi valori storici. Il numero dei cristiani credenti e osservanti, da due generazioni a questa parte, è crollato al punto che alcuni osservatori definiscono l'Europa come "il nuovo continente perduto". Oramai gli analisti stimano che le moschee britanniche ogni settimana ospitano più fedeli di quelli che conta la Chiesa Anglicana.
  • Un tasso di natalità anemico. Gli europei autoctoni sono in via di estinzione. Per mantenere una popolazione è necessario che ogni donna abbia in media 2,1 figli; nell'Unione europea, la percentuale complessiva si è contratta a un terzo, contro 1,5 per donna, ed è ancora in calo. Uno studio rivela che se questa evoluzione prosegue e l'immigrazione cessa, nel 2075 la popolazione dovrebbe passare da 375 milioni odierni a 275 milioni. Per conservare la sua popolazione attuale, l'UE ha bisogno di 1,6 milioni di immigranti l'anno; e per mantenere la sua percentuale attuale di lavoratori rispetto ai pensionati, essa dovrebbe ogni anno accogliere non meno di 13,5 milioni di immigranti. Il vuoto viene colmato dall'Islam e dai musulmani. Se il Cristianesimo vacilla, l'Islam è invece robusto, assertivo e ambizioso. Se gli europei fanno pochi figli e a tarda età, i musulmani fanno tanti figli e in giovane età.
Circa il 5% della popolazione dell'UE, pressappoco 20 milioni di persone, è musulmana; e se aumenterà ancora, nel 2020 sarà il 10%. Se i non-musulmani, com'è probabile, fuggono da questo nuovo ordine islamico che sta per instaurarsi, nel giro di alcuni decenni il continente potrebbe essere a maggioranza musulmana.

Quando ciò accadrà, le grandi cattedrali saranno le vestigia di una precedente civiltà ˆ almeno fino a quando un regime di tipo saudita non le trasformerà in moschee oppure un regime di stampo talebano non le farà saltare in aria. Le grandi culture nazionali ˆ italiana, francese, inglese e le altre ˆ probabilmente sfioriranno, rimpiazzate da una nuova identità transnazionale musulmana in cui si mescoleranno elementi nordafricani, turchi, sub-continentali e altri ancora.

Questa previsione non è affatto nuova. Nel 1968, il politico britannico Enoch Powell pronunciò il suo famoso discorso intitolato «Fiumi di sangue», ove egli avvisava che permettendo un'immigrazione di massa, il Regno Unito "si sarebbe preparato da solo la pira per il proprio funerale". (Queste parole posero un freno a una carriera fino ad allora promettente.) Nel 1973, lo scrittore francese Jean Raspail pubblicò Camp des Saints, un romanzo che ritrae un'Europa che soccombe alla massiccia e incontrollabile immigrazione proveniente dal subcontinente indiano. La pacifica trasformazione, attualmente in corso, di una regione che passa da una grande civiltà ad un'altra non ha precedenti nella storia umana, il che aiuta a ignorare simili voci.

C'è ancora una possibilità di trasformazione e non di autodistruzione, ma le eventualità diminuiscono col passare del tempo. Ecco alcune possibili ostacoli a ciò:
  • Dei cambiamenti in seno all'Europa che conducono a una rinascita della fede cristiana, a un aumento della natalità o all'assimilazione culturale degli immigranti. Tali sviluppi possono teoricamente avvenire, ma è difficile immaginarne le cause.
  • La modernizzazione musulmana. Per motivi che nessuno è riuscito a comprendere del tutto (il grado di istruzione femminile? Diritto all'aborto? Adulti troppo egoisti per avere dei figli?), la modernità porta a una drastica riduzione del tasso di natalità. Pertanto, se il mondo musulmano si modernizza, l'attrazione esercitata su di esso da parte dell'Europa diminuirebbe.
  • Altri flussi migratori. I latino-americani, essendo cristiani, permetterebbero in un certo qual modo all'Europa di mantenere la sua identità storica. Gli indù e i cinesi accrescerebbero la diversità culturale, rendendo meno possibile la dominazione islamica.
Ma l'evoluzione attuale indica che l'islamizzazione avrà luogo, poiché gli europei trovano troppo arduo avere dei figli, impedire l'immigrazione clandestina, e perfino diversificare le loro fonti di immigrazione. Essi preferiscono piuttosto adattarsi tristemente all'invecchiamento della civiltà.

L'Europa ha raggiunto simultaneamente livelli senza precedenti di benessere e di tranquillità e mostra un'eccezionale incapacità di sostenere se stessa. Un demografo Wolfgang Lutz, rileva che "fino ad oggi, nella storia dell'umanità non si è mai venuta a creare un'inerzia demografica negativa su larga scala". È inevitabile che la società di maggior successo sia altresì la prima a rischiare il collasso per la mancanza di certezza culturale e di progenie? Ironicamente, il fatto di creare un luogo estremamente piacevole da vivere sembrerebbe essere una ricetta per il suicidio. La commedia umana continua.

(New York Sun, 11 maggio 2004 - Archivio di Daniel Pipes)





3. ARAFAT PROMETTE AI PROFUGHI IL DIRITTO AL RITORNO




RAMALLAH - Per l'anniversario della fondazione dello Stato israeliano, il capo dell'OLP, Yasser Arafat, ha di nuovo assicurato ai profughi palestinesi il loro diritto al ritorno in Israele. Decine di migliaia di palestinesi hanno ascoltato sabato scorso [15 maggio] il suo discorso alla televisione.
    «Mi rivolgo a voi da questo vulcano», ha detto Arafat al "Yom al-Nakba" ("Giorno della catastrofe"), che i palestinesi ricordano anche dopo 56 anni dalla fondazione dello Stato il 14 maggio 1948. «Noi vi diciamo, diletti figli della Palestina nella dispersione, io vi dico, la Palestina è la vostra patria, per quanto sia lungo il tempo che deve passare.»
    Nessun dirigente al mondo ha «il diritto di negare il diritto al ritorno dei profughi nella loro terra e nelle loro case», ha detto il capo dell'OLP. «Il diritto al ritorno è un sacro e santo diritto che il diritto internazionale promette. Non contratteremo né mercanteggieremo questo storico diritto che il diritto internazionale promette, soprattutto la risoluzione ONU 194».
    Arafat ha fatto anche riferimento ai contrasti militari con l'esercito israeliano: «La guerra che le truppe di occupazione conducono nelle città di Rafah e Jenin, come anche in Gaza, Seitun, Chan Junis, Dir al-Balah e in tutte le altre nostre città che sono state di nuovo occupate, non ci impedirà di continuare la nostra inimitabile battaglia contro la prepotenza militare.»
    Il popolo palestinese «è stato ingiustamente cacciato dal suo paese con le armi e i massacri compiuti per perfidi piani», ha detto il capo dell'OLP. «La spinta rivoluzionaria è partita dai profughi, che hanno detto: "Noi rigettiamo la Nakba e rifiutiamo la vita come profughi. Continueremo a combattere duramente per la nostra patria e il nostro ritorno. Niente ci è più caro della nostra patria". Continueremo a combattere con grande fede, con le armi degli eroi di Palestina che combattono contro l'occupazione sionista, contro l'annessione e contro il tentativo di distruggere le nostre sacre città. Resteremo fino al giorno del giudizio sulla nostra sacra terra.»
    Arafat tuttavia ha anche detto che la dirigenza palestinese è profondamente obbligata ad una pace giusta, «la pace dei forti sulla nostra terra in tutta la regione, sul fondamento delle risoluzioni ONU e a vantaggio di entrambi i popoli, quello israeliano e quello palestinese, sulla base del reciproco rispetto e per un futuro sicuro per i nostri figli e i figli dei nostri figli. Dico al popolo in Israele e alle truppe di pace che le nostre mani sono stese per la pace dei forti in questo paese.»

(Israelnetz Nachrichten, 17.05.2004)





4. LA TESTIMONIANZA DI THEODOR HERZL SU GERUSALEMME




Dalla presentazione di Keren Hayesod:

In onore di Yom Yerushalayim (che ricorda il 37° anniversario della liberazione e riunificazione della città) presentiamo alcuni brani tratti dal diario di Herzl, scritti durante la sua visita a Gerusalemme.
    Alla fine di ottobre del 1898,  Theodor Herzl visitò per la prima (ed ultima) volta, Eretz Israel. Nel corso del suo breve soggiorno (dal 27 ottobre al 4 novembre), si recò a Giaffa, Rishon LeZion, Nes Ziona, Rehovot, Mikvé Israel e Gerusalemme.
    Siamo certi che se Herzl potesse vedere oggi la capitale d’Israele, con i suoi 673.000 abitanti, le sue università e le sue scuole, i suoi impianti hi-tech ed i suoi centri commerciali, i suoi ospedali ed i suoi servizi sociali, le sue sinagoghe ed i suoi centri culturali, gli si riempirebbe il cuore di gioia e di orgoglio. Vi offriamo questo documento anche in occasione del 100° anniversario della morte del fondatore ideologico del Sionismo moderno.

 

Gerusalemme, 29 ottobre
“Siamo arrivati a Gerusalemme con la luna piena, Malgrado fossi esausto, Gerusalemme con i  suoi grandi contorni illuminati dalla luna, mi ha fatto una profonda impressione. La silhouette della fortezza di Sion, la cittadella di Davide – magnifiche! Le strade erano piene di vita, con gli ebrei che gironzolavano al lume della luna. La mattina mi sono svegliato rinfrancato. Ma sono ancora molto debole. Ormai è sera e non mi sono mosso di casa, tutto ciò che posso fare è guardare fuori dalla finestra e concludere che Gerusalemme è splendidamente situata. Persino nella sua attuale decadenza, è una città bellissima; e, se riusciremo ad arrivarci, potrebbe diventare una delle più belle del mondo.

Gerusalemme, 31 ottobre
“Quando ti ricorderò nei giorni a venire, Gerusalemme, non sarà con piacere. I rifiuti ammuffiti di duemila anni di inumanità, intolleranza e follia giacciono nei tuoi vicoli maleodoranti”
    Se Gerusalemme sarà mai nostra, e se sarò ancora in grado di fare qualcosa, prima di tutto comincerei a ripulirla. Getterei via tutto ciò che

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non è sacro, costruirei case per lavoratori fuori città, svuoterei ed abbatterei quelle luride topaie, brucerei tutte le rovine non sacre e trasferirei altrove i bazaar. Poi, cercando di mantenere quanto più possibile il vecchio stile architettonico, costruirei una città completamente nuova, confortevole ed ariosa, con fognature adeguate, intorno ai Luoghi Santi.
    Siamo stati al Muro del Pianto. Ogni emozione profonda è resa impossibile da una rivoltante e confusa massa di miserabili mendicanti, che pervadono il posto. Quanto meno così è stato ieri sera e questa mattina, quando ci siamo andati.
    Ieri sera abbiamo visitato la Torre di David. Entrando, ho detto ai miei amici: ‘Sarebbe una buona idea, da parte del Sultano, di tenermi prigioniero qui’. La vista di quei pinnacoli in rovina conquista l’immaginazione, mentre la città si dissolve nelle foschie serotine.
    Oggi abbiamo ispezionato l’ospedale ebraico. Miseria e squallore. Ciononostante, per salvare le apparenze, sono stato obbligato ad affermarne la pulizia nel registro dei visitatori. Così si creano le menzogne. Dalla galleria di una vecchia sinagoga, in una mattinata di sole, ci siamo goduti la vista della spianata del Tempio, del Monte degli Ulivi e di tutto il panorama a terrazze. Sono fermamente convinto che una splendida Nuova Gerusalemme possa essere costruita fuori dalle vecchie mura della città. La vecchia Gerusalemme rimarrebbe sempre Lourdes e La Mecca e Yerushalayim. Una gradevolissima e bella città potrebbe nascere al suo fianco”.

Gerusalemme, 2 novembre
“Nel pomeriggio, siamo saliti sul Monte degli Ulivi. Momenti eccitanti. Che cosa si potrebbe fare di questo posto! Una città come Roma – dove il Monte degli Ulivi potrebbe offirire un panorama come quello del Gianicolo. Recinterei la città vecchia con le sue rovine e vi terrei fuori il traffico normale; solo i luoghi di culto e le istituzioni filantropiche sarebbero autorizzate a rimanere nei vecchi bastioni. E sulla cerchia delle colline circostanti, che il nostro lavoro coprirebbe di verde, si svilupperebbe gradualmente  una gloriosa, nuova Gerusalemme. Le élites di ogni parte del mondo percorrerebbero la strada che porta al Monte degli Ulivi. Amorevoli cure possono trasformare Gerusalemme in un gioiello. Tutto ciò che è sacro - conservato entro le vecchie mura, tutto ciò che è nuovo - sparso all’intorno. Ci siamo arrampicati sulla Torre Russa [‘Belvedere’] – io stesso non sono andato oltre il primo balcone, perché ho cominciato a sentirmi girare la testa, ma gli altri sono arrivati in cima. Vista incomparabile sulla Valle del Giordano, con i suoi precipitosi declivi, il Mar Morto, i monti di Moab, la città eterna di Gerusalemme.
Una persona ha bisogno di tempo e di una mente tranquilla per elaborare tutte queste impressioni”.

("The diaries of Theodor Herzl", edited and translated by Marvin Lowenthal, London, Gollancz, 1958, p. 283-290)
 
(Keren Hayesod, 18 maggio 2004)





5. UN RAPPORTO SULLA VIOLENZA NELLE AREE DELL’AUTORITÀ PALESTINESE




Nell’aprile 2004 il Gruppo palestinese di controllo per i diritti umani, diretto dall’attivista Basem ‘Eid, ha pubblicato un rapporto su “Intra’fada” o “Il caos delle armi”, come i palestinesi chiamano la situazione dominante nelle aree dell’Autorità Palestinese (AP). In questo rapporto si descrive il proliferare del possesso di armi fra i palestinesi durante l’attuale Intifada Al Aqsa e le conseguenze per la società palestinese e la situazione politica interna nelle zone dell’AP. Segue un estratto del rapporto: (1)


Contesto storico per capire la detenzione e l’uso delle armi nella società palestinese

Il rapporto esamina le radici storiche dell’accresciuto uso di armi, i fattori della violenza interna alla società palestinese, e tratta delle sue divisioni dovute a influenze culturali e religiose oltre alle sue diverse correnti ideologiche.

Fra i fattori storici che hanno modellato la società palestinese, il rapporto annovera la morte di Gamal Abdel Nasser e la sua visione della Repubblica Araba Unita, nonché l’incapacità degli stati arabi di sostenere le rivendicazioni palestinesi a riavere la propria terra.Tali fattori portarono gruppi palestinesi quali i feddayin a cercare di prendere in mano la situazione.

Un altro fattore storico, che ha portato al nascere di un’ampia gamma di gruppi politici armati, è stata la diaspora palestinese nei paesi arabi. Il pensiero politico, l’organizzazione e l’ideologia dei vari gruppi furono influenzati dal sistema politico prevalente nei diversi paesi ospitanti. Anche il socialismo ebbe un ruolo nell’ostacolare la formazione di un’unica visione politica. Per questa ragione, in particolare dopo il 1967, i gruppi palestinesi non poterono riflettere una politica comune. Ogni gruppo aveva un certo numero di correnti politiche che sostenevano forze combattenti autonome e premevano per adottare mezzi, modi d’azione e scopi diversi.


Il processo di pace e l’aumentato acquisto di armi nella società palestinese

Il rapporto rileva che sebbene la prima Intifada sembrasse portare all’unità fra i vari gruppi palestinesi, col progredire dei colloqui di pace riemersero le divisioni interne. All’epoca degli accordi di Oslo, cominciarono a fluire nelle città palestinesi grandi quantità di armi e aumentarono le lotte interne fra le varie fazioni.


La società palestinese e il ciclo della violenza interna

Il rapporto osserva che se si riduce il conflitto mediorientale a un mero conflitto israelo-palestinese si trascurano tutte le sfumature, né d’altra parte si può attribuire unicamente al conflitto israelo-palestinese la tragedia del ciclo intestino di violenza. Solo l’esame delle interazioni in seno alla società palestinese e la conoscenza dei contrasti e degli scontri fra le varie correnti, clan e fazioni politiche può dare una visione approfondita di questa società. Questo perché durante l’Intifada Al Aqsa queste divisioni hanno portato allo sviluppo e all’escalation di quello che l’autore del rapporto chiama ‘Intra’fada’. Pertanto nel rapporto si rileva che ad esempio, dal 1993 al 2003, il 16% dei morti civili palestinesi è stato vittima di gruppi o di singoli palestinesi.


L’Autorità Palestinese e la violenza interna

Il rapporto sostiene che la detenzione di armi da parte dei palestinesi è stata legittimata in quanto simbolo della resistenza all’occupazione. Ma alla luce della situazione nell’AP, l’assenza di stato di diritto e l’incapacità dell’Autorità a controllare e regolare il possesso e l’uso delle armi, la gente si è procurata armi per difesa personale, per salvaguardare l’onore della famiglia e regolare i propri affari o altre faccende. Inoltre, dice sempre il rapporto, per via degli scandali e degli errori che hanno afflitto l’AP ed eroso la sua credibilità, ogni tentativo di requisire le armi, come richiesto dagli accordi di pace, porterebbe alla sua fine. Pertanto l’AP fermamente rifiuta di intraprendere ogni azione in questo senso.

In questa situazione, dice il rapporto, nelle città palestinesi domina una quasi-anarchia. La mancanza di un unico potere centrale che regoli l’uso della forza, il carattere quasi statuale dell’Autorità Palestinese e l’incapacità della classe governante di definire i suoi scopi, tutto ciò contribuisce a far crescere l’incertezza fra la popolazione e a lasciare un vuoto destinato a essere occupato da fonti di potere alternative.

Il rapporto sottolinea l’importanza di una molteplicità di fattori connessi all’AP che creano l’anarchia al suo interno: l’assenza di istituzioni statuali fondamentali, la mancanza di una chiara definizione dei ruoli e delle aree di responsabilità dei poteri esecutivo e giudiziario, le inadempienze del sistema giudiziario, l’assenza di sforzi per definire regole e procedure, la confusione fra potere esecutivo e corpi giudiziari e la limitata portata del sistema giudiziario: tutto ciò lascia campo aperto all’abuso di potere da parte di singoli individui e fazioni che prendono la legge nelle loro mani.

Un altro fattore importante è la proliferazione di corpi di sicurezza e polizia separati e indipendenti, le cui responsabilità sono o non definite o sovrapposte; ciò contribuisce a una crescente confusione e porta a scontri verbali e fisici. Queste tensioni interne a volte vengono persino incoraggiate da funzionari dell’AP che cercano di rafforzare la propria posizione e che non di rado sovvenzionano anche bande e milizie locali. Il rapporto cita le parole di un funzionario dell’AP, secondo il quale, il 90% dell’anarchia malavitosa è organizzata da gente sul libro paga dell’AP.

Il rapporto rileva che queste bande sfruttano la mancanza di contiguità territoriale fra cittadine e villaggi palestinesi, oltre alle restrizioni alla libertà di movimento dei residenti, riuscendo a ispirare terrore, a creare anarchia e caos nelle città palestinesi, come ad esempio a Nablus.

Il rapporto ricapitola quello che i palestinesi chiamano “il caos delle armi” nell’area dell’Autorità, che ha aggiunto ulteriori militarizzazione e violenza alla seconda Intifada, sia al suo interno sia nella società palestinese. Ciò non è stato senza conseguenze su privati cittadini, membri di clan rivali, concorrenti in affari, donne, sospetti collaborazionisti con Israele, giornalisti e persino funzionari dell’AP.

Note:
(1) Leonie Shultens: The Intra’fada or ‘The Chaos of the Weapons’: An Analysis of Internal Palestinian Violence, aprile 2004, Palestinian Human Rights Monitoring Group.

(The Middle East Media Research Institute, 13.05.2004)





6. CONSIDERAZIONI SULLA SCUOLA ITALIANA




Progetti multiculturali antisemiti nella scuola italiana

di Liv Chayiah


E' ormai tristemente nota la connivenza della sinistra europea con il terrorismo islamico, così come è nota la coincidenza dei loro fini con quelli della destra nazista, gruppi apparentemente opposti per certi versi, ma che hanno in comune un profondo antisemitismo.
Se l'antisemitismo dichiarato, di vario genere, di destra e di sinistra, è spesso facilmente individuabile, molto più difficile è isolare e combattere l'antisemitismo più bieco, viscido e vigliacco astutamente celato in progetti e iniziative di diverso tipo, alcuni dei quali camuffati persino da attività cosiddette "multiculturali". La parola in sé farebbe pensare ad attività realizzate all'insegna del più completo rispetto per le culture differenti, con particolare riguardo per le culture delle minoranze presenti nel paese. Ed è qui che si cela l'inganno più raffinato perpetrato dagli antisemiti ai danni del Popolo Ebraico. Infatti, come è risaputo, gli Ebrei costituiscono un unico popolo, una ben determinata cultura differente da quella dei paesi in cui molti Ebrei si trovano a vivere. Il Popolo Ebraico è il popolo cosmopolita per eccellenza, il popolo in cui il più ignorante tra essi ha sempre un grado di conoscenze e di istruzione superiore alla media degli altri popoli, parla spesso tre o più lingue madri e ne conosce almeno altrettante. Con grande capacità di adattamento, date le tormentate vicende del Popolo Ebraico, moltissimi Ebrei cambiano più volte paese, arricchendo di conoscenze, lingue e abitudini diverse il loro bagaglio culturale. Ciò non significa affatto che abbandonino la loro cultura d'origine alla quale la maggioranza rimane profondamente legata. Questo è invece ciò che nella scuola italiana ci si aspetta dagli Ebrei, dai quali sovente viene persino preteso che accantonino e dimentichino la propria cultura.
L'Italia è uno dei pochi paesi in cui si fa il possibile e persino l'impossibile per favorire oltre ogni misura l'ingresso e l'inserimento di immigrati, non importa se regolari o meno, offrendo loro ogni possibilità di mantenere e vedere valorizzate le loro caratteristiche e le loro culture di origine, insegnando loro nel contempo la lingua italiana. Insegnanti, mediatori culturali, centri vari con diverse denominazioni e progetti destinati a bambini e adulti, spesso grazie a finanziamenti pubblici, si danno un gran da fare per favorire chi appartiene ad una cultura diversa, accogliendo con particolare favore e comprensione specialmente chi appartiene a gruppi per i quali la maleducazione, la prepotenza e la prevaricazione costituiscono usuale pratica quotidiana, ancor più ben visti, coccolati e favoriti se traggono sostentamento da traffici illegali e se supportano il terrorismo antiebraico e antioccidentale, come nel caso dei gruppi islamici specie nordafricani, o il neo nazismo, come molte bande di ispanici provenienti in particolare dal centro America, fra cui alcuni adolescenti con svastiche tatuate sul braccio. Si accolgono persone del genere sotto le bandiere che recano i colori dell'arcobaleno, delicata immagine ormai eletta purtroppo a famigerato simbolo sventolato dai complici europei del terrorismo islamico e che hanno dato un senso ipocritamente distorto alla parola "pace".
Nelle scuole non si contano più i progetti che, sotto diciture differenti che vanno da "progetto bambini stranieri" a "intercultura" et similia, di fatto favoriscono oltremodo l'inserimento di soggetti che altro scopo non hanno se non quello di soffocare e distruggere la società democratica del paese. Come il nazismo inventò e rielaborò assurde falsità tese ad eliminare gli Ebrei della Diaspora che allora come oggi vivevano nel più completo rispetto delle leggi dei paesi nei quali abitavano, così anche la maggioranza degli operatori della scuola nella democratica Repubblica Italiana sembra perseguire gli stessi scopi, sia pure con altri metodi sicuramente più subdoli e nascosti e, quindi, anche più pericolosi. Infatti, il Popolo Ebraico, e di conseguenza la sua cultura, è l'unico popolo che non viene mai considerato nei cosiddetti progetti "multiculturali" scolastici. Così come gli arabi islamici, che si sono arrogati arbitrariamente il diritto di chiamarsi "palestinesi", senza che ve ne fosse alcuna ragione storica, non considerano Israele nelle loro carte geografiche, dato che il loro scopo è quello di eliminare il Popolo di Israele e lo Stato Ebraico, prendendo per sé la totalità della terra ebraica, così la maggior parte degli operatori della scuola italiana ignora volutamente il Popolo Ebraico e la sua cultura millenaria, favorendo solo l'inserimento di popoli nemici degli Ebrei. In tal modo, mentre si moltiplicano i centri e le attività che promuovono in mille maniere il diffondersi ed il rispetto ad oltranza di alcune delle culture dei popoli immigrati di recente, a prescindere dal loro rispetto o meno nei confronti della cultura italiana di maggioranza, si ignora volutamente che esiste in Italia una consistente minoranza di cultura ebraica che, pur avendo sempre contribuito e contribuendo ancora largamente allo sviluppo della società italiana senza nulla chiedere in cambio che un minimo di considerazione, viene invece costantemente oppressa all'interno delle istituzioni scolastiche da una serie infinita di luoghi comuni, di usanze, di modi di dire, di atteggiamenti di disprezzo, di totale mancanza di rispetto, di tentativi di isolamento e di prevaricazione e quant'altro.
E' pur vero che quello Ebraico è l'unico popolo sopravvissuto a secoli di persecuzioni e persino alla Shoah, l'unico ad essere ancora un popolo vitale esattamente come nell'antichità, mentre civiltà che un tempo furono fiorenti e potenti sono scomparse. Non saranno certo utopistici progetti politici, né tanto meno sciocchi progetti scolastici antisemiti a distruggere gli Ebrei, anche perché oggi, dopo secoli di oppressione e di tentativi di ignorarli ed eliminarli da parte di molti, gli Ebrei hanno forse imparato a difendersi. Se la civiltà dei goyim (*) pensa di eliminarli ignorando o disprezzando la loro cultura e favorendo quella di popoli che invaderanno i paesi occidentali, convinta di distruggere il Popolo Ebraico, resterà delusa. Per quanti problemi e sofferenze possano arrecare al Popolo Ebraico, i goyim distruggeranno solo se stessi, perché la storia ormai la conosciamo tutti: ogni civiltà che ha tentato di distruggere gli Ebrei non è mai sopravvissuta a lungo. I nemici del Popolo Ebraico sono sempre stati sconfitti, i grandi imperi suoi nemici si sono estinti, o le loro civiltà si sono rivelate di consistenza effimera, la loro potenza è scomparsa: Assiri, Egiziani, Romani, gli zar, il terzo Reich, lo Stalinismo, e non sarà diverso il destino dei nemici islamici e dei complici europei.
Verrà presto il giorno in cui gli italiani e forse tutti gli europei saranno costretti a parlare solo l'arabo e le lingue ispaniche del Centro America, verrà il tempo in cui le donne italiane e tutte le europee dovranno indossare il chador o il burka e le bande islamo-hispaniche in guerra o in pace tra loro si spartiranno questa società. Tutte le altre culture saranno distrutte e la loro memoria proibita, ma il Popolo Ebraico esisterà ancora, nonostante gli sforzi odierni da parte di molti operatori delle istituzioni scolastiche italiane per eliminarlo.
Am Israel Chai! (**)

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Note:
(*) goyim: significa "Gentili" = non Ebrei
(**) Traslitterazione dall'Ebraico = Il Popolo di Israele Vive!
    
(ShomerIsrael@fastwebnet.it, 17.05.2004)





7. MUSICA E IMMAGINI




Yerida




8. INDIRIZZI INTERNET




Women for Israel's Tomorrow

Bridges For Peace




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