Notizie su Israele 105 - 19 giugno 2002


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In quel tempo, io agirò contro tutti quelli che ti opprimono; salverò la pecora che zoppica, raccoglierò quella che è stata cacciata via, e li renderò gloriosi e famosi, in tutti i paesi dove sono stati nella vergogna. In quel tempo, io vi ricondurrò; in quel tempo, vi raccoglierò; perché vi renderò famosi e gloriosi fra tutti i popoli della terra, quando farò tornare, sotto i vostri occhi, quelli che sono in esilio», dice il SIGNORE.

(Sofonia 3:19-20)



CAMPI PROFUGHI E TERRORISMO


Jenin, il terrorismo e l'Onu

di Aviel Schneider


GERUSALEMME - Il campo profughi palestinese di Jenin è uno dei 26 che si trovano nei territori dell'Autonomia Palestinese (18 in Giudea-Samaria e 8 nella striscia di Gaza). Negli ultimi anni questi campi sono diventati roccheforti delle cellule terroristiche palestinesi. Una delle più pericolose cellule terrostiche di musulmani fanatici ha operato, fin dallo scoppio della recente Al-Aqsa intifada, nel campo profughi di Jenin. Non per nulla Jenin è stata denominata "la fabbrica del terrorismo".
    "Di tutti i militanti, noi eravamo i meglio preparati" ha dichiarato il terrorista Omar al giornale egiziano Al-Ahram pochi giorni dopo i combattimenti in Jenin. "Il nostro piano era di tendere in Jenin una trappola ai soldati israeliani e di far saltare in aria ogni persona che fosse entrata nel campo profughi."
    Dopo la visita a Jenin del delegato americano, il Ministro degli Esteri Colin Powell ha chiarito che a Jenin gli Israeliani non hanno fatto nessun massacro, come invece i palestinesi continuavano a dire. Israele ha scelto una strategia di terra e non un bombardamento del campo profughi proprio per risparmiare i 13.000 del campo palestinese e combattere in modo mirato soltanto i terroristi. Per questo nei combattimenti contro i terroristi del campo profughi di Jenin hanno perso la vita 23 soldati israeliani. "Non avevamo altra scelta, se non quella di dare la caccia ai terroristi che si nascondevano tra la popolazione civile e avevano con sé armi ed esplosivi" ha scritto il commentatore di sinistra Ammon Dankner sul giornale Maariv. "Non abbiamo raso al suolo il campo con bombardamenti dall'aria, ma abbiamo combattuto di casa in casa. In questo modo abbiamo perduto tanti soldati, ma è perché abbiamo scelto una strategia umana e moralmente difendibile, cercando di risparmiare gli innocenti."
    Dei 50 palestinesi morti trovati tra le macerie, 45 erano armati e in uniforme. Soltanto 5 erano civili. All'inizio i palestinesi hanno parlato di una fossa comune con 600 massacrati. Dove sono i corpi? L'ufficiale israeliano Joni Wolf, che ha combattuto a Jenin, ha dichiarato: "Le ruspe entravano in gioco soltanto quando vedevamo che una casa era occupata da terroristi o ci impediva di raggiungere una posizione importante". Inoltre ha riferito che due volte al giorno da parte israeliana si faceva una pausa e  un pubblico appello ai terroristi invitandoli ad arrendersi. "Molti l'hanno fatto. E anche dopo che avevamo cominciato, ogni tanto ci fermavamo per vedere se qualcuno usciva fuori. Soltanto dopo questo i bulldozer distruggevano la casa", ha detto Wolf.

L'ONU dirige il campo profughi

    Ma prima che le Nazioni Unite accusino Israele  di un massacro, l'ONU dovrebbe chiedersi qual è la sua corresponsabilità, e come e perché i campi profughi palestinesi sono potuti diventare centri terroristici. Perché nel tiro incrociato di accuse contro Israele si è dimenticato che il campo profughi palestinese di Jenin è diretto, come tutti gli altri, dall'UNWRA (United Nations Relief and Work Agency for Palestinian Refugees), un organo dell'ONU, responsabile dei campi profughi palestinesi.
    "E' da molto tempo uno scandalo dell'ONU il fatto che l'UNWRA si sia piegata alla linea di partito araba, che vuole mantenere i campi profughi come soggiorni provvisori", ha dichiarato il professore israeliano Shlomo Avineri, e ne ha dato anche il motivo. "Perché soltanto così i palestinesi e l'UNWRA possono continuare a pretendere che i profughi palestinesi non perdano lo stato giuridico di profughi. E in questo modo possono anche mantenere viva la richiesta di un ritorno in Israele dei profughi palestinesi." Per questo motivo l'Autonomia Palestinese di Yasser Arafat negli ultimi anni non ha investito niente per lo sviluppo dei campi profughi, nonostante che abbia ricevuto sostegno finanziario dagli USA e dagli Stati europei proprio per questo scopo. "Ogni tentativo di promuovere un programma di riabilitazione, o anche soltanto di migliorare le condizioni dei profughi, è stato vanificato dai politici arabi. In questo modo hanno di proposito mantenuto i palestinesi in miseria per non indebolire la loro rivendicazione contro Israele", ha dichiarato il professor Avineri.


12.500 palestinesi sono impiegati dell'ONU

L'alto numero di palestinesi che sono impiegati dell'ONU nei campi profughi è veramente strano: 12.500, di cui 4.500 in Giudea-Samaria e 8.000 nella striscia di Gaza. I palestinesi che nei campi profughi sono impiegati dell'ONU e pagati dall'ONU, lavorano come direttori, impiegati d'ufficio, assistenti sociali e insegnanti. Questo spiega perché l'ONU non ha fatto nulla per impedire l'installazione di centri terroristici nei campi profughi. In altre parole:
    
Dipendente palestinese dell'ONU
gli impiegati dell'ONU hanno di proposito fatto finta di non vedere le intenzioni terroristiche e anzi hanno preso parte attiva al terrorismo.
    Per la parte palestinese l'ONU mostra sempre comprensione, mai per quella israeliana. Nel mese di marzo più di 130 israeliani sono stati uccisi dai terroristi palestinesi, e l'ONU non ha fatto nessuna critica ai palestinesi. 28 ebrei hanno perso la vita durante la sera del Seder ebraico nell'hotel Park a Netania. Ha condannato l'ONU i palestinesi per questo? "Lo spargimento di sangue da entrambe le parti deve cessare" ha detto allora e continua a dire anche oggi il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan. Ma che cosa può aspettarsi Israele dall'ONU, se dei 189 Stati membri, 52 sono Stati musulmani? Niente, io credo!
    Ma come al solito l'ONU si sottrae a ogni autocritica. Le inevitabili conseguenze che se ne traggono non vengono riconosciute, come nel caso di Srebrenica 1995, dove le truppe di pace dell'ONU furono indubbiamente corresponsabili del massacro di 7.000 musulmani. L'Onu dovrebbe anzitutto indagare su se stessa e controllare se fra gli impiegati delle sue agenzie per i profughi non vi siano persone implicate, direttamente o indirettamente, in attivita' terroristiche.
    "Come organizzazione internazionale per la pace nel mondo, l'Onu deve prima di tutto fare pulizia in casa propria" ha detto il prof. Avineri. "Non ci si puo' ergere a giudici degli altri quando la propria stessa organizzazione ha la mani macchiate di sangue, anche se solo indirettamente."
    Ad uso dei media stranieri e  delle organizzazioni per i diritti dell'uomo i palestinesi hanno messo in scena anche dei funerali. Il portavoce dell'esercito israeliano ha pubblicato una ripresa aerea del 28 aprile in Jenin, in cui si vede un "morto" palestinese che casca dalla bara e scappa via.  "Con i finti cortei funebri i palestinesi vogliono far credere che ci sia stato un alto numero di morti a Jenin", ha detto la portavoce dell'esercito israeliano, Miri Eisen. "Noi lo sapevamo, ma nessuno ci credeva".
 
   
   Giubbotto antiproiettile dellONU
e manifesti di "martiri" palestinesi
in un ufficio dell'ONU a Jenin
    Alla fine di aprile alcuni palestinesi di Jenin hanno raccontato ai giornalisti che i funzionari dell'Autonomia hanno cercato di riempire la "fresca fossa comune" di Jenin con 26 salme provenienti dal cimitero della città per simulare in questo modo un più alto numero di morti nella fossa. Gli abitanti di Jenin sono anche stati intimiditi dai delegati dell'ONU e invitati a non dire niente sui combattimenti con i soldati israeliani, e a non farsi scappare parola sulle azioni dei terroristi palestinesi nei campi profughi.

(nai - israel heute, maggio 2002)



IL POSTO ADATTO PER LA SEDE DEL CONSIGLIO DELL'ONU


La sede del quartier generale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente si trova a Gerusalemme, su una collina che il Talmud chiama "Il monte del cattivo consiglio".
    Nel punto dove adesso si trova l'edificio dell'ONU c'era una volta il palazzo di Caifa, dove in segreto si facevano gli intrighi che poi venivano annunciati in pubblico.

(nai - israel heute, maggio 2002)



PARLA IL PADRE DI UNA VITTIMA DEI KAMIKAZE


Dorom Mencel gira il mondo per spiegare il dramma degli israeliani
   
«Europei, potrebbe toccare a voi»

    TORINO «Chi si ricorda dello sgomento che la strage di piazza Fontana seminò negli animi degli italiani sappia che i civili d´Israele vivono due tragedie del genere la settimana, provocate dagli assassini dell´integralismo islamico. Se ne guardino per tempo l´Italia e certa Europa. La loro comprensione per la causa palestinese viene considerata solo debolezza da chi arma i kamikaze suicidi».
    Dorom Mencel, medico israeliano, ha deciso di gridarlo a tutto il mondo occidentale. Lo fa senza odio, ma con composto dolore. E´ quello di un padre che ha visto la figlia dilaniata da una bomba, a Haifa. «Accadde il 31 marzo scorso - ricorda - al ristorante Maza. Un terrorista suicida si fece deflagrare e si portò via anche la vita di mia figlia Daniel. Aveva 22 anni. E´ morta fra 17 ragazzi. La televisione diede la notizia. Cercai di telefonare subito a Daniel. Sapevo che sarebbe andata a pranzare in quel ristorante. Lei però non rispondeva. Mi precipitai sul posto, vidi la sua macchina. E capii». E dopo? «Rimasi come inebetito. Pochi giorni dopo mancò anche mia madre.
    Vissi 14 giorni di lutto, passati su un divano, con gli occhi spalancati, a ricevere il conforto di amici e parenti. Poi decisi che dovevo spiegare al mondo che cosa vive Israele. Io non sono un politico e nemmeno un militare. Non ho soluzioni da indicare. Ma voglio che la gente sappia che cosa prova il popolo israeliano. Ho incominciato a farlo un po´ come psicoterapia, per riprendermi dal dolore. Ora lo considero un dovere civile».
   Oggi [16 giugno] Mencel parlerà a Torino, alle 18,30, presso la Cambridge Academy, in corso Vittorio Emanuele 64. Ma ha già tenuto conferenze a Roma e a Bologna. Nei prossimi giorni si recherà a Milano, Bolzano, Trieste.


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Voglio - dice - che l´Europa capisca il pericolo del fondamentalismo islamico, prima di doverlo provare sul proprio territorio. E´ gente che non cerca alcun dialogo, che fa leva su fanatici. Sono anch´essi vittime di mandanti che non vogliono la pace, perché nell´economia di guerra si arricchiscono proprio con gli aiuti che il mondo occidentale manda alle popolazioni palestinesi. Quei soldi non le raggiungono. In mezzo secolo sono stati stanziati più di 4 miliardi di dollari a sostegno delle sofferenze dei profughi. Ma non sono serviti a costruire scuole, ospedali. Sono finite nelle tasche dei signorotti della guerra, che li hanno spesi per sè e per comperare armi».
    Mencel è rimasto molto colpito «dalle televisioni occidentali, che indulgono sui carri armati israeliani, magari ripresi dinanzi a una vecchietta palestinese. Sembra il confronto fra l´arrogante Golia e il più umile David. Ma non è così. Dietro quei carri c´è uno Stato grande come la Puglia che pratica la democrazia, con un vibrato dibattito interno, a fronte dell´intero mondo arabo, che lo vuole distruggere con l´animosità di raíss politici che di democrazia praticano ben poco. No, il vero David è sempre Israele».
    E´ un discorso che riconosce «l´esistenza di persone che vogliono la pace anche fra i palestinesi. Per esprimersi devono però essere liberati dalla paura». Con quale mezzo? «L´Europa deve smettere di chiudere gli occhi. Nel mondo islamico ci sono scale di valori diverse da quelle dei paesi occidentali. La disponibilità e la comprensione non sempre vengono considerate per quello che sono da noi. I fondamentalisti le considerano segni di debolezza, di cui bisogna approfittare. Io non so come si possano disarmare i kamikaze. E´ gente che non sa che cosa sia la mediazione, che ha disprezzo per la vita. Per agire hanno però bisogno di armi. Se la comunità internazionale si dimostrerà ferma a negargliele e a frenare i flussi di denaro che le pagano, la ragione potrà prevalere in un civile confronto. L´Europa faccia attenzione a non apparire come quella persona che cercava di sfamare un coccodrillo nella speranza di essere mangiato per ultimo».

(La Stampa 16.6.02 - da Federazione Associazioni Italia-Israele)



NON PUO' ESISTERE UNA PACE SENZA LEGALITA'!


Un articolo di fondo del  Jerusalem Post

di Amnon Lord
    
    Un termine diventato comune tra giornalisti, intellettuali di sinistra in Europa e nell' ONU e' "okkupazione illegale".
    Questa astrazione che piace tanto a Mary Robinson,alto commissario ONU per i diritti umani, dovrebbe realizzare il miracolo di rendere legale l'assassinio di massa di ebrei in Israele attuato da organizzazioni di terroristi musulmani.
    Qualsiasi propagandista palestinese dice: "Non ci sara' pace finche dura l'occupazione".
    Se chiamata "okkupazione" o "okkupazione illegale" e' giunto il momento di sbuggiardare questo termine propagandistico.
    La situazione legale, riconosciuta dalla comunita' internazionale, e' che lo stato di Israele e' sovrano sull'intera area della Cisgiordania (Giudea e Samaria) e Gaza. Dopo gli accordi di Oslo c'e' stato un graduale trasferimento di potere di questi territori contesi all'autorita' palestinese che e' stata creata proprio da questi accordi.
    I territori sono stati divisi in un'area dove Israele detiene la responsabilita' per quanto riguarda la sicurezza ed aree dove l'autorita' palestinese detiene questa responsabilita'.
    Piu' del 95% degli arabi palestinesi sono  passati sotto il potere dell'autorita' palestinese.
    Come disse il ministro degli esteri Shimon Peres nell'ottobre 95 dopo la firma di Oslo2: "L'occupazione e' terminata; non governiamo piu' su un altro popolo."
    Le nazioni unite e la comunita' mondiale hanno accettato che la guerra dei sei giorni era una guerra di difesa.
    Questo e' importante perche' nella risoluzione 242 delle nazioni unite del novembre 1967 e' stato riconosciuto il diritto di Israele di mantenere il controllo di questi territori fino al raggiungimento di un accordo di pace tra Israele e i suoi nemici arabi.
    Non c'e' stata nessuna pretesa che Israele trasferisca questi territori ad un nemico che li trasformerebbe in una base di lancio di aggressione militare o terroristica contro lo stato di Israele.
    Ancor di piu', la storia legale della Cisgiordania fornisce ad Israele la legittima pretesa di sovranita' su tutto il territorio che va dal mediterraneo al fiume giordano.
    La sovranita' giordana su questi territori (ottenuta grazie ad una guerra di aggressione nel 1948) non e' mai stata riconosciuta dalla comunita' internazionale.
    Infatti, il mandato britannico lo destinava agli ebrei come parte dello stato ebraico. Questo e' stato ratificato dalla lega delle nazioni nel 1922 e 1923.
    Dopo la prima guerra mondiale, un prestigioso statista come Thomas Massarik dichiaro' che se l'unico risultato di quella guerra fosse stato la creazione di uno stato ebraico, sarebbe in qualche modo una consolazione per il terribile spargimento di sangue che quella guerra ha comportato.
    Da allora ci fu un' altra guerra mondiale, seguita dalla creazione delle Nazioni Unite; ma il piano di partizione del novembre 1947 non aboliva gli impegni internazionali precedenti, specialmente da quando gli arabi li avevano rigettati.
    Il vero cambiamento avvenuto dopo la seconda guerra mondiale era la criminalizzazione della guerra.
    Lo statuto delle Nazioni Unite stabilisce chiaramente (articolo 2.4) che l'uso della forza o la minaccia di usare la forza e' proibita, trasformando ogni forma di aggressione verso uno stato membro in un atto criminale.
    La guerra non e' riconosciuta come pretesa di uno stato legale. Ma ancor di piu' la convenzione di Vienna del 1969 ha stabilito che qualsiasi accordo internazionale firmato sotto una minaccia violenta o come risultato dell'uso di una violenza e' illegale.
    E' precisamente questa nuova disposizione della legge internazionale che la diabolica propaganda diffusa dagli arabi tenta di nascondere all'opinione pubblica.
    L'intera campagna incessante e ripetitiva di "okkupazione", serve per giustificare il crimine di mantenere da parte degli arabi, uno stato di guerra illegale contro Israele per piu' di 54 anni.
    Gli arabi sono riusciti ad instillare nella mente della comunita' internazionale l'idea che la guerra e' una condizione naturale dei rapporti tra gli arabi e lo stato di Israele.
    Sono riusciti nel loro intento in un modo così brillante che malgrado il crimine perpetuato da loro di mantenere uno stato di guerra contro Israele, ci si aspetta che Israele faccia delle concessioni agli aggressori se aspirano a vivere in pace, la stessa pace che era il suo diritto naturale dalla nascita.
    La campagna attuale dei palestinesi segue la tradizione degli stati arabi a partire dal 1948: non cambia  quale accordo viene firmato, si continua a mantenere lo stato di guerra contro Israele.
    Qualsiasi pretesa che loro possono avere giustifica la continuazione dell'aggressione contro Israele.
    L'attuale ciclo di aggressione araba contro Israele ha preso la forma di una sistematica offensiva ed un sistematico massacro della popolazione civile israeliana.
    Molti politici europei e persino istituzioni dell'Onu come il comitato per i diritti umani collaborano e sostengono questo crimine contro l'umanita'. E siccome sono coscienti delle atrocita' commesse contro civili israeliani, lavano le loro coscienze nascondendosi dietro il termine di "okkupazione illegale".
    Il punto e' che l'enclave terroristica stabilita nell'area controllata dall'autorita' palestinese riflette l'essenza del regime dell'OLP in cui e' assente il regno della legalita'.
   
(Federazione Associazioni Italia-Israele, 16.06.02)



FATAH: INVADERE ISRAELE PER "LIBERARE" GLI EBREI


    "Respingere il diritto al ritorno [all'interno di Israele di tutti i profughi palestinesi e dei loro discendenti] - si legge sul sito web di Fatah - significa continuare la guerra all'infinito e bloccare la strada a qualunque possibilita' di coesistenza tra i palestinesi cristiani e musulmani e gli israeliani. Questa coesistenza - prosegue Fatah - puo' essere realizzata solo nel quadro di future relazioni democratiche all'interno della Palestina storica che garantira' pace e sicurezza. Il diritto al ritorno non punta a distruggere Israele come sostengono i sionisti. Il diritto al ritorno vuole aiutare gli ebrei a liberarsi del sionismo razzista che impone loro un isolamento permanente dal resto del mondo".
    Questo, dunque, il progetto enunciato sul sito web del movimento Fatah, il principale movimento dell'Olp presieduto e finanziato da Yasser Arafat, che fra l'altro respinge anche ogni diritto di Israele su qualunque sito di Gerusalemme connesso alla storia ebraica, Muro Occidentale compreso. Secondo Fatah, la soluzione del conflitto si avra' solo quando gli ebrei, finalmente affrancati dal giogo del regime sionista, accetteranno di vivere in una Palestina arabo-musulmana, come minoranza garantita dall'istituzione di "relazioni democratiche" con la maggioranza araba, garanzie notoriamente abbondanti nel Medio Oriente arabo-islamico, Autorita' Palestinese compresa.
    L'ondata di attentati terroristici, anche suicidi, fomentata da Fatah in questi ultimi mesi contro la societa' israeliana dimostra che i progetti enunciati sul sito web non sono solo parole, ma rappresentano piuttosto il solito vecchio sogno di distruggere Israele quale espressione dell'autodeterminazione del popolo ebraico e del suo diritto a governare il proprio destino.

(Jerusalem Post, 12.06.02 - da israele.net)



LA COLPA DEL TERRORISMO MONDIALE


Il fondatore della CNN americana, Ted Turner, che con le sue notizie è diventato miliardario, ha dichiarato pubblicamente che la colpa del terrorismo mondiale è degli israeliani, e la moglie del Premier britannico Tony Blair, Cherie, ha detto di avere comprensione per il terrorismo palestinese. In seguito però la dichiarazione, su pressione di membri del governo inglese, è stata ritirata.

(Stimme aus Jerusalem, 19.06.02)



L'AIUTO DEI PARTECIPANTI AL CONGRESSO SIONISTA


A distanza di quattro ore dal sanguinoso attentato in Gerusalemme di ieri, i partecipanti al 34° Congresso Sionista hanno offerto il sangue. Più tardi hanno partecipato ai funerali delle vittime, hanno visitato i feriti negli ospedali e i familiari delle vittime, per portare il loro conforto.

(Stimme aus Jerusalem, 19.06.02)



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