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Notizie su Israele 370 - 5 dicembre 2006

1. Hamas, Hezbollah e Hitler
2. Non sono solo gli ebrei a dare fastidio
3. Convegno a Gerusalemme
4. Israele, la mia realtà
5. Profughi che non parlano di diritto al ritorno
6. Shoah, documenti inediti
7. Libri
8. Musica e immagini
9. Indirizzi internet
Isaia 2:11-12. Lo sguardo altero dell’uomo sarà umiliato, e l’orgoglio di ognuno sarà abbassato; il Signore solo sarà esaltato in quel giorno. Infatti il Signore degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque s’innalza, per abbassarlo.
1. HAMAS, HEZBOLLAH E HITLER




La città di Akko in preda a vandali antisemiti

di Tal Bauman

Questo week-end, la cittadina di Akko è stata ancora una volta teatro di incidenti sgradevoli. Croci uncinate e graffiti alla gloria di Hamas e Hezbollah hanno ricoperto i muri di una classe della scuola Beit Yaacov. L'aula della classe è stata devastata.
    I danni sono stati scoperti domenica mattina, al momento della ripresa dei corsi. Secondo le prime stime, i vandali hanno probabilmente dovuto commettere i loro misfatti venerdì sera.
    L'aula si trova al secondo piano dell'edificio che funge da scuola. Sui muri si poteva leggere: «Hamas=Hezbollah», o «Allah Akhbar». E tutto attorno croci uncinate, disseminate un po' dappertutto.
    Il vicecomandante della polizia della città, Nitzav Moshé Cohen, lunedì mattina ha dichiarato che è stata aperta un'inchiesta e che una decina di adolescenti di 16 anni sono stati sospettati. Sono gli stessi, già schedati dalla polizia, che potrebbero aver saccheggiato gli uffici del servizio integrazione dell'amministrazione comunale, circa un mese fa. Anche lì i muri del locale erano stati ricoperti di croci uncinate, del materiale era stato rubato e le bombolette usate dai piccoli pittori erano state lasciate accuratamente sul posto, come firma dei loro atti.
    Da diversi mesi gli incidenti razzisti tra ebrei e arabi si moltiplicano ad Akko. La promiscuità di queste due comunità non è più così pacifica come nel passato, e si direbbe che la presenza degli uni esacerba l'ira degli altri. Quest'anno gli abitanti ebrei della città hanno dovuto protestare contro l'installazione di un altoparlante nel quartiere misto della località, destinato a chiamare i musulmani alla preghiera durante il mese di Ramadan. E' stata coinvolta perfino l'Alta Corte di Giustizia. In seguito, durante la Simnah Torà (celebrazione della Torà), la polizia ha registrato molti scontri, avvenuti tra studenti di Yeshiva e giovani arabi. Una guardia giurata di un istituto religioso ha dovuto sparare in aria per separare i due gruppi.
    Akko è tradizionalmente una città senza storia. Questa località di 45.000 abitanti, situata al nord del golfo di Haifa, è nata con le crociate e l'invasione turca. Per anni ebrei e arabi hanno lavorato fianco a fianco sotto la tutela di un sindaco che aveva il compito di far arrivare tutti i ragazzi della città a un livello di educazione e di qualità attraverso l'accesso alla cultura, alla musica e allo sport. Durante la seconda intifada, la città si era vantata di non aver dovuto registrare nessun incidente di rilievo.
    Da qualche tempo dei giovani usciti dalla comunità musulmana della città sembrano decisi a turbare l'ordine fino a qui stabilito.

(Arouts 7, 4 dicembre 2006 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





2. NON SONO SOLO GLI EBREI A DARE FASTIDIO




Cristiani in Palestina e la quotidiana ostilità degli estremisti

Membri della comunità cristiana a Betlemme raccontano degli ultimi due mesi di soprusi, intimidazioni e aggressioni, impuniti nella maggior parte dei casi.

BETLEMME – I cristiani in Palestina avvertono un clima sempre più ostile nei loro confronti, fatto di intimidazioni e soprusi da parte degli estremisti islamici, che per lo più rimangono impuniti. Lo raccontano ad AsiaNews alcuni membri della comunità di Betlemme, che proprio a causa della situazione delicata, hanno chiesto l’anonimato.
    L’ultimo episodio risale allo scorso 4 novembre, quando uomini armati della “Jihad islamica” hanno fatto irruzione nell’International Centre di Betlemme gestito dalla Chiesa luterana. Qui si stava svolgendo una serata con la partecipazione dei consoli di alcuni Paesi europei, alcuni rappresentanti stranieri noti per il loro impegno a favore del popolo palestinese, leader religiosi ed esponenti della società civile locale. All’improvviso, uomini armati hanno invaso la sala guidati da Issa Marzouq, funzionario dell’amministrazione comunale di Betlemme, e affiliato alla “Jihad islamica”. L’uomo è salito sul palcoscenico e ha accusato i presenti di tradimento. “Vergognatevi – ha detto – la gente muore, mentre voi qui fate spettacoli di danza e canti”. Marzouq ha rotto i microfoni e ordinato al pubblico di sgombrare entro cinque minuti altrimenti avrebbero sparato. “La polizia, arrivata subito sul posto, è però rimasta a guardare”, riferiscono i testimoni oculari.
    Nei giorni successivi il pastore luterano, Mitri Al-Rahib, ha indetto un incontro con il governatore di Betlemme, la stampa e autorità locali, in cui ha parlato della “grave mancanza di sicurezza pubblica”, che mette a repentaglio la vita dei cristiani. Al termine delle discussioni è stato redatto un comunicato sull’accaduto, ma la sua pubblicazione è stata fermata con il pretesto che il governatore stesso avrebbe affrontato l’episodio insieme ad altri simili in un’apposita assemblea. Naturalmente – dicono le fonti – nessuno ha preso alcuna iniziativa a riguardo.
    Quello contro le strutture della Chiesa luterana è solo il caso più recente. Alcuni abitanti raccontano che a metà ottobre il litigio tra due giovani - uno cristiano e un musulmano a Betlemme - è sfociata in una caccia al cristiano: un gruppo di ragazzi fermava studenti per strada chiedendo loro la religione con il chiaro intento di picchiare chi si professava cristiano. Anche qui la polizia è intervenuta solo rimanendo a guardare.
    Poche settimane prima, sulla scia delle manifestazioni musulmane contro il discorso del Papa a Regensburg, il Partito di Liberazione islamica (Hiz Al-Tahreer) ha organizzato una mostra all’Università di Birzeit, in cui era esposto un carro armato con sopra una croce e immagini denigratorie di Benedetto XVI. Venivano, inoltre, distribuiti volantini con un testo intitolato “Una Crociata”, pieno di parole oscene contro il Papa e la Croce. Gli studenti cristiani hanno protestato con il decano dell’Università, il quale ha ordinato di cancellare l’esposizione. Ma la direttiva non è stata mai applicata.
    Le fonti di AsiaNews ricordano, infine, i frequenti soprusi sulle terre. Il 19 ottobre, ad esempio, uomini delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa hanno invaso con le armi la casa del cristiano Nikola Mukarker a Beit Jala. La sua colpa era aver denunciato un musulmano, perché si era preso il diritto di edificare, senza permesso, su un appezzamento di terra appartenente alla sua famiglia.

(AsiaNews, 24 novembre 2006)





3. CONVEGNO A GERUSALEMME




GERUSALEMME – “Gli Ebrei a Roma””. E’ il convegno internazionale che si terrà a Gerusalemme dal 31 dicembre al 3 gennaio prossimi. L’incontro internazionale è promosso da Izhak Ben Zvi Institute, Museo U. Nahon dell'ebraismo italiano, Centro di studi sull'ebraismo italiano di Gerusalemme, The Hebrew University of Jerusalem, Bar Ilan University.

Domenica 31 dicembre serata di apertura al Museo U. Nahon dell'Ebraismo italiano (Rehov Hillel 27), Gerusalemme.
Mostra sugli ebrei a Roma. Coro del Tempio: canti tradizionali di Scola Tempio. Presiederà Roberto Bonfil, Università Ebraica di Gerusalemme. Ore 20. Porteranno il saluto Shaul Shaked, Direttore dell'Istituto Ben Zvi, David Cassuto, Centro di Studi sull'ebraismo italiano, Moises Orfali, Preside della Facoltà di ebraistica dell'Università Bar Ilan, Rav Yehiel Wasserman, Direttore del dipartimento per i servizi spirituali, World Zionist Organization, Simonetta Della Seta, Addetto culturale dell'Ambasciata d'Italia, Tel Aviv. Interverrà Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma: “Mito e realtà: noto e inesplorato della Roma ebraica”.

Lunedì 1 gennaio 2007 all'Istituto I. Ben Zvi, Rehov Abravanel 12, Gerusalemme, Prima sessione, (ore 9): “Gli ebrei nella Roma antica”. Presiederà Isaiah Gafni, The Hebrew University of Jerusalem. Interverranno Gideon Prester, Hebrew University of Jerusalem, “L'aspetto archeologico”; Miriam Ben Zeev, Ben Gurion University, “From Cicero to Tacitus. Romans' Attitude to the Jews: between Hellenistic inheritance and Local Reality”; Francesco Lucrezi, Università di Salerno, "Suis legibus uti" e "Romano iure vivere". La comunità ebraica di Roma del IV e V secolo tra diritto romano e legge mosaica; Ranon Katzoff, Bar Ilan University, “Eccentric Jews in Ancient Rome”.

Seconda sessione (ore 11): “Le fonti” . Presiederà Avriel Bar Levav. Interverranno Avraham Grossman, Hebrew University of Jerusalem, “I legami fra i maestri della Germania e quelli di Roma nei secoli XI-XI”; Claudio Procaccia, Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, “Le fonti sugli ebrei a Roma conservate presso l'Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (secoli XVI-XX)”;Avraham David, Jewish National and University Library, 'La lettera dei miracoli'-Una meghillà per un secondo Purim a Roma nel 1555; Serena Di Nepi, Università La Sapienza-Roma, “Costruzione di uno stereotipo: l'etimologia del cognome Astrologo”.

Terza sessione (ore 15):”Le correnti letterarie”. Presiederà Josef Yahalom, The Hebrew University of Jerusalem. Interverranno Paul Grendler, University of Toronto Emeritus and Chapell Hill N.C., Italian Biblical Humanism and Jewish Learning: The Roman Connection, 1515-1535; Mauro Zonta, Università La Sapienza-Roma, Zerahyah ben Isaac Hen, philosopher and translator, and its role in 13th-century Rome; Dvora Bregman, Ben Gurion University, La critica sociale nei Quaderni di Manuello; Giuseppe Veltri, Martin Luther Universitaet, Using Philosophy in Poetry and vice versa: Yehudah and Immanuel Romano.

Quarta sessione (ore 17) “Il rito e le sinagoghe”. Presiederà Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma. Interverranno Yona Frankel, Hebrew University of Jerusalem, “Il rito romano”; Michael Rezik, Hebrew University of Jerusalem, “Il Mahzor di Roma e le sue traduzioni in Italia”; David Cassuto, Ariel College, “Il passaggio dalle Cinque Scole al Tempio Maggiore”; Ilia Rudov, Bar Ilan University, “L'uso di antichita` rinascimentali nell'arte sinagogale”.

Martedì 2 gennaio 2007, All'Università Bar Ilan, Ramat Gan. Quinta sessione (ore 9.15) “La vita quotidiana”. Presiederà Shimon Ohayon, Bar Ilan University. Interverranno Luisa Cuomo, Hebrew University of Jerusalem, “Alcune note sulla vita quotidiana a Roma tratte dai termini volgari dell'Arukh”; Bernard Cooperman, University of Maryland, I prestatori nei Responsa di R. Isac di Lattes; Andrea Yaakov Lattes, Gratz College, “I miserabili fra le mura: la situazione dei poveri nella società”, Sandra Debenedetti Stow, Bar Ilan University, “The Life of Women in the Roman Ghetto (1550-1560): Deeds and Perceptions” .

Sesta sessione (ore 11.30)”Le correnti di pensiero “Presiederà Avraham Elkayam, Bar Ilan University. Interverranno Moshe Idel, Hebrew University of Jerusalem, “La mistica a Roma alla fine del XIII secolo”; Caterina Rigo, Hebrew University of Jerusalem, “La filosofia ebraica a Roma fra I secoli XIII-XIV”; Moti Ben Melech, “Roma messianica” Hillel Sermoneta, Centro di studi dell'ebraismo italiano, “La Halakhà in teoria ed in pratica durante il ghetto”.

Settima sessione (ore 15) “La politica della Chiesa”. Presiederà Moshe Gat, Bar Ilan University. Interverranno Amnon Linder, Hebrew University of Jerusalem, “Il papa e gli ebrei di Roma nella cerimonia per la presa di possesso”; Benjamin Ravid, Brandeis University, La 'Cum Nimis Absurdum' e gli ebrei in Italia; Giacomo Todeschini, Universita` di Trieste, “Il papa, gli ebrei e gli ebrei di Roma fra medioevo ed età moderna”; Kenneth Stow, Haifa University, Pius V and theJews: The Limits of his Policies.

Ottava sessione (ore 17) “I fenomeni sociali”. Presiederà Moises Orfali, Bar Ilan University. Interverranno David Malkiel, Bar Ilan University, “Verginità, famiglia e società nella comunità di Roma nel Cinquecento”; Anna Esposito, Università La Sapienza-Roma, “Gli ebrei spagnoli a Roma all'inizio del Cinquecento”; Marina Caffiero, Università La Sapienza-Roma, “Conversioni romane: esperienze di vita, modelli e processi di integrazione età moderna (XVII-XIX secoli)”; Yosef Cohen, Bar Ilan University, “Il lavoro di un neofito nella Biblioteca del Vaticano”.

Mercoledì 3 gennaio, all'Istituto Yad ben Zvi, Rehov Abravanel 12, Gerusalemme. Nona sessione (ore 9.30) “La vita degli ebrei nel periodo moderno”. Presiederà Andrea Yaakov Lattes, Gratz College. Interverranno Eugenio Sonnino, Università La Sapienza-Roma, “Il comportamento demografico durante il Ghetto e dopo”; Sergio I. Minerbi, “Gli ebrei italiani e la Chiesa cattolica durante l'800 e il 900”; Francesco Spagnolo, American Sephardi Federation, And the Walls Came Tumbling Down: Jewish Music in Rome between the Ghetto and the Emancipation; Manuela Consonni, Hebrew University of Jerusalem, Ernesto Nathan, “Il primo sindaco laico di Roma”; Sergio Della Pergola, Hebrew University of Jerusalem, “Roma ed il resto del mondo: confronti e prospettive “. Tirerà le conclusioni Andrea Yaakov Lattes, Gratz College

(fuori dal ghetto, 27 novembre 2006)





4. ISRAELE, LA MIA REALTA'




Sderot - atto di solidarieta'

Voglio raccontarvi la storia di Dudu un bambino che questa settimana ha commosso tutto il mio Paese. Tutto e' iniziato con una sua foto sulla prima pagina di Iediot Aharonot, uno dei quotidiani piu' venduti in Israele. Una mattina mentre bevevo il caffe' gli occhi tristi di Dudu hanno attirato la mia attenzione e ho letto anch'io l'articolo. Dudu compie tredici anni. Il tredicesimo compleanno e' il piu' importante per ogni bambino ebreo del mondo. A tredici anni si festeggia il Bar Mizva', si acquista il diritto di salire alla Tora', di leggere per la prima volta il Libro Sacro, di rispettare le regole dell' ebraismo. A tredici anni ogni bambino diventa uomo agli occhi di D-o e della societa'. I preparativi per festeggiare il Bar Mizva' sono tanti, la cerimonia al Tempio, il locale, il menu', centinaia di invitati, amici, parenti, i fuochi d'artificio, la musica, i vestiti, i discorsi, le candele da accendere con i nonni e gli zii, la gioia e' tanta, l' emozione e' alle stelle. Ma per Dudu non e' cosi'... perche' Dudu abita a Sderot.
    Nell' articolo leggo la sua tristezza, il suo sconforto e la sua preoccupazione. Dudu teme di dover annullare tutto, perche' la sua citta' e' bombardata giorno e' notte dai missili Qassam di Hammas, perche' la sirena non smette di suonare e probabilmente nessuno verra' a festeggiarlo. I suoi compagni di scuola sono stati tutti evacuati ad Eilat, meta' dei parenti hanno lasciato la citta' e l'altra meta' hanno paura di uscire di casa, i genitori di Dudu hanno investito gran parte dei loro risparmi per farlo felice in questo giorno, ma sara' tutto sprecato se nessuno verra'. Beh, Dudu ha toccato i cuori di tutti e quel che e' successo in seguito all' articolo uscito sul giornale supera tutto cio' che qualsiasi adolescente puo' mai sognare o desiderare. Gli abitanti di Sderot si sono vestiti a festa per questo ragazzo e al suo Bar Mizva sono arrivati a centinaia da tutta Israele, dal Nord e dal Sud, gente comune e personalita' dal mondo dello spettacolo, dello sport e della politica. Dudu non si sarebbe mai sognato di abbracciare la sua cantante preferita, Roni Superstar, o di avere una foto con il calciatore Avi Nimni che gli ha portato in regalo il pallone firmato da tutta la squadra Nazionale. Addirittura il grande Uri Geller, sensitivo di fama mondiale, non e' mancato all' avvenimento, ma la ciliegina sulla torta e' stata sicuramente la telefonata ricevuta dal Capo del Governo, Ehud Olmert, che gli ha augurato buon compleanno dicendo " Caro Dudu voglio tu sappia che non sei solo in questo giorno e che tutto il popolo di Israele e' con te". "Non sei solo" gli hanno detto centinaia di persone che non conosceva prima e lo hanno riempito di regali, di baci, di abbracci e strette di mano, tutto il calore e l'amore che Israele puo' dare.
    Nessuno si e' chiesto cosa sarebbe successo se la sirena d'allarme fosse improvvisamente suonata per un ennesimo attacco di missili, dove sarebbero andate a rifuggiarsi centinaia di persone? In quel momento nessuno se ne e' preoccupato, nessuno ha voluto pensare al peggio, l' importante era essere li' ad asciugare le lacrime del Paese. Sderot non smette di sanguinare. Non so se resco a spiegare con le mie parole il significato di questo atto di solidarieta' per gli abitanti di questa citta' martoriata, in cui i genitori disperati non sanno se mandare i figli a scuola perche' piove, si', piovono missili... in cui la paura e il pericolo sono all' ordine del giorno ne' nessuno sa' quando e se le cose cambieranno mai... Se potessi mostrarvi il paesaggio di Sderot...portarvi li', alla fine delle ville, farvi salire la collina dal quale si puo' vedere l' ormai famosa citta' palestinese di Beit Hannoun dalla quale partono i razzi Qassam rivolti verso la citta' israeliana. E' cosi' vicina che fa' venire i brividi. Vi basterebbe stare li' a guardare per dieci minuti per avere paura... mezz'ora al massimo per capire.

PS. Scrivo questo post alla vigilia dell' accordo di tregua tra Olmert e Abu Mazen...un piccolo passo verso l'unica soluzione logica del conflitto... e' bastata una telefonata del leader palestinese al capo del governo israeliano per far passare una notte tranquilla a migliaia di persone... che non desiderano altro.

(La Stampa, 27 novembre 2006)

prosegue ->
5. PROFUGHI CHE NON PARLANO DI DIRITTO AL RITORNO




C’era una volta un Tedesco dei Sudeti

di Luciano Tas

Quando si parla di Sudeti (una catena montuosa lunga 330 chilometri che tocca la Germania, la Polonia e la Repubblica cèca), generalmente s’intende “la parte per il tutto”, e precisamente quel tratto “colonizzato” fino dal XIII secolo da popolazioni tedesche.
    Questi tedeschi (Sudetendeutsche), che rievocano Monaco, Hitler, la seconda guerra mondiale, nel 1938 erano circa due milioni e 800mila e dividevano quelle terre con 800mila boemi, tutti con passaporto cecoslovacco.
    La rivendicazione dei Tedeschi dei Sudeti mirava, a partire dalla nascita della Cecoslovacchia nel 1919, ad una autonomia soprattutto linguistica della zona, ma con Hitler al potere in Germania si formava nei Sudeti un partito filonazista il cui obiettivo era il “ritorno nel Reich” (heim ins Reich) tedesco. In realtà l’obiettivo di Hitler era quello di impadronirsi della Cecoslovacchia, così come aveva fatto a marzo dello stesso 1938 con l’Austria.
    Per il prudente pacifismo delle (allora) grandi potenze democratiche europee, Gran Bretagna e Francia, che non vollero onorare le garanzie offerte alla Cecoslovacchia, Hitler coronò la sua pretesa con il vertice di Monaco di Baviera a cui parteciparono Neville Chamberlain Premier britannico, Edouard Daladier, Primo ministro francese, Benito Mussolini e, naturalmente, Adolf Hitler.
    Commenterà profeticamente Winston Churchill: “Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra”.
    La regione dei Sudeti veniva così “venduta” alla Germania nazista che, dopo pochi mesi, occupava tutta la Boemia e la Moravia e faceva nascere lo stato-fantoccio di Slovacchia, affidato ad un feroce sacerdote nazista, monsignor Jozef Tiso, che avrebbe uguagliato in barbarie e crudeltà le gesta delle SS e della Gestapo.
    La prudenza di Francia e Gran Bretagna, tese a esorcizzare il mostro, preparò l’immane strage della seconda guerra mondiale e rese possibile l’assassinio di sei milioni di ebrei europei, la cui sorte Hitler aveva addirittura anticipato nel suo “Mein Kampf” del 1923..
    Hitler però ebbe la regione dei Sudeti con i due milioni e 800milla germanofoni che l’abitavano, per poco più di cinque anni. Alla fine della guerra le montagne dei Sudeti tornarono alla Cecoslovacchia e tutti i due milioni e 800mila Sudetendeutsche nel 1946 ne furono cacciati in massa.
    Quanti saranno oggi insieme ai loro figli, nipoti e pronipoti?
    Nessuno di loro del resto ha potuto tornare in quelle terre dove pure la loro etnia era vissuta per settecento anni. I governi delle due Germanie non ci hanno neppure pensato a chiederlo, né lo ha fatto la Germania unificata e democratica.
    Nessuno, tra gli altri sette milioni di tedeschi cacciati dalle terre diventate polacche e russe alla fine della seconda guerra mondiale (fa un certo effetto pensare a Kant, nato nella Prussia orientale, come a una gloria russa) ha potuto farvi ritorno, né qualche movimento d’opinione, progressista o meno, ne ha fomentato o appoggiato le possibili rivendicazioni.
    C’erano una volta i tedeschi dei Sudeti.

(Informazione Corretta, 3 dicembre 2006)





6. SHOAH, DOCUMENTI INEDITI




Giovanni XXIII criticò Pio XII

GERUSALEMME - Giovanni XXIII avrebbe criticato il Vaticano per il silenzio della Chiesa sulla Shoah molto tempo prima di quanto affermato ufficialmente dalla Santa Sede. Lo rivela una ricerca di una docente israeliana, Dina Porat, che ha trovato alcuni documenti inediti che attestano che il futuro Papa Roncalli avrebbe contattato la Santa Sede per farle conoscere la situazione degli ebrei e dei campi di sterminio. Dina Porat, professore di storia ebraica all'Università di Tel Aviv, ha trovato delle prove in base alle quali Roncalli criticava la politica di Pio XII. Papa Pacelli, che fu il Papa durante la Guerra, è stato spesso criticato per il silenzio della Chiesa di fronte alla Shoah, quando sei milioni di ebrei furono uccisi dai nazisti. Porat, prestigiosa docente di storia dell'Olocausto, ha trovato dei diari e alcune corrispondenze di Haim Barlas, inviato dell'Agenzia ebraica negli anni Quaranta. I suoi fogli sono rimasti in un archivio privato in Israele, fino ad oggi quando sono venuti in possesso di Porat. "I fogli di Barlas hanno un valore storico importantissimo - ha sottolineato la docente israeliana - ma sono rimasti sconosciuti così a lungo perché i documenti non erano custoditi in un archivio pubblico ed erano in lingua ebraica. Negli anni '40 sia Barlas che Roncalli risiedevano a Istanbul, il primo come giornalista dell'Agenzia, e Roncalli come nunzio apostolico in Turchia. "I due erano diventati amici - ha sottolineato Porat - e le loro corrispondenza, principalmente in francese, indicano che Roncalli 'gentilmente' criticò il silenzio Vaticano di fronte alla strage nazi-fascista". La docente israeliana ha scoperto che nel 1943, in seguito ad una richiesta di Barlas, Roncalli scrisse al presidente slovacco chiedendo la fine della deportazione nazista degli ebrei nei campi di sterminio. Il 23 giugno 1944, Barlas ricevette una copia di un rapporto di 30 pagine sconvolgente, che divenne noto come "Auschwitz protocols", compilato da due ebrei che riuscirono a scappare dai campi di concentramento. Barlas inviò una copia del rapporto al suo amico Roncalli, il 24 giugno, e l'allora nunzio in Turchia spedì una copia al Vaticano tramite un telegramma urgente. E questo contrasta con la versione ufficiale del Vaticano, che dice di aver ricevuto il dossier 'solamente' nell'ottobre del 1944.

(la7.it, 4 dicembre 2006)





7. LIBRI




Luca Riccardi, Il «problema Israele». Diplomazia italiana e PCI di fronte allo Stato ebraico (1948-1973), ed. Guerini e Associati, 2006, pp. 478, € 29,50.

Dal 1948 la diplomazia e il mondo politico italiani si trovarono a confrontarsi con una nuova realtà internazionale: lo Stato d'Israele. In questo volume l'autore, utilizzando in larga parte materiale d'archivio inedito, ripercorre le reazioni suscitate dall'affermazione di questa nuova nazione. La tradizionale amicizia per i paesi arabi spinse il governo di Roma a considerare i rapporti con lo stato ebraico come un "problema", soprattutto in occasione delle ricorrenti crisi nel Medio Oriente. Dagli anni Sessanta Aldo Moro, presidente del Consiglio e poi ministro degli Esteri, approfondì la tendenza filo-araba dell'Italia esprimendo numerose perplessità, e qualche volta marcati dissensi, riguardo alla politica israeliana. Sul versante ideologico opposto, anche per il PCi Israele fu un "problema". I comunisti passarono dall'entusiasmo con cui ne accolsero la nascita a una progressiva freddezza, determinata anche dagli sviluppi della politica mediorientale dell'URSS. Dalla guerra dei Sei giorni del 1967 Israele fu identificato con chiarezza come un avversario, in quanto ritenuto parte integrante del disegno imperialista degli Stati Uniti nel Mediterraneo. Ma questa posizione sollevò un intenso dibattito all'interno del partito provocando alcune importanti prese di distanza nei militanti di origine ebraica. Da questo studio emergono alcuni interessanti punti di contatto tra le posizioni del governo italiano e dell'opposizione comunista fino alla guerra del Kippur del 1973.

(Libreria online UNILIBRO)

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Un commento al libro

Il Pci e lo stato degli ebrei

di Valerio Bosco

Quello che è accaduto a Beit Hanun non è un errore, è il frutto di una politica, è lo sbocco di una scelta …''. Con queste parole, il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema, in un’intervista rilasciata al quotidiano l’Unità il 10 novembre scorso, ha sintetizzato il suo giudizio sull’errore israeliano che, due settimane fa, ha causato la morte di 18 civili palestinesi nella striscia di Gaza. L’intervista ha comprensibilmente scatenato una sollevazione da parte di diversi esponenti della Comunità ebraica italiana, offesi dalle mancate critiche del Ministro nei confronti della politica criminale della leadership di Hamas colpevole di incoraggiare il lancio di missili Kassam contro i civili nel sud di Israele. La dura presa di posizione della Farnesina ha però riaperto il dibattito sulle ragioni dello Stato d’Israele all’interno della sinistra italiana. Furio Colombo, senatore dei DS ed ex direttore de l’Unità, si è detto a disagio per le parole di D’Alema e, assieme ad un altro diessino doc, Giuseppe Caldarola, ha criticato la voglia di tanta parte della sinistra di mettere sotto processo Israele.

Un grosso aiuto alla comprensioni delle origini storiche delle polemiche di questi giorni viene dall’ottimo volume di Luca Riccardi, professore di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università di Cassino, intitolato Il problema Israele, diplomazia italiana e PCI di fronte allo Stato ebraico. 1948-1973 (Guerini e Associati, 2006, pag. 478, euro 29.50). Largamente basato su una documentazione inedita, il volume ha il merito di ricostruire con estrema chiarezza, proprio attraverso il filtro della controversa questione israelo-palestinese, uno spaccato prezioso del processo di formazione della politica estera italiana nella regione mediorientale.

Mentre nell’immediato dopoguerra la diplomazia italiana, affiancata dalla nuova classe politica moderata, cercava di conservare le relazioni con il neo-nato Stato di Israele su un tono sostanzialmente minore per evitare problemi con gli amici arabi e per recuperare il tradizionale ruolo di influenza in Medio Oriente esercitato dall’Italia prebellica, il PCI ed il PSI - esclusi dal governo nel maggio 1947 ed unitesi, nel clima della guerra fredda, nel fronte comune contro le forze politiche filo-occidentali guidate dalla Democrazia cristiana - guardavano con grande simpatia al governo di Tel Aviv. Nel 1948, i partiti del Fronte popolare non avevano esitato a criticare aspramente il governo De Gasperi per il mancato riconoscimento dello Stato ebraico, sorto in quello stesso anno con le immediate felicitazioni dell’Unione Sovietica. Per i comunisti e per il socialisti, ''la nascita e la sopravvivenza di Israele rappresentava la difesa di un embrione di societˆ socialista che sarebbe potuto divenire un punto di rottura rispetto all’egemonia capitalista in Medio Oriente'': il modello di colonizzazione ebraica ispirato ad una concezione collettivistica della società poteva offrire a Mosca ed a tutto il mondo socialista una prospettiva di penetrazione nel Mediterraneo orientale e nei Paesi arabi. il volume di Riccardi muove i primi passi proprio dall’originaria simpatia della sinistra italiana nei confronti della causa ebraica. Seguendo i diversi passaggi della crisi mediorientale nel contesto dell’evoluzione del sistema delle relazioni internazionali e delle vicende che segnano la vita politica italiana, il saggio giunge a documentare l’oggettivo allineamento che si realizza tra i giudizi dell’opposizione comunista e le posizioni di gran parte della Democrazia cristiana in merito alla necessitˆ di una maggiore attenzione ai problemi del mondo arabo. Un processo che culmina, non a caso, alla vigilia del compromesso storico, nel 1973.

Quella che può essere descritta come una parabola che condusse i comunisti a identificare la lotta armata degli arabi come ''resistenza'' e quella degli ebrei come ''imperialismo sionista''o addirittura come ''nazismo'' - infelice deriva polemica assunta da diversi editoriali del settimanale del PCI Rinascita - cominciò, secondo Riccardi, con l’ascesa in Medio Oriente della stella politica di Nasser. La partecipazione dell’Egitto alla conferenza antimperialista di Bandung del 1955, il viaggio di Nasser a Mosca fecero del regime egiziano il punto di riferimento del movimento comunista internazionale: Israele diventava, agli occhi del PCI, uno stato anti-democratico colpevole della repressione dei diritti della popolazione araba. In occasione della crisi di Suez dell’ottobre 1956, il PCI si schierò a fianco dell’Unione Sovietica riconoscendo nell’Egitto ''il protagonista di un movimento anticapitalista''.

E’ però nel 1967, con la guerra dei sei giorni, che, secondo Riccardi, il PCI diviene incontestabilmente il partito leader del fronte filo-arabo e anti-israeliano in Italia, trovando una sponda autorevole nella formula dell’equidistanza sostenuta dall’allora Ministro degli Esteri, il democristiano Amintore Fanfani. I liberali, i repubblicani ed i socialisti, le forze laiche sensibili alla causa israeliana, venivano accusati da Botteghe Oscure di difendere le ''ragioni imperialiste'' dello Stato d’Israele: bersaglio polemico dei comunisti erano però, in particolare, Pietro Nenni e Giuseppe Saragat, i due leader del socialismo democratico italiano. Proprio Nenni, anche nel corso della sua esperienza come Ministro degli Esteri nel 1969, fu uno dei più coerenti sostenitori della causa israeliana: se agli occhi di molti socialisti italiani Israele rappresentava ancora un modello felice di libertà politica e collettivismo di stampo socialista, il leader del PSI continuava ad associare inevitabilmente il ricordo doloroso della morte della figlia Vittoria - deportata e uccisa con tanti ebrei nel campo di sterminio di Auschwitz - alla Shoah ed all’epopea colonizzatrice dello sfortunato popolo ebraico. Un associazione quella tra Shoah e sopravvivenza dello Stato d’Israele che il Partito comunista italiano respingeva e che giudicava come un mezzo impiegato per celare la natura imperialista della politica di Tel Aviv e Washington nella regione.

Il PCI trovò comunque presto una nuova sponda nella figura di Aldo Moro che, giunto alla Farnesina dopo Nenni, ricondusse con decisione l’Italia nella sua tradizionale collocazione vicina ai Paesi arabi. Come ricostruisce in modo accurato Riccardi, lo statista pugliese fu il protagonista di una serie di iniziative diplomatiche tese a rilanciare il ruolo delle Nazioni Unite nella vertenza mediorientale ma che, più in generale, muovendo dalla profonda comprensione delle ragioni delle organizzazioni della guerriglia palestinese, cercavano di ricondurre il Medio Oriente al centro della politica mediterranea dell’Italia. Un obiettivo che le necessitˆ energetiche del Paese e dell’intera Comunità europea - emerse in modo drammatico all’indomani della crisi petrolifera del 1973 - avevano reso ormai irrinunciabile. Proprio in occasione della guerra del Kippur del 1973, il tono della polemica anti-israeliana del PCI subì un drastico avvitamento: le diverse anime e generazioni del partito - ad esclusione del comunista d’origine ebraica Umberto Terracini di cui Riccardi ricorda la sofferta dissidenza dalla linea ufficiale di Botteghe Scure - presero infatti le difese della resistenza palestinese - movimento che aveva ormai assunto una dimensione terrorista e stragista - in opposizione al ''vero terrorismo di Stato'' ed ai ''metodi nazisti'' adottati da Israele.

L’estremismo delle posizioni del PCI non impedì comunque a Botteghe Oscure di trovare in un’interpretazione anti-israeliana della formula fanfaniana e morotea dell’equidistanza un punto d’incontro con la DC: fu anche in questo clima che, nel 1973, Enrico Berlinguer, dalle pagine di Rinascita, sull’onda della distensione internazionale tra Mosca e Washington, lanciò la proposta di compromesso storico. é proprio in questo documentato intreccio tra politica internazionale, politica interna italiana e questione mediorientale che emerge uno dei maggiori meriti del volume di Riccardi: quello di poter indicare le ragioni storiche di un sentimento filo-arabo - tradotto nella controversa formula dalemiana dell’equivicinanza ma meglio specificato dal duro commento del capo della Farnesina sulla tragedia di Beit Hanun - ancora piuttosto diffuso presso quelle forze eredi della tradizione comunista e democristiana. Un sentimento che ancora oggi, a tratti, percepisce Israele come un problema. E non come prezioso avamposto democratico nella turbolenta regione mediorientale.

(da Oggi 7 Online)





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