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Questa terra è la mia terra

In questi tempi di drammatica contesa intorno alla terra che Dio ha destinato al popolo ebraico, ripresentiamo un prezioso libretto tradotto e stampato da EDIPI più di dieci anni fa. Riportiamo le parole di presentazione del sito dell’associazione e le presentazioni che si trovano sul libro. NsI

Questo prezioso libretto, scritto da Elie E. Hertz, proprietario e curatore di Myths and Fact, è molto importante per una corretta informazione sul Medio Oriente e, in primo luogo, sul conflitto arabo/israeliano/palestinese.
L’opera, tradotta in italiano da Eunice Randall Diprose e pubblicata da EDIPI - Associazione Evangelici d’Italia per Israele – spiega, in modo esaustivo e con linguaggio chiaro, il legame degli Ebrei con la loro Terra di origine, le motivazioni non solo storico-religiose, ma anche giuridiche sulle quali si fonda la legittimazione dello Stato ebraico.
Come ha spiegato il prof. Marcello Cicchese durante la presentazione avvenuta il 22 settembre 2011 al Palazzo della Cultura Ebraica in Roma, questo testo in italiano è particolarmente rilevante perché:

  1. chiarisce che il problema mediorientale trova la sua base negli avvenimenti successivi alla Prima Guerra Mondiale: Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 e successiva Risoluzione di San Remo del 1920 (“Conferenza di pace” che si svolse dal 19 al 26 aprile di quell’anno) nella quale si decise di conferire alla Gran Bretagna il Mandato per la Palestina, con il preciso compito di dare esecuzione a quella Dichiarazione di circa tre anni prima, con cui la Gran Bretagna si era dichiarata favorevole alla costituzione in Palestina di una national home per gli Ebrei. La Risoluzione adottata fu, in seguito, ratificata dalla Lega delle Nazioni nel 1922 e può essere dunque considerata come il primo riconoscimento ufficiale del costituendo Stato di Israele
  2. pone l’accento, come detto, sugli aspetti giuridici – e non solo politici e religiosi - del problema poiché esamina i fondamenti di Diritto internazionale sui quali sono state adottate le decisioni fondamentali
  3. vede la luce in un momento in cui, oltre a ciò che ho scritto in apertura, è in corso da troppo tempo una campagna internazionale di delegittimazione, ad ogni livello, dello Stato di Israele.

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PRESENTAZIONE
di Ivan Basana
Presidente di Evangelici d'Italia per Israele

Giusto un anno fa presi l'impegno di pubblicare in italiano questo libro di Eli Hertz come primo risultato di un ravvedimento nazionale conseguente alla richiesta di perdono a Dio per un patto non mantenuto.
La rimozione del contenzioso spirituale e il proposito di riparazione che ne è emerso ci ha reso consapevoli del mandato affidatoci (Ester 4:14).
Il mancato adempimento della Prima Dichiarazione di Sanremo verso una risoluzione chiaramente e dettagliatamente indicata conferma il giudizio divino sulle nazioni coinvolte:
“… le chiamerò in giudizio a proposito della mia eredità, il popolo d'lsraele, che esse hanno disperso tra le nazioni, e del mio paese, che hanno spartito fra di loro” (Gioele 3:2).
A titolo di riparazione la Seconda Dichiarazione di Sanremo del 25 Aprile 2010 opera per garantire la piena attuazione della Risoluzione di Sanremo del 25 Aprile 1920 come stabilisce la legge internazionale.
La massima diffusione di questa pubblicazione è finalizzata al conseguimento di questo obiettivo.
Padova 25 aprile 2011

* * *

INTRODUZIONE
di Eli E. Hertz

Vi siete mai chiesti perché durante il trentennio fra il 1917 e il 1947 migliaia di ebrei in tutto il mondo si svegliarono una mattina e decisero di lasciare le proprie abitazioni per andarsene in Palestina? La maggior parte lo fece perché aveva sentito dire che in Palestina si stava per fondare una Patria Nazionale per il popolo ebraico, sulla base di un obbligo imposto dalla Società delle Nazioni nel documento Mandato per la Palestina.
Il Mandato per la Palestina, un documento storico della Società delle Nazioni, affermava il diritto legale degli ebrei di stanziarsi in qualunque parte della Palestina occidentale, fra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, un diritto che rimane inalterato nel diritto internazionale.
Il Mandato per la Palestina non costituiva un'ingenua concezione abbracciata per un breve lasso di tempo dalla comunità internazionale. I cinquantuno paesi membro, cioè tutta la Società delle Nazioni, dichiarò all'unanimità il 24 Luglio 1922:
Poiché è stato dato riconoscimento al legame storico del popolo ebraico con la Palestina e ai presupposti per ricostituire la loro patria nazionale in quel paese.
È importante sottolineare che la stessa Società delle Nazioni garantiva i diritti politici all'auto-determinazione come popolo agli Arabi in altri quattro mandati - in Libano e in Siria (il Mandato Francese), in Iraq, e successivamente nella Transgiordania (il Mandato Britannico).
Qualsiasi tentativo di negare il diritto del popolo ebraico alla Palestina - Eretz-lsrael, e negargli l'accesso e il controllo nell'area destinatagli dalla Società delle Nazioni, costituisce una grave violazione del diritto internazionale.
La visione della Road Map, come le continue pressioni del Quartetto (Stati Uniti, Unione Europea, ONU e Russia) a rinunciare a parti Di Eretz Israel, sono contrarie al diritto internazionale che invita fermamente a  incoraggiare… lo stanziamento concentrato degli ebrei sul territorio, compresi i territori demaniali e le aree incolte non richieste per scopi pubblici. Il mandatario aveva nanche l’obbligo di controllare che nessun territorio palestinese venga ceduto o affittato, o in alcun modo posto sotto il controllo del governo di alcuna potenza straniera.
Nel tentativo di stabilire la pace fra lo stato ebraico e i suoi vicini arabi, le nazioni del mondo dovrebbero ricordare chi ha la legittima sovranità su questo territorio con i suoi diritti ancorati al diritto internazionale, validi ancora oggi: la Nazione Ebraica.
E in sostegno del popolo ebraico, mi sono seduto e ho scritto questo volumetto.

* * *

PREFAZIONE
di Ugo Volli

Uno dei maggiori paradossi di Israele è questo: non esiste stato al mondo che sia nato sulla base di riconoscimenti giuridici altrettanto validi e cogenti; non esiste popolazione che abbia una pretesa statale più antica sul suo territorio, basata su una continuità culturale, linguistica e religiosa, anche lontanamente paragonabile alla sua. Ma non esiste stato nel mondo contemporaneo la cui esistenza sia stata altrettanto negata, il cui diritto alla vita sia stato così minacciato, altrettanto boicottato, attaccato, e rifiutato, non solo sul piano militare, economico e politico ma anche su quello legale e diplomatico.
   Per questa ragione è necessario continuare a spiegare le ragioni del buon diritto di Israele sulla sua terra.
   Questo buon diritto ha molti aspetti.
   E' un dato storico e antropologico, basato sulla storia antica del popolo di Israele, che tremila anni fa ha fondato il primo stato unitario e autonomo nella terra fra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, l'ha retta per più di mille anni sia pur fra invasioni, esili imposti, sottomissioni agli imperi che si sono succeduti nella regione, e vi è rimasto attaccato culturalmente e nei limiti del possibile anche come residenza nei secoli che sono succeduti alla distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani, senza perdere mai il senso della sua appartenenza a quelle terre.
   E' un dato politico e militare, perché lo stato di Israele è stato ininterrottamente attaccato con le armi degli eserciti e del terrorismo per tutti i settantun anni della sua esistenza e anche prima, quando era solo un insediamento.
   E' un dato morale e ancora politico, perché esso deriva dal diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico, sottoposto da secoli alle persecuzioni tanto in Europa che nel mondo musulmano. Solo l'esistenza di uno stato può garantire il diritto alla sopravvivenza degli ebrei, ancora oggetto di odio antisemita anche nei paesi dove già sono stati oggetto di pogrom, espulsioni e genocidi.
   Per molti può essere un dato teologico, radicato nel patto della Bibbia. Ma è anche un dato giuridico, ben radicato nel diritto internazionale.
   Il merito principale di questo testo è di esporre con chiarezza i termini del percorso legale che costituisce il fondamento del diritto di Israele alla propria statualità.
   Di solito si pensa che questo fondamento sia costituito dalla deliberazione 181/II dell'Assemblea della Nazioni Unite che il 29 novembre 1947 approvò la spartizione del mandato britannico di Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo.
   Come è noto, l'Agenzia Ebraica, che fungeva da organo rappresentativo del popolo ebraico insediato nel Mandato, insieme all'Organizzazione Sionistica Internazionale che comprendeva anche gli ebrei della diaspora, accettò questo piano di spartizione, nonostante l'evidente svantaggio delle mappe stabilite dalla commissione UNSCOP dell'Onu, La Lega Araba e gli Stati che la costituivano invece la rifiutarono e iniziarono subito delle operazioni belliche che divennero una guerra vera e propria al momento della proclamazione dello stato di Israele, il 14 maggio 1948. La guerra di cinque eserciti arabi ben armati e organizzati (Egitto, Siria, Irak, Giordania, Libano) contro un popolo molto meno numeroso che doveva ancora costituire i propri organi statali fu all'inizio estremamente difficile, ma poi si concluse a luglio 1949 con una chiara vittoria israeliana, che riuscì a liberare un territorio più vasto di quello inizialmente attribuito. Non ci fu un trattato di pace, ma solo degli accordi armistiziali, che esplicitamente negavano il riconoscimento cli confini internazionali a quelle linee di armistizio (che poi sarebbero state definite impropriamente i confini del '67).
   Israele comunque trae la legittimità del suo territorio non solo dalla deliberazione dell'Onu ma dall'averlo ottenuto resistendo all’aggressione genocida di questa guerra e di quelle che vennero in seguito.
   Ma questa legittimazione, che pure è più forte di quella di quasi tutti gli altri stati esistenti, non è quella originaria che giustifica l'esistenza dello Stato di Israele. Ce n'è una di trent'anni più vecchia, che è il vero fondamento del diritto del popolo ebraico a costituire il suo stato sul territorio dell'antico regno di Giudea. Si tratta del processo delle decisioni internazionali che portarono alla costituzione del mandato britannico nella regione geografica che nella terminologia europea del tempo (non in quella araba o turca) era chiamata Palestina.
   Si tratta di una delle numerose decisioni che accompagnarono la fine della Prima Guerra Mondiale, con il crollo di antichi stati multinazionali come l'impero asburgico, quello russo e quello ottomano. Un'immensa area, piena di intricate mescolanze etniche e culturali, doveva essere sistemata in stati nazionali.
   Nacquero o rinacquero allora l'Ungheria, la Cecoslovacchia , ma anche la Finlandia, l'Arabia, per una brave stagione l'Armenia e si sistemarono anche le carte dei mandati che definirono i futuri stati arabi come Siria, Libano, Iraq. Furono fatte divisioni certamente arbitrarie e influenzate dagli interessi coloniali di Francia e Gran Bretagna, ma le alternative non erano per nulla evidenti né facili da attuare, che si trattasse di altri stati e confini, di un impero arabo che certamente si sarebbe presto frammentato per l'assenza di una forza egemone, o di federazioni di tribù. In questo gigantesco rimescolamento di carte si decise di accettare la richiesta del popolo ebraico della ricostituzione della sua patria. Non era una richiesta astratta o solo politica e neppure solo motivata dalle sofferenze inflitte dal]' antisemitismo agli ebrei del vecchio impero russo.
   Alla fine della prima guerra mondiale, ai vecchi residenti di Gerusalemme si era già aggiunta progressivamente a partire da oltre cinquant'anni un'immigrazione che aveva comprato e risanato terre, rinnovato l'agricoltura, restaurato la lingua ebraica, fondato un sistema scolastico che presto avrebbe raggiunto il livello universitario, costruito città, sviluppato istituzioni.
   A questo mondo dinamico e determinato la Gran Bretagna nel 1917 con la dichiarazione Balfour promise la costituzione di una national bome, cioè di una patria, di qualcosa che doveva trasformarsi in uno stato. Questa promessa fu recepita nei trattati del dopoguerra, prima con la Conferenza di San Remo (19-26 aprile 1920), tenuta dalla potenze vincitrici per definire l'asseto della regione e poi soprattutto dalla delibera della Società delle Nazioni (l'ONU dell'epoca) approvata all'unanimità da 51 paesi il 24 luglio 1922 che istituiva il mandato britannico di Palestina con lo scopo preciso di favorire l'immigrazione e l'insediamento ebraico nel mandato, con il fine cioè di costituire una patria per il popolo ebraico. Il territorio coinvolto era quello dcli' attuale Israele (inclusa Giudea e Samaria) più ciò che oggi è la Giordania.
   Il governo inglese tradì poi il suo impegno, convincendosi progressivamente di avere la convenienza a favorire l'antisemitismo arabo. Per esempio separò il territorio a Est del Giordano, facendone uno stato a parte per la popolazione araba e poi cercò di suddividere ciò che restava o di assegnare tutto agli arabi. Ma questo non modificò affatto la scelta giuridica compiuta a Sanremo e poi alla Società delle Nazioni, nel momento fondativo della geopolitica del mondo moderno, di consentire al popolo ebraico la ricostruzione della sua patria.
   Questo impegno è stato ripreso legalmente dall'Articolo 80 della carta fondativa delle Nazioni Unite ed è ancora pienamente in vigore, dando a Israele una legittimità che nessun altro stato al mondo può rivendicare.
   Tutti questi sviluppi sono ignorati dal giornalismo e dalla politica progressista, che attribuisce alla Palestina (intesa impropriamente e antìstoricamente come entità araba) un diritto alla statualità che contrasta totalmente con i deliberati che ho citato e con il diritto, sulla base di una scelta politica storicamente e giuridicamente ingiustificata, come quella fatta dalla Gran Bretagna, al costo per esempio di sacrificare milioni di ebrei europei alla ferocia nazista, impedendo loro l'immigrazione nel mandato, che pure era stato costituito proprio per favorirla.
   Per questo il libro di Eli Hertz, chiarissimo e ben documentato, è importante e andrebbe diffuso: perché rimette la questione del conflitto fra Israele e i gruppi arabi che lo combattono nei suoi giusti termini politici e legali.
   E di questo c'è moltissimo bisogno.

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PREFAZIONE
di Rinaldo Diprose

Il genere di libro a cui appartiene Questa terra è la mia terra, è tanto raro quanto necessario, nel tempo in cui viviamo. Si fa presto ad esprimere la propria opinione, anche su questioni di portata epocale, ma quando un'opinione è senza fondamento nei fatti, ciò che viene propagandato è un mito, non un fatto. Purtroppo perfino in un ambito come l'ONU si tende a dare credito a chi riesce a far valere la propria opinione o pregiudizio, a prescindere dalla fondatezza di ciò che si afferma.
   Scrivere nella maniera che Eli Hertz fa in questo libro richiede fatica e una disciplina ferrea. L'autore non solo fa un ampio uso di documenti ufficiali, mette in appendice il testo completo di quelli principali di modo che il lettore possa controllare l'esattezza del quadro che ne emerge. La sua sobrietà è evidente anche nella scarsità di commento: sono i fatti che parlano.
   Il motto di Hertz, in tutte le pubblicazioni della collana Miti e Fatti è:
   Sebbene la verità non vinca sempre, la verità è sempre giusta. Aggiungerei che ciò che non è vero contribuirà inevitabilmente alla rovina dell'umanità. Facendo ricorso alla documentazione ufficiale del caso, in particolare a quanto è stato sancito dalla legge internazionale, Hertz fa parlare i fatti. Secondo questi fatti, lo stato di Israele ha lo stesso diritto di esistere, in un territorio che va dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo, che hanno la Giordania, la Siria, l'Iraq e l'Iran.
   La questione affrontata in questo volumetto è di un'attualità impressionante. Nabil Shaarh, capo del dipartimento degli Affari Esteri di Farah, il partito di maggioranza dell'Autorità Palestinese, afferma che, nel caso che Israele non cessi ogni attività di costruzione in quelli che egli chiama i territori occupati, l'Autorità Palestinese cercherà l'appoggio dell'ONU perché venga riconosciuto uno stato Palestinese in Settembre di quest'anno. Anche la diplomazia internazionale sembra contemplare una tale azione unilaterale, senza aspettare il consenso di Israele. Se ciò avvenisse, agli occhi di un mondo poco propenso ad accertarsi dei fatti, ogni attività di Israele in Samaria, Giudea nonché in Gerusalemme Est, risulterebbe illegale, nonostante gli organi internazionali abbiano assegnato tutti questi territori a Israele in modo definitivo.
   Anche se l'avvallo dell'ONU non ha valore vincolante quando esso diverge dalla legge internazionale, questa prospettiva dovrebbe preoccupare chi ha a cuore la stabilità delle nazioni e il futuro della giustizia. Per chi ritiene vincolante il patto che Dio fece con Abraamo, Isacco e Giacobbe (si veda Salmo 105:7-11), la posta in gioco appare ben più importante.
   Quindi raccomando caldamente un'ampia diffusione di questo libro documento.

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PREAMBOLO
di Marcello Cicchese

Il lavoro di questo libro si svolge in un quadro interamente laico. Non ci sono riferimenti biblici, se non indirettamente, nel fatto che vuole portare argomenti a sostegno della verità. E la discussione sulla verità, quando ha come oggetto Israele, diventa sempre di interesse biblico. Sarà bene allora che nel leggere questo libro, chi crede nella Bibbia come Parola di Dio tenga presenti i collegamenti che si possono trovare tra questo lavoro e il testo biblico.
   Si può cominciare dalla distruzione del primo Tempio di Gerusalemme, che non è soltanto un increscioso incidente di percorso nella storia del popolo di Dio, ma ha il valore di una cesura epocale. Da quel momento cessa infatti il regime teocratico centrato su Israele e cominciano i tempi dei gentili, durante i quali Dio continua a prendersi cura del suo popolo e a proteggerne l'esistenza, ma lo fa in maniera diversa da prima. Non ordina più guerre sante e non cerca un nuovo Mosè a cui affidare il compito della riconquista del paese, ma desta lo spirito di un monarca pagano, Ciro re di Persia. A lui, non a un membro del suo popolo, il Signore si rivolge con un ordine preciso: gli ordina di edificargli una casa a Gerusalemme. Strano ordine per un ignorante pagano. Lo sprovveduto re non può far altro che spingere gli esiliati ebrei del suo impero ad eseguire il compito che il Signore aveva affidato a lui: riedificare il Tempio di Gerusalemme. Ed emette a questo scopo il ben noto editto di Ciro:

    Così dice Ciro, redi Persia: L’Eterno, il Dio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli mi ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, sia il suo Dio con lui, e salga a Gerusalemme, che è in Giuda, ed edifichi la casa dell'Eterno, dell'lddio d'Israele, del Dio che è a Gerusalemme (Esdra 2:2-3).

I giudei cominciarono dunque a riedificare la casa di Dio a Gerusalemme, ma ben presto il lavoro trovò forti ostacoli negli abitanti della zona, che la Bibbia chiama i nemici di Giuda (Esdra 4: 1). Così il lavoro fu interrotto per diversi anni e non fu portato a compimento sotto il regno di Ciro. Ma durante il regno del suo successore, Dario re di Persia, i giudei, sospinti dai profeti Aggeo e Zaccaria, ripresero i lavori di edificazione della casa di Dio. A questo punto però i nemici di Giuda sollevarono una questione giuridica portando obiezioni di carattere legale: dicevano che le autorità persiane non avevano mai autorizzato la riedificazione di quella costruzione e quindi i giudei stavano operando contro il diritto internazionale di quel tempo. E minacciosamente pretesero di avere i nomi dei responsabili per poterli denunciare davanti alle autorità. I giudei invece sostenevano di essere nel loro pieno diritto, perché anni prima avevano ricevuto una specifica autorizzazione dal re Ciro attraverso la promulgazione del famoso editto. I nemici di Giuda però non erano convinti e inviarono una lettera al re Dario chiedendo che si facessero ricerche per accertare se fosse proprio vero che era stato dato un simile ordine. Ottennero quello che chiedevano, ma col risultato opposto a quello che speravano.

    Allora il re Dario ordinò che si facessero delle ricerche negli archivi, dove erano conservati i tesori a Babilonia; e nel castello di Ameta, situato nella provincia di Media, si trovò un rotolo, nel quale stava scritto così: "Memoria. - li primo anno del re Ciro, il re Ciro ha pubblicato questo editto, concernente la casa di Dio a Gerusalemme: La casa sia ricostruita per essere un luogo dove si offrono sacrifici; e le fondamenta che verranno poste, siano solide …” (Esdra 6:1-3).

Il lavoro dunque fu ripreso nella piena osservanza del diritto internazionale allora vigente. E i giudei ringraziarono il Signore che aveva piegato in loro favore il cuore del re d'Assiria (Esdra 6:22).
   Si possono fare interessanti paragoni tra questi fatti storici presentati nella Bibbia e la situazione odierna.
   Nel VI secolo a.C. la terra d'Israele era occupata dall'Impero Babilonese e gli ebrei erano in dispersione. Dio operò a favore del suo popolo facendo sconfiggere Babilonia dalla Persia e destando lo spirito (2 Cronache 36:22) del suo re, che promulgò un editto in cui invitava coloro che erano del suo popolo a salire a Gerusalemme e a ricostruirvi la casa di Dio.
   Nel XX secolo d.C. la terra d'Israele era occupata dall'Impero ottomano e gli ebrei erano in dispersione. Dio ha operato in favore del suo popolo facendo sconfiggere il sultano ottomano da un nuovo re di Persia rappresentato dalle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale.
   Il corrispondente dell'editto di Ciro può essere visto nel cosiddetto “Mandato per la Palestina”, elaborato nella Risoluzione cli Sanremo del 1920 e successivamente approvato all'unanimità dal Consiglio della Società delle Nazioni nella riunione del 1922.
   Nel testo che dispone questo Mandato si trova scritto:

... le principali Potenze Alleate si sono anche accordate che il Mandatario debba essere responsabile per dare effetto alla dichiarazione originalmente fatta il 2 Novembre 1917 dal Governo di Sua Maestà Britannica e adottata dalle dette potenze, in favore della costituzione in Palestina di una nazione per il popolo ebraico ...

E a giustificazione di questa decisione viene aggiunto:
... con ciò è stato dato riconoscimento alla connessione storica del popolo ebraico con la Palestina e alle basi per ricostituire la loro nazione in quel paese ...
Queste parole sono di importanza capitale, perché per nessun'altra nazione nata in Medio Oriente dopo la Grande Guerra si possono dire le stesse cose. Come a suo tempo fece il re di Persia dopo la vittoria sull'Impero babilonese, così hanno fatto nel secolo scorso le Potenze Alleate dopo la vittoria sull'Impero ottomano: hanno riconosciuto la connessione storica tra il popolo ebraico e quella particolare terra con centro in Gerusalemme. Nel caso attuale, questo significa che la connessione storica precede i fatti avvenuti nella Prima Guerra Mondiale, e non è stata determinata, ma soltanto riconosciuta dalle nazioni.
   La nazione ebraica non è dunque un'invenzione delle Potenze Alleate, tanto meno una concessione delle Nazioni Unite, ma è stata riconosciuta dalle nazioni vincitrici come appartenente storicamente, su quella terra, al popolo ebraico.
   Molto interessante è anche un particolare articolo di questo Mandato:

    Articolo 6 - L’Amministrazione della Palestina [ ... ] faciliterà l'immigrazione ebrea sotto condizioni appropriate e incoraggerà, in cooperazione con l'agenzia ebraica indicata nell'Articolo 4, la prossima sistemazione degli ebrei sulla terra ...

Gli ebrei dunque dovevano essere incoraggiati e aiutati dal Mandatario a sistemarsi su quella terra. Questo può essere paragonato all'invito, sopra ricordato, che fece la potenza vincitrice persiana agli ebrei di quel tempo:

    Chiunque tra voi è del suo popolo, sia il suo Dio con lui, e salga a Gerusalemme, che è in Giuda, ed edifichi la casa dell'Eterno.

Nel caso attuale vediamo le Potenze Alleate vincitrici della Prima Guerra mondiale invitare gli ebrei a trasferirsi in Israele per costruirvi la nazione ebraica.
   Il paragone può essere spinto più avanti. Come allora i nemici di Giuda, così oggi i nemici di Israele continuano a sollevare obiezioni di carattere giuridico: Voi ebrei non avete alcun diritto di stabilire la vostra nazione in questo paese - dicono - i vostri insediamenti sono illegali; state edificando su territori occupati. Tutto questo è falso. Lo Stato d'Israele ha tutti i diritti legali internazionali per risiedere su quella terra; ed è soltanto per colpevole ignoranza o voluta mistificazione che questa realtà continua ad essere ignorata o negata.
   La stesura di questo libro può dunque essere paragonata allo svolgimento del compito ordinato dal re Dario quando i nemici di Giuda misero in dubbio la legalità del lavoro di ricostruzione della casa di Dio a Gerusalemme. E' una ricerca attenta, analitica ed esauriente dei documenti che attestano la piena legalità, sul piano del diritto internazionale, della presenza dello Stato ebraico su quella terra.
   Tutto questo è di grandissima utilità, perché le accuse più gravi e insistenti che si rivolgono a Israele sono di carattere giuridico. E' dunque su questo piano che deve essere svolta la sua principale difesa, più che su generici moralismi o considerazioni di sicurezza o convenienze politiche. Ed è appunto su questo piano che si svolge la puntuale e meticolosa opera di documentazione di Eli Hertz.
   In conclusione, questo libro dovrebbe essere letto, studiato e commentato non solo per interessi storici, ma anche per un preciso dovere biblico. Considera l'opera di Dio ammonisce l'Ecclesiaste (7:13): questo significa che ignorare, trascurare, non considerare l'opera che Dio compie nella storia di Israele può essere, per chi potrebbe e dovrebbe farlo, una colpevole ignoranza.
   Un grazie di cuore vada dunque all'aurore di questo libro, insieme a chi si è occupato di farne la traduzione e a diffonderlo, per averci dato la possibilità di colmare lacune che col passar del tempo diventano sempre meno giustificabili.

(Notizie su Israele, 26 ottobre 2023)