Notizie su Israele 50 - 22 ottobre 2001


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"Ecco, i giorni vengono", dice il SIGNORE, "in cui io manderò ad effetto la buona parola che ho pronunziata riguardo alla casa d'Israele e riguardo alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo, io farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia, ed esso eserciterà il diritto e la giustizia nel paese. In quei giorni, Giuda sarà salvato e Gerusalemme abiterà al sicuro; questo è il nome con cui sarà chiamata: SIGNORE nostra giustizia".

(Geremia 33.14-16)



Si dice: "Bisogna combattere i fanatici violenti, ma si deve portare rispetto alla religione dell'Islam". Ma qual è il vero Islam? E' forse quello presentato nell'articolo che segue, tratto dagli scritti di un'organizzazione che si denomina "Il puro Islam"?

M.C.


LA "SANA DOTTRINA" DEL "PURO ISLAM"


Gerusalemme tra attualità ed eternità   

    Il tentativo israeliano ed occidentale di pervenire ad una normalizzazione della questione palestinese si sta rivelando sempre più fallimentare.
    Ha mancato il suo obiettivo in un primo momento, il tentativo di demolire con la violenza e il terrore, l'opposizione araba e islamica ed in secondo tempo il subdolo progetto, tanto più insidioso quanto più camuffato con gli speciosi belletti dei luoghi comuni dell'umanitarismo occidentale, di pervenire ad un assorbimento indolore dell'avversario, tramite la penetrazione economica e culturale; e ricorrendo alla cooptazione della classi dirigenti arabe.
    In tutte queste mene, l'ostacolo principale è sempre stato quello di Qods (Gerusalemme). Una delle cause dello scacco subito è indubbiamente da ravvisarsi in quello che per gli occidentali moderni è un difetto costitutivo, ovverosia la sottovalutazione o l'ignoranza più completa del fattore religioso come motivo delle azioni umane. Ed invero, l'intera Palestina è Terra Santa dell'Islam, ed a maggior ragione lo è la sua capitale indivisibile, prima Qiblah e terza città santa dopo La Mecca e Medina, e luogo dal quale, dalla medesima roccia del sacrificio di Abramo (a), il Profeta Muhammad, pace su di Lui e sulla Sua Famiglia, ascese al Trono di Dio.
    Ogni buon Musulmano deve essere pronto a dare anche la propria vita per Qods, ed ignorarlo significa non avere adito alla più elementare conoscenza dell'universo islamico. Non si tratta a questa stregua di pulsioni emotive dovute a condizionamenti storici e culturali. Si tratta piuttosto del radicamento metafisico che è alla base della realtà viva dell'Islam, nella sua qualità di Legge Divina dell'umana natura nel suo significato più autentico. Ma dall'altro canto, quel che ci deve mettere in guardia a questo riguardo, per farci sospettare l'esistenza di un altro aspetto del problema, è l'altrettanto irriducibile caparbietà israeliana, e più in generale ebraica, su questa medesima questione. Neppure questa intransigenza affatto assurda sotto il profilo storico, politico, etnico e religioso, è spiegabile con criteri meramente umani. A ciò si aggiunga la forza magnetica con cui il movimento sionista si è mostrato capace di trascinarsi dietro l'intero mondo occidentale con tutti i suoi satelliti. Possiamo affermare pertanto con irrefutabile certezza che le pretese ebraiche sulla Palestina non sono riconducibili ad alcun fattore meramente umano. A cosa è dunque dovuta la caparbietà sionista? Entrano qui in gioco considerazioni di ordine metafisico. Intendiamo qui l'aggettivo "metafisico" in senso lato, e non in senso stretto, riferendolo a tutto l'insieme degli ordini di realtà che non si identificano con il nostro livello d'esistenza.
    Ora, un insieme siffatto è in definitiva duplice, essendo riconducibile all'opposizione fondamentale, quantunque sostanzialmente illusoria e non biunivoca, tra Tradizione e sovversione, avente la sua radice nella sussistenza dell'Essere e nell'insussistenza del nulla.
    Il Nemico dell'Uomo è oggi più che mai una realtà di fatto, la quale a dispetto della sua fondamentale impotenza ontologica, sta dispiegando nel nostro mondo tutto il suo potenziale di illusione, seduzione e corruzione.
    A prescindere da una dimensione siffatta, le vicende di Palestina appaiono invero completamente prive di ragione sufficiente ed assolutamente inintelligibili. Giacché nessun elemento empirico può dare giustificazione della caparbietà, del fanatismo, della perspicacia luciferina degli ambienti sionisti, disposti a perseguire i propri fini a costo di coinvolgere le proprie e le altrui vite in un immane bagno di sangue, in un atroce sacrificio collettivo. Questo è il loro ricatto. Non si tratta a questa stregua di un collegamento indiretto con la suddetta dimensione.
    Il materialismo moderno costituisce invero una realtà effettuale i cui particolari fanno parte di una totalità a suo modo coerente, che solo riconnettendosi nella sua globalità ad un elemento ulteriore, denuncia il suo marchio e le sue radici. Nel caso in questione invece, non si hanno ragioni umane mediatrici di un ricollegamento con un ambito umano. La connessione è qui evidente e immediata. Si tratta di una vicenda nel quale il Nemico dell'Uomo mostra di intervenire direttamente, a prescindere da una concatenazione di cause seconde. Anche la caparbietà ebraica è a suo modo d'ordine metafisico. Essa si contrappone all'Islam in questa medesima prospettiva, seppur per inversione. Qods viene ad essere in questi frangenti il centro di una lotta cosmica e metafisica: Al Qods, capo della Palestina, e la Palestina corpo di Al Qods, affatto inscindibili ed inconcepibili l'una senza l'altra, città santa capitale indivisibile di una terra santa, luogo di rivelazione primordiale e di tradizione profetica. Ma anche luogo d'abominazione, sovversione e apostasia. Il monte di Sion, già consacrato al sacrifico d'Abramo, venne in seguito eletto a punto di partenza dell'ascesa al Trono di Dio del Sigillo dei Profeti (S) lungo l'asse celeste della croce simbolica dell'Uomo Universale.
    Ianua Coeli dunque, da cui l'Onnipotenza Divina effonde i suoi doni e le sue benedizioni, e che quindi finisce col riconnettersi provvidenzialmente agli atti esteriori della missione profetica, ma che rischia anche di venire trasformata in Ianua Inferi dell'empietà e della prevaricazione.
    A questo riguardo va in primo luogo rammentato che l'Islam, sigillo della Rivelazione ed ultima Legge, è manifestamente destinato a dare battaglia in campo aperto alle forze della sovversione nei tempi ultimi, sino all'avvento del Mahdi, che Allah affretti la Sua Manifestazione.
    Ora, l'Islam ha tre principali città sante, due delle quali, La Mecca e Medina, sono luoghi interni, inaccessibili nel loro intimo alle forze della sovversione a dispetto di tutte le vicende esteriori, di tutte le usurpazioni, di tutti i tradimenti. Qods (Gerusalemme) invece si è sempre trovata a suo modo sul confine tra il Dar al Islam [Casa dell'Islam] e il Dar al Harb [Casa della Guerra], ed è sempre stata rivendicata come luogo santo anche dalle altre genti del Libro. A questa stregua, l'attacco a Qods da parte di un'empietà prevaricatrice come il sionismo viene ad avere due aspetti complementari. Il primo è la pretesa di togliere al Principio dell'essere un luogo privilegiato d'effusione ontologica, che è tale in ragione del puro culto monoteistico ivi legittimamente officiato dall'Islam, a ciò provvidenzialmente deputato in quanto Sigillo della Rivelazione. Ma poiché una tale azione del Dio Unico s'estende a tutti i livelli d'esistenza, ecco che occupandoGli un luogo d'elezione e sbarrando così le porte del cielo, queste medesime forze si ripromettono per ciò stesso di spalancare quelle degli inferi, mettendo le mani su quel prolungamento del raggio della luce celeste, su quella parte dell'asse del mondo che attraverso questo centro s'estende ai domini tenebrosi posti al di sotto del nostro livello ontologico.
    Pretesa assurda, ma non per questo meno pericolosa. Da qui, in secondo luogo, la miscredenza si ripromette, così rafforzata, di scatenare l'assalto definitivo contro l'Islam e il suo centro ulteriore; l'Islam, lo ripetiamo, in quanto suggello della Rivelazione, roccaforte e baluardo divino contro le forze dell'empietà e della sovversione. Forze queste ultime oggigiorno incarnate in una guida eminente proprio dal giudaismo degenerato completamente staccato dalla Tradizione Primordiale, ma tanto più pericoloso, in quanto conservando quella medesima forma esteriore che fu già ricettacolo di Rivelazione e che ha chiuso all'Influsso Divino, ne ha fatto per ciò stesso il luogo privilegiato d'effusione degli influssi della Scimmia di Dio, dei mondi inferi in quanto parodia e contraffazione dei mondi celesti.
    Il marchio della luce tende così a trasmutarsi in marchio della sua inversione speculare, delle tenebre, che per suo tramite si sforzano d'irrompere nel nostro mondo.
    Costoro si spingono ormai alla conquista definitiva di Qods, che consentirebbe di dare alla loro azione d'inversione antitradizionale una portata pressoché universale. In questa impresa si trascinano dietro un Occidente ateo e materialista, o tutt'al più dedito alle ipocrisie umanitarie di un torbido sentimentalismo moraleggiante, le cui genti, ormai lontane dalla Via di Dio, ed affatto incapaci di retto discernimento, sono facile preda di una azione di pervertimento delle coscienze, facente leva sui più oscuri strati emotivi di individui abbandonati a sé stessi, chiusi come sono ad ogni lume che possa illustrare gli intelletti.
    Al loro cospetto, resta schierato in campo aperto solo l'Islam, termine e compimento del ciclo della Tradizione.
    E' questo a nostro avviso il nocciolo della questione di Qods, sospesa tra attualità ed eternità, campo di battaglia privilegiato di una lotta cosmica e metafisica.
    Noi sappiamo chi trionferà, giacché solo Allah è vincitore. Ma è pur sempre nostro dovere prendere parte, schierarci di fatto e non solo teoricamente, di là da ogni indolenza e titubanza, per non dovere alfine rendere conto della nostra ignavia al cospetto di Colui che giudica.

(da "Il PURO ISLAM", Napoli)



LE SCELTE DI ISRAELE E LE SCELTE DI ARAFAT


Da un editoriale del Jerusalem Post
   
    Ora a Israele non resta altra scelta che stroncare l'FPLP [Fronte Popolare Liberazione Palestina], il gruppo terrorista palestinese che ha rivendicato l'assassinio del ministro Ze'evi (e che minaccia apertamente ulteriori attentati contro altri esponenti del governo e del parlamento, a cominciare dal primo ministro). Come l'ultimatum dato ai Talebani - o consegnate Osama Bin Laden o sarete distrutti - allo stesso modo il regime di Arafat deve scegliere: o stronca il terrorismo che ha in seno, o verra' a sua volta distrutto. Israele non ha altra scelta: all'assassinio di un ministro non puo' fare seguito una serie di minacce e pochi fatti, come e' accaduto dopo altri recenti attentati terroristici, altrimenti sarebbe come inviare un chiaro segnale che Israele ha perduto la volonta' e la determinazione di difendere la propria stessa esistenza.
    Finora Israele ha agito come se si trovasse a dover scegliere fra difendere se stesso o difendere i buoni rapporti con gli Stati Uniti. La guerra guidata dall'America contro il terrorismo avrebbe dovuto cancellare questo dilemma. Stati Uniti e alleati avrebbero dovuto capire che l'autodifesa di Israele costituisce in realta' una componente indispensabile della guerra generale contro il terrorismo. Invece e' accaduto il contrario: Israele e' stato sottoposto a maggiori pressioni affinche' cessasse ogni azione "provocatoria" (cioe' di autodifesa) e tutto lo schieramento politico israeliano ha dato per scontato questo aut aut: diritto all'autodifesa o appoggio dell'America. Con Israele costretto a scegliere tra due mali altrettanto pericolosi: tollerare le aggressioni terroristiche o rischiare l'isolamento internazionale.
    Ma dopo quest'ultimo efferato assassinio, il compito del governo israeliano non e' piu' quello di scegliere fra queste due opzioni, bensi' quello di rifiutare la scelta stessa. Bisogna dire agli Stati Uniti e ai loro alleati che se non costringono Arafat a porre fine una buona volta al terrorismo che opera alla luce del sole nelle zone sotto il suo controllo (sia quello dei suoi che quello dei suoi oppositori), allora Israele dovra' farlo direttamente da se'.
    In buona sostanza Israele deve chiedere agli Stati Uniti di opporsi al tentativo di Arafat di legittimare il terrorismo contro Israele sotto la voce "resistenza all'occupazione". Il Consigliere per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice ha iniziato a farlo quando ha dichiarato che "la Siria non puo' schierarsi contro la rete al-Qaida di Bin Laden e nello stesso tempo sostenere altri gruppi terroristici", e quando ha respinto i tentativi di "operare distinzioni fra vari tipi di terrorismo". Ma il vero test sara' vedere se gli Stati Uniti smetteranno di trattare le azioni di legittima difesa israeliane come parte di una generica "spirale di violenze", e inizieranno a considerarle per quello che sono: parte integrante della grande guerra internazionale contro il terrorismo.
    Quello che ora si deve fare e' spiegare agli Stati Uniti che Israele agira' comunque contro il terrorismo, anche senza il loro appoggio. Ma che certo sarebbe meglio per tutti - per gli Stati Uniti, per Israele e per la lotta al terrorismo - se le due nazioni agissero insieme. […]
    Stati Uniti e alleati devono capire che Israele sostiene senza riserve la guerra al terrorismo, ma che non puo' accettare che il terrorismo palestinese contro Israele goda di una sorta di immunita'. Arafat, come i Talebani, deve essere messo davanti a una scelta: se decide si continuare a proteggere il terrorismo allora deve essere classificato dagli Stati Uniti tra i regimi complici del terrorismo. Se non si insiste su questo punto, Arafat continuera' a nascondersi dietro le gonne dell'America e questo significherebbe tradire sia l'impegno degli Stati Uniti verso la sicurezza di Israele, sia il loro impegno nella guerra contro il terrorismo. E' adesso che bisogna scegliere se questa e' davvero una guerra contro tutto il terrorismo, o soltanto contro una delle tante organizzazioni terroristiche.
   
(Jerusalem Post, 18.10.01)



TERRORE E SANGUE A BETLEMME


A Betlemme è stata sepolta l'araba cristiana Johnny Taljieh, colpita per errore da una pallottola in uno scambio di colpi tra Israeliani e Palestinesi. Non si è potuto stabilire se la pallottola è venuta dagli Israeliani o dai Palestinesi. In Beit Jalla ci sono state di nuovo violente sparatorie. I terroristi palestinesi Tanzim sparano su unità israeliane sempre da zone di chiesa, mettendo in questo modo in grande difficoltà i cristiani. Ed è proprio questo che vogliono i terroristi musulmani: anzitutto che muoiano i cristiani, perché l'esercito israeliano risponde al fuoco sparando sempre sui posti da cui provengono gli spari; e in secondo luogo che la cristianità si sollevi indignata contro Israele. Il Papa Giovanni Paolo II ha preso occasione dalla morte delle due arabe cristiane per esprimere il suo dolore sui conflitti in corso, e il Nunzio cattolico di Gerusalemme, Pietro Sambi, ha espresso la preoccupazione che queste agitazioni possano far scattare una nuova ondata antisemita.

(Da "Stimme aus Jerusalem", 22.10.01)


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