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Notizie su Israele 234 - 13 aprile 2004

1. Intervista al medico palestinese Abdel-Shafi
2. Considerazioni di un rabbino ortodosso sul film di Mel Gibson
3. Differenze morali tra israeliani e palestinesi
4. Le ragioni ultime di una scelta per Israele
5. Commemorazione della Shoà
6. Gli israeliani durante le feste di Pasqua
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 65:8-9. Così parla il SIGNORE: «Come quando si trova del succo in un grappolo, si dice: “Non lo distruggere perché lì c’è una benedizione”, così farò io, per amor dei miei servi, e non distruggerò tutto. Io farò uscire da Giacobbe una discendenza e da Giuda un erede dei miei monti; i miei eletti possederanno il paese, i miei servi vi abiteranno.»
1. INTERVISTA AL MEDICO PALESTINESE ABDEL-SHAFI




Abdel-Shafi


Quello che manca ai palestinesi: unità e organizzazione


Nella società palestinese il dottor Haider Abdel-Shafi è noto per essere una voce di ragionevolezza. Nato a Gaza nel 1919, per quasi mezzo secolo ha esercitato come medico. Inoltre, nell'arena politica si è fatto un nome come eloquente oppositore. Tra i palestinesi il medico gode di un alto prestigio. "Il nome Abdel-Shafi equivale a giustizia", dicono le persone in strada. Ha preso parte in modo determinante alla fondazione dell'OLP e della Mezzaluna Rossa palestinese, il corrispondente della Croce Rossa. Nella sua carriera politica ha fatto parte del Comitato Esecutivo dell'OLP, della direzione della delegazione palestinese ai colloqui di pace di Madrid e del Consiglio Legislativo palestinese. Il corrispondente a Gerusalemme di israelreport, Johannes Gerloff, lo ha intervistato.

israelreport: Dott. Abdel-Shafi, che cosa le sta particolarmente a cuore? Per che cosa si impegna nella società palestinese?
Abdel-Shafi: Il bene delle donne nella nostra società. Come madre, la donna influenza in modo fondamentale la vita di una persona. Le donne devono riconoscere l'importanza del loro ruolo nell'educazione dei bambini.

israelreport: Quale ruolo dovrebbero giocare le donne nella lotta contro Israele? A metà gennaio una ventunenne madre di due bambini si è fatta saltare in aria su incarico di Hamas.
Abdel-Shafi: Questo dovrebbe rimanere un'eccezione. La cura dei bambini è il compito principale di una madre. Una donna non sposata invece è libera e può partecipare alla lotta.

israelreport: Che intende per "partecipare alla lotta"? Qual è la sua posizione riguardo agli attentati suicidi?
Abdel-Shafi: Io li rigetto, perché in questo modo si uccidono persone innocenti. Naturalmente alcuni palestinesi pensano che in Israele non ci siano civili innocenti. Io sono di parere diverso. D'altra parte però è legittimo combattere per i nostri interessi.

israelreport: L'ex capo del Mossad, Efraim HaLevy, pensa che i palestinesi non sembrano per niente interessati alla costruzione di uno Stato.
Abdel-Shafi: E' vero. Manca ad ogni livello l'organizzazione giusta. Se ci organizzassimo, Israele dovrebbe preoccuparsi del suo futuro.

israelreport: Da che dipende questo?
Abdel-Shafi: La nostra direzione non fa niente di quello che si dovrebbe fare. Yasser Arafat è un simbolo della disorganizzazione. Dovremmo porre chiare priorità, posporre gli interessi dei singoli, delle famiglie o delle frazioni all'interesse pubblico.

israelreport: Come dovrebbe essere, a suo parere, uno Stato palestinese?
Abdel-Shafi: Unità è l'imperativo dell'ora. Tutti i partiti dovrebbero riunirsi e dire in modo chiaro quello che pensano. Dopo di che bisognerebbe democraticamente prendere una risoluzione vincolante per tutti. Militarmente non dobbiamo contrapporre niente a Israele. Dobbiamo impegnarci in una lotta soltanto difensiva. Dovremmo contrastare l'attività degli insediamenti e le azioni israeliane che ci devastano: la distruzione di case e fattorie, lo sradicamento di alberi. Il mondo ci sosterrebbe, perché in questo modo non faremmo che difendere noi stessi.

israelreport: Considera terra occupata anche il territorio israeliano precedente al 1967?
Abdel-Shafi: Io credo che avremmo dovuto accettare la divisione della terra già nel 1947. Abbiamo perso questa possibilità e Israele ha potuto realizzare i suoi obiettivi. Oggi il nostro obiettivo dichiarato è uno Stato entro i confini del 1967. Il fatto problematico è che Israele continua incurante la sua strategia del fatto compiuto con la costruzione di colonie.

israelreport: Un paio di settimane fa la Croce Rossa internazionale ha organizzato un corso per infermieri per la Stella Rossa di Davide e la Mezzaluna Rossa palestinese. Si è parlato allora di buona cooperazione delle organizzazioni di soccorso.
Abdel-Shafi: Sì, le persone normali sono più flessibili dei politici.

israelreport: Crede che lei stesso riuscirà a fare un'esperienza di coesistenza pacifica?
Abdel-Shafi: (ride) Certamente no. Ma spero che a lungo termine questo possa realizzarsi. In fondo noi e gli israeliani siamo cugini.

(israelreport 2/04)





2. CONSIDERAZIONI DI UN RABBINO ORTODOSSO SUL FILM DI MEL GIBSON




Ho visto il nuovo film di Mel Gibson, La Passione. Come sempre il Signor Gibson ha fatto un buon film, realistico e avvincente come "Via Col Vento", o "Guerre Stellari".
    Per me La Passione è come ogni altro film che ho visto. E` narrativa, non verità storica; non è "esattamente come andarono le cose".
    C'è molto da dire a proposito delle inaccuratezze storiche del film. Inoltre, nonostante tutti i pronunciamenti pubblici al contrario, La Passione contiene definitivamente elementi antisemiti. Permettetemi di documentarli in seguito.
    Mel Gibson dipinge i Sacerdoti Sadducei del Tempio, i Rabbini e molti altri ebrei dell'epoca che condannarono, derisero e picchiarono Gesù, acconciati con i "peoth", i lunghi riccioli alle tempie portati da alcuni ebrei contemporanei, specialmente dai Hassidici dell'Europa dell'Est.
    I Sacerdoti e i Rabbini indossano anche un tipo di mantello o scialle, con lunghe linee nere, simile in apparenza alla versione del Talled (manto di preghiera) usata nell'Europa dell'Est nelle preghiere mattutine.
    E` un fatto chiaro e indiscutibile che riccioli laterali e manto di preghiera nello stile est europeo non esistevano ai tempi di Gesù.
    Il Signor Gibson usa chiaramente segni identificatori di certi ebrei dei nostri tempi per assicurarsi che il suo pubblico riconosca il legame tra gli ebrei di oggi e quelli che i cristiani accusano di essere responsabili per l'uccisione del loro signore (vedi Tessalonicesi I, 2:15).
    Gibson mostra una folla di ebrei che picchia e insulta Gesù senza ragione. Tale comportamento certamente suscita risentimento e rabbia negli spettatori. Vestendo antichi ebrei in modo da farli somigliare in modo seppur sottile a ebrei moderni, Gibson si assicura che le sue udienze non abbiano problemi a trasferire la loro rabbia e il loro risentimento sugli ebrei di oggi.
    Solo per questo ritratto riprovevole il Signor Gibson dovrebbe vergognarsi di se stesso.
    Un altro punto. Com'è noto, Gibson ha cercato, secondo le sue stesse parole, di rendere il film il più storicamente accurato possibile. Egli fa quindi parlare i suoi personaggi in Latino, Ebraico e Aramaico. Mentre io non conosco proprio il Latino, conosco l'Ebraico e l'Aramaico correntemente. Come chiunque sia familiarizzato con queste lingue, ho avuto un brivido d'orrore per il livello assolutamente ridicolo dell'Aramaico che ho sentito. Errori di forma, di grammatica, di uso e traduzione presenti ovunque nei dialoghi del film, ogni qual volta si parli in Aramaico, mi hanno fatto sentire come di fronte allo scricchiolio di gesso o unghie su una lavagna. Sì: era proprio di così basso livello.
    C'è un sacco di gente che ancora oggi parla e scrive l'Aramaico, e fra loro i cristiani siriani (non cattolici) ed Ebrei non Europei. Gibson ha scelto un prete Gesuita per scrivere il copione, ed è chiaro dal lavoro fatto che il suddetto non ha nessuna conoscenza "viva" della lingua. Il che indica la fedeltà, giusta o sbagliata, del Signor Gibson alla sua religione e ai suoi preti anziché ad ogni vero desiderio di risultare storicamente accurato e corretto.
    Quando io, un rabbino ortodosso, guardo "La Passione", la vedo certamente in una luce diversa da quella in cui la guarda il cristiano medio. La morte e la resurrezione di Gesù non sono parte del mio credo, e come tali non sono immagini connesse alla mia psiche. Non ho nessun attaccamento emotivo ai concetti che possono essere stimolati dal film del Signor Gibson. Il che non vuol dire che il film di Gibson non possa suscitare reazioni emotive negli spettatori non cristiani, seppur riconoscendo la natura narrativa del film: anche le narrative di finzione possono sviluppare in noi profonde emozioni.
    Quando vedo il personaggio di Gesù che soffre, penso alla quantità di ebrei che hanno sofferto esattamente come Gesù nel film.
    Quando vedo il personaggio di Gesù picchiato e sua madre che piange sul figlio che soffre, non mi identifico con ciò che molti non cristiani ritengono un racconto immaginario riportato dai vangeli. Mi identifico tuttavia con qualcosa di molto più vicino a me; sento il dolore delle moltissime madri ebree, ebree come la madre di Gesù, che hanno sofferto le stesse pene durante i due millenni di persecuzioni di ebrei da parte dei cristiani, madri che hanno pianto senza conforto sulle sofferenze dei loro figli.
    Mi identifico con le madri ebree che piansero per i propri figli che soffrivano per mano dei tedeschi nazisti, dei cosacchi russi, degli inquisitori spagnoli, e di tutti i tipi di crociati europei. Tali persecutori di ebrei avevano tutti una cosa in comune: erano tutti cristiani, e avevano tutti visto un "dramma della passione" simile a quello del film del Signor Gibson, un dramma che era stato per loro il movente per vendicarsi della morte di Gesù sui suoi presunti uccisori.
    Si arriva tuttavia ad un punto in cui, nel nome di un bene superiore, dobbiamo metter i presunti fatti da parte e indirizzare le questioni di fede.
    Il film di Gibson ha il potenziale di andare molto lontano nel riportare all'indietro i buoni rapporti ebraico-cristiani. A giudicare dal fatto che egli appartiene ad una setta che ha rotto con la chiesa ufficiale dopo il Concilio Vaticano II, setta che non riconosce l'autorità papale o vaticana, è alquanto probabile che le intenzioni di Gibson siano proprio di causare una rottura nelle buone relazioni ebraico-cristiane.
    E` anche concepibile che "La Passione" possa servire a danneggiare seriamente l'appoggio dato ad Israele dai cristiani sionisti negli Stati Uniti. In questo riguardo, si può veramente vedere il Signor Gibson come un attivista nell'indebolimento dello Stato d'Israele. A sua volta, questo servirebbe solo a rinforzare i nemici degli Stati Uniti. Quindi, in modo trasversale, il film di Gibson potrebbe in verità servire a rafforzare i nemici della pace.
    Ecco perché mi sembra importantissimo concentrarsi adesso su questioni di cameratismo anziché su questioni di conflitto.
    Come gente di fede, noi ebrei abbiamo molte più cose che ci accomunano con i cristiani su questioni di fede di quante ne abbiamo a dividerci sulla base di vedute di eventi storici, teologia e dottrina.
    Come cristiani ed ebrei crediamo entrambi nel codice morale biblico. Entrambi vorremmo vivere in una società costruita sui principi di base dei Dieci Comandamenti. I cristiani hanno adottato la nostra Bibbia e l'hanno messa a fianco della loro. Nonostante chiamino il nostro "vecchio patto" e il loro "nuovo patto", i cristiani tuttavia riconoscono ancora l'importanza del patto che D-io strinse con noi, il Popolo Ebraico.
    Sfortunatamente ci sono anche cristiani indecenti che sostengono di essere diventati la "Nuova Israele" e che il popolo scelto di D-io, la "Vecchia Israele", gli ebrei, non sono altro che una nazione reietta e odiata da D-io, che non merita altro che l'odio e la derisione della "Nuova Israele", la chiesa.
    Sono questo tipo di "teologia della sostituzione" e l'idea della "dannazione nel fuoco dell'inferno", sostenute da gente come Gibson, che alimentano nel mondo le fiamme dell'antisemitismo e dell'odio verso gli ebrei. Ciò non può essere tollerato. I cristiani di tutto il mondo che sono sinceri e timorati di D-io devono unirsi agli ebrei nell'opporsi a questa aberrazione di religione, e nel cercare il rispetto reciproco, comunque grandi siano le differenze (Apocalisse 12:17).
    La fede è una questione di cuore. Essa può motivare l'individuo a raggiungere i livelli spirituali più elevati; o, al contrario, può diventare il movente della distruzione del mondo, e con esso di tutti gli infedeli.
    Oggi siamo di fronte al mondo musulmano che diventa di giorno in giorno più integralista e che cerca di combattere la sua guerra contro la società degli infedeli, e in particolare contro il mondo cristiano.
    Noi, nell'occidente, vediamo la crescita dell'islamismo integralista come un male da sradicare. Tuttavia, non vediamo l'ironia in tutto ciò. L'Islam, infatti, non è la prima religione al mondo a diventare intollerante e a desiderare di conquistare il mondo. La chiesa cristiana ha sempre avuto simili credi radicali e simili progetti di evangelizzazione e conversione del mondo intero al cristianesimo. Mille anni or sono, durante le crociate, furono i terroristi cristiani che invasero e attaccarono i centri musulmani, così come oggi fanno i terroristi musulmani.
    Come nota in margine, i musulmani oggi attaccano gli ebrei come mezzo per attaccare l'occidente, così come i cristiani assassinarono interi villaggi e comunità ebraiche in moltissime città nel loro cammino verso il Medio Oriente per dar battaglia ai musulmani. Sembra che Giacobbe, il Popolo d'Israele, si trovi sempre nel mezzo, da sempre il sofferente servo innocente di D-io (Isaia 53).
    Ho sentito molti commentatori della Passione dire che abbiamo bisogno di un film sulla vita di Gesù, non sulla sua morte. Questi sinceri cristiani timorati di D-io desiderano diffondere l'insegnamento di vita e d'amore di Gesù, e in questo possono trovare molti alleati nel mondo ebraico. La maggior parte degli insegnamenti di Gesù, così come sono stati registrati dai vangeli, esprimono in realtà insegnamenti rabbinici tradizionali del tempo. Se solo i cristiani conoscessero le fonti ebraiche di molti dei loro credi più sacri, credo che ciò la direbbe lunga nella direzione di guarire le ferite di duemila anni di conflitto che non è stato che un continuo sacrilegio del divino.
    Un ultimo punto, diretto specialmente ai miei lettori cristiani. Se la storia di Gesù come è stata riportata dai vangeli fosse andata veramente così, se io fossi vissuto a quell'epoca, e se Gesù fosse stato veramente un ebreo giusto e perseguitato dai maligni Sacerdoti Sadducei e dai loro superiori Romani, io stesso sarei corso alla sua difesa e avrei portato la sua croce. Non solo: la maggior parte degli ebrei osservanti che conosco avrebbero fatto la stessa cosa. Noi ebrei non siamo gli uccisori di Gesù: siamo le vittime di coloro che ci hanno accusato di tale atto.
    Shalom.

    Rabbi Ariel Bar Tzadok

(HonestReportingItalia, 8 aprile 2004 - trad. Sergio Tezza)





3. DIFFERENZE MORALI TRA ISRAELIANI E PALESTINESI




Quando dovremmo smettere di sostenere Israele?

di Victor David Hanson

La recente uccisione dello Sceicco Saruman Yassin fa sorgere ad alcuni americani (ed anche ad alcuni europei... n.d.T.) il dubbio se sia il caso di riconsiderare il nostro sostegno ad Israele e mostrare un’attitudine più amichevole verso i Palestinesi. La risposta, a mio avviso, dovrebbe essere data in termini culturali, economici, politici e sociali.

Bene, noi non dovremmo più appoggiare Israele, qualora :
  • Sharon sospendesse tutte le elezioni e pianificasse una decade di governo assoluto.
  • Sharon sospendesse tutte le indagini sull’evasione fiscale , e i suoi spendessero la maggior parte dei soldi destinati all’aiuto di Israele a Parigi.
  • Tutte le televisioni ed i giornali israeliani fossero censurati dal Likud.
  • Le squadre armate israeliane entrassero nel West Bank con la precisa intenzione di uccidere e di bombardare donne e bambini arabi.
  • I ragazzini israeliani andassero in giro con bombe sotto le loro magliette per uccidere le famiglie palestinesi.
  • I rabbini tenessero sermoni pubblici nei quali dipingono i palestinesi come figli di scimmie e maiali.
  • I testi scolastici israeliani dicessero che gli arabi sono soliti fare sacrifici di sangue e commettono omicidi rituali.
  • I politici israeliani facessero degli appelli – senza condanna da parte di nessuno - per la distruzione dei palestinesi nei territori , e auspicassero la rapida fine della società araba .
  • I membri del partito del Likud linciassero e giustiziassero i loro oppositori senza alcun processo.
  • I fondamentalisti ebrei giustiziassero le donne che hanno commesso adulterio perché hanno disonorato le loro famiglie.
  • Gli israeliani torturassero i poliziotti palestinesi tenuti prigionieri.
  • La televisione israeliana trasmettesse , con sottofondo di inno nazionale, i messaggi registrati dei kamikaze suicidi ebrei che hanno ucciso dozzine di arabi.
  • Gli israeliani marciassero in parata per le strade con i loro bambini vestiti da kamikaze, completi di bombe di plastica .
  • I newyorkesi donassero 25.000 dollari per ogni palestinese ucciso da killer israeliani.
  • I militari israeliani uccidessero un ebreo per sbaglio, e quindi si giustificassero con la scusa che pensavano fosse un arabo, e nessuno li condannasse per questo.
  • Gli israeliani entrassero nei villaggi arabi per sparare a donne e bambini.
  • I personaggi pubblici israeliani minacciassero di continuo gli Stati uniti con attacchi terroristici.
  • Bin Laden fosse un eroe popolare a Tel Aviv.
  • Gli assassini israeliani uccidessero i diplomatici americani e fossero di fatto acclamati e osannati dalla società israeliana.
  • I cittadini israeliani festeggiassero alla notizia che 3000 americani sono stati uccisi.
  • I cittadini israeliani esprimessero il loro appoggio ai sostenitori di Saddam Hussein in Iraq nei loro sforzi di uccidere gli americani.
Fino a quando questo non accadrà, io credo che tutti possiamo vedere le differenze morali tra le due parti nel presente conflitto.

(traduzione di Flavia Dragani)

(Cafi Newsletter 29.03.2004 - da "Un cuore per Israele")





4. LE RAGIONI ULTIME DI UNA SCELTA PER ISRAELE




L'atteggiamento dei cristiani verso Israele: un rapido sguardo

di Paul C. Merkley

Gli ebrei che volessero prendersi la briga di riguardare la storia del quarto di secolo che ha condotto alla creazione dello Stato d'Israele nel 1947-'48 si accorgerebbero che i più tenaci sostenitori del ristabilimento degli ebrei in Israele sono stati i cristiani evangelici. Il resto del mondo cristiano occidentale (la chiesa cattolica romana e quello che va oggi sotto il nome di "Protestantesimo tradizionale") è stato in gran parte ben disposto, ma con molti dissenzienti.
    La chiesa cattolica romana aveva fortissime obiezioni, ma non se l'è sentita, a causa della generale simpatia che per breve tempo ha avuto la causa ebraica nell'immediato dopo guerra, di spingere le nazioni a maggioranza cattolica ad opporsi. L'occasione avuta dai sionisti di conquistare il cuore dei cattolici e dei protestanti storici è

prosegue ->
stata di breve durata, creata da circostanze straordinarie e irripetibili: la scoperta dell'Olocausto, l'intollerabile situazione degli ebrei europei sopravvissuti e "deportati", e la consapevolezza che gli ebrei non ammessi in Palestina avrebbero dovuto essere accolti in gran numero nelle democrazie occidentali. Per un momento la parola "sionismo" ha suonato positivamente per molti cristiani.
    Eppure, anche negli anni 1947-'48, quando le disperate condizioni degli ebrei europei avevano spinto la maggior parte dei politici e dei leader cristiani ad appoggiare la soluzione sionista, c'era ancora una forte opposizione. In prima fila si trovavano i portavoce delle società missionarie protestanti che per un secolo avevano lavorato con un discreto successo tra le popolazioni arabe del Medio Oriente. Negli Stati Uniti queste società erano alleate con le organizzazioni ebraiche antisioniste, in particolar modo con l'«American Council for Judaism». In quel momento, quasi subito dopo che erano state prese le decisioni iniziali, diverse chiese protestanti tradizionali e la chiesa cattolica romana cominciarono a scivolare tra coloro che denunciavano il nuovo Stato, e alla fine diventarono fondamentalmente ostili. Se il voto sulla spartizione della terra del Mandato per la Palestina fosse avvenuto cinque o dieci anni dopo, lo Stato ebraico non sarebbe venuto alla luce.
    Quando le Nazioni Unite permisero che nascesse uno Stato ebraico, nel novembre del 1947, l'opinione pubblica mondiale era in massima parte dell'opinione che la giustizia stava dalla parte degli ebrei. Nessun coscienzioso amico di Sion ha però mai negato che la creazione dello Stato ebraico, se espressa in termini di giustizia, era un fatto relativo: era un caso urgente, forse addirittura terribilmente urgente, ma tuttavia, come ogni altro problema di giustizia, relativo.
    Analogamente, l'occupazione da parte d'Israele del territorio che oggi governa è un tema che può essere presentato come un fatto di giustizia, ma nessun amico di Israele sostiene che dall'altra parte non ci sia nessuno che stia soffrendo ingiustizia in qualche misura. I rapporti tra le chiese e Israele si sono trasformati perché dopo la guerra d'indipendenza del 1948-'49 i portavoce ufficiali hanno in maggior parte rielaborato l'aritmetica morale e sono arrivati a trovare più "giustizia" nelle richieste degli arabi palestinesi e meno "giustizia" nella causa d'Israele che avevano visto negli anni 1947-'48.
    Al contrario, la maggior parte dei cristiani che si definiscono teologicamente conservatori sono rimasti costanti nella loro preferenza per le richieste di Israele.
    Questo dipende dal fatto che per i cristiani sionisti la questione prioritaria del ristabilimento degli ebrei, anche se manifestamente difendibile in termini di "giustizia", si basa in ultima analisi su qualcosa che ha un fondamento più sicuro: il fatto che venga ordinato dalla Scrittura. Opporsi a questo significa peccare, e in ogni caso risulta inutile. A sostegno si cita la parola: "Benedirò chi ti benedirà e maledirò chi ti maledirà" (Genesi 12:3).
    Tra i più formidabili diffusori nel mondo di retorica anti-israeliana c'è oggi il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Il CEC tende a identificare sé stesso come l'ente più venerabile del mondo, ma in realtà è di due mesi più giovane dello Stato d'Israele, essendo stato fondato nell'agosto del 1948. Durante le settimane precedenti la guerra dei sei giorni, nel 1967, quando il dittatore egiziano Nasser stava chiamando a raccolta il mondo arabo per una guerra di sterminio contro Israele, il CEC rimase silenzioso. Ma immediatamente dopo la vittoria d'Israele, il CEC si risvegliò e dichiarò che "non si può far passare sotto silenzio l'espansione territoriale fatta con le forza delle armi".
    Da quel momento in poi il CEC, insieme con le sue organizzazioni denominazionali associate, ha di solito presentato Israele in sintonia con la retorica araba: tutte le successive guerre sono state fomentate da Israele per annettersi territori e incorporare innocenti e misere popolazioni arabe. Tra il 1970 e il 1980 il CEC ha fatto continuamente pressioni sugli americani affinché stabilissero un contatto ufficiale con l'OLP e denunciassero le reazioni punitive di Israele al terrorismo e la divisione della popolazione. Ha denunciato gli accordi di Camp David del 1978, dicendo che trascuravano le ambizioni nazionali dei "palestinesi". La sua costante linea è che "le ripetute sfide d'Israele alla legge internazionale, la sua continua occupazione e l'impunità di cui ha così a lungo goduto sono le cause fondamentali dell'attuale violenza e minacciano la pace e la sicurezza di entrambi i popoli."
    Solo pochi giorni prima dell'attacco di Al-Qaeda agli Stati Uniti, i rappresentanti del CEC che frequentavano a Durban, Sud Africa, la conferenza dell'ONU sul razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e la relativa intolleranza, hanno richiesto una denuncia ufficiale di Israele per la "sistematica perpetrazione di crimini razzisti, includenti crimini di guerra, atti di genocidio e di pulizia etnica". [...]
    Molte cose sono cambiate nel mondo da quando nel 1948 sono nati Israele e il CEC. La prima relazione pubblicata dal CEC si chiama “La Chiesa e i disordini della società: resoconto dell’Assemblea di Amsterdam del Consiglio Ecumenico delle Chiese del 1948". Vi si dice che l’attuale mondo disordinato deve essere trasformato in una “società responsabile” attraverso l'accettazione del piano di Dio”. Amen! Dopo qualche anno, però, i cuori e le menti degli ecclesiastici protestanti, hanno cominciato a prendere maggiormente in considerazione le conseguenze inibitorie dell’"ordine": i giornali del CEC hanno cominciato allora a vedere “ordine” e “disordine” in una mescolanza creativa. Dopo il 1968 la teologia dell'ordine era fuori moda e andava invece di moda la teologia della liberazione. Adesso domina una visione più "sfumata" di problemi come la civilizzazione e la civiltà.
    Tra i molti altri fattori all'opera in questa evoluzione c'era anche il desiderio di apparire più rilevanti nei circoli accademici e intellettuali. Le università dell'Occidente erano assediate dai movimenti studenteschi radicali, apparentemente scaturiti dai movimenti anti-Vietnam ma in ultima analisi provenienti da una crisi di auto-disistima della tradizionale civiltà occidentale. Un momento culminante di questo processo si ebbe all’assemblea del CEC a Uppsala, nel 1968.
Qui fu adottato il “Programma per la lotta al razzismo”. Questo nuovo programma disturbò molto i ranghi dei conservatori a causa della sua esplicita adozione della retorica terzomondista e marxista-leninista contro l'imperialismo.
    Da quando ha cominciato a prendere in considerazione il Disordine dell'Uomo e il Disegno di Dio, il CEC non ha più perso l'ambizione ad essere la coscienza del mondo. Inoltre, riconoscendo lo scarso livello di considerazione in cui è tenuto dal consiglio dei politici e dagli opinionisti del mondo occidentale, il CEC si è autonominato coscienza etica della maggioranza mondiale. Il CEC allora fa sua la retorica dalla maggioranza all'ONU. Non sopporta la storia, e quindi non sopporta la legittimità. Tutto quello che conta è "giustizia", "giustizia adesso" - "giustizia" intesa come livellamento di tutto, affinché tutto miri all'uguaglianza. Non è strano che questo trovi orecchie sorde in Israele.
    Gli ebrei sanno che di tanto in tanto ci sono e ci saranno fluttuazioni nella giustizia relativa del caso che Israele rappresenta davanti all'opinione pubblica mondiale - come, per esempio, su quello che lo Stato percepisce come necessario per la sua sicurezza di fronte a nemici interni e esterni. Ma gli ebrei non capiscono come possano i cristiani, che fanno mostra di sensibilità per la situazione degli oppressi, pensare anche solo per un momento che Israele non ha un vero diritto ad esistere dentro i confini stabiliti dalla sua originaria accettazione della partizione del 1947, estesi in seguito dopo i ricorrenti appelli dei suoi nemici al dio della guerra.
    Quasi tutti i portavoce del protestantesimo storico e della chiesa cattolica romana sembrano non apprezzare il posto che occupa la fedeltà a Israele nell'autocomprensione degli ebrei. In una dichiarazione ufficiale del 1990 della United Church of Christ degli USA si legge: "Nella United Church of Christ non si accetta il significato dello Stato d'Israele all'interno del patto [biblico]." Lo stesso documento della United Church of Christ parla sempre di "Stato di Israele-Palestina". Quando gli ebrei cercano un preciso impegno per la sopravvivenza d'Israele, trovano invece dichiarazioni di impegno per l'altra parte: "Siamo in solidarietà con i palestinesi perché gridano per la giustizia come spodestati", dice una recente dichiarazione ufficiale presbiteriana. Sempre più spesso gli ebrei sentono voci di chiese ufficiali che dichiarano "ingiusta" la decisione che ha permesso a Israele di nascere per primo, e chiedono di riconsiderarla.
    Certi uomini di chiesa credono che dichiarazioni come quelle esprimano un credibile spirito di imparzialità, ma per la maggior parte degli ebrei il tono è quello di una minaccia per Israele. Non dovrebbe essere chiaro che dietro tutta la retorica delle secolari accuse contro Israele - le sue presunte aggressioni territoriali, il suo presunto comportamento crudele verso la popolazione "palestinese", e tutto il catalogo delle sue presunte colpe contro i suoi vicini e contro la comunità mondiale - c'è una causa molto più profonda di avversione proveniente dalla stessa fonte teologica dei libelli medioevali contro gli ebrei d'Europa?
    Gli ebrei hanno il diritto di chiedere: Non è forse vero che i protestanti e i cattolici non accettano che lo stato ebraico sia uno stato che ha almeno la stessa "legittimità" della patria degli italiani, dei greci e dei turchi? Non dipende forse dal fatto che protestanti e cattolici non accettano che gli ebrei abbiano lo stesso diritto di considerarsi un popolo? E se è così, da dove nasce questo rifiuto? Questo neo-anti-sionismo non è forse un'educata reincarnazione del vecchio anti-semitismo?
    Esiste, comunque, un altro lato di questa faccenda.
    Se è evidente che i corpi protestanti organizzati si sono volti verso l'anti-sionismo (negli anni '60 e '70), è anche vero che voci di protesta si sono alzate in ogni denominazione. Si sono formati gruppi occasionali di persone con la stessa idea, lobby di pensiero all'interno delle denominazioni e delle delegazioni delle diverse assemblee del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Niente si è ottenuto a questo livello: le forze anti-israeliane erano troppo ben trincerate al vertice. Non intimiditi da questo fatto, i cristiani sionisti hanno concentrato i loro sforzi nel grande e illimitato mondo delle para-chiese. Sono quindi nate organizzazioni volontarie con l'obiettivo di esprimere la sollecitudine dei cristiani e organizzare il sostegno politico per la sicurezza e il benessere d'Israele: Bridges For Peace, International Christian Embassy Jerusalem, Christian Friends of Israele e molte altre.
    I cristiani sionisti sono in grado di esporre le ragioni di giustizia che sostengono la causa d'Israele; e fanno questo attirando l'attenzione su alcuni evidenti fatti attenuanti:
  1. Israele ha sempre dovuto combattere contro il rifiuto puro e semplice del suo diritto ad esistere - una condizione minima di pace con i suoi vicini.
  2. Israele continua ad essere circondato da nemici ostili - tutti formalmente in guerra con Israele fino a pochi anni fa, e la maggior parte di loro ancora oggi. Tutti permettono e molti sponsorizzano attività terroristiche contro Israele e contro i suoi i cittadini sparsi nel mondo.
  3. Tutti i nemici d'Israele, fuori e dentro i territori che governa, avrebbero potuto avere pace con l'Israele del 1948 - un Israele molto più piccolo - se fossero stati disposti ad accettare la decisione della comunità mondiale contenuta nella risoluzione dell'ONU del 1947.
Andando oltre questo calcolo di giustizia relativa, i cristiani sionisti sostengono che il modo in cui Israele ha governato il paese dal 1948 ha molti aspetti lodevoli:
  1. Ha creato e mantenuto l'unico sistema democratico nella regione, pur essendo circondato da regimi dispotici ostili.
  2. Ha raggiunto uno standard di vita notevolmente alto (educazione, salute, opportunità economiche, ecc.) per tutti i suoi cittadini, inclusi i cittadini arabi, procurando a quelli dei territori contesi (non cittadini) standard di vita più alti di quelli goduti dai cittadini arabi di qualsiasi stato arabo dei dintorni.
  3. Ha adempiuto onorevolmente le sue responsabilità garantendo la possibilità di accesso di cristiani e musulmani ai luoghi sacri.
  4. Può mostrare i più alti livelli di realizzazioni culturali e scolastiche, inclusa una coscienziosa attenzione all'archeologia della Terra Santa, e ha garantito le fondamentali libertà di parola, di assemblea, di religione, e così via.
Tuttavia, per il cristiano sionista nessuna di queste cose costituisce il cuore vero della questione. Il cristiano sionista non va in crisi se Israele è accusato per maltrattamenti ai palestinesi, o se un politico è scoperto con le mani nel sacco, o se il Mossad fa un gioco sporco, o se episodi di brutalità avvengono nelle sue prigioni, ecc. Quando appaiono cattive notizie, il cristiano sionista non deve rivedere i conti della sua aritmetica morale per verificare da che parte deve continuare a stare. Al cristiano sionista la sua fede richiede di scegliere di benedire Israele al di là di ogni fatto transitorio.
    Facendo questo - così crede - non può mai, per definizione, essere in contrasto con la volontà di Dio.

(Arutz 7, 14 marzo 2004)





5. COMMEMORAZIONE DELLA SHOA'




Il popolo di Israele vive

di Deborah Fait
    
    A giorni, esattamente il 19 aprile, in Israele verra' commemorata la Shoa'. Le solite sirene, il solito strazio, il solito non abituarsi mai a quel suono che entra nel cervello e nella carne, che fa fermare il paese e fa piangere i sopravvissuti e tutti gli ebrei del mondo.
    Nel cortile di una scuola ho visto piangere molti ragazzini sull'attenti ma colla testa bassa a guardarsi le scarpe, un po' imbarazzati dalle loro lacrime.
    Sono liberi in un paese libero, sono ebrei che ridono e corrono senza paura ma molti avranno avuto un nonno o una nonna morti nell'inferno d'Europa.
    Altri avranno una nonna o un nonno ancora vivi che si svegliano la notte urlando a causa degli incubi.
    Forse alcuni avranno dei nonni che si rifiutano di raccontare per paura di morire schiacciati dai ricordi.
    Molti giovani ebrei di Israele avranno un nonno o una nonna col numero stampato sul braccio e avranno chiesto il motivo di quel tatuaggio tanto diverso da quelli in voga oggi. Avranno ricevuto una tragica risposta, saranno andati in gita scolastica a visitare il Memorial della Shoa' a Gerusalemme. Avranno visto le fotografie, i vagoni piombati, avranno sentito, nel Memorial dei bambini, i nomi di un milione e mezzo di fratellini ebrei ammazzati dai nazisti.
    Avranno sentito il racconto delle rivolte ebraiche contro i nazisti e l'eroismo degli ultimi ebrei del Ghetto di Varsavia che, in 40.000 soltanto e con poche pistole, riuscirono a tenere a bada l'esercito tedesco prima di essere tutti massacrati.
    Forse qualche nonno avra' raccontato la storia gloriosa e pazzesca dei fratelli Bielski che sfidarono i nazisti e costruirono un villaggio nella foresta, un villaggio organizzatissimo con tanto di scuole e bagni pubblici, e salvarono cosi' la vita a 1200 ebrei.
    Tuvia, Asael e Zus Bielski, tre nomi, tre fratelli, una leggenda sconosciuta ma non per questo meno gloriosa.
    Quando a Tuvia, ormai ottantaduenne, mori' nel 1995, chiesero cosa ricordasse dei nazisti la sua risposta secca fu: "Mi ricordo che erano dei bastardi".
    Molti dei 1200 ebrei salvati dai fratelli Bielski sono venuti in Israele e avranno raccontato la loro storia ai figli e ai nipoti.
    Oggi rimane la loro gloria, il loro coraggio, la pazzia che li ha fatti scappare e correre, correre piu' svelti che potevano, cadendo e rialzandosi, mentre i nazisti e loro collaboratori, davano loro la caccia.
    I loro nipoti e pronipoti sono qui, liberi e forti, orgogliosi di essere ebrei di Israele, sono qui che piangono non solo al ricordo del loro popolo massacrato ma per la consapevolezza che il Male non si e' concluso con la Shoa'.
    Piangono perche' sanno che una settimana esatta dopo Yom Ha Shoa' ci sara' un'altra sirena che straziera' le loro anime per ricordare le loro mamme, i papa', i fratelli ammazzati dai nazisti in kafiah.
    Quel giorno tutta Israele andra' nei cimiteri a piangere e a lavare le tombe dei propri cari, a mettere un fiore ad aggiungere un sassolino, a invocare il nome di chi e' morto mentre andava a scuola o in ufficio o a bere un caffe' al bar oppure dal dottore per sapere se c'era un bimbo in arrivo.
    Quanti nomi scolpiti dalla tragedia nel cuore di ogni ebreo.
    lntanto il terribile suono della sirena della Shoa' scandira' nei cuori di tutti gli ebrei di Israele e del mondo quei nomi terribili, indimenticabili, per l'eternita':
    
    Auschwitz
    Maidenek
    Treblinka
    Buchenwald
    Mauthausen
    Beize
    Sobibor
    Chelmno
    Ponary
    Theresienstadt
    Warsaw
    Vilne
    Skarzysko
    Bergen-Belsen
    Janow
    Dora
    Neuengamme
    Pustkow
    
    Il popolo di Israele vive!
    
(Informazione Corretta, 10.04.2004)





6. GLI ISRAELIANI DURANTE LE FESTE DI PASQUA




Durante le feste di Pasqua milioni di israeliani hanno affollato i 50 parchi naturali di Israele. Il portavoce dell'autorità per la protezione della natura e dei parchi, Nachmias, ha detto che i visitatori questa volta hanno portato via la loro spazzatura e non l'hanno lasciata lì come gli altri anni. Gli addetti alla pulizia dei parchi hanno tuttavia dovuto lavorare giorno e notte per vuotare i secchi della spazzatura e preparare i parchi per il prossimo giorno di festa.
    Nel fine settimana circa 27.000 israeliani sono andati all'aeroporto Ben Gurion. Circa la metà sono partiti in volo per l'estero e l'altra metà è tornata a casa.
    Anche la zona intorno alla fattoria Shikim di Ariel Sharon, che è un posto meraviglioso per le passeggiate, è stato visitato da molti visitatori che amano camminare. Alcuni hanno dovuto lasciarsi sottoporre a una stretta visita di controllo perché anche il Primo Ministro Sharon ha voluto andare un po' a passeggio.

(NAI-Stimme aus Jerusalem, 11.04.2004)





7. MUSICA E IMMAGINI




Ta Yere Malke




8. INDIRIZZI INTERNET




JINSA Online

Kosher Torah




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