Notizie su Israele 26 - 17 luglio 2001


<- precedente   seguente ->                                                                                               indice

Oracolo, parola del SIGNORE, riguardo a Israele. Parola del SIGNORE che ha disteso i cieli e fondata la terra, e che ha formato lo spirito dell'uomo dentro di lui. «Ecco, io farò di Gerusalemme una coppa di stordimento per tutti i popoli circostanti; questo concernerà anche Giuda, quando Gerusalemme sarà assediata. In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti e tutte le nazioni della terra si aduneranno contro di lei.

(Zaccaria 12.1-3)


LE NAZIONI UNITE ... CONTRO ISRAELE


Un documento dell'ONU equipara sionismo e razzismo
 
 Dal 31 agosto al 7 settembre si terrà a Durban (Sud Africa), come momento culminante dell'attuale "Anno internazionle contro il razzismo", la terza "Conferenza Mondiale contro il razzismo" delle Nazioni Unite. Mary Robinson, Alto Commissario dell'ONU per i diritti umani, promette che la Conferenza costituirà una pietra miliare nella lotta contro il razzismo e avrà "il potere di formare lo spirito del nuovo secolo sulla base della comune convinzione che siamo tutti membri della medesima famiglia umana". Tra i temi all'ordine del giorno si trova anche la bozza di una dichiarazione che condanna Israele per "crimini contro l'umanità" in relazione ai Palestinesi e indica gli sviluppi successivi al 1948 come "pulizia etnica della popolazione araba nella Palestina storica". Inoltre, secondo informazioni del "Jerusalem Post", la bozza della clausola 55 si esprime così:

 "Emergono grandi preoccupazioni per l'aumento delle pratiche razzistiche del Sionismo... e per la comparsa di movimenti violenti e razzistici che si basano sul razzismo e su idee discriminatorie, in particolare il movimento sionista, che si basa sull'idea della superiorità di una razza [quella ebrea]."

 Anche la clausola 25 prende di mira la politica degli insendiamenti di Israele. Sotto il titolo "Pulizia etnica, genocidio, schiavitù e simili crimini" si dice:

 "Constatiamo che l'occupazione straniera che si fonda su insediamenti di coloni e sulla discriminazione razziale con l'obiettivo di un'occupazione permanente, che fa ricorso a blocchi e sbarramenti di città e paesi, è in totale contrasto con i principi fondamentali delle Nazioni Unite. Questo rappresenta una nuova forma di apartheid, è un crimine contro l'umanità e una seria minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali."

 Il ministro degli Esteri Michael Melchior vede in tutto questo non soltanto una delegittimazione dello Stato di Israele in generale, ma anche un'attenuazione della gravità dei crimini commessi nel passato contro il popolo ebraico.
 Nell'ultima conferenza preparatoria che si terrà a Ginevra il 30 luglio prossimo si arriverà all'ultima votazione e possibile modificazione del documento. Se il Comitato di preparazione della conferenza dell'ONU approverà il documento nella stesura presente, il Sionismo diventerà il tema della prossima "Conferenza Mondiale contro il razzismo".

(ICEJ News, 15.07.01)



IMPOSSIBILE UN TRATTATO DI PACE CON ARAFAT


Intervista di Barak al Newsweek

 L'ex premier israeliano Ehud Barak ritiene che Israele non potra' raggiungere un trattato di pace con i palestinesi finche' Yasser Arafat sara' il loro leader. "La mia sensazione e' che non avremo un accordo di pace con Arafat - afferma Barak in un'intervista pubblicata domenica su Newsweek - Arafat non e' un Sadat palestinese o un re Hussein palestinese. Ha fatto ricorso alla violenza dopo il vertice di Camp David. Camp David era il suo momento della verità, perche' significava la fine di cio' che Arafat ha fatto per anni. Vale a dire, dichiarare in inglese di essere pronto a fare la pace e in arabo che bisogna eliminare Israele una fase dopo l'altra. Arafat - continua Barak - decise che solo tornando alla violenza poteva riguadagnarsi la simpatia del mondo. La sua indifferenza di fronte alle vittime e alle perdite palestinesi e' una tragedia per gli stessi palestinesi. Se quella palestinese fosse una societa' democratica, Arafat sarebbe gia' stato sostituito".
 Barak sostiene tuttavia che sarebbe un errore per Israele cercare di rimuovere Arafat: "E' l'ultima opzione, da prendere in considerazione solo se tutte le altre non funzionano e se riusciamo ad avere sostegno internazionale. E' un'opzione che puo' facilmente ritorcersi contro di noi, scatenando un intervento internazionale".
 A proposito dell'attuale primo ministro israeliano Ariel Sharon, Barak afferma che "sta facendo la cosa giusta, abbinando una campagna attiva di lotta contro i terroristi con una politica di autocontrollo che evita operazioni militari su larga scala che potrebbero colpire la popolazione civile palestinese".
 A proposito del processo di pace, l'opinione di Barak e' che "una volta crollati i presupposti su cui si basava il processo di Oslo, a posteriori sorgono molti dubbi su tutto quello che e' accaduto dal 1996 in poi. Forse Arafat ci ha imbrogliati tutti quanti. Lo scopo dei colloqui di Camp David era proprio quello di vedere se avevamo un vero partner disposto ad accettare idee molto avanzate come base per un accordo. Ero pronto ad assumermi grossi rischi - conclude l'ex primo ministro israeliano - ma   Arafat rifiuto'. Ci disse che non poteva accettare quelle idee come base per un negoziato e che esigeva il diritto al ritorno [dei profughi palestinesi e dei loro discendenti all'interno di Israele] e la piena sovranita' su tutto il Monte del Tempio [a Gerusalemme]. In altri termini, l'eliminazione di Israele. C'a' una linea sottile fra accettare rischi calcolati e cedere alle minacce del terrorismo. Io non ero disposto a oltrepassare quella linea".

(Jerusalem Post, 16.07.01)



CONFLITTUALITA' CRESCENTE


MEDIO ORIENTE SENZA PACE

Articolo di MICHELE GIORGIO

GERUSALEMME. Faccia a faccia tra Shimon Peres e Yasser Arafat ieri in Egitto. Eppure mentre il ministro degli esteri israeliano e il presidente palestinese riallacciavano il dialogo interrotto da mesi, in Cisgiordania e Gaza la situazione si faceva più grave. Le ultime 24 ore sono state segnate da scontri a fuoco, attentati falliti solo per miracolo e ferimenti che hanno coinvolto anche bambini.
 Una bimba palestinese di otto anni infatti è stata ferita colpi d'arma da fuoco esplosi dagli insediamenti israeliani al centro di Hebron (Cisgiordania) in direzione dei quartieri arabi. Poco dopo palestinesi armati hanno sparato contro le postazioni dell'esercito israeliano nel centro della città e contro uno scuolabus israeliano lungo la strada che collega gli insediamenti ebraici di Avnei Hefetz ed Einav, sempre in Cisgiordania, senza fare feriti tra gli scolari. Un ordigno è successivamente esploso in una zona centrale di Mavasseret Zion, una cittadina alle porte di Gerusalemme. La deflagrazione soltanto per un miracolo non ha provocato vittime. La paura è stata forte tra gli abitanti del piccolo centro ma la bomba ha fatto solo danni lievi.
 Ad avvicinare palestinesi e israeliani al baratro di un conflitto totale - nonostante i colloqui tra Peres e Arafat - è soprattutto la conflittualità crescente tra i palestinesi e i coloni ebrei che vivono negli insediamenti costruiti da Israele, su terre palestinesi confiscate dopo il 1967. La situazione è critica soprattutto nei distretti di Nablus e Hebron. Ieri la radio militare israeliana ha riferito che, con volantini distribuiti nelle sinagoghe, i coloni ebrei hanno minacciato di vendicare i loro compagni uccisi tre giorni fa in agguati nella zona di Hebron. «Vogliamo giustizia, vogliamo vendetta» hanno scritto i coloni. Il rabbino Elyakim Levanon, uno dei leader dei coloni, ha ammonito che «la mancanza di risposta alle violenze sta facendo sì che anche i più moderati diventino estremisti». E che il fermento nella destra israeliana più estrema e negli ambienti religiosi più oltranzisti sia cresciuto fino a toccare il livello di guardia è stato confermato dall'occupazione sabato notte a Hebron di due case palestinesi da parte di decine di giovani studenti del collegio rabbinico. Soltanto ieri pomeriggio, su insistenza dell'esercito, i giovani coloni ebrei hanno accettato di evacuare lo stabile. A Gerusalemme, nelle stesse ore, tre palestinesi erano stati accoltellati da un gruppo di estremisti israeliani durante una rissa esplosa, ha spiegato il portavoce della polizia, per motivi nazionalistici.
 Il governo del premier Ariel Sharon continua a ritenere responsabile della situazione l'Autorità nazionale palestinese di Arafat che, afferma, non fa nulla per prevenire attacchi armati e scontri a fuoco. I palestinesi ribattono che l'esecutivo israeliano continua la colonizzazione dei Territori occupati e a chiudere qualsiasi strada che porta alla ripresa delle trattative. Proprio ieri il governo israeliano ha deciso la costituzione di nuovi centri abitati ad Halutza, nel deserto del Negev, quindi dentro i confini dello stato ebraico, ma in un settore adiacente alla striscia di Gaza.

(Il Mattino, 16.07.01)



LIBRI


Benjamin und Ruben Berger, "Israel und die Kirche - Endzeitliche Perspektiven",
Echad-Verlag, CH-8634 Hombrechtikon, 1993.


INDIRIZZI INTERNET


Bridges for peace
http://www.bridgesforpeace.com/