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Notizie novembre 2011

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L'Hapoel scavalca il Rapid

FC Rapid Bucuresti - Hapoel Tel-Aviv FC 1-3

La squadra israeliana sigla tre gol nel primo tempo in una gara densa di eventi e scavalca il Rapid al terzo posto nel Gruppo C.


  
Con un primo tempo cinico e magistrale, l'Hapoel Tel-Aviv FC supera l'FC Rapid Bucuresti e lo scavalca al terzo posto nel Gruppo C di UEFA Europa League.
In una gara densa di eventi, l'Hapoel si porta sul 2-0 con Nosa Igiebor e con un calcio di rigore di Toto Tamuz, mentre Ciprian Deac accorcia le distanze dagli 11 metri. Salim Toama ristabilisce i due gol di vantaggio allo scoccare dell'intervallo, mentre Deac sbaglia il terzo calcio di rigore dell'incontro a metà ripresa.
Gli ospiti sbloccano le marcature a sorpresa quando Tamuz si fa largo in area e carambola a terra. Con la difesa del Rapid immobile, Igiebor raccoglie la palla vagante, approfitta di una fortuita deviazione e del passaggio di ritorno di Omer Damari e insacca a porta spalancata.
Imperterrito, il Rapid prosegue nel forcing e al 20' sfiora il pareggio con un tiro di Mihai Roman parato abilmente da Édel Apoula. Nonostante il grande lavoro di Vladimir Bozovic e Deac, la squadra di casa subisce il secondo gol su calcio di rigore per un fallo di Ovidiu Burca su Omer Damari. Tamuz non ci pensa due volte e trasforma centralmente.
4' dopo, gli sforzi del Rapid vengono ricompensati da un gol, sempre su rigore, per un atterramento su Càssio a opera di Omri Kende. Deac realizza senza problemi, ma quando la sua squadra sembra tornata in partita arriva il terzo gol israeliano. Shay Abutbul serve Damari, il cui passaggio all'indietro viene rifinito in rete da Toama.
Il Rapid continua a spingere e, dopo pericoloso calcio di punizione di Daniel Pancu, si procura un altro calcio di rigore per fallo di Bevan Fransman su Deac. Quest'ultimo cambia angolo, ma stavolta Apoula lo indovina. La prova finale che la serata è storta per il Rapid è un tiro a lato di Bozovic da buona posizione.

(Uefa.com, 30 novembre 2011)

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Antisemitismo: Nirenstein (IJCP), condanna per l’aggressione in Belgio

ROMA, 30 nov - "Come presidente del Consiglio Internazionale dei Parlamentari Ebrei (ICJP), vorrei esprimere la grande preoccupazione della nostra organizzazione per il recente e violento attacco contro una tredicenne ebrea a opera di cinque adolescenti musulmane di origine marocchina. L'aggressione ha avuto luogo il 18 novembre in un centro sportivo di Bruxelles. Le ragazze musulmane hanno picchiato la loro compagna di classe ebrea, chiamandola "sporca ebrea" e gridandole "tornatene al tuo paese". La vittima e' stata gravemente ferita e ha continuato a ricevere minacce per giorni dopo l'episodio. L'aggressione è stata resa pubblica dalla nostra collega belga, On. Viviane Teitelbaum, componente del direttivo dell'ICJP, che ha denunciato l'indifferenza dei dirigenti politici e della maggior parte dei media verso l'orribile gesto. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescita vertiginosa di episodi di antisemitismo contro la comunità ebraica belga, compresi attacchi verbali, violenza fisica, sinagoghe incendiate… Purtroppo, questa è una ben nota tendenza mondiale, particolarmente radicata in Europa, come indicato dai vari rapporti rilasciati sull'argomento, tra cui il rapporto della Commissione di Inchiesta sull'Antisemitismo della Camera dei Deputati, che ho avuto l'onore di presiedere. L'attacco contro la ragazzina ebrea in Belgio è un episodio violento e scioccante che ci riporta alla memoria i giorni più bui dell'Europa. La comunità ebraica locale, composta da 40.000 persone, è arrabbiata ed esasperata. Come Consiglio Internazionale dei Parlamentari Ebrei esprimiamo la nostra solidarietà e il nostro sostegno nei confronti della comunità ebraica belga. È giunto il momento per il Belgio di fare i conti con l'aumento allarmante di episodi di antisemitismo, un fatto che non può più essere preso alla leggera. Invitiamo i nostri colleghi di tutti i partiti politici, ebrei e non ebrei, a levare la propria voce e a impegnarsi con ogni azione parlamentare rilevante per sollecitare il governo belga a contrastare questa inconcepibile forma di odio". Lo dichiara l'on. Fiamma Nirestein, Presidente del Consiglio Internazionale dei Parlamentari Ebrei (IJCP), Vicepresidente della Commissione Esteri alla Camera dei Deputati.

(AgenParl, 30 novembre 2011)

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Israele conferma al Times: esplosione nella centrale nucleare in Iran

Ma le autorità locali negano l'episodio

di Antonio Rispo

ISFAHAN (IRAN) - Il quotidiano britannico The Times conferma che lunedì scorso c'è stata una grossa esplosione a Isfahan, località iraniana sede di un centro per la produzione di un gas - l'esafloruro di uranio - che è usato nelle centrifughe per poi ottenere il materiale necessario alle centrali nucleari (ma anche alle bombe nucleari). La fonte è l'intelligence israeliana che parla di immagini satellitari in cui si vedono "immagini di distruzione" in quella fabbrica.
La notizia di una esplosione è stata però smentita dalle autorità locali, anche se una stranezza c'è. Infatti, agenzie locali avevano riportato all'inizio la notizia dell'esplosione; poi si era parlato dell'esplosione di una pompa di benzina; infine la negazione totale.
Quello che è certo è che, se c'è stata una esplosione in quella centrale, non è stato un incidente. Infatti di per sè la lavorazione dell'esafloruro di uranio non è pericolosa, anche se si tratta di un elemento tossico e corrosivo sui metalli e a contatto con l'acqua genera calore.
Studenti iraniani pregano vicino a una centrale per difendere il programma nucleare di Teheran (Afp)

(Julie news.it, 30 novembre 2011)


Video (in francese)

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Fra Iran e Occidente scontro inevitabile

Assalto all'ambasciata, l'Iran "avverte" Londra. Un estremo tentativo i mostrare i denti e proteggere la propria potenza atomica in ascesa

di Fiamma Nirenstein

In che consiste veramente il caos iraniano, scoppi, aggressioni, rapimenti, rilasci? È l'uranio, stupido. La lista degli eventi ci aiuta, ma bisogna allargare lo sguardo: lunedì il grande scoppio a Isfahan, uno dei centri di arricchimento nucleare.
   Poi, ieri, l'attacco di katiushe dal Libano sulla Galilea, nel nord d'Israele, inusitato di questi tempi, perchè gli Hezbollah sono nei guai a causa della rivoluzione siriana che mette in crisi Assad, loro consueto fornitore di armi e aiuti per conto dell'Iran.
   Ma chiunque abbia sparato dal Libano, siano essi gruppi palestinesi, o la componente sunnita, oppure Al Qaida, si tratta quasi sicuramente di un avvertimento iraniano a chi si era divertito poche ore prima a far esplodere i reattori iraniani. E lo scoppio di ieri è il secondo dopo quello di Bigdaneh il 12 novembre che ha fatto a pezzi il generale Hassan Mogdaneh, cervello pensante del progetto nucleare, seguito tutta una serie di altri eventi, fra cui la sparizione degli scienziati e i devastanti attacchi degli hacker: insomma, qualcuno pensa intensamente, con dedizione, a bloccare la bomba iraniana.
   Ma l'attacco dal Libano è un piccolo avvertimento a piantarla, come piccola, specialmente dati i precedenti dell'ambasciata americana nel 1979, possiamo giudicare l'aggressione di ieri all'ambasciata britannica. Naturalmente la causa è stata la politica inglese di sanzioni. Esse peraltro si stanno avventando sull'Iran dopo che l'Aiea ha presentato il rapporto in cui certifica che l'Iran arricchisce l'uranio per scopi bellici. Il Congresso americano sta preparando un pacco di sanzioni letali da approvare prima di Natale. Intanto, gli scoppi punteggiano l'antipatia internazionale per la politica nucleare degli ayatollah. Dunque che cosa fa l'Iran in queste ore? Perché attacca gli inglesi e poi li rilascia? Perché è un estremo tentativo di mostrare i denti ma senza creare ulteriori reazioni internazionali per seguitare a proteggere la loro potenza atomica in ascesa. Il regime ringhia senza troppo mordere per conservare il punto di arrivo, l'atomica, in una situazione di difficoltà senza precedenti. La situazione economica rischia di precipitare addosso all'Iran con un'ondata enorme di sanzioni; gli scontri interni sono all'apice; la Siria e la Libia sono cupi segnali; l'opposizione interna, pur seviziata, probabilmente sta preparandosi a una rinnovata rivoluzione una volta che le sanzioni mettano l'economia al tappeto, e comunque lo scoppio nel compound segretissimo di Isfahan dimostra che qualcuno dall'interno aiuta un'eventuale azione internazionale.
   E l'azione internazionale potrebbe essere larghissima: si dice sempre Mossad e Cia, e nessuno pensa all'Arabia Saudita, di cui l'Iran stava per assassinare l'ambasciatore a Washington. L'Iran si è spinto molto oltre un comportamento accettabile, mostrando i denti per difendere la bomba, e quando l'Aiea ha dimostrato che essa è reale, è dietro l'angolo, tutte le sue minacce, le sue aggressioni verbali, l'egemonismo nei confronti delle rivoluzioni arabe, le follie del millenarismo che vuole l'apocalisse per stabilire il califfato mondiale e far tornare il Mahdi hanno acquistato un diverso significato: se l'Iran avrà la bomba, la continua minaccia cambierà tutte le dinamiche di un mondo sotto ricatto. Dunque assistiamo alla preparazione di uno scontro che è in ogni caso definitivo, comunque lo si gestisca.

(il Giornale, 30 novembre 2011)

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Cibo ebraico e musulmano, da oggi sarà anche made in Italy

di Nereo Brancusi

Il Made in Italy diventa Kosher ed Halal. Ovvero, nelle lingue di origine, l'ebraico e il musulmano, "adatto" e "lecito".
Cibo inteso come strumento privilegiato di condivisione, rispetto e conoscenza. Ma non solo: come opportunità per nuovi mercati. Solo negli Usa il mercato alimentare Kosher vale 12,5 miliardi di dollari, che si prevede diventino 17 nel 2013. Se in Italia il giro di affari legato al cibo Halal "vale" 5 miliardi di euro, (2 mila miliardi di dollari nel mondo di cui 70 miliardi solo in Europa) quello Kosher rappresenta invece un importante strumento per fare leva sull'export.
Se infatti la comunità ebraica italiana non conta più di 50mila unità, anche vero che attualmente negli Usa sono 18 mila i supermercati che vendono prodotti certificati Kosher, per un bacino di 75 milioni di consumatori. Circa un americano su cinque consuma prodotti "adatti" per la religione ebraica: Il 62 per cento dei consumatori Usa acquista Kosher per la maggior qualità; il 51 per cento perché ritiene i prodotti più salubri; il 34 per cento per la garanzia di sicurezza e controllo. Senza contare i prezzi: stando a quanto emerge dalle analisi presentate da Orthodox Union, chi acquista Kosher spende in media il 60 per cento in più di chi compra prodotti non certificati. Diverso il discorso per quanto riguarda i prodotti certificati Halal, che trovano in Italia circa un milione e mezzo di potenziali consumatori.
A cogliere l'opportunità è la Confagricoltura che sta predisponendosi per consentire alle aziende associate un sistema di certificazione per venire incontro alle esigenze multietniche.

(EcoSeven, 30 novembre 2011)

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Israele lancia il turismo religioso su YouTube

Confermato anche per il 2012 l'investimento da 12 mln di euro sul segmento

Grazie al lavoro del nuovo ufficio Affari Religiosi, il Ministero del Turismo d'Israele ha lanciato il nuovo "Christian channel" su YouTube. Un canale creato per aumentare l'interesse dei pellegrini cristiani sulla Terra Santa e contribuire alla crescita del turismo religioso in Israele.
Il canale, che raccoglie video disponibili in varie lingue - inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, giapponese, polacco - mostra anche le testimonianze di esponenti del clero, leader di gruppi religiosi e turisti che raccontano l'esperienza spirituale vissuta in Terra Santa. Non mancano inoltre video informativi sui siti religiosi, itinerari ed eventi.
La creazione di questo canale rientra nel piano di marketing del Ministero dedicato al turismo religioso che si avvale di un investimento pari a 60 milioni di shekel (circa 12 milioni di euro); cifra che verrà allocata anche per il 2012.
Tra le varie attività previste nel piano, decine di seminari, incontri con i tour operator e i cosiddetti "decision maker" (come i sacerdoti), infine un'intensa campagna pubblicitaria sui media di settore. Il nuovo "Christian channel" va ad aggiungersi al canale prettamente "cattolico" del Ministero - già esistente, Holyland Pilgrimage - che ha già superato le 750.000 visite. Per incoraggiare la partecipazione degli utenti, sono stati aggiunti nuovi contenuti e lanciati concorsi sulla pagina Facebook.

(Guida Viaggi, 30 novembre 2011)

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Israele: Uzi Landau preme per la chiusura dell'accordo sul gas

Il ministro israeliano delle Infrastrutture, Uzi Landau, fa pressioni sulla Israel Electric Corporation (IEC) affinché chiuda l'accordo in ballo da tempo con le compagnie petrolifere che detengono i diritti di sfruttamento del giacimento di gas offshore Tamar, vale a dire l'israeliana Delek e la texana Noble Energy.
Su tavolo c'è un contratto per l'acquisto di un'enorme quantità di metano, il quale permetterebbe all'azienda elettrica nazionale di liberarsi dalla dipendenza dalle forniture di gas egiziano, che negli ultimi mesi sono arrivate a intermittenza, arrecando un danno considerevole ai conti della società israeliana. Durante un incontro avvenuto ieri tra il ministro e i vertici di IEC, Landau ha dichiarato: «La saga dell'accordo sul gas è diventata una storia infinita. Non possiamo lasciare appesa la nostra intera economia per un tempo così lungo. Dobbiamo vedere questo contratto concluso. La tabella di marcia attuale, almeno dal mio punto di vista, è completamente priva di senso». Il responsabile delle Infrastrutture ha poi messo in guardia la IEC: «Se il compromesso non dovesse arrivare entro breve, allora si profilerebbe l'ipotesi di affidare a un consulente esterno l'incarico di occuparsi dell'approvvigionamento di gas».

(FocusMO, 30 novembre 2011)

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All'asta lo scrittoio usato da Hitler per gli accordi di Monaco

  
All'incanto anche i calamai e tutto il necessaire della cerimonia per la firma del 1938. Stimata fra i 500 e i 600 mila dollari

ROMA, 30 nov. - Uno scrittoio in cuoio decorato dalle iniziali AH appartenuto ad Adolf Hitler sarà messo all'asta l'8 e il 9 dicembre prossimi negli Stati Uniti. Lo scrittoio venne usato dal dittatore nazista per la firma dei famigerati accordi di Monaco del 1938.
All'asta, in realtà, andrà tutto il 'necessarire' utilizzato per la cerimonia, anche i calamai con su stampigliata l'aquila tedesca e la croce uncinata. Secondo un esperto, Andreas Kornfeld, il reperto dovrebbe fruttare tra i 500.000 e i 600.000 dollari.
Con gli accordi di Monaco le potenze occidentali diedero in pratica via libera ad Hitler per annettere alla Germania il territorio dei sudeti e incoraggiarono di fatto l'invasione nazista della Polonia, scintilla che un anno dopo avrebbe scatenato la seconda guerra mondiale.

(TMNews, 30 novembre 2011)

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Israele sblocca fondi per l'Autorità palestinese

Congelati dopo ammissione Palestina in Unesco

GERUSALEMME, 30 nov. - Israele ha sbloccato i fondi che doveva all'Autorità palestinese (Anp) e di cui aveva bloccato il versamento da un mese. Lo ha annunciato la radio pubblica dello Stato ebraico. La decisione è stata presa nel corso di una riunione del Forum degli otto ministri più importanti del governo Netanyahu, ha aggiunto l'emittente. Il blocco dei fondi, decretato il primo novembre dopo l'ammissione come membro a pieno diritto della Palestina nell'Unesco, era stato denunciato da Washington, Parigi e dall'Onu.
Ieri il quotidiano israeliano Haaretz aveva riportato che il premier Benjamin Netanyahu era pronto a consegnare all'Anp oltre 100 milioni di dollari, raccolti nella riscossione delle imposte che Israele effettua per conto della stessa Anp. Sempre Haaretz aveva anticipato che Netanyahu avrebbe sbloccato i fondi "nei prossimi giorni", nonostante la ferma opposizione del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Il capo della diplomazia israeliana, e leader del partito nazionalista Yisrael Beiteinu, aveva minacciato di uscire dalla coalizione di governo nel caso in cui i soldi fossero stati trasferiti ai palestinesi. (con fonte Afp)

(TMNews, 30 novembre 2011)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar
    
A 32 anni da quando i seguaci di Khomeini occuparono l'ambasciata americana sequestrando tutti i diplomatici per 44 giorni, a Teheran un'altra ambasciata è stata assalita. Oggi, tuttavia, gli inglesi sono stati quasi subito liberati, addirittura con "parole di scuse" espresse dal ministro degli esteri iraniano al suo omologo inglese, e ulteriori "parole di rammarico" espresse a commento di quanto accaduto. L'episodio del 1979 cambiò le sorti politiche del mondo, portò alla mancata rielezione di Carter e all'ascesa di Ronald Reagan; cosa succederà dopo l'episodio di ieri? L'Inghilterra dispone a Teheran di una sede di 200.000 metri quadri, con un immenso parco che è stato oggetto, in passato, di scaramucce tra i politici dei due paesi, gli uni accusati di voler espropriare quello che è un simbolo sopravvissuto dell'antico impero britannico, e gli altri di non proteggere a dovere la vita delle piante (rimaste prive dell'acqua necessaria, non fornita dalle autorità cittadine).
    I commenti di oggi sono di grande interesse, e rispecchiano, ancor più del solito, le linee politiche dei giornali sui quali sono pubblicati.
    Vittorio Zucconi, su Repubblica, parla di "una sceneggiata preventiva per dissuadere USA e GB, e soprattutto Turchia (Turchia?) ed Israele dalla tentazione di una guerra aerea contro le centrali nucleari iraniane". Alex Van Buren, ancora su Repubblica, intervista Patrick Seale, designato come "uno dei più profondi studiosi britannici del MO"; leggiamo così che Seale dichiara che il recente rapporto dell'AIEA "contiene solo supposizioni ... e non fornisce prove concrete o fatti nuovi". Proseguendo nella lettura si trova che "America ed Israele (anche la bandiera israeliana è stata bruciata dai manifestanti di Teheran, ndr) hanno scelto di demonizzare la repubblica islamica anziché risolvere la questione attraverso la politica e la diplomazia" (sic). Van Buren fa ancora dire al suo esperto britannico che "Israele vede una minaccia al monopolio nucleare" (solo questo? ndr), e che "l'Iran non ha attaccato altri paesi nella storia moderna; perciò la via dello scontro anziché della diplomazia è avventata". Tutte queste parole sono riportate su Repubblica di oggi.
    Per fortuna che Fiamma Nirenstein ci risolleva lo spirito scrivendo che "il regime iraniano ringhia senza troppo mordere." L'ultima deflagrazione che si è udita in uno dei tanti centri nucleari iraniani "forse dimostra che qualcuno dall'interno aiuta un'azione internazionale." Si parla di CIA e di Mossad, ma non si dimentichi l'adirata Arabia Saudita. Gian Micalessin spiega che l'attacco è stato portato contro l'Inghilterra perché questa è una della nazioni più risolute contro la Siria di Assad, fondamentale alleato dei mullah sciiti.
    L'Avvenire pubblica un editoriale dove si legge che "l'Iran è antagonista con l'occidente, e culturalmente intimo ad esso", ma che soffrirebbe di "una schizofrenia causata dal vedersi rifiutato (rifiutato?). L'editorialista conclude inquadrando quest'ultimo episodio nello scontro interno tra Khamenei ed Ahmadinejad, accusato di non controllare la situazione.
    La stessa visione di un conflitto interno la si ritrova nel commento di Gabriel Bertinetto su l'Unità.
    Guido Olimpio per il Corriere scrive che gli ayatollah pensano che una guerra contro di loro non sia imminente, ed iniziano quindi una guerra di nervi per obbligare l'avversario a fare un passo indietro (non si deve dimenticare la recente scoperta di una centrale di spionaggio); i partner economici (e tra questi, in prima fila, vi è l'Italia) saranno forse i primi a rimetterci in questa situazione di crisi.
    Paolo Mastrolilli per la Stampa intervista Kathryn Koob, che fu addetta culturale USA a Teheran nel 1979, e quindi detenuta con gli altri diplomatici; ella ci conferma che gli iraniani sono un popolo meraviglioso, con molto talento ed una grande cultura, ostaggio di pochi estremisti che impongono comportamenti insensati. Per la Koob è certo che alla fine l'intelligenza degli iraniani prevarrà e quel popolo riuscirà a liberarsi.
    Solo delle brevi si trovano oggi su numerosi quotidiani per divulgare un episodio che, al contrario, dovrebbe essere ben analizzato; per la prima volta dal 2009 4 razzi sono stati sparati dal Libano verso la Galilea, causando, per fortuna, solo un incendio e pochi danni materiali. Ma questo episodio, rivendicato dalle brigate d'Abdallah Azzam, non deve essere sottovalutato, e certamente, nel prossimo futuro, dovremo riallacciarci ad esso.
    Dopo le elezioni tunisine e quelle marocchine, sono iniziate ora quelle egiziane; Giuseppe Sarcina sul Corriere scrive che in tutti i tre paesi i blogger rivoluzionari, gli attivisti, sono stati omaggiati, ma è stata solo un'illusione ottica. Ovunque vi è un corpo sociale insicuro ed impaurito, che capisce solo il linguaggio più antico.
    Yakoubi Saber, per Rinascita, scrive che in Tunisia ha vinto il partito islamico "moderato" di Ennahda, definito moderato anche se nel titolo si afferma che tale partito "sostiene Hamas". Dopo aver ricordato ai suoi lettori che "gli abitanti di Gaza ricevono missili al posto di vestiario e di generi di prima necessità" (a questo proposito ho a disposizione, per i lettori di questa testata ogni genere di documentazione che possano desiderare per dimostrare il contrario), Saber insiste sulla "moderazione" dei vincitori di Tunisi scrivendo che l'esito delle elezioni è stato identico in Tunisia ed a Gaza, e che il vincitore al Ghannushi vede Israele come "stato canaglia"; per fortuna si apprende anche che "Hamas tende le mani a tutte le religioni". La chiusura di questo articolo, tutto da leggere, afferma che non si può ritardare la primavera, ed oggi è primavera.
    Molto strana è anche l'intervista che Ugo Tramballi ha fatto, per Il sole 24 Ore, ad un candidato nelle elezioni egiziane: un tal al- Kandra, copto che si presenta coi Fratelli Musulmani. Considerato un traditore, non potrebbe entrare in una chiesa senza correre gravi rischi, e il suo pensiero è davvero tortuoso: egli si definisce nasseriano, ma si allea con quegli islamici che Nasser fece arrestare. E' sicuro, al Kandra, che i Fratelli Musulmani non imporranno la sharia, ma viene da chiedere se Tramballi è sicuro, lui, di aver trovato la persona più significativa da intervistare.
    Il solito Michele Giorgio fa fantapolitica sul Manifesto, scrivendo di due alternative possibili: lo sceicco al Jaabari sarebbe stato scelto da Netanyahu per sostituirsi ad Abu Mazen e annullare la presenza dell'ANP; se tale strada fallisse, si vorrebbe affidare il controllo della Cisgiordania alla Giordania (ma dimentica Giorgio che il re aveva voluto uscire definitivamente da quel ginepraio).
    Il Corriere, infine, parla di un social network che non viene cancellato su Facebook e che in solo 47 giorni ha superato i 30000 visitatori; Alessandra Mangiarotti ha trovato che si fa "umorismo" su ebrei, bimbi down, e vittime di pedofilia. Facebook non sembra intervenire, ma questo sia motivo di riflessione su questo specchio della società, anche di quella italiana, purtroppo.
    
(Notiziario Ucei, 30 novembre 2011)
    
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Israele sotto attacco: razzi libanesi colpiscono la Galilea

di Pasquale Amoruso

GERUSALEMME - Questa notte, lo Stato di Israele è stato oggetto di un bombardamento partito dal Libano. Per cause ancora da accertare, alcuni razzi libanesi hanno colpito la parte settentrionale dello Stato ebraico, provocando danni a cose ma non a persone. i militari israeliani hanno risposto al fuoco, puntando la regione da cui è partito il bombardamento.
L'attacco è partito dalla zona meridionale del Libano. Quattro razzi a media gittata hanno colpito la regione nordoccidentale della Galilea, danneggiando leggermente due edifici ma non facendo alcuna vittima. Al bombardamento libanese ha subito risposto la difesa ebraica, attaccando il settore da cui erano stati esplosi i missili.
Sono ancora sconosciute le cause di quest'offensiva. Da diversi mesi, ormai, la zona di frontiera non era più oggetto di attacchi. Lo stesso esercito israeliano, in una nota diffusa, ha definito il bombardamento come "un grave incidente", dichiarando di "ritenere responsabilità del governo e delle Forze Armate libanesi l'evitare tale genere di attacchi".
All'inizio di novembre, il partito libanese di Hezbollah aveva minacciato offensive contro Israele nel caso la Siria o l'Iran fossero stati attaccati da Tel Aviv o da altri eserciti occidentali, ma fino ad oggi questo non è successo. Il bombardamento della Galilea, quindi, rimane ancora senza apparente ragione.

(il Quotidiano Italiano, 29 novembre 2011)

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Muro Occidentale: Erode avviò i grandiosi lavori, ma non ne vide la fine

L’archeologo israeliano Eli Shukron osserva il bagno rituale
esposto vicino al Muro Occidentale
Chi costruì le mura che fanno da contrafforte al complesso del Monte del Tempio? Ogni guida turistica e ogni studente che abbia familiarità con la storia di Gerusalemme risponderebbe immediatamente che fu Erode. Tuttavia, recenti scavi archeologici lungo l'antico canale di scolo di Gerusalemme hanno portato alla luce un antico bagno rituale ebraico (miqwe) che mette in discussione la tesi archeologica fin qui universalmente accettata secondo cui Erode sarebbe stato l'unico responsabile della costruzione del complesso attorno al Secondo Tempio Ebraico.
   Negli ultimi tempi sono stati intrapresi lavori tesi a preservare e rinforzare la pavimentazione della strada principale della Gerusalemme di duemila anni fa, quella che veniva usata dai pellegrini quando salivano al Monte del Tempio. L'intervento viene realizzato come parte del progetto volto a riportare alla luce il canale di scolo che passa sotto la strada, andando dalla cisterna di Siloam della città di David fino al Giardino Archeologico di Gerusalemme, vicino al Muro Occidentale (impropriamente noto come "Muro del pianto").
   Gli scavi nel sito, condotti dalla Israel Antiquities Authority in cooperazione con la Nature and Parks Authority e la East Jerusalem Development Corporation, sono finanziati dalla Ir David Foundation e diretti dall'archeologo Eli Shukron, della Israel Antiquities Authority, con l'assistenza di Ronny Reich, dell'Università di Haifa.
   In uno scavo sotto la pavimentazione della strada, vicino all'Arco di Robinson, a diretto contatto con il letto di roccia sono state trovate sezioni delle fondamenta del Muro Occidentale, che sono anche la fondamenta di una parte dell'Arco di Robinson, un'imponente arcata che sorreggeva una scala che conduceva dalla strada principale di Gerusalemme fino all'entrata del complesso del Monte del Tempio.
   Riferisce il professor Reich: "Nel corso dei lavori è apparso chiaro che vi sono, intagliati nella roccia, i resti di diverse strutture come cisterne, bagni rituali e cantine, che appartenevano alle abitazioni di un quartiere residenziale che esisteva prima che re Erode decidesse di ingrandire il complesso del Monte del Tempio". Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, vissuto in quel periodo, scrive che Erode si imbarcò nel progetto di ingrandire il complesso nel diciottesimo anno del suo regno (cioè nel 22 a.e.v.) e lo descrive come "il più grande progetto di cui il mondo avesse mai sentito".
   Quando si decise di espandere il complesso, l'area venne confiscata e i muri degli edifici furono demoliti fino al letto roccioso. Le strutture intagliate nella roccia furono riempite di terra e pietre affinché fosse possibile costruirvi sopra. Quando venne stabilita la posizione degli angoli del contrafforte del Monte del Tempio e iniziarono i lavori per la posa della prima fila di prime pietre, apparve chiaro che uno dei bagni rituali era situato direttamente sulla linea di quello che sarebbe diventato il Muro Occidentale. Allora i costruttori riempirono il bagno di terra, posero tre pietre larghe e piatte sul suolo e innalzarono la prima fila di pietre del muro sopra a tutto questo.
   Ora, setacciando accuratamente il terriccio rimosso dall'interno del bagno rituale ostruito, sono state trovate tre lampade ad olio di argilla di un tipo diffuso nel primo secolo e.v. Inoltre, dal terriccio sono venute fuori anche 17 monete di bronzo che possono essere identificate. Donald Ariel, curatore della collezione numismatica della Israel Antiquities Authority, ha stabilito che le quattro monete più recenti del gruppo vennero coniate sotto il procuratore romano della Giudea Valerius Gratus nell'anno 17/18 e.v. Questo significa che l'Arco di Robinson e forse una parte più lunga del Muro Occidentale vennero edificati dopo quell'anno: vale a dire almeno vent'anni dopo la morte di Erode (che solitamente si ritiene avvenuta nell'anno 4 a.e.v.).
   Questa informazione archeologica evidenzia il fatto che la costruzione dell'Arco di Robinson e delle mura che fanno da contrafforte al Monte del Tempio rappresentò un progetto enorme che durò decenni, e che non venne completato durante la vita di Erode. Questi sensazionali ritrovamenti confermano il resoconto di Giuseppe Flavio, il quale riferisce che fu solo durante il regno di re Agrippa II (pronipote di Erode) che il lavoro venne ultimato, e che a Gerusalemme al termine dei lavori rimasero da otto a diecimila disoccupati.

(MFA, 23 novembre 2011 - da israele.net)

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Nuova esplosione in una base di pasdaran

TEHERAN - Una forte esplosione ha scosso la città di Isfahan, nell'Iran occidentale. Lo ha riferito l'agenzia stampa semi ufficiale iraniana Fars. È il secondo «incidente» in una base segreta dei Guardiani della rivoluzione. Due settimane fa in un analogo episodio sono morti 31 pasdaran in quella che è considerata una base per sperimentare nuovi armi nucleari. Sebbene le autorità iraniane abbiamo ufficialmente parlato di incidente, non nascondono che dietro questo tipo di esplosioni ci sia la mano del Mossad e della Cia che in questo modo vogliono sabotare il programma nucleare.

(Il Tempo, 29 novembre 2011)

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Cresce la popolarità di Twitter in Israele

Una ricerca di fresca pubblicazione circa il traffico 2010 nel popolare social network , ha fatto emergere che in un anno i tweet in ebraico sono aumentati del 150%. Lo studio è stato condotto da un istituto di consulenze semiotiche francese, Semiocast. Il resoconto ha anche confermato che la lingua più utilizzata dagli utenti di Twitter è l'inglese; gli stessi israeliani - ha rivelato il sondaggio - twittano in inglese tre volte più che in ebraico. Seguono giapponese, portoghese, spagnolo e malese. Ma il dato più rilevante è quello relativo all'arabo. La primavera araba, organizzata e raccontata in gran parte tramite i social network, ha contribuito in maniera determinante all'aumento dei tweet in arabo nell'ultimo anno: l'incremento rilevato è stato del 2.146%.

(FocusMO, 29 novembre 2011)

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Fatah e Hamas, il 60% dei palestinesi è scettico sulla possibilità di una riconciliazione

Nonostante l'esito positivo dell'incontro che ha visto riuniti giovedi' al Cairo il presidente dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, e il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Mashaal, la maggior parte dei palestinesi risulta essere scettico rispetto ad una riconciliazione tra Fatah e Hamas.
Lo rivela il risultato di un sondaggio condotto su internet dall'agenzia palestinese 'Sama' secondo cui il 59,6% del campione pensa che le possibilita' di un rappacificamento tra le due fazioni e' molto scarsa, mentre un 37,1% crede che ci possano essere ''grandi possibilita''', infine un restante 3,3% non sa esprimersi al riguardo.

(Clandestinoweb, 29 novembre 2011)

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Israele, stop allo sviluppo del giacimento Or

TEL AVIV, 29 nov. - Le compagnie Ratio Oil Exploration, Isramco e Israel Petrochemical Enterprises hanno annunciato ieri che non procederanno allo sviluppo del giacimento offshore Or, nell'area di concessione Med Yavne a 39 chilometri dalle coste israeliane. La decisione e' stata presa sulla base di uno studio di fattibilita' che ha evidenziato come le riserve siano troppo scarse per giustificarne lo sviluppo.
La limitata dimensione del giacimento era gia' nota, tanto che le stime piu' ottimistiche diffuse in ottobre indicavano la presenza di 1,2 miliardi di metri cubi di gas naturale con una probabilita' di estrazione del 50%-

(AGI, 29 novembre 2011)

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Israele sta per sbloccare le tasse trattenute ai palestinesi

Israele sta prendendo in considerazione di sbloccare i soldi delle tasse che sono state trattenute all'Autorità palestinese in risposta alla loro richiesta di l'adesione dell'Unesco, ha detto quest'oggi il Presidente Netanyahu. L'1 Novembre Israele ha annunciato il blocco del trasferimento dei fondi fiscali e doganali che vengono raccolti per conto dei palestinesi dopo aver ottenuto la piena adesione dell'Unesco alla loro richiesta nonostante le obiezioni israeliane e statunitensi.
Il Gabinetto di Sicurezza israeliano nelle ultime settimane si è incontrato per riconsiderare questa scelta, ma ha deciso di mantenere il congelamento, citando fra le motivazioni: l'adesione all'UNESCO, la spinta palestinese per fare parte delle Nazioni Unite e la riconciliazione tra Fatah e Hamas. Tuttavia quest'oggi Netanyahu ha detto al Comitato degli Affari Esteri e della Difesa che il congelamento potrebbe essere soppresso presto, il ha detto il suo portavoce ai giornalisti. Netanyahu ha anche respinto l'importanza dei colloqui, fortemente criticati da Israele, tra il movimento Fatah del presidente palestinese Mahmud Abbas e il movimento islamico Hamas.

(FocusMO, 28 novembre 2011)

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Israele: investimento nelle batterie per auto elettriche

Shai Agassi
Better Place, l'azienda creata dal genio israeliano dell'informatica Shai Agassi, ha annunciato nei giorni scorsi un investimento da 200 milioni nella tecnologia delle stazioni di scambio delle batterie per le auto elettriche.
L'investimento rappresenta solo l'ultima di una serie di iniziative della compagnia, che ha conquistato un ruolo di pioniere su scala globale nella tecnologia di scambio rapido delle batterie, oltre ad aver lanciato servizi innovativi, come il sistema di leasing delle batterie e ad aver operato con successo nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica.
La compagnia sta attualmente concentrando i propri sforzi nella progettazione di sistemi che rendano la ricarica delle batterie delle auto elettriche semplice e veloce come il rifornimento di quelle a benzina: per raggiungere lo scopo, Better Place ha pensato alla realizzazione di una rete di stazioni di scambio rapido delle batterie dove i proprietari di auto elettriche compatibili possono cambiare in fretta la batteria scarica per una completamente carica; per poter utilizzare le stazioni di sostituzione della batteria, i proprietari di auto elettriche compatibili dovranno noleggiare la batteria della loro vettura direttamente da Better Place, con un contratto di servizio mensile che coprirà l'uso della stazione per la sostituzione della batteria, così come della manutenzione delle batterie.
Better Place prevede comunque di costruire anche una rete di tradizionali stazioni di ricarica per auto elettriche in cui i proprietari delle vetture possono effettuare una ricarica completa mentre effettuano gli acquisti o si fermano in parcheggio; inoltre è in corso un progetto con Renault-Nissan per lo sviluppo dei veicoli elettrici.
L'intenzione di Better Place è di espandersi in Europa occidentale e continuare con le installazioni di stazioni di sostituzione rapida della batteria nel nord della California, nel sud della Cina, in Giappone, in Canada e alle Hawaii. Le operazioni commerciali dovrebbero iniziare prima dell'inizio del 2012 nei primi mercati di riferimento, Israele e la Danimarca; per poter valutare i risultati del progetto, bisognerà attendere: attualmente vi è in circolazione un solo modello compatibile con la tecnologia di sostituzione rapida della batteria Better Place: la Renault Fluence ZE.

(Portalino.it, 28 novembre 2011)

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Questa Turchia si crede davvero il centro del mondo

di Fiamma Nirenstein

Negli ultimi anni una specie di esaltazione ottomana ha condotto Erdogan, il primo ministro turco, e Ahmet Davotoglu il suo ministro degli Esteri, a minacciare e predicare. Stavolta Davotoglu ha sparato che l'Europa deve scegliere se diventare «potenza globale» con la Turchia, o diventare invece «marginale» senza la Turchia: la strada del successo europeo non è quella di un'economia sana, di un esercito comune, di una cultura integrata... no, è tutta riposta nell'accettare o meno la Turchia. A questo Davotoglu, col tono minaccioso che usa in genere per Israele, ha aggiunto che i turchi hanno l'indiscutibile diritto all'abolizione dei visti di ingresso nei Paesi europei. Bene, discutiamone, ma certo non con questo tono. La Turchia, nonostante la stretta alleanza con la Siria gli sia andata assai male, nonostante l'amico iraniano dai turchi difeso contro le sanzioni sia nel mirino della diplomazia internazionale, nonostante la commissione Palmer dell'ONU abbia detto che Israele non ha torto nella vicenda della Flottilla, ha un atteggiamento spavaldo che parla soprattutto al mondo arabo. L'impero ottomano seguita a essere il sogno di tanta parte del mondo islamico, la Turchia si candida all'egemonia delle primavere, e lo fa svillaneggiandoci.

(il Giornale, 28 novembre 2011)

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Israele cerca Gnl per la generazione di elettricità

ROMA, 28 nov. - La Israel Electric Corporation (Iec) ha pubblicato una richiesta di informazioni (Rfi) rivolta a compagnie internazionali e trader sulle importazioni di Gnl, al fine di rimpiazzare le forniture di gas egiziano, nuovamente interrotte a causa degli ennesimi attacchi all'Arab Gas Pipeline. La Iec ha espresso l'intenzione di acquistare un volume complessivo di gas pari a 1,5 miliardi di metri cubi. Il prezzo del Gnl, pur essendo 2-3 volte superiore a quello del gas egiziano, risulta inferiore del 50% a quello del diesel che la Iec sta attualmente utilizzando come combustibile alternativo per generare elettricita'. Alcune voci parlano di contatti tra la compagnia israeliana e il Qatar, il piu' grande esportatore mondiale di Gnl.

(AGI, 28 novembre 2011)

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Egitto, attentato nel giorno delle elezioni. Sabotato gasdotto nel Sinai settentrionale

L'impianto collegato con Giordania e Israele. L'esplosione avvenuta a poche ore dall'apertura delle urne per la prima tornata elettorale dell'era post Mubarak

Ore 9:10 - Il gasdotto che collega l'Egitto alla Giordania e a Israele è stato sabotato in una località del Sinai. Testimoni hanno riferito di una violenta esplosione udita a poche ore dalle prime libere elezioni che si terranno in Egitto dalla caduta del presidente Hosni Mubarak a febbraio. E' l'ottava volta che il gasdotto viene preso di mira. L'opinione pubblica egiziana ritiene che Israele non paghi abbastanza la fornitura di gas dal loro Paese.
L'esplosione si è verificata a ovest della città di El Arish (Sinai settentrionale). Secondo alcuni testimoni, il gasdotto sarebbe stato preso di mira da alcuni uomini mascherati: due le esplosioni, a un centinaio di metri di distanza l'una dall'altra. Nel frattempo i sabotatori si erano dati alla fuga in auto. Dopo le esplosioni si è sviluppato un vasto incendio, sebbene sembri che non vi siano state vittime. Il gasdotto era stato attaccato già tre giorni fa, il 25 novembre.
Il sabotaggio dell'impianto aumenta la tensione in un Egitto sotto pressione per l'apertura delle urne, avvenuta alle 8 del mattino ora locale, le 7 in Italia, per le prime elezioni dopo la caduta del regime di Hosni Mubarak, avvenuta il 14 febbraio. Si vota in nove governatorati, tra cui quelli del Cairo e di Alessandria, per eleggere la nuova camera bassa del Parlamento, fase di esordio di un iter che si protrarrà per circa quattro mesi, fino al prossimo marzo.

(TGCOM.it, 28 novembre 2011)

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Figlio di Hamas, di Mosab Hassan Yousef

di Roberto Russo

  
 Mosab Hassan Yousef
Narrare storie per raccontare la Storia. In particolare la Storia è quella della situazione politica di Israele, della Palestina, dei Territori, di Hamas, dell'OLP… Le storie sono gli episodi della vita di un personaggio di spicco che di quella Storia è stato testimone. Mosab Hassan Yousef, figlio di uno dei fondatori di Hamas, nel libro Figlio di Hamas. Dall'Intifada ai servizi segreti israeliani - edito in Italia da Gremese, dopo aver venduto centinaia di migliaia di copie nelle traduzioni in Francia, Germania, Russia e Giappone - racconta la sua storia e mette in luce diversi aspetti "interni" della Storia di quella parte del mondo che pare non trovare mai pace. Figlio di Hamas è una pubblicazione interessante perché, oltre a fornire una serie di dettagli e particolari che le notizie "ufficiali" spesso non danno - o danno in maniera parziale -, racconta dal di dentro la situazione socio-culturale-politica. Così si presenta l'autore:
    Mi chiamo Mosab Hassan Yousef. Sono il primogenito dello sceicco Hassan Yousef, uno dei sette fondatori del movimento di Hamas. Sono nato a Ramallah, in Cisgiordania, e appartengo a una delle più importanti famiglie religiose islamiche del Medio Oriente.
La sua storia personale si intreccia con la Storia più grande. Scrive Mosab Hassan Yousef:
    Io ho una visione particolare di questa realtà, perché godo di una prospettiva unica: sono figlio di quella regione e di quel conflitto. Sono anche un figlio dell'Islam e di un uomo accusato di terrorismo. E sono, altresì, un seguace di Gesù Cristo.
E continua:
    Prima di compiere i ventuno anni, ho visto cose che nessuno dovrebbe mai vedere: la miseria più aberrante, gli abusi di potere, le torture, gli omicidi. Ho partecipato con i massimi leader mediorientali a trattative internazionali segrete, inseguite dai principali quotidiani del mondo. Ho ricoperto ruoli di alto livello in Hamas e ho preso parte all'Intifada.
Un libro ben scritto - e ottimamente tradotto in italiano da Laura Pacciarella - che non rimane chiuso nelle circa trecento pagine dell'edizione italiana (molto curata, tra l'altro) ma è sempre in fieri perché Figlio di Hamas / Son of Hamas è anche un sito sul quale l'autore, Mosab Hassan Yousef, continua a scrivere i suoi commenti sugli avvenimenti più recenti. Molto utile l'appendice con i nomi dei protagonisti della storia di Mosab Hassan Yousef suddivisi in un ordine logico perché aiuta a muoversi meglio tra le pagine del libro e il glossario che spiega i termini specifici che accompagnano il racconto.
    La mia più grande speranza - conclude l'autore - è che, raccontando la mia storia, io abbia potuto dimostrare al mio popolo, palestinesi seguaci dell'Islam, abituati da secoli a regimi corrotti, che solo la verità può renderli liberi. Ho raccontato la mia storia per far sapere al popolo israeliano che c'è speranza. Se io, figlio di un'organizzazione terrorista votata alla distruzione di Israele, sono arrivato al punto di amare gli israeliani e di rischiare la mia vita per loro, significa che c'è un barlume di speranza. La mia storia vuole essere, inoltre, un messaggio per i cristiani […]. Dobbiamo guardare oltre le nostre regole religiose e offrire il nostro amore a chiunque, in ogni angolo del mondo, incondizionatamente. Offro la mia storia consapevole del fatto che molte persone, compresi coloro che più amo al mondo, non capiranno le mie convinzioni e il mio modo di sentire.
(books|blog.it, 28 novembre 2011)

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In Israele risuona l'eco antiebraico

TEL AVIV - Mentre l'Egitto mette in moto le prime elezioni del dopo-Mubarak, Israele trattiene il fiato nel timore che la posta in gioco possa essere rappresentata dagli accordi di pace.
I messaggi di vibrante odio espressi venerdì da oratori nella moschea Al Azhar del Cairo sono stati rilanciati con grande evidenza dal quotidiano Yediot Ahronot. «Tel Aviv, per te è giunto il giorno del giudizio» hanno scandito predicatori dei Fratelli Musulmani, secondo il giornale, mentre altri hanno previsto che «un giorno uccideremo tutti gli ebrei».
Le ragioni di tanto odio - dopo oltre 30 anni di pace formale - risultano inesplicabili all'israeliano della strada. Il viceministro degli esteri Dany Ayalon ha affermato che dietro le quinte mestatori iraniani sono all'opera in Egitto per esasperare gli animi. E un dirigente di Kadima, l'ex generale Shaul Mofaz, ieri presidente della Commissione parlamentare per gli affari esteri e la difesa, ha consigliato all'esercito israeliano di prepararsi alla eventualità che in seguito alle elezioni in Egitto, e a un possibile successo degli islamici, gli accordi di pace con Israele possano essere annullati. Secondo il generale Giora Eiland, di fronte a Israele si presentano due problemi diversi.
Nell'immediato, a suo parere, la preoccupazione maggiore riguarda il Sinai «dove si avverte un vuoto di potere» e dove cresce la presenza di terroristi di varia colorazione politica. «Lungo il confine dobbiamo subito mettere a punto soluzioni logistiche adeguate» ha aggiunto Eiland, riferendosi in particolare a una barriera che sarà completata solo fra 12 mesi.

(Corriere Canadese, 28 novembre 2011)

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Il tour dell'innovazione. Cablogrammi da Israele

Si è concluso lo Startup Nation InnovAction Tour 1: un gruppo di studenti italiani ha elaborato due progetti di start up che sono stati proposti agli investitori e ai maggiori centri di ricerca in Israele, nella "Silicon Valley" del Mediterraneo. Con loro imprenditori, docenti universitari. La cronaca, giorno per giorno.

di Carlo Alberto Pratesi

20 novembre. Primo giorno del "Start-up Nation" InnovAction Tour. Sbarchiamo a Tel Aviv in una ventina tra studenti, professori e imprenditori e ci spostiamo subito verso nord, attraversando la zona industriale: già dalla strada vediamo le insegne dei centri di ricerca di Google, Intel e Yahoo!. Arriviamo ad Haifa al campus del Technion (Israel Institute of Technology) che ci accoglie addobbato con i cartelli che annunciano l'ultimo premio Nobel conquistato - quello di Dan Shechtman (lo scopritore dei "quasi-cristalli"): è il terzo professore del Technion a vincere la massima onorificenza scientifica negli ultimi sette anni. E pensare che il suo primo articolo negli anni '80 era stato deriso dalla comunità scientifica: "Non hai scoperto i quasi-cristalli: sei tu che sei un quasi-ricercatore", dicevano i colleghi. All'interno della cittadella universitaria non manca nulla, dalle piscine olimpioniche ai centri commerciali, dagli asili nido al teatro. Chi studia o lavora qui deve avere a disposizione tutto quello che serve per dare il massimo, e in piena salute (basti pensare che non ci si laurea se non si dimostra di avere praticato almeno due sport durante gli studi)....

(la Repubblica, 28 novembre 2011)

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Teheran: 150.000 missili contro Israele se gli Usa ci attaccano

Ahmad Vahidi
Il ministro della Difesa: l'Iran non è l'Iraq. La guardia rivoluzionaria minaccia il sistema Nato in Turchia

ROMA, 28 nov. - L'Iran è pronto a lanciare 150.000 missili contro Israele in caso di un attacco alla repubblica islamica. E' quanto ha dichiarato il ministro della Difesa iraniano, Ahmad Vahidi, parlando ieri davanti a 50.000 basij (combattenti volontari, ndr) a Bushehr, la città dove si trova uno degli impianti nucleari del Paese.
"L'Iran non è l'Iraq o l'Afghanistan - ha detto il ministro, citato oggi dal quotidiano israeliano Yediot Ahronoth - se gli americani fanno l'errore di attaccare l'Iran, mostreremo loro come si combatte". Quindi ha aggiunto: "Israele sarà punita per quanto fatto ai musulmani in Palestina e in Libano".
Sabato, un alto comandante della Guardia rivoluzionaria iraniana ha invece dichiarato che Teheran è pronta a colpire la difesa missilistica della Nato in Turchia in caso di un attacco Usa o israeliano alla repubblica islamica.

(TMNews, 28 novembre 2011)

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Peres: "Il governo israeliano dovrebbe aiutare i tycoon in difficoltà"

«Il governo dovrebbe aiutare i tycoon in difficoltà». L'appello arriva dal presidente israeliano, Shimon Peres, il quale durante la sua visita in Vietnam ha dichiarato in conferenza: «Le istituzioni israeliane dovrebbero essere più comprensive con i grandi businessman che falliscono. D'altronde - ha spiegato il presidente -, non hanno creato loro la situazione attuale.
Al contrario, si sono trovati con le spalle al muro. La mia considerazione parte da questo presupposto. Gli imprenditori non hanno chiesto prestiti con l'intenzione di non restituirli: le banche credevano in loro e hanno dato loro dei soldi e lo stesso hanno fatto gruppi d'investimento e privati cittadini. In altre circostanze, questi debiti sarebbero stati ripagati alla data concordata. Ma è scoppiata la crisi: e questo nessuno poteva prevederlo». «Non sono un avvocato difensore - ha concluso Peres -, ma credo sia sbagliato accusare queste persone. Non sono nemici della nazione; al contrario, volevano portare maggiore benessere. Per questo, secondo me, il governo dovrebbe cambiare il proprio approccio alla questione e favorire un riavvicinamento tra l'opinione pubblica arrabbiata e i tycoon che navigano in cattive acque»

(FocusMO, 28 novembre 2011)

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"Uccideremo tutti gli ebrei"

Scrive Eldad Beck (su YnetNews): «La manifestazione dei Fratelli Musulmani che si è tenuta venerdì scorso nella moschea più importante del Cairo si è trasformata in una rabbiosa kermesse anti-israeliana, con i partecipanti che giuravano "un giorno uccideremo tutti gli ebrei". Erano circa cinquemila le persone che hanno preso parte alla manifestazione indetta per promuovere "la battaglia contro la giudaizzazione di Gerusalemme", un evento organizzato in concomitanza con l'anniversario dell'approvazione nel 1947, da parte delle Nazioni Unite, del piano di spartizione del Mandato Britannico sulla Palestina che prevedeva la creazione di uno stato ebraico accanto a uno stato arabo....

(israele.net, 27 novembre 2011)


Affermare che il Mandato Britannico sulla Palestina comprendeva un "piano di spartizione" che "prevedeva la creazione di uno stato ebraico accanto a uno stato arabo" fa parte di quella "nuvola di abissale ignoranza" di cui parla Howard Grief nel suo libro sull'argomento. Che strafalcioni di questa enormità si trovino su un giornale israeliano e siano tranquillamente riportati da un sito che si propone di sostenere Israele è qualcosa che lascia senza parole. Che bisogno c'è della menzognera propaganda araba se a sostenere il falso sono gli stessi israeliani? M.C.

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I timori del governo israeliano per le elezioni egiziane

di Tommaso Palmieri

La situazione egiziana sempre più incandescente e le prossime elezioni presidenziali sono un motivo di preoccupazione per il confinante Stato d'Israele, che segue con particolare tensione lo sviluppo della situazione e teme in particolare un'eventuale affermazione dei Fratelli musulmani e del loro avamposto partitico "Libertà e giustizia".
Il movimento islamista, da sempre fortemente radicato in Egitto soprattutto nei ceti più poveri, è messo sotto la luce dei riflettori del governo israeliano soprattutto per i suoi possibili legami con l'Iran, dal quale dipenderebbe finanziariamente.
"Notiamo una crescente attività dell'Iran a sostegno delle fazioni islamiche radicali". "L'esercito israeliano deve prepararsi all'eventualità che gli accordi di pace con l'Egitto siano annullati". Queste due dichiarazioni, rilasciate da due distinti esponenti della diplomazia di Tel Aviv (Dany Ayalon, viceministro degli Esteri e Shaul Mofaz, presidente della Commissione parlamentare Esteri), testimoniano la netta presa di posizione dello Stato ebraico, nel caso emergesse alle prossime consultazioni egiziane una vittoria del movimento dei Fratelli musulmani. Un leit motiv della politica diplomatica israeliana, quello legato alla presenza iraniana in Medio Oriente mascherata attraverso emolumenti a movimenti islamisti: ne sono un esempio anche le accuse che da sempre Tel Aviv rivolge al ruolo di Hezbollah nel Libano meridionale e ai suoi collegamenti con Teheran.

(newnotizie, 27 novembre 2011)

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Etenergy, da Israele i pannelli fotovoltaici come girasoli

Etenergy è un sistema di pannelli fotovoltaici sviluppato in Israele dalla Etenergy di TelAviv. In sostanza una serie di moduli di pannelli fotovoltaici assemblati e messi su torri, sono orientati verso il sole attraverso una rete di tiranti in acciaio comandati a distanza.
I progettisti assicurano che reggono venti fino a 140 Km/h e nel contempo riescono a ottenere una resa del 40% superiore a quella dei pannelli fotovoltaici statici.
Il video di presentazione.




(ecoblog.it, 27 novembre 2011)

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Arte: Marc Chagall, all'asta per la prima volta tre interni di sinagoghe

NEW YORK, 27 nov. - Tre rari dipinti del pittore francese Marc Chagall (1887-1985), raffiguranti interni di sinagoghe, saranno battuti all'asta da Sotheby's a New York mercoledi' 14 dicembre, nell'ambito della vendita interamente dedicata all'arte israeliana. Le opere provengono dalla famiglia del collezionista Max Cottin che li acquisto' nel 1945 a New York presso la Gallery of Jewish Art.
Nella primavera del 1931 Chagall fece un viaggio in Terra Santa per raccogliere materiale per il suo lavoro di incisioni bibliche, e qui l'artista dipinse il quadro ''Interior of the Ashkenazi Haari Synagogue, Safed'', datato 1931, che sara' messo in vendita con una stima di 300-500.000 dollari. Il secondo e piu' grande dipinto della proprieta' Cottin si intitola ''Interior of the Yemenite HaGoral Synagogue, Jerusalem'', sempre del 1931, ed e' stimato 400-600.000 dollari.
Il terzo interno di sinagoga fu dipinto nel 1935 a Vilna, in Lituania, dove Chagall fu invitato all'inaugurazione del Museo di Arte Ebraica, ''Synagogue in Vilna, the Kloyz of the Vilna Gaon'', valutato 300-500.000 dollari. Le tre opere di Chagal sono rimaste per 66 anni nella stessa collezione e arrivano ora per la prima volta sul mercato dell'arte.

(Adnkronos, 27 novembre 2011)

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Israele: preoccupazione per il Governo di unità nazionale palestinese

In Israele le dichiarazioni di Abu Mazen dopo l?incontro al Cairo circa la mancanza di differenze con Hamas sollevano preoccupazioni reali. Questa unione secondo funzionari israeliani mette la Palestina nelle mani del terrorismo. Questo è un colpo mortale alla possibilità di raggiungere un accordo? ha detto il vice ministro degli Esteri Danny Ayalon. L'incontro tra Abu Mazen e Khaled Meshal ha riferito Ayalon dimostra come "dopo che Abu Mazen ha respinto l'offerta del quartetto, è chiaro a tutti che i palestinesi si oppongono alla pace. Il Governo israeliano ha fatto ogni sforzo per avviare negoziati diretti, mentre i palestinesi hanno .fatto ogni sforzo per evitarli?. Hamas, intanto, ha negato un documento in cui dichiarava diaccettare di abbandonare la "lotta armata" contro Israele a favore di una pacifica e popolare "resistenza" contro i coloni e soldati israeliani. In merito alla controversia in corso sulla composizione del governo di unità , Fatah e Hamas non sono riusciti a risolvere le loro divergenze in merito al riassetto delle forze di sicurezza e il rilascio dei detenuti da tenersi sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza . Permane il rifiuto di Hamas di accettare corrente Primo Ministro Salam Fayyad dell?Autorità Palestinese a capo di qualsiasi futuro governo Abbas ha spiegato a Mashaal che senza Fayyad i palestinesi andrebbero incontro al disappunto di i americani ed europei, Fatah e Hamas hanno deciso di tenere un altro round di colloqui al Cairo il prossimo mese.

(FocusMO, 27 novembre 2011)

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Festival di cultura ebraica: concerto di Gabriele Coen e Jewish Experience

Gabriele Coen
GENOVA - Domenica 27 novembre alle 21, nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, un incontro speciale con Janusz Makuch, direttore del Festival di Cultura Ebraica di Cracovia, uno fra i più importanti al mondo, per raccontare questo straordinario happening di musica e di artisti che da più di vent'anni è diventato per molti meta irrinunciabile. Ad impreziosire questo incontro, per la prima volta a Genova, il celebre musicista Gabriele Coen e la sua formazione "Jewish Experience" che eseguiranno un concerto acustico, un viaggio musicale nella tradizione ebraica reinterpretato in stile jazz.
Janusz Makuch, conosciuto in tutto il mondo, ha saputo creare, nel lontano 1988, una manifestazione che ogni anno raccoglie il meglio della cultura ebraica proveniente da tutto il mondo. Per una settimana intera Kazimierz, lo straordinario quartiere ebraico di Cracovia, diventa una Yiddishland popolata di artisti, musicisti, intellettuali, performer, danzatori, cantori, dj, band e illustratori e dove la gente si incontra, discute, canta, balla, visita mostre e partecipa a laboratori artistici.
Gabriele Coen, fondatore del gruppo klezmer "Klezroym" - oltre 500 concerti in Italia e all'estero, 4 album all'attivo per più di 50.000 copie vendute - è considerato uno dei più importanti interpreti della nuova musica ebraica. Per la prima volta a Genova con il suo nuovo progetto "Jewish Experience", un quartetto che reinterpreta in chiave jazzistica il repertorio popolare ebraico, attraverso composizioni originali, brani klezmer e sefarditi (ebraico-spagnoli).
Un appuntamento ideato e organizzato dal Centro Culturale Primo Levi, da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e dall'Associazione Movementi nell'ambito degli eventi collegati alla mostra "Il misterioso mondo del Dybbuk: la cultura ebraico-polacca attraverso l'opera di Andrzej Wajda".

(Genova Oggi, 27 novembre 2011)

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L'aviazione israeliana replica nella notte al lancio di razzi qassam.

Due raid israeliani nella notte

Due raid israeliani nella notte tra sabato e domenica sulla Striscia di Gaza, in seguito al lancio di razzi da parte palestinese. Ad annunciare l'intervento dell'aviazione è stato un portavoce dell'esercito, secondo il quale sono stati colpiti «alcuni siti di attività terroristica nel sud e nel centro della Striscia di Gaza». Un razzo di tipo qassam era stato lanciato sabato mattina dalla Striscia di Gaza verso il sud d'Israele senza provocare vittime né danni.

(Lettera 43, 27 novembre 2011)


In questa notizia abbiamo volutamente scambiato il titolo con il sottotitolo. L'effetto è diverso, ma probabilmente è proprio questo effetto che non si vuole provocare. Importanti per quasi tutti non sono i razzi qassam dei palestinesi, ma i raid degli israeliani.

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Le «cento primavere» di Tel Aviv, una capitale

Il nome Tel Aviv significa «Collina della primavera», nome biblico ripreso dal libro di Ezechiele

di Lauretta Colonnelli

  
Rue Herzl - Tel Aviv 1920
Un pugno di uomini e donne, vestiti secondo la moda della borghesia del primo Novecento, in piedi in mezzo al deserto. È la foto d' apertura della mostra «Cento volte primavera. Fotografie di Tel Aviv dal 1909 ad oggi», aperta fino all' 8 gennaio presso il Museo di Roma in Trastevere (piazza S. Egidio 1b). Quegli uomini e quelle donne, ritratti di spalle, stanno assistendo al sorteggio che assegnerà a ciascuna delle loro famiglie un lotto di terreno, sul quale potranno costruire la propria casa. È così che nasce la città di Tel Aviv, che significa Collina della primavera, nome biblico ripreso dal libro di Ezechiele. Sono passati cento anni da quel giorno della fondazione e oggi un cittadino di Tel Aviv trapiantato a Roma ha voluto celebrare qui la ricorrenza. Si chiama Roly Kornblit ed è un medico specializzato in laser odontoiatrico. «Quando sono arrivato qui - racconta - pensavo di restarci non più di un paio d' anni. Ma il destino ha voluto diversamente. Di questa città mi sono innamorato lentamente, fino a quando nel mio cuore si sono uniti e mescolati i sentimenti per queste due storie di vita vissuta. Perciò ho sentito il bisogno di festeggiare il centenario di Tel Aviv a Roma, con cento foto che raccontano le Cento primavere di un sogno sionista, ben diverso da quello socialista, che fu la realizzazione di una società urbana, fatta di immigrati ebrei, artigiani, commercianti, liberi professionisti che volevano insediarsi in un centro urbano e non in paesini e villaggi e agricoli». Nell' esposizione, curata da Kornblit insieme a Francesca Barbi Marinetti, cinquanta foto sono in bianco e nero e furono scattate da Avraham Soskin al quale nel lontano 1909 fu affidato il compito di documentare la nascita della nuova città a nord di Jaffa. Lo fece con immagini limpide, che raccontano un' epopea di dune spianate, di case che crescono velocemente mattone su mattone; e in mezzo l' asilo e le scuole, la sinagoga e il cinema, l' hotel e i silos per la raccolta e la distribuzione dell' acqua, le vie asfaltate e il grande boulevard puntato verso il mare e piantumato a cipressi. Sembra di assistere a un trattato di urbanistica in diretta. Quando Albert Einstein visita Tel Aviv, nel 1924, si ritrova a percorrere le vie di una città giardino, con residenze a due piani ispirate a quelle della borghesia polacca alle quali si aggiungeranno, a partire dagli anni Trenta, gli oltre tremila palazzi costruiti in stile Bauhaus. Oggi Tel Aviv conta due milioni e mezzo di abitanti e rappresenta il principale centro economico di Israele. I grattacieli tirati su negli ultimi decenni ne hanno modificato lo skyline, come si può vedere nelle altre cinquanta foto, tutte a colori, scattate da Viviana Tagar. Nata a Roma, cresciuta in Argentina e oggi residente a Tel Aviv, lavora come psicologa presso il reparto di igiene mentale dell' ospedale a sostegno della popolazione colpita dagli attacchi terroristici. Sessant' anni, un fascio di capelli neri e il sorriso dirompente, Tagar racconta: «Ho pensato di fare questo reportage fotografico con l' intenzione di mostrare agli abitanti il volto di una città capace di mantenere vivo uno spirito gioioso, nonostante le difficoltà. La gente passeggia sul lungomare, si incontra piacevolmente nei ristoranti, nei locali notturni, nei teatri, nei piccoli e grandi caffè. Tel Aviv è una città che non dorme mai».

(Corriere della Sera, 27 novembre 2011)

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«Dalle rotative all'IPad: tradizione e futuro nella stampa ebraica», convegno a Roma

ROMA, 26 nov. - La stampa ebraica in Europa, un intrigante percorso di parole e pensieri che fanno dibattito, un microcosmo vivace che guarda alla ricchezza della sua plurimillenaria tradizione ma che e' allo stesso tempo attento alla contemporaneita' e proiettato alla sfida del domani senza dimenticare il prezioso ausilio delle moderne tecnologie. Si snodera' lungo questo tema il convegno "Dalle rotative all'Ipad: tradizione e futuro nella stampa ebraica" in programma domani pomeriggio a partire dalle 15 al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, a Roma.
L'incontro sara' scandito in piu' sessioni di approfondimento con ospiti in rappresentanza delle testate nazionali e comunitarie dell'ebraismo italiano oltre che del mondo culturale, accademico e delle istituzioni con particolare coinvolgimento del ministero per i Beni e le Attivita' culturali.
A concludere il convegno una tavola rotonda con i direttori e i redattori delle testate ebraiche in Italia. Saranno rappresentati il giornale nazionale Pagine Ebraiche, i giornali comunitari Il Bollettino di Milano e Shalom di Roma, il giornale espressione del Gruppo di Studi Storici di Torino Ha-keilla'.

(Adnkronos, 26 novembre 2011)

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Gaza: tiro di razzi verso Israele

GERUSALEMME - Un razzo di tipo Qassam e' stato lanciato stamane da Gaza verso il sud di Israele, senza fare vittime o danni. Lo ha detto la polizia israeliana.
A meta' novembre il capo di stato maggiore di Tel Aviv, il generale Benny Gantz, aveva ventilato l'ipotesi di una reazione ''aggressiva'' contro Gaza per far cessare i tiri di razzi verso il territorio israeliano.
''Tiri e risposte si susseguono, e alla fine potremmo essere costretti a maniere piu' forti, a operare un'azione piu' aggressiva contro la banda di Gaza'', aveva detto Gantz. Quello stesso giorno, due razzi tirati dalla banda di Gaza si erano abbattuti nel territorio sud di Israele, senza fare feriti, ma provocando danni a una fabbrica agricola.

(Blitz quotidiano, 26 novembre 2011)

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Oca-maiala: è kasher!

Il rabbino capo di Israele, Yona Metzger ha annunciate la scoperta di una speciale qualità di oca il cui gusto è esattamente simile a quello del maiale. "Stiamo esaminando la possibilità di importazione industriale di quelle oche"

di Marco Tosatti

  
Il rabbino capo di Israele, Yona Metzger ha annunciate la scoperta di una speciale qualità di oca il cui gusto è esattamente simile a quello del maiale. "Stiamo esaminando la possibilità di importazione industriale di quelle oche" ha detto, durante una conferenza culinaria al Kaplan Medical Center di Rehovot, suscitando l'interesse di chi segue la Kasherut nell'alimentazione.
Questo fatto rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione culinaria halachica, perché offrirebbe la possibilità di scoprire il gusto del suino a tutti coloro che normalmente non ne toccano. Secondo quanto raccontato, alcuni allevatori spagnoli hanno deciso di recente di far crescere le proprie oche in terreni da pascolo non industrializzati. E a differenza di quello che accade con i metodi moderni, non hanno ingrassato le oche, ma hanno dato loro cibi naturali. Quando hanno assaggiato delle fette di fegato degli animali, sono rimasti stupiti.
"Ha lo stesso gusto del maiale" hanno esclamato. Hanno deciso di condividere questa scoperta sensazionale con alcuni intenditori, e hanno mandato una richiesta di consulenza halachica al rabbino Metzger. Il rabbino ha chiesto a sua volta la consulenza di professionisti, e ha inviato il fegato delle oche a tre chef professionisti, non ebrei , in Europa, che hanno familiarità con il gusto del maiale. I tre chef hanno risposto unanimemente che ci si trovava di fronte alla scoperta di "una raro duplicato culinario". Rabbi Metzger ha riflettuto, e alla fine ha dato il suo responso.
Quella carne è completamente kasher; e ha appoggiato il giudizio con una citazione dal Talmud, secondo cui Dio ha accompagnato ogni proibizione data al popolo di Israele con la creazione di un duplicato dallo stesso gusto. Il che potrebbe aprire la possibilità di pranzi di shabbat al gusto - kasher però - di maiale.

(La Stampa, 26 novembre 2011)

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Primavera araba e autunno europeo

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Il Comune di Viadana prende in carico il cimitero israelitico

Approda in consiglio comunale una convenzione tra il Comune di Viadana e la Comunità ebraica mantovana per il comodato d'uso, in favore dell'ente locale, dell'ex cimitero ebraico

VIADANA - Approda in consiglio comunale una convenzione tra il Comune di Viadana e la Comunità ebraica mantovana per il comodato d'uso, in favore dell'ente locale, dell'ex cimitero ebraico di via Paralupa: si punterà in questo modo a risolvere una questione che aveva scatenato polemiche qualche mese fa. Il cimitero ha origini cinquecentesche, ed ancora oggi conserva lapidi con antiche scritte israelitiche.
Da oltre 50 anni non vi viene più seppellito nessuno, e negli ultimi anni si era accentuato un certo stato di degrado ed abbandono: per questo alcuni studiosi avevano proposto un intervento di recupero e valorizzazione. Il Comune si occupa già degli sfalci, pur se la proprietà dell'area è della Comunità ebraica; e l'impresa edile che ha lottizzato il quartiere circostante ha garantito anche alcuni interventi di messa in sicurezza della muraglia.
Con l'assegnazione del cimitero in comodato d'uso, l'ente locale potrà porre mano ad interventi più sostanziali: l'area diventerà probabilmente una sorta di giardino-monumento, a disposizione per visite in determinati periodi dell'anno. La relativa convenzione sarà esaminata e votata nel corso del consiglio comunale convocato per mercoledì 30 novembre (ore 19.30).
Altro punto piuttosto atteso all'ordine del giorno, la mozione di iniziativa popolare (a seguito di una petizione lanciata da Movimento 5Stelle, Nonsoloverdi e Italia Nostra) che chiederà al Comune di impegnarsi per l'allestimento di fontane di acqua pubblica potabile per uso gratuito. Completano l'ordine del giorno: il Piano per il diritto allo studio, il Piano d'azione per l'energia sostenibile, l'esame delle interrogazioni. (r.n.)

(Gazzettino di Mantova, 26 novembre 2011)

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Ottavo attentato al gasdotto Egitto-Israele

ROMA - Nuovo sabotaggio e nuova esplosione al gasdotto egiziano che rifornisce Israele e la Giordania. La deflagrazione, riporta Radio Israel, è avvenuta 60 chilometri a ovest della città di al-Arish, nel Sinai settentrionale dopo l'attacco condotto da uomini armati a volto coperto. Quello di oggi è l'ottavo attentato portato contro il gasdotto da quando, lo scorso febbraio, il regime dell'ex leader egiziano è crollato per lasciare spazio alla giunta militare che tuttora guida il paese. Israele, il cui fabbisogno energetico, ricorda il Jerusalem Post, dipende per oltre un terzo dall'Egitto, legge nella serie di attentati le oggettive difficoltà che le autorità egiziane incontrano nel difendere una fornitura decisa da Mubarak - e contestata da mesi perché non rispondente a criteri di mercato - e a controllare la penisola del Sinai. Ieri, riporta l'agenzia palestinese Ma'an, un membro dell'intelligence egiziana è rimasto ucciso nella regione in una sparatoria mentre oggi il Cairo ha alzato il livello di allerta nel Sinai in previsione di possibili nuovi attacchi di matrice jihadista.

(il Velino, 25 novembre 2011)

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Libano, il mistero del drone scomparso

La trappola di Israele. L'intelligence fa cadere un aereo senza pilota, gli Hezbollah lo trovano ma esplode a comando

di Guido Olimpio

Un drone israeliano
WASHINGTON - Nuova puntata nella guerra delle ombre. Dopo i sabotaggi in Iran, i rovesci per la Cia, che ha perso agenti in Libano e in Iran, tocca agli Hezbollah, il movimento libanese filo-iraniano. I militanti - secondo il sito "Tikun Olam" - sono rimasti vittima di una trappola organizzata dall'intelligence militare israeliano Aman.

LA RICOSTRUZIONE - L'esplosione che ha distrutto un grande deposito di armi e missili a Siddiquin, nel Libano meridionale, sarebbe stata provocata da una sofisticata operazione. L'antefatto: da tempo gli Hezbollah sono alla ricerca di strumenti per poter bloccare elettronicamente i droni usati da Israele. E secondo alcune informazioni forse sono riusciti ad ottenere qualche risultato. Così, quando giorni fa si sono perse le tracce di un velivolo senza pilota israeliano in Libano si è pensato che i militanti avessero fatto centro. Invece, secondo "Tikun Olam", è stato l'Aman a far cadere il velivolo senza pilota in modo che gli Hezbollah potessero trovarlo. In seguito i resti del drone sarebbero stati trasferiti dai guerriglieri nel deposito di Siddiquin dove avrebbero voluto ispezionarlo con cura.

GLI SCENARI - Ma gli israeliani, una volta accertato che si trovava nella base, lo hanno fatto detonare, probabilmente con un segnale lanciato da un altro drone e ciò avrebbero provocato un'esplosione secondaria. Come per altre storie di spionaggio mancano le conferme indipendenti. Le fonti libanesi hanno parlato solo dell'esplosione di un vecchio ordigno e gli Hezbollah hanno preferito restare silenziosi. In attesa di chiarimenti (e di nuova puntata) possiamo immaginare i seguenti scenari. 1) La storia della trappola è credibile: in passato diversi depositi sono stati distrutti con atti di sabotaggio. 2) Questa versione serve a nascondere la perdita di un drone da parte di Israele (per avaria o davvero per mano dei guerriglieri). 3) Israele ha messo in giro la voce per insinuare il dubbio nelle mente degli avversari: se dovessero trovare i resti di un altro velivolo potrebbero farlo saltare per evitare brutte sorprese. Va ricordato che Israele è riuscito a piazzare in territorio nemico apparati di spionaggio ad alta tecnologia e dotati di un sistema di autodistruzione. Sullo sfondo dell'intrigo, infine, resta un punto chiave. La presenza di dozzine di bunker creati dall'Hezbollah nel Libano sud. Rifugi dove sono stoccati migliaia di razzi che possono essere dai militanti per colpire le città israeliane.

(Corriere della Sera, 26 novembre 2011)

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A colloquio con la comunità ebraica più antica al mondo.

Intervista al Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni

  
Riccardo Di Segni
In una cornice suggestiva tra l'Isola tiberina ed il Campidoglio sorge il quartiere ebraico di Roma. La storia del ghetto risale al 12 luglio 1555 quando papa Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l'istituzione del ghetto, chiamato "serraglio degli ebrei", facendolo sorgere nel rione Sant'Angelo accanto al Teatro di Marcello, in una zona malsana, soggetta a inondazioni con cancelli chiusi alla sera e riaperti all'alba.
Fu scelta questa zona perché la comunità ebraica, che nell'antichità classica viveva nella zona dell'Aventino e, soprattutto, in Trastevere, ne costituiva la maggioranza della popolazione. Oltre all'obbligo di risiedere all'interno del ghetto, gli ebrei, come prescritto dal paragrafo tre della bolla, dovevano portare un distintivo che li rendesse sempre riconoscibili: un berretto gli uomini, un altro segno di facile riconoscimento le donne, entrambi di colore glauco (glauci coloris). Nello splendido scenario della sinagoga , abbiamo incontrato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni per conoscere meglio la religione e la cultura ebraica.

- Cominciamo dalle origini. Si può essere ebreo, nascendo da madre ebrea o diventandoci attraverso una conversione di fronte ad un tribunale rabbinico. Cosa significa essere ebrei?
  Ci sono tante discussioni antiche ed attuali sull'identità ebraica. L'ebreo ortodosso si considera appartenente ad un sistema nel quale le regole devono essere osservate secondo i dettami tradizionali. In realtà ogni ebreo è tenuto ad osservare le regole secondo la tradizione, anche se non si definisce ortodosso. La differenza tra ebreo e non ebreo invece è che la condizione ebraica si ottiene con la nascita o attraverso una libera scelta ma quest'ultima presuppone l'impegno all'osservanza delle regole. Non è un atto puramente teorico. Ti devi impegnare a vivere in maniera completamente differente. Poiché è un impegno molto gravoso, noi tradizionalmente non andiamo in cerca delle conversioni, anzi facciamo il possibile per scoraggiare le persone perché non occorre essere ebreo per essere persone oneste e degni di premi in questo e nell'altro mondo.

- C'è un numero a queste regole?
  Il numero delle regole tradizionali è 613 ma quelle da osservare in questo momento storico sono solo un centinaio.

- Molte persone si confondono quando si afferma che discendiamo tutti dagli ebrei. Ci può chiarire la storia com'è?
  Ci sono due modi per intendere questa frase che francamente non ho sentito molto spesso. Un primo modo riguarda una sorta di rapporto religioso per cui la religione cristiana e musulmana sono profondamente debitrici nei confronti dell'ebraismo. L'Islam non si considera discendente dall'ebraismo perché si concepisce come una religione rivelata autonomamente ma è profondamente legato culturalmente ad idee ebraiche essenziali. La religione cristiana invece nasce dall'ebraismo quindi come tali queste religioni sono correlate all'ebraismo, in questo senso c'è una discendenza. In un'altra accezione invece ci potrebbe essere anche una discendenza fisica perché nel corso dei secoli molti ebrei sono stati costretti o hanno scelto di abiurare l'ebraismo per cui le generazioni si sono mescolate.

- Quindi non dipende dalle leggi noachidi, dal fatto che tutti siamo discendenti di Noè?
  Un conto è essere discendenti di Noè ed un altro essere discendenti d'Israele che viene dopo Noè. Tutta l'umanità è noachide secondo la Bibbia.

- Com'è organizzata una comunità ebraica? Come vengono prese le decisioni all'interno della comunità? Su quali tematiche si decide?
  Nella struttura organizzativa dell'ebraismo italiano, gli ebrei che vivono in una città fanno capo ad un'organizzazione unica. C'è quindi ad esempio la comunità ebraica di Roma alla quale si scrivono volontariamente gli ebrei residenti nella città o nella circoscrizione. La comunità è un ente morale che ha come scopo istituzionale quello della salvaguardia e tutela dei valori religiosi della nostra tradizione e quindi si occupa di educazione, di culto e di assistenza sociale, per citare le principali attività. Gestiamo scuole, gestiamo sinagoghe, le attività di culto e l'educazione formale ed informale.

- Vi sono comunità ebraiche in tutto il mondo e quella di Roma è la più antica. Come comunicano tra loro? Vi sono organismi o istituzioni sovranazionali? Come sono i rapporti con la Comunità di Londra?
  L'organizzazione comunitaria inglese è differente da quella italiana. L'affiliazione in Inghilterra passa attraverso la sinagoga e non attraverso la comunità. Esistono in Inghilterra organizzazioni più ampie che raccolgono più sinagoghe come la United Synagogue. I rapporti con loro sono mediati da organizzazioni internazionali che possono essere di tipo laico o altro. Ci sono organi di rappresentanza dell'ebraismo europeo così come ci sono organi di rappresentanza rabbinici ai quali i nostri rabbini fanno capo.

- Seguendo alcune regole quali ad es. il Kasher (Kosher) com'è possibile una convivenza nella società economica politica ed amministrativa in cui si risiede?Un caso pratico: Secondo le regole del kasher l'animale per essere puro deve essere macellato con un solo taglio alla gola eseguito con un coltello affilatissimo, in modo da provocarne l'immediata morte e il completo dissanguamento. Il parlamento olandese sta discutendo una legge per introdurre lo stordimento dell'animale prima dell'uccisione, provvedimento che contrasta con la conformità del Kosher. Cosa avviene in questi casi?
  Quando esiste il rischio che vengano fatte delle norme limitative della libertà religiosa si cerca d'intervenire con tutti i metodi democratici per convincere i rappresentanti del popolo che siedono nei parlamenti o nei governi dei rischi che ciò comporta come limitazione di libertà religiosa in modo democratico ed aperto sperando che ci si riesca. Se non ci si riesce poi ciascuno decide come sopravvivere in una società che assume nei suoi confronti degli atteggiamenti ostili.

- A settembre si è svolto il Festival della Letteratura ebraica a Roma. La letteratura è lo specchio di una società, cammina con essa, ne esprime i suoi tempi ed i suoi valori e disvalori. Cosa esprime a riguardo la letteratura ebraica contemporanea?
  Ci sono molti scrittori di origine ebraica alcuni dei quali portano avanti tematiche generali ed altri esprimono sensibilità che derivano da esperienze ebraiche particolari. Ci sono le sensibilità relative all'abitare nello stato d'Israele , altre che derivano nel vivere le grandi diaspore. Il primo nome che mi viene in mente negli Stati Uniti è Philip Roth. Questi scrittori spesso interpretano le crisi ed i tormenti della società contemporanea mettendoci dentro le sensibilità particolari dell'ebraismo derivanti purtroppo spesso da storie penose e poi uno spirito critico non conformista e spesso ironico.

- Com'è oggi il dialogo religioso con la Chiesa cattolica? Vi sono delle differenze tra il rapporto con Papa Benedetto XVI e Papa Giovanni Paolo II?
  La differenza che c'è dipende dallo stile e dal carattere dei personaggi. Giovanni Paolo II era un personaggio mediatico che si esprimeva attraverso grandi gesti. Benedetto XVI è un papa molto più intellettuale e riflessivo che si esprime in maniera differente. Esiste un continuo contatto ed una modalità di collaborazione, di scambio corretto di opinioni.

- La religione cattolica spesso deve adattarsi ai tempi rivedendo alcuni suoi dogmi. La religione ebraica è dinamica e si sta evolvendo verso una visione futura?
  Dipende dagli argomenti. Vi sono settori in cui si è evoluta ed altri in cui è rimasta rigida.

- Un esempio per tutti?
  Ad esempio nel diritto familiare un tempo c'era il ripudio e la poligamia. Da mille anni a questa parte la separazione è consensuale e la poligamia è proibita.

- E' ammesso il matrimonio fra non ebrei? Dato che si nasce da madre ebrea , una donna ebrea può sposare un non ebreo?
  Non è lecito secondo la nostra religione perché il rapporto fra coniugi rientra fra le norme fondamentali della vita religiosa e quindi si creerebbero delle situazioni conflittuali.

- Perché la religione ebraica ha bisogno di un territorio-Stato?
  In realtà prima della religione ebraica è il popolo che ha bisogno di un territorio nel quale possa vivere libero ed indipendente senza leggi limitative delle proprie espressioni culturali. La religione ebraica ha bisogno di un territorio perché c'è un rapporto particolare con una terra destinata ad Abramo ed i suoi discendenti e non è un modo completo di vivere l'esperienza religiosa quella che si fa fuori dalla terra. In realtà siamo tutti degli esiliati. Anche Adamo è un esiliato. Noi nella storia della dispersione della diaspora sperimentiamo l'esilio. Ma quest'ultimo è un momento nella storia, non è la storia.

- Com'è possibile che in una città come Londra convivono ortodossi ebrei e musulmani nella zona di Wood Green e Golders Green pacificamente e la stessa convivenza non è possibile in terra d'Israele?
  Intanto spero che quello che lei dice si mantenga nel tempo. Dall'Inghilterra io ho dei segnali molto preoccupanti. Il problema degenera quando la politica inquina i rapporti ossia quando una persona diversa da me per credo, mi guarda non come una persona diversa di credo, da rispettare o non rispettare secondo il suo livello di tolleranza, ma mi guarda come cittadino di uno stato nemico all'estero, allora c'è l'inquinamento politico del rapporto.

- Pensa che la convivenza pacifica avviene perché mossi da una stessa motivazione ossia fare business in terra straniera?
  Intanto non una terra straniera: qui noi abitiamo da 21 secoli. In molti casi effettivamente l'equilibrio nasce da necessità economiche, ben vengano se portano la pace. Soltanto che in questa società stanno saltando certi meccanismi, per cui siamo a rischio.

- In un'intervista Lei ha affermato che in un teorico Stato d'Israele non ci sarebbe nessun spazio per l'idolatria. Quindi nessun altro culto. Ma se tutti gli stati avessero questo dogma non esisterebbe alcuna sinagoga. Che ne pensa?
  Rimaniamo sul piano teorico.

- Sareste disposti ad accettare l'interculturalità ossia il fatto che altre religioni e culture possono arricchire il cammino? E' possibile che persone di diversi culti non solo convivano insieme ma compiono insieme il cammino arricchendosi vicendevolmente della propria tradizione? Due amici, ebreo e non ebreo, possono esserlo fino in fondo o c'è sempre qualcosa che li separa?
  Che vuol dire fino in fondo?

- Nel senso di capire se viene prima il lato divino in una persona o il lato umano?
  Ci sono infinite variabilità in questo discorso stiamo facendo una teorizzazione che ci porterebbe a conseguenze assurde rispetto alla realtà.

- Nel senso?
  L'amicizia si fonda su un rispetto reciproco che è anche comprensione delle differenze. Se non c'è rispetto della diversità e della dignità dell'altro non può esserci amicizia.

- Lei è un medico. In relazione alla sua religione cosa ne pensa dell'eutanasia?
  L'eutanasia attiva non è accettata nella nostra religione.

- E dell'aborto?
  No l'aborto è differente. Il concepito non è tutelato come la madre, non è una vita autonoma con un diritto civile. Quindi in caso di conflitto tra diritto materno alla vita e diritto del feto si sceglie la madre anche se questo è un tema diverso dall'interruzione della gravidanza in sé.

- Italiano e romano. Se si creasse davvero lo Stato d'Israele, cambierebbe la sua vita radicalmente andandosene dall'Italia?
  Non si tratta di stato teorico. Esiste uno stato d'Israele adesso al quale sono rivolti i nostri occhi. Il problema è pratico. C'è e bisogna continuare a chiedersi per quale motivo uno si trovi qui piuttosto che lì.

- Come reagisce la comunità davanti ad un ebreo che decide di cambiare religione?
  In questo periodo sono abbastanza rari. E' considerata una perdita, è considerato un atto che rappresenta il fallimento delle nostre strutture educative.

da L'ItaloEuropeo, Londra

(Piazza Grande, 25 novembre 2011)

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Egitto: giornaliste straniere violentate in piazza

di Armida Tondo

Caroline Sinz
Caroline Sinz, giornalista di France 3, ha raccontato dopo essersi fatta soccorrere al pronto soccorso del Cairo, di essere stata malmenata e violentata davanti alla folla in Piazza Tahrir.
"Sono stata insieme al mio collega operatore, aggredita e picchiata. Alcuni uomini mi hanno poi portato a poca distanza dall'aggressione, dove sono stata afferrata da molti uomini e ho subito un'aggressione sessuale in mezzo alla gente, in pieno giorno. Anche altre giornaliste hanno subito violenze". Queste le parole della giornalista.
La sola " colpa" dell'inviata della France 3 è quella di essere giornalista e pronta a portare a conoscenza del mondo la violenza che continua a perseverare in Egitto, lei rea di commentare le immagini sulle manifestazioni di piazza Tahrir.
Carolina non è la sola ad aver denunciato le violenze sessuali dalle donne dei media presenti nel paese africano, la giornalista Mona Eltahawy, che ha doppia nazionalità egiziana e americana, ha consegnato a Twitter l'incubo di 12 ore di detenzione, ha parlato di botte, umiliazioni e molestie sessuali subite dagli uomini delle forze di sicurezza.

Lara Logan
Già nel mese di febbraio di quest'anno, un'altra giornalista, Lara Logan, inviata della Cbs News, durante i festeggiamenti per le dimissioni di Mubarak a piazza Tahrir, al Cairo, per ben venti minuti è stata violentata, in una piazza libertaria, euforica, democratica, in duecento hanno separato dal gruppo la famosa giornalista americana, nata in Sudafrica, bella, bionda e bianca, che stava facendo il suo lavoro, l'hanno picchiata e violentata, non si è ancora parlato di stupro, ma di un "violento e sostenuto attacco sessuale", per venti minuti, forse mezz'ora, gridandole: "Ebrea! Ebrea!".
Se è questa la libertà e la democrazia che fanno scendere in piazza la folla…forse è il caso di spiegare a chi è complice attivo e passivo, che la libertà e la democrazia non prevedono la violenza sulle donne!
Le giovani donne presenti in quella piazza che hanno avuto il coraggio di lottare per la libertà, avrebbero dovuto e devono difendere la dignità della donna!

(ItalNews, 25 novembre 2011)

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Microsoft acquista la startup israeliana VideoSurf per $100M

di Rosario Grass

Microsoft ha annunciato l'acquisizione della startup israeliana con sede in California VideoSurf. Fondata nel 2006, VideoSurf offre una tecnologia back-end che è in grado di individuare i contenuti all'interno dei video e migliorare così le ricerche, sia come velocità che come precisione.
Microsoft integrerà questa tecnologia nell'ecosistema XBox 360 al fine di migliorare la ricerca dei contenuti video di XBox Live. Non vengono chiariti i termini finanziari dell'operazione, ma secondo indiscrezioni raccolte da TechCrunch Microsoft ha investito da 70 a 100 milioni di dollari per completare l'acquisizione di VideoSurf.
Sicuramente si tratta di un'operazione diversa da quella che ha portato all'acquisizione di Skype, in cui Microsoft mise sul piatto della bilancia circa 8,5 miliardi di dollari. Tuttavia si tratta di un intestimento interessante se si considera che la società acquisita è una promettente startup relativamente giovane.
VideoSurf è stata fondata da quattro imprenditori israeliani: Eitan Sharon, Lior Delgo, Shai Deljo e Achi Brandt. In passato è stata inoltre in grado di raccogliere un investimento da 28 milioni di dollari, proveniente da una cordata guidata da Sheryl Sandberg, COO di Facebook, e da suo marito David Goldberg, CEO di SurveyMonkey. Facevano parte dell'operazione di investimento anche Al Gore e Joel Hyatt, CEO di Current Media, oltre che Pitango VC e Verizon Ventures.
Come succede per Skype, dunque, Microsoft vuole integrare la tecnologia acquisita all'interno di XBox Live. Nel primo caso intende migliorare le comunicazioni tra chi gioca su console oltre che l'interazione vocale attraverso Kinect, mentre con VideoSurf vuole migliorare la ricerca video adesso che sta per includere i contenuti televisivi di 40 provider.
Mentre questo tipo di ricerche è al momento affidato solamente ai metadati forniti da proprietari dei video, con tecnologia VideoSurf si ottiene maggiore versatilità nell'individuazione di specifici contenuti. Questa tecnologia è infatti adesso pensata per individuare i contenuti nei video presenti in servizi come Hulu, Dailymotion e Metacafe. VideoSurf, infatti, si basa su tecnologia di riconoscimento facciale e vocale, attraverso le quali riesce a eseguire le ricerche all'interno dei filmati. Altre informazioni sulla tecnologia VideoSurf e sull'operazione di acquisizione di Microsoft si trovano qui e qui.

(gamemag.it, 25 novembre 2011)

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Tel Aviv, il nuovo museo apre con Anselm Kiefer

  L'esterno del museo
Un edificio destinato ad ammaliare e a far discutere, nato com'è per competere con le opere che ospita, come avviene per tutti i musei creati dopo il Guggenheim di Bilbao. E una mostra che a sua volta ha grande valore simbolico, per il luogo in cui viene ospitata. Ecco il nuovissimo edificio del Tel Aviv Museum of Art, che per i suoi primi mesi di vita ha scelto di ospitare una grande mostra di Anselm Kiefer, l'artista tedesco noto per la sua ricerca ossessiva, catartica, sull'Olocausto e sulla cultura ebraica. La mostra si chiama "Breaking the vessels" (rompere i vasi, che, secondo la Kabbalah, contenevano l'emanazione della luce divina prima della nascita del cosmo) e va a riempire spazi nati per diventare lo scrigno dell'arte contemporanea israeliana in un ambiente che vuole essere, esso stesso, simbolo della cultura del Paese. L'Herta & Paul Amir Building è opera di Preston Scott Cohen, architetto basato nel Massachusetts e ha raddoppiato, con i suoi 19 mila metri quadri d'area, lo spazio del Museo della più importante città costiera israeliana.

(la Repubblica, 25 novembre 2011)

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Decolla su ali tecnologiche l’interscambio Italia-Israele

TEL AVIV, 25 nov. - Nei primi 10 mesi del 2011, l'interscambio commerciale tra Italia e Israele e' cresciuto del 22,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. E' quanto si apprende da fonti commerciali dell'ambasciata italiana a Tel Aviv. Da gennaio a ottobre, il volume complessivo degli affari tra i due Paesi ha raggiunto quota 3,7 miliardi di dollari, contro i 3 contabilizzati nel 2010. In forte crescita soprattutto le esportazioni da Roma verso Tel Aviv, che hanno messo a segno un aumento del 32%, passando da 1,9 a 2,5 miliardi di dollari. La diplomazia tricolore sottolinea che l'Italia sta consolidando il suo quarto posto nella graduatoria dei maggiori fornitori di Israele dopo USA, Cina e Germania. "In particolare - osservano le fonti - si stanno intensificando notevolmente i flussi di trasferimento tecnologico tra industrie italiane e israeliane e si e' sviluppata una fitta rete di attivita' bilaterali di ricerca di base e applicata, tanto che l'Italia, gia' dal 2009, e' il primo partner scientifico di Tel Aviv in Europa".

(AGI, 25 novembre 2011)

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Basket Eurolega Maccabi Tel Aviv - Emporio Armani Milano 85-76

Israeliani sempre avanti, Top 16 lontanissime

Il Maccabi Tel Aviv sconfigge per 85-76 l'Emporio Armani Milano e si conferma in testa al gruppo C di Eurolega dopo 6 giornate.
Maccabi Tel Aviv avanti. Maccabi Tel Aviv che ci mette poco a prendere il largo; la difesa dell'Emporio Armani Milano regge qualche possesso iniziale, poi gli israeliani iniziano a scavare il solco dominando in area e creandosi così lo spazio per un gioco che alterna giocate in post basso a tiri da fuori che colgono completamente impreparati i ragazzi di Scariolo.
Emporio Armani in grande difficoltà. Nel secondo quarto il Maccabi Tel Aviv se ne va tranquillo in vantaggio, quasi sempre in doppia cifra, sfruttando molto anche i secondi tiri che colpevolmente i milanesi concedono. Milano in attacco fa una fatica pazzesca e le soluzioni sono sempre molto cervellotiche; i tiri sono spesso costruiti male, ed entrano molto raramente.
Gallinari c'è. Nel terzo quarto l'Emporio Armani Milano si sveglia grazie soprattutto ad un grande Gallinari e rientra sino al -3, ma proprio nel momento di raggiungere l'avversario si inceppa improvvisamente in attacco ed il Maccabi non si fa pregare per dilatare nuovamente il vantaggio.
Nokia Arena inespuganbile. Ad inizio ultimo quarto il Maccabi Tel Aviv scava ancora un solco in doppia cifra e praticamente chiude l'incontro perchè Milano riesce ad avvicinarsi solamente sino al -5 in qualche occasione, ma è troppo discontinua in attacco e troppo arrendevole a rimbalzo in difesa per potere pensare di espugnare la Nokia Arena.

(Te La Do Io L'America, 24 novembre 2011)

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Israele non vuole il governo di unità nazionale con Hamas

Se Abu Mazen si unirà con Hamas, Israele si fermerà definitivamente il trasferimento di fondi all'Autorità Palestinese, ha minacciato ieri il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Il Ministro ha dichiarato che se i palestinesi stabiliranno un governo di unità senza Hamas e accetteranno di riconoscere Israele e fermeranno il terrorismo, Israele agirà a favore dell'Autorità palestinese. "Se non accettano le chiare condizioni del Quartetto, senza dichiarazioni vaghe, Israele non riconoscerà il nuovo governo di unità, non avvierà alcun dialogo e n on effettuerà alcun trasferimento di un solo penny", ha dichiarato Lieberman. Affermazioni simili sono state rilasciate anche dal primo ministro Benjamin Netanyahu, il quale sostiene che il comportamento dei palestinesi è lontano dalla pace ". Nonostante le dichiarazioni forti provenienti da Gerusalemme, agenzie di stampa palestinesi hanno riferito ieri che al Cairo, continuano i preparativi per l' incontro di oggi tra il capo dell'ufficio politico di Hamas Khaled Meshal e Abu Mazen. Il primo punto all'ordine del giorno sono le "questioni strategiche e politiche riguardanti l'attuazione del contratto di riconciliazione", poi si passerà alla composizione del nuovo governo di unità nazionale.

(FocusMO, 24 novembre 2011)

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Israele e Kenya unite in nome della sanità avanzata

di Marco Mancini

L'emergenza sanitaria in Kenya potrebbe essere alleviata da una tecnica di ultima generazione inventata in Israele. Il modello di struttura sanitaria innovativa è stato realizzato dal Terem Emergency Health Centers, una catena di 5 centri medici d'emergenza con sede a Gerusalemme, che basano la loro strategia sulle tecnologie della comunicazione.
La tecnica è semplice: i cinque centri si occupano di tutti i casi non gravi. In questo modo l'ospedale principale della città si occupa solo delle vere e proprie emergenze, alleggerendo il carico di lavoro e migliorando il servizio fornito ai propri cittadini. Gli ospedali comunicano tra di loro grazie ad internet e ad un software che gli permette di comunicare per trasferire immagini di esami diagnostici a risoluzioni ottimali e condividere le informazioni in tempo reale tramite lo streaming.

Una tecnica low cost ma molto produttiva che il Kenya, un Paese da 35 milioni di abitanti sempre in emergenza, ha deciso di adottare. Con il supporto di Naum Kovalski, direttore e assistente medico del centro Terem, il Ministro della Salute del Paese africano ha deciso di creare 50 cliniche sulla stessa linea di quelle israeliane, da costruire in tutto lo Stato. Il Kenya, nonostante uno dei tassi di povertà più alti al mondo, ha uno sviluppo tecnologico quasi al livello dei Paesi Occidentali. I kenyoti infatti sono spesso possessori di telefonini ed hanno accesso ad internet, dunque queste cliniche potrebbero lavorare a pieno ritmo proprio come avverrebbe in Italia o in Israele.
Il progetto è nato in seguito al processo di modernizzazione del Paese che va avanti da qualche anno, dopo che un gruppo di medici israeliani era stato inviato in Kenya per vedere se c'erano le possibilità di costruire centri come quello di Gerusalemme. Alla fine della guerra civile, il Ministro della Salute ha visitato la Capitale israeliana ed è rimasto impressionato dall'efficienza del sistema, tanto da chiedere che venga replicato anche nella sua nazione.
Con le tecnologie, si può fare molto di più di quanto si potesse prima, come la formazione e le consulenze. Molto sarà fatto dai telefoni cellulari e tramite questionari. In questo modo si salveranno vite umane, anziché lasciare che i pazienti viaggino fino a Nairobi rischiando di morire per strada,

ha concluso Kovalski. I risultati del centro Terem sono impressionanti. Oggi cura circa 215 mila pazienti all'anno; nelle aree in cui uno dei suoi centri è presente si calcola un calo dei ricoveri negli ospedali dal 30 al 50%, solo il 7% dei suoi pazienti viene poi trasportato in ospedale, il cui lavoro diventa così meno pesante, e la qualità del servizio raggiunge livelli eccellenti.

(Medicina Live, 24 novembre 2011)

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Una lettera al periodico "Oggi"

Gli ebrei emigrati amano l'Italia. Viceversa un po' meno…

Caro Direttore,

il mio bisnonno era ufficiale con Garibaldi, mio nonno funzionario di polizia, mio padre è stato per anni consigliere comunale e assessore di una città di media grandezza. Per anni, in occasione delle feste nazionali, in tutta la strada c'erano due sole bandiere: l'Azienda del Gas e noi. Dopo il mio trasferimento all'estero negli anni Settanta la sera mi sintonizzavo sulla radio italiana e, alla fine delle trasmissioni, mi ritrovavo sola, in cucina, in piedi ad ascoltare l'inno nazionale pensando alla patria lontana. Epppure ora leggo che, secondo un'indagine tenuta in Italia, un italiano su quattro non mi considera una "vera italiana". Perché sono ebrea. Inoltre, un italiano su tre non prova simpatia per gli ebrei, e mi chiedo se hanno mai avuto l'occasione di frequentare abbastanza ebrei per farsi un'opinione (ce ne sono solo 30-40.000 in tutta Italia, una goccia nel mare), oppure se se la sono formata per sentito dire o per propaganda di vario tipo.
Mi spiace, soprattutto per loro.
Dal canto mio ho cercato di insegnare ai miei figli, al meglio delle mie possibilità, l'amore per l'Italia, per la lingua (che parlano bene), la cultura e l'arte del mio Paese. Amore, a quanto vedo, scarsamente corrisposto.
Cordialmente

Silvana, Bruxelles

(Oggi, 24 novembre 2011)

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"Ebreo o non ebreo": l'app choc non esiste più

"Juif ou pas juif" è scomparsa dallo store di Apple, ma la LICRA chiede di più

  
Un'applicazione per iPhone e iPad desta scalpore: "Juif ou pas juif" offriva la possibilità di consultare un vastissimo database di personaggi famosi per scoprire se avessero o meno origini giudaiche. Apple è conosciuta per utilizzare severi criteri di selezione delle applicazioni che vengono accettate e pubblicate sullo Store, criteri che questa volta sembrano non aver soddisfatto i molti che si sono sentiti offesi. Grazie alle segnalazioni, l'applicazione è stata ritirata in tutto il mondo. La Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo (LICRA) chiede però un intervento più radicale.

SENTENZA DEFINITIVA - La saga legata all'applicazione "ebrei o non ebrei" ha letteralmente avvelenato Apple per due mesi per completare. Quest'oggi le associazioni antirazziste hanno abbandonato le intenzioni di ricorso dinanzi al tribunale di Parigi poiché il controverso giochino è stato ritirato dagli App Store di tutto il mondo. Pubblicata lo scorso 9 agosto, l'applicazione francese "Juif ou pas juif" proponeva una lista di 3500 persone di origine o fede ebraica. Il 14 settembre la Apple ha rimosso dalla vendita l'applicazioni in Francia, eliminazione successivamente estesa a tutta l'Europa il 18 ottobre, a seguito di un breve ritorno online sull'App Store francese. Nonostante ciò, "Juif ou pas juif" era ancora disponibile altrove.

LE COLPE - L'eliminazione totale ottenuta oggi non è opera di Apple, ma dello sviluppatore del software, Johann Levy. Me Stéphane Lilti, a nome di quattro associazioni antisemite (l'Unione degli studenti ebrei di Francia (UEJF), J'accuse, SOS Racisme e il Movimento contro il razzismo e per l'amicizia fra i popoli), ha dichiarato: "Sono lieto che il signor Levy si sia pentito in ritardo e abbia saggiamente deciso di ritirare l'applicazione". L'avvocato, che ha consigliato l'abbandono del procedimento legale, ha sostenuto che ricorso alla Corte "ha avuto effetto positivo". La Corte Distrettuale di Parigi ha atteso questa mattina il ritiro delle accuse anche da parte della Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo (LICRA), ponendo fine a tutti i processi legati all'applicazione. La LICRA, però, chiede ad Apple che rimuova forzatamente l'applicazione anche a chi l'ha acquistata e installata precedentemente. Una curiosità: pare che Johann Levy, quando ha progettato l'applicazione, temesse che potesse sembrare troppo "pro-ebrei". Chissà invece cosa ne pensa ora.

(Giornalettismo, 24 novembre 2011)

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Escrementi e svastiche al ristorante ebraico. Il proprietario: colpito sette volte in cinque mesi

Escrementi e frutta gettati davanti all'entrata del ristorante kosher di Monteverde Vecchio.

Il locale «Barrilli 66» finisce nel mirino di un gruppo ignoto di estremisti. L'ultimo episodio sabato scorso. Quando Simone Efrati, proprietario del ristorante, è andato nel tardo pomeriggio ad aprire i lucchetti, ha trovato sulle sue vetrine una pioggia di cachi. E per l'ennesima volta ha dovuto prendere straccio e sapone per ripulire il locale dall'atto vandalico. È almeno la settima volta che succede dall'estate scorsa. «Da cinque mesi - racconta Efrati - mi hanno preso di mira. Ho chiesto aiuto al commissariato di polizia di Monteverde, dove ho fatto denuncia e ci sono delle indagini in corso. La prima volta che ho subito il primo torto, ho trovato una secchiata di escrementi sulla porta d'entrata. Non avrei mai pensato che potessero ancora succedere cose del genere». Pochi giorni dopo il primo atto vandalico, la storia si è riputeta. Il ristoratore ha trovato dei pomodori schiacchiati sulla vetrina. Efrati ha iniziato, parallelamente al lavoro delle forze dell'ordine, a ragionare per capire quale potesse essere l'origine di quei gesti. Ha inizialmente pensato alla possibilità di aver dato fastidio alla concorrenza: «Ma con la pasticceria Dolci Desideri qui accanto ho ottimo rapporti e a volte sono stati loro a chiamarmi per dare l'allarme». Poi ha ragionato sui condomini del palazzo. Ma ancora nulla. Finché una mattina, assieme alla frutta spremuta sulla porta, ha trovato uno sticker. Un adesivo con disegnata sopra una svastica e la scritta «White Power!», potere bianco. A quel punto per Efrati era chiaro: «Quelli che subisco da alcuni mesi sono dei veri e propri atti di antisemitismo, anche se non so dire se provengono da una singola persona o da un gruppo». Del resto che il ristorante è gestito da un ebreo è chiaramente visibile. Nell'insegna del locale troneggia la parola «kosher» (che richiama le regole alimentari ebraiche), all'interno ci sono scritte a caratteri ebraici e lo stesso Efrati serve ai tavoli con in testa la sua kippà, il copricapo ebraico. Se serviva un'ulteriore conferma, ecco che il mese scorso l'autore - o gli autori - dei gesti razzisti si sono concentrati su un simbolo ebraico. Hanno spalmato i cachi sulla «mezuzà», un oggetto che contiene delle preghiere in ebraico ed è posto all'interno dello stipide della porta d'entrata. Non solo. Sono stati anche strappati tutti i cartelli del menù in esposizione che contengono la parola «kosher». «Ogni volta - spiega Efrati - sono costretto a mandare giù un boccone amaro e ripulire. Spero che le forze dell'ordine riescano a fare luce su questa storia che sta colpendo il mio ristorante e tutti quelli che hanno cuore il rispetto del prossimo».

(Il Tempo, 24 novembre 2011)

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Tel Aviv capitale dell'arte nel 2012...

Che avete da fare il primo week end della prossima primavera? Ve lo diciamo noi. Prenotate un biglietto aereo per Tel Aviv perché il 2012 sarà l'anno dell'arte nella città israeliana e il clou sarà proprio nel week end dal 21 al 24 marzo. Perché accade tutto questo? Perché il museo di arte contemporanea di Tel Aviv ha inaugurato la sua nuova sede, la più grande collezione di arte di tutto lo stato d'Israele.
Il prossimo 22 marzo si apre l'iniziativa con MAR, una maratona che vedrà aperto al pubblico il museo per intere 24 ore con incontri con curatori, visite guidate e corsi sull'arte. Il giorno successivo GaGa, un grande evento a base di danza in collaborazione con Ohad Naharin della Batsheva Dance Company e sabato 24 un grande film all'aperto proiettato sulle strade, negli spazi urbani e nelle zone che per tutto il week end verranno attraversate da iniziative pubbliche e percorsi sull'arte contemporanea.
Che aspettate? Sono già disponibili pacchetti week end per voli e alberghi! (a cura di matteo bergamini)

(exibart.com, 23 novembre 2011)

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Ricerche gas: cresce la tensione tra Cipro e Turchia

Lo scorso settembre Cipro annunciava l'avvio delle operazioni per la ricerca di gas nel Mediterraneo, con l'aiuto della compagnia statunitense Noble Energy. Perforazioni nella zona economica esclusiva di Cipro che potrebbero portare alla scoperta di importanti quantitativi d'idrocarburi.
L'anno scorso un nuovo giacimento con immense riserve al largo di Israele, Libano e Cipro, aveva risvegliato gli appetiti dei Paesi della regione. La questione è certamente economica ma non solo.
La collera di Ankara è esplosa subito dopo l'annuncio dell'avvio delle perforazioni. La Turchia ha immediatamente inviato nella regione una nave militare di prospezione precisando che quelle zone rimarranno sotto la sorveglianza costante dell'aviazione e della marina turca.


Dietro la rabbia di Ankara si nascondono le pessime relazioni del Paese con Israele. Le trivellazioni sono infatti frutto di un accordo firmato nel dicembre 2010 da Cipro e Israele che delimita le zone di competenza economica esclusiva al fine di continuare a cercare assieme giacimenti sottomarini nelle enormi riserve di gas naturale della regione.
Come si vede in questa carta, in grigio, la zona d'esplorazione si estende sulle acque territoriali libanesi, israeliane e cipriote.
Il potenziale è enorme: si stima che i giacimenti scoperti nell'area siano pari a 450 miliardi di metri cubi di gas. Ma più di 250 miliardi sarebbero ancora da scoprire. Per quanto riguarda il petrolio, le riserve stimate ammontano a 4,2 miliardi di barili.
La Tuchia non riconosce Cipro, e le sue relazioni con Israele si sono andate deteriorando dal maggio 2010, dopo l'assalto alla flottiglia umanitaria con destinazione Gaza. Secondo Ankara fino a quando non sarà trovato un accordo sulla riunificazione di Cipro, nessuno dovrà sfruttare queste ricchezze, altrimenti la parte turca dell'isola ne sarebbe esclusa.
Erdogan intanto minaccia di congelare i suoi rapporti con Bruxelles se non verrà trovata una soluzione prima che, fra otto mesi, la presidenza dell'Unione europea passi a Cipro: "Noi non riconosciamo affatto Cipro del Sud, non ci siederemo mai al tavolo con loro se assumeranno la presidenza dell'Unione europea"
Il conflitto sui giacimenti potrebbe essere un ostacolo supplementare in una vicenda ferma al 1974: anno della suddivisione dell'isola tra Turchia e Grecia.

(euronews, 23 novembre 2011)

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Dopo 500 anni la Torah torna a Siracusa direttamente da Israele

Per la Comunità ebraica "è segno di rinascita in Sicilia"

  
Dopo la rinascita della comunità ebraica con la costituzione, a Siracusa, il 22 marzo 2010, della Federazione delle Comunità ebraiche del bacino del Mediterraneo, domani, giovedì 24 novembre, alle ore 18, nella sede della Sinagoga e del Centro Sefardico Siciliano di via Italia 88 a Siracusa, si svolgerà la cerimonia solenne di accoglienza del Sefer Torah, proveniente da Israele. Ministro della cerimonia sarà il Rabbino capo Stefano Di Mauro Ytzhak ben Avraham.
La cerimonia assumerà un carattere particolarmente simbolico e festoso per un evento verificatosi in questi giorni dal sapore miracolistico, che viene interpretato dalla Comunità ebraica come un segno della presenza divina che segue il progetto di rinascita dell'Ebraismo in Sicilia: "Dagli Stati Uniti - spiega il Rabbino Di Mauro - e precisamente dalla Sinagoga North Miami Beach, mi sono stati donati altri due Sefarim Torah e quindi la cerimonia vedrà l'ingresso di non uno, bensì di tre Sefer Torah nella nostra Sinagoga. L'arrivo di un nuovo Sefer Torah è l'arrivo della parola di Dio, la legge ebraica che governa ogni momento, ogni comportamento ed ogni aspirazione degli ebrei".
La Torah torna dopo 500 anni in Sicilia perché dopo la cacciata degli Ebrei nel 1492, fuggiti prima in Calabria poi verso Salonicco ed altri luoghi della diaspora. L'inizio della cerimonia è previsto per le ore 18 con un corteo che porterà il Torah in Sinagoga. Dopo la lettura di alcuni salmi interverranno il Rabbino capo Di Mauro e le autorità presenti. La cerimonia si concluderà con la deposizione del Sefer Torah nell'Aron Kodesh. Al termine verrà offerto a tutti i presenti un rinfresco di cibi kasher.

(SiracusaNet.it, 23 novembre 2011)

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Colloquio Monti-Netanyahu, presto un incontro

ROMA - Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, ha ricevuto oggi una telefonata dal Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu.
Il Primo Ministro Netanyahu - riferisce un comunicato di palazzo Chigi - si è congratulato con il Presidente Monti per la sua nomina a Capo del Governo italiano e per l'amplissimo sostegno ricevuto dal Parlamento, auspicando di avere presto occasione di un incontro per approfondire ulteriormente le già intense relazioni bilaterali.
Il Presidente Monti ha ringraziato il Primo Ministro Netanyahu per le sue parole, confermando l'auspicio di potere realizzare quanto prima un incontro.
I due Capi di Governo hanno concordato di tenersi in stretto contatto.

(La Politica Italiana.it, 23 novembre 2011)

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Hezbollah: un colpo di stato militare, qualora il regime di Assad cadesse

Gli Hezbollah in Libano stanno considerando la via del colpo di stato qualora il regime di Assad dovesse cadere a seguito delle manifestazioni o per l'intervento militare internazionale. Attivisti di Hezbollah hanno riferito ad Al - Arabiya che la leadership di Hezbollah ha espresso una reale preoccupazione sulla caduta di Bashar Assad, che è considerato un alleato strategico per l'Iran e Nasrallah. Secondo le fonti si sta pianificando un colpo di stato militare, in collaborazione con altri funzionari libanesi, fedeli a Hezbollah.

(FocusMO, 23 novembre 2011)

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A Tel Aviv sfila il futuro della moda

Roberto Cavalli fa da padrino alla kermesse che vede in passerella i talenti di ieri e di oggi. E intanto la Camera della moda italiana sigla un accordo di collaborazione che faceva gola a molti

di Laura Asnaghi

La moda israeliana incensa, come una star, Ovadia Yosef, il rabbino ultra radicale, che vorrebbe persino gli autobus "kosher", con uomini e donne separati. A Tel Aviv ha debuttato la prima settimana della moda e Dorit Bar Or, attrice e stilista, ha reso omaggio alle sue radici. Ispirandosi al rabbino ultra ortodosso, famoso per i suoi cappotti con foglie dorate, ha creato abiti neri iperdecorati, mentre per la compianta Callas d'Egitto, Oum Kalthoum, ha realizzato in passato mises degne di una diva.
La Dorit è una donna di carattere, stravede anche per Golda Meir e nel suo atelier ha un mega poster a ricordo della prima donna a diventare primo ministro israeliano nel 1969. La Tovale, invece, una vulcanica sessantenne, con la stella di David tatuata sul viso, cresciuta in un kibbutz, adora Rabin, il primo ministro assassinato 16 anni fa, la cui foto campeggia nella vetrina della sua boutique a Tel Aviv. La Tovale è riuscita a sublimare le divise da lavoro dei kibbutz, in abiti couture di grande bellezza, super costosi. La passerella israeliana alla sua prima edizione, con 18 sfilate, ha avuto tra le presenze di spicco la prima moglie di 95 anni di Moshe Dayan, seduta nel parterre di Dorin Frankfurt, il marchio bon ton di Tel Aviv. Israele apre le porte alla moda e Roberto Cavalli, con una spettacolare passerella, ha fatto da padrino alla manifestazione. Per lui standing ovation e assedio di fans, dentro la Tahanà, l'antica stazione turca, quartier generale della moda, guidato dal giovane Lev Otfir, con il quale Mario Boselli, il presidente della Camera della moda, ha siglato, grazie a un lavoro diplomatico dell'ambasciata italiana, un accordo di collaborazione, che faceva gola ai francesi.

(la Repubblica, 23 novembre 2011)

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Manoscritti illustrati ebraici al museo nazionale di Zurigo

Fino al prossimo 11 marzo il museo nazionale di Zurigo presenta i testi illustrati ebraici della collezione Braginsky. L'esposizione intitolata "Schöne Seiten" (in italiano belle pagine, ma anche lati buoni o belle prospettive) comprende scritti di vario tipo, che vanno dal 1288 fino al XX secolo, comprendenti manoscritti, rotoli, libri stampati e contratti matrimoniali.
In una trentina d'anni il finanziere zurighese René Braginsky ha raccolto numerosi pezzi provenienti da Europa, Asia, Nordafrica e Vicino Oriente, che in un comunicato odierno il museo nazionale definisce "tesori di eccezionale valore estetico e culturale".
I testi illustrati offrono uno spaccato del mondo ebraico dei secoli scorsi e mostrano il ruolo centrale svolto dalla scrittura. Fra di essi anche i rotoli di Esther, il libro biblico che tradizionalmente viene letto durante la festa del Purim, il carnevale ebraico.

(swissinfo.ch, 23 novembre 2011)

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Belgio - Una studentessa picchiata perché è ebrea

Una belga di 13 anni è stata picchiata venerdì scorso da cinque ragazze di origine marocchina all'uscita di un corso sportivo a Bruxelles. Le hanno rinfacciato la sua religione.

BRUXELLES - Venerdì scorso, alle 16, Océane Sluijzer (13 anni) aveva appena finito il suo allenamento. Mentre lasciava il centro sportivo di Neder-Over-Heembeek, a nord di Bruxelles, è stata presa di mira da cinque ragazze un po' più grandi di lei. Océane è stata trattata da "sporca ebrea" e ha preso due schiaffi, riporta il giornale «La Dernière Heure».
Océane ha tentato invano di fuggire. Afferrata dalla banda di ragazze, è stata picchiata dopo aver sentito ripetere: "Sta' zitta, sporca ebrea e torna al tuo paese." "Le sono andate addosso in cinque, l'hanno afferrata per i capelli e le hanno fatto battere la testa sulle ginocchia. È stata picchiata da tutte le parti ", ha detto suo padre.
Ha spiegato che era da qualche tempo che sua figlia aveva problemi con altri studenti della sua scuola. "Mia figlia è stata chiamata sporca ebrea almeno una dozzina di volte l'anno scorso e, già alcune volte a partire dall'inizio dell'anno scolastico. C'è un antisemitismo latente in questa scuola, e del resto ne avevo già avvertito il Provveditore", dichiara.
Océane soffre di una commozione cerebrale e di una infiammazione delle vertebre cervicali. Ha presentato denuncia alla polizia e ha identificato tre dei suoi aggressori, che frequentano la sua stessa scuola.
Il Comitato di Coordinamento delle Organizzazioni ebraiche del Belgio (CCOJB) si è detto "scioccato" dall'aggressione antisemita subita da Océane. Il CCOJB ha chiesto alle autorità giudiziarie di fare in modo che l'inchiesta sia accelerata senza indugio e si riserva il diritto di intentare una causa civile a questo riguardo. Ribadisce inoltre la sua richiesta al Ministro dell'istruzione, Marie-Dominique Simonet, di "mettere in atto nelle scuole della comunità francofona un appropriato programma educativo per prevenire ingiustificabili tensioni tra le comunità".
Da parte della classe politica, Viviane Teitelbaum, deputata MR al Parlamento di Bruxelles, lunedì ha lanciato la polemica su Facebook, dice "Le Soir". "Ho voluto denunciare questo atto a voce alta e forte perché i media non ne hanno fatto menzione questo fine settimana. Si parla spesso persone aggredite negli autobus - va bene - ma si tace sulle aggressioni antisemite. E 'spaventoso. Non bisogna meravigliarsi se l'antisemitismo colpisce nelle scuole ", ha scritto sul social network.

(20minOnline, 23 novembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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La rana dipinta di Hula "riscoperta" in Israele dopo 56 anni

  
Il progetto "Lost Frog" ha annunciato di aver "riscoperto" in Israele la rana dipinta di Hula (o Isreal painted frog o Palestinian painted frog - Dioscoglossus nigriventer) uno dei "Ten Most Wanted Amphibian" dati per scomparsi. Questo discoglosso caratterizzato da un ventre scuro con piccole macchie bianche, con la schiena color ocra e gradazione che va dal ruggine al verde oliva, al grigio scuro e nero sui lati, era stato ritrovato in pochissimi esemplari nel Lago di Huala (o Huleh), uno dei bacini lacustri dove la presenza umana risulta più antica, che forniva cacciagione e pesci agli uomini già decine di migliaia di anni fa.
    La rana di Hula dipinta è cominciata a scomparire nei primi anni '50, quando il nuovo Stato ebraico ha cominciato a drenare e "bonificare" lago e paludi, nel tentativo di sradicare la malaria e per rendere il terreno adatto all' uso agricolo. Degli originari 6.000 ettari di terreno paludoso dopo il drenaggio ne rimasero solo 300 ettari, una zona umida molto lontana dall'areale del disco glosso che è diventata riserva naturale nel 1964, si pensava troppo tardi per salvare la specie, che era stata avvistata l'ultima volta nel 1955.
    Come spiega Robin Moore, amphibian conservation officer di Conservation International, «Sebbene sia stato inizialmente celebrato come un grande successo nazionale per affrontare la malaria, nel tempo è diventato sempre più evidente che i benefici di prosciugare le paludi erano limitati, ma i costi erano alti. Il suolo esposto fu soffiato via dal vento e la torba essiccata si infiammò, provocando incendi sotterranei che si rivelarono difficili da controllare». Inoltre i fertilizzanti chimici inquinarono anche un lago vicino e hanno prodotto gravi problemi per la qualità dell'acqua. Insomma, la bonifica e il drenaggio voluti dai progressisti coloni israeliani ha portato alla quasi estinzione di un intero ecosistema e della fauna endemica unica del lago, tra la quale spiccava il disco glosso di Hula. «Ironia della sorte - evidenzia Moore - specie come la rana dipinta mangiano le zanzare che portano la malaria».
    Alla fine in molti in Israele hanno capito i l tragico errore commesso con la "bonifica" dell'area umida di Hula, e proprio da quel disastro ambientale è nata la Society for the Protection of Nature in Israel, un movimento per la rinaturalizzazione della valle di Hula. «Ci sono voluti 40 anni perché le voci dei manifestanti venissero ascoltate - spiega Moore - ma a metà degli anni '90, alcune parti della valle di Hula erano state riallagate. Mentre gran parte dell'ecosistema è stato restaurato, non tutte le specie sino ricomparse e si credeva che fosse troppo tardi per la rana dipinta di Hula».
    Nel 1996 l'International union for the conservation of nature (Iucn) dichiarò estinto il Dioscoglossus nigriventer che diventò il simbolo dell'estinzione delle specie in Israele. Il disco glosso era già molto raro ed elusivo, come spiega Moore du ArkiveNews, «Solo tre rane dipinte di Hula erano state ritrovate. Due di queste erano state raccolte in cattività negli anni '40, ma quella più grande aveva mangiato la più piccola, lasciando solo un esemplare della specie». L'unica femmina adulta catturata, che è servita da "specimen", misurava appena 40 mm. La rana dipinta di Hula dipinto era stata ritrovata solo in due località sulla sponda orientale del lago di Huleh e i biologo speravano che fosse sopravvissuta una popolazione nelle paludi della confinante Siria. Invece il disco glosso è rispuntato in Israele a 56 anni dal suo ultimo avvistamento..
    Undici delle dodici specie di disco glossi conosciute vivono nel bacino del Mediterraneo e questo misterioso anfibio era stato messo nella "top ten" dei più ricercati dalla colossale ricerca planetaria "Lost Frog" avviata nel 2010, proprio per l'importanza globale di questa specie. Come dice Moore, «Era stato perso ma non dimenticato. Ma la storia ha appena avuto una svolta sorprendente». All'inizio di questa settimana, Yoram Malka un gardiaparco della Nature and Parks Authority di Israele stava effettuando un pattugliamento di routine nella Riserva naturale di Hula quando qualcosa ha saltato sotto di lui. Dopo averlo preso al volo e si è accorto di aver fatto una scoperta eccezionale: «Teneva in mano la prima rana dipinta di Hula vista dall'anno in cui Elvis Presley fece la prima apparizione in televisione - dice Moore - Questa riscoperta è la ciliegina sulla torta di quella che è una vittoria importante per la conservazione in Israele: il restauro di un raro ed unico ecosistema. Perché Israele ha dato alla valle di Hula una seconda opportunità di prosperare, la rana di Hula è passata dall'essere un simbolo di estinzione ad essere un simbolo dio resistenza. Sono storie come questa che portano la speranza ad ogni sforzo di conservazione: se diamo la natura una possibilità, può solo sorprenderci».

(greenreport.it, 23 novembre 2011)

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Google mette online la Storia

di Antonella Grasso

Dopo il successo della digitalizzazione delle pergamene custodite presso l' Israel Museum di Gerusalemme, l'Istituto di Cultura di Google prevede di rendere pezzi rarissimi - provenienti da musei, archivi, università e altre collezioni di tutto il mondo - accessibili a qualsiasi utente Internet.
L'Israel Museum di Gerusalemme, riaperto lo scorso anno dopo una completa ristrutturazione, ha attirato un milione di visitatori nei primi 12 mesi, contro un milione di visitatori virtuali in tre giorni e mezzo quando, nel mese di Settembre, decise di aprire un sito web.
Le preziose pergamene del Mar Morto, acquisite con altissima risoluzione tecnologica di immagine, sono state viste sul web da 210 Paesi.
"Stiamo costruendo servizi e strumenti che aiutano le persone accedere alla cultura online" ha affermato Steve Crossan, direttore dell'Istituto Culturale di Google, che ha sede a Parigi.
Nel centro convergeranno altri programmi culturali tra cui Art Project di Google, un archivio digitale di immagini provenienti da musei come la National Gallery di Londra, la Gemäldegalerie di Berlino e la Galleria degli Uffizi a Firenze.
Oltre a lavorare con i singoli musei e archivi , i tecnici intendono sviluppare un serie di strumenti che qualsiasi istituzione potrebbe usare per digitalizzare la sua collezione. In questo modo, anche archivi privati potrebbero essere messi in rete e facilmente accessibili ad un pubblico molto ampio.

(CorriereInformazione.it, 23 novembre 2011)

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Attacco neonazista al Facebook della Comunità ebraica di Vercelli

La Sinagoga di Vercelli
Nell'anniversario della Notte dei Cristalli, la pagina Facebook della Comunità ebraica di Vercelli ha subito un grave attacco da parte di hacker antisemiti, che hanno pubblicato messaggi minatori, insulti, proclami inneggianti alle ideologie naziste, scampoli di tesi negazioniste. La Comunità ha sporto denuncia presso le autorità di forza pubblica, affinché i responsabili siano identificati e scoraggiati dal ripetere simili squallide aggressioni intimidatorie, diffamatorie e lesive della memoria dell'Olocausto. L'Associazione Italia-Israele e il Gruppo EveryOne hanno segnalato all'UNAR il grave episodio antisemita che ha colpito la Comunità ebraica vercellese. Il responsabile della pagina Facebook ha rimosso i messaggi antisemiti. "II fatto è molto grave e ce ne occuperemo," ha comunicato a EveryOne un rappresentante dell'UNAR, "ma è importante che le vittime di tali attacchi non rimuovano i testi minacciosi e offensivi, per dar modo a noi e alle forze dell'ordine di svolgere indagini accurate". Se episodi simili dovessero ripetersi, i messaggi non verranno cancellati, se non dopo le investigazioni delle autorità.
    Lunedì 21 novembre 2011, nel Salone Dugentesco di Via G. Ferraris, a Vercelli, si è svolta la conferenza dal titolo "Passaggio del testimone dalla Shoah alle nuove persecuzioni", relatori Roberto Malini e Dario Picciau, co-presidenti dell'Associazione umanitaria EveryOne Group. La serata, organizzata dall'Associazione Italia Israele, ha costituito la migliore e più coraggiosa risposta all'attacco degli hacker. Durante la conferenza è stato proiettato un documentario realizzato dagli stessi relatori dal titolo: "In viaggio con Anne Frank".
    "Siamo orgogliosi di essere a Vercelli per la conferenza," hanno detto i relatori, "il modo migliore per dire no alla discriminazione e alla violenza e per manifestare vicinanza alla Comunità e a tutti i cittadini vercellesi che non accettano l'intolleranza. Il testimone della Shoah Wolf Murmelstein - che dedica la propria vita ad opporsi ai nuovi fermenti di antisemitismo, neonazismo e negazionismo - ha sottolineato in un breve articolo la necessità di agire con ogni strumento giuridico e civile affinché episodi simili non si ripetano più.
    "L'attacco alla pagina Facebook allestito dalla Comunità Ebraica di Vercelli è molto più di un odioso episodio di bullismo informatico," recita l'articolo di Murmelstein. "Se si considera che è avvenuto tra l'anniversario - 9 novembre - della famigerata "Notte dei Cristalli/Kristalnacht" e quello - 17 novembre - dell'emanazione in Italia delle Leggi Razziali, si deve parlare di una minaccia antisemita da parte di uno dei tanti gruppi di negazionisti neo nazi/clerico/fascisti che pullulano in Internet. L'analisi degli slogan potrà essere utile ai fini delle indagini per l'individuazione dell'area 'ideologica' degli organizzatori. L'attuale situazione politica ed economico-sociale in Italia e in Europa obbliga alla massima vigilanza. Quanto capitato alla Comunità Ebraica di Vercelli può in un prossimo futuro ripetersi in danno ad un altro gruppo di minoranza e/o di persone impegnate nel sociale. E' necessaria l'attenzione e l'impegno di tutti noi affinché il passato - evocato dagli autori di questo attacco informatico - non si ripeta". Le prime indagini, condotte dal Gruppo EveryOne e dall'Associazione Italia-Israele, hanno rilevato una pista neofascista, vicina ai gruppi di estrema destra e agli ultras. Numerose Comunità ebraiche e le istituzioni locali hanno manifestato solidarietà verso la Comunità di Vercelli. Ricordiamo che nella bacheca del gruppo sono comparse svastiche accompagnate da un beffardo"Shalom", citazioni di Adolf Hitler, immagini di Auschwitz commentate con frasi di scherno sul modello della seguente: "Vacanzina relax pagata a spese nostre" e proclami come "Onore e rispetto per Josef Mengele, uno che di voi sapeva cosa fare".
    "Sono allibita," ha dichiarato la presidente della Comunità Rossella Bottini Treves, "non ci era mai capitata una cosa del genere. Abbiamo denunciato quanto avvenuto alla Digos e alla Polizia Postale. E' un episodio grave, da non sottovalutare".
    Da giovedì scorso la pagina è stata riaperta, "esclusivamente per dare informazioni sulle attività culturali della comunità ebraica ai numerosi amici che ci seguono" spiega la presidente, "e farci sapere se è visualizzata l'intrusione di anonimi hacker che offendono volgarmente la Storia e la Shoà (i loro nomi sono sempre falsi). Abbiamo avuto messaggi di solidarietà da parte di tante persone vicine e da alcuni rappresentanti delle Istituzioni vercellesi e biellesi. Non sono sicura che trattasi solo di giovani ragazzi che a scuola studiano la storia e tutto ciò che dovrebbe evitare certe posizioni e stereotipi inaccettabili. La notte del 9 novembre resterà per sempre un evento sconvolgente che ha dato inizio al genocidio di migliaia di vite umane e può essere che si siano scelti i dintorni di quella data".

(IMG Press, 23 novembre 2011)

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Israele: 7 milioni di euro dall'UE per i cardiopatici

L'Unione Europea finanzierà un progetto di ricerca a guida israeliana che punta a fornire ai cardiopatici un dispositivo in grado di monitorare il proprio cuore tramite cellulare. Lo scopo è quello di ridurre il numero delle visite in ospedale, semplificando la vita dei malati. Il progetto durerà quattro anni; l'Ue vi ha investito 7 milioni di euro. Oltre al team israeliano, sono stati coinvolti ricercatori provenienti da quattro Paesi diversi. A guidarli saranno il professor Yuval Shahar, del centro ricerche della Università Ben Gurion, e il professor Adi Carnieli dell'ospedale Rambam di Haifa.

(FocusMO, 22 novembre 2011)

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TV: Gialappa's, chiediamo scusa hanno ragione

ROMA, 22 nov - "Hanno assolutamente ragione e per questo chiediamo scusa". Così Marco Santin a nome della Gialappa's risponde all'Unione delle Comunità ebraiche italiane che, per voce del Consigliere Vittorio Pavoncello, ha criticato l'uso del termine 'rabbino' adoperato dal gruppo ieri sera nel corso di 'Mai dire Grande Fratello' per indicare un concorrente tirchio. "Abbiamo usato un luogo comune, cosa - ha detto - che facciamo raramente e ci dispiace molto. Ovviamente sappiamo benissimo cosa sia un rabbino e per questo siamo ancora più avviliti. E' un termine che, impropriamente, abbiamo usato durante una diretta. E in 25 anni di lavoro - ha aggiunto - non è mai successo. Lungi dall'essere una scusa ma questo dovrebbe chiarire il nostro modo di pensarla". "Siamo dispiaciuti e per questo - ha concluso - chiediamo nuovamente scusa".

(ANSA, 22 novembre 2011)

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TV: Pavoncello, da Gialappa's pregiudizi sugli ebrei

Ieri la parola 'Rabbino' per stigmatizzare la tirchieria

ROMA, 22 nov - "Francamente, ci siamo stancati. D'ora in poi non avremo più alcuna tolleranza nei riguardi di gente che continua imperterrita a usare pregiudizi volgari e irreali nei confronti degli ebrei". Lo dice Vittorio Pavoncello consigliere dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane. "Mi riferisco questa volta - spiega - alla Gialappa's che ieri sera su Canale 5 nella consueta presa in giro degli inquilini del Grande Fratello ha usato la parola 'Rabbino' trasformandola in un epiteto per stigmatizzare la tirchieria di uno dei concorrenti. Il più classico dei pregiudizi antisemiti". "Lo hanno fatto - aggiunge - in una trasmissione di largo seguito tra i giovani, amplificando così un luogo comune che ha portato a nefandezze terribili. Ci domandiamo se sappiano cosa significhi la parola 'Rabbino'.E qualora lo sapessero, dovrebbero riflettere a lungo". "A loro, oltre la nostra esaurita pazienza, va tutta la nostra disistima e un invito ad un approfondimento sul piano culturale. E anche - conclude Pavoncello - una risata in meno".

(ANSA, 22 novembre 2011)

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Israele: stop alla vendita di terreni edificabili

Il monito viene dal governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer, il quale ha messo in guardia il ministro della Politiche abitative, Ariel Atias: «Il mercato immobiliare potrebbe crollare». Un campanello d'allarme che Atias ha però ascoltato solo in parte: «L'Autorità per i Terreni continuerà a vendere appezzamenti, ma - ha concesso - solo nelle aree dove la domanda è alta».
In un comunicato ufficiale, la Banca d'Israele ha dichiarato: «Nella sua conversazione con il ministro, il governatore ha riconosciuto la necessità di smobilitare terreni edificabili per venire incontro alla richiesta diffusa di appartamenti, ma allo stesso tempo ha sottolineato l'importanza di farlo nella giusta misura, definendo con attenzione la quantità di terra da mettere in vendita, tenendo in considerazione i bisogni reali del mercato». Il timore dichiarato di Fischer è infatti rappresentato dalla possibilità di creare una eccessiva disponibilità di terreni: il che affonderebbe il mercato immobiliare, cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, riducendo molti intermediari in bancarotta, con un grosso rischio conseguente per le banche.

(FocusMO, 22 novembre 2011)

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Università milanesi incontrano studenti israeliani interessati a studiare in Italia

Lunedì 28 novembre esponenti delle tre Università milanesi, Bocconi, Politecnico e Cattolica, incontreranno studenti israeliani che intendono proseguire i loro studi in Italia frequentando un master .
L'iniziativa, promossa dall'Azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, è alla seconda edizione e si terrà presso la sede dell'Isituto italiano di cultura. Permetterà, tra l'altro, di presentare anche i corsi di laurea triennali.
L'incontro si terrà in lingua inglese.

(Italian Net Work, 22 novembre 2011)

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Tel Aviv e le sue cento primavere al museo Roma in Trastevere

Moderna e razionale con uno standard di vita da capitale europea, che pulsa ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette. Tel Aviv è un'autentica metropoli cosmopolita, dove tradizione e modernità si incontrano, tra l'architettura contemporanea e le vie dei tempi antichi.
A Tel Aviv è dedicata la mostra fotografica dal titolo "Cento Volte Primavera. Fotografie di Tel Aviv dal 1909 ad oggi" - ideata da Roly Kornblit e curata assieme a Francesca Barbi Marinetti - una selezione di cento immagini stampate su carta che descrivono la città dalla sua fondazione nel 1909 ad oggi, al Museo di Roma in Trastevere in Piazza Sant'Egidio dal 23 novembre 2011 all'8 gennaio 2012.

(la Repubblica, 22 novembre 2011)

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Il vero volto dell'islam

  
Chi non ha previsto quello che sta succedendo in Egitto, in Libia e in Tunisia, chi pensava che in quei paesi si potesse instaurare un regime democratico, non conosce l'islam. Io lo conosco e infatti l'ho previsto. Se non ci credete, leggete il mio post "Dopo la primavera araba, l'estate islamica". Troverete descritto in ogni particolare quello che sta succedendo adesso, se sarebbe più preciso parlare di autunno islamico. "In un paese a maggioranza islamica, sono possibili soltanto due governi", avevo scritto. "Una dittatura islamica o una dittatura militare per impedire una dittatura islamica.' In alternativa, una guerra civile fra i due poteri. Ed è precisamente quello che sta accadendo. La democrazia potete scordarvela.
Conosco l'islam perché ce l'ho in famiglia. Una parte della famiglia di mia madre vive in Turchia e si è convertita all'islam da prima di Ataturk e della sua rivoluzione laica. Una scelta dettata dalla convenienza, perché in realtà sono più atei di me. Ma fanno finta di essere musulmani perché a volte essere ebrei crea qualche problema. Come dicevo, l'islam è una religione ma è anche un sistema di governo. Il suo fine ultimo è la proclamazione della Sharia, il governo islamico. Non può tollerare nessun'altra forma di governo. Così in un paese a maggioranza islamica ci sarà sempre uno zoccolo duro che vuole la sharia. Ci sono anche nelle banlieues francesi, dove periodicamente si bruciano codici penali mentre il bigotto di turno proclama a gran voce che l'unica legge è quella di Allah, e dire che in Francia c'è soltanto il 5 per cento di islamici. Figuratevi in Egitto, in Tunisia e in Libia, dove sono il 95 per cento.
Una comunità importante di islamici non avrà pace finché non sarà proclamata la Sharia. E' totalitaria per natura, come lo erano i cristiani prima di venire ridimensionati dai laici. Per amore di pace, qualcuno di loro dirà che l'islam può convivere con la democrazia, ma sarà subito sopraffatto da chi definisce quell'islam bisounours, contrazione di bisou (bacetto) e nounours (orsacchiotto), come dire un'islam molle, smanceroso, smidollato. In effetti non ha torto. Chi ha un libro che gli ordina "sogozza gli infedeli ovunque si trovino", come c'è scritto nel Corano, non può convivere con la democrazia. Se convive, tradisce la sua religione. Questa è precisamente la tesi di chi sostiene che gli Stati laici vanno combattuti in ogni modo possibile e che tutti i mezzi sono buoni per proclamare la sharia. Questi bigotti, una quantità considerevole in ogni comunità musulmana, non sono mai stati sconfessati da nessuna autorità religiosa islamica, meno che mai dai barboni di al-Azhar che approvano ogni violenza purché si proclami la legge sacra. Su questo sono tutti d'accordo: sunniti, sciiti, salafiti, wahabiti. A volte si massacrano fra loro per avere il privilegio di proclamare la loro particolare versione della sharia, ma sul fine ultimo sono d'accordo.
Così smettiamo di fare gli struzzi, mettiamo da parte la correttezza politica e guardiamo in faccia la realtà. Oggi l'islam è il massimo pericolo mondiale, come il nazismo negli anni Trenta. Sto parlando dell'islam come ideologia politica che esce dalle moschee per diventare sistema di governo. Dobbiamo combatterlo per tempo come non abbiamo fatto il nazismo, nell'interesse nostro, degli arabi e di tutti gli sciagurati paesi dove questo orrore è al potere.
Dragor

(paperblog, 22 novembre 2011)

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La comunità internazionale può dissuadere Israele dal colpire l'Iran?

Malgrado le sanzioni internazionali a suo carico, l'Iran perseguirebbe, secondo un rapporto dell'AIEA, un programma nucleare a carattere militare. Bisogna quindi valutare un inasprimento di queste sanzioni o non escludere la scelta militare? In Israele, il dibattito sul ricorso alla forza è divenuto pubblico, la società israeliana resta tuttavia molto divisa all'immagine d'una comunità internazionale piuttosto disunita su questo punto.
LeMonde.fr ha posto la domanda a molti think tanks. Per Thierry Colville (IRIS), bisogna rivedere il nostro metodo e sarebbe tempo di cambiare radicalmente la nostra politica nei confronti dell'Iran. Parallelamente, Alain Dieckhoff (CERI) stima che l'opzione militare abbia dei limiti e che lo Stato ebraico abbia la scelta tra tre vie: sostenere l'inasprimento delle sanzioni, lanciarsi in una logica di attacchi o rassegnarsi alla nuclearizzazione dell'Iran. Per Israele, insiste Camille Grand (FRS), l'uso della forza è la scelta di ultima istanza. Ma ciò sarà sufficiente sapendo che, al di là delle sanzioni internazionali, l'Iran potrà sempre perseguire il suo programma?
    Washington indaga sulla consegna di armi chimiche a Gheddafi da parte dell'Iran
    I servizi segreti governativi americani indagano sulla possibile consegna da parte dell'Iran, diversi anni fa, di esplosivi chimici alla Libia del colonnello Mouammar Gheddafi, riporta il Washington Post. "Siamo quasi sicuri" che questi esplosivi chimici sono stati prodotti in Iran, afferma al giornale un alto responsabile statunitense.
    Le riserve libiche di gas senape e di prodotti che rientrano nella composizione di armi chimiche sono intatte e non sono state oggetto di furti durante l'insurrezione che ha condotto alla caduta e alla morte di Mouammar Gheddafi, riferiva, a inizio novembre, l'Organizzazione per l'interdizione delle armi chimiche (OIAC). L'organizzazione, con sede a L'Aja, ha aggiunto che la distruzione di queste riserve, esaminate dagli ispettori internazionali nell'archivio di Rouwagha, nel sud-est della Libia, sarebbe ripresa il prima possibile.
    Le nuove autorità libiche il 1o novembre hanno reso partecipe l'OIAC della scoperta di altre riserve che potrebbero allo stesso modo servire alla messa a punto di armi chimiche.
    Il regime del colonnello Mouammar Gheddafi si era riunito nel 2004 con l'OIAC ma doveva ancora eliminare 11,5 tonnellate di gas senape, ossia il 45% della sua riserva iniziale, quando, in febbraio, è scoppiata la rivolta. Il Canada, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno offerto la loro assistenza tecnica a Tripoli per la distruzione di queste armi, la cui esistenza, così come quella di agenti chimici, aveva fatto temere che esse non sarebbero cadute in mano ai militanti islamici durante la guerra civile di questi ultimi mesi.

    Accuse di fondo delle tensioni sul nucleare iraniano
    Queste accuse sopravvengono sullo sfondo di tensioni tra Washington e Téhéran quanto alla natura del programma nucleare iraniano. Il consiglio dei governatori dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) ha adottato venerdì 18 novembre una risoluzione che invoca una maggiore cooperazione dell'Iran in questo campo. Le grandi potenze si sono accordate su una risoluzione che esprime "una profonda e crescente preoccupazione" sul programma nucleare di Téhéran, ma senza fissare ad esso una scadenza per chiarire i punti in sospeso espressi in un recente rapporto molto critico dell'agenzia. Il suo direttore generale, Yukiya Amano, aveva pubblicato un catalogo di elementi "credibili" che indicavano che l'Iran aveva lavorato alla messa a punto di un'arma nucleare, ciò che Téhéran smentisce.
(Agenzia Radicale, 22 novembre 2011 - trad. Davide Rocco)

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Stilisti israeliani protagonisti della fashion week di Tel Aviv

Dal 21 al 23 novembre gli stilisti israeliani occupano il centro della scena con la Settimana della Moda di Tel Aviv, la prima dopo circa trent'anni. «Un ritorno ruggente», ha scritto il quotidiano Haaretz, e sullo stesso tono sono i commenti di gran parte della stampa locale. La kermesse punta a conferire statura internazionale alla capitale del design israeliano, che negli ultimi anni ha fatto enormi passi avanti. Gli stilisti israeliani stanno raccogliendo consensi crescenti all'estero e la fama delle accademie di design nazionali - due su tutte, Betzalel (Gerusalemme) e Shenkar College (Ramat Gan) - è giunta da tempo oltreconfine. Uno dei blog di moda più quotati del momento, Fashionista, ha piazzato lo Shenkar College al 15o posto nella lista delle 50 migliori scuole di fashion design del mondo. Una ulteriore conferma del grande apprezzamento suscitato dai giovani stilisti israeliani è il fatto che molte delle grandi maison internazionali vengono in Israele per scovare nuovi talenti. In altre parole, oltre ad Alber Elbaz - classe 1961, diplomato Shenkar e attualmente direttore artistico di Lanvin - il panorama odierno della moda israeliana offre anche altro. Lo sa bene Roberto Cavalli, super ospite di questa prima edizione della Settimana della Moda rediviva, il quale negli anni passati ha assunto tra i ranghi della propria azienda diversi stilisti israeliani; e lo stesso hanno fatto anche Benetton e altri nomi di primo piano della moda italiana. Anche la Diesel di Renzo Rosso si è accorta del potenziale dei creativi d'Israele. Il vincitore dell'ultima edizione del Diesel Award (luglio 2011) è Niran Avisar, che oggi lavora per la casa d'abbigliamento triestina. Insomma: Tel Aviv e i suoi stilisti si sentono pronti a lanciare una sfida a Parigi, New York, Milano e Tokyo, le quattro capitali indiscusse del glamour mondiale. La portata dell'evento per l'industria di settore e anche per l'immagine d'Israele nel mondo è ben chiara agli organizzatori della Settimana della Moda, che hanno investito oltre 7 milioni di dollari. Tra i finanziatori, spicca il ministero del Turismo di Tel Aviv, per il quale la kermesse rappresenta «un'occasione importante per promuovere lo Stato ebraico». E oltre alla presenza di Cavalli, indicato come «ambasciatore del made in Italy e dell'eleganza italiana» dall'ambasciata italiana a Tel Aviv, l'Italia partecipa alla Fashion Week israeliana anche tramite un accordo di partnership di fresca firma tra il presidente della Camera della Moda di Milano, Mario Boselli, e l'organizzatore principale dell'evento telavivense, Ofir Lev.

(FocusMO, 22 novembre 2011)

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"I poteri forti? Purtroppo non ci sono"

Pacifici: "Se l'Italia li avesse non sarebbe finita nel mirino degli speculatori. Il vero pericolo è la demagogia di chi cavalca l'odio, ma Monti ci salverà".

di Nadia Pietrafitta

«Purtroppo, che ci piaccia o no, l'Italia di poteri forti non ne ha. Se li avesse avuti - probabilmente - oggi non ci troveremmo in questa situazione di crisi, dal momento che i cosiddetti poteri forti spesso operano nell'interesse del Paese da cui nascono». Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, di registi occulti che manovrano il governo Monti nell'interesse di chissà quale lobby oscura, proprio non ne vede.
- Eppure si è tanto parlato di banchieri di Dio, burattinai della finanza, congiure giudaico massoniche...
«Il presidente Monti ha già chiarito che tutto questo non esiste. Fortunatamente il mondo dei media, dai giornali ai dibattiti dei forum sul web, non si è ancora pubblicamente espresso in facili associazioni di idee che possono sfociare nel classico stereotipo antisemita legato alla finanza».
- Il rischio c'era?
«Purtroppo il passaggio è facile, soprattutto in un periodo di depressione come quello che stiamo vivendo. Attenzione, però. Non escludo che qualche singolo ebreo, esattamente come fanno altri speculatori, stia soffiando sul fuoco per fare i propri interessi. Gli ebrei - come gli altri cittadini del mondo - fanno finanza. Di certo, però, non la controllano».
- Eppure ieri per le strade di Roma alcuni ragazzi travestiti da banchieri hanno inscenato un flash-mob al grido di "o popolo o usurai, tu da che parte stai?"
«Sono scenette che possono far sorridere, ma che in realtà sono pericolose. Un momento del genere, in cui il governo è chiamato a scelte dolorose, che porteranno qualcuno anche magari a perdere il lavoro, costituisce un'esca ghiotta per chi vuole alimentare sentimenti di odio e razzismo. Non si tratta di antisemitismo, ma di preoccupanti luoghi comuni».
- Cosa intende?
«Ad esempio si inizierà a dire: "I rumeni ci portano via il lavoro" e sappiamo che non è così. Rischiamo paradossalmente un problema intercomunitario, con un inutile antagonismo competitivo tra Germania e Italia».
- Il complotto non c'è. Ma il pericolo è che qualcuno approfitti di questa situazione. È così?
«Abbiamo il dovere di essere vigili. Servono scelte coraggiose nel nome e nel bene del Paese. È quello che ha fatto il governo Berlusconi facendo un passo indietro pur avendo la maggioranza in parlamento e quello che hanno fatto quelle che prima erano le opposizioni unendosi in un governo di responsabilità nazionale».
- Qualcuno dice che non è democrazia...
«È democrazia, eccome. Chiunque può decidere in qualunque momento di non dare la fiducia al governo. Tutti i partiti hanno la responsabilità di comunicare ai propri elettori i motivi che li hanno spinti in questa direzione. E non dare colpe a soggetti terzi. La demagogia di questi tempi è troppo pericolosa. Pensi che abbiamo dovuto assistere alla sfilata di alcuni signori vestiti con le camicie brune e che questa boutade ha persino trovato alleati in Parlamento. È lo stesso signore che si è presentato con il lutto al braccio per la morte della democrazia. Non faccio nomi per non fare ulteriore pubblicità».
- È questo il vero pericolo?
«Esattamente. Quella è gente di cui diffidare. Oggi non rappresenta nulla in termini di numeri, ma se dovessimo continuare a soffiare sul fuoco - in un momento di sacrifici comuni e di assenza di leader carismatici, di statisti che non pensino solo alle prossime elezioni - rischiamo che una sceneggiata di gente che sfila con le camicie brune si trasformi in qualcosa di significativo. Dopotutto Hitler iniziò con le sceneggiate folkloristiche e poi vinse democraticamente le elezioni, cavalcando la crisi del '29».
- Come andrà a finire?
«Il momento è così delicato da richiedere a tutti i componenti della società civile una particolare assunzione di responsabilità. Ognuno deve fare la sua parte nell'interesse del proprio Paese. E non parlo solo dell'Italia».
- È l'Europa nel mirino...
«Se l'Unione europea non riuscirà a ricostruire una serenità che sia innanzitutto economica, rischiamo di veder crescere quei movimenti xenofobi e razzisti che sappiamo esistere. E non parlo dei programmi antieuropeisti, quelli fanno parte del confronto democratico, ma della nascita di quella cultura del sospetto che è contro l'immigrazione in generale. Abbiamo il dovere di rimanere vigili».
- Il governo Monti ce la farà?
«Io sono molto fiducioso. E il mio ottimismo deriva dalla convinzione che all'interno dell'attuale governo ci siano personalità sensibili a questi temi, come ad esempio Andrea Riccardi che molte volte si è speso per il dialogo e contro ogni discriminazione».

(Il Tempo, 22 novembre 2011)

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InnovaAction Lab 2011 sbarca in Israele

Il tour partirà da Haifa e, tramite Tev Aviv, il 27 novembre raggiungerà Gerusalemme

di Teresa Sacco

Il 20 Novembre è partito il primo "Startup Nation InnovAction Tour", una sorta di viaggio premio per gli studenti che si sono aggiudicati il trofeo InnovAction Lab 2011, progetto che li porterà alla scoperta dell'ecosistema tecnologico ed economico israeliano.
InnovAction Lab, associazione nata presso l'Università degli Studi Roma Tre grazie al contributo del Dipartimento Innovazione e Impresa della Provincia di Roma, è un percorso formativo che stimola i giovani a mettere in pratica nuove idee di business nonché soluzioni ai problemi sociali tramite il corretto approccio interculturale.
Secondo Carlo Alberti Pratesi, ordinario di Economia e gestione delle imprese presso l'Università degli Studi Roma Tre e co-fondatore di InnovAction Lab, "le occasioni di innovazione di un paese sono strettamente dipendenti dalla capacità che questi ha di ridurre gli ostacoli, i quali ne impediscono le contaminazioni tra discipline accademiche, pubblico e privati e fra università ed impresa".
Il progetto, che ha visto la partecipazione di tutti gli atenei romani più alcune università dell'Emilia Romagna e della Puglia, si è focalizzato sulla valutazione del potenziale innovativo di un'idea di impresa e di come presentarlo ad un'azienda, agli investitori privati o alle istituzioni.
Nel luglio 2011, dopo quattro mesi di attività didattica, nel corso della "Giornata della Creatività e dell'Innovazione", le idee di business emerse sono state valutate da panel di imprenditori, professori universitari e venture capitalist.
Durante il tour in Israele, gli studenti premiati avranno la possibilità di confrontarsi con i responsabili dei laboratori di ricerca di prestigiose società ed ospiti dei più importanti poli di ricerca in Israele: Technion e Weizmann Institute.
Il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti dal canto suo giudica positiva l'esperienza del viaggio in Israele, in quanto ritiene che "metterà i giovani talenti a contatto con una cultura in cui si fa innovazione a livello mondiale".

(Controcampus, 22 novembre 2011)

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Jenin impara da Modena a differenziare i rifiuti

L'assessore alla Cooperazione internazionale del Comune Fabio Poggi e la presidente del Consiglio Caterina Liotti hanno incontrato nel pomeriggio di oggi una delegazione palestinese in visita a Modena per studiare come attuare la raccolta differenziata e gestire i rifiuti. Abufaraha Khaled, presidente Village Council Jalame di Al Jalame, un villaggio del distretto di Jenin, e Alsadi Mohammed, direttore della discarica di Jenin (Joint Service Council Nord West Bank) sono stati ricevuti in Municipio nell'ambito del "Progetto pilota per la raccolta differenziata dei rifiuti e il compostaggio nel villaggio di Al Jalameh", promosso dall'associazione Modena incontra Jenin in consorzio con Nexus Emilia Romagna. Scopo della visita è quello di apprendere buone prassi sulle pratiche di raccolta differenziata dei rifiuti e di compostaggio, che in Palestina non vengono ancora attuate.
Il progetto, cofinanziato dal Fondo territoriale per i progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo costituito da Provincia, Comune e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, prevede l'avvio di un'esperienza pilota che punta ad introdurre la raccolta differenziata nelle famiglie, nelle scuole, negli esercizi commerciali e nelle aziende agricole di Al Jalameh e a promuovere la produzione di compost dalla frazione umida per uso agricolo.
Per separare i rifiuti saranno collocati nella vicinanza delle abitazioni contenitori per la frazione umida che sarà raccolta giornalmente. Per la raccolta della frazione secca saranno organizzati dei punti ecologici (drop-off centres) con i contenitori per i diversi tipi di rifiuti. I rifiuti così selezionati saranno conferiti in discarica dove saranno trattati per il riciclaggio.

(Modena 2000, 22 novembre 2011)


Il Medio Oriente non cessa mai di sorprendere: gli italiani imparano da Israele a non differenziare i rifiuti , e i palestinesi imparano dagli italiani a differenziarli!

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Israele chiederà alle Nazioni Unite di chiudere l'UNRWA

Questa volta è Israele che fa una proposta alle Nazioni Unite dopo quelle presentate nei mesi precedenti dai palestinesi: la chiusura del UNRWA, agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ai palestinesi. Secondo Israele l'organizzazione è un ostacolo a qualsiasi futuro accordo con i palestinesi a causa del suo concetto distorto sui criteri dei rifugiati. Sulla base della documentazione in possesso a Israele esiste un profondo disaccordo sui numeri dei rifugiati.

(FocusMO, 21 novembre 2011)


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UNRWA, organizzazione inutile (in francese)



(Guysen TV, 21 novembre 2011)

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New York, arrestato islamico radicale, stava costruendo bomba

NEW YORK - La polizia di New York ha arrestato un seguace dello scomparso religioso musulmano Anwar al-Awlaki con l'accusa di costruire una pipe-bomb, un ordigno artigianale, da usare contro militari statunitensi di rientro dall'Afghanistan, hanno annunciato ieri le autorità.
José Pimentel, 27 anni, è stato accusato di cinque diversi reati, tre dei quali legati al terrorismo, secondo il fascicolo depositato in tribunale.
Cittadino americano, nato nella Repubblica Dominicana, Pimentel è stato arrestato sabato in un appartamento di Manhattan mentre stava realizzando l'ordigno, ha detto la polizia, che lo ha definito un "lupo solitario", convertito all'Islam e divenuto un estremista.
Con la polizia, Pimentel ha ammesso di "aver compiuto passi attivi nella costruzione della bomba", e che gli mancava un'ora per completarla, dice il fascicolo della Procura.
Pimentel, che ora rischia il carcere a vita, era sotto controllo dal maggio 2009, e stava valutando tra i suoi bersagli auto della polizia di New York, un commissariato del New Jersey e un ufficio postale, dicono le autorità.
L'uomo era un lettore della rivista online "Inspire" - pubblicata da al Qaeda - ed è proprio lì che ha trovato le istruzioni per la costruzione della bomba, ha detto la polizia.
L'imam Awlaki, cittadino americano, è stato ucciso in Yemen nel settembre scorso da un drone, dopo due anni di caccia da parte dei servizi segreti Usa, che lo ritenevano "capo delle operazioni esterne" di al Qaeda dello Yemen e un esperto propagandista via Internet.

(Reuters, 21 novembre 2011)

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Israele: 35 milioni di dollari per l'addestramento militare

Le Industrie aerospaziali israeliane (IAI) si aggiudicano un contratto da 35 milioni di dollari per fornire il loro dispositivo di addestramento militare a un cliente straniero, la cui identità non è stata rivelata. Il sistema è stato battezzato EHUD -Autonomous Air Combat Maneuvering Instrumentation (AACMI), e secondo la IAI «consente di fare un salto di qualità nell'addestramento di aviazione, truppe di terra e forze navali». Il dispositivo integra, tra le altre cose, tecnologia wireless, simulazioni virtuali di ultima generazione, maggiore capacità di processare dati e di condividere in maniera flessibile informazioni di vario genere, sicurezza inclusa. Secondo l'amministratore delegato delle IAI, Yizhak Nissan, «l'EHUD-AACMI è stato progettato per venire incontro alle nuove esigenze del training militare. La sua capacità di creare un mondo virtuale ricco di sfaccettature e molto verosimile migliora in maniera drastica il livello dell'addestramento; allo stesso tempo, permette di soddisfare le esigenze di sicurezza delle missioni e di ridurre i costi».

(FocusMO, 21 novembre 2011)

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Il tour dell'innovazione. Cablogrammi da Israele

In corso Startup Nation InnovAction Tour: un gruppo di studenti italiani ha elaborato due progetti di start up che verranno proposti agli investitori e ai maggiori centri di ricerca della "Silicon Valley" del Mediterraneo. Con loro imprenditori, docenti universitari. La cronaca, giorno per giorno

di Carlo Alberto Pratesi

HAIFA - 20 novembre. Primo giorno del "Start-up Nation" InnovAction Tour. Sbarchiamo a Tel Aviv in una ventina tra studenti, professori e imprenditori e ci spostiamo subito verso nord, attraversando la zona industriale: già dalla strada vediamo le insegne dei centri di ricerca di Google, Intel e Yahoo!. Arriviamo ad Haifa al campus del Technion (Israel Institute of Technology) che ci accoglie addobbato con i cartelli che annunciano l'ultimo premio Nobel conquistato - quello di Dan Shechtman (lo scopritore dei "quasi-cristalli"): è il terzo professore del Technion a vincere la massima onorificenza scientifica negli ultimi sette anni. E pensare che il suo primo articolo negli anni '80 era stato deriso dalla comunità scientifica: "Non hai scoperto i quasi-cristalli: sei tu che sei un quasi-ricercatore", dicevano i colleghi. All'interno della cittadella universitaria non manca nulla, dalle piscine olimpioniche ai centri commerciali, dagli asili nido al teatro. Chi studia o lavora qui deve avere a disposizione tutto quello che serve per dare il massimo, e in piena salute (basti pensare che non ci si laurea se non si dimostra di avere praticato almeno due sport durante gli studi).

21 novembre. Dopo aver visto un bel video sulla storia del Technion (fu Albert Einstein a posare la prima pietra) seguiamo una lezione tenuta da Uzi de Haan del Bronica Entrepreneurship Center. Ci spiega come tra i motivi del miracolo economici israeliano c'è anche quel senso di perenne insoddisfazione che caratterizza da sempre il popolo ebraico. Il continuo stato di tensione, gli straordinari investimenti in ricerca (inizialmente nel settore agricolo, per rendere fertile il deserto, e poi nella difesa dagli stati confinanti) unito alla presenza di quattro poli universitari di eccellenza (oltre al Technion, Ben Gurion, Jerusalem e Weizman Institute) hanno dato vita a un territorio grande come la Silicon Valley e ad essa molto simile per qualità e varietà del capitale umano. Ecco perché le società di venture capital di tutto il mondo investono volentieri nelle idee che nascono qui, e perché aziende come Google o Ibm negli anni fanno shopping di start up israeliane per ampliare il proprio business.

(la Repubblica, 21 novembre 2011)

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Alla ricerca di un partito islamico moderato

di Zvi Mazel

E' opinione comune in Occidente che il risultato delle elezioni in Tunisia abbia dato la vittoria a un partito islamico moderato.
Purtroppo non è così: il partito Ennahda è fortemente ancorato al movimento islamista e si richiama alla scuola dura e pura dei Fratelli Musulmani. L'Occidente fatica ad abbandonare il miraggio di una primavera araba, la giudica una nuova alba per i popoli del Medio Oriente dopo decenni di dittature, sono impreparati alla democrazia.
E'più facile abbattere un regime che costruirne uno nuovo, in questo caso creare un regime democratico in paesi dove molti anni di dittatura non hanno consentito l'emergere di forze liberali.
I partiti che si proclamano di centro, apparsi dopo la caduta di Ben Ali in Tunisia e Mubarak in Egitto, sono ancora allo stato embrionale; ci vorranno degli anni perché progrediscano e si facciano conoscere dagli elettori.
Lo spazio politico appartiene per ora ai Fratelli Musulmani e, in misura minore, ai movimenti ultra nazionalisti di scuola nasseriana e ai partiti dell'estrema sinistra comunista....

(Informazione Corretta, 21 novembre 2011)

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Incontri frequenti tra Fratelli Musulmani e Hamas per rafforzare status e potere

Una delegazione dei Fratelli Musulmani d'Egitto ha recentemente organizzato una visita nella Striscia di Gaza, facendo seguito agli incontri con alti funzionari di Hamas al Cairo. Entrambe le parti considerano il miglioramento dei loro contatti una conquista politica e diplomatica per migliorare il loro status e potere. I Fratelli Musulmani avevano già relazioni con Hamas durante il regime di Mubarak ma erano ridotti al minimo per motivi di sicurezza interna (il regime di Mubarak aveva manifestato preoccupazioni circa la possibilità che l'amministrazione di Hamas nella Striscia di Gaza esportasse il terrorismo, sovversione, e l'Islam radicale in Egitto ).
Il movimento dei Fratelli Musulmani è interessato a migliorare la propria immagine con l?elettorato, lo fa posizionandosi come un movimento attento alla causa palestinese e per carpire l?esperienza amministrativa di Hamas come parte del processo di integrazione nel sistema politico egiziano. Hamas sfrutta questo rapporto per far ridimensionare le attività di sicurezza in Egitto contro i tunnel che sono vitali per il contrabbando di armi nella Striscia di Gaza e auspica un consolidamento in Egitto della posizione politica dei Fratelli Musulmani come mediatori con l'Autorità palestinese nel dialogo interno palestinese. Nonostante l'immagine moderata che i Fratelli Musulmani cercano di far passare in Egitto che all'estero (in particolare al mondo occidentale) in merito al conflitto israelo-palestinese suoi alti funzionari continuare a sostenere pubblicamente la "resistenza" (cioè, il terrorismo) . Nelle loro dichiarazioni e attività non nascondono il sostegno di Hamas e altre organizzazioni terroristiche palestinesi, chiedono al mondo arabo e musulmano di aiutare le organizzazioni terroristiche palestinesi ("resistenza") nella Striscia di Gaza con denaro e armi.

(FocusMO, 21 novembre 2011)

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Albania: presto un'ambasciata di Israele a Tirana

TIRANA - Israele aprira' presto una sua ambasciata in Albania. L'annuncio e' stato dato al premier Sali Berisha in visita ufficiale in Israele dal ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Attualmente lo Stato di Israele e' rappresentato da un ambasciatore non residente. Nel corso della sua visita Berisha ha incontrato anche il Presidente della Repubblica Shimon Peres. .

(AGI, 21 novembre 2011)

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Google digitalizza l'arte

Google si prepara a far breccia nel mondo della cultura e dei musei con tecniche innovative per diffondere contenuti e conoscenze sul web attraverso nuove forme di scroll digitale. Uno dei primi a farne uso è stato il Museo Israeliano di Gerusalemme, che, grazie alla digitalizzazione dei papiri del mar Morto ha visto moltiplicarsi il numero di visitatori on line e reali provenienti da 210 Paesi diversi.
Il Google Cultural Institute di Parigi sta pianificando la digitalizzazione di altri documenti provenienti da musei, archivi, università e collezioni private, che in questo modo diventerebbero disponibili per qualunque utente di internet.
"Il nostro obiettivo- ha detto Steve Crossan, direttore dell'istituto di Google- è costruire un servizio e dare degli strumenti per mettere on line la cultura, promuoverla ed eventualmente crearla su internet". Gli ingegneri di Google si propongono dunque l'ambizioso scopo di creare un set di software standardizzati che tutti, privati e pubblici, potranno utilizzare per mettere in rete la cultura e la storia, e renderla disponibile in un formato accessibile a tutti.
Il progetto si affianca ad altri simili, portati avanti all'interno del Google Art Project, che hanno portato alla digitalizzazione dei quadri della National Gallery londinese, della Gemäldegalerie tedesca e degli Uffizi di Firenze, e si prevede venga esteso in tutto il mondo, anche attraverso filmati e videoconferenze che verrano postate su youtube.

(il Journal, 21 novembre 2011)

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Il Re di Giordania inaspettatamente a Ramallah

Re Abdullah di Giordania arriverà oggi con una visita lampo a Ramallah per incontrare il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Alti funzionari israeliani prevedono che il re incontrerà anche il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshal in merito alla possibilità di istituire un governo di unità nazionale.Si tratta di una visita insolita. Il Re della Giordania non visitato la Cisgiordania da oltre cinque anni. Nel maggio 2007 il Re aveva annullato una visita all'ultimo momento a Ramallah. Funzionari di Gerusalemme fanno sapere che la visita lampo del Re dimostra che i giordani sono molto preoccupati per l?uscita di scena di Mahmoud Abbas nella West Bank e il subentro di Hamas. I giordani vogliono vederci chiaro sul progetto di governo di unità nazionale con Hamas e l?ipotesdi di scioglimento dell'Autorità Palestinese.

(FocusMO, 21 novembre 2011)

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Moda: accordo tra Camera nazionale italiana e Tel Aviv Fashion Week

MILANO, 21 nov. - Il presidente di Camera nazionale della Moda Italiana Mario Boselli e il Presidente di 'Tel Aviv Fashion Week' Lev Ofir, in presenza dell'ambasciatore Italiano a Tel Aviv Luigi Mattiolo, hanno siglato un accordo che rientra nell'ambito delle strategie di collaborazione internazionale della Cnmi.
Dopo il protocollo d'intesa firmato con la Francia nel 2005 e il piu' recente firmato con la Cina lo scorso 27 marzo, questo accordo con Israele - sostenuto dall'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv - "ha l'obiettivo di promuovere una collaborazione per mantenere in armonia le date dei calendari della moda e favorire lo scambio di esperienze e informazioni nel settore della moda fra Italia e Israele". In particolare, il Consiglio direttivo di Cnmi valutera' la partecipazione futura di stilisti israeliani a Milano Moda Donna nell'ambito del Progetto NUDe e la partecipazione di stilisti italiani alle edizioni future di 'Tel Aviv Fashion Week' nell'ambito di una sfilata collettiva.
Mario Boselli e' stato invitato a Tel Aviv per presenziare alla prima edizione di 'Tel Aviv Fashion Week' che si terra' da oggi, lunedi' 21 novembre, a giovedi' 24 e della quale sara' ospite d'onore il grande stilista associato alla Camera Nazionale della Moda Italiana Roberto Cavalli.

(Adnkronos, 21 novembre 2011)

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Rabbini inglesi VS Apple: Steve Jobs e iPad denigrano Mosè

di Marco Grigis

Apple è sicuramente una società capace di far parlare di sé, ma quando addirittura sono i leader religiosi a prendere parola, significa che la portata del "Think Different" ha valicato i normali confini dell'elettronica di consumo. A intervenire, e in termini tutt'altro che lusinghieri, è Lord Sacks, rabbino capo della comunità anglosassone.
Oggetto del contendere, la cultura dell'egocentrismo che Cupertino avrebbe istillato nei consumatori, sollevando dei bisogni non necessari per la purezza dell'animo umano. E non è tutto, perché al centro delle polemiche ci finisce anche iPad, considerato come una versione moderna e denigratoria delle tavole di Mosé, con tanto di 10 comandamenti svilenti verso la sensibilità religiosa delle persone.
«La società del consumo è stata determinata dalla discesa di Steve Jobs dalla montagna con i suoi due tablet, iPad e iPad 2, e il risultato è che ora abbiamo una cultura degli iPod, degli iPhone, delle iTune, degli i, i, i. Quando si diventa una cultura individualista ed egocentrica e ci si interessa solo dell'io ("i"), non ci si comporta terribilmente bene. [...] La società del consumo è infatti il meccanismo più efficiente per la creazione e la distribuzione dell'infelicità».
Lord Sacks, in altre parole, ha voluto mettere l'accento sulla distrazione di massa causata dalla tecnologia e di cui Apple, a suo avviso, sarebbe la principale responsabile. I prodotti con la Mela distoglierebbero le attenzioni dei credenti dai valori davvero importanti della vita, quali la famiglia, tanto da svilire completamente l'importanza del sabato ebraico. Sarebbero in molti, infatti, a dedicare la giornata sacra al divertimento con gli iDevice, anziché dedicarsi ai propri cari e alla preghiera:
«Di conseguenza, la risposta alla società del consumo è il mondo della fede, che gli Ebrei chiamano il mondo del Shabbat, dove non si può spendere e spandere, ma solo passare del tempo con le cose che davvero contano, ovvero la famiglia.»
In linea teorica, le parole di Lord Sacks sarebbero condivisibili: è del tutto vero che il consumismo ha distolto l'attenzione dei popoli da questioni importanti e preminenti. Ma il dubbio sorge più che lecito: perché attaccare proprio Apple? Sono moltissime le aziende che producono device elettronici di larghissima presa sul pubblico e, ovviamente, Cupertino non obbliga nessuno all'acquisto dei propri prodotti. Non sarà, forse, che si è voluta cavalcare la fama di Apple per ottenere rilevanza sui media?

(Digital.it, 21 novembre 2011)

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Una provocazione, forse estremistica

di Riccardo Di Segni

Poche sono state le voci critiche davanti al coro di cordoglio per la scomparsa di Steve Jobs, il fondatore dell'Apple, e tra queste si è segnalata quella di rav Jonathan Sacks, che ha denunciato il contributo alla società consumistica dato da Jobs, "sceso giù dalla montagna con due tavole (gioco di parole con l'inglese tablets), iPad one e iPad two, con il risultato che noi abbiamo una cultura di iPod, iPhone, iTune, i, i, i. Non vai molto bene se sei una cultura individualista ed egocentrica e ti preoccupi solo dell'"i" " (al minuscolo è l'iniziale dei prodotti Apple, al maiuscolo, con la stessa pronuncia in inglese, significa "io"). Le polemiche per questo intervento ("pubblicità per l'Apple", "perché prendersela solo con lui","parla come un Imam" ecc.) hanno costretto rav Sacks a una rettifica, nella quale ha dichiarato che lui stesso usa questi prodotti. Ma la provocazione, forse estremistica, del rabbino inglese serve a fermare un po' gli entusiasmi e a mettere sul tavolo una riflessione sul senso di una civiltà in cui il progresso tecnologico si accompagna alla creazione di pulsioni consumistiche di prodotti che danno solo effimera felicità. Ma se la felicità è effimera, possono essere utili: dipende da come vengono utilizzati. In uno degli "smart" phone che ho a disposizione per lavoro, e non dico quale (ne ho di due tipi, che non sono solo marche, ma sistemi e quasi religioni differenti) ho caricato il calendario ebraico con gli orari delle tefillot e dello Shabbat, la Torah con Rashì, l'intero Tanakh, l'intero Talmud Babilonese con Rashì e lo Shulchan 'Arukh. Nel testo originale, e ognuno con il suo bravo motore di ricerca, consultabili ovunque e in qualsiasi momento. Non è felicità ma tecnologia - oserei dire formidabile - al servizio della Torah.

(Notiziario Ucei, 21 novembre 2011)

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Da un sito pro Hamas. Un articolo ad alta densità di menzogne

«Riconoscere il carattere ebraico di Israele equivale all'espulsione dei palestinesi del '48'»

NABLUS - Per Nadim Rouhana, docente di Relazioni Internazionali all'Università di Tufts (Boston), "riconoscere il carattere ebraico dello Stato di Israele equivale, e l'atto si tradurrà, nell'espulsione di massa dei palestinesi che abitano in Israele (Territori occupati nel '48, ndr), esattamete a quanto fu fatto nel 1948".
Rouhana, anche direttore di "Mada al-Carmel", Centro per gli studi sociali applicati di Haifa, è intervenuto alla conferenza del Movimento Nazionale palestinese all'Università di Nablus.
"La pretesa israeliana nei confronti dei palestinesi è quella di negare loro in modo assoluto i diritti della collettività. Questo è il trend sul campo che sta conducendo al pericolo maggiore, ovvero all'espulsione di massa dei palestinesi da case e comunità proprie.
"Chiedere ai palestinesi di riconoscere Israele in qualità di Stato ebraico non è un affare interno a Israele perché le conseguenze di simile riconoscimento investiranno i palestinesi e avranno effetti nel lungo periodo. Questo concetto è strettamente collegato alla questione dell'identità storica e nazionale palestinese, all'interno della Palestina e al suo esterno".
Per Rouhana infine, Israele non si fermerà con questa richiesta. In uno suo articolo dal titolo "Sulla posizione dello Stato ebraico e sul futuro dell'identità nazionale palestinese", il professore aveva evidenziato proprio questo aspetto: "Questa richiesta sarà posta come il punto di partenza per ogni negoziato con i palestinesi", aveva osservato.
"Gli israeliani non hanno formulato quest'istanza da un giorno all'altro, ma è l'esito di una strategia ben studiata negli anni dalle istituzioni, dalla politica e dal diritto sin dagli anni '80, da quando la Knesset, il parlamento israeliano, ha presentato una serie di disegni di legge per la proclamazione dell'identità ebraica a svantaggio di quella palestinese".

(InfoPal, 21 novembre 2011)

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Tedeschi a Tel Aviv

  
Gli artisti contemporanei sanno che se la loro opera finisse nelle mani di Ermanno Tedeschi potrebbe finalmente essere appesa sulle mura di famosi collezionisti e musei. Nello scenario italiano dell'arte contemporanea, l'Ermanno Tedeschi Gallery ha fatto furore a Torino, Milano e Roma. Ora è approdata a Tel Aviv.
Un mese fa, Tedeschi ha finalmente realizzato il suo sogno di aprire una galleria in Israele, dove trascorse molto tempo con un kibbutz durante la sua adolescenza e dov'è stato coinvolto dal Tel Aviv Museum of Art. La sua prima mostra in Israele, .World, a cura di Luca Beatrice, ha raccolto una palette di artisti di spicco in Italia e in Israele, lasciando gli abitanti di Tel Aviv ammaliati e desiderosi di vedere dell'altro.
L'attuale mostra, che presenta le opere di due italiani, Riccardo Gusmaroli ed Alex Pinna, ha entusiasmato Neve Tzedek, quartiere bohèmien di Tel Aviv, all'inaugurazione di qualche settimana fa. I visitatori si sono soffermati sia sui pavimenti in legno sbiancato dell'intima galleria e sul marciapiede di fuori, scambiando opinioni con gli artisti in merito alle differenze del mondo dell'arte in Israele e in Italia. In un'area di tendenza in cui si vedono più boutique e bar che gallerie, l'Ermanno Tedeschi Gallery ha trovato la sua dimensione.
Le ombre delle sculture di Alex Pinna sono belle quanto le opere stesse, e proiettano immagini misteriose sulle mura retrostanti. Figure bronzee allungate e dalla statura Giaccomettesca, si ergono in equilibrio precario sul bordo di robuste assi come se stessero per tuffarsi in un destino sconosciuto. Una figura a bastoncino avvolta in una corda con gambe lunghe come spaghetti riposa languidamente sullo sfondo di una cornice quadrata di corda intrecciata. La statua di bronzo alta 1 metro e mezzo di un uomo dai tratti anonimi, che si appoggia pesantemente al muro, leggermente piegato, con le braccia nascoste ed i piedi saldi a terra, mostra la fragilità dell'umanità. Le statue di Pinna sembrano camminare sulla fune della vita o sedersi all'altezza della solitudine. Esprimono la sensazione di solitudine dell'uomo arrivato.
Se le sculture di Pinna sono salde e stabili, le tele di Riccardo Gusmaroli che ritraggono flotte di barche di carta, creano assoluto movimento. Da lontano le tele sembrano tifoni che turbinano prima della tempesta. Da vicino, i turbini si rivelano uno tzunami di barche di origami grandi come graffette che, appoggiate su un lato, regalano texture a tele che altrimenti sarebbero tutte bianche o tutte rosse. Tedeschi aveva pensato di aprire una galleria a New York, ma ha trovato l'energia degli artisti dello scenario contemporaneo di Tel Aviv - con i quali ha lavorato negli ultimi dieci anni - così seducente da non farsela sfuggire.
"Io credo nell'arte come mezzo per costruire relazioni internazionali tra artisti" ha detto Tedeschi a Tel Aviv in occasione della sua mostra. "Ecco perché ho ritenuto opportuno aprire questa galleria in un quartiere, che in ebraico significa oasi di pace.

(Vogue, 21 novembre 2011)

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Israele: è il momento di fermare Ahmadinejad

TEMPO SCADUTO - Dopo aver assistito in silenzio al crescere della problematica iraniana, Israele ha deciso di uscire allo scoperto: prima manifestando le proprie certezze sulla presenza in Iran di materiale per la ricerca nucleare, poi non negando del tutto la possibilità concreta di un attacco militare.
A rilasciare simili dichiarazioni è stato il Ministro degli Esteri Ehud Barak, che ha messo subito in chiaro la posizione del suo Paese, affermando che la possibilità di un attacco all'Iran "non è argomento da discutere in pubblico". E il membro del governo israeliano ha rincarato la dose tornando a parlare del recente rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, definito da più voci come molto preoccupante. Barak, sulla stessa linea, ne ha evidenziato la gravità, dicendosi ormai sicuro delle intenzioni di Teheran riguardo agli armamenti atomici, e ha concluso dichiarando che "l'Iran è deciso a sviluppare un'arma nucleare, non esiste altra spiegazione possibile o concepibile per ciò che sta accadendo, e va fermato".

TENSIONE INTERNAZIONALE - Le dure parole del ministro israeliano giungono sulla scia di una sequela di avvenimenti che stanno portando sempre più in alto l'escalation di tensione globale: il 18 novembre, il vertice dei governatori dell'Aiea aveva approvato con una votazione bulgara una risoluzione contro il Paese del presidente Ahmadinejad; la decisione di intervenire diplomaticamente era arrivata in conseguenza del rapporto dell'Agenzia sulla situazione iraniana, che era apparso da subito molto preoccupante. Ma la risoluzione approvata dal vertice dei Governatori si è limitata ad esprimere "grave preoccupazione", senza imporre all'Iran nessuna sanzione concreta. Anzi, secondo i dettami dell'iniziativa, il Paese mediorientale avrà tempo addirittura fino a marzo per dare una risposta relativamente alle proprie attività sospette.
È una data però ancora molto lontana, soprattutto considerando il livello dell'agitazione internazionale, che sale ogni giorno di più. La situazione dovrà essere monitorata, soprattutto dall'esterno, perchè se Israele, che le ultime stime danno in possesso di cinquanta testate nucleari, dovesse davvero perdere la pazienza, l'equilibrio mondiale potrebbe subire un contraccolpo non da poco.

(newnotizie, 21 novembre 2011)

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Teheran: speriamo Israele commetta "l'errore" di attaccarci

Guardiani della rivoluzione: li manderemo nella pattumiera della Storia

TEHERAN, 21 nov. - Il comandante della forza aerospaziale dei Guardiani della rivoluzione, il generale Amir-Ali Hadjizadeh, ha dichiarato che l'Iran "spera" che Israele commetta l'errore di attaccare, per mandare "i nemici dell'islam nella pattumiera della Storia". Lo riporta oggi l'agenzia Fars.
"Una delle nostre grandi speranze è che commettano tale azione perché da tempo abbiamo un'energia accumulata che speriamo di utilizzare per spedire i nemici dell'islam nella pattumiera della Storia - ha detto il generale riguardo alla minaccia israeliana di attaccare i siti nucleari iraniani - lo sviluppo delle nostre capacità balistiche non cesserà mai".

(TMNews, 21 novembre 2011)

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Israele: 80% di crescita per l’azienda chimica

Israel Chemicals registra una crescita pari a circa l'80%. L'azienda chimica multinazionale con sede in Israele ha fatturato 436.3 milioni di dollari nel terzo quarto dell'anno e distribuirà 300 milioni di dividendi. Nello stesso periodo dell'anno scorso, il fatturato era stato di 242.9 milioni.
In particolare, la vendita di potassa - un fertilizzante prodotto dall'azienda - e fosfati è cresciuta del 50%, arrivando a 1.13 miliardi di dollari rispetto ai 753.3 milioni del 2010. Positive anche le cifre della vendita di prodotti industriali, aumentata del 21% nel lasso di tempo considerato (vale a dire 380.7 milioni di dollari). A contribuire a questa performance straordinaria della Israel Chemicals sono stati anche i contratti firmati negli ultimi mesi con l'India, la China e altri clienti per la fornitura di 750mila tonnellate di potassa.

(FocusMO, 21 novembre 2011)

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Germanwings: in vendita i voli 2012 per Tel Aviv

Sono già disponibili i biglietti per i voli che la low cost Germanwings opererà dal 26 marzo al 27 ottobre 2012 da Colonia/Bonn a Tel Aviv.
Il collegamento è stato attivato per la prima volta nell'operativo della scorsa estate, riscuotendo un buon successo.
Tel Aviv è il principale centro economico di Israele e vanta numerose attrattive, come la Città Bianca, proclamata dall'UNESCO Patrimonio Culturale dell'Umanità.

(agenzia di viaggi, 21 novembre 2011)

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L'ambasciatore israeliano torna al Cairo

Yitzhak Levanon è rientrato oggi in Egitto dopo che, lo scorso settembre, una folla inferocita aveva preso d'assalto l'ambasciata dello Stato ebraico al Cairo. Migliaia di dimostranti avevano attaccato il muro di protezione costruito poco prima attorno all'ambasciata; la manifestazione causò la morte di tre persone e il ferimento di altre mille - tutti egiziani - oltre a una grande preoccupazione per l'incolumità del corpo diplomatico. L'ambasciatore, la sua famiglia e altri membri dello staff erano stati fatti evacuare sotto protezione e il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva disposto un ponte aereo militare per ricondurli in patria. A scatenare l'assalto era stata l'uccisione per errore di cinque poliziotti egiziani da parte dell'esercito israeliano, che era avvenuta poche settimane prima durante una serie di raid punitivi contro Gaza.

(FocusMO, 20 novembre 2011)

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Dopo oltre 500 anni torna in Sicilia la Torah

SIRACUSA, 20 nov. - Dopo piu' di 500 anni torna in Sicilia la Torah, la 'bibbia ebraica'. Giovedi, 24 novembre a Siracusa, a partire dalle 18 iniziera' la cerimonia ed un corteo portera' il nuovo Sefer Torah in Sinagoga. Vi sara' quindi la lettura dei salmi, un intervento del Rabbino Di Mauro e delle autorita' presenti. Seguira' la recitazione di Nishmat, Ranenu, El Adon, Kadosh e Shema Israel. Verra' riposto il Sefer Torah nell' Aron Kodesh, accompagnato dal canto Adon Olam Alenu, il suono dello Shofar e al termine della cerimonia verra' offerto a tutti i presenti un rinfresco di cibi kasher. La comunita' ebraica siracusana e' retta dal rabbino Stefano Di Mauro che ritorno' in Italia dagli Stati Uniti nel 2007 e si prefisse la mitzvah (un precetto) di ricostruire l' ebraismo in Sicilia e nel meridione di Italia. Rav di Mauro e' medico ed era Capo Rabbino della congregazione ortodossa B'Nai Isaac a North Miami Beach, Florida. L' inizio vide poche persone che si riunivano per la preghiera e per Shabbat a casa del Rabbino. Nel 2008 comincio' a costituirsi un gruppo piu' nutrito con l' arrivo di altri anusim ed ebrei da altre citta' della Sicilia e della Calabria. Messina, Catania, Gerace. Cosi' il rabbino Di Mauro acquisto' un locale per la Sinagoga in Via Italia 88, nella zona di Siracusa dove storicamente si ritiene ci fosse il primo insediamento ebraico. Poi, come sapra', il quartiere ebraico divento' l' isola di Ortigia. L' anno successivo, fa sapere Di Mauro ''fondammo la Federazione delle comunita' Ebraiche del Mediterraneo con l' intento di riunire in una sola organizzazione tutte le Comunita' Ebraiche del Meridione d' Italia di Malta e qualunque altra Comunita' del mediterraneo desideri aderire . Il progetto e' in formazione, ci saranno tempi lunghi ma B.H. la crescita e' importante e le premesse lusinghiere''.

''La comunita' - prosegue Di Mauro - possiede tre Sefarim Torah, (Rotoli della Torah) uno acquistato dalla comunita' e due donati a Rav Di Mauro dalla Comunita' Ebraica North Miami Beach. La sinagoga puo' contenere 50 persone sedute e comincia gia' ad essere insufficiente a contenere tutti coloro che si riuniscono per le festivita' ebraiche''.
Tra le importanti iniziative portate a termine dalla comunita' ebraica dell'Isola anche la fondazione del ''Centro Sefardico Siciliano'' che ''ci auguriamo diventi un punto di riferimento religioso e culturale per l' intera regione. Stiamo inoltre costituendo una biblioteca''.
Da sottolineare anche l'istituzione di una Yeshiva ( scuola ) Rabbinica, il cui Rosh Yeshiva e' Rav Di Mauro. ''Al momento - dice - abbiamo 4 persone iscritte che seguono i corsi. Nel 2010 abbiamo tenuto il primo ghiur per 19 anusim che sono ritornati alla fede dei padri''.

Ad oggi, a quanto si e' appreso, arrivano contatti da persone che dal meridione d' Italia rivendicano la loro appartenenza al popolo di Israele e che, osserva il rabbino Di Mauro ''sentono ardere dentro se' quella fiamma che la cacciata del 1492 ha tentato inutilmente di spegnere. Si tratta di persone che vogliono avvicinarsi alla nostra comunita' per iniziare la formazione che li condurra' lungo il percorso di ritorno alla fede dei padri''. ''Fra i tanti progetti - annuncia infine - c' e' anche quello di recuperare una festivita', il Purim di Siracusa''. Per chiarire, infine, lo spirito con il quale la Comunita' Ebraica di Siracusa e il suo Rabbino Stefano di Mauro hanno intrapreso il percorso di rifondazione ebraica nel meridione d' Italia ed in Sicilia in particolare, sarebbe sufficiente ricordare le parole di Rabbi Ben Zakkay. ''Quello che dobbiamo fare e' cercare dentro noi stessi la nostra ebraicita', la fiamma perpetua di ogni ebreo; mi riferisco a quella ricerca di kedusha' che deve partecipare e impregnare la quotidianita' di ogni ebreo. Noi non siamo nel modo piu' assoluto universalisti, ne' tanto meno ircanisti, non facciamo proselitismo''. ''Noi - prosegue - vogliamo rappresentare la fiamma che gli ebrei hanno inestinguibile dentro se' stessi, un faro nella Sicilia e nel Meridione d' Italia che da 5 secoli aspetta il ricongiungimento al proprio popolo, alle proprie radici religiose e culturali, all' unica vera fede monoteista in un mondo in cui due polloni eretici hanno tentato inutilmente di cancellare Israele''.

(Adnkronos, 20 novembre 2011)

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Procter&Gamble a caccia di "cervelli israeliani"

Procter&Gamble va a caccia di cervelli israeliani. Il gigante industriale americano ha deciso di potenziare il proprio settore Innovazione assumendo giovani israeliani che siano sul punto di terminare master in ingegneristica o in scienze.
I pre-colloqui sono iniziati da un paio di giorni: chi verrà selezionato potrà partecipare a uno dei due programmi di ricerca e sviluppo del gruppo industriale di Cincinnati; successivamente, ai più meritevoli verrà offerto un contratto di lavoro. Le candidature possono essere presentate sul sito P&G Israel fino al 30 novembre. «La squadra che lavora nel settore Innovazione di Procter&Gamble è rimasta positivamente impressionata dalla qualità dei ricercatori israeliani», ha commentato il direttore del centro ricerche di P&G Israel. E ha spiegato: «Lo scorso anno abbiamo lanciato un altro bando di gara internazionale: allora cercavamo esperti in scienze sociali e computing. I candidati israeliani hanno ottenuto punteggi superiori del 20% rispetto alla media». Oggi nei centri di ricerca P&G sparsi in tutto il mondo lavorano circa 9.400 scienziati. In Israele, la compagnia collabora con la Hebrew University di Gerusalemme, con la casa farmaceutica Teva e con Powermat, un?azienda che sta sviluppando caricatori di batterie senza fili.

(FocusMO, 20 novembre 2011)

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Pisa - Nessiah 2011 al via

Pisa all'insegna della Grande Madre Russia. Il quindicesimo festival di cultura e musica ebraica Nessiah apre i battenti nella città toscana. Leitmotiv di questa edizione, patrocinata tra gli altri dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la terra di Vasilij Grossman e Josif Brodskij. Dal Danubio agli Urali, la Russia ha dato infatti i natali a molti intellettuali ebrei. "Una rivoluzione e due guerre mondiali - afferma Andrea Gottfried, storico direttore di Nessiah - hanno cercato con un colpo di spugna di cancellare confini e di creare nuove identità, diluendo la presenza di popoli in specifiche aree, anche grazie a massicce campagne di turismo coatto. Allora, dove sono finiti i figli di questa madre? Alcuni sono rimasti, altri sono emigrati con le prime crepe nel muro di Berlino". Pur tra mille difficoltà, le sonorità della tradizione yiddish hanno superato questi eventi e rivivranno ad esempio, nell'ormai tradizionale rassegna pisana, nel violino di Jona Rayko, nel clarinetto di Anton Dressler e nella voce di Marina Zachàrova.

(Notiziario Ucei, 20 novembre 2011)

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Iran: un pastore evangelico rischia la pena di morte. Appello di Amnesty

In Iran un pastore cristiano evangelico, Yousef Nadarkhani, rischia di essere condannato a morte per "apostasia", in quanto si è rifiutato di abiurare la sua fede cristiana. Amnesty International lancia un appello per fermare la possibile esecuzione.

di Iginio Santi

Amnesty International lancia un appello per cercare di salvare la vita di Yousef Nadarkhani, un pastore cristiano arrestato dalle autorità iraniane il 13 ottobre 2009. Come riassume Amnesty, il pastore cristiano è "prigioniero di coscienza, detenuto unicamente a causa del suo orientamento religioso", visto che inizialmente fu condannato a morte per "apostasia" (settembre 2010), anche se la sentenza è stata ribaltata dalla Corte Suprema nel luglio del 2011. Yousef Nadarkhani si è rifiutato di abiurare la sua fede cristiana ma, da quanto si apprende, e anche a causa di una protesta internazionale, "un funzionario iraniano vicino alle guardie rivoluzionarie, ha comunicato il 30 settembre 2011" che nei confronti del pastore non pendono più "accuse legate alla sua fede, ma di 'estorsione e stupro". Accuse queste respinte dall'avvocato di Nadarkhani, che ha negato che queste imputazioni "siano state lette durante le sessioni del processo a cui era presente". Amnesty International conferma, inoltre, che tali accuse non vengono mai "menzionate nei documenti del tribunale visionate" dall'organizzazione stessa. Per questo motivo Amnesty invita a firmare un appello () indirizzato all'Ayatollah Sadegh Larijani, in cui si chiede "il rilascio immediato ed incondizionato di Yousef Nadarkhani" oltre a "far decadere tutte le accuse a suo carico in relazione al suo credo religioso". Fonti di Christian Solidarity Worldwide (CSW)   () riferiscono che gli avvocati di Yousef Nadarkhani attendono probabilmente una decisione intorno, al massimo, per metà dicembre, nella speranza che il pastore cristiano venga rilasciato durante il periodo natalizio, anche per evitare una serie di proteste internazionali. Il team Leader CSW del Medio Oriente e dell'Africa sub-sahariana, il dottor Khataza Gondwe, ha infine dichiarato come sia davvero "preoccupante" che il leader supremo dell'Iran, che deve giudicare sul caso, continui a ritardare ancora la sua decisione in merito a Yousef Nadarkhani, "lasciando il pastore e la sua famiglia in uno stato di desolante limbo". "Noi continuiamo a sollecitare una decisione rapida - specifica Khataza Gondwe - chiedendo la piena assoluzione e il rilascio, in quanto il verdetto è in violazione della legge iraniana, e dello spirito dell'articolo 23 della Costituzione iraniana". "La Guida Suprema ha ora l'occasione per dimostrare l'impegno dell'Iran di lavorare all'interno di un proprio codice civile, dove l'apostasia non è un reato codificata" sottolinea Gondwe del CSW, ricordando all'Ayatollah Khamenei i "suoi obblighi in quanto firmatario del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), che permette la libertà di religione e di credo". "L'Iran deve continuato ad essere sollecitato per porre fine alla detenzione di persone senza accuse - conclude Gondwe - e per sostenere i diritti e le libertà delle minoranze religiose".

(Mainfatti, 20 novembre 2011)

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L'Egitto ripristina le esportazioni di gas verso Israele

Il metano ha ricominciato a fluire a nove giorni dall'ultimo attacco al gasdotto che corre tra i due Paesi sotto il deserto del Sinai. Lo ha annunciato la East Mediterranean Gas Company (EMG), il consorzio israelo-egiziano che trasporta gas dall'Egitto in Israele. L'accordo di fornitura di carburante egiziano allo Stato ebraico è oggetto di forti contestazioni in Egitto dalla caduta dell'ex presidente, Hosni Mubarak, che ne fu il fautore. Oltre che per motivi politici, il contratto con gli israeliani genera il malcontento dell'opinione pubblica egiziana per il basso costo a cui il metano viene acquistato da Israele. Il gasdotto è stato per questo attaccato ripetutamente, con esplosioni che hanno determinato svariate interruzioni nelle consegne. A complicare ulteriormente la questione, vi è anche l'opposizione dei beduini che abitano nel Sinai, i quali tollerano male gli impianti petroliferi nel deserto.

(FocusMO, 20 novembre 2011)

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Israele un miracolo economico

Appena il 20% del territorio israeliano è arabile. Eppure, fin dalla sua indipendenza nel maggio 1948, la produzione agricola del paese è aumentato di 16 volte più del tasso di crescita della popolazione. Questo è determinato dalla costante ricerca e innovazione e dalla cooperazione.
Un esempio è la Stazione di Ricerca nell deserto a Be'er Sheva, un'azienda agricola coltivata dai Nabatei, utilizzando sofisticati terrazzamenti, dove ogni goccia d'acqua che piove dal cielo viene raccolta e deviata verso i campi e i frutteti. La produzione agricola ha utilizzato la tecnologia per ridurre il consumo d'acqua e la gestione dei costi derivati, i sistemi di irrigazione computerizzati sono la norma nelle aree vaste coltivate. Le esportazioni agricole valgono più di 2 miliardi di dollari, più della metà dei quali prodotti freschi. Nonostante la rapida crescita della popolazione (oggi oltre 7,5 milioni), gli israeliani godono di un reddito pro-capite di $ 29.600, mettendoli tra i primi 30 Paesi a livello mondiale, tra Spagna e Italia. Israele anche se dipende dalle importazioni di quasi tutte le sue materie prime, dal petrolio ai diamanti è diventato un polo industriale globale. E 'un leader mondiale nella lucidatura e taglio dei diamanti, dei prodotti alimentari trasformati, delle apparecchiature elettroniche e mediche, e, più recentemente dei software, semiconduttori e delle telecomunicazioni. Dopo gli Stati Uniti, Israele ha più società quotate al Nasdaq di qualsiasi altro paese. Non esiste una spiegazione unica per il successo di Israele, anche se in cima alla lista è sicuramente il suo impegno per ricerca e sviluppo. I detrattori sostengono che l'assistenza economica degli Stati Uniti rappresenti il motivo principale del successo, ma gran parte dei 3 miliardi di dollari che riceve ogni anno Gerusalemme da Washington viene speso per l?ammodernamento militare, piuttosto che per lo sviluppo. La dimensione militare è vitale nel quadro dello sviluppo complessivo di Israele, soprattutto nella misura in cui la mentalità alla difesa e attacco ha generato un profondo senso di responsabilità da parte dei cittadini, pianificazione strategica a lungo termine e predisposizione al problem-solving. Per tradurre le idee in iniziative imprenditoriali, Israele ha favorito un sistema che incoraggia e adatta l'imprenditorialità. Ha creato centri di eccellenza nelle università in prossimità di incubatori di aziende grandi e piccole, creando uno spazio virtuoso per i manager, il capitale e il talento. Il governo fornisce $ 450-milioni in sovvenzioni annuali a 1200 progetti meritevoli. Israele deve ancora affrontare gravi problemi economici, non ultimo l'eccessiva concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi "magnati", in modo da ridistribuire maggiormente i benefici sociali dello sviluppo economico. L'esempio di Israele di "performance attraverso le avversità" contiene numerose lezioni per lo sviluppo di paesi ancora attanagliati dalla povertà e di via illuminata per la crescita sociale attraverso il benessere economico e l?opportunità di impiego per tutte le classi sociali e per le generazioni future.

(FocusMO, 20 novembre 2011)

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Continuano gli attentati al gasdotto che attraversa il deserto del Sinai.

di Costantino Pistilli

  
La scorsa settimana c'è stato un altro attentato contro il gasdotto egiziano che rifornisce Giordania e Israele. Il settimo da febbraio, da quando l'Egitto è stato liberato dal raìs Mubarak. Il penultimo atto terroristico risale al 27 settembre: un gruppo di terroristi posizionò dell'esplosivo sul tratto del gasdotto che attraversa l'area di al-Taweel, nella città di al-Arish. Il 30 luglio, un gruppo di uomini a volto coperto fece saltare in aria un deposito di carburante lungo la pipeline. Altri due attentati erano avvenuti il 4 e il 13 Luglio e il 27 Marzo alcuni terroristi collocarono dell'esplosivo nel terminal di al-Sabil con l'intenzione di farlo esplodere ma la polizia riuscì a sventare l'attacco. Il 5 Febbraio, invece, durante i giorni più caldi della rivolta contro Mubarak, il gasdotto fu incendiato in più parti.
    In questi giorni le forze di sicurezza del Cairo hanno arrestato sedici persone del gruppo denominato 'Al Takfeer Wal Hijra' (TWH) ritenuto responsabile di chiudere il gas a Giordania (più del 90% dipende dalle esportazioni estere) e a Israele (più del 30% di oro azzurro arriva dal Sinai). Due di loro hanno poi rivelato che a capo della loro organizzazione, impegnata ad attaccare il metanodotto in questi ultimi mesi, vi sarebbe Mohammed al-Teehi trattenuto di ritorno da un pellegrinaggio alla Mecca. Il gruppo fondamentalista islamico TwH nasce intorno agli anni settanta e si insedia nella penisola del Sinai a causa della durissima ostilità del regime egiziano (da Anwar al-Sadat a Hosni Mubarak) lasciando la capitale egiziana per trovare rifugio nella città di Asyut, loro luogo di Egira.
    I componenti dell'organizzazione (di cui avrebbe fatto parte anche Mohammed Atta, uno degli assassini dell'Undici settembre) sono quindi molto ben radicati nel territorio e difficili da intercettare: grazie alla concessione della taqiyya, che permette di mangiare cibi haram o di bere alcool per mischiarsi e avvicinare senza sospetto gli "infedeli".
    Oltre al TWH ad avere un controllo capillare del Sinai egiziano ci sono tribù di beduini, circa il 70% della popolazione della penisola, e secondo l'archeologo israeliano Avner Goren che ha vissuto e lavorato per più di quindici anni nel Sinai, Al-Qaeda sta sfruttando il malcontento dei beduini e finanziando le varie tribù per consolidare un'alleanza che le permetta di stazionare in una delle aree più strategiche del Levante. Questo, nonostante le tribù beduine non siano tradizionalmente devote all'Islam. I beduini, infatti, tengono di più alla loro tradizione che al Corano. Ma il mal contento contro il potere centrale li spinge verso chi li sostiene finanziariamente. Il territorio del Sinai, quindi, sia per la ricchezza energetica (l'Egitto è diventato uno dei maggiori produttori di gas naturale dell'Africa, secondo solo all'Algeria) sia per importanza strategica sarà una scacchiera dove molti partiti vorranno posizionare le proprie pedine in occasione delle imminenti elezioni. Inoltre, da lì parte il gas che rifornisce lo Stato israeliano e negli anni la canna del gas egiziana viene utilizzata, soprattutto dalla Fratellanza musulmana, come asta per sbandierare il drappo antigovernativo e antisionista. Il gas naturale viene venduto a Israele da questo impianto in base a un accordo ventennale con il quale l'Egitto rifornisce i propri vicini. L'accordo non ha mai ricevuto il consenso popolare ed è motivo di ampie critiche per il fatto che i prezzi applicati a Israele sono troppo convenienti. Ma si dimentica di dire che l'Egitto quando ha firmato un trattato di pace con Israele sotto l'ex presidente Anwar Al-Sadat e fissato il prezzo dell'oro azzurro estratto dalle piramidi è diventato il secondo più grande destinatario di aiuti economici degli Stati Uniti. Gerusalemme, per svincolarsi dalla dipendenza energetica fornita dagli ostili paesi arabi dovrà sfruttare i giacimenti offshore di gas naturale di Dalit, Tamar e Leviathan nello spazio marittimo a largo di Haifa. Ma si tratta però di siti già contesi con Cipro nord - leggi Ankara- e Libano.

(l'Occidentale, 19 novembre 2011)

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L'Irlanda è il paese più ostile a Israele in Europa

L'Irlanda aveva la tradizione di essere un tranquillo paese cattolico che sapeva mantenersi tale anche mentre altri paesi dell'Europa erano scossi da profondi sommovimenti. Oggi molto è cambiato.

L'odio nei confronti di Israele ha raggiunto gravi livelli in Irlanda. Una campagna anti-israeliana, assolutamente scandalosa, è stata messa in essere durante lo scorso fine settimana nella principale strada pedonale di Dublino, con la rappresentazione di soldati di Tzahal sotto le sembianze di soldati nazisti.
Nell'ambito di questa rappresentazione, che si è svolta sotto il patrocinio del consiglio municipale di Dublino, un gruppo di "militanti" pro-palestinesi ha sistemato una riproduzione della barriera di separazione e dei blocchi stradali dell'esercito israeliano.
I "militanti" erano vestiti come i soldati ed hanno picchiato, umiliato e puntato le loro armi contro altri attivisti vestiti da palestinesi; questo avveniva di fronte a migliaia di cittadini irlandesi e di turisti.
Questo episodio è avvenuto subito dopo che pesanti accuse erano state lanciate contro lo stato di Israele al parlamento irlandese nel corso della settimana scorsa, e si è detto che Israele aveva "rapito, maltrattato e spogliato" dei cittadini irlandesi che hanno partecipato alla flottiglia diretta a Gaza e recentemente bloccata da Israele.
E questo non è tutto; su Facebook un gruppo ha messo in rete l'invito a gettare delle grosse pietre contro i muri dell'ambasciata di Israele a Dublino. Degli individui anti-israeliani hanno recentemente compiuto atti vandalici in un auditorium di Dublino per impedire che si svolgesse un concerto del cantante israeliano Izhar Ashdot.
Gli indirizzi di Facebook dei funzionari dell'ambasciata di Israele sono stati attaccati da pirati informatici irlandesi, mentre degli individui anti-israeliani tentano di perturbare il festival del film israeliano organizzato dall'ambasciata a Dublino e che si dovrebbe svolgere la settimana prossima.
"Il governo irlandese nutre la popolazione di odio anti-israeliano" ha dichiarato un responsabile dell'ambasciata. "Quanto possiamo vedere qua è dell'evidente antisemitismo".
All'interno del ministero degli esteri irlandesi sono state raccolte delle voci che affermano che il paese sta diventando, senza possibilità di dubbi, il paese più ostile nei confronti di Israele tra tutti quelli della Comunità Europea, "spingendo l'insieme dei paesi dell'Europa ad avere un approccio radicale ed intransigente".
Come ricordano le stesse persone, quando l'ambasciatore israeliano Boaz Modai è arrivato a Dublino, uno dei principali giornali irlandesi gli ha dato il benvenuto con un articolo intitolato: "Benvenuto all'inferno".

(Juif.org, 16 novembre 2011 - trad. Emanuel Segre Amar)

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Ahmadinejad sotto attacco. Gli islamici vogliono il potere

di Massimiliano Santalucia

La guerra in Iran è già cominciata. Non solo, si starebbe addirittura già avviando a una sua conclusione. No, non si tratta del possibile scontro fra Theran da un lato e gli Usa e Israele dall'altro sulla questione del nucleare a scopi militari di cui la repubblica islamica si starebbe dotando. Il vero conflitto è quello che già da diversi mesi si sta svolgendo all'interno stesso del regime fra la guida suprema l'Ayatollah Ali Khamenei e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. A dispetto dell'apparente convergenza di opinioni quando si tratta di attaccare i vari satana americano e sionista, le due principali figure della politica nazionale stanno combattendo da diversi mesi una guerra per l'egemonia politica interna. Già lo scorso mese di Aprile i due rivali si erano fronteggiati sulla questione delicata della nomina del ministro per l'Intelligence; in quella circostanza Ahmadinejad silurò dall'incarico Heydar Moslehi che fu però immediatamente reintegrato da Khamenei. Il presidente reagì disertando una serie di meeting con la guida suprema, una gesto considerato estremamaente irriguardoso verso un personaggio che nella dialettica politica iraniana viene indicato come un "rappresentante di Dio" in terra.
Ora la guera fredda fra i due esponenti si arricchisce di un nuovo capitolo. Alcune influenti personalità politiche vicine a Khamenei hanno manifestato l'intenzione di voler abolire la figura del presidente della Repubblica eletto dalla popolazione per sostituirla con quella di un primo ministro nominato direttamente dal Parlamento dove Khamenei ha grande influenza. Inizialmente questa proposta è stata resa pubblica da esponenti politici vicini alla guida spirituale; in seguito lo stesso Khamenei ha affermato che non porrebbe ostacoli a un'eventuale riforma del sistema politico. Le prossime elezioni presidenziali si dovrebbero tenere nel 2013 e, secondo quanto dice la costituzione, Ahmadinejad non potrebbe ripresentarsi poiché è già al suo secondo mandato. Tuttavia c'é la possibilità che l'attuale presidente cerchi di ricandidare un suo fedelissimo alle prossime consultazioni così da continuare ad esercitare la sua influenza all'interno della politica nazionale.
Ahmadinejad era uno dei pupilli di Khamenei che ne aveva accettato la candidatura alle presidenziali del 2005 e lo aveva appoggiato anche durante le elezioni truccate del 2009. Da queste vicende scaturirono violente manifestazioni di protesta contro il regime represse brutalmente. Khamenei pensava di poter manovrare Ahmadinejad senza problemi, ma quest'ultimo ha cercato di crearsi un suo spazio autonomo cercando di piazzare i suoi uomini in luoghi strategici del potere. "La situazione politica nel paese è particolarmente tesa e lo scontro fra queste due personalità sta entrando nella sua fase cruciale" ha detto ad Affaritaliani.it il professor Ali Ansari, docente di storia iraniana presso l'Università di St. Andrews. "Khamenei è intenzionato a diventare l'unico vero protagonista della politica iraniana relegando Ahmadinejad al ruolo di semplice spalla."
Se il progetto di abolire la presidenza dovesse avere successo Khamenei otterrebbe un doppio risultato: da un lato metterebbe definitivamente fuori gioco il suo avversario e dall'altro eviterebbe che con le elezioni presidenziali del 2013 si fornisca alla piazza un pretesto per sollevarsi contro il regime come capitato nel 2009. Inoltre la politica economica perseguita finora dal presidente sta causando molto malcontento nel paese tanto che recentemente sono state segnalate proteste sparse nel paese a causa dell'aumento dei prezzi e del mancato pagamento degli stipendi. Togliere di mezzo Ahmadinejad permetterebbe alla guida suprema di smarcarsi da una politica che si sta rivelando impopolare.
Apparentemente questa diatriba non sembra intaccare la questione del nucleare che rischia di causare un confronto militare con gli Usa. Entrambi gli esponenti affermano che il paese non intende rinunciare alla tecnologia nucleare a scopi civili, tuttavia anche in questo scenario i due leaders hanno posizioni e idee differenti. Come spiega ad Affaritaliani.it Saeed Khamali Dehghan, giornalista iraniano del Guardian ed esperto del paese asiatico in realtà il ruolo giocato dalla guida suprema sarebbe diverso da quello del presidente. "Il programma nucleare è gestito dai Guardiani della rivoluzione i quali a loro volta rispondono direttamente a Khamenei; difficile pensare che ogni decisione presa a tal proposito non abbia avuto prima il suo avallo. Su questo tema Ahmadinejad invece sarebbe favorevole ad un approccio più soft." Tuttavia non è ancora detto che le manovre della guida spirituale contro il presidente in carica ottengano il risultato sperato nè che una maggiore concetrazione di potere nelle mani di Khamenei sia accolta positivamente nel paese. Diversi gruppi politici hanno sottolineato come l'eliminazione della figura del presidente minerebbe il principale elemento repubblicano della repubblica islamica , elemento oltretutto previsto dalla stessa costituzione. Inoltre, malgrado l'impopolarità di Ahmadinejad, non è scontato che Khamenei riesca a scaricare completamente la figura dell'ex-alleato. Proprio l'appoggio della guida spiriruale permise al presidente in carica di truccare le elezioni e di superare la crisi politica con le manifestazioni di piazza che ne seguirono. Non è detto che gli iraniani abbiano dimenticato quegli eventi.
Usa e Israele stanno considerando con maggiore insistenza l'opzione dell'attacco militare; una soluzione dall'esito incerto che come prima conseguenza avrebbe l'aumento del prezzo del petrolio e il blocco da parte dell'Iran dello stretto di Hormuz, snodo essenziale per il traffico mondiale di greggio. Ma prima di far decollare i propri bombardieri, a Washington e Tel Aviv potrebbe convenire maggiormente aspettare l'esito dello scontro interno fra Khamenei ed Ahmadinejad, magari cercando d'influenzarlo indirettamente con una più incisiva azione diplomatica appoggiata anche da Mosca e Pechino. Lo scontro vero in Iran è già cominciato, ma anzichè nei cieli iraniani si sta combattendo all'interno dei palazzi del potere di Theran. E questo può trasformarsi in un notevole vantaggio strategico per l'Occidente.

(Affaritaliani.it, 19 novembre 2011)

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Cavalli apre la Tel Aviv Fashion Week

  
TEL AVIV, 18 nov. - Sara' lo stilista italiano Roberto Cavalli l'ospite d'onore della prima edizione della Tel Aviv Fashion Week, la manifestazione organizzata dalle autorita' dello Stato ebraico per promuovere la moda israeliana nel mondo. Lo rendono noto fonti dell'ambasciata italiana a Tel Aviv, spiegando che la presenza del grande stilista italiano rientra in un'ampia azione avviata dalla sede diplomatica per valorihzzare lo stile Made in Italy nel Paese mediorientale, protagonista negli ultimi anni di un'imponente crescita nel settore del fashion, grazie anche a giovani firme dal successo crescente in tutto il mondo. La settimana della moda, che prendera' il via lunedi' prossimo, si svolgera' fino al 23 novembre con un programma di sette sfilate al giorno e 20mila ospiti attesi da tutto il mondo. In occasione dell'evento, il presidente della Camera nazionale della moda italiana, Mario Boselli, e il presidente della Tel Aviv Fashion Week, Ofir Lev, firmeranno un accordo per promuovere la collaborazione e lo scambio di esperienze tra l'industria della moda italiana e quella israeliana. La firma avverra' alla presenza dell'ambasciatore italiano, Luigi Mattiolo.

(AGI, 18 novembre 2011)

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Il Ministro degli Esteri italiano a colloquio con il ministro israeliano Lieberman

ROMA, 18 nov - Il Ministro degli Esteri Giulio Maria Terzi di Sant'Agata ha avuto stamane un colloquio telefonico con il Ministro degli Esteri israeliano Lieberman. Lo rende noto un comunicato della Farnesina.
Nel felicitarsi con il Ministro Terzi per la nomina, e ricordando l'esperienza e conoscenza delle problematiche mediorientali del nuovo Ministro degli Esteri italiano quale Ambasciatore in Israele negli anni passati, Lieberman ha espresso la forte determinazione a proseguire la collaborazione bilaterale tra i due paesi, nel solco della tradizionale amicizia che lega Italia e Israele.
Il Ministro Terzi ha confermato l'intenzione di dare piena continuita' alla linea di collaborazione tra i due paesi ricordando come l'intenso rapporto con Israele abbia costituito un punto fermo nel suo percorso professionale.
Il Ministro Terzi ha poi sottolineato l'ampio sostegno conferito ieri dal Senato al Governo Monti, nonche' la determinazione con la quale il nuovo Esecutivo si appresta a varare forti e qualificate misure per riportare l'economia italiana sui binari di una crescita vigorosa e sostenuta.
Lieberman - conclude il comunicato - ha invitato il Ministro Terzi a recarsi in Israele non appena possibile per riprendere direttamente il dialogo bilaterale tra i due governi.

(ASCA, 18 novembre 2011)

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Il rabbino Yechiel Eckstein, fondatore e direttore di "International Fellowship of Christians and Jews", ha inviato agli amici cristiani d’Israele una lettera aperta per metterli in guardia contro un pericolo emergente nelle loro chiese.

L'assalto al sionismo cristiano

Rabbi Eckstein
Cari amici di Israele,

un movimento inquietante si sta facendo strada nel mondo cristiano evangelico. Un recente editoriale del Jerusalem Post ha scritto: "I cristiani evangelici e conservatori - i più importanti alleati di Israele - sono sempre più spinti a convertirsi dal sionismo cristiano al palestinismo cristiano".
Che cos'è il "palestinismo cristiano"? si tratta di un movimento che pretende di essere "pro-palestinese", ma in realtà fa propaganda anti-israeliana e disinformazione storica. E poiché i suoi aderenti cercano di influenzare le comunità evangeliche, il sostegno a Israele tra gli evangelici è in pericolo, e la prossima generazione di evangelici potrebbe crescere con una visione molto negativa di Israele e dei suoi sostenitori.
Il "palestinismo cristiano" si manifesta in una varietà di modi. Si può vedere in un film del 2010 ampiamente proiettato nei college e nelle chiese intitolato Con Dio dalla nostra parte, che pretende di confutare il sionismo cristiano, ma in realtà offre solo mezze verità e complete bugie, confezionate per rivolgersi ai cristiani che non hanno una grande conoscenza dei fatti del conflitto arabo-israeliano. Ha preso piede in college evangelici come Wheaton, nella periferia di Chicago, dove il professor Gary Burge indottrina i suoi studenti con un patologico disprezzo per quello che chiama l'"apartheid" israeliana. Ed è vivo e vegeto in megachiese come Willow Creek, dove Lynne Hybels, moglie del pastore Bill Hybels, abbraccia con entusiasmo il movimento palestinese "Cristo al checkpoint", che riduce il sionismo a "un movimento politico moderno" che "è diventato etnocentrico, e ha privilegiato un popolo a spese di altri".
Per i cristiani che amano e sostengono Israele, così come per gli ebrei che ormai danno per scontato il sostegno evangelico, tutto questo potrebbe essere uno shock. Ma non c'è tempo per essere scioccati - è il momento di agire. La battaglia per informare i cristiani sulla verità del conflitto arabo-israeliano è una lotta che non possiamo permetterci di perdere - ma questo potrebbe facilmente accadere se si aspetta troppo tempo ad impegnarsi in essa.
Alla Fellowship stiamo lavorando duramente proprio per fare questo, rinnovando e ringiovanendo il nostro programma "Dalla parte di Israele". Stiamo anche istituendo una nuova iniziativa per raggiungere nelle scuole superiori e all'università in età cristiani e giovani pastori, che rappresentano la prossima generazione di sostenitori di Israele. Questi giovani sono tutti potenziali futuri sostenitori dello Stato ebraico - e date le circostanze, siamo convinti che arriveranno ad amare e a sostenere Israele.
Ma alla fine, contrastare il "palestinismo cristiano" deve riguardare ciascuno di noi come individui. Esorto tutti i cristiani che amano Israele e si preoccupano del suo futuro a essere coscienti di quello che sta succedendo nelle vostre chiese e scuole. Se si invitano dei relatori a parlare nella vostra chiesa sul conflitto arabo-israeliano, guardate bene chi sono questi relatori. Partecipate alle sedute e fate domande. Se avete dei bambini in un college, chiedetegli che cosa stanno imparando su Israele nelle loro classi; siate ben informati e pronti a contrastare le eventuali menzogne che si dicono. Armati con la verità, e determinati a farla conoscere, possiamo fare in modo che il meraviglioso, storico fenomeno del sostegno cristiano a Israele non solo sopravviva, ma prosperi - per molti anni a venire.
Con preghiere di shalom, pace

Rabbi Yechiel Eckstein

(International Fellowship of Christians, 18 novembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Israeliani e Palestinesi Sindaci per la Pace

"Israeliani e Palestinesi Sindaci per la Pace" è stato questo il tema dell'incontro promosso a Torino dal Cimpo Centro per la Pace in Medio Oriente e dai comitati israeliano e palestinese per l'iniziativa di Ginevra,con il sostegno del Comune di Torino, della CCIAA di Torino e del consolato di Torino a Gerusalemme. Due giorni di confronto con quattordici sindaci provenienti da Israele e dai territori palestinesi con lo scopo di riprendere il dialogo, per parlare di possibili soluzioni al conflitto ma anche affrontare temi specifici delle loro municipalità e valutare possibilità di cooperazione.
"Ritrovare le ragioni della convivenza e della collaborazione attraverso l'apertura di canali di comunicazione che non riguardano solo i grandi scenari ma anche la concretezza quotidiana creando rapporti stabili con le città e l'amministrazione su un terreno fattibile come il miglioramento dei servizi, la gestione della progettualità a livello locale; attraverso la collaborazione con organizzazioni simili, operanti a livello cittadino nei diversi settori e mantenendo viva la rete tra organizzazioni diverse che tengano insieme istituzioni e società civile attive nei diversi campi, che parlino di pace e lavorino alla costruzione della pace". "I comuni sono le istituzioni più vicine alla popolazione- ha dichiarato il Sindaco Piero Fassino - i sindaci hanno un rapporto diretto con la popolazione, sono vicini ai problemi quotidiani e possono superare le divergenze senza visioni ideologiche. Confidiamo che da questo incontro nascano le basi per un processo di riconciliazione dopo anni di conflitti laceranti" Questo è quanto emerso dal dibattito svoltosi ieri nella serata conclusiva, presso il Circolo dei Lettori di Torino, al quale sono intervenuti Nahum Hofri, Sindaco della Città di Ra'anana (Israele); Hasen Saleh Sindaco della Città di Jerico (Territori Palestinesi), Mr. Gadi Baltiansky Executive Director of Geneva Iniziative- Israele e Mr. Nidal Foqaha, Executive Director of Geneva Iniziative-Palestine.

(FocusMO, 18 novembre 2011)

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La visita in Italia di Kirill Swiderski

  
L'evangelista ebreo messianico di origine russa Kirill Swiderski ha concluso mercoledì scorso la sua visita in Italia alla Chiesa Cristiana Evangelica di Reggio Emilia, via Papa Giovanni XXIII, e alla Chiesa Cristiana Evangelica di Borgofranco sul Po, ed è ripartito per la Germania, dove avrà altri incontri con comunità e organizzazioni evangeliche. Oltre a presentare l'opera che attualmente svolge a Chicago prevalentemente tra gli ebrei di lingua russa, Swiderski ha commentato in entrambe le comunità italiane due passi biblici: il Salmo 90 e il capitolo 28 del libro di Giobbe.
   Del Salmo 90, l'unico scritto da Mosè, Swiderski ha sottolineato il tormento del grande profeta, che può contemplare la santità di Dio e nello stesso tempo deve osservare l'iniquità dei "figli degli uomini". Questo pensiero lo atterrisce: «Poiché siamo consumati per la tua ira e siamo atterriti per il tuo sdegno.Tu metti le nostre colpe davanti a te e i nostri peccati nascosti alla luce del tuo volto» (vv. 7-9). E proprio dal terrore prodotto in lui dalla santità di Dio scaturisce la consapevolezza della sua misericordia, invocata e riconosciuta in un atteggiamento di fede: «La grazia del Signore nostro Dio sia sopra di noi, e rendi stabile l'opera delle nostre mani; sì, l'opera delle nostre mani rendila stabile» (v.17).
   Nell'altro argomento trattato da Swiderski, il capitolo 28 del libro di Giobbe, si parla della saggezza, e il testo pone una domanda: "Dove trovarla?" Giobbe non l'ha trovata sedendo comodamente in una bella e confortevole casa, davanti a un gradevole caminetto, ammirato dal mondo, in piena salute e con un solido conto in banca. Da questo si desume che la saggezza non si trova né nei soldi, né nel successo, né nella salute. Dove si trova allora? Swiderski ha illustrato con efficacia la risposta data dal testo: «Ecco, temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è intelligenza» (v. 28).
Come in altre sue visite, Swiderski non ha mancato di esprimere il suo entusiasmo per la bellezza dell'Italia: un paese - ha detto - bello quasi come Israele.

(Notizie su Israele, 18 novembre 2011)

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Il Segretario alla Difesa americano sconsiglia a Israele di attaccare l'Iran

Il Segretario alla Difesa americano Leon Panetta dice di aver messo in guardia Israele su un'azione militare contro l'Iran, mentre l'agenzia Onu per il nucleare (AIEA) si prepara a discutere una risoluzione che esprime "profonda e crescente preoccupazione" sul programma nucleare iraniano.
Panetta ha detto alla vigilia del suo incontro oggi con il suo omologo israeliano Ehud Barak, che un attacco militare potrebbe avere gravi conseguenze economiche in tutto il mondo. Ha detto inoltre che gli Stati Uniti continueranno a concentrarsi sulle sanzioni come mezzo per frenare le ambizioni dell'Iran, sospettato di star realizzando armi nucleari.
Inoltre oggi l'Agenzia internazionale dell'energia atomica terrà la sua prima riunione per mostrare le prove "credibili" che Teheran sta cercando di costruire armi nucleari. Durante la sessione, l'agenzia dovrebbe discutere una nuova risoluzione da parte dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e della Germania, che dice che le potenze mondiali sono sempre più preoccupate che Iran stia usando il suo programma nucleare per scopi militari.
Gli Stati Uniti e diversi paesi europei stanno spingendo l'AIEA ad essere duro con l'Iran.
L'Iran ha respinto il rapporto dell'Aiea della scorsa settimana e ha sempre negato le accuse sui suoi doppi fini nello sviluppo della tecnologia nucleare.

(Gaianews, 18 novembre 2011)

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Scuola penitenziaria intitolata a un "Giusto tra le Nazioni"

CAIRO MONTENOTTE (SV) - Sarà intitolata ad Andrea Schivo la Scuola di Polizia Penitenziaria di Cairo Montenotte. L'iniziativa è del capo dell'Amministrazione Penitenziaria, Franco Ionta, che ne ha dato notizia ai sindacati dei Baschi Azzurri.
"Ci sembra una importante e significativa decisione che condividiamo - commentano Donato Capece e Roberto Martinelli, segretario generale e segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe - Andrea Schivo, agente di custodia di Villanova d'Albenga in servizio nel carcere di Milano San Vittore durante l'occupazione tedesca, pagò con la vita, in un campo di concentramento tedesco, il suo coraggio per avere aiutato molti ebrei prigionieri dei nazisti. Lo Stato d'Israele ha attribuito alla sua memoria l'onorificenza di 'Giusto tra le Nazioni', la più alta fra quelle civili che lo Stato d'Israele assegna ai suoi eroi".
"L'eroico comportamento dell'agente di custodia Andrea Schivo - aggiungono - sposato e con un bimba, morto di stenti e maltrattamenti, il 9 gennaio 1945 ad Auschwitz per per aver aiutato i bimbi ebrei nel corso del Secondo Conflitto Mondiale rende onore all'intero Corpo di Polizia Penitenziaria. Il suo estremo sacrificio deve essere esempio, per tutti noi ma soprattutto per le giovani generazioni, della straordinaria umanità e dell'eccezionale coraggio di un Uomo delle Istituzioni, tanto più in un periodo in cui la tirannia ingrossava le fila dei pavidi. E la intitolazione in sua memoria della prestigiosa Scuola di Polizia di Cairo Montenotte è altamente significativa e quindi meritoria".

(IVG.it, 18 novembre 2011)

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Paesaggio urbano e fotografia, a Roma una mostra dedicata a Tel Aviv

  
La mostra fotografica dal titolo "Cento Volte Primavera. Fotografie di Tel Aviv dal 1909 ad oggi", ideata da Roly Kornblit e curata assieme a Francesca Barbi Marinetti, illustra una selezione di cento immagini stampate su carta che descrivono la città dalla sua fondazione nel 1909 ad oggi.
La mostra, che si terrà presso il Museo di Roma in Trastevere è promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico-Sovraintendenza ai Beni Culturali con il patrocinio dell'Ambasciata di Israele a Roma. Il materiale dell'archivio del fotografo Avraham Soskin è concesso dal Museo Erez Israel di Tel Aviv. I servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura.

"La mostra - spiegano i curatori - è un racconto della quotidianità epica e affascinate della città". Moderna e razionale con uno standard di vita da capitale europea. Rigogliosa di cultura, arte e commercio. Un'autentica metropoli cosmopolita, tra l'architettura contemporanea e tradizione.
L'esposizione apre con le prime immagini scattate nel 1909, anno della fondazione. Fu Avraham Soskin (1881-1973) a immortalare i primi insediamenti. Di lui saranno esposte in mostra le immagini della comunità al lavoro, le prime costruzioni, le prime strade in cinquanta scatti in bianco nero. La Tel Aviv contemporanea è invece raccontata da Viviana Tagar attraverso cinquanta immagini dei colorati quartieri in movimento nelle ore del giorno e della notte.
Tel Aviv - che in ebraico significa "Collina di Primavera" - è fra i primi centri ebraici moderni costruiti in Israele. L'11 aprile del 1909 un gruppo di sessantasei famiglie, che abitavano a Jaffa, occupata principalmente da popolazione araba, lasciò quel porto in stile ottomano, per dirigersi pochi chilometri verso nord e costituire le fondamenta di quella che in seguito sarebbe divenuta la città di oggi.
Nel celebre scatto di Soskin - che immortalò quello storico momento - sono ritratte decine di uomini e donne, vestiti secondo la moda europea dell'epoca, posizionarsi sulle dune davanti al mare nel preciso momento dell'assegnazione tramite un sorteggio dei terreni dove costruire. Da quel primo quartiere - Akhuzat Bayit (letteralmente "casa colonica") - l'insediamento prese ad espandersi rapidamente e vide il suo nome mutarsi in Tel Aviv. Altri nuovi quartieri si aggiunsero fino a costituire il centro di Yishuv, insediamento ebraico soggetto al mandato britannico presente nella Palestina di quel periodo.
Sarebbe stato difficile prevedere una simile crescita della città, che avrebbe portato il centro a divenire il cuore pulsante dell'economia, della finanza, della moda, dei costumi e della cultura del paese. Il primo sindaco di Tel Aviv, Meir Dizengoff, ne aveva a suo tempo immaginato l'espansione, come spiegò ad Albert Einstein, in occasione del 15o anniversario del centro urbano al momento della consegna della cittadinanza onoraria al grande scienziato, indicandogli l'area composta da dune di sabbia dove oggi si trova l'Università di Tel Aviv.

Con i suoi numerosi musei Tel Aviv è il centro nazionale della cultura. La città è anche la sede dell'Orchestra Filarmonica di Israele e della Compagnia Israeliana dell'Opera, oltre che della maggior parte di compagnie di danza e del teatro nazionale.
"Una città tollerante, senza uguali nell'intero Mediterraneo - concludono i curatori - un simbolo di democrazia con il suo cuore contemporaneo; un città che non dorme mai, con ristoranti aperti tutta la notte, e supermercati con orario continuato, per fare acquisti in qualunque orario. Locali e caffè in ogni angolo. A Tel Aviv convivono i contrasti in piena armonia, così come i due artisti scelti per l'esposizione. Ciò che si avverte, oggi come agli albori della costruzione, è il movimento perenne e il desiderio di essere in grado di immortalare l'eterno movimento".

(Architetti, 17 novembre 2011)

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L'Iran addestra terroristi palestinesi

Un gruppo di terroristi palestinesi della Striscia di Gaza ha ricevuto una specifica formazione militare in Iran. Qui i combattenti sono stati addestrati per diventare specialisti nell'uso di armi anticarro. Lo ha riferito oggi il quotidiano "Jerusalem Post". L'esercito israeliano ritiene che Hamas e la Jihad islamica dispongano di diverse centinaia di moderni missili anticarro di fabbricazione russa. Questi hanno una gittata di oltre quattro chilometri, e possono forare anche l'acciaio dei carri armati. Nell'offensiva militare israeliana del 2009, i terroristi di Hamas avevano solo una manciata di tali armi, che erano anche costruite male. Secondo gli accertamenti dei militari, adesso questo - grazie al supporto iraniano - è radicalmente cambiato.
Quanto siano pericolosi i missili anti-carro si è visto qualche mese fa, quando è stato attaccato un bus scolastico israeliano di Nahal Oz. Il missile è stato lanciato da una distanza di circa tre chilometri, e uno studente di sedici anni è rimasto ucciso. Israele ha annunciato di voler costruire un sistema di difesa anti-missile lungo il confine con Gaza. Ci sono anche pressioni per portare un nuovo massiccio attacco militare contro Hamas.

(israel heute, 17 novembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Tutti i misteri dell'alfabeto ebraico

di Paolo Randazzo

È sicuramente un'esperienza assai affascinante accostarsi allo studio dell'ebraico biblico: l'idea che dai segni e dai suoni dell'alfabeto ebraico sia sgorgata per il mondo una fonte perenne e sovrabbondante di saggezza, cultura e, per chi ci crede, salvezza, è grandiosa. E se è vero che imparare una lingua significa anzitutto memorizzarne l'alfabeto, occorre precisare subito che l'alfabeto ebraico non è solo una soglia da attraversare in fretta, ma rappresenta esso stesso, nella sua primaria natura simbolica (suoni, immagini ancestrali, combinazioni, valori numerici), un ricchissimo tesoro da scoprire.
È con questo spirito che deve esser letto L'alfabeto ebraico, il bel libro che Gabriella Caramore, saggista, giornalista e conduttrice della trasmissione di cultura biblica del terzo canale di Radio Rai Uomini e profeti, ha realizzato intervistando lo storico e studioso del Giudaismo Paolo De Benedetti sulle tematiche e sulle simbologie che sono implicite in ciascuna delle 22 lettere di cui è composto l'alfabeto ebraico.
Un tesoro ricchissimo si diceva: ricchissimo di storie rabbiniche, di figure esemplari di religiosi e intellettuali (da rabbi Aqivà, martirizzato dai romani nel 135 d.C., al rabbino e filosofo ebreo-polacco, poi statunitense, Abraham J. Heschel del secolo scorso, dal grande maestro praghese del XVI secolo Loew ben Bezalel allo scrittore, premio Nobel, israeliano Josef Agnon), denso di riflessioni, di esperienze spirituali e movimenti mistici che hanno attraversato per intero la plurimillenaria vicenda ebraica.
Sullo sfondo, come giustamente precisa la curatrice del libro, le quattro "stelle polari" che in qualche modo riassumono l'esperienza culturale dell'ebraismo: anzitutto la possibilità di una pluralità di interpretazioni della parola biblica e quindi la negazione strutturale di ogni chiusura assolutistica; l'attenuazione sistematica di ogni atteggiamento di eccessiva assertività nelle affermazioni, onde lasciare all'interlocutore lo spazio per argomentare opinioni diverse; quindi una sensibile sospensione temporale tra domanda e risposta, in modo da percepire con chiarezza che non siamo sempre in grado di dare tutte le risposte né di risolvere ogni problema; infine la possibilità d'insegnare alla propria lingua a dire «non so», in modo da essere autentici e apparire tali agli occhi di chi ci sta di fronte.
Non è poco se appena ci si volge a considerare l'usura delle parole che la realtà contemporanea spesso impone fino a giungere al confine della menzogna.

(Europa, 17 novembre 2011)

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Israele parteciperà per la prima volta a una conferenza sulla smilitarizzazione nucleare

Lunedì prossimo si riunirà di nuovo l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) per valutare la richiesta a Israele e ai Paesi arabi della regione di creare zona franca del nucleare in Medio Oriente Israele per la prima volta ha deciso di a una conferenza di questo tipo. Iran, anche se invitato, non intende partecipare e non è chiaro se ci sarà la Siria.
La conferenza è stata promossa dal direttore generale dell'AIEA, Yukio Amano, e fa parte di un percorso sviluppato in questi anni per convincere Israele ad accettare di iniziare il processo di disarmo nucleare, sottoporre gli impianti nucleari al controllo dell'organizzazione e firmare il trattato sulla distribuzione delle armi nucleari. La delegazione israeliana sarà guidata da David Daniel, vice direttore della Commissione per l'energia atomica di Israele. In una dichiarazione David Daniel ritiene che" questa conferenza sarà accademica", e comunque esclude non ci sarà alcun cambiamento nella posizione israeliana.

(FocusMO, 17 novembre 2011)

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Israele lancia la Tel Aviv Fashion Week

di Monica De Chirico

  
Per citarne qualcuno: Kenvelo, Fox, Castro sono solo alcuni dei marchi israeliani che si stanno affermando non solo negli Stati Uniti, in Australia ma anche in molti paesi europei. Propongono una moda audace, giovane e attuale a prezzi competitivi. Un mix vincente tra il gusto mediorientale e quello europeo.
Nata per promuovere a livello internazionale l'eccellenza di Israele nel campo dello stile e della moda, la prima Tel Aviv Fashion Week è frutto della collaborazione tra diversi partner - tra cui il Ministero del Turismo d'Israele, il Ministero del Commercio ed Industria, i principali media nazionali, le accademie di moda, l'associazione Israel Textile & Fashion e molti altri sponsor. Roberto Cavalli sarà presente alla serata di gala inaugurale, poi seguiranno tre giorni di sfilate che presenteranno le collezioni primavera/estate 2012 delle firme più note e degli stilisti emergenti d'Israele.
Un calendario fitto che vedrà 7 sfilate al giorno, una location d'eccezione, 20mila ospiti attesi e non mancheranno le serate esclusive con VIP, stilisti e celebrities da tutto il mondo, nella bellissima cornice di Tel Aviv, teatro da tempo di innovazione e creazione. A sostegno della TLVFW, il Ministero del Turismo di Israele sta promuovendo lo spot Israel. It's like magic, in onda a ottobre in Europa, Stati Uniti, Cina e India, visibile anche sul canale di Fashion TV su YouTube. Si tratta della seconda fase della campagna televisiva sul canale internazionale Fashion TV, inizialmente lanciata nella primavera 2011.

(Modalizer, 17 novembre 2011)

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Abbas: pronto a tutto per la riconciliazione

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas si é impegnato mercoledì 16 novembre "a fare tutti gli sforzi per accelerare la messa in opera della riconciliazione" con il movimento islamista Hamas. Abbas ha precisato, che il suo incontro previsto con il capo del Hamas, Khaled Mechaal, avrà luogo "il 23 di questo mese al Cairo", durante un discorso a Ramallah in occasione del settimo anniversario della scomparsa di Yasser Arafat e del 23o anniversario della "Dichiarazione di indipendenza palestinese".

(FocusMO, 17 novembre 2011)

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Hezbollah non ha più bisogno dell'Iran per fare la guerra a Israele

Il 'partito di Dio' sempre più minaccia regionale

di Nino Orto

La scorsa settimana il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha affermato che la milizia sciita libanese oramai è in grado di combattere militarmente Israele senza l'aiuto dell'Iran o della Siria aggiungendo anche di poter disporre di 10.000 missili Grad pronti a colpire lo Stato ebraico.
Si tratta ancora di propaganda alternata a minacce sulla scia dei padrini iraniani? O forse oggi il quadro sembra mutare drasticamente e, soprattutto a Gerusalemme, le esternazioni di Nasrallah dovrebbero risuonare come qualcosa di più della semplice retorica propagandistica?...

(l'Occidentale, 17 novembre 2011)

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Un trio yiddish fusion

L' israeliano Avishai Cohen presenta il disco «Seven Seas»

di Fabrizio Guglielmini

MILANO - Per la carriera del contrabbassista israeliano Avishai Cohen l' incontro fondamentale risale al 1996, quando la sua strada incrocia quella del pianista Chick Corea. Dopo una gavetta di una decina d' anni in piccoli jazz club newyorkesi, Cohen (da non confondere con l' omonimo trombettista americano di origini israeliane) fa un salto di qualità militando nei gruppi di Corea per sette anni (dal ' 96 al 2003), un periodo che lo inserisce in un circuito di alto livello. Dal ' 98 comincia a firmare dischi da leader fino al nuovo «Seaven Seas», al centro del concerto di domenica mattina al Manzoni. Il contrabbassista si presenta alla guida di un trio completato da Omri Mor (pianoforte) e Amir Bresler (batteria), una line up differente da quella di studio, con Shai Maestro al piano e Itamar Douari alla batteria. Le composizioni dell' ultimo disco seguono un copione piuttosto prevedibile, con aperture melodiche per la tastiera di Mor e interventi anche vocali di Cohen in quasi tutte le composizioni. Per trovare spunti originali il leader si affida a spunti mediorientali e a pagine fra fusion e mainstream. Ineccepibile dal punto di vista strumentale, il contrabbassista fatica però a trovare una sua voce compositiva originale e i brani tendono a richiamare alla mente stilemi fusion rodati quanto prevedibili. Non a caso gli episodi migliori si rifanno al patrimonio yiddish: «About a Tree (Oyfn Weg Shteyt a Boym)» e «Two Roses (Shnei Shoshanim)». Prossimo appuntamento con «Aperitivo in concerto» domenica 4 dicembre con i Klezmatics e Joshua Nelson

(Corriere della Sera, 17 novembre 2011)

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Israele considera la possibilità di attaccare Gaza

A Gerusalemme c'è fermento tra i vertici militari in seguito alla ripetuta escalation di bombardamenti nel sud di Israele tanto da far prendere in considerazione una nuova grande operazione militare a Gaza. Il generale Benny Gantz, ha dichiarato che il punto per l'avvio di un'operazione militare è in pericoloso "avvicinamento". La considerazione del generale Gantz è arrivata durante un briefing sulla sicurezza. La comunità internazionale ricorda ancora la campagna militare israeliana su Gaza durata tre settimane durante l'inverno del 2008-2009. Già in quell'occasione Israele rispose con violenza al persistente lancio di razzi sui paesi del sud, avviando una devastante offensiva: 1400 morti palestinesi, case e infrastrutture distrutte a Gaza. Da allora, i funzionari della sicurezza israeliana dicono che Hamas e altri gruppi militanti a Gaza hanno ricostruito le proprie scorte di armi e di aver acquisito armi più avanzate dall'Iran. Il Generale Gantz ha riferito che Israele si trova ad affrontare una "realtà più complessa " rispetto a prima, e di incertezza su molti fronti e che non intende "correre rischi" anche sul fronte interno con richieste di tagli di bilancio nel capitolo spese militari. Il generale Gantz ha aggiunto che la frustrazione palestinese rispetto alla possibile ufficializzazione del non riconoscimento dello Stato al Consiglio di Sicurezza dell'Onu potrebbe scatenare una nuova esplosione di violenza in Cisgiordania.

(FocusMO, 16 novembre 2011)

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Israele, nuovi itinerari

In occasione del Sukkot, una delle feste più importanti del calendario ebraico (celebra l'unità delle famiglie), il direttore dell'Ufficio nazionale israeliano per il turismo, Tzvi Lotan, ha voluto ricordare anche i molteplici aspetti di un viaggio in Israele. In primis naturalmente gli aspetti culturali e religiosi (è la Terra Santa per le tre religioni monoteiste); ma anche dal punto di vista paesaggistico è un Paese che offre panorami molto diversi, dal deserto al mare, dalle montagne alle piantagioni. Senza dimenticare i soggiorni dedicati al benessere sul Mar Morto; oppure in una città vivace e moderna come Tel Aviv. Dove dal 21 al 24 novembre è in programma la prima Tel Aviv Fashion Week, tre giorni di sfilate cui parteciperanno sia gli stiliti più noti che quelli emergenti d'Israele.
Il prossimo 29 novembre verrà invece inaugurato in Galilea il Gospel Trail, un itinerario che, seguendo i passi di Gesù, attraversa paesaggi magnifici, da Nazareth alle sponde settentrionali del "Mare di Galilea", com'era chiamato il lago di Tiberiade. Un percorso che va ad arricchire le proposte dedicate ai turisti cristiani, che rappresentano il 65% del turismo in Israele. E sempre per questo segmento di viaggiatori sono stati predisposti altri innovativi itinerari, come quello Sulle orme della Vergine Maria, che può durare da 5 a 10 giorni, e consente di visitare i luoghi della vita di Maria, tra cui la basilica dell'Annunciazione a Nazareth, Cafarnao sul lago di Tiberiade , Gerusalemme e il Monte degli Ulivi.
Un altro itinerario è quello della Maratona della Pace, la cui ottava edizione si è svolta lo scorso 24 ottobre, con la partecipazione di israeliani, palestinesi e italiani. «Si tratta di un percorso piuttosto duro - ha commentato il direttore Lotan - che però consente di compiere uno spettacolare giro turistico, e che può essere effettuato anche in moto o in bicicletta». In particolare quest'ultimo mezzo di trasporto, che grazie al clima mite può essere utilizzato tutto l'anno, consente di apprezzare nel modo migliore tutto il fascino del deserto, soprattutto il silenzio e gli incredibili colori, dal giallo al rosso al marrone, seguendo itinerari molto antichi - gli stessi percorsi da secoli dai nomadi a dorso di cammello - e che variano sia per la durata che per il grado di difficoltà: i più impegnativi sono di 8 giorni e attraversano tutto il Paese.
Inoltre, in particolare per i gruppi, viene offerta la possibilità di partecipare a diverse attività, anche per
  
comprendere meglio i diversi aspetti della vita locale: dalle attività agricole e tessili alla falegnameria, dalla ceramica alla cucina tradizionale, magari in un'antica casa ebraica.
Molto ampia infine la scelta delle sistemazioni, da quella nelle strutture alberghiere di diverse categorie, al soggiorno negli ostelli rurali e nei caratteristici kibbutz.
Per promuovere in Italia la ricca e varia offerta turistica di Israele, puntando in particolare sugli aspetti ancora meno conosciuti del Paese, durante la serata è stata anche annunciata la nuova collaborazione con Cohn & Wolfe, società internazionale di relazioni pubbliche, che lavorerà in stretto contatto con l'ufficio Press & PR dell'Ente.

(L'Agenzia di viaggi, 16 novembre 2011)

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Medici israeliani in protesta

Il consiglio dei medici israeliani del Centro ospedaliero Rambam di Haifa, prosegue lo sciopero iniziato in seguito alle direttive date del ministro Yaakov Litzman, in merito al licenziamento di un numero cospicuo di specialisti nel settore sanitario. I dottori hanno potuto portare avanti la protesta grazie anche al supporto offerto dall'amministrazione del Centro, rifiutatasi di eseguire l'ordine di Litzman.
Il ministro della sanità israeliano aveva dichiarato ieri di voler accettare le dimissioni di quindici medici specialisti, rendendole effettive da subito e non dalla fine del mese. I diretti interessati nelle dichiarazioni rilasciate a Radio Israele oggi, hanno invece spiegato di aver presentato le richieste dimissionarie con trenta giorni di anticipo, proprio nella speranza che la crisi potesse essere risolta prima. Anche il personale medico sanitario del Sourasky di Tel Aviv minaccia di entrare in sciopero. I medici affermano infatti che Litzman abbia oltrepassato la linea di confine ed il perpetrarsi del medesimo atteggiamento condurrà al blocco dell'intero sistema sanitario israeliano. Negli ultimi due giorni 287 residenti si sono rifiutati di lavorare ed almeno 30 specialisti hanno chiesto le dimissioni. Gli ospedali coinvolti oltre al Medical Center di Haifa ed al Sourasky Medical Center ( di Tel Aviv, sono il Meir Medical Center di Kfar Saba, lo Sheba Medical Center di Tel Hashomer, il Bnei Zion di Haifa, lo Schneider Children's Medical Center di Petah Tikva ed il Wolfson Medical Center ad Holon. La protesta riguarda soprattutto i tagli ai salari dello staff e l'incremento delle ore lavorative approvato ad Agosto.

(FocusMO, 16 novembre 2011)

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Rassegna stampa su Israele
    
di Emanuel Segre Amar
    
In una giornata al momento priva di grandi novità politiche vanno messe in primo piano alcune affermazioni che, ahimé, ritornano regolarmente in Occidente. Riporto testualmente il sottotitolo di Rinascita: "Il sogno di dominazione del mondo, come si è visto, non lascia spazio alla sopravvivenza di Israele o di qualsiasi altra nazione". Impossibile dare un significato diminutivo della gravità delle parole alle ultime cinque di questa frase che riporta un concetto che si ritrova anche nell'articolo dove si legge che "500.000 israeliani dicono di non potere permettersi di guidare il mondo da pochi acri di sabbia, attualmente coltivati da contadini stranieri" (già, è finito un certo sionismo dei primi pionieri). Ovvio che il "giornalista" Duff Gordon, che firma oggi ben due articoli su questa testata, parli anche del "probabile coinvolgimento" israeliano negli attentati dell'11 settembre. Nel secondo articolo di Gordon Duff si legge che "Israele spazza via i palestinesi in modo assai simile a come la Turchia spazzò via gli Armeni". Parole da valutare tutte con grande attenzione e che, purtroppo, verranno recepite acriticamente dai lettori di Rinascita.
    Altrettanto grave quanto si legge sul Manifesto dove Chiara Organtini parla di due film israeliani che il sottoscritto non ha visto; quando parla di Checkpoint scrive che Israele "non ha nemmeno risolto (se esiste soluzione) il problema dell'identità perché il territorio che abita è transizione, casa e futuro per migliaia di arabi". Si ritorna dunque alla questione dell'identità di triste memoria. Piccola soddisfazione viene dall'osservazione delle ben modeste conoscenze storiche di chi trova spazio nelle pagine del Manifesto: sia nel titolo che nel testo il ben noto criminale nazista viene ridenominato "Eichemann".
    Dimitri Buffa su Opinione descrive la protesta ufficiale che i responsabili dell'UNESCO hanno rivolto al rappresentante di Israele a causa della pubblicazione di una vignetta su Haaretz (notoriamente giornale contrario a Netanyahu) che fa vedere il primo ministro che, parlando col ministro della difesa, darebbe l'ordine di attaccare con l'aviazione l'Iran e, nella strada del ritorno, di attaccare pure la sede ONU a Ramallah. Mi permetta il lettore di osservare che coloro che dovrebbero essere i massimi sostenitori della cultura non hanno compreso nulla né del concetto della libertà di stampa, né di chi avrebbero dovuto, eventualmente, convocare (intendo dire qui il direttore del giornale e non il rappresentante della politica di Netanyahu).
    Nel 20esimo anniversario della nascita di internet si riunisce a Roma un gruppo di giovani, come scrive Rob. Zun. sul Fatto Quotidiano, che, guidati da Na'ama Shamgar, abitante a Tel Aviv, cercano di far incontrare in modo concreto, anche se solo col mezzo virtuale, ragazzi israeliani con coetanei palestinesi, siriani, egiziani, in modo che imparino a conoscersi. Iniziativa che, sotto questo aspetto, è certamente positiva, ma purtroppo si legge poi che, per la leader del movimento, tra "gli uomini al potere nessuno, e soprattutto Netanyahu, è interessato a raggiungere la pace". E' strano che siano sempre questi concetti a trovare spazio nei nostri quotidiani?
    Per venire alla realtà politica, ma senza miglior stato d'animo, bisogna leggere anche oggi la pagina che Sergio Romano gestisce sul Corriere nel suo quotidiano dialogo coi lettori; a chi si preoccupa di un possibile attacco preventivo di Israele contro l'Iran e delle ricadute economiche di tale ipotetica azione bellica sull'Occidente, Romano risponde lanciandosi nella rituale assoluzione dell'Iran: "La prospettiva di un attacco iraniano contro Israele sembra alquanto improbabile", scrive, dimenticando le tante dichiarazioni di tutti i leaders sciiti, ben diverse da quelle che venivano fatte all'epoca della guerra fredda (cui Romano fa riferimento) quando le armi nucleari erano di fatto un mezzo delle due superpotenze per difendersi da qualsiasi attacco dell'avversario, visto che nessuno pretendeva davvero di spazzare via l'altro. Romano dimostra di credere poco a quanto l'AIEA ha denunciato, scrivendo: "mi chiedo se i progressi permettano davvero di possedere un ordigno fra un paio d'anni", ma continua la sua personale guerra contro Israele colpevole, a suo dire, di voler bloccare il progetto nucleare nemico perché si sentirebbe più isolato ed insicuro dopo lo scoppio delle rivolte arabe; insomma, anche lui, ancora una volta, riesce a trovare gli israeliani sempre e comunque colpevoli di tutto quanto succede. Questo concetto lo si ritrova ancora alla fine del pensiero di Romano quando scrive che di fronte ad un Ahmadinejad che "sembrerebbe disponibile ad un'intesa con l'Occidente", un eventuale attacco israeliano contribuirebbe alla vittoria dei Pasdaran che, loro, vogliono incrementare la tensione con l'Occidente. Carlo Panella su Libero scrive che ONU, EU ed USA non hanno intenzione di interessarsi davvero di quanto succede in Siria dove il Baath (che affonda le sue radici nel nazismo) è libero di fare quello che vuole, e solo Arabia Saudita e Turchia si sporcano le mani. Esemplari le ultime parole di Panella: "La Siria annega nel sangue e l'Europa sta a guardare". E, aggiunge il sottoscritto, non è la prima volta che questo succede.
    Le Figaro scrive che se non finiscono i lanci di razzi, sempre più potenti e precisi, contro Israele, si renderà inevitabile una nuova azione terrestre di risposta, che dovrà essere di breve durata e mirata contro le postazioni terroristiche per risparmiare al massimo le vittime civili (ma è falso quando il giornalista scrive che la maggior parte dei 1300 morti della guerra del 2008-2009 erano civili).
    L'Herald Tribune parla della vicenda del bambino americano che nacque a Gerusalemme (tra l'altro nella parte occidentale della città), ma che non può scrivere nel suo passaporto che è nato in Israele. Si attende la sentenza della Corte Suprema che dovrà decidere se dare ragione all'Amministrazione, che si oppone a che compaia la parola Israele, ed in tal caso sarebbe "una vittoria per tutti"; se al contrario la Corte Suprema rifiutasse di pronunciarsi sarebbe una sconfitta per tutti. Che il bambino sia l'unico americano a non poter vedere il nome del proprio paese di nascita sul passaporto non interesserebbe, per questo quotidiano, a nessuno.
    Alcuni giornali, spesso con delle brevi (Stampa, Sole, Osservatore Romano) scrivono di una probabile fine del governo Fayyad a fronte di un nuovo accordo tra Fatah e Hamas che, inevitabilmente, spianerebbe la strada al partito che già controlla Gaza.
    Infine il Wall Street Journal dedica la sua attenzione al grave problema degli immigrati irregolari che entrano, sempre di più, in Israele; tra 1000 e 2000 arrivano ogni mese da Sudan, Etiopia ed Eritrea, 35.000 lavorano oggi a Tel Aviv dopo essere entrati illegalmente, 20.000 sono rimasti dopo essere entrati con un permesso temporaneo; un conto sono le ragioni umanitarie, che si devono tenere in considerazione, ma un altro sono i numeri con i loro effetti che non possono non preoccupare tutti.
    
(Notiziario Ucei, 16 novembre 2011)

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La 'battaglia dei cartelloni': a Gerusalemme l'immagine della donna diventa un tabù

Nir Barkat
16 novembre 2011 - E' scontro tra il sindaco di Gerusalemme e gli ultra-ortodossi, contrari all'esposizione pubblica della donna. Il primo cittadino della città santa, Nir Barkat, si è pubblicamente scontrato con gli estremisti ultra-ordossi 'per difendere l'immagine femminile'.
Negli ultimi mesi, i volti delle donne sono letteralmente scomparsi dai cartelloni pubblicitari di tutta la città, come conseguenza della violenta offensiva lanciata dalle lobby degli ebrei ultra-ortodossi. Le aziende che non sono 'in linea' con gli standard sono spesso vittime di attacchi diretti.
In tutta Gerusalemme, i cartelloni raffiguranti donne sono stati oscurati con vernice spray, o vandalizzati con graffiti e marchiati come "illegali". Altri sono semplicemente spariti.
Barkat ha chiesto alla polizia di difendere coloro che vengono aggrediti dagli estremisti per aver pubblicizzato l'immagine della donna, nonostante gli stessi agenti siano stati respinti a sassate dal quartiere ortodosso di Meah Shearim, la scorsa settimana.
Ma gli attivisti sostengono che la "battaglia cartelloni" di Gerusalemme sia solo l'ennesima manifestazione del maggiore potere della destra religiosa. Sembra infatti che in tutto il paese si registri un aumento di aggressioni alle donne, molte delle quali vengono attaccate per l'abbigliamento.

(Osservatorio Iraq, 16 novembre 2011)

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Tecnologie idriche, 40 aziende italiane a Tel Aviv

TEL AVIV, 15 nov. - Sono una quarantina le imprese italiane presenti al Watec Israel 2011, la fiera dedicata alle tecnologie idriche, energetiche e ambientali che ha aperto i lavori oggi a Tel Aviv. E' quanto riferiscono fonti della Camera di commercio italo-israeliana, impegnata da mesi, insieme all'ambasciata italiana a Tel Aviv, a promuovere le attivita' delle aziende italiane presso gli imprenditori dello Stato ebraico, protagonista negli ultimi anni di una rapida crescita nel settore energy&environment. La fiera, che con 20mila partecipanti in rappresentanza di oltre 90 Paesi rappresenta il piu' importante appuntamento israeliano nel settore, ha in programma una serie di incontri bilaterali tra le imprese italiane e operatori locali, che puntano a favorire nuove collaborazioni nei settori della ricerca e dello sviluppo e investimenti congiunti nelle nuove tecnologie. Un protocollo d'intesa, spiegano dalla Camera di commercio, verra' firmato tra i comuni di Pavia e Haifa per uno scambio di tecnologie tra le aziende municipali che gestiscono i servizi idrici nelle due citta'. Giovedi', in chiusura della fiera, le aziende italiane e quelle israeliane parteciperanno a una conferenza organizzata dalla Camera insieme all'ambasciata italiana, alla quale prenderanno parte anche l'ambasciatore Luigi Mattiolo, il sindaco di Haifa e rappresentanti di Federutility. (AGI) .

(AGI, 15 novembre 2011)

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Kenya-Israele: alleanza strategica anti terrore

Israele si è offerto di aiutare il Kenya a garantire la sicurezza ai suoi confini, minacciati dal gruppo islamista somalo al-Shabab. Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha incontrato il premier Kenyota Raila Odinga ieri, in occasione della sua visita ufficiale nel Paese. Il mese scorso il Kenya aveva inviato truppe nella vicina Somalia, proprio allo scopo di sconfiggere il gruppo legato ad al-Qaeda.
Il Paese accusa i militanti di avere sparso il terrore ai suoi confini. In una dichiarazione ufficiale diffusa dai media di Stato, Netanyahu ha riferito :"i nemici del Kenya sono anche i nostri nemici. Ci sono gruppi molto simili che vorrebbero colpire noi. Questa è un'opportunità per stringere i legami tra i due Stati".

(FocusMO, 15 novembre 2011)

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Chiaccherando di Israele e Iran

Cena a casa di amici. Serata piacevole, parole in libertà, senza formalismi. Qualche faccia nuova. Non so come, all'altro capo della tavola, il discorso cade su Iran e Israele e una giovane donna un po' esibizionista, dal fare molto saccente di quel particolare tipo di supponenza per cui ci si ritiene autorizzati a spiegare tutto a tutti, dice la sua.
Pur condannando - come da copione del politicamente corretto - la violenza verbale di Ahmadinejad, alla fine conclude che "can che abbaia non morde"; tappando così la bocca, con questa lapidaria affermazione, al suo interlocutore che cercava di balbettare qualcosa.
I cani che abbaiano non mordono, dice, da cui consegue che Israele (che al momento sarebbe anche lui, a dire il vero, un "can che abbaia" nel contesto del suo braccio di ferro con l'Iran) in ogni caso sarebbe colpevole.
Colpevole di avere una posizione isterica, di non capire che i cani abbaianti non sono mordenti, di essere minaccioso e, in sintesi, di essere pronto a scatenare una guerra contro gli innocenti iraniani colpevoli solo di essere un po' sbruffoni. Gli americani seguono a ruota nella condanna a tutto tondo della signora (che poi afferma, sempre secondo la logica del politicamente corretto, di non essere affatto antiamericana).
Mi guardo bene dall'interloquire. Va bene, mi dico, magari ha ragione. Israele (e gli americani) di colpe ne hanno collezionate parecchie. Magari non ha torto e se Israele si decidesse ad affrontare diversamente la trattativa con i palestinesi l'Iran, forse, potrebbe rinunciare alle minacce. Forse è proprio un cane che ulula alla luna senza avercela davvero con nessuno. Gli piace solo mostrare un po' i muscoli. A volte gli individui lo fanno e a volte lo fanno anche gli stati. E' solo un po' di faccia feroce. Niente di grave. Forse.
Ma poi mi chiedo, sempre fra me e me: ma non si pensa che quello è lo stato ebraico e che gli ebrei, nel loro retrocranio, hanno ben radicata e ben presente "l'altra" storia ?
Chissà se alla vistosa signora è mai venuto in mente che settanta e ottanta anni fa (non settemila o ottomila che fanno una storia così antica che chissenefrega di cosa successe allora) ma solo settanta o ottanta anni fa, alla generazione dei nostri padri o al più dei nonni è capitato di conoscere l'altro tizio che abbaiava. Uno che per decenni ha abbaiato contro gli ebrei. E poi ha morso. Eccome se ha morso; ha morso come nessun altro aveva mai fatto prima.
Non voglio cadere nell'abusata retorica di equiparare il leader di Teheran al dittatore nazista, ma meglio ricordare che nella carne ebraica i segni di quei morsi ancora ci sono. Si vedono e si sentono.
Ora, secondo voi, è proprio così insensato che quel popolo non si fidi del proverbio e pensi che no, che non è il caso di stare fermi un'altra volta senza fare niente, fermi a credere che i cani che abbaiano non mordano; che no, è meglio non rischiare ?
Ci sono già passati da quella storia e quando quel cane con i baffetti ha iniziato a mordere non c'era nessuno a fermarlo. Nessuno ha mosso un dito, ha tirato il guinzaglio. E quando alla fine si sono decisi era un po' (troppo) tardi per loro.
Adesso la signora magniloquente (sì, pare proprio l'icona di un'ideologia precotta, non di una cultura) vuole convincere tutti, chiaccherando amabilmente, che anche l'Iran dei mullah non è niente; anche se si fa la bomba atomica non è niente. E' come se si facesse una stola di visone, o dei tacchi alti; una moda, un vezzo. Poi mica l'userà. Sono anni che minacciano Israele di distruzione (non viceversa, almeno fino a poco fa), ma - è noto - can che abbaia non morde.
E se poi morderà, avremo tutti un'altra commovente giornata della memoria a ricordare gli ebrei morti, che - si sa - sono quelli buoni.

(AgoraVox, 15 novembre 2011)

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Yedioth: accordo politico Fatah-Hamas

L'intesa passerebbe dalle dimissioni del governo di Salam Fayyad per fare posto a un esecutivo tecnico che garantisca elezioni parlamentari e presidenziali

ROMA - Accordo politico di massima fra Fatah e Hamas. Le due fazioni palestinesi, rispettivamente i laici al potere in Cisgiordania e gli islamici di Gaza, hanno raggiunto un'intesa "sulla maggior parte delle questioni" che le dividevano. Lo ha dichiarato l'esponente di Fatah, Azzam Ahmed, ripreso dal sito web del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth. I termini dell'accordo saranno resi pubblici nel corso dell'incontro fra il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il capo dell'ufficio politico di Hamas Khaled Mashaal in programma per la fine del mese. Al centro delle discussioni fra le due fazioni, la ripresa dell'attività politica e istituzionale dell'Autorità palestinese attraverso nuove elezioni legislative e presidenziali. L'intesa passerebbe dalle dimissioni dell'attuale primo ministro palestinese Salam Fayyad pronto al passaggio di consegna a un governo tecnico incaricato di preparare il ricorso alle urne. Sullo sfondo resta la ripresa del negoziato di pace fra israeliani e palestinesi. Per i primi la riconciliazione fra laici e islamici significa la fine della possibilità di nuovi colloqui visto che Hamas rifiuta di riconoscere l'esistenza dello stato ebraico. Per i secondi la ripresa del dialogo è impossibile fintanto che Israele continua ad allargare i suoi insediamenti nei Territori palestinesi.

(il Velino, 15 novembre 2011)

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Iran: cinque anni di carcere per chi viaggia in israele

TEHERAN, 14 nov. - Il parlamento iraniano ha approvato una nuova legge che rende piu' pesanti le sanzioni per i cittadini che si recano in Israele. Come spiega la 'Bbc Farsi', la pena prevista per gli iraniani che visitano lo stato ebraico e' passata da due anni a cinque anni di reclusione.
I trasgressori si vedranno inoltre sequestrare il passaporto per cinque anni. In base a una legge in vigore fin dalla rivoluzione islamica del 1979, e' proibito a qualsiasi cittadino iraniano l'ingresso nel territorio israeliano. La repubblica islamica non riconosce Israele come stato sovrano e continua a denominarlo "Palestina occupata". Le tensioni tra Tel Aviv e Teheran sono in continuo aumento. La scorsa settimana il governo israeliano ha minacciato di attaccare i siti nucleari di Teheran, suscitando la dura reazione della Repubblica Islamica.

(Adnkronos, 14 novembre 2011)

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Lombardia: regione, missione a Tel Aviv, tecnologie idriche

MILANO, 14 nov. - Missione in Israele della Regione Lombardia. A partire da domani e fino a giovedì 17, l'assessore regionale all'Ambiente, Energia e Reti Marcello Raimondi guiderà una delegazione lombarda - invitata ufficialmente dal Governo israeliano - a Tel Aviv in occasione della sesta edizione di Watec, la fiera internazionale sulle tecnologie idriche, cui partecipano oltre 80 Paesi e che è considerata una delle più importanti manifestazioni a livello mondiale del settore. L'assessore Raimondi, in particolare, interverrà all'apertura della sessione bilaterale insieme all'ambasciatore italiano a Tel Aviv Luigi Mattiolo, con l'obiettivo di capire come sia possibile accrescere la collaborazione a partire dallo scambio di progetti, buone pratiche e relazioni industriali. Durante la missione l'assessore visiterà le aziende più innovative.

(AGENORD, 15 novembre 2011)

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Israele, decifrata iscrizione in arabo su manufatto crociato di 800 anni fa

L'iscrizione reca il nome dell'Imperatore del Sacro Romano Impero Federico II e la data "1229 dell'incarnazione di nostro Signore Gesù il Messia"

Lo ha annunciato la Iaa, l'Autorità dei Beni culturali israeliana, sottolineando l'eccezionalità della scoperta. L'iscrizione reca il nome dell'Imperatore del Sacro Romano Impero Federico II e la data "1229 dell'incarnazione di nostro Signore Gesù il Messia".
L'iscrizione fu rinvenuta anni fa nei pressi di Tel Aviv, ma essendo in un primo momento considerata risalente all'epoca Ottomana, le fu attribuita una bassa priorità da parte degli archeologi. Solo quando gli studiosi iniziarono a decifrarla, compresero che in realtà risaliva all'epoca delle Crociate, ha spiegato il professor Moshe Sharon, dell'Università ebraica di Gerusalemme.
Federico II, che guidò la Sesta Crociata (1228-1229) fortificò il Castello di Jaffa e lasciò incastonate sulle sue mura due iscrizioni, una in latino e una in arabo. "L'iscrizione in arabo, quella ora decifrata, fu redatta dagli attendenti di Federico o forse dall'Imperatore in persona", ha spiegato ancora il professor Sharon.

(Adnkronos, 14 novembre 2011)

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La terza intifada è diplomatica

I palestinesi depongono i sassi e lanciano la terza intifada contro Israele, non per le strade di Gaza e Ramallah, ma in campo internazionale. Si tratta di un' intifada più sofisticata, meno popolare, un'intifada diplomatica, volta a mobilitare il mondo contro Israele nella speranza di costringerla ad accettare tutte le richieste dell'Autorità palestinese, in primo luogo un ritiro completo delle linee di armistizio pre-1967.
Alcuni Funzionari palestinesi affermano che anche se la loro richiesta di appartenere come Stato membro al Consiglio di Sicurezza dell'Onu non venisse approvata, la battaglia si sposterebbe all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove sono garantite maggiori possibilità di successo. L'Autorità Palestinese è giunta alla conclusione che non c'è ragione di continuare i negoziati con Israele perché nessun governo israeliano potrebbe dare ai palestinesi tutto ciò che vogliono. Il leader palestinese Mahmoud Abbas ha deciso che è meglio negoziare con le Nazioni Unite che con Israele. L'obiettivo dell'Autorità palestinese è che le Nazioni Unite concedano ciò che Israele si rifiuta di dare al tavolo dei negoziati. I dirigenti dell'Autorità Palestinese sperano che la pressione internazionale possa mettere Israele in ginocchio, sottolineando che misure simili hanno vinto l' Apartheid in Sud Africa. Il successo all' Assemblea Generale, spiegano, aprirebbe la strada per l'adesione palestinese in innumerevoli organizzazioni delle Nazioni Unite e delle agenzie, compresa la Corte Penale internazionale e l'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Una volta che i membri dell'Autorità Palestinese dovessero ottenere l'adesione a questi organismi, partirebbe una massiccia campagna diplomatica volta a isolare Israele nello scacchiere internazionale. L'obiettivo finale è quello di cercare l'espulsione di Israele dalla maggior parte degli organismi delle Nazioni Unite attribuendogli la non volontà di rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite relative al conflitto arabo-israeliano. L'Autorità palestinese afferma di voler utilizzare la recente appartenenza all'UNESCO per presentare una serie di azioni legali contro Israele nei tribunali e forum internazionali per un presunto furto e distruzione di siti archeologici e di antichità a Gerusalemme.
I rappresentanti dell'Autorità palestinese lavorano anche per ottenere una serie di misure punitive contro Israele a livello internazionale. Una delle idee che circola a Ramallah è quella di portare a processo centinaia di israeliani per presunti crimini di guerra contro i palestinesi nel corso degli ultimi decenni. La strategia dei funzionari palestinesi a Ramallah sembra essere quella di cercare la via dei processi per punire Israele più che di ottenere uno Stato per il proprio popolo. La nuova intifada dell'Autorità Palestinese contro Israele sulla scena internazionale rischia però di ampliare il divario e aumentare le tensioni tra israeliani e palestinesi.
Molti israeliani ritengono che Abu Mazen stia cercando di metterli al muro, lanciando una campagna mondiale contro Israele. Abu Mazen così facendo, al tempo stesso rischia di perdere la simpatia della maggioranza degli israeliani che hanno sostenuto la soluzione dei due Stati e che sono pronti ad ampie concessioni ai palestinesi. Il mondo occidentale spinge per una soluzione verso la pace tra i due Stati ma vive con la consapevolezza che ancora una volta la via verso il trattato è irta di complicazioni e doppi giochi.

(FocusMO, 14 novembre 2011)

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Israele: approvata la costruzione di un acquedotto

L'Autorità per l'acqua israeliana ha approvato la costruzione di un acquedotto che colleghi Gerusalemme con impianti di desalinizzazione presenti sulla costa. Il progetto vale 1.2 miliardi di NIS (circa 240 milioni di euro) e rappresenta la grande opera di proporzioni più vaste prevista per i prossimi anni in Israele. La nuova infrastruttura dovrebbe essere operativa per il 2018; una volta ultimata, consentirà a Mekorot, la compagnia idrica nazionale, di quadruplicare la quantità d'acqua portata quotidianamente a Gerusalemme, passando così da 414mila metri cubi a 1.66 milioni di metri cubi.
In futuro, l'acquedotto consentirà anche di far arrivare acqua potabile ai centri palestinesi vicini alla Città santa, e persino di rifornire la Giordania. Attualmente, il consumo d'acqua a Gerusalemme cresce del 2.5% all'anno; senza l'acquedotto di fresca approvazione, intorno al 2020 la città si sarebbe trovata a dover fare i conti con una penuria di acqua. Non solo: «Collegare Gerusalemme con gli impianti di desalinizzazione sulla costa - ha dichiarato infatti l'amministratore delegato di Mekorot, Shimon Ben Hamo - è parte di una nostra strategia più ampia, che punta a costruire una nuova linea di trasporto dell'acqua che attraversi il Paese da est a ovest. In altre parole, una rivoluzione delle infrastrutture». Ben Hamo ha anche spiegato che l'aspetto più complicato dal punto di vista ingegneristico sarà la realizzazione di un tunnel lungo 13 chilometri pensato per minimizzare l'impatto ambientale dell'acquedotto sulle riserve naturali presenti nell'area circostante Gerusalemme.

(FocusMO, 14 novembre 2011)

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Concerto di Noa a Taranto

TARANTO - "Noa in concert", e a Taranto è già attesa spasmodica. Achinoam Nini, nota in un tutto il mondo come Noa, sarà la "stella di prima grandezza" che farà risplendere l'appuntamento inaugurale con la stagione "Eventi Musicali" dell'Orchestra della Magna Grecia.
Mercoledì 23 novembre (sipario ore 21.00), al Teatro Orfeo di Taranto si esibirà la cantante israeliana Torna a esibirsi con l'Orchestra della Magna Grecia la cantante israeliana nel cui canto si mescolano armoniosamente jazz, rock americano e suggestioni mediorientali, un'artista capace di superare tutte le frontiere culturali. Nel concerto di Taranto canterà un programma sinfonico che condurrà il pubblico in un "meraviglioso" viaggio musicale dallo Yemen fino a Napoli, passando da Tel Aviv.
Sono queste le radici culturali e artistiche di Noa. Nata a Tel Aviv nel 1969 da genitori yemeniti ebrei che si erano rifugiati in Israele, dopo due anni la sua famiglia si è trasferita negli Stati Uniti dove la cantante si è formata musicalmente. In profonda crisi di identità - "non ero bianca e non ero nera" ricorderà -, a 17 anni Noa ritorna in Israele dove per due anni presta servizio militare, una esperienza che la segna significativamente.
Da quel momento l'artista userà il canto come strumento di riavvicinamento fra i popoli in conflitto, con particolare riguardo alla tragica questione mediorientale. Per questo Noa nel 2001 è stata insignita ad Assisi del premio "Artista per la Pace", e nel 2003 è stata nominata "Ambasciatrice di buona volontà" della FAO.
Da sempre alla ricerca di atmosfere e culture musicali diverse, in particolare mediterranee, le sue canzoni sono fortemente influenzate dall'ambiente israeliano perché, come afferma, "non potrei mai vivere lontano da Israele".
Recentemente Noa ha inciso il disco "Noapolis" cantando in napoletano le canzoni classiche della tradizione partenopea, un repertorio che sarà presentato anche a Taranto: "Santa Lucia", "Era di maggio", "Io te vurrie vasa", "Tammuriata Nera"; nel concerto saranno proposti anche brani popolari del repertorio yemenita e israeliano, come anche "la vita è bella" dell'omonimo film di Roberto Benigni.

(Taranto Sera, 14 novembre 2011)

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Israele: 200 milioni di dollari per auto elettriche

  
La compagnia israeliana di auto elettriche Better Palce ottiene 200 milioni di dollari di finanziamenti. Si tratta del terzo giro di fund-raising negli Stati Uniti per gli israeliani, che hanno ricevuto fondi da un consorzio di investitori e partner. Il lancio della prima rete nazionale di auto elettriche in Israele e in Danimarca, avvenuto alcuni mesi fa, ha quasi raddoppiato il valore di mercato della azienda di Shai Agassi, la quale viene oggi valutata attorno ai 2.25 miliardi di dollari. Nel gennaio 2010, Better Place valeva infatti 1.25 miliardi.
Da quando è stata fondata, nel 2007, la casa produttrice di veicoli elettrici ha raccolto finanziamenti pari a 750 milioni di dollari, grazie anche a un clima economico internazionale che vede gli investitori impegnati a cercare alternative competitive al petrolio. Tra quanti hanno deciso di scommettere sul futuro delle auto elettriche, investendo in Better Place nel corso di questa ultima tornata di raccolta fondi, si annoverano anche il gigante americano General Electric, la società di servizi finanziari di Zurigo (ma con forte presenza negli Usa) UBS, la banca d'affari Morgan Stanley e altri ancora. La dirigenza della compagnia israeliana ha fatto sapere che utilizzerà i proventi raccolti per espandere le proprie operazioni in Europa occidentale, mentre al contempo vanno avanti anche i progetti di sviluppo già impostati dall'azienda in California, Cina, Giappone, Canada e Hawaii.

(FocusMO, 14 novembre 2011)

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Casa farmaceutica israeliana ottiene fondi per la lotta contro l'Alzheimer

La casa farmaceutica israeliana Avraham Pharmaceuticals ottiene tre milioni di dollari di fondi. Tra i finanziatori che hanno deciso di scommettere sull'azienda - la quale sta sviluppando un trattamento contro il morbo di Alzheimer - ci sono le Industrie biotecnologiche Clal, la Hebrew University di Gerusalemme e l'Istituto israeliano della tecnologia Technion.
A incoraggiare i finanziatori a partecipare all'impresa ha contribuito l'annuncio fatto di recente da Avraham Pharmaceuticals, che ha dichiarato di avere iniziato la fase due dei test clinici di un nuovo farmaco contro l'Alzheimer. Il medicinale in via di sperimentazione si basa su una molecola che combina elementi presenti in due prodotti già in commercio: l'Aziltec, prodotto dal gigante farmaceutico israeliano Teva per il trattare il Parkinson, e l'Exilon, messo a punto dalla Novartis contro l'Alzheimer.

(FocusMO, 14 novembre 2011)

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«Abbiamo salvato il treno per Auschwitz. Ma fino a quando?»

Trenitalia aveva deciso di tagliare i treni charter che ogni anno portano gli studenti in Polonia, in memoria degli ebrei deportati. Ora si è trovato un accordo, ma solo per il 2012

di Francesca Bussi

Ha rischiato di non partire più, ma anche nel 2012 il «treno della memoria» farà il suo viaggio. Nato nel 2005 su impulso della Fondazione ex Campo Fossoli «Un treno per Auschwitz» porta ogni anno studenti, docenti, scrittori e musicisti in Polonia, là dove si trovano ancora i resti del lager nazista più tristemente famoso. I treni partono dal paese in provincia di Modena dove era attivo uno dei campi di concentramento italiani e ripercorrono le stesse tratte degli ebrei deportati, affinché oltre 4mila studenti capiscano meglio che cos'è stata la Shoah.
Quest'anno il progetto è stato sul punto di arenarsi. L'estate scorsa Trenitalia aveva annunciato che dal 2012 avrebbe smesso di fornire i treni charter per questo e per altri progetti straordinari. Un'interrogazione parlamentare dei deputati del Partito Democratico, Manuela Ghizzoni, Emanuele Fiano e Silvia Velo aveva chiesto al governo di intervenire. Una prima deludente risposta dell'azienda ferroviaria aveva attribuito la sospensione del servizio al «danno di immagine che l'azienda subisce ogni anno per le lamentele e per le richieste di risarcimento danni avanzate dai promotori dei viaggi della memoria in merito a disservizi e disagi sopportati dai partecipanti». A quel punto era intervenuto l'allora viceministro ai Trasporti, Aurelio Misiti, organizzando una serie di incontri tra Ministero e Trenitalia per risolvere il problema.

(VanityFair.it, 14 novembre 2011)

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Israele: a breve lo sblocco dei fondi per i palestinesi

Oggi il Consiglio di Sicurezza israeliano si riunirà per discutere se per riprendere i trasferimenti delle entrate tributarie che Israele raccoglie per i palestinesi che sono stati sospesi due settimane fa, dopo che l'Autorità Palestinese ha ricevuto il riconoscimento come Stato membro dell'UNESCO. A inizio Novembre Israele avrebbe dovuto trasferire ai palestinesi 100 milioni dollari, ma ha congelato il tutto. Il timori di scontri e disordini in Samaria e Giudea, per il mancato pagamento degli stipendi potrebbero indurre Israele a riprendere il trasferimento dei fondi, Netanyahu sembra propenso a riprendere il trasferimento dei fondi, ma è una decisione che vuole condividere con gli altri Ministri. La scorsa settimana il governo degli Stati Uniti ha ripreso il trasferimento degli aiuti finanziari per $ 200 milioni, anche congelati in seguito alla richiesta dell'Autorità Palestinese del riconoscimento dello Stato alle Nazioni Unite.

(FocusMO, 14 novembre 2011)

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Un festival per la cultura ebraica polacca

L'Istituto Polacco a Roma
VENEZIA - Un grande festival della cultura ebraica polacca prende l'avvio a Venezia dal 20 al 29 novembre in occasione della presidenza polacca nel Consiglio dell'Unione Europea e nell'imminenza delle celebrazioni per i 500 anni del Ghetto di Venezia.
Su proposta dell'Istituto Polacco di Roma e del suo direttore Jaroslaw Miko?ajewski, la Comunità ebraica di Venezia e l'Associazione per i 500 anni del Ghetto di Venezia hanno voluto organizzare un Festival della Cultura Ebraica Polacca. Si tratta del primo evento culturale di un lungo percorso che condurrà nel 2016 alle grandi celebrazioni in occasione dei 500 anni dall'istituzione del Ghetto di Venezia, il primo ghetto al mondo. Gli organizzatori delle odierne manifestazioni hanno voluto dare particolare rilievo ai concetti di vita e di cultura, tentando di offrire al pubblico proposte culturali che spaziano cronologicamente dal '500 alla contemporaneità. Non è assente il tema della Shoah, che naturalmente trattandosi di ebrei e di Polonia non può essere trascurato, e tuttavia l'intento è quello di non farsi schiacciare dalla catastrofe dello sterminio e proporre ai visitatori tracce culturali spesso inesplorate e inedite. Gli ebrei e la Polonia nel passato e nel presente, con uno sguardo al futuro.
L'idea di organizzare questo evento a Venezia assume particolare significato per la collocazione geografica e storica della comunità ebraica lagunare in rapporto alla Polonia. Basterà pensare agli importanti rapporti culturali e famigliari fra esponenti del rabbinato veneto e polacco a partire dal Cinquecento, ed è utile ricordare che all'indomani del rogo del Talmud (1553) che mise fine alla stampa a Venezia della principale opera della tradizione ebraica, il testimone venne preso dagli stampatori di Cracovia che produssero la loro prima edizione già nel 1559. E da Venezia provennero gli ebrei (sefarditi) che andarono a fondare la comunità ebraica nella lontana Zamosc, nuova città costruita da un architetto padovano e disegnata sul modello rinascimentale.
Il Festival prevedenumerosi appuntamenti:
- Una mostra sui rabbini di Cracovia presso il Museo Ebraico di Venezia
- Un dibattito sul rapporto fra ebrei e Polonia con la partecipazione di Adam Michnik, intellettuale ebreo polacco, giornalista, protagonista della rinascita democratica e animatore del movimento Solidarnosc.
- Un evento "concerto e parole" con il decano dei musicisti klezmer di Polonia, Leopold Kozlowski
- Una rassegna cinematografica dedicata allo sguardo del grande regista polacco Andrej Wajda sul rapporto fra ebrei e Polonia.
- Una Giornata di Studi incentrata sulle dinamiche insediative degli ebrei fra Venezia e l'Europa orientale.
In particolare la Giornata di Studi rappresenta l'evento iniziale del lungo percorso di valorizzazione della storia del Ghetto di Venezia e dei suoi 500 anni.

Programma:

20 novembre
Rabbini di Cracovia - ore 16, inaugurazione della mostra presso il Museo Ebraico
Ebrei-polacchi, polacchi ed ebrei: riflessioni su una storia comune - ore 17-19 presso la Sala Montefiore (Cannaregio 1189) Tavola rotonda con Adam Michnik, Francesco M. Cataluccio, Laura Mincer
Leopold Kozlowski, l'ultimo klezmer della Galizia- ore 20 presso la sala concerti del Conservatorio Benedetto Marcello, Palazzo Pisani, San Marco 2810, concerto di musica e parole.

22 - 29 novembre
Ho sentito la voce del dottor Korczak - rassegna cinematografica dedicata ad Andrej Wajda e al suo sguardo sull'ebraismo polacco. La rassegna si svolge presso la Casa del Cinema.
Martedì 22 novembre: ore 17.30 Generazione (Pokolenie, 1955) di Andrzej Wajda;
ore 20.30 Sansone (Samson, 1961) di Andrzej Wajda
24 novembre:
ore 17.30 Paesaggio dopo la battaglia (Krajobraz po bitwie, 1971) di Andrzej Wajda;
ore 20.30 Dottor Korckzak (Korczak, 1991) di Andrzej Wajda
29 novembre:
ore 17.30 Settimana santa (Wielki tydzien, 1995) di Andrzej Wajda;
ore 20.30 Dybbuk (Der Dibuk, 1937) di Michal Waszynski
27 Novembre
Ore 10-18 Giornata di Studi (Sala Montefiore, Cannaregio 1189): La città degli ebrei:ghetti, quartieri, shtetl fra passato e presente
Il Festival è organizzato dall'Istituto Polacco di Roma, dalla Comunità ebraica di Venezia e dall'Associazione per i 500 anni del Ghetto di Venezia.

Hanno collaborato il Centro Veneziano di Studi Ebraici Internazionali, la Biblioteca Archivio "Renato Maestro", l'Associazione Amici del Conservatorio, il Museo Ebraico di Venezia, la Casa del Cinema.
Info: renatomaestro@libero.it

(Notiziario Ucei, 14 novembre 2011)

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Sinai: arrestato leader radicale islamico

Stampa: il suo movimento si ispira all'ideologia di Al Qaida

GAZA, 13 nov - Le autorita' egiziane hanno arrestato oggi nel Sinai il leader di un gruppo islamico radicale, 'Jihad e Takfir'. Lo ha appreso l'agenzia di stampa palestinese Maan, secondo cui l'uomo - Muhammed Eid Musleh Hamad - era ricercato da tempo perche' ritenuto responsabile di una serie di attentati terroristici avvenuti nel Sinai, oltre che dei ripetuti sabotaggi avvenuti quest'anno al gasdotto che inoltra gas a Israele e Egitto. Il suo movimento, spiega Maan, si ispira alla ideologia di Al Qaida.

(ANSA, 13 novembre 2011)

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Fra Risorgimento ed emancipazione

di Daniel Reichel

ROMA - Gli ebrei romani tra Risorgimento ed Emancipazione (1814-1914). È il titolo del convegno aperto questa mattina al Centro Bibliografico UCEI di Roma con i saluti del presidente della comunità ebraica capitolina Riccardo Pacifici. Un'occasione di studio e approfondimento di un capitolo di storia poco noto al grande pubblico ma profondamente importante per comprendere il legame tra ebrei e società italiana, in particolare alla luce dei festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Tanti i relatori che si avvicenderanno in questa giornata organizzata dal Museo ebraico di Roma in collaborazione con il Centro di cultura ebraica, il Dipartimento di cultura ebraica, l'Archivio storico e l'Associazione Daniela Di Castro.
"Pochi giorni fa - ha ricordato in apertura il presidente Pacifici - abbiamo commemorato i combattenti ebrei caduti durante la Prima guerra mondiale. Una celebrazione che testimonia ancora una volta il grande apporto dell'ebraismo italiano al Paese. Uomini che si sacrificarono per l'Italia e che dovettero poi subire il terribile tradimento delle leggi razziste". "Il secolo di storia di cui si parla oggi in questo convegno - ha aggiunto il presidente - è la dimostrazione di come gli ebrei non fossero un corpo estraneo all'interno della società nazionale, ma anzi parte integrante di quest'ultima. Sarebbe dunque opportuno recuperare nei programmi scolastici, sia delle scuole ebraiche sia di quelle pubbliche e studiare approfonditamente questo passato purtroppo ancora ai più poco conosciuto".
Quanti ad esempio sanno che a sparare il primo colpo per aprire la celebre breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) fu il capitano d'artiglieria piemontese Giacomo Segre? Aneddoti che testimoniano la grande partecipazione della realtà ebraica nella costruzione dello Stato unitario italiano. Tornando al convegno, a moderare la prima parte della giornata è stata la dottoressa Lilli Spizzichino che ha presentato gli interventi di Elio Limentani (Gli ebrei tra Risorgimento ed Emancipazione), Gabriella Yael Franzone (Storia politica e istituzionale della Comunità ebraica di Roma) e Claudio Procaccioa (Storia economica e sociale degli ebrei a Roma. Tra retaggio e metamorfosi). Nella seconda parte della mattinata Ester Capuzzo e Giancarlo Spizzichino si sono soffermati a parlare rispettivamente sull' "Elite e società ebraica: Samuel Alatri, Crescenzo Del Monte, Ernesto Nathan" e "La Comunità ebraica di Roma nei primi cinque anni del pontificato di Papa Pio IX, 1846 - 1850".
Nel pomeriggio i lavori riprenderanno con la moderatrice Silvia Haia Antonucci e si parlerà di
"Il Rabbinato a Roma tra Restaurazione ed Emancipazione" con rav Gianfranco Di Segni. Attorno all'arte, l'architettura e l'urbanistica graviteranno poi gli interventi di Olga Melasecchi (Artisti e committenti ebrei dall'Unità d'Italia al 1914) e Sara Cava (Trasformazione urbanistica ed edilizia tra '800 e '900 e ricostruzione multimediale). In chiusura il pubblico potrà confrontarsi con i relatori con un dibattico aperto sulle tematiche affrontate durante il convegno.

(Notiziario Ucei, 13 novembre 2011)

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La Siria sospesa dalla Lega Araba

Damasco protesta: «È una decisione suggerita dagli americani»

IL CAIRO - Dopo otto mesi di proteste contro il governo e di violenta repressione, la Lega Araba ha deciso di sospendere Damasco a partire dal 16 novembre da tutte le attività dell'organizzazione pan-araba.
L'organismo, che si è riunito al Cairo, ha anche stabilito il ritiro di tutti gli ambasciatori degli Stati membri dalla Siria. La replica di Damasco non si è fatta attendere. È una decisione «illegale» perchè «viola lo statuto» dell'organizzazione e i «suoi regolamenti interni», ha detto il rappresentante permanente siriano presso la Lega Araba, Yousef Ahmad.
La sospensione della membership siriana in seno alla Lega Araba è stata molto «sofferta», come ha sottolineato il ministro degli Esteri del Qatar, Hamad bin Jassim al-Thani, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella capitale egiziana al termine del vertice.
La sospensione è stata votata quasi all'unanimità. Gli unici due voti contrari sono stati quelli dello Yemen e del Libano, mentre l'Irak si è astenuto. Sono eccezioni che si spiegano facilmente: in Yemen c'è un regime che reagisce alle richieste di democrazia dei suoi stessi cittadini con lo stesso pungo di ferro usato da Assad in Siria, mentre il Libano è tornato a essere poco più di un protettorato siriano.
Secondo il capo della diplomazia del Qatar, che è presidente di turno dell'organizzazione, la sospensione della Siria andrà avanti finchè le autorità di Damasco non metteranno in pratica l'accordo di pace proposto dalla Lega Araba lo scorso 2 novemebre.
In diversi Paesi arabi, manifestanti pro-Assad si sono radunati davanti alle sedi delle televisioni pan-arabe Al Jazeera e Al Arabiya, che sostengono la ribellione contro il regime al potere a Damasco, e hanno protestato vivacemente, accusando le emittenti di seguire una linea filoamericana: la stessa accusa che il regime rivolge ora alla Lega Araba che l'ha sospesa dalle sue fila.

(il Giornale, 13 novembre 2011)

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Sarkozy scrive a Netanyahu per rimediare alla gaffe

  
GERUSALEMME, 13 nov. - Per rimediare alla gaffe fatta nei giorni scorsi con Benjamin Netanyahu, Nicolas Sarkozy ha inviato al premier israeliano una lettera "affettuosa". Lo ha rivelato il quotidiano "Yediot Aharonot", spiegando che la missiva e' firmata in persona dal presidente francese, che in una conversazione con il collega americano Barack Obama aveva definito Netanyahu "bugiardo". "Con amicizia", scrive Sarkozy utilizzando una espressione poco comune in diplomazia. Nella lettera, consegnata al capo del governo israeliano dall'ambasciatore francese a Tel Aviv, Christophe Bigot, Sarkozy usa toni molto duri con l'Iran, il cui programma nucleare e' considerato una minaccia da Israele.
Il capo dell'Eliseo accusa Teheran di diffondere "bugie propagandistiche" e promette che Parigi guidera' gli sforzi per arrivare ad imporre nuove sanzioni alla Repubblica islamica nella riunione del Consiglio del governatori dell'Aiea.

(AGI, 13 novembre 2011)

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Quanti arabi salvati grazie a medici israeliani

Migliaia di arabi sono stati salvati da Israele: si fosse mai sentito un "grazie"

di Fiamma Nirenstein

Lasciatemi essere melensa per una volta, proprio mentre i missili iraniani vengono montati sulle rampe e gli F16 israeliani rollano: è una storia di scienza e di buon senso, una storia in cui una dottoressa iraniana di una clinica universitaria, tuttavia prudentemente firmatasi «N.N.», ha contattato «urgente!» il dottor Adi Weissbuch a proposito di una sua paziente alla sedicesima settimana di gravidanza con una grave malattia genetica.
La dottoressa «N.N.» era molto preoccupata perché in Iran l'aborto è proibito dopo la diciottesima settimana. Che fare? La ginecologa iraniana aveva letto un bell'articolo, appunto del dottor Weissbuch, e a lui si è rivolta: lo ha cercato a casa sua in Israele, all'ospedale Kaplan di Rehovot. «Per me - ha detto Weissbuck - un paziente può essere di qualsiasi religione o nazionalità. Noi vogliamo solo fornire il giusto trattamento. Tutta la corrispondenza portava una intestazione col mio nome e la dicitura Stato d'Israele: mi è bastato questo».
Purtroppo la gravidanza non aveva speranza. Ma i prodigiosi interventi della medicina israeliana contano una grande quantità di happy end nel mondo arabo. Solo un paio di esempi: durante l'Intifada, quando Hamas uccideva civili israeliani a migliaia, la bambina di tre anni del ministro degli interni di Hamas Elham Fathi Hammad aveva subito a Amman un'operazione al cuore fallita: fu portata all'ospedale Barzilazi ad Ashkelon in gravi condizioni ma i dottori riuscirono a salvarla. Migliaia di arabi sono stati salvati da Israele: si fosse mai sentito un «grazie». Ora magari, però, Ahmadinejad manda un mazzo a di fiori...

(il Giornale, 12 novembre 2011)

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Non ci si prodighi per l'Islam

di Magdi Cristiano Allam

Sono esterrefatto dall'atteggiamento di sacerdoti che si prodigano per la costruzione di moschee o altri luoghi di culto e di preghiera islamici. Sono anche estremamente preoccupato per la diffusione e la penetrazione del relativismo religioso all'interno della Chiesa».
Magdi Cristiano Allam, eurodeputato e leader del movimento "Io amo l'Italia", nega in radice l'opportunità che a Como si possa costruire una nuova moschea. «I religiosi cristiani che legittimano e si prodigano per l'Islam tradiscono la loro fede - insiste Allam - si è cristiani perché si crede nella verità assoluta e unica di Gesù, Dio che si è fatto uomo. L'Islam ha invece la pretesa di essere superiore e considera ebraismo e cattolicesimo come religioni che hanno deviato dalla retta via distorcendo il messaggio divino. Se un cristiano, oltretutto un sacerdote, si impegna e si infervora per la costruzione delle moschee, legittimandole come luoghi di culto simili alle chiese e alle sinagoghe, tradisce la sua e la nostra religione».
Secondo Magdi Cristiano Allam, l'attuale crisi economica «è anche e soprattutto crisi di valori. L'Europa si prostra davanti al dio denaro e si fa beffe dei diritti delle persone. Stiamo favorendo l'ascesa degli integralisti islamici ovunque: è accaduto in Tunisia, accadrà presto in Egitto e in Libia. Il relativismo culturale sta prendendo il sopravvento, fino all'assurdo paradosso di sacerdoti che si prodigano per la costruzione delle moschee».

(Corriere di Como, 12 novembre 2011)

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Pitigliani Kolno'a Festival 2011, a Roma con atmosfere da 'Sefer ha-Zohar'

in Italia l'unico festival cinematografico dedicato al cinema israeliano e di argomento ebraico

Si svolgerà a Roma, alla Casa del Cinema dal 12 al 16 novembre, il Pitigliani Kolno'a Festival, unico evento di cinema che si svolge in Italia e che dedica uno spiraglio al cinema di cultura ebraica e non (www.pitiglianikolnoafestival.it). Il Festival, co-diretto da Dan Muggia e Ariela Piattelli, propone decine di nuovi titoli e prestigiosi ospiti, presenta film, documentari, capolavori ispirati a grandi libri e avrà come ospite d'onore la Bezalel Academy of Arts and Design.
    "La nuova onda dei cineasti israeliani punta sul presente - hanno sottolineato i direttori artistici Ariela Piattelli e Dan Muggia - e oggi il rapporto dell'individuo con ciò che lo circonda diventa il terreno, la materia della nuova generazione di registi, in cui il confronto con l'"attuale" è essenziale per affermare la propria identità."
    Il Pitigliani Kolno'a Festival è realizzato con il sostegno di Roma Capitale - Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico e con il contributo di Regione Lazio; Assessorato alle Politiche Culturali della Provincia di Roma; Casa del Cinema; Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - Fondi 8 per 1000; Ministero degli Esteri e Ambasciata d'Israele a Roma; Israel Film Fund; Israeli Documentary Filmmakers Forum; Rabinovich Foundation Cinema Project.
    In programma il meglio dell'ultima produzione cinematografica nella sezione "Sguardo sul nuovo cinema israeliano", con anteprime in Italia, tra cui Ajami di Scandar Copti e Yaron Shani, considerata una delle opere più significative e originali della cinematografia d'Israele, già insignita della Nomination agli Oscar per il miglior film straniero. Vincitore di cinque statuette al Premio "Ophir" dell'Accademia Israeliana e del Grande Premio al Festival di Gerusalemme, Ajami è il film d'esordio dei due registi, ma prima di tutto il nome del quartiere di Yaffo, terra di quotidiano conflitto, dove si svolge la storia. Sarà presentato in questa edizione anche The Hangman, di Netalie Braun, documentario che ritrae ai giorni nostri Shalom Nagar, l'uomo che giustiziò il criminale nazista Adolf Eichmann, condannato a morte dal tribunale di Gerusalemme.
    Tra gli altri film Mabul di Guy Nattiv, dramma sulle problematiche sociali nella storia di una famiglia ai margini della società; The Matchmaker di Avi Nesher, ambientato ad Haifa nell'estate del 1968, che racconta la storia del sedicenne Arik che inizia a lavorare come investigatore dal sensale Yankele Bride, un misterioso amico del padre, entrambi sopravvissuti alla Shoah. Il tema della condizione sociale del presente è invece al centro di Teacher Irena, documentario diretto da Itamar Chen (che sarà presentato dai produttori Saar Yogev e Naomi Levari). Il declino di un uomo, la battaglia contro sé stesso è il tema di Wandering Eyes, documentario firmato da Ofir Trainin, che narra la storia del giovane musicista israeliano Gabriel Belhassan, affetto da una grave depressione. Il Pitigliani Kolno'a Festival presenta inoltre una sezione intitolata "Cinema e letteratura", nata per scoprire come i registi si confrontino con i capolavori di Abraham B. Yehoshua, David Grossman e Yehoshua Kenaz, grandi scrittori nel panorama letterario israeliano contemporaneo. Diversi i film di tale sezione, tra cui: Infiltration, di Dover Koshashvili, tratto dall'omonimo romanzo di Yehoshua Kenaz, che, raccontando di un plotone in cui tutte le reclute sono affette da disfunzioni fisiche o mentali, riconduce all'attualità le divisioni interne alla società multiculturale israeliana negli anni Cinquanta e le problematiche di allora; la versione cinematografica dell'omonimo romanzo firmato da Abraham B. Yehoshua, Il responsabile delle risorse umane, trasformato dallo sceneggiatore Noah Stollman e dal regista Eran Riklis in un road movie. Tra gli eventi, un incontro sulla letteratura israeliana tenuto da Emanuela Trevisan Semi.
    "Scuole di cinema da Israele", la consueta sezione di cui quest'anno è ospite la Bezalel Academy of Arts and Design, la più prestigiosa scuola d'arte israeliana, di cui verranno presentati, in due programmi, gli straordinari corti d'animazione realizzati dagli studenti, all'avanguardia sulle nuove tecniche e linguaggi. Quindi i "Percorsi ebraici" dedicati ai ritratti di donne che hanno scritto la Storia, con la presentazione di film quali Ahead of time di Bob Richman, ritratto di Ruth Gruber - centenaria reporter americana. Nel documentario Shining Stars la regista Yael Kipper racconta la storia di Maytal: un attentato terroristico le ha ucciso il fratello e devastato il corpo, ma lei vuole riappropriarsi della vita diventando madre. "Jewish Animation" è la sezione che propone animazioni di argomento ebraico: Mary and Max del premio Oscar Adam Elliot, la serie di corti d'animazione satirici sulla Bibbia God & Co, firmati dallo sceneggiatore e regista americano Stephen Levinson e A Jewish Girl in Shanghai di Wang Genfa e Zhang Zhenhui, prima animazione cinese di argomento ebraico.
    Tra gli ospiti del Pitigliani Kolno'a Festival, Roi Werner, apprezzato regista di videoclip musicali che presenta, insieme agli attori protagonisti Yaron Brovinsky e Keren Berger, il suo 2 Night, lungometraggio d'esordio realizzato con un piccolo budget; lo sceneggiatore Noah Stollman, autore di Adam Resurrected (diretto da Paul Schrader), di Qualcuno con cui correre (tratto dal libro di D. Grossman) e de Il responsabile delle risorse umane di Eran Riklis; la regista Noa Ben Hagai che, insieme alla produttrice Elinor Kowarsky, presenta Blood Relation, documentario in cui tenta di ricucire la storia della propria famiglia arabo-israeliana, spezzata in due sessant'anni prima; la scrittrice, sceneggiatrice e documentarista Francesca Melandri (tra le sue sceneggiature Zoo di Cristina Comencini, Fantaghirò di Lamberto Bava e Don Matteo), presente al festival con il documentario Vera e Hanan Kaminski, direttore del dipartimento di animazione alla Bezalel School of Arts and Design di Gerusalemme, a cui è dedicata la sezione Scuole di Cinema da Israele.
    Il PKF Professional Lab è invece la novità di quest'anno, un laboratorio di idee e di future collaborazioni tra le professioni del cinema italiano e israeliano, che prevede tre eventi: ANIMAZIONE ISRAELIANA (con Hanan Kaminski, Luca Raffaelli e Leonardo Carrano); ITALIA-ISRAELE: SGUARDI A CONFRONTO dedicato al documentario (con Giulia Amati, Stephen Nathanson, Noa Ben Hagai, Elinor Kowarsky, Saar Yogev, Naomi Levari, Mariangela Barbanente, Mario Balsamo) in collaborazione con DOC/IT e i 100 Autori; CREATED REATED BY - LOW BUDGET, HIGH CONTENT sul segreto della competitività delle serie televisive israeliane nel mercato internazionale (con Noah Stollman, Marcello Olivieri, Giovanna Koch) in collaborazione con l'associazione SACT - Scrittori Associati di Cinema e Televisione Italiani.
    Beh, che altro aggiungere.. se le stelle ruotano anche sul firmamento del cinema ed il testo ebraico della tradizione cabalistica per antonomasia che le rappresenta è lo Zohar (???), testo meglio conosciuto come 'Libro dello Splendore', non ci rimane che augurarci magiche atmosfere di stelle sulla scia di questo evento unico.

(AlCinema.org, 12 novembre 2011)

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L'Israel Natural Gas Lines ha siglato un contratto con l'italiana Micoperi

TEL AVIV, 12 nov. - L'Israel Natural Gas Lines (INGL) ha siglato un contratto da 140 milioni di dollari con l'italiana Micoperi per la costruzione di un terminale Gnl di tipo flottante Fsru (Floating Storage and Regasification Unit). Il rigassificatore verra' costruito nel Mediterraneo, 10 km a largo di Hadera, tra Haifa e Tel Aviv. I lavori sono previsti iniziare nella seconda meta' del 2012 per concludersi entro la fine dell'anno. Con una capacita' di 2,5 miliardi di metri cubi l'anno di Gnl, il terminale rappresenta un progetto strategico per la sicurezza energetica israeliana, come ribadito dallo stesso Ministro delle Infrastrutture israeliano all'agenzia Reuters. Tramite questa nave galleggiante, Israele intende garantirsi importazioni di gas a fronte della preoccupante situazione del paese in termini di forniture: la produzione del giacimento Mari-B sta per esaurirsi; il campo Tamar da 250 miliardi di metri cubi non entrera' in produzione prima del 2013; i flussi provenienti dall'Egitto (da cui Israele dipende per il 40% delle sue importazioni metanifere) sono sempre piu' discontinui e incerti a causa dei ripetuti attacchi all'Arab Gas Pipeline, l'ultimo dei quali avvenuto questa settimana; le tensioni con l'Iran sono ai massimi storici dopo la pubblicazione del rapporto Aiea sullo stato del nucleare bellico iraniano e le continue reciproche minacce di guerra. (AGI) Red/Rme

(AGI, 12 novembre 2011)

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Israele accelera le difese anti-missilistiche

Israele ha accelerato l'installazione di difese anti-missilistiche sui suoi aerei di linea,ha detto il Venerdì un funzionario della sicurezza, alla luce di un aumento del rischio di un attacco da parte di militanti con armi saccheggiate ai libici. Alcuni jet sono stati dotati di un sistema conosciuto come C-Music che utilizza un laser che individua la presenza di missili attraverso emissioni di calore. L'obiettivo è di fornire entro il 2013 il montaggio di questo equipaggiamento alla maggior parte della flotta aerea.
Israele sta adattando questo sistema per utilizzarlo a bordo di aerei civili, ha detto il funzionario, che ha chiesto di approfondire le tecnologie coinvolte, per identificare eventuali pericoli. Israele ha iniziato a distribuire un altro sistema, "Flight Guard", su El Al dopo che al Qaeda ha cercato di abbattere un aereo carico di turisti israeliani in Kenya nel 2002. Secondo il funzionario israeliano, il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu sta coprendo da1 milione a 1,5 milioni dollari per adattare il C-Music a ogni aereo. Il funzionario israeliano ha detto che non ha avuto informazioni che indicano la presenza di missili anti-aerei in Cisgiordania a differenza di Gaza, che ha visto un afflusso di armi di contrabbando provenienti dall'Egitto da quando Israele ha ritirato i soldati nel 2005.

(FocusMO, 11 novembre 2011)

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«Il dialogo con Teheran non serve a nulla»

Il regime le teme perché vogliono la democrazia

di Simonetta Caminiti

Shirin Ebadi
Ha il viso disteso, sorride spesso: lineamenti che paiono subito persiani purosangue. Shirin Ebadi (Premio Nobel per la Pace 2003, 64 anni) è ospite dell'Asiatica Film Festival di Roma. Iraniana e musulmana, nel 2009 ha subito il sequestro del Premio Nobel, oltre alla confisca del suo appartamento e della sua pensione: quella che riceveva per il lavoro svolto presso il Ministero della Giustizia, costellato di battaglie per i diritti civili del suo Paese.
È cronaca di questi giorni: sei anni di reclusione per il regista iraniano più conosciuto al mondo. Censure che suscitano clamore perch' riguardano la categoria degli artisti, cioè la minoranza più esposta.
«Nel nostro Paese, gli spazi stanno diventando sempre più chiusi. Ho incontrato proprio in questo festival un cineasta iraniano, Mohammad Rasoulof. È stato condannato a un anno di carcere anche lui, e in appello: il tempo di tornare in Iran e sarà arrestato.
Gli ho chiesto: "Tornerai a casa, in Iran?" e mi ha risposto, nonostante tutto, "Assolutamente sì!". Per non parlare dei tre documentaristi per la BBC che si erano occupati di Panahi...»
L'Iran di Ahmadinejiad. Quali sono i sentimenti dei suoi cittadini, oggi?
«Ahmadinejad non ha mai - e dico mai! - goduto di un ampio consenso nel nostro Paese. Ha vinto due volte le elezioni con la frode, falsificando i risultati. Avete dimenticato le manifestazioni di milioni di persone nel giugno 2009?»
Due anni fa, a proposito dell'Amministrazione Obama, Lei parlò di un possibile "nuovo corso" rispetto alle scelte che aveva fatto Bush nei rapporti col suo Paese. Cosa pensa oggi?
«Io speravo tanto che i problemi tra l'Iran e l'America potessero risolversi col dialogo. Condizione che non è stata assolutamente realizzata, per adesso. Continuare su una linea simile non è a favore dell'Iran: poco ma sicuro».
I premi Nobel per la Pace, quest'anno, sono stati assegnati a tre donne. Le donne hanno una marcia in più nella lotta per i diritti civili?
«Certo. E sono così felice della loro elezione, faccio loro i miei auguri più grandi. È un messaggio fondamentale per tutto il mondo. Nessuna società può realizzarsi sotto il profilo democratico senza l'affermazione dei diritti delle donne».
Un regime tende ad accanirsi e ad arginare quello che teme di più. Perché il fondamentalismo islamico si ostina a limitare così tanto la libertà delle donne?
«Lo ha osservato lei stessa. Gli islamici hanno paura del mondo femminile. Le donne che svolgono attività per i diritti umani sono trattate come sovversive, e sono sbattute in carcere perch' vogliono una cosa: la democrazia. Penso di essermi spiegata abbastanza».

(il Giornale, 11 novembre 2011)

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Nell'ambito delle manifestazioni nazionali dei 150 anni dell'Unità d'Italia

Le Associazioni Cristiani per Israele-Italia, Associazione Italia-Israele Padova, Comunità Ebraica Padova, con il Patrocinio della Provincia di Padova e della Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose di Aversa presentano alla città di Padova il libro del Senatore Luigi Compagna

"Theodor Herzl. Il Mazzini d'Israele"

Lunedì 21 novembre 2011 - ore 17.00

Palazzo Santo Stefano
Sala del Consiglio della Provincia di Padova
Piazza Antenore, 3

Locandina

(Cristiani per Israele-Italia, 11 novembre 2011)

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Israele equipaggia aerei civili con difese anti-missile

di Dan Williams

TEL AVIV, 11 novembre - Israele ha accelerato l'installazione di difese anti-missile sui propri aerei di linea, come ha reso noto oggi un funzionario della sicurezza, valutando che sia aumentato il rischio di attacchi da parte di militanti venuti in possesso di armi libiche.
Gli aerei di El Al e due altre compagnie aeree vengono equipaggiati con il sistema denominato "C-Music", che impiega un laser per "accecare" i missili che seguono le fonti termiche, ha detto il funzionario, ed entro il 2013 la maggior parte della flotta aerea disporrà dell'apparecchiatura.
Israele sta anche adattando contromisure per gli aerei militari all'uso su velivoli civili, ha detto il funzionario, che non ha voluto dare altri particolari sulla tecnologia impiegata e che preferisce restare anonimo.
"Siamo da tempo coscienti della minaccia e abbiamo cominciato a prepararci prima del resto del mondo", ha detto il funzionario. Secondo l'intelligence il caos durante la rivolta in Libia contro il regime di Muammar Gheddafi ha consentito il traffico di lanciamissili da spalla libici verso i palestinesi e gruppi legati ad al Qaeda nel Sinai egiziano.
Israele ha cominciato a utilizzare un altro sistema, il "Flight Guard", sugli aerei El Al dopo che al Qaeda ha cercato di abbattere un aereo israeliano carico di turisti in Kenya nel 2002.
L'uso di razzi luminosi come diversivo ha provocato all'estero timori per la sicurezza, e gli israeliani hanno scelto allora il "C-Music", prodotto da Elbit Systems.
Secondo il funzionario israeliano, il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu sta coprendo il costo d'installazione del sistema C-Music su ogni aereo, valutato 1-1,5 milioni di dollari.
Il principale scalo aereo israeliano, l'aeroporto Ben Gurion, dista 10 km dalla Cisgiordania occupata.
Il funzionario israeliano ha detto di non disporre di informazioni sulla eventuale presenza di missili anti-aerei in Cisgiordania, e che sembra improbabile anche a Gaza, dove pure giungono armi di contrabbando dall'Egitto, dopo il ritiro del 2005 dell'esercito israeliano.
Il funzionario ha detto che Netanyahu ha descritto il C-Music, in discussioni a porte chiuse, come un modo per contribuire a rassicurare il pubblico israeliano, se un giorno il governo dovesse restituire ai palestinesi terre oggi occupate sulla base di un accordo di pace.
Alla richiesta di una conferma, il portavoce di Netanyahu Mark Regev Ha citato il premier, secondo cui "in un eventuale possibile accordo di pace ci devono essere efficaci soluzioni per la sicurezza che possano far fronte a un ventaglio di minacce, compresi i missili da lanciatore portatile".
Israele vuole anche proteggere il traffico aereo diretto al piccolo scalo di Eilat, sul Mar Rosso, vicino a Giordania ed Egitto, dove militanti islamici hanno operato in passato. Il 18 agosto scorso un gruppo di infiltrati ha ucciso otto israeliani sul confine egiziano.

(Reuters, 11 novembre 2011)

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Muro del pianto 2.0: i fedeli inviano preghiere tramite Twitter

  
   Studente israeliano porta preghiere n forma
   di tweet al Muro del pianto
Ogni anno milioni di persone si recano in pellegrinaggio a Gerusalemme, sul luogo più sacro della religione ebraica, per portare le loro preghiere. Nelle fessure del Muro del pianto ci sono migliaia di foglietti piegati.
Ma sempre più messaggi vengono mandati a Dio per vie traverse, ovvero su supporto digitale: via e-mail, tramite Twitter o app dello smartphone. Ogni giorno i rabbini del Muro del pianto portano sul luogo sacro preghiere che hanno ricevuto per posta elettronica o tramite un modulo sul sito internet del Muro del pianto.
Da due anni lo studente israeliano Alon Nir offre il servizio gratuito «Tweet your Prayer». Utilizzando il servizio di microblogging Twitter, chiunque può inviargli delle preghiere riassunte in un massimo di 140 battute. «Voglio che il Muro sia a disposizione di quanta più gente possibile», riferisce il ventisettenne di Tel Aviv.
Nell'estate del 2009 ha seguito i preparativi della rivoluzione in Iran via Twitter e si è reso conto che il servizio non è solo una piattaforma per messaggi personali. «La novità interessante è che si è creato un legame inimmaginabile fra due mondi diversi: qui c'è il Muro, vecchio più di 2000 anni, e là la tecnica più moderna.» Da allora Nir è bombardato di preghiere provenienti da tutto il mondo, che porta a Gerusalemme ogni due o tre giorni.
Con la kippà sul capo, l'israeliano si inginocchia davanti al Muro composto da imponenti blocchi di pietra calcarea. Apre una scatola di legno con circa un migliaio di rotolini che sembrano quelli della lotteria e li infila in una fessura del muro molto profonda. «Due volte all'anno il muro viene ripulito di tutti i biglietti, ma questi non sono facili da togliere.»
Ogni giorno Nir riceve da 100 a 200 preghiere digitali - alcune sono in giapponese o cinese. Arrivato a 100.000, ha smesso di contarle. «La maggior parte arriva dagli Stati Uniti e dal Brasile, ma anche dall'Inghilterra, dalla Francia, dalla Germania e persino da Israele», aggiunge. E sarebbe stato contattato anche da cristiani, musulmani, buddisti e scintoisti giapponesi.
Nir riceve la maggior parte delle preghiere non in forma di tweet pubblici, ma di messaggi privati, che non legge, poiché secondo la religione ebraica i foglietti del Muro del pianto sono destinati solo a Dio. «Neanche a me farebbe piacere se degli estranei venissero a conoscenza delle mie paure e dei miei desideri», commenta in tono deciso. Un software analizza tutti i messaggi cercando determinate parole, perché volgarità e campagne antisemite nel Muro del pianto non devono esserci.
Dalle preghiere pubbliche e dai messaggi di posta elettronica, Nir sa che le persone hanno i desideri più disparati. «Alcuni chiedono favori importanti come la pace nel mondo, amore e salute. Ma in particolare dagli Stati Uniti giungono anche molti tweet che parlano di problemi economici, magari perché quella persona sta perdendo la casa o il lavoro.» Anche prima di giorni di festa e dopo catastrofi come il terremoto di Haiti o Fukushima, il numero delle preghiere ha avuto un'impennata.
«A molti dà forza sapere che la propria preghiera è custodita nel Muro del pianto», dice Nir. Ed è proprio questo il motivo per cui si è assunto questo incarico, che certamente non è sempre facile. «È un lavoro infinito e richiede un grosso impegno. Ma mi rende felice sapere che basta così poco per cambiare la vita di tante persone.»

(swisscom, 11 novembre 2011)

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Un'esplosione danneggia il gasdotto verso Israele e Giordania

Sesto attentato dal febbraio scorso

IL CAIRO, 10 nov. - Un'esplosione ha danneggiato il gasdotto egiziano che distribuisce gas a Israele e Giordania. Lo hanno riferito fonti dei servizi della sicurezza egiziana precisando che la deflagrazione ha avuto luogo a una quarantina di chilometri a ovest della città di al-Arish, nel nord della penisola del Sinai.
Testimoni hanno riferito di aver visto uomini armati sul luogo dell'esplosione.
Il gasdotto è stato già oggetto di sei attacchi non rivendicati dal mese di febbraio scorso, che hanno obbligato a più riprese a sospendere la distribuzione del gas verso Israele e Giordania. L'ultimo attentato è avvenuto la notte del 26-27 settembre scorso.

(TMNews, 10 novembre 2011)

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«Notte dei cristalli». Aperta una nuova sinagoga

Il presidente della Germania Christian Wulff ha inaugurato a Speyer (la Spira romana), una nuova sinagoga, nel giorno dell'anniversario della «Notte dei cristalli», il pogrom contro gli ebrei compiuto nel 1938 dai nazisti. Il tempio, ha detto Wulff, è una realizzazione della promessa di una «presenza nuova e permanente della vita ebraica» nella città sudoccidentale, dove la vecchia sinagoga fu distrutta nel corso delle terribili violenze. Almeno 91 ebrei tedeschi furono uccisi in Germania in disordini organizzati dal regime di Hitler, oltre 200 sinagoghe furono distrutte e migliaia di negozi di proprietà di ebrei furono vandalizzati. Il 9 novembre è anche l'anniversario della caduta del muro di Berlino, nel 1989. La comunità ebraica in Germania è cresciuta dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Questo giorno, ha affermato ieri Wulff, è «un giorno della fiducia e della speranza», ma anche della memoria.

(Quotidianamente.net, 10 novembre 2011)

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Tribunale israeliano conferma condanna ex presidente Katsav

GERUSALEMME - La Corte suprema israeliana oggi ha confermato la condanna a sette anni di carcere per l'ex presidente Moshe Katsav per lo stupro di una ex assistente e le molestie ad altre due donne che lavoravano per lui.
"Ha abusato della sua posizione e ha profanato i corpi e la dignità (delle sue accusatrici)", si legge nella sentenza della Corte suprema, presa all'unanimità, contro l'appello di Katsav, che ora dal 7 dicembre dovrà scontare la condanna a sette anni emessa da un tribunale israeliano.
Katsav, 65 anni, è stato presidente dal 2000 al 2007. E' stato arrestato lo scorso dicembre per aver violentato due volte un'assistente quando era ministro alla fine degli anni Novanta, e per aver aggredito sessualmente altre due donne che lavoravano per lui durante la presidenza.
"La sentenza della Corte suprema riafferma che tutti in Israele sono uguali davanti alla legge. (Anche) presidenti e personalità devono rispondere delle loro azioni", ha detto il procuratore Naomi Granot dopo la proclamazione del verdetto.
Katsav ha respinto le accuse. La corte ha detto che la sua versione degli eventi era "fondamentalmente inaffidabile".

(Reuters, 10 novembre 2011)

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Spunta la bandiera della Palestina nella piazza principale

di Roberto Fuschi

  
SAN PIETRO IN LAMA (Lecce) - A San Pietro in Lama nella piazza principale è comparsa la bandiera della Palestina. L'atto è stato rivendicato dal segretario del Partito dei Comunisti Italiani - Federazione della Sinistra, Mirko Tondi, per dare la solidarietà allo stato palestinese in quanto l'UNESCO, organo dell'ONU per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, ha riconosciuto la Palestina come uno Stato indipendente.
"Da sempre la posizione dei Comunisti Italiani - dichiara il segretario cittadino Mirko Tondi- è stata favorevole al riconoscimento della Palestina come stato sovrano e indipendente, e finalmente dopo anni e anni di abusi, soprusi e violenze attuate dal binomio Israele - NATO, un organo internazionale così importante come l'UNESCO accoglie al suo interno lo stato palestinese."
La decisione è stata votata a maggioranza (serviva il consenso di almeno due terzi dell'assemblea, composta sino ad oggi da 193 membri): favorevoli 107, contrari 14. Mentre la Francia, la Cina, l'India e insieme alla quasi totalità dei paesi arabi, votavano a favore, l'Italia si è astenuta. Il "via libera" alla Palestina ha creato una spaccatura con gli Stati Uniti. Il dipartimento di stato non verserà più 60 milioni di euro all'organismo dell'Onu.
"Atto gravissimo- dichiara il segretario Mirko Tondi - l'astensionismo italiano al riconoscimento della Palestina che sottolinea ancor di più il carattere servile con cui si approccia agli USA. Per questo motivo era doverosa la protesta messa in atto dai Comunisti italiani. Abbiamo deciso di esibire insieme alla nostra bandiera quella dello stato della Palestina per ribadire la nostra solidarietà al popolo palestinese e per chiedere ancora una volta al governo italiano di riconoscere il diritto primario di ogni popolo all'autodeterminarsi in uno stato libero e indipendente. Nauseati totalmente dalla gestione della politica estera statunitense, sempre posta con atteggiamenti neocolonialisti, egemonici ed antidemocratici nei confronti dei popoli che lottano per la propria autodeterminazione".

(Il Paese Nuovo, 10 novembre 2011)


NO COMMENT

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"Avvocati ebrei", Zamparini sul banco degli imputati

La storia la racconta 'Repubblica', abbastanza arrabbiata, Eccola: "'Avvocati ebrei'". Le parole sono come pietre e il pregiudizio dimostra di essere duro a morire anche nel 2011: certi luoghi comuni privi di ogni verità vengono ripetuti ancora, soffiando così sul fuoco dell'antisemitismo e del razzismo. Stavolta però non si tratta dei cori beceri della curva: a sposare il pregiudizio antisemita è stato il presidente del Palermo Calcio Maurizio Zamparini, commentando a SportMediaset (le sue frasi sono state riportati dai siti che si occupano della squadra rosanero) la presunta estorsione ai suoi danni da parte dell'agente dell'ex calciatore del Palermo Javier Pastore: "Una cosa simile in un ambito diverso accade in America dove ci sono avvocati per la maggior parte di estrazione ebraica che aspettano i propri futuri clienti fuori dai tribunali e ospedali - ha detto il presidente della squadra siciliana, secondo quanto riferito da mediagol.it - promettendo consulenze gratuite che poi si rivelano invece con percentuali di provvigioni altissime, anche del 50%". Avidi e avvoltoi quindi. Come vuole il peggior luogo comune".
Ovviamente, qualcuno non l'ha presa bene: "La denuncia arriva da Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione italiana Maccabi (l'associazione che si occupa della promozione sportiva nelle comunità ebraiche) e consigliere dell'Unione delle comunità ebraiche italiane con delega allo sport: 'Non c'è quasi commento da fare - dice Pavoncello - Ci si indigna giustamente per i cori della curva, non è accettabile che certe parole vengano da un tesserato, per di più presidente di una squadra di serie A'. Pavoncello ha anche scritto una lettera alla Federcalcio e alla Lega di serie A per chiedere che vengano presi provvedimenti: 'Anche se quella di Zamparini è stata soltanto una battuta infelice, non per questo è meno grave. Il pregiudizio si nutre proprio di luoghi comuni, di stereotipi adatti ad ogni circostanza, soprattutto quelli più grossolani - scrive Pavoncello - Zamparini ha ritirato fuori la vecchia storia degli ebrei avidi e senza scrupoli: una favola che il fascismo e il nazismo hanno tramutato in una tragica e devastante realtà fatta di persecuzione e di morte'".

(LiveSicilia, 10 novembre 2011)

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Sarkozy e i fuori onda: "Papandreu è un pazzo e depresso, Netanyahu un bugiardo"

Nicolas Sarkozy tradito da fuori onda e conversazioni ascoltate da orecchi indiscrete. A margine del G20, tenutosi la scorsa settimana a Cannes, il presidente francese, oltre agli incontri ufficiali previsti dal protocollo, ha avuto modo di conversare in via più informale con altri leader europei e anche con il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, con il quale sembra condividere una certa antipatia per il premier israeliano Netanyahu: "E' un bugiardo, non lo posso più vedere", si sfoga Sarkozy, "Tu ti sei stufato di lui, pensa me che ci devo trattare tutti i giorni.. " la risposta di Obama. Il Presidente francese va giù duro anche con il premier greco Papandreu, nei giorni della decisione del governo greco, poi ritirata, di sottoporre al referendum popolare il piani di riforme anti crisi: "E' un pazzo e un depresso".

(Notizie italiane, 10 novembre 2011)


Sarkozy continua a distribuire giudizi personali su altri uomini politici.
Farebbe bene ad essere un po’ più cauto .

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Il popolo A e il popolo B

di Sergio Della Pergola

Sul corriere della sera di ieri, sergio romano spiegava al lettore alessandro prosperi perché i palestinesi nelle carceri israeliane (compresi gli autori delle più efferate stragi terroristiche) si debbano definire prigionieri di guerra. romano parla di "quanto è accaduto nella regione durante i 130 anni trascorsi dai primi insediamenti sionisti", ignorando che fin dall'antichità la continuità della presenza ebraica sul territorio non è mai cessata, e dunque distinguendo eticamente fra ebrei (forse buoni) e sionisti (certo cattivi). poi romano, suggerendo un'altra distinzione etica, dice che "il popolo a ha costruito il suo stato su una parte della regione, occupa l'altra parte, e dispone di un esercito, di un arsenale moderno, e di un territorio in cui può preparare le sue operazioni"; mentre "il popolo b vuole invece la fine dell'occupazione, reclama l'indipendenza, e ricorre alle armi che sono state usate da tutti i movimenti di resistenza e di liberazione". romano certo sa bene che nel novembre 1947, quando l'assemblea generale dell'onu approvò a grande maggioranza il piano di spartizione della palestina, il popolo a e il popolo b si trovavano esattamente nella stessa posizione: non esisteva uno stato, ma solamente due movimenti di liberazione nazionale contrapposti. di fronte alla soluzione di compromesso proposta dall'onu, "il popolo a" l'accettò, sia pure a malincuore, e "il popolo b" la rifiutò. rilegga romano le assai istruttive dichiarazioni di voto del 1947 dei rappresentanti delle due parti di fronte all'assemblea dell'onu, e vi troverà raffigurati fedelmente gli estremi odierni del conflitto. il popolo a, dunque, si erige a stato, ma il popolo b rifiuta di erigersi a stato e invece cerca con tutti i mezzi possibili di impedire l'esistenza dello stato (e forse anche del popolo) a. la preoccupazione per la corretta definizione dei palestinesi nelle carceri israeliane passa in secondo piano se la storiografia non è generalmente equilibrata, è poco documentata, ed è infiltrata da pregiudizio.

(Notiziario Ucei, 10 novembre 2011)

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Per lavare le impurità delle tracce degli ebrei

Un programma televisivo gestito dall'autorità palestinese ha dichiarato che "la pioggia cade su Gerusalemme per lavare le impurità delle tracce degli ebrei in favore dei musulmani che vengono in città per pregare".

Qui di seguito è il testo ufficiale diffuso su PA TV il 6 novembre us.
    "La cupola dorata (della moschea) brilla ai colori del cielo, sotto il bianco delle nuvole, mentre la festa gioiosa (Aid Al-Adha) è bella e dolce per i residenti. La pioggia ripulisce i passi degli stranieri (gli ebrei) in modo tale che i piedi (dei musulmani) immersi nella preghiera non potranno essere dei passi rivolti verso l'impurità".
    Dall'altra parte del mondo, in Venezuela, alla televisione nazionale, nel corso di una trasmissione politica molto famosa intitolata "contrattacco" il professore argentino Saad Chedid si è lasciato andare ad una vera e propria dichiarazione antisemita e negazionista.
    Dopo aver descritto Teodoro Herzl come "persona malata e paranoica", ha dichiarato che la creazione dello stato di Israele era stato "il frutto di un compromesso tra ebrei e nazisti". Parlando poi della Shoah, il professor Chedid ha preteso che questa fosse una "invenzione ispirata dall'ideologia ebraica".
Sarà bene riflettere sul fatto che, quasi contemporaneamente, in due paesi tanto lontani siano state diffuse alla TV nazionale simili parole.

(CRIF francese, 9 novembre 2011 - trad. Emanuel Segre Amar)

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La partecipazione degli ebrei al Risorgimentoin Emilia-Romagna [1815-1870]

Presso Museo Ebraico Via Valdonica, 1, Bologna

Il Museo Ebraico di Bologna
Dal 9 novembre 2011 al 15 gennaio 2012 il Museo Ebraico di Bologna presenta la mostra "La partecipazione degli ebrei al Risorgimentoin Emilia-Romagna [1815-1870]", a cura di Franco Bonilauri, Vincenza Maugeri.
In ricorrenza del 150o dell'Unità d'Italia, il Museo Ebraico di Bologna organizza la mostra storico-didattica. La partecipazione degli ebrei al Risorgimento in Emilia-Romagna [1815-1870] che intende guardare all'apporto e alla partecipazione degli ebrei del territorio emiliano-romagnolo agli eventi che determinano il Risorgimento e la successiva nascita dello Stato unitario e, nel suo insieme, alla storia del rapporto fra gli ebrei italiani e la vicenda del Paese nel corso dell'Ottocento.
In Emilia-Romagna fra i primi combattenti ebrei del Risorgimento dobbiamo ricordare Abramo Fortis, che prese parte ai moti di Faenza nel 1820, Israel Latis, condannato dal duca di Modena alla Rubiera nel 1822; Angelo Usiglio e suo fratello Enrico, collaboratori di Ciro Menotti nei moti a Modena del 1831; Giacomo Levi, reggiano, che nel 1831 fu rinchiuso nei Piombi a Venezia con Daniele Manin dopo aver partecipato ai moti di quell'anno con un'altra quindicina di correligionari, finiti poi in carcere o in esilio. Ed ancora Salvatore Anau di Ferrara, che fece parte dell'Assemblea nazionale della Repubblica Romana nel 1849 insieme all'economista Leone Carpi, originario di Cento.
Nell'occasione verrà esposta una selezione di fotografie, di Franco Bonilauri, dedicate alle Sinagoghe risorgimentali e postunitarie nel territorio dell'Emilia-Romagna.

(Bologna Today, 9 novembre 2011)

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Funzionari israeliani: ElBaradei è un agente iraniano

Alti funzionari israeliani hanno dichiarato senza mezzi termini che il rapporto dell? International Atomic Energy Agency dove si afferma chel'Iran sta lavorando allo sviluppo di un progetto di armi nucleari è la dimostrazione che l'ex presidente dell?AIEA "era un agente iraniano". L'ex presidente dell'AIEA, Mohamed ElBaradei , diplomatico egiziano insignito del Nobel per la pace nel 2005. Per anni, hanno denunciato i funzionari israeliani, ha difeso il programma nucleare iraniano, sostenendo che era pacifico, e permettendo così agli iraniani di continuare la loro attività con il sigillo di approvazione da parte dell?'osservatorio.
Secondo uno dei funzionari, il nuovo rapporto AIEA dimostra "quanto stesse lavorando per gli iraniani. ElBaradei ha salvato l'Iran ed è stato costantemente impegnato a coprirlo causando gravi danni, consentendo agli iraniani di ingannare il mondo intero e guadagnare tempo.? Quanto pubblicato dal rapporto, sempre secondo le fonti israeliane, sono notizie già trapelate ma mai confermate. Ora si scopre che ElBaradei ha portato avanti una politica attiva di occultamento oltre a fermare il Consiglio di Sicurezza dell'ONU cinque anni fa dall'?imporre sanzioni gravi, fornendo agli iraniani tempo prezioso.

(FocusMO, 9 novembre 2011)

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Gli hacker di Anonymous ancora all'attacco, stavolta contro il Mossad

I siti dei servizi segreti israeliani, il Mossad e lo Shin Bet, hanno subito due diversi attacchi nei giorni scorsi, entrambi rivendicati dal collettivo di hacker attivisti Anonymous, che ne hanno attribuito la ragione al recente blocco imposto dal governo di Shimon Peres ad una flottiglia irlandese e canadese diretta a Gaza, i cui volontari sono stati arrestati dalla Marina. Gli ufficiali governativi di Israele, tuttavia, smentiscono la circostanza, attribuendo i problemi ad un semplice malfunzionamento del sistema.
In un video pubblicato su YouTube, Anonymous ha comunque minacciato ulteriori ritorsioni se Israele continuerà a impedire l'accesso a Gaza alle navi umanitarie. 'Le vostre azioni sono illegali, contrarie alla democrazia, ai diritti umani e alle leggi internazionali e marittime,' sostiene la clip. 'Giustificare guerre, omicidi, intercettazioni illegali e attività piratesche sotto una copertura illegale di difesa non passerà inosservato da parte nostra nè di quella di tutte le persone del mondo.'
L'ultimo weekend aveva riservato particolare fibrillazione attorno alle attività dei pirati informatici di Anonymous, a seguito del fallimento di un minacciato attacco contro Fox News, la cancellazione ufficiale di un altro attacco contro un cartello messicano dello spaccio di droga e la smentita da parte dei membri dell'associazione della minaccia contro Facebook. Tuttavia, gli hacker non si placano, ma rilanciano l'ennesima minaccia: questa volta nel mirino ci sarebbe il meeting del 2012 in Iowa che darà il via alla campagna elettorale americana.

(Tuttogratis internet, 9 novembre 2011)

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I misteri della stampa pro Israele

di Marcello Cicchese

  
Quasi per caso, girando in internet, questa mattina ho trovato una notizia che mi ha sorpreso. Ho scoperto che il 23 ottobre scorso si è svolto a Francoforte sul Meno, il "2. Deutscher Israel Kongress", che è stato definito "Il più grande convegno di solidarietà per Israele in Europa" ("Europas grösstes Pro-Israel-Treffen"), sotto il patrocinio del Consiglio Centrale degli ebrei in Germania, il cui Presidente, Dieter Gaumann, ha preso la parola durante l'incontro. Mi sono reso conto che è stato effettivamente un congresso di grosso peso. Erano presenti come ospiti d'onore il viceministro degli esteri israeliano, Danny Ayalon, il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai, l'ambasciatore israeliano in Germania Yoram Ben-Zeev il direttore del "The Israel Project" Laura Kamm, l'anziano scrittore Ralph Giordano, che ha fatto l'esperienza del nazismo.
Oltre ai presidenti di altre organizzazioni di solidarietà per Israele, era presente anche un ospite d'eccezione: Mosab Hassan Yousef, il figlio del fondatore di Hamas a Gaza, che si è converito a Cristo e ha collaborato con lo Shin Bet, il servizio segreto israeliano per l'interno.
Mi sono chiesto come mai non ho trovato prima queste notizie e mi sono chiesto se avevo qualcosa da rimproverarmi. Ma più che questo mi sono chiesto come mai in Italia nessuno (da quel che mi consta) ne ha parlato. I media che sono pronti a cogliere i sorrisini ironici su Berlusconi tra Merkel e Sarkozy, che riportano le malignità sottovoce su Netanyahu tra Sarkozy e Obama, non si degnano di far sapere che il Cancelliere tedesco ha scritto al Congresso pro Israele parole come queste:
    «La responsabilità per il passato e la formazione del futuro si trovano in modo particolarmente stretto nelle particolari relazioni tedesco-israeliane. Mantenere lo sguardo su entrambe è un compito complessivo a cui si dedica l'ancora giovane, ma molto promettente Progetto del Congresso tedesco per Israele."
Ma più ancora del comportamento, del resto prevedibile, della stampa nazionale in genere, mi ha sorpreso il silenzio della stampa ebraica e di quella che comunque sostiene Israele. Ma come - mi sono detto - si analizzano al microscopio gli articoli della stampa nazionale per scoprire le deformazioni con cui sono presentati i fatti su Israele, si fa ironia sulla varietà di menzogne degli antisemiti di varia gradazione, e una volta che si trova una varietà di persone che esprimono il loro sostegno a Israele con una varietà di accenti, non si fa nulla per diffondere la loro voce? Il figlio del fondatore di Hamas a Gaza dice davanti a tutti: "Il mio paese è Israele, io amo Israele, Hamas è un'organizzazione terroristica", e nessuno in Italia ne riporta la notizia? Va bene che il Convegno si svolgeva in Germania e la lingua ufficiale era il tedesco, ma a parte il fatto che alcuni interventi significativi sono stati fatti in inglese, sarebbe stato molto difficile per la cosmopolita comunità ebraica italiana trovare qualcuno da inviare sul posto che sapesse il tedesco e facesse un resoconto per l'Italia? Ripeto, è un fatto che ancora non mi spiego, come non mi spiego la rinuncia a trattare certi argomenti che sarebbero preziosi per il sostegno dei diritti di Israele sulla sua terra.
Viideo dell’intervento di Mosab Hassan Yousef al Congresso pro Israele in Germania:




Risoluzione conclusiva

Le organizzazioni partecipanti e sostenenti il 2o Congresso per Israele tedesco dichiarano la loro indistruttibile amicizia e solidarietà con Israele, patria del popolo ebraico e unica democrazia in Medio Oriente e fanno appello a tutti i sostenitori della pace e della democrazia affinché in questi tempi stiano dalla parte di Israele.

Chiediamo quindi ai politici, ai media e alla società di operare attivamente per:
  1. Un rafforzamento delle relazioni bilaterali tra la Germania e Israele. Lodevoli atteggiamenti come "la sicurezza di Israele è una ragion di stato tedesca" e "responsabilità storica della Germania nei confronti di Israele" non devono restare solo a parole, ma devono essere tradotte in atti politici concreti. Questo dovrebbe anche riflettersi, in particolare, nell'atteggiamento del Gruppo di amicizia parlamentare tedesco-israeliano.

  2. Un maggiore impegno tedesco per Israele nell'Unione europea e nelle Nazioni Unite.

  3. Un impegno politico per la soluzione dei due stati sulla base di negoziati bilaterali e il conseguente rigetto di un riconoscimento unilaterale della Palestina.

  4. Un chiaro impegno politico per lo Stato ebraico di Israele, con Gerusalemme come sua capitale, il diritto di Israele ad esistere entro confini sicuri e il suo diritto a difendersi contro gli attacchi ai suoi cittadini e al suo territorio.

  5. Una pressione politica sull'Autorità palestinese affinché torni al tavolo dei negoziati. Il dialogo e le trattative dovrebbero essere condotte solo con gli interlocutori che riconoscono Israele come stato ebraico e gli accordi precedenti nel processo di pace, e rinuncino alla violenza.

  6. Una unanime condanna del regime della Repubblica islamica dell'Iran e un chiaro impegno del Governo tedesco per un'estensione delle sanzioni contro l'Iran a livello UE e ONU, per annullare la capacità nucleare iraniana. La Banca Centrale iraniana deve essere immediatamente sanzionata dalla UE, deve essere vietata l'importazione di petrolio dall'Iran nell'Unione europea, come è stato fatto nel caso della Siria. Incontri con rappresentanti del regime dei Mullah e dell'economia, con l'obiettivo di togliere le sanzioni devono essere evitati. Deve essere impedito il fallimento del "dialogo critico" a tutti i livelli.

  7. Un forte sostegno di quelle forze in Medio Oriente e Nord Africa, che difendono la libertà individuale, la democrazia e lo stato di diritto, e la conseguente condanna delle tendenze islamiste che generano odio contro Israele e antisemitismo.

  8. Un immediato divieto di Hezbollah in Germania.

  9. Provvedimenti contro l'antisemitismo e conseguente opposizione alla sempre più diffusa ostilità verso Israele nella società tedesca, nella politica e nei media.

  10. Una commissione per la revisione dei libri di testo tedesco sul conflitto in Medio Oriente, in modo da garantire un'appropriata, storicamente corretta rappresentazione delle cause del conflitto.

  11. Rafforzare in tutti i settori i rapporti con Israele. Aumentare e promuovere viaggi di rappresentanza e istruzione, che servano a estendere scambi di studenti, gemellaggi tra città e a intensificare lo scambio scientifico, economico e culturale su tutti i piani, nazionale, federale, municipale e sociale.
Francoforte sul Meno,
23 Ottobre 2011

(Notizie su Israele, 9 novembre 2011)

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Omaggio ai caduti ebrei della Grande Guerra

ROMA, 9 nov. - Cerimonia in mattinata nel giardino della Sinagoga di Roma, per commemorare i caduti ebrei della Grande Guerra, 'appendice' delle celebrazioni dedicate al 4 Novembre, 'Giornata nazionale delle Forze armate'. Una corona e' stata deposta sulla lapide che ricorda il sacrificio dei caduti, da parte del ministro della Difesa, Ignazio La Russa alla presenza del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni e del presidente della comunita' ebraica romana Riccardo Pacifici.
"E' una tradizione che ha oramai quattro anni - ricorda La Russa, al termine del suo colloquio in Sinagoga con Di Segni - assieme alla comunita' ebraica romana abbiamo istituito questa piccola ma sincera cerimonia, nella quale tributiamo omaggio ai caduti ebrei della prima guerra mondiale, ma non solo, ricordati in una lapide alla Sinagoga; a testimonainza dell'indissolubile legame della comunita' ebraica romana con la capitale, con l'Italia, con la loro e nostra adorabile Patria, come e' riportato nella lapide".
Da La Russa arriva il "ringraziamento al rabbino capo e a tutti gli esponenti della comunita' ebraica, per l'accoglienza che hanno voluto riservare alla istituzione che rappresento, a testimonianza dello stretto legame di questa comunita' ebraica con la vita politica, civile e sociale italiana e romana".

(Adnkronos, 9 novembre 2011)

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Gerusalemme: ultra-ortodossi impongono anche marciapiedi separati per uomini e donne

di Valentino Salvatore

A Gerusalemme cresce l'influenza degli haredim, gli ebrei ultra-ortodossi. E' sempre più difficile ad esempio trovare poster che raffigurino donne, poiché vengono sempre più spesso vandalizzati da costoro. Inoltre, gli ultra-ortodissi hanno imposto nel quartiere di Mea She'arim dove vivono marciapiedi separati per uomini e donne durante la festa ebraica dello Sukkot. Tanto da richiedere l'intervento della polizia per togliere le barriere che avevano posizionato. Rachel Azaria, che faceva parte del consiglio cittadino, è stata esautorata dopo aver denunciato proprio la discriminazione imposta dagli haredim in questa occasione. Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, non si mostra molto deciso nel contenere le pretese degli ultra-ortodossi, perché ha bisogno dei loro voti. Ma la sua decisione contro Azaria ha suscitato una diffusa contrarietà. Una petizione a sostegno della donna infatti ha raccolto più di 7.000 adesioni. La separazione tra donne e uomini ormai vige di fatto su diverse linee degli autobus che utilizzano gli haredim. Anche negli ospedali pubblici ci sono casi di entrate e sale d'attesa separate per sesso. Tutto ciò desta preoccupazione soprattutto nella componente laica della società israeliana, anche perché gli haredim sono in forte crescita demografica, secondo le proiezioni del Central Bureau of Statistics di Israele.

(UAAR Ultimissime, 9 novembre 2011)

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Oh Dio mio!

Dal 16 novembre al 4 dicembre al Teatro Vittoria di Roma

Situazioni paradossali e agrodolci per la nuova esilarante commedia prodotta dagli Attori & Tecnici. L'arguzia e l'umorismo, proprie della tradizione yiddish, danno corpo a una farsa tragicomica in cui l'ironia si mescola alle riflessioni sul senso della vita. A suo agio nel Paradiso, dove organizzava un patti, una fetta, ora Vittorio Viviani interpreta Dio, in crisi d'identità. Ad ascoltarlo troviamo un ecelettica Viviana Toniolo, perfettamente a suo agio nel ruolo di una spigolosa psicanalista.
Un giorno Ella, una psicanalista affermata, madre single di un ragazzo autistico, riceve una misteriosa telefonata. Dall'altra parte della cornetta c'è un uomo disperato che le chiede insistentemente di poter essere ricevuto. Prima di incontrarlo, Ella gli chiede di conoscere il suo nome, ma l'uomo le confida solo la prima lettera: D. Quando finalmente i due si incontrano, l'uomo svela di essere Dio, ma è depresso e, profondamente deluso dalla sua creazione, vuole mettere fine al suo lavoro.
L'intreccio si fa coinvolgente, i dialoghi serrati e taglienti, il confronto incisivo.
Dio è confuso, ma la psicologa non intende compatirlo, anzi lo incalza, ed esige che lui dia ragione del suo operato, dalla creazione del mondo alla nascita dell'uomo e della donna…
Dio fornisce spiegazioni, mostra spesso un profondo pentimento, soprattutto per gli ultimi manufatti: l'uomo e la donna, che non hanno risposto alle sue aspettative. Dio si svela fragile e sembra condividere con i suoi "manufatti" qualcosa di molto profondo… la paura dell'abbandono.
Ella ha solo un'ora di tempo per aiutarlo e salvare il mondo!
Una commedia ricca di battute argute e ironiche, dal ritmo incalzante che fa riflettere sul rapporto dell'uomo con il mistero e la divinità, dove il divertimento s'intreccia alla commozione.
Anat Gov, tra le più acclamate drammaturghe israeliane, ha portato in scena Oh mio Dio! lo scorso anno a Tel Aviv, è stata ospite del Festival di Edimburgo nel 2004 con Il casalingo e ha vinto il premio nazionale israeliano con la commedia Care amiche che ha fatto registrare oltre 700 repliche nel 2000. Ha curato l'adattamento di Lisistrata di Aristofane e ed è famosa in patria anche come autrice televisiva. Attivista de Il Campo della Pace, appoggiato anche dal premio Nobel per la pace Shimon Peres, si batte da anni per la parità dei diritti per i cittadini arabi d'Israele e per una pacifica relazione con i Paesi vicini. Scrive per il più diffuso quotidiano di Israele, Yedioth Ahronoth.

Teatro Vittoria, Piazza S. Maria Liberatrice, 10, Roma

(Teatrionline, 9 novembre 2011)

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Tecnologie idriche: Italia e Israele a confronto

Scambi bilaterali di "saperi" tra Italia e Israele nell'ambito delle tecnologie idriche. Questo è l'obiettivo dell' "Italian-Israeli bilateral Conference in Water Technologies: Investment opportunities in Italy" che si terrà a Tel Aviv il prossimo 17 Novembre, nel contesto della fiera biennale WATEC 2011 e della Terza Conferenza Bilaterale su "Water Technologies, Renewable Energy & Environmental Control".
L'evento è organizzato da Prothea insieme a Simmons&Simmons, Promos - Invest in Milan, l'Ambasciata Italiana a Tel Aviv, con il supporto della Camera di Commercio e dell'Industria Italia-Israele. Alcuni dati e considerazioni sul settore idrico italiano sono serviti da input per delineare gli obiettivi dell'iniziativa. Nei prossimi anni sono attesi grandi cambiamenti per il settore dovuti ad innovazioni del quadro legislativo e regolatorio, alla necessità di ammodernamento dell'infrastrutture per rispondere agli standard ambientali più rigorosi e ciò avverrà in un contesto di ridotta disponibilità della risorsa idrica stessa.Nel periodo 2011-2015, il settore delle infrastrutture idriche crescerà del 3.85% annuo raggiungendo un valore totale di 3,4 Miliardi di dollari nel 2015, con una crescita del 20.8% rispetto al 2010 - informano gli organizzatori - I settori maggiormente interessati da tali investimenti saranno il miglioramento dell'efficienza della rete idrica e l'aumento della popolazione servita da impianti di depurazione».
In Italia si registrano nel settore idropotabile, perdite pari a circa il 28% nel Nord, 37% in Centro e 54% nel Sud Italia, mentre le perdite della rete idrica in Israele sono inferiori al 10%, e in media in Europa sono inferiori al 20%. Per quanto riguarda la depurazione, in Italia la popolazione servita da impianti di depurazione è pari a circa il 78% nel Nord, 71% al Centro e 70% nel Sud. Quindi nel breve periodo i settori in cui si dovrà investire sono quelli della depurazione, puntando su sistemi di tipo terziario, sistemi che migliorano l'efficienza energetica degli impianti e il riciclo dell'acqua reflua e del miglioramento dell'efficienza con l'implementazione di sistemi di individuazione delle perdite della rete e di contatori intelligenti capaci di limitare le perdite amministrative (acqua erogata ma non fatturata). «Il mercato italiano dell'acqua necessita di ingenti investimenti per affrontare le sfide ambientali del XXI secolo e l'esperienza israeliana nel settore può essere una chiave di volta per portare innovazione nella nostra infrastruttura idrica» ha dichiarato David Armanini, Managing Director di Prothea.

(greenreport.it, 9 novembre 2011)

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Rassegna stampa su Israele
    
di Emanuel Segre Amar
    
Oggi, 9 novembre, è l'anniversario di quella notte del 1938 passata alla storia come la Notte dei Cristalli nella quale 25 ebrei vennero uccisi, 7500 negozi furono incendiati e 267 sinagoghe furono distrutte. Ce lo ricordano la il Giorno il Resto del Carlino e la Nazione, in un giorno che tutti ci dobbiamo augurare non diventi nuovamente giornata storicamente tragica.
    Sotto la guida del giapponese Amano, infatti, finalmente oggi l'agenzia dell'ONU AIEA ha riconosciuto ufficialmente quanto per anni, con l'egiziano el Baradei, aveva continuato a negare: l'Iran sta costruendo di nascosto la bomba nucleare.
    "Seriamente preoccupata" è l'agenzia, scrive il Corriere in una breve, mentre un editoriale del Foglio elenca con chiarezza i tre particolari che hanno portato alla pubblicazione odierna, pur anticipata nei giorni scorsi da indiscrezioni. La collaborazione molto stretta dell'Iran con tecnici stranieri specializzati, i test condotti su un particolare dispositivo che non può essere altro che un detonatore per ordigni nucleari, e le modifiche apportate alle testate dei missili iraniani, evidentemente destinati in futuro a trasportare l'arma proibita sono le motivazioni che hanno spinto Amano, nei giorni scorsi ricevuto in gran segreto alla Casa Bianca, a dichiarare oggi quanto fu ufficialmente negato fino a poco tempo fa, nonostante le affermazioni di tanti.
    Maurizio Molinari su La Stampa e Gian Micalessin aggiungono ulteriori particolari, ed oggi, dopo che il presidente Obama per tre anni ha accantonato realtà note ai servizi segreti di molti paesi, ci si ritrova stretti tra l'opzione di ulteriori pressioni economiche dal risultato incerto ed il veto russo e cinese, contrari ad azioni militari contro il regime degli ayatollah.
    Giorgio Ferrari su Avvenire fa una strana affermazione: la differenza tra Iran ed Israele è il fatto che, almeno, Israele è una democrazia; sarebbe questa l'unica differenza, viene voglia di chiedergli?
    Opposta è l'impostazione data a queste vicende da alcune testate; Fabio Amato, su Liberazione, firma un articolo di fantapolitica scrivendo che la guerra di Gaza sarebbe stata la preparazione a questa nuova guerra imminente contro l'Iran; la stessa trattativa per liberare Shalit sarebbe stata accettata per bloccare l'alleanza tra Hamas e l'Iran. Oggi il governo Netanyahu, a causa della sua asserita grande debolezza, sarebbe pronto a tutto. Eppure, scrive Liberazione, sarebbe tutto semplicissimo: basterebbe denuclearizzare il Medio Oriente…
    Anche Giancarlo Chetoni su Rinascita prende in pieno il sostegno dell'Iran scagliandosi in dure dichiarazioni contro USA e contro "Israele" che, per ragioni non spiegate ma ben evidenti, troviamo nominata tra virgolette. Sono, questi, piccoli particolari che devono far riflettere i lettori per le conseguenze che comportano nel tempo. Anche Chetoni consiglia comunque di lasciare che le cose vadano come devono andare, in modo che gli ayatollah possano costruirsi il loro ordigno nucleare.
    Eric Salerno scrive sul Messaggero che, secondo un ex capo dell'intelligence militare israeliana, l'Iran vuole sì la bomba nucleare, ma non per attaccare Israele; le dichiarazioni di Khamenei e di Ahmadinejad vengono in tal modo del tutto dimenticate.
    Nel frattempo il Corriere ha inviato Benedetta Argentieri in Iran per visitare il paese e cercare di parlare con la gente; lodevole iniziativa che però necessita, per essere davvero utile, di essere affidata a giornalisti di grandissima personalità (come era ad esempio Oriana Fallaci che andò ad intervistare Khomeini); in questo articolo si ritrovano solo episodi spiccioli di vita quotidiana che poco lasciano comprendere del futuro di quel grande, meraviglioso paese. Sempre sul Corriere si trova una lettera inviata molto opportunamente dal signor Alessandro Prosperi per criticare Romano che ha definito "prigionieri di guerra" i terroristi condannati da Israele per gravi attentati contro la popolazione civile. Anche Battisti, gli chiede, o chi sterminò la famiglia Fogel, sarebbero da definire "prigionieri di guerra"? Assolutamente cinica è la risposta di Romano, che infatti inizia la sua risposta dicendo che "si devono dimenticare le motivazioni morali". Romano scrive, falsificando la realtà, che i palestinesi ricorrono agli attentati, alle incursioni dei commando ed ai rapimenti, e che queste sarebbero armi usate da tutti i movimenti di resistenza e liberazione degli ultimi decenni. Egli nasconde i grandi sforzi di USA ed Israele per colpire il minor numero possibile di civili nelle reazioni armate contro un nemico che si nasconde volontariamente tra la popolazione, nelle scuole e negli ospedali, facendosi anche scudo dei più piccoli. Ai palestinesi tutto è permesso perché loro sono i più deboli, e intanto Romano nasconde le decine di migliaia di missili che hanno nei loro bunker e che usano con la massima tranquillità. Romano conclude la sua risposta dicendo che, terminata la guerra, questi uomini verranno tutti liberati e riconosciuti come "prigionieri di guerra". Mi permetta il lettore di dichiarare qui il personale sconcerto nel leggere tante parole scritte sul più autorevole quotidiano italiano da Sergio Romano che sembrano fare a pugni con quella che è sempre stata la linea editoriale della testata.
    Restando nel tema dei prigionieri in Israele, troviamo una analisi su Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli, sull'Herald Tribune; egli, col suo movimento laico Tanzim, si oppone da sempre ad Arafat ed al suo successore Abu Mazen, se non altro a causa della loro corruzione, e con Fayyad potrebbe, se liberato, diventare la miglior controparte per Israele.
    Il Corriere e La Stampa, entrambi con una breve, scrivono che il Presidente del Consiglio di Sicurezza ha affermato che non si sarebbero verificate le condizioni necessarie (9 voti a favore) per arrivare al riconoscimento dello stato di Palestina.
    Un editoriale del Foglio si sofferma sullo scambio di battute, avvenuto a Cannes, tra Sarkozy e Obama; Netanyahu è un bugiardo, ha detto di fronte ai microfoni, che credeva spenti, il presidente francese, e, di rimando, quello americano ha risposto: lo dici a me che devo averci a che fare tutti i giorni? I giornali preferiscono non parlarne, scrive l'editorialista, per non violare quelle regole deontologiche che, al contrario, non sarebbero state rispettate in certi articoli contro Berlusconi. Al lettore non resta che riflettere su come pensano oggi, 9 novembre 2011, due delle massime autorità mondiali.
    
(Notiziario Ucei, 09 novembre 2011)

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Così Dimona, lo scrigno nucleare d'Israele, è nel mirino dell'Iran

  
Il centro nucleare di Dimona
ROMA - Il quotidiano israeliano Yediot Ahronot ha reso noto che missili Scud-D, dotati di una gittata di settecento chilometri, sono stati dislocati da Hezbollah in località del Libano dalle quali possono colpire la centrale di Dimona. A confermare la notizia è stato il ministro della Difesa, Ehud Barak. Più volte recentemente è stato messo in funzione il sistema di allarme dello scudo missilistico che protegge gli impianti nucleari di Dimona, dove si custodisce il segreto che tutti conoscono: la bomba atomica israeliana.
Teheran oggi avrebbe tre obiettivi primari in caso Gerusalemme attaccasse le basi iraniane: Dimona, il porto di Haifa dove ci sono le raffinerie e l'area di Zakariya, dove è stoccato parte dell'arsenale missilistico israeliano. La paura in Israele che, in caso di conflitto con l'Iran, il reattore di Dimona finisca sotto i missili è fortissima. Anche nella simulazione del Center for Strategic and International Studies di Washington, in caso di scontro con Teheran Dimona sarebbe colpita.
La città simbolo dell'atomica israeliana subì già un attacco suicida nel 2008. Un anno prima l'intelligence israeliana avvertì che la Siria aveva intenzione di agire contro Dimona per vendicarsi dell'attacco aereo alle sospette strutture atomiche distrutte dall'aviazione di Gerusalemme.

- Il segreto peggio custodito
  Il suo nome ufficiale è Kirya-le-Mehekar Gariny o Negev Nuclear Research Centre. Un'oasi di palme e sabbia che già nel 1967 i sovietici avevano in mente di spazzare via per ridurre la deterrenza israeliana. Dimona è stata costruita dai francesi dal 1957 al 1964, quando fra Gerusalemme e Parigi c'era ancora una alleanza di ferro.
Dimona è una fortezza tecnologica isolata nel deserto, il luogo più protetto di Israele, circondata da muri e sensori. Il comando centrale delle retrovie ha distribuito pillole antiradioattive alla popolazione nel deserto del Negev, in un raggio di decine di chilometri dalla centrale nucleare di Dimona. Le pillole, di tipo "Logol", sono state distribuite agli abitanti di Dimona, Netivot e Yeruham. Quelle pillole dovranno essere utilizzate dalla popolazione nel caso che a Dimona succeda l'impensabile: un missile iraniano o di Hezbollah sulle installazioni atomiche.
Si dice che dai laboratori di Dimona sia uscito anche il più devastante attacco al sistema nucleare iraniano, il virus "Stuxnet", programmato specificamente per mettere fuori uso le centrifughe iraniane. Non viaggia via Internet, ma tramite una banale chiavetta usb.
Ufficialmente Israele non ha armi nucleari. La chiamano "opacità". Altri "il segreto peggio custodito" (su Internet oggi sono disponibili persino fotografie di Dimona). Nessuno conosce le dimensioni dell'arsenale atomico. Haaretz, il giornale di sinistra che più ha battagliato per la trasparenza atomica, parla di una quantità di plutonio "di qualità militare" sufficiente a produrre da 165 a 250 ordigni nucleari. Secondo la Carnegie Endowment for International Peace, Israele ha da 100 a 180 ordigni atomici. Un ordine di David Ben Gurion, fondatore d'Israele, sancì che in nessun caso Israele avrebbe preso in considerazione l'idea di firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. La scelta atomica di Israele nacque con l'inizio dello stato stesso e il reattore nucleare di Dimona fu rivelato al mondo nel dicembre 1960, sei mesi dopo la cattura di Adolf Eichmann.
La discussione che ne seguì, con interrogazioni parlamentari da parte della sinistra del Mapam e del Mapai, portò a galla, sia pure in maniera velata, il tema della deterrenza nucleare come garanzia per il popolo ebraico contro un "secondo Olocausto".

(Il Foglio, 8 novembre 2011)

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La minaccia mediorientale

di Stefano Magni

Chi è minacciato di distruzione in Medio Oriente? A giudicare dalle reazioni diplomatiche di Russia e Stati Uniti, sembrerebbe proprio che l'Iran sia minacciato da Israele. Perché a Gerusalemme, da tutta la settimana scorsa, si parla con una certa insistenza di un attacco preventivo agli impianti nucleari della Repubblica Islamica.
Domenica è intervenuto anche il presidente dello Stato ebraico, affermando che: "La possibilità di un attacco militare all'Iran è ora più probabile dell'applicazione di opzioni diplomatiche". E' per questo che da Washington giungono segnali di nervosismo nei confronti dell'alleato e da Mosca, invece, partono minacce più o meno esplicite.
"La nostra posizione è chiara - ha ribadito ieri il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov - (un attacco preventivo, ndr) sarebbe un grave errore dalle conseguenze imprevedibili". La Russia ha fornito il grosso dell'assistenza tecnica al programma nucleare iraniano.
Le conseguenze "imprevedibili", dunque, non escludono una reazione russa a un eventuale raid israeliano. Tuttavia un'offensiva dello Stato ebraico alla Repubblica Islamica è ben poco probabile. Per il fatto stesso che se ne stia già parlando. Senza il fattore sorpresa, infatti, gli israeliani avrebbero ben poche possibilità di successo.
Ma, ripetendo la domanda iniziale, chi è minacciato di distruzione in Medio Oriente? Quando si parla di questa crisi nucleare, spesso si tende ad enfatizzare le conseguenze (sanzioni e un possibile attacco preventivo), ma a dimenticare o sottovalutare la sua origine: il programma atomico di Teheran.
Solo sulla carta si tratta di un progetto civile. Ma un nuovo rapporto dell'Aiea, che sarà pubblicato questa settimana (ma alcune anticipazioni sono già trapelate alla stampa), semina nuovi dubbi sulla sincerità del regime islamico, apertamente ostile a Israele. Secondo l'organismo Onu per il monitoraggio del nucleare, sarebbe ricominciata la produzione di uranio arricchito al 20%.
Poco male: serve come combustibile. Però, se arricchito al 90% è utile per la fabbricazione di armi atomiche. E una parte del processo di arricchimento è in fase di trasferimento a Qom, in bunker sotterranei a prova di atomica e lontano da occhi "indiscreti". Vi sarebbero indizi sulla progettazione di testate nucleari, ben poco attinenti a un programma civile.
Vi sono foto satellitari che mostrano l'allestimento di un sito che potrebbe essere usato per un test atomico militare. Se tre indizi fanno una prova...

(l'Opinione, 8 novembre 2011)

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Rachele, la matriarca (in francese)



(Guysen TV, 8 novembre 2011)

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Israele: 1000 mld di metri cubici di gas

«Le riserve di gas contenute nei giacimenti individuati di recente da Israele potrebbero ammontare in totale a oltre 1.000 miliardi di metri cubici». Lo ha dichiarato ieri in conferenza il direttore generale dell'Autorità del Gas di Tel Aviv, Yehoshua Stern, sottolineando che, se questa stima dovesse essere confermata, lo Stato ebraico «triplicherebbe le riserve» di carburante a sua disposizione. «Finora - ha spiegato il dirigente - l'ammontare accertato di metano israeliano corrisponde a circa 300 miliardi di metri cubici, in gran parte contenuti nel giacimento offshore Tamar».
Il gas di Tamar arriverà sul mercato israeliano nel 2013; intanto, la produzione interna di carburante si basa su un altro giacimento marittimo, di dimensioni limitate: Yam Tethys. Presto, tuttavia, arriveranno dati certi sulla portata effettiva del giacimento-gigante Leviathan, scoperto a largo di Haifa. Molti tecnici ed esperti pronosticano già risultati clamorosi e non esitano a definire Leviathan «il giacimento più grande scoperto nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni». Ma c'è dell'altro. Il direttore dell'Autorità del Gas ha infatti affermato: «Ho motivo di credere che ci saranno ulteriori ritrovamenti nelle acque economiche israeliane, i quali potrebbero accrescere le nostre riserve di altri 550 miliardi di metri cubici».

(FocusMO, 8 novembre 2011)

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Progetto Polo espositivo e Museo ebraico

La comunità israelitica di Monte S. Savino era, senza alcun dubbio, la più importante fra tutte quelle che erano presenti nel territorio d'Arezzo, particolarmente nel XVII e nel XVIII secolo. Gli ebrei sono stati presenti in questo territorio in due periodi distinti e per motivi sostanzialmente tra loro diversi: dalla prima metà del XV secolo fino al 1570, quando vengono avviati al ghetto di Firenze, e poi, dopo un intervallo di circa sessanta anni, dalla prima metà del XVII secolo fino al 1799, quando vengono cacciati definitivamente dalla cittadina.
   La comunità era dotata di un suo cimitero, di una sua sinagoga (costruita nel 1627) e di un forno per cuocere gli alimenti secondo i propri riti. In riferimenti ai precedenti lavori si evince quanto segue: in un documento del 1732 è testimoniato con certezza che si procede a restaurare l'edificio, il quale doveva essere pericolante per indurre la comunità ebraica, assai povera, a un intervento piuttosto impegnativo. Per sopperire alle spese necessarie vendettero all'asta i sedili, tanto quelli per gli uomini che quelli per le donne, all'interno della sinagoga. Successivamente l'edificio passò in proprietà della comunità israelitica di Siena. Privo di manutenzione, abbandonato, tornò a essere cadente, finché il Comune di Monte S. Savino, che già qualche anno prima aveva fatto fare, a proprie spese, qualche lavoro di restauro si decise al suo acquisto (1882), dopo trattative protrattesi per molti anni. Ulteriori lavori di consolidamento furono fatti tra il 1923 e il 1924, dopo il crollo di un muro interno....

(Architetti, 8 novembre 2011)

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A Tel Aviv il Watec, la conferenza sull'acqua

Ogni due anni si svolge a Tel Aviv il Watec, la conferenza per conoscere le innovazioni in materia di acqua, sulla desalinizzazione, l'irrigazione a goccia, il riciclo delle acque grigie, la misurazione e la gestione dell'acqua. Il Watec presso il Quartiere Fieristico di Tel Aviv dal 15 al 17 novembre. Questa sarà la terza conferenza ed esposizione del Watec da quando il governo israeliano ha deciso di promuovere tecnologie per l'acqua in un mercato globale. È possibile prendere visione della tecnologia israeliana del settore dell'acqua applicata nelle isole dei Caraibi, negli impianti di desalinizzazione cinesi, in tutta l'America e nelle serre in lontane regioni del mondo. Quest'anno,sono attese circa 150 delegazioni internazionali e circa 20.000 visitatori intenzionate a conoscere il know-how israeliano.

(FocusMO, 8 novembre 2011)

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La "Degustazione dei vini Kosher" è stata una grande successo

di Jonatan Della Rocca

ROMA, 7 nov - Grande partecipazione di pubblico, ieri, al Palazzo della Cultura per la XI edizione della "Degustazione dei vini Kosher", tradizionale appuntamento annuale con l'enologia ebraica.
Un appuntamento che quest'anno - grazie all'entusiasmo e alla professionalità dell'ideatore della manifestazione, Giovanni Terracina della Le Bon Ton Catering - ha offerto la degustazione di più di trenta etichette d'eccellenza, sia italiane che israeliane, con il marchio kosher.
Il vino kosher é quello consentito dalla tradizione ebraica, grazie a un controllo rigoroso dell'intero processo vinicolo, dalla coltivazione all'imbottigliamento.
All'evento non sono mancati gli ospiti vip: l'ambasciatore dello Stato d'Israele in Italia, Gideon Meir e l'ambasciatore dello Stato d' Israele presso la Santa Sede, Mordechai Levy; l'ex ambasciatore italiano a Tel Aviv, Sandro De Bernardinis; il rabbino capo, Riccardo Di Segni e il Presidente della Cer, Riccardo Pacifici.
Agli ospiti e al pubblico è stata proposta una ampia varietà di scelta: dal bianco al rosso, dal rosato alle bollicine, con tanto di guida dettagliata delle cantine presenti e delle caratteristiche di ciascun vino.
In particolare era presente la Cantina Sant' Andrea, produttrice dell'unico Novello kasher nel mondo, e' stata incoronata migliore cantina del Lazio al Vinitaly 2011. E' stata anche presentata - come ha sottolineato Terracina - "la celebre cantina israeliana Golan Heights, che è stata insignita del premio Gran Vinitaly. Il grande successo di pubblico dimostra ancora una volta come il vino kasher e i prodotti gastronomici ebraici siano oggi sinonimo di grande qualità. Ogni anno registriamo una crescita di interesse e gradimento da parte del pubblico. Ci diamo appuntamento all'anno prossimo, sperando di poter celebrare altri successi dei vini kasher!".

(Comunità di Roma ebraica, 7 novembre 2011)

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Più efficienti le centrali elettriche ibride, parola d'esperto

  
Il professor Avi Kribus
TEL AVIV, 7 nov. - Le centrali elettriche ad energia solare o fotovoltaica rappresentano una scelta ecocompatibile ed alternativa alle centrali convenzionali alimentate da combustibile solido o gassoso. Una scelta però costosa perché per raggiungere le alte temperature che generano il vapore necessario a far muovere le turbine che producono l'energia elettrica, è necessario avere pannelli con celle solari ad alto rendimento costruite con metalli rari e quindi molto costosi.
Il professor Avi Kribus della Scuola TAU di Ingegneria Meccanica, con il nuovo Centro Energie rinnovabili Tel Aviv, ha sviluppato una nuova tecnologia che combina l'uso di combustibili tradizionali con il vapore a bassa pressione prodotto con l'energia solare, realizzando centrali eletriche ibride che funzionano sostituendo fino al 50% del combustibile tradizionale con l'energia prodotta dagli impianti solari. Il metodo, che sarà pubblicato sulla rivista Solar Energy, si presenta come un sistema potenzialmente redditizio e realistico per integrare la tecnologia solare negli impianti convenzionali.
In un impianto solare termico, la luce solare viene raccolta per produrre vapore ad alta pressione ad una temperatura di circa 400 a 500 gradi centigradi. Questo vapore prodotto dall'energia solare viene quindi utilizzato per fare ruotare le turbine che generano elettricità. Certamente l'ecocompatibilità di questa tecnologia è massima ma, secondo il professor Kribus, è irrealistica e economicamente non sostenibile.
"I materiali utilizzati per la costruzione di queste centrali, sostiene il professor Kribus, dai tubi in metalli rari adatti a gestire pressioni e temperature elevate, alle grandi superfici specchiate per catturare l'energia, sono troppo costosi e non compatibili con le esigenze di redditività delle imprese".
La tecnologia alternativa del professor Kribus invece, combina la turbina a gas, che funziona ad aria calda e non a vapore, con il vapore prodotto dall'energia solare. "Abbiamo bisogno di bruciare combustibile convenzionale, spiega il professore, ma riusciamo a combinarlo con il vapore prodotto a bassa temperatura con l'energia solare, così si dà vita ad un ciclo ibrido altamente efficiente dove, nella parte che riguarda il solare, è possibile usare metalli comuni e collettori solari a basso costo".
"Una centrale elettrica, dice Kribus, non può essere completamente verde. Il nostro progetto offre una soluzione realistica nel breve-medio termine. Attualmente l'energia elettrica prodotta dalle centrali convenzionali costa la metà di quella prodotta dagli impianti solari termici e se questo rapporto non cambierà sarà difficile che queste ultimi possano essere ampiamente adottati".

(Adnkronos, 7 novembre 2011)

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Iniziato alle 6 uno sciopero generale di quattro ore in Israele

Interessa in particolare ospedali e aeroporto di Tel Aviv

GERUSALEMME, 7 nov. - Uno sciopero generale è iniziato stamattina alle 6 ora locale (le 5 in Italia) in Israele. Lo ha riferito la radio militare. Lo sciopero, che interessa in particolare gli ospedali e l'aeroporto internazionale di Tel Aviv, durerà solo quattro ore. La decisione di limitarlo a quattro è stata presa nella notte da un tribunale, dopo che sono falliti i colloqui tra l'Histadrut, il principale sindacato del paese, e il ministero delle Finanze, sulle condizioni di lavoro degli impiegati a tempo determinato del settore pubblico. Il tribunale ha giustificato la sua decisione spiegando che le due parti non hanno avuto abbastanza tempo per negoziare, e ha quindi ordinato una ripresa immediata delle trattative tra l'Histadrut e il ministero per trovare una soluzione al problema dei lavoratori interinali. Le due parti dovranno informare giovedì il tribunale sullo stato dei colloqui. Il segretario generale dell'Histadruto, Ofer Eini, ha detto alla radio militare che rispetterà la decisione del tribunale. (fonte Afp)

(TMNews, 7 novembre 2011)

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Kirill Swiderski in Italia

Kirill Swiderski
L'evangelista ebreo messianico russo Kirill Swiderski, che per diversi anni ha vissuto in Germania e attualmente opera tra gli ebrei di lingua russa in Chicago, sarà nei prossimi giorni in Italia, invitato dalla Chiesa Cristiana Evangelica di Reggio Emilia, via Papa Giovanni XXIII 26a. Le riunioni si svolgeranno secondo il seguente calendario:

   Venerdì 11,     ore 20.15
   Sabato 12,      ore 19.30
   Domenica 13,  ore 10.15

Nei giorni 14 e 15 Kirill Swiderski terrà degli studi nei locali della Chiesa Cristiana Evangelica di Borgofranco sul Po (MN), via Giovanni Pascoli, alle ore 20.30.

L’evangelista Kirill, oltre ad essere direttore del periodico in lingua tedesca “Kol Hesed”, ha anche una bella voce, che usa accompagnandosi con la chitarra.

Per informazioni: news@ilvangelo-israele.it.

(Notizie su Israele, 7 novembre 2011)

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Pitigliani Kolno'a Festival

Ebraismo e Israele nel cinema dal 12 al 16 novembre

di Maria Chiara Menichelli

Al via a Roma la sesta edizione del Pitigliani Kolno'a Festival alla Casa del Cinema di Roma, un evento che permette di conoscere molte opere della cinematografia israeliana e di argomento ebraico.
Il Festival fornisce ogni anno spunti di riflessione per superare gli stereotipi che si hanno su Israele e sul mondo ebraico in genere. In questa edizione ci saranno quattro pellicole tratte da libri di celebri scrittori israeliani quali David Grossman e Abraham B. Yehoshua.
Nella sezione Percorsi Ebraici si potranno rivivere sul grande schermo le vite di molte donne straordinarie che hanno fatto la Storia, con le loro passioni e dolori; mentre nell'altra sezione dedicata al cinema di argomento ebraico ci saranno opere di animazione, provenienti da diverse parti del mondo: dall'Australia alla Cina, che affrontano diverse tematiche, proponendone visioni e punti di vista originali.
Nella sezione "Jewish Animation" dedicata all'animazione, i dialoghi tra i documentaristi italiani di Doc/it e dei 100 autori con i loro colleghi israeliani rappresentanti dell'Israeli Documentary Forum, sarà presente anche un'ospite d'onore la Bezalel Academy of Art and Design insieme al suo direttore Hanan Kaminski.
Nella sezione Sguardo sul nuovo cinema israeliano saranno proposte diverse anteprime italiane, tra cui Ajami scritto e diretto dal duo arabo-israeliano composto da Scandar Copti (che vive ad Ajami) e Yaron Shani, considerata una tra le opere più importanti e originali della cinematografia d'Israele, sarà trasmessa nella Sala Deluxe sabato 12 alle ore 20. Il film ha vinto già cinque statuette al Premio "Ophir" dell'Accademia Israeliana, il Grande Premio al Festival di Gerusalemme e poi la nomination (miglior film in lingua straniera) agli Oscar.

Per maggiori informazioni:
Casa del Cinema, largo Marcello Mastroianni 1.
Il Contact Centre 060608 è attivo tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00 e risponde in 6 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco e giapponese).
Casa Famiglia e Centro Ebraico "G. e V. Pitigliani", via Arco de' Tolomei,1 - 00153 Roma
Tel./Fax + 39 065898061 / 065897756 / 065800539 info@pitigliani.it - www.pitigliani.it

(Abitare a Roma, 7 novembre 2011)

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Israele e Palestina, le ragioni di chi studia i dati sul campo

Convegno con il demografo Sergio Della Pergola

La «terra» va scritta tra virgolette, essendo parola soggetta a infinite discussioni e polemiche, quando collegata all'identità ebraica. Il tema sarà affrontato domani da Sergio Della Pergola, ordinario di demografia all'Università ebraica di Gerusalemme, in un seminario a Verona al Centro studi del fenomeno religioso (Fondazione Campostrini, via Santa Maria in Organo). «Si approfondiranno le relazioni fra demografia, territorio e politica in Israele e Palestina, offrendo categorie interpretative per l'analisi delle più recenti politiche, dalla costruzione del muro che divide i due territori all'operazione di disimpegno dagli insediamenti», spiega Davide Assael, moderatore dell'incontro.
Il rapporto fra identità ebraica e terra caratterizza la prima fra le religioni del Libro. L'ipotesi di un ebraismo «senza terra» nega allora l'identità israelita? Facendo riferimento ai testi, dalla tradizione antica alla letteratura sionista, si insisterà poi sulla relazione fra i modelli ideali di realizzazione dello Stato e l'osservazione empirica dettata dalle contingenze.
Sergio Della Pergola è una delle personalità accademiche più autorevoli in ambito ebraico. Ha tenuto seminari nei più prestigiosi atenei internazionali e le sue analisi demografiche sono state alla base delle politiche di disimpegno dagli insediamenti in Palestina inaugurate dal governo Sharon. Personalità composita, da anni tenta di spiegare alla comunità internazionale le ragioni della politica israeliana, riferendosi a un orizzonte etico costante, al di là del colore dei governi che si succedono. Altre informazioni sul sito www.centrostudicampostrini.it.

(Bresciaoggi.it, 7 novembre 2011)

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Le lettere di Ron Arad

di Elena Lattes

Ron Arad
Sarà sull'onda dell'emozione per la liberazione di Gilad Shalit o forse perché qualcosa sta cambiando, ma sta di fatto che il secondo canale della televisione pubblica israeliana ha reso noto sabato scorso il contenuto di alcune delle lettere scritte da Ron Arad, un israeliano catturato dalla milizia sciita libanese Amal nel 1986, dopo che il jet nel quale si trovava fu abbattuto nello spazio aereo libanese.
Si tratta praticamente di una parte del diario tenuto nelle prime settimane di prigionia nella speranza che quanto scritto potesse giungere a sua moglie e alla sua figlioletta Yuval, allora poco più che neonata. Queste lettere sono arrivate dopo oltre 22 anni, quando tre anni fa furono fatte recapitare da alcuni terroristi libanesi nel quadro dell'accordo che prevedeva lo scambio tra i resti dei due soldati rapiti in territorio israeliano, Ehud Goldwasser e Eldad Regev e 5 terroristi, tra cui il pluriassassino infanticida Samir Kuntar. La famiglia ha deciso ora di renderle pubbliche, a 25 anni dalla sua cattura.
Arad fu inizialmente portato a Beirut e tenuto prigioniero dall'allora capo della sicurezza di Amal, Mustafa Dirani. Il leader dello stesso gruppo, Nabih Berri, che è anche l'attuale presidente del Parlamento libanese e che si fece fotografare con il nostro ministro D'Alema nel gennaio del 2007 a spasso per Beirut, dette l'annuncio della sua prigionia e propose uno scambio con alcuni sciiti detenuti in Israele. L'accordo non fu concluso e, secondo quanto appurato dall'Intelligence israeliana, Arad venne consegnato prima agli Hezbollah e poi all'Iran. Dal 1988, però, di lui non si sa più nulla.
Le lettere rese ora note sono particolarmente commoventi ed esprimono, oltre la nostalgia, anche la speranza del prigioniero di rivedere presto moglie e figlia: "Mie care Tami e Yuval, sto tentando di dimenticarvi, perché i ricordi sono troppo per me, ma so che vi amo. Siete la sola cosa che mi impedisce di pensare al peggio" e ancora: "Vi prometto che tornerò. In un anno? In due? Non vi lascerò mai. Anche se per questo dovrò smettere di volare. Avremo una casa bella e calda come non abbiamo avuto prima". Alla moglie scrive in un'altra lettera: "L'altra notte ti ho sognata ed era meraviglioso. Ci incontravamo dopo il lavoro e parlavamo come abbiamo sempre fatto. Ed ero di nuovo con te. Svegliarsi da questo sogno è stata dura, ma credimi, mi ha dato qualche momento di felicità".
Sono 6, oltre ad Arad, gli israeliani dispersi o rapiti: Zeev Rotshik "missing" dal 10 ottobre del 1973, Yehuda Katz, Zachary Baumel e Tzvi Feldman catturati durante la guerra del Libano, nel 1982; Guy Hever scomparso sulle alture del Golan nel 1997 e Majdi Halabi sparito da Haifa nel 2005.
Di loro non si sa più nulla. Nemmeno se sono vivi o morti.

(Agenzia Radicale, 7 novembre 2011)

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Israele-UE, patto sul turismo

Entrare in sinergia per favorire lo sviluppo del turismo. È il senso dell'accordo di cooperazione tra l'Unione Europea e Israele, sottoscritto dal ministro per l'Industria Shalom Simhon e il vice presidente della Commissione europea Antonio Tajani in visita in Terra Santa.
Alla base dell'intesa c'è la consapevolezza che viaggi e pellegrinaggi possano essere fonte primaria di crescita e occupazione.
In buona sostanza, è stato deciso di intensificare la cooperazione per favorire l'aumento dei flussi, specie in bassa stagione, anche utilizzando gli attuali negoziati UE-Israele in materia di aviazione per aumentare e rendere più efficiente il traffico aereo.

(agenzia di viaggi, 7 novembre 2011)

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Il problema delle scuole islamiche in Gran Bretagna

di Lorenzo Quadri

Dalla multiculturale Gran Bretagna il Daily Mail lancia l'allarme su quel che accade nelle scuole islamiche. I bambini colpevoli di non aver fatto un compito, di non aver memorizzato a dovere un verso del Corano, o di non aver pregato a volume sufficientemente alto, vengono presi a pugni o a sberle, o costretti ad accovacciarsi coprendosi le orecchie con le mani nella posizione detta "del pollo" e poi percossi.
    Sarebbero oltre 400 le denuncie presentate negli ultimi tre anni alle autorità britanniche, ma solo due di queste sono giunte ad una sentenza. La giustizia preferisce sorvolare per non essere accusata di razzismo e le famiglie temono che, denunciando i maltrattamenti subiti dai figli, dovrebbero poi fare i conti con le rappresaglie della comunità musulmana. «Paure giustificate - scrive il Daily Mail - in quanto in alcuni casi i genitori che si sono rivolti alle forze dell'ordine hanno subito intimidazioni e aggressioni».
    E non è tutto, perché in talune scuole islamiche inglesi ai bambini verrebbe insegnato a disprezzare lo stile di vita britannico "ispirato da Satana", a "stare lontani da chi non porta la barba come si sta lontani dai serpenti" e altre amenità di questo genere. Insomma, una vera e propria ghettizzazione, altro che integrazione, mentre i doposcuola islamici si svolgono sei giorni su sette e durano due ore per volta: un indottrinamento in piena regola.



Questi sono gli amari frutti di una politica migratoria incontrollata; come quella che certuni soggetti dal facile moralismo a corrente alternata tuttora si ostinano a predicare anche alle nostre latitudini. Invece di pretendere che chi arriva da paesi da lontani e da culture diverse si conformi alle nostre regole, al nostro modo di vita, alle nostre usanze e ai nostri costumi - e chi ritiene di non poterlo fare non è obbligato a rimanere in Svizzera -, si impone alla popolazione residente di essere lei ad adattarsi e a tollerare. Si pongono così le basi per la creazione di enclavi dove non vigono le regole dello Stato ospitante, ma altre, con esse incompatibili. E, in nome del politicamente corretto, e guidati dalla fobia patologica di passare per razzisti, si tollerano sempre più eccezioni ai principi cardine del nostro Stato di diritto. Si rinuncia a far valere le nostre regole, anche le più elementari: libertà d'espressione, libertà di credo, parità fra uomo e donna, separazione tra religione e Stato. Due secoli e mezzo di lotte per i diritti civili vengono così buttati a mare senza troppi patemi d'animo: l'importante è non rischiare di passare per xenofobi.
    Al punto che anche in Svizzera qualcuno (e stiamo parlando di accademici, che non hanno la scusante della mancanza di istruzione) arriva ad ipotizzare di recepire forme di Sharia nell'ordinamento giuridico elvetico. Ovvero, arriva ad ipotizzare una giustizia a due velocità, diritti diversi, pene diverse a dipendenza della religione dell'imputato. Un'aberrazione assolutamente intollerabile, che oltretutto spianerebbe la via a molte altre a seguire.
    La situazione britannica, riportata dal Daily Mail nei termini sopra indicati, deve servire da monito anche alle nostre latitudini. O si cambia paradigma, si riprende il controllo dei flussi migratori e si chiarisce al di là di ogni dubbio che chi si trasferisce in Svizzera deve anche sposarne le regole, le leggi, le usanze (e non solo lo Stato sociale assai largheggiante nei confronti dei migranti), o si rende evidente che non ci si inventa norme ad hoc per venire incontro a persone in arrivo da culture diverse (che non sono minimamente obbligate a rimanere in Svizzera, se ritengono di non potersi adattare) oppure quello che il Daily Mail scrive oggi sulla situazione britannica lo potrà scrivere un domani anche la stampa svizzera sulla situazione elvetica. (Solleviamo invece dal compito la radiotelevisione di cosiddetto servizio pubblico, irrimediabilmente indottrinata).

(www.tio.ch, 6 novembre 2011)


Durante il Mandato Britannico per la Palestina, tra la prima e la seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna non ha usato la sua autorità di governo per reprimere le illegittime pretese arabe e difendere i diritti di sovranità del popolo ebraico sulla sua terra. Adesso si trova a dover sottostare, sulla sua stessa terra inglese, a illegittime pretese arabe. La Gran Bretagna è la nazione europea su cui la sharia ha raggiunto finora la sua maggiore estensione. Spunto per una riflessione. M.C.

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Attenti alla sharia. Si è già insinuata nella civile Europa

Se vi state preoccupando perch' la primavera araba sta finendo tutta in sharia (la legge islamica che, se applicata per intero, impone punizioni fisiche dalle frustate al taglio della mano, colloca le donne in posizione di inferiorità e nel caso le condanna alla lapidazione, quasi non punisce il delitto d'onore, permette la poligamia e impone il velo, proibisce l'alcool, le discoteche, il giuoco...), bene non guardate tanto lontano, venite in Europa a preoccuparvi un po'.
In Danimarca il gruppo musulmano «Kaldet al Islam» («Chiamata dell'islam») annuncia che il sobborgo di Tingbjerg a Copenaghen sarà la prima «Zona sotto il controllo della sharia, gruppi di giovani addestrati sorveglieranno l'area. La prossima zona conquistata sarà un altro distretto, Norrebro, e poi avanti in tutta la nazione...
In Inghilterra il gruppo «Musulmani contro le crociate» ha lanciato una campagna per fare di dodici città altrettanti stati islamici indipendenti (Birmingham, Bradford, Derby, Dewsbury, Leeds, Leicester, Liverpool, Luton, Manchester, Sheffield e due zone di Londra, Waltham Forest, e Tower Hamlets).
In Germania le corti shariatiche operano in molte città così come in Francia, in Spagna, in Belgio: ovunque in Europa si stanno creando sistemi di giustizia paralleli alla legge dello stato.
E noi allora che facciamo? Aspettiamo che, come si propone «Chiamata all'islam», «il mondo sia mondato dal grande munkar (il male) chiamato democrazia»?

(il Giornale, 6 novembre 2011)

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Iran - Fonti Usa: molti ministri in Israele sono ora favorevoli all'attacco

GERUSALEMME, 6 nov. - Tutti i principali ministri israeliani che erano contrari ad un raid contro gli impianti nucelari iraniani sono ora favorevoli a questa ipotesi. Lo hanno riferito fonti americane alla rete televisiva Fox news, spiegando che a convincerli sono stati gli aggiornamenti ricevuti sui progressi compiuti dall'Iran verso la realizzazione di armi nucleari.
La notizia viene ripresa dal sito Debka files, vicino ai servizi israeliani. Secondo fonti del sito a Washington, dopo dieci giorni di notizie sui media israeliani a proposito di un possibile attacco, l'amministrazione americana ha tracciato alcuni paletti: "Israele deve andare avanti con i suoi piani di attacco, mentre Washington rafforzera' la strategia diplomatica".

(Adnkronos, 6 novembre 2011)

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Pericolo nucleare, se Israele attaccherà l'Iran rischiamo davvero la terza guerra mondiale

di Fausto Biloslavo

I timori degli Usa: bombe su Teheran senza preavviso. Kamikaze in Irak, Afghanistan ed Europa, rivolte popolari e una crisi energetica senza precedenti se Gerusalemme prendesse l'iniziativa. Il conflitto arriverebbe in fretta in Libano, Siria e Striscia di Gaza

Gli americani temono che Israele bombardi l'Iran senza avvisarli e che la rappresaglia colpisca i soldati Usa in Irak e nel Golfo Persico. Gli ayatollah sembrano non prendere sul serio la minaccia di attacco, ma sui media iraniani fanno trapelare le possibili ritorsioni. Tutti attendono le rivelazioni dell'Agenzia atomica dell'Onu con foto satellitari che proverebbero i test iraniani per far esplodere ordigni nucleari. Propaganda o meno, un attacco israeliano all'Iran apre scenari da far tremare i polsi. «È possibile un'incursione aerea di 24 ore, ma neppure gli israeliani riuscirebbero ad evitare la ritorsione» ha sottolineato Mario Arpino, ex capo di stato maggiore e comandante italiano durante la guerra del Golfo nel '91. La prima reazione sarebbe una pioggia di missili contro Israele.
    Gli Shabab 4 possono raggiungere lo stato ebraico e altri vettori sarebbero in grado di colpire l'Europa meridionale. «Tutte le installazioni nucleari sul territorio sionista sono nel nostro raggio d'azione. Se saremo attaccati risponderemo con i missili all'aggressione» ha dichiarato da tempo il generale Mohammed Ali Jafari, comandante dei Guardiani della rivoluzione.
    I vettori iraniani possono trasportare sia testate convenzionali che chimiche o batteriologiche e addirittura nucleari. Se venissero utilizzate armi di distruzione di massa la risposta israeliana non si farebbe attendere grazie ai missili balistici Jericho con una gittata di 4mila chilometri. Non solo: le testate nucleari miniaturizzate a bordo dei sottomarini con la stella di Davide potrebbero colpire Teheran dal golfo dell'Oman.
    Lo scenario «regionale» prevede tra l'altro una reazione iraniana contro obiettivi americani in Irak e Afghanistan, ambedue paesi confinanti. Teheran ha sicuramente nel mirino la base aerea di Shindad nell'Afghanistan occidentale, settore Nato sotto comando italiano. I gruppi di miliziani, non solo sciiti, nei due paesi confinanti, finanziati e armati da anni dai Pasdaran, verranno mobilitati per operazioni di guerriglia o terrorismo. Il governo iracheno e quello afghano si sono riavvicinati agli iraniani e non hanno alcuna intenzione di farsi trascinare in un conflitto regionale.
    Anche i paesi arabi del Golfo temono rappresaglie e rivolte della propria popolazione sciita, a cominciare dall'Arabia Saudita che considera una minaccia strategica il nucleare iraniano. Teheran ha spesso messo in dubbio la sovranità del Bahrain, considerata provincia iraniana, che ospita il comando della Quinta flotta Usa.
    Ieri i media iraniani sottolineavano che l'Iran «domina lo stretto di Hormuz, strategico per il petrolio». La Repubblica Islamica potrebbe «tagliare alcune arterie petrolifere o bloccare lo stretto influenzando il 50% delle forniture mondiali di greggio, in un periodo in cui l'Occidente è in grave crisi».
    La forza al Qods dei Pasdaran, specializzata in missioni all'estero, attiverebbe tutte le cellule terroristiche filo iraniane in giro per il mondo. Attentati e attacchi suicidi potrebbero colpire obiettivi come ambasciate e centri ebraici all'estero, pure in Europa. L'altro grande fronte di guerra coinvolgerebbe il Libano, la Siria e la striscia di Gaza. In caso di attacco all'Iran le milizie sciite di Hezbollah in Libano colpirebbero Israele.
    I nuovi missili forniti dai siriani sono in grado di raggiungere qualsiasi città ebraica. Alcune stime parlano di un migliaio di testate contro Israele lanciate da Hezbollah e dall'Iran nei primi giorni di guerra. La Siria, alleata con un patto di difesa a Teheran ed i palestinesi di Hamas a Gaza sarebbero pronti ad unirsi al fronte anti israeliano. L'ex ambasciatore iraniano Nasser Saghafi-Ameri, del Centro di studi strategici di Teheran, sostiene da tempo che «attaccarci sarebbe una follia. Potrebbe scoppiare una specie di terza guerra mondiale con effetti devastanti nella regione, ma pure in Europa».

(il Giornale, 6 novembre 2011)

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Grandi manovre politiche in Palestina

L'Autorità palestinese è preoccupata che Israele potrebbe adottare misure per indebolire il presidente Mahmoud Abbas o il suo movimento, come nel caso del suo predecessore Yasser Arafat. La dirigenza dell'Autorità Palestinese ha inviato una lettera urgente ai membri del Consiglio di sicurezza dell'ONU e di vari paesi aderenti esprimendo preoccupazione le azioni israeliane contro Abbas in particolare il blocco del trasferimento dei fondi alla Palestina e l'accellerazione delle costruzioni nei territori.
La dirigenza dell'Autorità Palestinese teme che il pensiero del Ministro Lieberman contro Abbas influenzi anche il Primo Ministro Netanyahu . Di questi ultimi giorni la decisione dell'Autorità Palestinese di rivedere tutta la strategia nei confronti di Israele rispetto al processo di pace alla luce della situazione di continuo stallo. Lo ha confermato anche Muhammad Shtayyeh, un alto funzionario di Fatah e consigliere di Abbas. Shtayyeh ha negato che la nuova strategia palestinese sarebbe basato sulla dissoluzione dell'Autorità Palestinese. Tuttavia, ha previsto che Abbas potrebbe porre fine alla controversia Fatah-Hamas e formare un governo di unità nazionale con il movimento islamista.

(FocusMO, 6 novembre 2011)

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Lavorare per la pace

di Ugo Volli

E' una di quelle notizie che la stampa italiana non valorizza, e che quindi pubblico e intellettuali ignorano; ma su cui merita di riflettere. Un paio di settimane fa l'organizzazione armata dei nazionalisti baschi ETA ha annunciato la decisione "irrevocabile" di rinunciare alla lotta armata. Lo stesso è accaduto qualche anno fa, in una forma più contrattata, per i terroristi nordirlandesi dell'Ira, ancora prima e per via prevalentemente diplomatica con quelli altoatesini. Non hanno rinunciato, ma sono stati più o meno sconfitti: i ceceni in lotta con i russi, i sarahui con il Marocco, i tibetani con i cinesi, i corsi coi francesi. Senza entrare nel merito di tutti questi casi di lotta di "liberazione nazionale" (non di guerra civile politica) la sconfitta è stata dovuta alla mancanza di appoggio internazionale. Giusta o sbagliata che fosse la loro causa, tutte queste guerriglie nazionali non sono riuscite a essere riconosciute dalla comunità internazionale, con la conseguenza di obbligare l'antagonista a venire a patti. Vive ancora, ma con grandi difficoltà, la guerriglia curda, perché è distribuita su tre o quattro paesi, e perché forse la metà della cosiddetta nazione turca ha radici etniche curde, il che assicura agli indipendentisti una base fortissima.
    In mezzo a tutte queste "lotte di liberazione nazionale" e alle altre che si potrebbero citare (Kossovo, Darfur, Nigeria ecc.) il caso palestinese è certamente unico. L'appoggio internazionale ha dato alle organizzazioni che erano cresciute praticando il terrorismo (e ancora onorano quegli atti e non hanno per nulla rinunciato a rinnovarli) la dignità di un quasi Stato, un'"Autorità", incoraggiando con forza e cioè in sostanza obbligando Israele a venire a patti con essa e ora cercano con tutto il peso della loro influenza a trasformare ulteriormente questa situazione, puntando ad attribuire alle organizzazioni palestinesi una dimensione statuale, senza che essa sia più neppure il frutto di un accordo con Israele. Se avessero agito alla stessa maniera altrove, non vi sarebbero stati indipendenti in Nord Irlanda e nei Paesi baschi, in Tibet e in Kurdistan, ma essi sarebbero in guerra coi loro vicini perché resterebbero in piedi le loro rivendicazioni massime. Con la differenza che nel caso palestinese queste rivendicazioni massime non rinunciate, com'è scritto negli statuti di Hamas e Al Fatah, comportano la distruzione dello Stato di Israele. Come se i ceceni volessero tutta la Russia, o i tibetani il confine fino alla Mongolia, con l'espulsione o peggio di coloro che non sono della loro etnia.
    Tutto questo è stato fatto in nome della pace. Ma in realtà gli appoggi ai palestinesi non vanno in direzione della pace, ma del prolungamento della guerra. Dato che sono gli arabi ad avere rivendicazioni su territori controllati da Israele - come obiettivo finale su tutti i territori che costituiscono Israele -, e non viceversa, ci sono solo due esiti finali per la guerra: la distruzione dello Stato di Israele, con un mezzo o con l'altro; oppure la rinuncia dei palestinesi alle loro illusioni, la fine della loro "lotta", l'ammissione dell'impossibilità dei loro obiettivi finali. Scartata la prima soluzione, la seconda è possibile solo con un'Israele indubitabilmente più forte dei suoi nemici (che non sono solo i palestinesi, ma tutti coloro che sono in guerra con Israele, Stati come la Siria e l'Iran, movimenti come Al Qaeda e i Fratelli Musulmani, la grande ondata islamista che percorre mezzo mondo).
    Ogni accordo intermedio, ogni riconoscimento, ogni ritiro li porta di fatto più vicini al loro obiettivo finale, dà loro l'impressione di essere più forti e che il loro nemico sia più debole, li incoraggia in sostanza a continuare. Chiunque, fra le nazioni del mondo, gli intellettuali e i giornalisti e anche dentro il mondo ebraico, crede magari in buona fede di "lavorare per la pace" aiutando "il più debole" con flottiglie e manifestazioni e voti nelle istituzioni internazionali e pressioni diplomatiche e opinioni, in realtà sta prolungando la guerra e aumentando le sofferenze di entrambe le parti.

(Notiziario Ucei, 6 novembre 2011)

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Shoah: all'Universita' della Calabria corso di storia e didattica per insegnanti

COSENZA, 6 nov. - La Shoah e' non solo storia ma diventa didattica, dedicata agli insegnanti delle scuole medie superiori che trasmettono le conoscenze di quanto accaduto nel periodo storico della seconda guerra mondiale ai loro studenti. E' l'impostazione data da Viviana Burza e Paolo Coen, docenti dell'Universita' della Calabria, al corso di ''Storia e didattica della Shoah'' promossa nell'ateneo di Arcavacata.
Due giorni di formazione che si rivolgono principalmente agli insegnanti, in un percorso realizzato con il supporto dell'Ufficio scolastico regionale della Calabria e del Museo di Ferramonti, dove si trova un campo di internamento. ''In Calabria si avverte l'esigenza di memoria e cultura. Mi sono accorto, parlando con gli studenti -racconta all'Adnkronos Paolo Coen- che pero' mancavano gli strumenti giusti. Per questo abbiamo pensato a questa iniziativa, che ha una parte storica e un'altra didattica che forma gli insegnanti a come poter insegnare quanto accaduto nella Shoah''.
L'iniziativa assume valore ''in un periodo in cui -prosegue Coen- i programmi scolastici hanno tagliato la parte relativa alla seconda guerra mondiale, alla rivoluzione d'ottobre, alla stessa Shoah. Argomenti che invece io credo siano fondamentali''

(Adnkronos, 6 novembre 2011)

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Il falso d'autore (Palestina) che si fa capolavoro entrando all'Unesco

di Stefano Magni

Una leggenda nazionalista araba, condivisa dall'islamismo radicale, vuole che gli ebrei non siano mai vissuti in Palestina, che Israele non sia mai esistito, né come attuale repubblica, né come antico regno
  
ai tempi di Davide. Un'altra leggenda persistente nel mondo arabo (sia musulmano che cristiano) vuole che il Tempio, distrutto dagli antichi romani, sia solo una leggenda. Sarebbero addirittura fasulli i resti archeologici ritrovati sotto la Spianata delle Moschee a Gerusalemme, compreso il Muro Occidentale, su cui pregano gli ebrei di tutto il mondo. Infine, una parte non trascurabile di sacerdoti cristiani cattolici, non solo mediorientali, ma anche italiani ed europei, si è convinta che lo stesso Gesù di Nazaret, Gesù Cristo, non fosse affatto un ebreo, ma un palestinese. Arabo palestinese. Sebbene sia difficile convincersi che qualcuno vi creda (gli arabi erano molto più a Sud e la loro conquista della Palestina, notoriamente, risale a sei secoli dopo la nascita di Gesù), molta gente, anche in Italia, ci crede veramente. Merito dell'ignoranza o di qualche zelante professore di religione terzomondista, non è difficile trovare qualche giovane che sgrani gli occhi e chieda, retoricamente: "Ma va? Gesù era ebreo? Io ho sempre saputo che fosse palestinese!"
    Perché è importante ricordare queste leggende e soprattutto ricordare che leggende sono e restano? Perché da questa settimana, anche ufficialmente, possono diventare la verità ufficiale. L'Unesco, infatti, ha ammesso quale membro a pieno titolo l'Autorità Palestinese. Prima di ammetterla, l'organizzazione per la protezione dell'arte, della scienza e dei beni immateriali, aveva riconosciuto quali "siti palestinesi", alcuni fondamentali luoghi sacri all'ebraismo. Sono già ufficialmente palestinesi la tomba dei patriarchi (luogo di sepoltura di Abramo, Isacco e Giacobbe) a Hebron, la tomba di Rachele e quella di Giuseppe. I palestinesi tollerano che gli ebrei vadano a pregare in quei luoghi? Ufficialmente sì, in pratica no. Chi è stato almeno una volta in Israele sa che gli ebrei che si recano a Hebron alla tomba dei patriarchi devono farlo su pullman con i vetri anti-sfondamento. Il loro arrivo è spesso occasione di lanci di pietre contro bersagli ebraici da parte dei giovani e giovanissimi palestinesi. Se questa è una dimostrazione di intolleranza inter-religiosa, come dimenticare altri esempi recenti e meno recenti? Recenti: la distruzione delle sinagoghe, lasciate intatte dai coloni ebrei di Gaza, da parte di Hamas, subito dopo il ritiro israeliano. Succedeva nel 2005. Allora, non pochi commentatori, anche italiani, definirono una "provocazione" la scelta degli ebrei di lasciare intatte delle sinagoghe in una terra che sarebbe diventata musulmana. Esempio meno recente: fino al 1967 Gerusalemme era divisa fra Israele e Giordania. Il Muro Occidentale era Giordania. Gli ebrei potevano recarvisi solo dietro il consenso arbitrario delle autorità del regno arabo. Ogni occasione era buona per far entrare in azione i cecchini contro gli ebrei.
    Anche in territorio israeliano, dove sono i musulmani a controllare un luogo santo, come la Spianata delle Moschee, sono le autorità religiose islamiche che decidono chi entra, come e quando. Tutti gli altri sono esclusi. Viceversa non succede: gli ebrei non possono controllare i loro luoghi sacri in territorio palestinese. Per la controparte, anche per il "moderato" Abu Mazen, quei luoghi non esistono nemmeno, come abbiamo visto nelle leggende diffuse in tutto il vasto mondo nazionalista e islamico. Nel suo discorso all'Onu, quando ha chiesto il riconoscimento per la Palestina, Abu Mazen ha parlato di terra santa per il Cristianesimo e per l'Islam. L'Ebraismo non lo ha nemmeno nominato, se non dietro l'etichetta di "sionismo", che equipara al razzismo. Anche i vicini Fratelli Musulmani egiziani, nel loro programma elettorale del partito Libertà e Giustizia, parlano di necessaria protezione dei luoghi cristiani e musulmani di Palestina. Non di quelli ebraici.
    Ebbene, l'Unesco, ammettendo la Palestina, ha legittimato esattamente questo atteggiamento di estrema intolleranza. E spiace vedere che l'Europa, non capendo fino in fondo quale sia la posta in
gioco, si sia divisa. Abbia avuto addirittura una Francia pronta a votare per l'ammissione dell'Autorità Palestinese, assieme (fra gli altri) a Russia, Cina, India, Brasile. E alla piccola e cattolica Austria. Spiace constatare che l'Italia, in buona compagnia col Regno Unito, per motivi più diplomatici che culturali, abbia scelto di non scegliere una parte. E di astenersi. Nazioni della vecchia e della nuova Europa, quali Germania e Olanda, Lettonia e Romania, hanno invece seguito l'esempio degli Stati Uniti (che minacciano di chiudere il rubinetto dei finanziamenti all'Unesco) e hanno votato contro la Palestina. La cui ammissione all'Unesco è solo formalmente un atto di tolleranza e di mediazione: nella pratica, la comunità internazionale ha spianato la strada all'intransigenza, al rifiuto, all'ostilità culturale e militante contro il popolo ebraico in Medio Oriente.

(libertiamo, 5 novembre 2011)

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A Cannes si è discusso su come fermare la produzione nucleare dell'Iran

I vertici del Governo di Israele hanno passato la settimana a rispondere e a sfuggire alle domande su un possibile attacco contro complessi nucleari iraniani, mentre il presidente Obama ha dichiarato che gli Stati Uniti e i suoi alleati accrescerebbero "la pressione internazionale contro l'Iran senza precedenti" . Gli ufficiali israeliani non ha voluto confermare o negare i rapporti su un possibile attacco diffusi dai mezzi di informazione israeliani, che sembrano essere sostenuti dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro della Difesa Ehud Barak. Entrambi sollecitavano ai colleghi Ministri una decisione sul se e quando bombardare l'impianto di arricchimento dell'uranio a Natanz. Diversi ministri israeliani hanno pubblicamente accusato per la fuga di notizie Meir Dagan, l'ex capo del Mossad, che dopo aver lasciato l'incarico quest'anno ha più volte dichiarato che Netanyahu è intenzionato a lanciare un attacco, e che ha dovuto fermare le operazioni causa opposizione alti funzionari dell'intelligence e militari. Dagan, che si ritiene abbia svolto un ruolo centrale a scatenare il "worm stuxnet" che ha ritardato gli sforzi nucleari dell'Iran disabilitando circa un quinto delle sue centrifughe nucleari, ha sostenuto che l'azione militare è improbabile e che rischierebbe di scatenare una nuova guerra in Medio Oriente. Israele ha discusso la fattibilità e gli effetti degli attacchi molte volte negli ultimi sette anni con gli USA. I funzionari dell'amministrazione Obama, in conversazioni private con gli israeliani, hanno sostenuto che la combinazione di sanzioni economiche e sabotaggio è stata la soluzione più efficace rispetto ad un attacco militare che potrebbe generare contrattacchi o peggio una guerra. Ma l'urgenza israeliana di intervenire con un attacco a sorpresa secondo preoccupati funzionari americani sembra essere determinata da tre fattori Il primo è la produzione continua dell'Iran di uranio arricchito: ora è stimato per almeno quattro bombe, qualora la produzione venisse accelerata. Il secondo fattore è la dichiarazione dell'Iran che sta spostando gran parte della sua produzione in un luogo più sicuro e sotterraneo nei pressi della città santa di Qom. Gli israeliani temono che una volta spostata la produzione in un logo sotterraneo, le forze aeree non avranno la capacità di vederla e colpirla L'ultimo elemento è la prossima relazione dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica, atteso per la prossima settimana. Per la prima volta, l'agenzia dovrebbe descrivere, nel dettaglio, le prove che ha raccolto sull'attività degli scienziati iraniani con disegni delle testate nucleari , i sistemi di detonazione nucleare e uno sofisticato dispositivo di attivazione per testate necessario soltanto se applicato a un'arma nucleare. L'Iran ha già dichiarato ai media che la relazione è stata costruita ad arte e ha annunciato di pubblicare una contro relazione per evitare complotti contro si se. Obama e gli alleati della NATO, nel vertice a Cannes, hanno preso le distanze da qualsiasi discorso di attacchi militari, e rimane concreta la strada delle sanzioni economiche e altre forme di pressioni diplomatiche, per fermare l'arricchimento dell'uranio. Il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha dichiarato che "la NATO non ha alcuna intenzione di intervenire in Iran, e la NATO ". Il quotidiano britannico The Guardian ha riferito però che la Gran Bretagna sta intensificando la pianificazione di strategie per eventuali azioni militari con gli Stati Uniti contro l'Iran. Il Guardian ha aggiunto che il Ministero britannico della Difesa ha fatto trapelare che Stati Uniti potrebbero decidere di mandare avanti piani per attacchi missilistici mirati ad alcune strutture chiave iraniane. Dello stesso parere il Presidente francese Nicolas Sarkozy sulla necessità di mantenere la pressione senza precedenti contro l'Iran.

(FocusMO, 5 novembre 2011)

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Flottiglia, Israele rilascia 6 dei 27 partecipanti

Gli altri detenuti a Ramla, attendono procedure d'espulsione

GERUSALEMME, 5 nov. - Israele ha rilasciato sei dei 27 partecipanti e membri di equipaggio delle due navi della mini-flottiglia abbordate ieri dalla Marina israeliana per avere tentato di forzare il blocco israeliano della Striscia di Gaza. Secondo un portavoce del ministero dell'Interno israeliano, i militari hanno abbordato la canadese Tahrir (Libertà in arabo) e l'irlandese 'Saoirse' (Liberazione in gaelico) dirette a Gaza e le hanno scortate nel porto israeliano di Ashdod, a sud di Tel Aviv, in base alla procedura già testata con le precedenti flottiglie internazionali dirette a Gaza. Tra i sei rilasciati ci sono due membri greci dell'equipaggio, tre giornalisti e un arabo-israeliano, ha indicato a France Presse la portavoce Sabine Haddad, precisando che gli altri 21 sono detenuti a Ramla, vicino a Tel Aviv, e che le pratiche per l'espulsione richiedono almeno 72 ore. Tra i partecipanti si contano 14 attivisti irlandesi, i rimanenti sono cittadini del Canada, Regno Unito, Australia e Stati Uniti. Partiti dalla Turchia, gli equipaggi delle due imbarcazioni che trasportavano 30mila dollari di medicinali, avevano l'ordine di non opporre resistenza alla marina israeliana. Israele considera "provocazioni" i tentativi, anche se simbolici, di rompere il blocco della Striscia, imposto per ostacolare il contrabbando di armi.

(TMNews, 5 novembre 2011)


Se continua così, fra poco queste minicrociere mediorentali saranno organizzate direttamente dalle agenzie di viaggio. Gli elementi di interesse turistico ci sono tutti: possibilità di conoscenze internazionali, viaggio in mare, suspense, esperienze avventurose a basso rischio (i nemici sono gli israeliani, mica i salafiti), possibilità di comparire per qualche giorno sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, racconti eccitanti da offrire agli amici invidiosi dopo che la gita, come naturalmente l'agenzia avrà assicurato fin dall'inizio, si sarà conclusa senza danno per i partecipanti. Chi è interessato si affretti. M.C.

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La Marina israeliana blocca le imbarcazioni dirette a Gaza

GERUSALEMME - La Marina israeliana oggi ha bloccato due imbarcazioni che trasportano attivisti filo-palestinesi diretti alla Striscia di Gaza nonostante il blocco imposto da Israele sul territorio controllato da Hamas. I militari dicono in una nota che le imbarcazioni - la canadese "Tahrir" e l'irlandese "Saoirse" - verranno condotte nel porto israeliano di Ashdod.
"I militari della Marina israeliana hanno agito come pianificato, e hanno preso tutte le precauzioni necessarie per garantire la sicurezza degli attivisti a bordo delle imbarcazioni e di loro stessi", dice il comunicato.
Una fonte militare ha detto che nessuno è rimasto ferito nell'operazi

(Reuters, 4 novembre 2011)

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«Shabat Shalom»: 10 chef di Israele per la scuola di cucina "Alma"

di Andrea Del Bue

PARMA - Al ristorante di Alma, Scuola internazionale di cucina italiana con sede alla Reggia di Colorno, c'erano le bandiere dell'Italia e quelle di Israele. Sul lungo tavolo imbandito, solo specialità del Vicino Oriente. E' lo «Shabat Shalom», la tradizionale cena del venerdì che dieci chef executive della catena alberghiera israeliana Fattal, ad Alma per specializzarsi in cucina italiana, hanno voluto offrire, in segno di riconoscenza.



Prima della cena, una piccola cerimonia, che ha visto la consegna ai cuochi dei diplomi e de «Il Codice Marchesi» in lingua inglese, pubblicazione a firma del rettore di Alma, Gualtiero Marchesi.
Con gli chef, Menachem Grantz, inviato in Italia per il quotidiano israeliano «Yedioth Ahronoth».
   Grande la soddisfazione espressa dal direttore operativo di Alma, Andrea Sinigaglia: «Durante il corso sono state realizzate oltre 75 ricette - spiega - che gli chef israeliani hanno adattato ai gusti del loro paese. E' la prima volta che un gruppo di cuochi israeliani viene in Italia per un'attività di questo tipo». «Ci siamo sentiti come a casa - dice Shalom Kadosh, il capo della delegazione -. Speriamo di poter ricambiare presto».
   Detto fatto. Apre una decina di antipasti, con l'immancabile falafel, la polpetta di pasta di ceci per l'occasione accompagnata dal tahina, una crema di sesamo; poi un'insalata di barbabietole, lo humus e il cuscus. A seguire, un branzino in stile mediterraneo con aggiunta di peperoncini, un arrosto con carciofi di Gerusalemme e l'agnello. E' stata poi la volta del riso David Ben-Gurion, di cui lo chef executive Kadosh ha voluto raccontare la storia: «Il nome deriva da David Ben-Gurion, Primo Ministro della nascita dello Stato d1sraele, nel 1948 - racconta durante la cena -. Allora il riso costava molto, quindi Ben-Gurion chiese ad un'azienda di realizzare una pasta che assomigliasse al riso, ma che fosse più economica».
   Infine i dolci e il tipico tè alla menta. A conclusione della serata, il commento del presidente di Alma, Albino Ivardi Ganapini: «Questa serata è la dimostrazione che la cultura del cibo unisce i popoli. E credo che degli eventi simili organizzati sino ad ora, quello di questa sera ne rappresenti l'apoteosi, soprattutto per la ricchezza culturale portata a tavola Alma tende da sempre ad esaltare il cibo come cultura, tanto che in tutti i nostri corsi - conclude -, prima degli aspetti pratici, si affronta la storia della gastronomia».

(Gazzetta di Parma, 4 novembre 2011)

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Esperimenti di calligrafia

di Laura Canali

Oded Ezer, artista israeliano, vive e lavora a Tel Aviv. Si è cimentato in particolare con il design di nuove font ebraiche, uno dei fattori identitari su cui si è costruito l'Israele moderno.

Ho appena finito di disegnare la cover dell'ultimo numero di Limes su Israele. Questa volta ho deciso di utilizzare le lettere ebraiche, per una parte del disegno. Sono molto belle e dentro di me ho pensato che sono proprio fortunati i creativi israeliani ad avere uno stimolo così, sotto gli occhi, tutti i giorni.
Ma ci sono creativi israeliani? Uno in particolare ha attratto la mia curiosità: Oded Ezer. Questo artista gioca con le lettere dell'alfabeto ebraico creando nuovi stili molto particolari. Il primo lavoro che mi è capitato di guardare è stato un contratto matrimoniale (Ketuba): alcune lettere di questo testo sono tridimensionali, cioè si staccano dal foglio per arricciarsi e torcersi armoniosamente verso altre lettere.
Uno stile aereo e danzante che da allegria al primo sguardo.

Quello che più mi piace di questi lavori è il tentativo di animare il testo, renderlo moderno e integrato con la realtà. Certo potrebbe essere difficile archiviare un contratto matrimoniale tridimensionale ma una bella foto con il giusto gioco di luci e ombre potrebbe rendere ancora più vivace questo pezzetto di carta bianca così importante. Un altro esperimento che mi ricorda le vecchie macchine da scrivere nel momento in cui l'asticella di alluminio si alzava per accompagnare la lettera sul foglio è questo.

Oded Ezer, ispirandosi alle creature transgeniche ha immaginato un carattere tipografico transgenico dal nome di: Biotypography. Biotypography nasce dalla fusione del Dna di creature viventi con "typo creatures" latino e ebraiche per dare luce a questi strani esseri, metà insetti e metà lettere. Un po' visionario ma molto efficace.
Siccome mi considero un grafico tradizionale, il lavoro che preferisco è un semplice logo, nero su bianco, che mi mette tanta allegria e che trovo, nelle sue forme, perfetto e dal quale difficilmente riesco a staccare gli occhi.

(limes, 4 novembre 2011)

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Il salutista mangia halal e kosher. I cibi religiosi ora piacciono a tutti

Sul web crescono i siti di aziende che offrono prodotti certificati a domicilio

di Caterina Pasolini

ROMA - Vogliono cibi controllati dal rabbino, approvati dal Corano. Eppure di quelle religioni spesso sanno poco o nulla e i libri sacri non li hanno mai sfogliati. Nell'Italia del nuovo millennio gli alimenti kosher, prodotti nel rispetto delle regole dettate dalla Torah, e quelli halal, leciti per i musulmani, hanno un giro d'affari che supera i 3,6miliardi di euro e cresce al ritmo del 12% l'anno. Perché chi compra, almeno 4 volte su dieci, lo fa per soddisfare golosità e sicurezza e non solo perché ebreo o fedele di Allah.
    I nuovi clienti, oltre al milione e mezzo di musulmani o i cinquantamila ebrei che vivono in Italia, sono infatti schiere di salutisti amanti del più leggero salame di capra, vegetariani, allergici al lattosio o al glutine, amanti del cibo etnico ma non solo. Ad unire gusti, sapori, idiosincrasie, è soprattutto l'idea che la certificazione religiosa sia sinonimo di cibo genuino e controllato. «Noi non mangiamo formaggi fatti con caglio animale, non compriamo pane con lo strutto e questi prodotti ci garantiscono sui componenti, gli additivi», commenta Carmen Somaschi, presidente dell'associazione italiana vegetariani che secondo le sue stime sarebbero nel nostro paese ben sei milioni.
    «Il certificato è associato all'idea di controlli severi e di igiene. Così chi compra questi prodotti in 4 casi su 10 non lo fa per motivi religiosi», dice Stefano Hamid, di Halal Italia. Nel 62% dei casi i cibi approvati da rabbini e imam vengono scelti infatti per la buona qualità, il 51 % dei clienti li considera più salutari e il 34% più sicuri. E così si in rete moltiplicano i siti di aziende che offrono prodotti certificati con consegna a domicilio, nelle città le macellerie che praticano la macellazione rituale sono ormai più di cento in Italia, e arrivano i banchi dedicati nei supermercati come la Coop di Roma e Livorno. Alimenti in regola con le norme sacre, ma anche creme, henné, prodotti peri il corpo guadagnando fette di mercato: ogni anno il 30 per cento di clienti in più.
    Il cibo etnico arriva in Italia sull'onda delle migrazioni ma scordatevi l'idea che significhi solo kebab o carciofi alla giudia. Perché l'onda mediorientale porta all'estero i nostri prodotti doc: dall'olio alla conserva di pomodoro, dai dolci alle grappe, dal vino a pasta e formaggi. «Sono più di 200 le imprese italiane che grazie alla certificazione solo sul mercato americano dei cibi per ebrei ortodossi guadagnando oltre 246 milioni di euro l'anno, anche perché a consumare cibi kosher sono spesso anche i musulmanì», dice Paolo Busconi della Ortodox union, ente per certificazione kosher. Ovviamente non i vini preparati secondo la Torah sulle colline toscane e piemontesi o le grappe friulane molto apprezzate sulle tavole di Manhattan.
    Questo mercato in Europa ha un giro di affari da 56 miliardi di euro, 1600 nel mondo. Tanto ghiotto che la Confagricoltura ha organizzato un incontro per i propri associati con i rappresentanti di Halal Italya, l'ente che certifica gli alimenti secondo i dettami di Maometto e Ortodox Union. Per sensibilizzarli all'idea di far certificare i loro prodotti secondo i dettami del Corano e dei rabbini. Per conquistare nuovi spazi di mercato, «ma anche ricordare che la concordia tra mondo musulmano ed ebraico si può trovare anche a tavola, venendo incontro alle esigenze dei consumatori in una società sempre più multietnica». Parola del presidente di Confagricoltura' Mario Guidi.
    
(la Repubblica, 4 novembre 2011)

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Secondo la TV di Abu Mazen, città e luoghi israeliani sono palestinesi




PRESENTATRICE: "Cisgiordania e Gaza costituiscono un'altra sezione in Palestina, che è la costa palestinese che si estende lungo il mare [Mediterraneo], dalla striscia di Gaza e Ashkelon nel sud fino ad Haifa, nei monti del Carmelo. Haifa è un ben noto porto palestinese. [Haifa] godeva dii uno status elevato tra arabi e palestinesi, soprattutto prima di cadere sotto l'occupazione [di Israele] nel 1948. Al suo nord troviamo Acri. A est di Acri si raggiunge una città che ha molta storia e importanza: la città di Tiberiade, nei pressi di un famoso lago: il mare di Galilea. Jaffa, antica città costiera, è la sposa del mare, la porta d'entrata della Palestina nel mondo".

(Palestinian Media Watch, 4 novembre 2011)

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Shalit passa lo shabbat al mare, critiche dagli ebrei ortodossi

di Valentino Salvatore

Meshulam Nahari, esponente dello Shas - il partito degli ebrei ortodossi haredim - nonché ministro senza portafoglio, ha criticato Gilad Shalit, ritenendolo in pratica poco religioso. Lo ha fatto durante una convention del partito alcuni giorni fa, riporta Ynetnews. Ha detto tra l'altro che il leader spirituale di Shas, il rabbino Ovadia Yosef, lo ha incaricato di far riavvicinare il venticinquenne all'ebraismo.
Shalit, il giovane soldato israeliano recentemente liberato dopo essere rimasto per anni prigioniero dei palestinesi, ha infatti passato lo shabbat, giorno sacro per gli ebrei, in spiaggia col padre Noam invece di pregare in sinagoga. Lo aveva reso noto Haaretz, con tanto di foto che hanno suscitato polemiche. Secondo Nahari, Shalit si sarebbe dovuto invece recare in sinagoga per la tradizionale preghiera di ringraziamento per chi scampa un pericolo o viene liberato.

(UAAR Ultimissime, 4 novembre 2011)

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Tanti auguri Gilad Shalit

Caro Gilad,
  
nessuno conosceva le tue condizioni di salute in quei quasi 2000 giorni nei quali sei rimasto rinchiuso in qualche cunicolo.
Quando ti abbiamo finalmente rivisto mentre scendevi a fatica i primi gradini, e poi ancora quando sei stato costretto a rispondere ai media prima di poter finalmente riabbracciare i tuoi cari, non è sfuggita a nessuno la tua condizione precaria.
I terroristi liberati sprizzavano salute da tutti i pori, apparivano ben pasciuti, curati e pieni di voglia di ricominciare.
Tu, Gilad, eri debole e magro; tu Gilad avevi bisogno di essere sorretto.
Ora sei anche finito in sala operatoria dove i medici hanno liberato il tuo corpo dalle tante schegge che sono rimaste per chissà quanto tempo nella tua carne, conficcate un po' dappertutto.
Il mondo non lo deve sapere; i media preferiscono raccogliere le parole dei terroristi assetati di sangue ebraico e nascondere le tue sofferenze interminabili.
Noi ti facciamo tanti auguri, caro Gilad, per una guarigione rapida e completa.
Anche tu hai il diritto di goderti gli anni della gioventù.
Emanuel Segre Amar

(Notizie su Israele, 4 novembre 2011)

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Israele: sciopero generale rinviato a lunedi prossimo

Lo sciopero generale evocato ieri dal principale sindacato israeliano, Histadrut, è stato infine indetto per il prossimo lunedì, 7 novembre. Prenderanno parte alla protesta - che inizierà alle ore 6 - impiegati pubblici, dipendenti di porti e aeroporti, ma anche di aziende private. Una lista dettagliata di quanti aderiranno verrà diffusa domenica.
A suscitare il malcontento dei sindacati è stato il prolungato e finora infruttuoso braccio di ferro con il ministero delle Finanze circa l'assunzione diretta dei dipendenti a tempo determinato, in particolare nel settore pubblico, da parte dei datori di lavoro. Attualmente, agenzie specializzate fanno da mediatori, secondo un meccanismo che riduce la retribuzione dei lavoratori. Histadrut chiede anche l'assorbimento di un certo numero di precari da parte della pubblica amministrazione. «Uno sciopero - ha commentato il presidente dell'organizzazione, Ofer Eini - è una extrema ratio, ma il ministero non ci ha lasciato altra scelta».

(FocusMO, 4 novembre 2011)

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Degustazione Vini Kosher - Cantine: l'israeliana Golan Heights e l'italiana Sant'Andrea

Tradizionale appuntamento d'autunno con l'enologia ebraica

ROMA - L'israeliana Golan Heights e l'italiana Sant'Andrea, la migliore cantina del mondo e la migliore cantina del Lazio, ospiti d'onore della "Degustazione Vini Kosher", tradizionale appuntamento d'autunno con l'enologia ebraica che quest'anno ospita più di trenta etichette d'eccellenza da degustare dall'Italia e da Israele, tutte rigorosamente certificate kosher e selezionate da Lebonton catering.
"Ogni anno riscontriamo un crescente interesse da parte del pubblico verso la produzione enologica certificata Kosher. L'interesse e il gradimento si sono trasformati poi in successo e nel 2011 sono arrivati anche premi e riconoscimenti internazionali" spiega Giovanni Terracina di Lebonton Catering.
"Cantina Sant'Andrea, che da sempre partecipa al nostro appuntamento con numerose etichette e alla quale si deve l'unico Novello kosher al mondo, è stata infatti incoronata miglior cantina del Lazio al Vinitaly 2011. La stessa manifestazione ha insignito del premio Gran Vinitaly (praticamente miglior cantina al mondo), Golan Heights, celebre cantina israeliana che siamo molto lieti di presentare al nostro pubblico come novità di quest'anno".
Giunta alla sua XI edizione, la manifestazione si svolgerà nei Giardini del Tempio Maggiore di Roma, incantevole ed inedito salotto verde nel cuore del vecchio ghetto, ambientazione perfetta per un viaggio alla scoperta delle tradizioni, dei sapori e dei profumi dell'eno-gastronomia kosher.
Per deliziare il palato sfizi d'autunno, assaggi di gastronomia giudaico-romaesca e medio-orientale: "pezzetti fritti", "concia di zucchine", "aliciotti con l'indivia", pita e falafel, "shakshuka" e molto altro. Un vero tripudio di aromi, spezie e colori che sono gli ingredienti di un'arte culinaria antica di secoli che giunge fino ai giorni nostri arricchita e contaminata di tradizioni e culture diverse. E per i bambini lo spazio piccoli grappoli, dove potranno degustare un delizioso succo d'uva al 100% (totalmente privo di alcol), senza coloranti, conservati e zuccheri aggiunti. Una vera chicca per gourmet in erba.
I partecipanti saranno accolti in un'atmosfera conviviale, consigliati ai banchi d'assaggio - suddivisi per bianchi, rossi, rosati e bollicine - dai sommelier e accompagnati nella degustazione dalla guida che riceveranno all'ingresso, in cui troveranno indicate le cantine presenti, le etichette in degustazione per ciascuna cantina e le caratteristiche organolettiche di ciascun vino.
Confermando la sua natura di appuntamento culturale eclettico, l'evento rinnova il sostegno di solidarietà a favore di Tsad Kadima, l'associazione israeliana che si occupa di organizzare e aiutare il percorso formativo dei bambini che soffrono di lesioni cerebrali.
L'evento a cura di Lebonton Catering è realizzato con il patrocinio dell'Ambasciata di Israele in Italia, della Regione Lazio, della Provincia di Roma, di Roma Capitale, della Comunità Ebraica di Roma e del Benè Berith.

(Newsfood.com, novembre 2011)

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Microsoft sonda il panorama israeliano in cerca di affari

Microsoft è interessata a comprare «almeno un'azienda in Israele entro un anno». Lo ha rivelato ieri il capo del centro di ricerca e sviluppo (R&S) di Microsoft Israel, Yorami Yaacovi. «Ci riusciremo? - si è chiesto il dirigente, parlando in conferenza a Tel Aviv - Non lo so. Ma è quello a cui stiamo lavorando». Due mesi fa, Yaacovi aveva dichiarato alla stampa israeliana che il futuro del centro R&S Israele dipenderà soprattutto dalle acquisizioni.
In particolare, il gigante americano dell'informatica è interessato al campo innovativo del cloud computing, vale a dire l'offerta di servizi tramite l'elaborazione dei dati in rete. Microsoft non è l'unica azienda straniera impegnata a sondare il panorama israeliano in cerca di buoni affari. Nel corso della stessa conferenza, anche Intel, Amazon e altri importanti gruppi hanno dichiarato il loro interesse per le start-up israeliane attive in questo settore ancora poco sviluppato, ma già indicato dagli esperti come il prossimo El Dorado dell'informatica.

(FocusMO, 4 novembre 2011)

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Israele: il sindacato minaccia sciopero generale

  
Ofer Eini
I lavoratori israeliani sono sul punto di incrociare le braccia. Oggi Ofer Eini, presidente del principale sindacato israeliano, Histadrut, è tornato a evocare la minaccia dello sciopero generale. Eini ha annunciato la possibilità di ricorrere a questa misura di protesta estrema già dalla prossima settimana. Il malcontento dei lavoratori è generato dal mancato accordo tra parti sociali e ministero delle Finanze circa l'assunzione diretta degli impiegati a tempo determinato - soprattutto nel settore pubblico - da parte dei datori di lavoro.
Attualmente, il sistema prevede invece che l'assunzione di questi dipendenti venga mediata da agenzie specializzate: il che comporta una diminuzione della retribuzione per i lavoratori. Il braccio di ferro tra ministero e sindacati va avanti da settimane, e lo sciopero generale è stato ipotizzato diverse volte. La situazione sembrava essere migliorata negli ultimi giorni: il sindacato aveva dichiarato che il governo aveva iniziato a dare prova di voler collaborare fattivamente. Ma le dichiarazioni rilasciate stamattina dal leader di Histadrut sono state di segno diametralmente opposto: «I funzionari ministeriali sono prigionieri della loro visione del mondo, secondo la quale i lavoratori dovrebbero pagare i tagli delle spese. Hanno silurato l'accordo che eravamo così vicini a trovare. A questo punto - ha concluso Eini - lo sciopero generale si sta profilando come l'unica scelta possibile».

(FocusMO, 3 novembre 2011)

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Cacciamo dagli stadi l'apologia di genocidio

di Daniele Galli

Il 16 ottobre di 68 anni fa, Rubino Della Rocca non era più un ragazzo come noi. Un romano romanista. Un romano romanista (ebreo, ma che importa?) che da Campo Testaccio attraversava Roma, schivando le carrozze a cavallo, per andare a vedere a Galleria Colonna - venivano appesi lì i risultati della Serie A - cosa avesse fatto la Lazio. Il 16 ottobre di 68 anni fa, Rubino non poteva più sfottersi il lunedì fuori dalla Sinagoga con uno dei tanti David. Gli amici laziali (ebrei, ma che importa?).
Rubino e David erano già altro. Erano molto meno. Erano diventati un romano romanista ebreo e un romano laziale ebreo. La parentesi - quel ma che importa? - era sparita come la pietà. L'ebreo non era più ebreo. Era giudeo. Era un insulto. Cinque anni prima, le leggi razziali ne avevano spazzato via la dignità, espellendoli dalle cariche pubbliche, cacciandoli dai luoghi di insegnamento, dalla società che si autoproclamava civile, equiparati ai cani nei negozi ariani mentre i fumi di Auschwitz-Birkenau impregnavano la neve della gioventù hitleriana. Cinque anni dopo, è il 16 ottobre 1943. È il giorno della Judenoperation. L'operazione-Giudei. La soluzione finale. I tedeschi si presentano al Ghetto, caricano sui furgoni 1024 ebrei romani - donne con i figli al seno, anziani, infermi, bambini: i nazisti se ne fottono - e a Stazione Tiburtina li ammucchiano sui carri bestiame. Arriveranno ad Auschwitz quattro giorni dopo. Torneranno in 16....

(Il Romanista, 3 novembre 2011)

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Museo della Shoah prima inaugurazione

Il 20 dicembre apre l'edificio della Fondazione Meis

FERRARA - La prima inaugurazione del Museo dell'ebraismo italiano e della Shoah (Meis) è fissata per il 20 dicembre. Prima di Natale, quindi, aprirà infatti una porzione di 200 metri quadrati sul fronte di via Piangipane, destinata ad accogliere la sede della Fondazione Meis. Lo ha annunciato al Sole 24 Ore Centronord la soprintendente regionale Carla Di Francesco e il presidente della Fondazione, Riccardo Calimani. L'edificio fronte strada è stato il primo ad essere inglobato in un cantiere, anche perchè è quello meno coinvolto dal progetto di trasformazione dell'ex carcere nel museo nazionale: «Il resto - è la dichiarazione di Di Francesco - sarà realizzato compatibilmente con le risorse a disposizione, decidendo di volta in volta le priorità». Uno dei pregi del progetto vincitore, tra l'altro, è la modularità, cioè la possibilità di costruire un pezzo per volta, a stralci di edifici indipendenti. «Approfittiamo di questa prima parte per far capire che noi siamo decisi a proseguire» ha aggiunto Calimani. I soldi messi a disposizione dalla legge nazionale del 2003 in effetti non basteranno, quindi sarà necessario reperire le risorse anno dopo anno. Di Francesco continua a sperare che entro il 2014 un primo lotto possa essere concluso, ma è chiaro che con un costo complessivo di 40 milioni di euro e 10 milioni attualmente in cassa, le prospettive non sono particolarmente rosee.
Il progetto prevede, va ricordato, cinque volumi architettonici concepiti come altrettanti libri della Torah, grandi vasche per ricordare il rapporto di Ferrara con l'acqua, sale convegni, servizi di vario genere, spazi per evocare la cultura ebraica, tecnologia e multimedialità. Uno speciale reparto sarà dedicato alle testimonianze delle persecuzioni razziali. L'area interessata dal museo è di 7.900 metri quadrati.

(la Nuova Ferrara, 3 novembre 2011)

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Ora anche Israele congela i fondi all'Unesco E' la reazione all'ingresso della Palestina

di Orlando Sacchelli

Dopo gli Usa anche Israele ha congelato i suoi versamenti all'organizzazione internazionale per la cultura e la scienza. E' una ritorsione alla decisione dell'Unesco di accettare l'iscrizione della Palestina. Bloccati anche i trasferimenti delle risorse raccolte in dazi doganali, imposte e tasse, da Gerusalemme all'Anp: si tratta di circa 100 milioni di dollari al mese

GERUSALEMME - Dopo la rabbia vengono chiusi i rubinetti. E' questa la reazione - prima degli Stati Uniti ora anche di Israele - alla decisione dell'Unesco di accettare l'iscrizione della Palestina come paese membro. Gerusalemme risponde quindi a muso duro a quella che considera una vera e propria provocazione: congelerà il suo contributo all'Unesco. Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha ordinato il congelamento della quota di due milioni di dollari. La posizione di Israele è molto chiara: uno stato palestinese potrà nascere solo a seguito di un negoziato di pace diretto e senza condizioni preliminari e non, quindi, a seguito di iniziative unilaterali.
Il congelamento agli Stati Uniti all'Unesco era scattato tre giorni fa: ''Dovevamo versare 60 milioni di dollari all'Unesco a novembre e non effettueremo quel pagamento'', ha comunicato la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, aggiungendo che l'ammissione della Palestina ''fa scattare delle restrizioni legilastiva adottate da tempo che impongono agli Usa di astenersi dai contributi''. Lo stop degli Usa è pesante, visto che Washington provvede a circa il 22% dell'intero budget annuale dell'organizzazione. Sul provvedimento, comunque, dovra esprimersi il Congresso.
Israele ha sospeso anche il trasferimento dei pagamenti delle tasse all'Autorità palestinese. Lo Stato ebraico ogni mese raccoglie circa 100 milioni di dollari in dazi doganali, imposte sui confini e alcune tasse a nome dei palestinesi; soldi che poi vengono girati all'Anp. I palestinesi hanno fatto sapere che Israele non ha ancora trasferito i fondi. E visto che di solito arrivano i primi giorni del mese, è possibile che anche questo ritardo rientri nelle ritorsioni israeliani. Il ministero delle Finanze di Gerusalemme non ha voluto rilasciare commenti in proposito.

(il Giornale, 3 novembre 2011)

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La vedova latitante di Arafat

Mandato di cattura internazionale della Tunisia per Souha Arafat

di Alan D. Baumann

Lo stato nordafricano emette a carico di Souha Arafat un mandato di cattura per "atti di corruzione".
Souha è nata a Nablus in Cisgiordania nel 1963 da una coppia ricchi borghesi di religione cristiana ortodossa. Incontra Yasser a Parigi per il volere dei suoi genitori. Segue il Presidente dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina nel suo rifugio di Tunisi. Si sposano nel 1990 - lei aveva 27 anni, lui 61 -, nonostante la contrarietà di molti alti esponenti dell'OLP che vedono in lei una forte distrazione per il loro capo carismatico. Quando nel 1995 nasce la figlia Zahwa, la coppia non vive praticamente più assieme. Nel 2000 lascia i territori palestinesi per motivi di sicurezza (secondo le fonti ufficiali). Circolano voci che siano state le sue "confessioni" - specialmente a Hillary Clinton - che la rendono sgradita. Dopo una lunga sosta in Svizzera, si rifugia in Francia. Nel 2003 le autorità transalpine indagano sui suoi conti bancari sospettati di corruzione, ma senza un'accusa precisa. Nel 2004 rivede suo marito ricoverato a Parigi e torna sotto i riflettori internazionali. E' costretta a incontrare nuovamente i principali - e detestati - collaboratori di Yasser, giunti al capezzale. Sono loro ad organizzare le esequie al Cairo ed a Ramallah.
A funerali avvenuti, Souha e Zahwa si stabiliscono a Tunisi, sotto il sostegno di Ben Ali. La protezione viene ufficializzata il 18 settembre 2006 con la consegna della cittadinanza tunisina, revocata però meno di un anno dopo, il 2 agosto 2007, da un decreto presidenziale. Non si conoscono i motivi che hanno fatto deteriorare a tal punto l'amicizia tra le due famiglie. Si parla degli investimenti nella scuola internazionale di Cartagine a danno di un preesistente istituto scolastico privato, la Fondazione Louis Pasteur. Altre voci parlano del forte legame che la Arafat aveva col colonnello Gheddafi ed in particolare di una visita in Libia, dove avrebbe richiesto un forte aiuto finanziario al Rais. Ben Ali potrebbe essersi offeso per la mancanza di considerazione verso la protezione da lui offerta. Ulteriori voci parlano del tentativo di impadronirsi di parte delle ricchezze di Ben Ali, sposando il fratello di Leila Trabelsi, moglie del presidente tunisino.
In un'intervista rilasciata alla televisione France 24, Souha ha parlato della sua fedeltà agli ideali indipendentisti palestinesi, sostenendo infine di non essere a conoscenza delle motivazioni che hanno spinto i giudici tunisini a spiccare il mandato internazionale.
Dopo la Svizzera, Parigi e la Tunisia, da oltre 5 anni la vedova Arafat vive a Malta. Nonostante il sostegno morale al suo popolo, le centinaia di milioni di dollari frutto della "cassa di guerra" (ovvero gli stanziamenti internazionali per la causa) creata da Yasser nel corso degli anni, sopravvivono in diverse banche europee.

(l'ideale, 3 novembre 2011)

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Aperto a Tel Aviv un centro High Tech per le imprese israeliane

L'Ambasciata inglese a Tel Aviv ha aperto il 27 ottobre scorso un Centro High-Tech per imprese israeliane. L'obiettivo dell'iniziativa è quello di promuovere la crescita economica del paese tramite la creazione di una collaborazione duratura tra il Regno Unito ed Israele nel settore dell'High-Tech. L'Ambasciatore britannico Matthew Gould ha affermato: "La Gran Bretagna è uno dei principali partner per Israele nel settore High-Tech.
Israele è una risorsa fenomenale di innovazione con piu' start-up pro-capite di qualsiasi altro paese nel mondo. Date le piccole dimensioni di Israele, quasi tutte le loro compagnie necessitano di partners esteri - per capitale, business e sviluppo del prodotto, e accesso al mercato globale. Noi possiamo offrire accesso al mercato globale, disponiamo di uno dei piu' grandi mercati di capitale del mondo, clienti significativi a livello globale, quattro tra le prime dieci universita' del mondo. E' ovvio, per me, che possiamo lavorare insieme per raggiungere grandi risultati. La Gran Bretagna può aiutare l'innovazione israeliana a diventare globale". Il Centro avrà uno staff composto da sei persone, incluso il direttore, Carmel Gerber, ed esperti nel settore del digitale, delle biotecnologie e anche della comunità dell'High-Tech arabo-israeliana. Il prossimo passo sarà la costituzione di un Consiglio Anglo-Israeliano dell'High-Tech per riunire le figure chiave, oltre che dei settori tecnologici, anche di start-up e investitori di entrambi i paesi.

(FocusMO, 3 novembre 2011)

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Abu Mazen: "Non riconoscerò mai uno stato ebraico"

Quelli che seguono sono brani tratti da un'intervista al presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) andata in onda sulla tv egiziana Dream2 lo scorso 23 ottobre.




ABU MAZEN: «Innanzitutto permettetemi di chiarire qualcosa circa questa faccenda dello "stato ebraico". Hanno cominciato a parlarmi di "stato ebraico" solo due anni fa, discutendone con me in ogni occasione, in ogni consesso dove andavo - ebraico o non ebraico - chiedendo: "cosa ne pensa dello stato ebraico?" L'ho già detto e voglio ripeterlo ancora: io non riconoscerò mai l'ebraicità dello stato, o uno "stato ebraico".» […]
INTERVISTATRICE: «Non pensa che sia stata la resistenza [armata] a riuscire a liberare mille prigionieri? I negoziati devono sempre essere accompagnati da una certa quantità di forza. Non vi possono essere negoziati senza resistenza [armata]. E' dimostrato dall'esperienza dei popoli, in Irlanda e in altri paesi.»
ABU MAZEN: «È vero, ma le nostre circostanze sono differenti. Noi non siamo in grado di condurre una resistenza militare. Hamas ha sequestrato, o meglio, ha catturato un soldato ed è riuscita a tenerlo per cinque anni, e questa è una buona cosa. Noi non lo neghiamo. Al contrario, è una buona cosa che su una piccola striscia di terra, 40 chilometri per sette, siano riusciti a tenerlo e nasconderlo.» […]

(MemriTV, 31 ottobre 2011 - trad. israele.net)

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Germania: Il 20% dei tedeschi è antisemita

Il risultato di un'indagine mostra come l'odio esista, ma latente

BERLINO - L'antisemitismo è ancora presente nella società tedesca in "misura considerevole"; nel 20% della popolazione lo è a livello latente. È questo il risultato emerso dalle indagini condotte da un gruppo di esperti sulla diffusione dell'odio nei confronti della popolazione ebraica in Germania, che è stato presentato stamani al governo.
Secondo gli esperti, "pratiche e commenti antisemiti appartengono alla quotidianità. in Germania, e sono piuttosto diffusi "fino al cuore della società", non solo ai suoi margini. La disposizione all'antisemitismo si basa, spiega lo studio, su pregiudizi diffusi, clichè radicati e da una scarsa conoscenza dell'ebraismo.
Nella diffusione dell'antisemitismo internet giocherebbe, stando alle valutazioni degli esperti, un ruolo molto importante: estremisti di destra, islamisti radicali e negazionisti della shoah hanno trovato nella rete una piattaforma per la loro propaganda. Molti gli episodi registrati anche negli stadi, dove le offese all'ebraismo e agli ebrei sono diffuse.
Il dossier era stato commissionato nel 2009 dal governo tedesco della cancelliera Angela Merkel, nel quadro di un programma per la lotta all'antisemitismo.

(www.tio.ch, 2 novembre 2011)

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L'Unesco ha perso la faccia

A che titolo il non-Stato palestinese entra in un organismo Onu?

di Alan D. Baumann

  
I palestinesi sono ancora merce di scambio nello scacchiere mediterraneo quando la politica di certi stati, iniziando dalla Francia, si piega sotto l'influenza economica araba. Il carico della sudditanza verso le risorse economiche, come nella guerra libica, ha fatto sì che l'Unicef - organismo Onu con sede a Parigi, che si occupa di educazione, scienza e cultura - abbia riconosciuto come membro a pieno titolo la Palestina, ossia uno stato che ancora non c'è.
La decisione di 107 stati sui 193 membri dell'Unicef, ha qualcosa di inquietante. Non ha dato prova di carattere neanche l'Italia che si è astenuta dal voto. Come sottolinea il portavoce della Farnesina Maurizio Massari "non era questo il momento per porre la questione della membership palestinese all'Unesco, in una fase in cui si sta cercando di creare le condizioni ideali per una ripresa del negoziato tra le due parti".
Se l'Italia pensava realmente questo e si è astenuta per non essere riuscita a trovare un voto comune con altre voci europee, poteva fare allora come la Germania e votare contro. Un comunicato rilasciato dal Ministero degli Esteri di Gerusalemme sottolinea che "la decisione unilaterale presa dalle autorità palestinesi non cambierà nulla nella sostanza, ma farà indietreggiare notevolmente i passi intrapresi per arrivare ad un processo di pace (…) Israele si rammarica che la UE non sia riuscita ad adottare una posizione comune contro la mozione, mentre parallelamente cerca il rilancio di un diretto dialogo tra le parti".
La decisione unilaterale di Abu Mazen ha provocato delle profonde fratture tra l'organismo delle Nazioni Uniti e gli Stati Uniti d'America. L'amministrazione Obama, definendo la votazione controproducente e prematura, ha deciso di bloccare la forte partecipazione economica all'Unesco, pari al 22% dell'intero budget dell'organismo.
Anche il Canada sta valutando delle ritorsioni simili. Fra i luoghi di interesse archeologico vi sono ad esempio quelli che Israele chiama Tomba dei Patriarchi (sepolcro di Abramo, Isacco e Giacobbe) a Hebron, e la Tomba di Rachele a Betlemme, che per i palestinesi sono invece rispettivamente Al Haram al Ibrahimi e la moschea Bilal bin Rabah.
Chissà se l'Unesco ha valutato che fra la "Palestina di Gaza" e la "Palestina Cisgiordana" c'è un corridoio da sempre israeliano. Resta fatto che alcune decisioni hanno da tempo svalutato la stabilità delle Nazioni Uniti: basti pensare alla Libia di Gheddafi nominata nel 2003 a capo della Commissione sui diritti umani.
Forse prossimamente altri organismi internazionali riconosceranno un Kurdistan turco, una repubblica subsahariana marocchina, la Padania e lo Stato Libero di Bananas. Del resto:dittatore più dittatore meno...

(l'Opinione, 2 novembre 2011)

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Da un sito pro Hamas

Movimenti politici palestinesi ricordano l'anniversario Balfour e ribadiscono: 'Resistenza'

GAZA/RAMALLAH - In occasione del 94o anniversario dalla Dichiarazione di Balfour, con la quale la Gran Bretagna si pronunciava pubblicamente a sostegno della creazione dello Stato di Israele, sebbene nel 1917 veniva definito ambiguamente "focolare nazionale ebraico", la leadership palestinese ha rinnovato la condanna per quel documento.
Così da Hamas, anche quest'anno si deplora il colonialismo britannico che condannò il popolo palestinese a crimini e politiche razziste.
Nel 2011, per Hamas, la soluzione alla liberazione della Palestina e della moschea di al-Aqsa resta sempre la resistenza.
"Nemmeno quest'altra triste ricorrenza potrà sedare la voglia di riscatto e di liberazione del popolo palestinese. Anche quest'anno ribadiamo il nostro diritto nazionale e il Diritto al Ritorno nelle nostre case.
Il potere della resistenza per la liberazione è stato dimostrato di recente con l'accordo di scambio dei prigionieri mentre continuiamo a lavorare per la riconciliazione nazionale".
Fatah chiede alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità per "l'errore storico" inflitto ai palestinesi, quindi nelle proprie funzioni, chiede di applicare le risoluzioni internazionali, in particolare la risoluzione 194/48 che riconosce e garantisce il Diritto al Ritorno dei profughi palestinesi, e dare loro ciò che fu negato allora fino ad oggi: la sovranità nel loro Stato.
"E' ora di sistemare quel 'pasticcio' e riconoscere lo Stato palestinese entro i confini occupati da Israele nel 1967 con Gerusalemme Est capitale".
Più realista forse il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) quando, intervenendo per questa ricorrenza, ricorda che appena due giorni fa, la Gran Bretagna si è astenuta dal votare sull'adesione della Palestina all'Unesco e di come siano ancora troppi i Paesi europei a subire le pressioni israelo-statunitensi.
Il Fronte ribadisce la legitimità del diritto all'autodeterminazione dei palestinesi, e si oggi ricorda le centinaia di migliaia di caduti e di prigionieri.
"La Gran Bretagna non ha mai chiesto scusa per quanto sottoscrisse e fece durante gli anni della sua amministrazione in Palestina, quando pose tutti i presupposti per la creazione di Israele sulle nostre terre, quando ci impose con la forza il disarmo di fronte agli attacchi delle bande terroristiche ebraiche.
Piuttosto che affrontare la realtà, la Gran Bretagna continua a volgere le spalle alle proprie responsabilità storiche, e con l'ultimo gesto, quello dell'astensione, reitera quelle posizioni".
Dal Jihad islamico, che solo pochi giorni fa ha perduto dei combattenti, sono giunte queste parole: "Riconoscere Israele oggi sarebbe una decisione ancora più sfortunata di quanto non lo fu la Dichiarazione di Balfour".

(InfoPal, 2 novembre 2011)


La Dichiarazione Balfour è diventata parte del diritto internazionale dopo la risoluzione di Sanremo del 25 aprile 1920, che ha ricevuto forza di legge quando è stata incorporata nel Trattato di Sèvres del 10 agosto 1920, poi nei primi tre commi del preambolo del Mandato per la Palestina, ed è stata confermata nel 1922 da 52 Stati, tutti i membri della Società delle Nazioni, e separatamente dagli Stati Uniti nel 1924 in un trattato con il Regno Unito. Il diritto internazionale che ha riconosciuto lo Stato di Israele è lo stesso da cui sono nate, queste sì per motivi colonialistici, nazioni prima non esistenti come Siria, Libano, Giordania, Iraq e Arabia Saudita. Fino a che Israele non si deciderà a togliere di mano dai suoi nemici argomenti manifestamente falsi e formalmente pseudogiuridici come il "diritto al ritorno" e altri inesistenti "diritti" che consentono agli odiatori di Israele di usare termini fraudolenti come "territori occupati", "forze di occupazione", "colonie", "coloni", non solo non otterrà niente con i sofisticati tatticismi politico-diplomatici tuttora in uso, ma si priverà anche del supporto di chi, pur volendo essere vicino ad Israele, è davvero convinto che questo paese si trovi in una posizione moralmente indifendibile. Ma si tratta di ignoranza. Di pura, semplice, colpevole ignoranza. Che quando è accompagnata dalla "buona fede" è ancora più pericolosa. M.C.

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Ritrovata a Gerusalemme una scatola di 1400 anni fa

Una scatola in osso di 2 centimetri per 1 e mezzo è stata ritrovata fra i resti di una vecchia strada di Gerusalemme. L'attenzione degli studiosi per questo reperto è molto alta dal momento che si tratta di una scoperta per ora unica nel suo genere.


E' stato ritrovato da una squadra di archeologi tra i resti di un'antica strada di Gerusalemme il reperto che in questi giorni ha attirato su di sè l'attenzione di vari addetti ai lavori. Si tratterebbe, infatti, di una piccolissima scatola a forma di libro realizzata interamente in osso e che al momento è stata fatta risalire a 1400 anni fa, ovvero alla fine del sesto secolo dopo Cristo.
Secondo gli archeologi si tratterebbe di una scatola che al suo interno conteneva i ritratti di Maria e Gesù, anche se al momento le immagini raffiguranti il volto di un uomo e di una donna rinvenute all'interno della scatola non sono ancora state identificate con certezza.

(fanpage, 2 novembre 2011)

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Razzi su Israele Il governo dà l'ok ad attaccare Gaza

GERUSALEMME - Il governo israeliano ha autorizzato l'esercito a intraprendere i passi necessari per fermare il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, tra cui un'operazione di terra. Lo ha fatto sapere a condizioni di anonimato un ufficiale delle forze armate dello Stato ebraico in seguito a una riunione del Gabinetto - ovvero dei sette più importanti membri del governo - in cui i ministri hanno discusso del recente aumento di lanci di razzi da Gaza. Il governo, ha spiegato l'ufficiale, ha approvato operazioni militari che vanno da attacchi «chirurgici» contro militanti palestinesi fino a un'ampia offensiva di terra. I ministri, è stato precisato, non hanno ordinato un attacco terrestre, ma hanno autorizzato i militari ad agire a seconda dell'intensità degli attacchi dei militanti palestinesi. In mattinata Israele aveva acconsentito a ritardare le operazioni militari contro la Striscia di Gaza e dato tempo all'Egitto fino alla mezzanotte di ieri per provare a raggiungere un accordo di cessate il fuoco informale fra le parti. L'obiettivo della mediazione egiziana sarebbe quello di convincere i militanti palestinesi a fermare i lanci di razzi verso il sud di Israele.
Tutto questo mentre, all'indomani dello choc provocato in Israele dal voto dell'Onu che ha ammesso la Palestina nell'Unesco quale membro a pieno titolo, il governo Netanyahu dà ordine di accelerare i tempi per la costruzione di duemila nuovi alloggi negli insediamenti ebraici a Gerusalemme Est e in altre aree della Cisgiordania occupata. Un gesto che avrà pesanti conseguenze, ma che Netanyahu vuol compiere per esprimere la totale insoddisfazione israeliana per uno sviluppo che, secondo i dirigenti dello Stato ebraico, ostacola il processo di pace e solleva gravi interrogativi sulle intenzioni dell'Autorità nazionale palestinese. Fonti ufficiali hanno fatto anche sapere che Israele sospenderà temporaneamente il trasferimento di fondi all'Autorità nazionale palestinese come forma di pressione.

(il Giornale, 2 novembre 2011)

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Israele fa test con missile balistico

GERUSALEMME - Israele ha lanciato oggi per un test un missile balistico da una base militare nella zona centrale del Paese, ha annunciato Radio Israele. La radio ha detto che il lancio è avvenuto nell'impianto di Palmachim e ha citato un comunicato del Ministero della Difesa secondo cui serviva a testare il sistema propulsivo del missile.

(Reuters, 2 novembre 2011)

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Hacker in azione, Palestina isolata

Telefoni e Internet sotto tiro in Cisgiordania e a Gaza. Un attacco di hacker, secondo quanto annunciato dall'Autorità nazionale palestinese e riportato dalla Bbc online, ha messo fuori uso la rete e i cellulari in gran parte dei Territori palestinesi. Secondo Ghassan Khatib, portavoce dell'Anp, gli attacchi, iniziati in mattinata, provengono da diverse zone del mondo. Ma, ha precisato, non è chiaro se siano dovuti alla vicenda del riconoscimento della Palestina come membro dell'Unesco, fortemente criticato da Israele e dagli Stati Uniti. Khatib ha precisato che il blackout è stato provocato con un attacco al network telefonico Paltel e che gli ingegneri sono al lavoro per risolvere il problema. Il ministro delle Comunicazioni dell'Autorità nazionale palestinese, Mashur Abu Daqqa, ha fatto capire, senza citarlo, che l'accaduto potrebbe essere attribuito a Israele. «Visto il genere di attacco e la sua intensità, penso che dietro vi debba essere uno Stato», ha spiegato Daqqa precisando che i sistemi informatici bancari sono stati isolati per proteggerne i dati. Nessuna reazione ufficiale da parte di Gerusalemme.

(Quotidianamente.net, 2 novembre 2011)

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Israele e la calunnia dell'Apartheid

A Cape Town a partire da sabato, l' organizzazione non governativa chiamata Tribunale Russell sulla Palestina terrà una "udienza" contro Israele colpevole di crimine di apartheid. Non è un "tribunale" riconosciuto. Questa iniziativa vuole evocare il fantasma dell' "apartheid rispetto alla condizione di vita dei palestinesi rispetto agli israeliani, come il Sudafrica pre-1994. La richiesta dell'Autorità palestinese per la piena adesione alle Nazioni Unite ha messo pressione sulla speranza di una soluzione per i due Stati. Il bisogno di riconciliazione tra israeliani e palestinesi non è mai stato così grande. Risulta eccessivo rispetto alle opinioni della stampa britannica accostare Israele all'apartheid. Nulla si avvicina alla definizione di apartheid in base allo Statuto di Roma 1998: "atti inumani ... commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su qualsiasi altro gruppo e azioni commesse con l'intenzione di perpetuare tale regime". Gli arabi israeliani sono il 20 per cento della popolazione di Israele, hanno diritto di voto, hanno partiti politici di riferimento e rappresentanti alla Knesset e occupano posizioni di rispetto nelle Istituzioni, tra cui la Corte Suprema. Pazienti arabi si trovano accanto a pazienti ebrei in ospedali israeliani, ricevendo un trattamento identico.
Nel valutare l'accusa rivolta ad Israele che persegue politiche di apartheid, occorre innanzitutto distinguere tra cosa accade in Israele, dove gli arabi sono cittadini, e nella West Bank dove rimangono sotto il controllo israeliano, in assenza di un accordo di pace. La situazione in Cisgiordania è più complessa. Ma anche qui non c'è l'intenzione da parte di Israele di mantenere "un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale." Questa è una distinzione fondamentale, anche se Israele propone uno stato di controllo contro i palestinesi. La forzata separazione razziale del Sud Africa aveva lo scopo fornire benefici in modo permanente alla minoranza bianca, a scapito di altre razze. Al contrario, Israele ha accettato l'esistenza di uno stato palestinese a Gaza e in Cisgiordania, e chiede ai palestinesi di negoziare i parametri. Difficile equiparare le azioni di difesa di Israele i cui cittadini rimangono sotto la minaccia di attacchi dalla Cisgiordania e Gaza a un sistema di apartheid. I palestinesi possono sentirsi oppressi dai blocchi stradali israeliani e misure analoghe per auto-difesa, ma fino a quando gli attacchi da una parte generano contrattacchi dall'altro, le barriere di sicurezza rimarranno. Naturalmente, il popolo palestinese ha aspirazioni nazionali e diritti umani che tutti devono rispettare. Ma coloro che confondono la situazione in Israele e in Cisgiordania e paragonandola al vecchio Sud Africa, fanno un cattivo servizio. Il riconoscimento reciproco e la protezione della dignità umana di tutti è indispensabile per porre fine all'odio e alla rabbia. L'impressione che accusare Israele di stato che applica l'apartheid è falsa e maliziosa capace di precludere, piuttosto che promuove la pace e l'armonia.

(FocusMO, 2 novembre 2011)

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Netanyahu, costruiamo a Gerusalemme perché è nostro diritto

GERUSALEMME, 2 nov. - Israele sta costruendo a Gerusalemme perche' suo diritto, non per punire qualcuno. Lo ha detto oggi il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, intervenendo in parlamento. "Stiamo costruendo a Gerusalemme perche' e' nostro diritto e obbligo, non come punizione, ma perche' e' un diritto fondamentale del nostro popolo costruire nella nostra capitale eterna", ha affermato Netanyahu, negando cosi' che le costruzioni siano una rappresaglia per l'ingresso della Palestina come stato membro dell'Unesco.
Netanyahu e' intervenuto oggi alla Knesset, dopo che ieri il gabinetto ristretto ha dato il via libera alla costruzione di 2mila alloggi a Gerusalemme est e negli insediamenti di Gush Etzion e Ma'aleh Adumim. Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente dell'autorita' nazionale palestinese Mahmoud Abbas, ha definito le nuove costruzioni: "una decisione per accelerare la distruzione del processo di pace". Rudeneih ha parlato anche di "furto del denaro palestinese", in merito alla decisione israeliana di trattenere gli introiti fiscali dell'Anp, in risposta al passo dell'Unesco.

(Adnkronos, 02 novembre 2011)


"... una decisione per accelerare la distruzione del processo di pace". Che cosa dovrà ancora accadere affinché si arrivi a capire che in bocca a persone come questa il “processo di pace” è soltanto un altro modo per fare la guerra?

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Unesco sfida Israele, a rischio la mediazione in Medio Oriente

  
Il voto di ieri all'agenzia dell'Onu per la protezione dei beni culturali, l'Unesco, ha dato l'ennesima conferma di come questo organismo sia nettamente schierato su posizioni anti-israeliane, avendo una maggioranza automatica in favore della Palestina, composta da stati neutrali, solitamente pronti a favorire posizioni più "estremiste", Paesi mussulmani e stati europei, prontissimi a imprimere il loro sigillo su scelte anti-americane.
Alla fine, su 173 stati, 107 sono stati i favorevoli al riconoscimento della Palestina quale membro a tutti gli effetti dell'agenzia. Tra questi, la Francia, oltre alla Lega Araba, ma anche Cina, Russia, India, Brasile, Austria. Solo 14 sono stati i contrari, tra cui USA, Canada e Germania (quest'ultima, più per un fatto di opportunità storica, non per convinzione). Gli astenuti sono stati 52, tra cui l'Italia e la Gran Bretagna.
Ma le conseguenze del voto a larghissima maggioranza saranno tutt'altro che neutre sul processo di pace tra Israele e Palestina, che proprio negli ultimissimi giorni sta franando di nuovo, dopo la liberazione del caporale Shalit in seguito a cinque anni di prigionia nella mani dei terroristi palestinesi. Se, infatti, lo scambio tra la libertà del soldato israeliano e il rilascio di oltre 400 prigionieri palestinesi da parte di Israele aveva fatto pensare a un passo in avanti nelle relazioni tra le parti, gli ultimi accadimenti stanno mostrando un volto ben meno propenso alla pace da parte degli stati arabi.
E' stata offerta una taglia di 900 mila da parte del principe saudita Khalid bin Talal su ogni soldato israeliano catturato dai palestinesi, affinchè questi venga scambiato con un prigioniero della Palestina. Un annuncio choc dato dalla tv araba, che evidenzia una situazione di allarme che non può essere accettata in sede internazionale. Ma la decisione dell'Unesco di riconoscere la Palestina come proprio membro ha anche un effetto negazionista dell'identità israeliana e segue le deliberazioni di pochi giorni fa, secondo cui alcuni siti di rilevanza storica e religiosa per la cultura ebraica e per la cristianità sono adesso considerati di matrice palestinese. E' il caso della fortezza di Hevron, la tomba di Giuseppe e quella di Rachele. Non importa se da millenni vengono considerati luoghi anche di preghiera per ebrei e cristiani. Da oggi, tutto diventa palestinese, con un tratto di penna. E' chiaro che ci troviamo dinnanzi a scelte scellerate, che minano alle radici di una coesistenza pacifica tra i due stati.

(BlogLive.it, 1 novembre 2011)

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Turismo in Israele: record di presenze

Con 3.45 milioni di visitatori, il 2010 era stato un anno da record per il turismo in Israele e il 2011 si sta chiudendo con numeri simili: ma il 2012 sarà un'annata ancora migliore. Lo ha annunciato il ministero del Turismo israeliano, che sulla base di previsioni molto incoraggianti si prepara ad accogliere milioni di turisti, offrendo garanzie per incentivare gli albergatori a rinnovare le proprie strutture in vista del prossimo anno. Gli aiuti offerti ammontano in tutto a circa 10 milioni di NIS (2 milioni di euro); e oggi il ministero ha pubblicato un manuale per spiegare come ottenerli. Gli hotel interessati a candidarsi dovranno inviare una richiesta per ricevere lo status di "operatore approvato", necessaria per poter poi accedere agli incentivi, i quali saranno concessi nella misura massima del 20% delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione. La priorità - spiega ancora il documento - sarà concessa alle strutture situate nelle aree di Gerusalemme, Tiberiade, Acco, Nazareth e Safat (nel nord del Paese). «Crediamo che queste garanzie spingeranno gli albergatori a migliorare le stanze dei propri hotel in vista del 2012 - ha spiegato il direttore generale del ministero, Noaz Bar Nir -. Se i visitatori riceveranno un servizio di qualità, in strutture moderne e accessibili, costruite secondo i principi dell'eco-compatibilità, torneranno ancora in Israele e saranno i nostri migliori ambasciatori nel mondo».

(FocusMO, 1 novembre 2011)

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Deutsche Bank fornisce un accesso diretto al mercato sul Tel Aviv Stock Exchange

Autobahn® Equity di Deutsche Bank ha annunciato oggi che d'ora in poi fornirà ai clienti istituzionali un accesso diretto al mercato (DMA - direct market access) sul Tel Aviv Stock Exchange (TASE).
"Tel Aviv diventa il 75o mercato azionario offerto da Autobahn, sottolineando il nostro impegno nei confronti dei mercati emergenti elettronici," ha dichiarato Andrew Morgan, Responsabile di Autobahn Equity Europe.
Fin dal 1996 Autobahn ha offerto collegamenti tra i clienti e i servizi e prodotti innovativi dei mercati di capitali di Deutsche Bank. Lalnciato originariamente come strumento esecutivo, il nuovo Autobahn offre ora un'esperienza integrata, fornendo accesso elettronico a tutto il patrimonio di know how relativo alle vendite, il trading e la ricerca di Deutsche Bank completato da un accesso senza discontinuità ai servizi di operazioni bancarie.
Il testo originale del presente annuncio, redatto nella lingua di partenza, è la versione ufficiale che fa fede. Le traduzioni sono offerte unicamente per comodità del lettore e devono rinviare al testo in lingua originale, che è l'unico giuridicamente valido.

(ANSA, 1 novembre 2011)

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L'Unesco come Arafat: vuole cancellare Israele

di Fiamma Nirenstein

Bene allora è fatta: adesso quando si parlerà del patrocinio dell'Unesco, del suo bollo su un'iniziativa o una dichiarazione, sapremo che non parliamo di cultura, di scienza, di patrimonio culturale dell'umanità, ma di fiction, di Indiana Jones. Questo è il messaggio ricevuto ieri dal riconoscimento della «Palestina» come stato membro dell'Unesco. Ha ricevuto, dopo che la Lega araba aveva dichiarato di sponsorizzare completamente l'iniziativa, 107 voti su 173 paesi votanti, fra cui la Russia, il Brasile, la Cina, l'India, l'Austria, la Francia; 14 contro, fra cui gli Usa, il Canada, la Germania, l'Olanda, la Romania, la Lettonia; 52 astenuti, fra cui l'Italia e l'Inghilterra. Di nuovo l'Europa si è spaccata, e gli Usa che da tempo avevano chiesto all'Unesco di evitare questa mossa adesso ritireranno gran parte dei loro fondi che finanziano per il 20 per cento l'agenzia. Il voto di astensione è probabilmente legato alla scelta di mediare una posizione europea unitaria in vista dell'appuntamento più grosso, quello per il riconoscimento dell'Onu. Ma è difficile credere in qualsiasi mediazione. Le maggioranze automatiche dei paesi islamici con i «non allineati» e gli opportunisti europei daranno sempre ragione a chi ha torto.
È la prima agenzia dell'Onu a riconoscere come membro pieno Abu Mazen. È un gesto simbolico di una pesantezza inaudita dati i precedenti dell'Unesco, che ha dimostrato di essere professionalmente antisraeliana e dato che avviene mentre i palestinesi cercano la scorciatoia di evitare ogni trattativa per la pace. L'Unesco segue di fatto l'impostazione negazionista fondata da Arafat quando proclamò che il Monte del Tempio non era mai stata la sede del famosissimo tempio di Erode, una delle meraviglie del mondo di cui ci sono infinite tracce bibliche e storiche, e che si erge con i suoi reperti archeologici sopravvissuti alla distruzione romana che il mondo arabo seguita a cercare di cancellare. Cancellare l'eredità culturale ebraica in Israele infatti significa cancellarne la legittimità storica a risiedere a casa propria, e Arafat lo capì bene. L'archeologo Barkat ha dichiarato che si tratta di un negazionismo peggiore di quello della Shoah, Bill Clinton intimò a Arafat di smetterla di negare la presenza degli ebrei nella storia di Israele pena la sua uscita dai colloqui di Camp David: ma l'Unesco ha preso la fiaccola e ha lavorato sodo per cancellare i legami fra gli ebrei e la loro terra. Infatti l'agenzia dell'Onu ha adottato nella sessione di ottobre una proposta araba che dichiara che la cava dei patriarchi (cioè la fortezza di Hevron probabilmente costruita da Erode dove è situata la tomba dei padri d'Israele Abramo Isacco e Giacobbe) e la tomba di Rachele, dove da sempre le donne ebree pregano per la loro fertilità sono «siti palestinesi»,come anche la tomba di Giuseppe. Questa presa di posizione si è accompagnata a molte mosse di delegittimazione, come una conferenza su Gerusalemme da cui Israele è stata esclusa. Adesso i palestinesi cercheranno l'affidamento culturale per Betlemme, luogo di nascita di Gesù dove i cristiani, in costante diminuzione, soffrono la dominazione musulmana, e di chissà quanti altri siti cari alla tradizione cristiana e a quella ebraica. Si potrebbe arrivare al Santo Sepolcro. Ora, è provato che quando lo Stato d'Israele prende cura dei siti archeologici, consente a tutte le religioni libertà di accesso e di gestione. Non si conosce un'attitudine simile nei Paesi musulmani, e quel che possano fare i palestinesi fra cui l'influenza di Hamas è potentissima, è ignoto.
L'Autonomia Palestinese ha cercato questo riconoscimento con tutte le sue forze, e mentre Abu Mazen rifiuta in ogni modo di tornare al tavolo della trattativa e piovono missili sul nord d'Israele, riceve tuttavia questo regalo contro ogni spirito di buon senso. A che gioco giochiamo noi europei?

(il Giornale, 1 novembre 2011)


«Con gli accordi di pace i nemici di Israele, non riuscendo ad abbatterlo subito con la violenza, sono riusciti a metterlo su un piano inclinato. Con piccoli e graduali scossoni provano ripetutamente, con pazienza e tenacia, a farlo scivolare dolcemente sempre più in basso, aspettando soltanto il momento in cui sarà arrivato abbastanza in basso da non esserci più bisogno del piano inclinato: una mazzata e via.»
Fiamma Nirenstein ha già sentito queste parole, ma forse non vi ha dato troppo peso. Il riconoscimento all’Unesco della cricca palestinese è un altro scossone su quel piano inclinato. E’ vano sperare di frenare lo scivolamento in basso della posizione internazionale di Israele con azioni diplomatiche. Avendo accettato il fatto che si potesse semplicemente parlare di uno stato palestinese, si è implicitamente approvato il fatto che alla fine non abbia più senso parlare di uno stato ebraico. A questo vogliono arrivare le nazioni, e nella loro mente le trattative servono soltanto a determinare la velocità con cui è possibile arrivarci. M.C.

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Quelle lettere da Brooklyn per Gheddafi

Tra la vasta e spesso discutibile umanità con cui Mohammed Gheddafi ha intrattenuto una qualche forma di relazione durante la sua lunga dittatura, tutto ci si aspetterebbe di trovare fuorché un fioraio ebreo di Brooklyn in pensione. Eppure Louis Schlamowitz era per il Rais quello che si usa definire un "amico di penna". A rivelarlo è stato lo stesso Schlamowitz in una intervista rilasciata ieri al New York Post. "Ho iniziato a scrivergli dalla fine degli anni Sessanta ricevendo in cambio numerose lettere e fotografie autografate" ha spiegato Louis, 81 anni, mostrando orgoglioso i suoi trofei. "È stato un buon amico di penna, ho sempre trovato encomiabile il fatto che mi rispondesse pur essendo il sottoscritto un signor nessuno". La 'pen friendship' tra i due nasce con una lettera di congratulazioni inviata a Gheddafi nei giorni successivi alla rivoluzione del 1969. La lettera è condita da una richiesta: "Può gentilmente inviarmi un suo ritratto per la mia collezione di foto del Medio Oriente?". Una richiesta apparentemente senza molte chance di riuscita. Eppure, a sorpresa, l'esito finale è positivo: dopo circa un mese nella cassetta della posta fa infatti capolino una foto autografata del Colonnello assieme a una nota in cui il diretto interessato esprime apprezzamento per il "kind message" ricevuto. È quello l'inizio di un lungo quanto singolare rapporto epistolare che durerà circa un ventennio sopravvivendo a divergenze ideologiche, politiche e di altro tipo. "Spesso non condividevo la sua politica, specie nei confronti di Israele, e non ho mancato occasione di scriverlo. Ma non è obbligatorio essere d'accordo con il proprio interlocutore per allacciare una corrispondenza" puntualizza Louis, che annovera tra i suoi vecchi 'pen friends' perfino l'Ayatollah Khomeini, "amicizia" che unita a quella con Gheddafi gli valse in un paio di casi la visita nel proprio appartamento di agenti della CIA. Il giochino si rompe però sul finire degli anni Ottanta con la strage di Lockerbie. Dopo un breve periodo di meditazione Louis prende carta e penna. Usa poche parole, ma ficcanti: "Se non ti prenderai cura della tua gente, la gente un giorno si prenderà cura di te". Guardando ai fatti delle ultime settimane, un messaggio premonitore. Un messaggio che non fu però aperto e tornò al destinatario intonso chiudendo per sempre la corrispondenza tra i due. Ventitre anni dopo, la fine di un'era. "Mi è molto dispiaciuto vedere le ultimi immagini di Gheddafi trattato in quel modo barbaro" ha detto Schlamowitz. "But that's politics".

(Notiziario Ucei, 1 novembre 2011)

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Il Canada minaccia: via dall'Unesco

Il Canada "non è contento" del riconoscimento della Palestina da parte dell'Unesco e rimette in discussione la sua partecipazione all'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura. A lanciare l'avvertimento è stato il ministro degli Esteri canadese John Baird. "Non siamo contenti della decisione dell'Unesco - ha spiegato Baird interpellato dai giornalisti - valuteremo quale sarà la nostra risposta".
"Stiamo comunque riflettendo sul futuro della nostra partecipazione" all'agenzia dell'Onu, ha proseguito il capo della diplomazia canadese sottolineando come l'Unesco faccia un "lavoro molto importante" soprattutto per quanto riguarda la salvaguardia del patrimonio mondiale. La conferenza generale dell'Unesco ieri ha votato a favore dell'adesione della Palestina come membro a pieno titolo dell'organizzazione. La risoluzione è stata adottata con 107 voti a favore, 52 astenuti e 14 voti contrari. Tra i paesi che hanno votato no, oltre agli Stati Uniti c'erano appunto il Canada e la Germania.
Italia e Regno Unito si sono astenuti, mentre la Francia, la Cina, l'India hanno votato a favore, insieme alla quasi totalità dei Paesi arabi, africani e latino-americani. Washington ha annunciato quasi subito la sospensione di un versamento di 60 milioni di dollari destinato all'agenzia: una misura automatica, visto che due leggi approvate negli anni '90 dagli Usa, da sempre alleato fedele di Israele, vietano espressamente il finanziamento di qualsiasi organizzazione Onu che accetti la Palestina come membro a pieno titolo.
La sospensione dei finanziamenti americani rappresenta un duro colpo per l'Unesco, visto che gli Usa da soli assicurano il 22 percento del suo bilancio con un contributo pari a 80 milioni di dollari l'anno. Il direttore generale dell'agenzia, Irina Bokova ha riconosciuto di essere "preoccupata per la stabilità del suo budget". "Cercheremo delle soluzioni pratiche per preservare le risorse finanziarie dell'Unesco" ha azzardato il direttore

(Affaritaliani.it, 1 novembre 2011)

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Notizie archiviate

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