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Caccia all'ebreo, la lista di Puglia

di Vito Antonio Leuzzi

Il racconto della persecuzione degli ebrei in Puglia, in seguito al varo delle leggi razziali volute dal fascismo, si è ampliato in questi ultimi anni grazie a nuovi studi, dopo l'oblio dei decenni postbellici. A partire dall'estate del 1938, in poco tempo, scienziati, imprenditori, commercianti, professionisti, artigiani, assieme ai loro familiari, colpiti dalle disposizioni antisemite, furono costretti ad abbandonare i posti di lavoro ed in molti casi a trasferirsi in altre località italiane o ad intraprendere le vie dell'esilio. Senza considerare che dall'anno scolastico 1938-1939 gli studenti ebrei non potettero più frequentare le istituzioni educative pubbliche.
  Importanti ordini professionali - come quelli dei medici, degli ingeneri, dei commercialisti - si apprestarono con zelo a cancellare dagli elenchi noti e stimati professionisti. Dalla documentazione reperita nell'Archivio di Stato di Bari si può individuare una vera e propria competizione tra le strutture del Partito nazionale fascista e i diversi apparati dello Stato nella caccia all'ebreo. L'intera Questura del capoluogo pugliese fu mobilitata per perquisizioni capillari della casa editrice Laterza per scovare «libri di cose ebraiche o di autori ebrei». Il destino di questi ultimi si saldò con quello degli intellettuali antifascisti che, per l'opposizione alle leggi razziali ed alle politiche guerrafondaie del nazi-fascismo furono diffidati, arrestati ed inviati al confino.
  Il Senato accademico dell'Università pugliese - che allora portava il nome del capo del fascismo - costrinse all'esilio, noti scienziati, tra cui l'economista Bruno Foa, e il giurista Giorgio Tesoro. Entrambi furono accolti nelle Università americane, utilizzati come esperti da diverse Fondazioni scientifiche statunitensi ed in seguito, nel secondo dopoguerra, anche dall'ONU, nella totale indifferenza nostrana, anche dopo la liberazione. Senza considerare il dramma del chimico di origine ungherese Laslo Brull, che morì poco tempo dopo anni il suo arrivo in Argentina. Decine di studenti ebrei stranieri, iscritti soprattutto alla facoltà di Medicina, furono i primi a lasciare l'Italia: tra costoro, Max Mayer, che trovò rifugio nella parte più povera del continente indiano, il Pakistan, prestando la sua opera nei campi profughi.
  Non si alzarono voci critiche, né si registrarono cenni di solidarietà da parte di un mondo universitario votato all'ubbidienza, o del mondo cattolico che si contraddistinse, nella maggior parte dei casi, per il suo silenzio.
  Negli elenchi predisposti dalla Prefettura di Bari furono inclusi tra gli altri i nomi di Alberto Schwarz, nativo di Milano e ingegnere presso l'ANIC; di Alberto Gotzl originario di Magdeburgo, delegato dell'oleificio ligure pugliese; dei fratelli Gino e Tullio Consigli (il primo ingegnere ed il secondo legale presso le Assicurazioni Venezia, originari di Rovigo), di Ida Modiano, dottoressa in scienze economiche di origine greche, di Alberto Levi «viaggiatore di commercio» e di Eugenio Fischel, un medico chirurgo originario dell'Ungheria, e di un suo collega, Tullio Zapler, nato in Romania. Nell'insieme furono censiti 32 ebrei stranieri e 25 ebrei italiani.
  Ma la situazione repressiva e l'antisemitismo pilotato dall'alto si registrava anche nelle altre provincie pugliesi, in particolare nella realtà salentina.
  Nel recente volume di Salvatore Coppola, Bona mixsta malis. Fascismo antifascismo e chiesa cattolica nel Salento (Giorgiani ed., 2011), si evidenzia la violentissima campagna di stampa a difesa delle leggi razziali di Starace e la sua battaglia «contro ogni forma di pietismo». Nel circondario tra Lecce Maglie e Galatone furono colpite circa dieci famiglie. Destò scalpore il collocamento a congedo del tenente colonnello Mosè Cohen, ex combattente, mutilato e decorato al valore militare, nonché l'emarginazione di A. Schesinger, commerciante originario di Gerusalemme, e di Jacob Agranati, concessionario della Manifattura tabacchi, assieme a sua sorella Sonculla Agranati, di origine greca e residente a Soleto. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia e l'aggressione alla Grecia, tutta la famiglia di Sonculla, inclusi il figlio Alberto Abramo Cugno assieme alla moglie Ester ed i nipoti, Mosè e Alisi Allegria, furono internati nel campo di concentramento per soldati greci di Lacedonia ( Avellino).
  Coppola, nella sua ben documentata indagine, che include importanti giornali, «L'Ordine» e «L'Eco Idruntina», afferma che il mondo cattolico accettò «con riserbo ma tuttavia con disciplina i provvedimenti sulla razza». Al centro della sua ricerca si collocano soprattutto i rapporti generali tra fascismo, mondo cattolico e gerarchie ecclesiastiche. Si evidenzia in particolare il generale allineamento dei vescovi con l'ideologia del regime, salvo alcune eccezioni. Si distinse infatti, per l'opposizione alla guerra, mons. Cornelio Sebastiano Cuccarollo, responsabile della diocesi di Otranto che in una pastorale del marzo 1943 affermò: «Lo spaventoso conflitto che imperversa nel mondo raggiunge gli individui, le famiglie i popoli tutti. Riconosciamo che tutto questo è frutto delle nostre colpe».

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 25 gennaio 2012)