Notizie su Israele 151 - 26 gennaio 2003


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Così parla il SIGNORE, che ha dato il sole come luce del giorno e le leggi alla luna e alle stelle perché siano luce alla notte; che solleva il mare in modo che ne mugghiano le onde; colui che ha nome: il SIGNORE degli eserciti. «Se quelle leggi verranno a mancare davanti a me», dice il SIGNORE, «allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza».

(Geremia 31:35-36)



GIORNATA DELLA MEMORIA


di Chayiah Liv

Per ricordare la persecuzione degli ebrei culminata nella Shoah e con lo scopo di diffondere e rafforzare nelle giovani generazioni sentimenti di solidarietà, di pacifica convivenza, di rispetto della libertà e della dignità umana, il Parlamento italiano, con legge 211/2000, ha istituito il 27 gennaio "Giornata della memoria".

    Il 27 gennaio 1945 un'avanguardia della sessantesima armata sovietica, raggiunta la località di Monowitz, fece saltare i cancelli del campo di lavoro principale, Auschwitz I e del campo di sterminio Auschwitz-Birkenau. Immediatamente dopo la detonazione, i soldati russi assistettero increduli allo spettacolo di una folla di prigionieri che come scheletrici spettri uscivano lentamente dalle baracche del campo. Sui corpi martoriati erano chiari i segni delle torture inflitte loro dagli aguzzini nazisti, ma era soprattutto nei loro occhi che si poteva leggere l'indicibile orrore che erano stati costretti a vivere in quell'inferno. Un inferno che fino ad allora nessuno sembrava avere neppure immaginato. Le ineffabili sofferenze e gli assassinii subiti da milioni di ebrei, e da un altro consistente numero di prigionieri non ebrei, tra cui nomadi, malati, handicappati, neri, omosessuali, avversari politici, persone considerate di razza inferiore, dannose o di peso per lo splendore del Terzo Reich, erano semplicemente passati inosservati. Milioni di ebrei erano spariti nel nulla, dopo essere stati trascinati via dalle loro case, rinchiusi per giorni in vagoni sigillati, senza acqua, né cibo, né aria sufficiente e nessuno se ne era accorto, nessuno aveva sospettato nulla. La voce che circolava, secondo cui quelle persone venivano semplicemente costrette a lavorare per il Reich nei campi di lavoro, senza che venisse fatto loro alcun male, bastava a reprimere i sospetti che certamente molti dovevano nutrire sul vero destino degli ebrei scomparsi. La verità era troppo scomoda; riconoscerla avrebbe suscitato nelle coscienze almeno un barlume di fastidio, un certo disagio e forse un senso di colpa che avrebbe costretto molti ad agire, mettendo in pericolo la vita relativamente tranquilla che cercavano di condurre nonostante il regime dittatoriale e persino durante la guerra. Meglio non vedere, fingere di non accorgersi di quello che stava accadendo e lasciare che milioni di persone venissero torturate e sterminate. D'altra parte è anche probabile che per molti fosse davvero difficile immaginare la verità in tutto il suo orrore. Nonostante le passate persecuzioni già subite dal popolo ebraico, nessuno sterminio così sistematicamente organizzato era mai stato concepito ed effettuato contro gli ebrei né contro altri popoli.
    Le testimonianze dei sopravvissuti e le stesse testimonianze trovate negli archivi dei nazisti, i quali amavano filmare, fotografare e registrare ogni particolare dei loro efferati crimini, hanno svelato agli occhi del mondo il programma messo a punto con crudeltà e freddezza inaudite dal regime nazista per risolvere quella che eufemisticamente veniva chiamata la "questione ebraica", programma culminato nei campi di sterminio.
    Alla rivelazione degli orrori nazisti, la reazione più ovvia ed immediata del mondo intero fu di raccapriccio e di condanna, ed al popolo ebraico vennero offerti da più parti solidarietà, comprensione, simpatia, aiuto e persino affetto. Il mondo intero sembrò trovarsi d'accordo: orrori simili non dovevano ripetersi mai più. Il nazismo, come un anomalo caso di perversione di massa sfociato nello sterminio di sei milioni di ebrei, fu prima di tutto condannato e poi studiato ed analizzato nel tentativo di comprenderne le ragioni, affinché il mostro dell'antisemitismo che sembrava annientato, rimanesse sepolto per sempre.
    Per scongiurare il risorgere dei mostri, per prevenire la loro ricomparsa nel mondo, l'arma più efficace è il costante ricordo degli orrori che essi hanno suscitato. Chi dimentica, facilmente ripete gli stessi sbagli. Chi dimentica, non è in grado di insegnare ai propri figli come non ripetere gli stessi errori. Molti dei sopravvissuti ai lager nazisti oggi sono morti. Quelli che a quel tempo erano molto giovani, oggi non vengono più ascoltati come una volta. Molti libri e films che trattano l'argomento, dopo un primo momento di popolarità e di successo, sono stati dimenticati e messi da parte come articoli qualsiasi passati di moda. I documentari e le testimonianze dei sopravvissuti hanno presto annoiato un incredibile numero di persone. I giovani non conoscono la storia, molti libri scolastici esauriscono l'argomento in poche parole, con la scusa che è ancora troppo recente per essere trattato con la dovuta obiettività, scusa che troppo da vicino rammenta "la fredda obiettività" con cui molti nazisti trattavano la "questione ebraica".
    Pochi genitori ed insegnanti non ebrei spingono i loro figli ed alunni a leggere testi e guardare documenti e films sugli orrori delle leggi razziali e sullo sterminio degli ebrei. Persino tra gli stessi ebrei, molti evitano di parlare troppo spesso della Shoah, forse nel timore di annoiare, sovente per un vero e proprio senso di fastidio. Alcuni provano disagio nel ricordare i particolari meno nobili di un'esistenza che molti di loro o dei loro congiunti furono costretti a condurre nei lager, come se fossero essi stessi i colpevoli invece dei mostri che li spinsero a ciò, usando ogni mezzo per umiliarne la dignità umana, martoriando i loro corpi e piegando i loro spiriti con crudeltà infinita. Gli ebrei che avvertono questo sentimento debbono superarlo ricordando che pur tra indicibili sofferenze, ci furono nei lager molti ebrei che conservarono la loro dignità di uomini e di donne, cercando di spingere i compagni di sventura a conservarla anch'essi.
    Nonostante la particolare abilità degli aguzzini nazisti nel trovare i metodi più efficaci per piegare il corpo e la mente degli ebrei prigionieri, non dobbiamo dimenticare che tra questi ultimi vi furono molti che dimostrarono una grande forza morale. Dobbiamo ricordare che in alcuni casi ci furono persone che eroicamente e con disperato accanimento tentarono di organizzare gruppi di resistenza nei campi di concentramento e di sterminio. Dobbiamo ricordare che ci furono ebrei che tentarono di boicottare il lavoro svolto per i nazisti, pagando con la vita. Dobbiamo ricordare che ci furono ebrei che rifiutarono di sottomettersi e caddero sotto i colpi dei loro assassini recitando lo Shemà. Dobbiamo ricordare che ci furono bambini, giovani, donne e uomini che non ebbero il tempo di vedere la loro dignità calpestata dalla crudeltà del mostro nazista e portarono la loro innocenza incredula con sé nella morte. Ma anche se tra tutti gli ebrei torturati e morti nei lager non ci fosse stato un solo eroe, un solo individuo che avesse avuto la forza di lottare per la sua dignità, questo sarebbe umanamente comprensibile e non dovremmo vergognarcene. Devono invece vergognarsi quanti hanno finto di non accorgersi di ciò che stava accadendo, devono vergognarsi quei governi che non hanno preso una posizione di ferma condanna nei confronti dell'operato di Hitler e dei suoi complici fascisti, quelli cui le leggi razziali hanno fatto comodo e hanno proliferato sui beni e sulla pelle del nostro popolo, devono vergognarsi tutti quelli che per vigliaccheria o per opportunismo, hanno permesso che l'Olocausto si compisse.
    Non dobbiamo dimenticare e dobbiamo fare in modo che anche gli altri non dimentichino. Il mostro dell'antisemitismo non era morto, ma solo leggermente assopito, e si è risvegliato. Dobbiamo diffondere e mantenere viva la conoscenza degli orrori passati prima che sia troppo tardi, prima che tutti dimentichino e diano un nuovo inarrestabile vigore al mostro ormai sveglio. Facciamo in modo che la Giornata della memoria non passi inosservata. Promuoviamo soprattutto tra i giovani la lettura di libri che narrano le vicende di bambini e ragazzi ebrei al tempo delle leggi razziali o nei campi di sterminio. Il rischio di essere considerati noiosi e persino lagnosi, è un prezzo ben basso da pagare per tentare di mantenere viva la memoria della Shoah, per tentare di fermare il nuovo massacro degli ebrei, quello iniziato da tempo in Israele e di cui il mondo sembra non accorgersi.
    L'avversione piuttosto diffusa in Europa per la politica del governo Israeliano ha dato nuovo vigore all' antisemitismo, che presso i giovani europei ha cause complesse, ma tra cui sono spesso presenti anche la profonda ignoranza e l'assoluta insensibilità nei confronti dei motivi e degli avvenimenti che hanno portato all'Olocausto, ignoranza ed insensibilità nelle quali sono stati cresciuti da chi avrebbe dovuto occuparsi della loro educazione.
    Un nuovo nazi-fascismo sta iniziando nuovamente a dilagare in Italia ed in Europa; gruppi di nazi-fascisti rinascono, si rafforzano e reclamano il diritto di diffondere le loro idee; membri dei partiti di destra dedicano strade, targhe o monumenti a vecchi esponenti del partito fascista; le sinistre rivelano in maniera sconcertante di avere con i loro avversari politici di destra un unico punto in comune nel sentimento antisemita, se pure sovente camuffato da semplice disapprovazione per la politica israeliana.
    Sono molti i fronti su cui noi ebrei e chi ci è veramente amico dobbiamo impegnarci per combattere questi nuovi sentimenti di ostilità e di odio nei nostri confronti. Uno di questi comporta l'impegno a far sì che si mantenga costante il ricordo delle persecuzioni e del genocidio di cui furono vittime milioni di ebrei solo pochi decenni fa. I cancelli di Auschwitz furono abbattuti il 27 gennaio. Facciamo in modo che i cancelli dell'oblio non si alzino a racchiudere per sempre nel campo della dimenticanza e della noia le sofferenze subite dal nostro popolo. Ognuno di noi può trovare il modo per impegnarsi a far sì che il 27 gennaio sia davvero la Giornata della memoria.
    Una giornata per non dimenticare. Una giornata perché anche gli altri ricordino e si impegnino affinché non avvenga una seconda Shoah.

(Amici di Israele, 21.01.2003)



MINISTRO LIBANESE: "HEZBOLLAH DEVE INTENSIFICARE GLI ATTACCHI"


Ghazi Aridi, ministro libanese per l'informazione, ha esortato Hezbollah (fondamentalisti sciiti filo-iraniani sostenuti dalla Siria) a intensificare gli attacchi contro Israele. Lo riferisce il Beirut Daily Star.
    Parlando lunedi' [20 gennaio] a una manifestazione indetta nella capitale libanese per protestare contro la decisione del Canada di mettere al bando Hezbollah come gruppo terrorista, Aridi ha affermato che il ritiro di Israele dal Libano non elimina la necessita' da parte di Hezbollah di continuare le operazioni militari.
    Israele nel maggio 2000, in applicazione della risoluzione 425/78 del Consiglio di Sicurezza, ha completamente e unilateralmente ritirato le proprie forze dalla cosiddetta "fascia di sicurezza" nel Libano meridionale fino al confine internazionale sancito dall'Onu.
    "La pensiamo in modo molto diverso da coloro, dentro e fuori il Libano, che credono che la battaglia con Israele sia finita e che quindi la resistenza non sia piu' necessaria - ha detto il ministro libanese - Per noi la battaglia contro questo nemico e' solo passata a una fase ulteriore. Gli attacchi contro Israele sono una necessita', un dovere e un diritto. Chiediamo di intensificarli".
    Martedi', il giorno dopo il comizio di Ghazi Aridi, Hezbollah per la prima volta dopo quasi cinque mesi ha sparato decine di razzi anti-carro e colpi di mortaio contro postazioni di frontiera israeliane nella zona del Monte Dov. Israele ha risposto colpendo obiettivi libanesi nella zona di Sidone.

(israele.net, 22.01.03 - dalla stampa israeliana)



LE "CRISTIANE" DICHIARAZIONI DELL'ARCHIMANDRITA HANNA


Lo scorso luglio 2002, il Patriarcato greco-ortodosso decise di licenziare Padre 'Atallah Hanna (1) (noto anche come Archimandrita Theodosios Hanna ) dal suo incarico di portavoce ufficiale della Chiesa greco-ortodossa, per le sue dichiarazioni di elogio degli attacchi suicidi (2). Tuttavia, Padre Hanna continua a presentarsi come il portavoce ufficiale della Chiesa, e non ha smesso di fare dichiarazioni che lodano gli attacchi suicidi.
    Recentemente, Padre Hanna ha espresso le sue opinioni in tre differenti occasioni: durante un sermone per l'Epifania in una cattedrale greco-ortodossa di Gerusalemme; in una riunione nella Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, e durante un ricevimento per una delegazione ufficiale ad Haifa. Ecco alcuni estratti delle dichiarazioni fatte da Hanna durante questi eventi:


  
In una cattedrale greco-ortodossa, a Gerusalemme

In un sermone del 19 gennaio 2003 che segna l'Epifania e il battesimo di Gesù, in una cattedrale greco-ortodossa a Gerusalemme, Hanna ha detto: "La Palestina va dal mare al fiume. Il Giordano è un fiume sacro per sempre ed è il confine naturale della Palestina. Noi rifiutiamo decisamente qualsiasi concessione su [persino] un granello di terra della nostra preziosa patria. Così come Ramallah, Gaza, Nablus e Jenin sono città palestinesi, lo sono anche Haifa, Nazareth, Jaffa, Ramle, Lod, Beersheba, Safed e altre città palestinesi. Non abbiamo rinunciato e non rinunceremo al nostro diritto storico e non acconsentiremo a nessuna concessione su queste città. Sono città palestinesi che furono occupate nel 1948".
  
"Gli ebrei sionisti sono stranieri in questa terra. Essi non hanno alcun diritto di viverci o di stabilirvisi. Dovrebbero andare da qualche altra parte nel mondo a stabilire il loro stato e la loro falsa entità. In merito alla Palestina e al suo cuore pulsante Gerusalemme, non è mai stata nelle mani degli ebrei. Era e rimarrà per sempre araba. Gerusalemme è una città araba e gli ebrei non vi si devono insediare, esserne padroni o compiervi

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qualsiasi tipo di rito o cerimonia religiosa. Devono lasciare le loro case. Non hanno alcun diritto di vivere su una terra, [o in] città o villaggi che non gli appartengono...".

"Noi non crediamo alla cosiddetta 'pace con Israele', perché la pace non può essere fatta con Satana. Israele è il più grande Satana. Nessuna concessione e nessuna tregua devono essere fatte [a Israele]. Qualsiasi tipo di pace con questa entità è concessione, sottomissione e ritirata dai princìpi nazionali e pan-arabi... I negoziati e gli altri tentativi [per un accordo] non restituiranno ai palestinesi i loro diritti. I diritti dei palestinesi saranno ripristinati solo dalla resistenza. Quel che è stato preso con la forza sarà restituito solo con la forza...".


"La resistenza è obbligo di ogni palestinese arabo cristiano, com'è obbligo di ogni palestinese arabo musulmano".

"Noi incoraggiamo la nostra gioventù a partecipare alla resistenza, a compiere attacchi di martirio e a partecipare alla rimozione dell'occupazione. C'è necessità di resistenza all'occupazione e di cooperazione islamico-cristiana, in modo da cacciare gli intrusi stranieri ebrei sionisti e in modo che le porte della Palestina si aprano completamente e ritornino tutti quelli che furono sradicati o emigrati nel 1967 e nel 1948...".

"Da questa chiesa santa, e alla presenza di tutti i religiosi credenti, noi eleviamo oggi una preghiera per la salvezza delle anime dei nostri Shahids e resistenti e per la salvezza del nostro eroico popolo palestinese, sia che viviamo in patria che al di fuori di essa... Noi diciamo ai figli del nostro popolo ": 'Non indietreggiate, non abbiate paura e non disperate'. Il diritto arabo palestinese su questa terra è più forte di qualsiasi falsa munizione militare sionista, che presto o tardi scomparirà. Ciò perché l'entità sionista che saccheggia le nostre proprietà e i nostri luoghi santi è un'entità che non può mantenere stabilità e alla fine scomparirà, proprio come in passato sono scomparsi tutti i tipi di colonialismo sulla nostra terra (3)".


Alla chiesa del Santo Sepolcro, a Gerusalemme

Hanna ha fatto dichiarazioni analoghe durante una riunione tenuta venerdì, 17 gennaio 2003, nella piazza della Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, per protestare contro le "minacce americane di attacco all'Iraq". I partecipanti alla riunione erano ecclesiastici cristiani, personalità palestinesi cristiane e residenti locali. Hanna, che era stato presentato come il portavoce ufficiale della Chiesa Ortodossa a Gerusalemme e nei Luoghi Santi, ha pronunciato un discorso per conto degli ecclesiastici. Condannando la guerra imminente contro l'Iraq,  ha detto: "Dalla Chiesa del Santo Sepolcro, il posto più santo dei cristiani, esprimiamo la solidarietà della Chiesa e del nostro popolo all'eroico popolo iracheno che è sottoposto a provocazioni quotidiane... Da questo luogo santo, la tomba di Gesù, noi chiediamo un deciso e vigoroso intervento arabo e internazionale per evitare l'aggressione contro l'Iraq e contro il suo orgoglioso popolo...".

"Noi siamo al fianco dei nostri fratelli iracheni, nel cuore e nello spirito. Quelli che colpiscono loro, colpiscono anche noi. Benediciamo l'Iraq e il suo popolo, da Gerusalemme, la capitale dello stato palestinese indipendente... Abbiamo costituito una commissione palestinese nazionale islamico-cristiana, che comprende ecclesiastici musulmani e cristiani, in modo che [i suoi membri] vadano in Iraq, costituiscano uno scudo umano e comunichino il nostro messaggio".
  
Hanna ha espresso elogio per gli attacchi suicidi: "Esprimiamo pubblicamente la nostra benedizione, il nostro sostegno e la nostra legittimazione alla coraggiosa resistenza palestinese [condotta] con qualsiasi mezzo, incluse le coraggiose operazioni di martirio dei Fidaiyin ... I nomi dei Fidaiyin Shahids [martiri] saranno scolpiti nella storia del nostro popolo palestinese e arabo con sacre lettere bianche. Le voci di quelli che diffamano questi atti di eroismo e di onore non sono nient'altro che voci anomale, che non rappresentano l'opinione pubblica araba e palestinese...".
  
"Le operazioni di martirio dei Fidaiyin penetrate dentro Israele sono le uniche operazioni pionieristiche che dissuadono il nemico sionista. Essi hanno causato gravi danni a questo nemico, che non capisce nient'altro che il linguaggio della forza e pensa che solo la forza porterà la pace. Noi diciamo al nemico: 'Lasciate la nostra terra, la nostra Gerusalemme e i nostri luoghi santi. Questo è terra araba palestinese, che non ha alcun legame con gli ebrei e i sionisti...' ".

"Le operazioni di martirio sono un eccellente e valido modo per resistere all'invasione sionista della terra palestinese. Davanti alla Chiesa del Santo Sepolcro, benediciamo le anime degli eroici martiri e le loro famiglie. Chiediamo che queste famiglie siano assistite, aiutate e adottate, perché le forze di occupazione le prendono di mira"(5).


A un ricevimento ad Haifa

Secondo la Al-Quds Press, agenzia di Hamas, durante un "ricevimento per una delegazione ufficiale ad Haifa",  Padre Hanna ha sollecitato operazioni congiunte islamico-cristiane per interferire con l'imminente attacco americano all'Iraq e liberare la Palestina "dal mare [Mediterraneo] al fiume [Giordano]". Hanna ha detto che quando sarà liberato dagli arresti domiciliari e i suoi passaporti gli saranno restituiti, metterà assieme una delegazione cristiana che andrà in Iraq a servire come schermo umano contro la prevista guerra.
  
Hanna ha anche detto alla delegazione: "I Fidaiyin sono gli eroi di questa nazione. Siamo fieri di loro e rifiutiamo decisamente qualsiasi tentativo di calunniare i loro atti... Non stanno commettendo un suicidio, come qualcuno sostiene, e non sono terroristi, come altri affermano: essi stanno resistendo all'occupazione. Noi appoggiamo senza riserve le operazioni di martirio". Hanna ha anche sollecitato "i cristiani arabi palestinesi a partecipare alla resistenza contro l'occupazione in tutti i modi, poiché essi sono parte del popolo palestinese e di questa nazione". Ed ha aggiunto: "La vera riforma è quella che deve fornire una risposta alla questione di come sia possibile intensificare la resistenza in tutti i modi, per realizzare i nostri obiettivi nazionali" (6).

Due giorni dopo la pubblicazione di queste dichiarazioni, Hanna ha fortemente negato di averle fatte (7).

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Note:
(1) Nato ad Haifa ed in possesso sia della cittadinanza israeliana che di un passaporto dell'Autorità Palestinese concesso da Arafat.
(2) Si veda MEMRI, Servizio speciale N. 405, 30 luglio 2002
(3) Al-Hayat (Londra), 20 gennaio 2002.
(4) Simile a "martire", nell'uso comune.
(5) Al-Quds Al-Arabi (Londra), 18 gennaio 2003.
(6) www.arabs48.com, 11 gennaio 2003, e Al-Sabil (Giordania), 15 gennaio 2003.
(7) Al-Ahali (Israele), 13 gennaio 2003.


(The Middle East Media Research Institute, 24.01.2003)



L'AUTORITA' PALESTINESE RENDE ONORE A UN ATTENTATORE SUICIDA DI HAMAS


L'Autorità Palestinese ha deciso di commemorare la memoria di Abdel Baset Odeh, il terrorista che ha commesso l'attentato suicida in un hotel di Netanya alla vigilia della scorsa Pasqua ebraica, denominando con il suo nome un torneo di calcio. Trenta persone e altre decine sono rimaste ferite in quell'attacco che ha scatenato l'operazione "Muraglia di difesa".
    Sono anni che i ministri dello sport e dell'educazione dell'Autorità Palestinese danno ai tornei i nomi dei "martiri" palestini, ma la decisione di onorare Odeh ha sorpreso molti palestinesi a causa della sua affiliazione a Hamas.
    Sette scuole partecipano con le loro squadre al torneo che si sta svolgendo a Tulkarem, la città di Odeh. Ad ognuna di queste squadre è stato dato il nome di un "martire" di questa città. Fonti di Tulkarem hanno detto al "Jerusalem Post" che la decisione di onorare Odeh e gli altri non era in relazione con la loro affiliazione politica, ma dipendeva dal fatto che tutti vivevano in quella città.
    Karmi [uno dei "martiri"] è stato ucciso in uno di quegli attacchi che sono considerati assassinii pianificati di IDF.
    Anche Tarek Abu Safaka, che il 10 febbraio 2002 ha commesso l'attentato suicida a Hermesh, uccidendo tre israeliani, è stato onorato. Una delle squadre di calcio adesso porta il suo nome.

(dal "Jerusalem Post" del 21.01.2003)



DROR WEINBERG: UFFICIALE E PADRE

    
Dror Weinberg, padre di cinque figli e comandante del distaccamento militare israeliano in Hebron, caduto nella difesa degli ebrei di Hebron dai terroristi palestinesi

Dror Weinberg (38 anni) era padre di cinque figli e sua moglie Hadassa è incinta al quinto mese del sesto figlio. Era un padre di famiglia, un amico e un comandante. Il 15 novembre scorso, poco dopo il calar del sole, quando era cominciato lo Shabbat, è caduto con altri otto soldati israeliani e tre sorveglianti in uno scontro con tre terroristi palestinesi in un vicolo di Hebron. Poche ore prima di perdere la vita il comandante Weinberg aveva chiamato al telefono suo padre, Uri Weinberg, e gli aveva augurato un benedetto Shabbat. Alla fine del colloquio Dror ha detto: "Papà, ti voglio bene" e ha abbassato il ricevitore. Prima dello Shabbat aveva anche chiamato più volte sua moglie Hadassa, che in quel giorno non si sentiva molto bene a causa della sua gravidanza.
    Dror era il tipico comandante israeliano che come ufficiale era un esempio per i suoi soldati e in un assalto si lanciava avanti sempre per primo. E' caduto un venerdì sera in Hebron, quando con i suoi soldati si era scagliato sui terroristi che stavano sparando sui devoti ebrei che si dirigevano verso la grotta di Macpela. L'istruito paracadutista Dror era il comandante israeliano sulla zona di Hebron controllata da Israele, ed è l'ufficiale di grado più elevato rimasto ucciso durante i due anni di rivolta palestinese. Per molti che conoscevano Dror, era un brillante ufficiale, uno stimato comandante, un fedele amico e un uomo fantastico: era uno dei migliori ufficiali dell'esercito israeliano. Al suo funerale, gli ufficiali di alto grado presenti e il ministro della difesa Shaul Mofaz non hanno potuto trattenere le lacrime. Era un comandante responsabile, che conosceva molto bene la delicata situazione esistente in Hebron tra ebrei e arabi. Faceva di tutto per evitare ogni inutile contrasto. Era stimato anche dalla popolazione araba di Hebron, nonostante che portasse una kippa.
    Dror (che significa "libertà") era nato a Kefar Saba ed era il figlio maggiore (tre fratelli e una sorella) di Uri e Bat-Shewa Weinberg. Era cresciuto in una famiglia religiosa e nei primi tempi del suo servizio militare aveva anche studiato nella nota Yeshiva, scuola talmudica di Gerusalemme, Mirkas HaRav. In quella scuola i rabbini e i suoi compagni di studio lo avevano indicato come "un prodigio di erudizione". "Nonostante che avesse intrapreso la carriera militare,
 
Ultimo bacio al papà

I figli di Dror:
Joav (15 anni),
Jael (11 anni),
Eitan (8 anni),
Shai (5 anni),
Uri (3 anni)
il sesto che arriverà non conoscerà mai suo padre
 
Dror Weinberg era rimasto un istruito uomo del Libro", hanno detto molti suoi amici durante il funerale. Solo poche settimane fa si era trasferito con la sua famiglia in un appartamento più grande a Gerusalemme. Al quotidiano Jediot Ahronot sua moglie Hadassa ha detto: "L'unica cosa che posso dire di mio marito è che era un eroe!"
    Dror Weinberg apparteneva alla nuova generazione di validi ufficiali che provengono dalle scuole religiose yeshiva e fanno carriera nell'esercito, come fino a 15 anni fa era consuetudine per gli israeliani provenienti dai kibbutz.
    I media stranieri spesso danno l'impressione che i soldati israeliani siano uomini terribili, che non hanno alcuna compassione per i palestinesi. Ma dietro ogni soldato israeliano c'è una famiglia che lo ama e che egli ama, così come dietro gli altri otto soldati israeliani caduti: Samiach Suidian (31 anni, beduino), Tomer Nov (19 anni), Gad Rachamim (19 anni), Natanel Machlof (19 anni), Igor Drovitky (20 anni), Danny Cohen (22 anni), David Markus (22 anni) e Yeshajahu Davidov (21 anni). Giovani israeliani caduti in Hebron per la difesa di altri israeliani.

(da "NAI-Israel heute", dicembre 2002)



INDIRIZZI INTERNET


Olokaustos - Storia dell'Olocausto dal 1933 al 1945