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Biotecnologie, internet, computer: Israele nuova culla dell'innovazione

Con un prepotente balzo in avanti lo stato ebraico ospita una sempre più ricca serie di aziende dell'hi-tech: qui sono state inventate innovazioni fondamentali oggi diffuse in tutto il mondo. al nasdaq sono talmente tante le aziende provenienti da tel aviv che e' stato creato un sotto-indice apposito.

di Alberto Stabile

Highslide JS
Silicon Wadi
GERUSALEMME - In principio fu il software, i semiconduttori, le telecomunicazioni. Oggi sono le biotecnologie, il software ma soprattutto il web con le sue infinite potenzialità, da ordinare, da addomesticare, da plasmare secondo gli interessi di ognuno. Seguendo questo percorso, cominciato a partire dall'inizio degli anni '70, Israele ha potuto superare la condizione di sussistenza economica cui sembrava condannato per guadagnarsi la palma di potenza tecnologica mondiale, baciata da una crescita costante, a dispetto di un clima politico che non conosce schiarite, e di una crisi mondiale capace di mettere ko Paesi, sulla carta, ben più attrezzati.
La nostra vita ormai si svolge attorno a un computer. Ebbene, se possiamo chattare in diretta da un laptop all'altro lo dobbiamo a un cervello israeliano. Se abbiamo bisogno di conservare il contenuto del nostro lavoro in una "chiavetta" e scaricarlo poi su un altro computer, è stato un ricercatore israeliano a inventare il prezioso marchingegno. Se vogliamo mettere i nostri "documenti", o le nostre conversazioni a riparo da occhi, orecchi e mani indiscrete, è un'azienda israeliana che ci ha fornito il programma di criptaggio adatto.
   Ma anche la nostra salute è appesa sempre di più alla capacità di un cervello elettronico di decifrare, classificare e trasmettere i dati che forniscono gli organi del corpo umano. E anche in questo settore della medicina, come in quello dell'equipaggiamento bio-medico, i tecnici e gli studiosi israeliani sono molto avanti. E così anche nel campo dell'ingegneria genetica, delle bio-tecnologie applicate all'agricoltura, delle energie alternative e dello sfruttamento della risorse naturali.
   Ora, questo sviluppo impetuoso necessita innanzitutto di un luogo. In California, la culla dell'hi- tech venne battezzata Silicon Valley e divenne subito un mito della modernità, la misura della capacità americana di cavalcare il progresso al più alto livello. In Israele, dove grande, se non eccessiva, è l'attrazione verso il modello americano, hanno voluto per assonanza chiamare Silicon Wadi, dove wadi, in arabo, altro non è che il letto prosciugato di un fiume, o di un torrente, la vasta piana tra Tel Aviv ed Haifa, cui s'è aggiunta di recente un'appendice a Gerusalemme, dove sono concentrate la maggior parte della aziende hi-tech israeliane. Una grande serra, si direbbe, dove invece che meloni senza semi e fichi d'India senza spine, due acquisizioni ormai classiche della biogenetica israeliana, fioriscono start-up inimmaginabili, molte delle quali destinate ad essere quotate al Nasdaq (dove figura un piccolo indice tutto dedicato alle aziende israeliane). E' come se la moderna tecnologica basata sulla cibernetica abbia saputo sprigionare l'immaginazione, il gusto dell'intrapresa, la voglia di rischiare nascosti nei giovani israeliani.
   Liberati dal lungo fardello del servizio militare obbligatorio (tre anni), incoraggiati a fare da uno stato che, nonostante i frequenti corsi e ricorsi bellici, non ha mai smesso di puntare al futuro, generazione dopo generazione, decine di migliaia di giovani si sono tuffati nel mare aperto della nuova economia liberata dai residui della vecchia ideologia socialisteggiante del kibbutz.
   Nel 1998 succede qualcosa che dimostra e conferma la giustezza di questa strategia. Appena un paio di anni prima, quattro giovani ancora ventenni, di Tel Aviv, che si erano conosciuti durante il servizio militare, fondano una società hi-tech, Mirabilis, che si propone di produrre un sistema di comunicazione istantanea (Icq, instant-messaging program). A corto di danaro, accettano con entusiasmo il finanziamento offerto dal padre di uno di loro, il lungimirante Yossi Vardi. Diciotto mesi dopo il potente network Aol, American on Line, compra l'Icq per 400 milioni di dollari, facendo la fortuna di quei quattro ex commilitoni, ma soprattutto spalancando un nuovo orizzonte per l'industria hi-tech israeliana. Le start-up si moltiplicano, come anche gli investimenti stranieri, facilitati dal programma governativo Yozma, Iniziativa, che offre facilitazioni fiscali e partecipazione al capitale. Nel 2001 gli investimenti nell'hi-tech ammontavano ad oltre 1.800 milioni di dollari. Quest'anno, supereranno i 3 miliardi di dollari. Idem per le start-up fiorite nel frattempo nella serra di Silicon Wadi, che superano quota 3000.
   Adesso l'industria tecnologica israeliana fa gola a tutti. Tecnici e ricercatori israeliani vengono corteggiati come calciatori. Le più grandi aziende del settore, da Philips a Motorola, da Google a Oracle, decidono di stabilire i loro centri di ricerca e sviluppo in Israele. Non è un caso che Intel decida di progettare e sperimentare il suo processore dual-core, chiamato Core Duo, nel parco tecnologico israeliano.
   Sono diversi i fattori alla base di questo successo. Innanzitutto l'alto livello del sistema educativo, che non conosce soltanto punte di eccellenza assolute come l'Israel Institute of Technology, di Haifa detto anche Technion, culla e cattedra di molti Premi Nobel, classificato tra le migliori 40 università al mondo. Ma oltre al Technion, è la media degli istituti di ricerca sparsi nel paese ad essere elevata.
   Non meno importante è il ruolo dell'esercito. Al centro di ricerca Mamram, in codice 8200, l'unità tecnologica delle forze armate, si riconosce il merito di formare i migliori programmatori ma soprattutto di consentire che alcune sue invenzioni concepite per scopi militari siano utilizzate per usi civili. Negli anni 90 nasce così Scintex, che produce un sistema di stampa veloce derivato da un'innovazione sperimentata nei laboratori delle Forze Armate. Come anche Elscint, specializzata nella produzione di medical imaging, un'azienda leader del settore a livello globale.
   Ma la vera spinta, i giovani imprenditori israeliani che si sono tuffati nelle nuove tecnologie, l'hanno trovata nel bagaglio dei valori condivisi. E' la storia e la filosofia del gruppo Rad, qualcosa a metà strada tra la holding e la cooperativa che ha riprodotto su scala industriale lo schema del moshav, una cellula produttiva coeva ma opposta al kibbutz di stampo sovietico, dove ciascuno dei partecipanti resta padrone della propria intrapresa, del prodotto e del profitto, e solo si condividono i servizi e certi costi di produzione. Il gruppo Rad, fondato dai fratelli Yehuda e Zohar Zisapel, oltre ad aver acquisito con i propri prodotti una posizione preminente nel campo delle telecomunicazioni, che gli è valsa la quotazione alla Borsa di New York, ha favorito la nascita di almeno 60 "imprenditori seriali" e di 111 start-up, nonché di numerose piccole aziende che costituiscono la formula vincente del boom tecnologico israeliano. Spiega Zohar Zisapel, il Bill Gates d'Israele: «Il nostro approccio decentralizzato ci permette di massimizzare i vantaggi di un'impresa di piccole dimensioni, come la flessibilità e lo spirito imprenditoriale, permettendo nel contempo alle società partecipanti di condividere i benefici e di promuovere l'innovazione».

(la Repubblica, 17 settembre 2012)