Notizie su Israele 92 - 27 aprile 2002
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«Ma tu, Israele, mio servo, Giacobbe che io ho scelto, discendenza di Abraamo, l'amico mio, tu che ho preso dalle estremità della terra, che ho chiamato dalle parti più remote di essa, a cui ho detto: «Tu sei il mio servo, ti ho scelto e non ti ho rigettato, tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia. Ecco, tutti quelli che si sono infiammati contro di te saranno svergognati e confusi; i tuoi avversari saranno ridotti a nulla e periranno; tu li cercherai e non li troverai più. Quelli che litigavano con te, quelli che ti facevano guerra, saranno come nulla, come cosa che più non è; perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: Non temere, io ti aiuto! (Isaia 41:8-13) PER SAPERE QUELLO CHE VERAMENTE E' SUCCESSO A JENIN di Angelica Calò Livné Da giorni il popolo d'Israele segue alla radio, alla televisione e nel piu' piccolo trafiletto di qualunque giornale, le vicende dell'operazione Jenin. Non meno di qualunque persona preoccupata
"Il 50% dei kamikaze suicidi degli ultimi 18 mesi provenivano dal campo di Jenin. Li' sono stati educati, addestrati e preparati per suicidarsi compiendo massacri tra civili israeliani. Tutti i soldati che hanno partecipato all'operazione, per lo piu' riservisti, sono persone comuni, ingegneri, insegnanti, impiegati di banca, ragionieri, appartengono a tutto l'arco della societa' israeliana: la destra, il centro, la sinistra e tutti erano consapevoli che questa sarebbe stata una guerra durissima, per difendere la propria casa, per permettere ai propri bambini di non aver piu' paura di andare a scuola, al cinema o di entrare in un centro commerciale. I terroristi ci aspettavano, avevano preparato questa trappola mortale accuratamente e da molto tempo, fidandosi dell' umanita' e della morale dell'esercito di Israele , valori che loro interpretano come segno di debolezza. Dappertutto, nei muri, dietro alle porte, nei bidoni dell'immondizia per le strade, nelle bombole del gas, nei frigoriferi sparsi davanti alle case c'erano kg e kg di esplosivo sistemato in modo che se ne fosse scoppiato uno ci sarebbe stata un'esplosione a catena e le case sarebbero crollate una dopo l'altra come un tragico domino. I terroristi erano nelle case, la maggior parte delle quali, erano state abbandonate e aspettavano guardando dalla finestra, all'arrivo dei soldati mettevano in moto il detonatore. In ogni entrata del campo c'erano delle buche piene di esplosivo tra i 7 e i 10 kg di tritolo. Il campo si estende su un'area di 600 metri per 500 - quello che tutte le TV del mondo si sono affrettate a mostrare , il cumulo di macerie, gli edifici "sbriciolati" non e' che il centro del campo profughi di Jenin, un'area di 60 mt. per 70, che era tutto completamente pieno di esplosivo e che i terroristi avevano preparato per intrappolare i soldati israeliani. Sapevano benissimo, perche' ormai ci conosciamo bene a vicenda dopo anni di vicinato, che gli israeliani per stanare i terroristi, non avrebbero usato l'artiglieria pesante, ne' avrebbero perpetrato un attacco aereo, come un qualunque altro esercito, perche' si sapeva che I terroristi avrebbero costretto, di proposito, molti civili a rimanere nelle proprie case. Con un megafono, parlando in arabo, affinche' capissero, l'esercito israeliano ha esortato i civili ad uscire, assicurando che non gli sarebbe stato fatto alcun male. Cosi e' stato e ci sono stati due casi in cui, quando un gruppo di donne e bambini sono usciti da un'abitazione, dal centro del gruppetto e' saltato fuori un terrorista che ha tentato di farsi saltare con una cinta esplosiva tra la sua gente e tra i soldati ma e' stato bloccato e da un altro gruppo di civili un altro ha cominciato a sparare all'impazzata colpendo gravemente due soldati. I buldozer di cui tutti parlano, sono entrati in funzione alla fine per abbattere i pochi muri rimasti in piedi in seguito alle esplosioni che avevano causato gli ordigni preparati dai terroristi. Si e' dovuto abbatterli perche erano pericolosi e traballanti. La battaglia e' stata durissima. Per non colpire i civili abbiamo sacrificato 23 soldati ai quali avremmo risparmiato la vita se ci fosse stato un attacco massivo senza preoccupazione per le persone che erano ancora nel campo. Abbiamo catturato i terroristi casa per casa, camminando in mezzo a un inferno di trappole mortali e a parte le case in quei 60 mt. per 70 nel centro del campo TUTTO IL RESTO E' ANCORA IN PIEDI INTATTO. I terroristi hanno indietreggiato raggruppandosi al centro del campo, 200 persone in tutto e proprio alla fine 33 di loro sono usciti e si sono arresi. Ali Safuri e Jamal Halue capi della Jihad Islamica e Hamas, che sono proprio i mandanti di quei disgraziati che si sono fatti saltare versando fiumi di sangue israeliano e sognando 72 vergini, si sono arresi per non essere uccisi. Entrambi erano i piu ricercati dall'esercito israeliano. Coloro che non hanno voluto arrendersi e hanno preferito suicidarsi, sono esplosi con i loro ordigni . E' loro che stanno cercando ancora sotto alle macerie, in totale poche decine." La voce di questo giovane ufficiale che da molti giorni non abbraccia la figlioletta di 5 anni trema: "Io stesso ho una famiglia, tutti eravamo padri di famiglia, gente che e' stata richiamata all'esercito per questa operazione dopo un periodo in cui la vita era divenuta insopportabile. Conosciamo il valore della vita, abbiamo compiuto tutti gli sforzi possibili per evitare di colpire gente innocente che non ha partecipato alla battaglia." Chiedo se i soldati non si siano fatti prendere la mano dalla rabbia, dal desiderio di vendetta. "Un tipo di combattimento come questo, difficilissimo, lento per non danneggiare e colpire i civili e non mettere in pericolo i nostri soldati, , richiede il massimo dell'autocontrollo, della facolta' di decisione immediata, della razionalita', richiede maturita' spirituale e responsabilita'. Le reazioni forti sono avvenute dove il combattimento e' stato forte. Abbiamo trovato centinaia di kg di materiale esplosivo e 12 laboratori per preparare ordigni nelle abitazioni dei civili. Non eravamo piu' sicuri neanche nelle nostre case!" La voce dell'ufficiale trema ancora. Avrebbe rinunciato volentieri a questa guerra, avrebbe rinunciato se non fosse stato, come tutti noi, trascinato in questo vortice di morte nel quale ci hanno martorizzato, disintegrato, deflagrato centinaia di persone nelle feste di famiglia, in quelle religiose e persino entrando in case, come ad Allon More', sparando improvvisamente su gente ignara seduta in salone. Questi si chiamano massacri, queste si chiamano stragiSˇperche' nessuno se ne accorge? Quella di Jenin e' stata una battaglia, una durissima battaglia di soldati contro guerriglieri armati di tutto punto e chi ha messo a repentaglio la vita dei civili non sono stati i soldati israeliani, come chi ha deciso di mantenere il terribile status quo del popolo palestinese nei campi profughi non e' il governo israeliano. " Prima di entrare a Jenin abbiamo preparato due generatori per non far rimanere l'ospedale senza elettericita' e non abbiamo reagito colpendone le strutture, nonostante dalle finestre dell'edificio sparassero ininterrottamente sui nostri soldati. Nel corso di tutta la battaglia, gli ufficiali sono rimasti in contatto con il direttore dell'ospedale fornendo medicinali e tutto cio che' e' stato richiesto dal personale medico. . Abbiamo trasportato noi stessi i feriti all'ospedale di Jenin perche' dopo che la Luna rossa aveva tentato di ingannarci trasportando per ben tre volte terroristi che si spacciavano per feriti abbiamo impedito loro di entrare ed occuparsene." "Quanto agli aiuti internazionali " - prosegue Rafi "e ai giornalisti non avevamo e non abbiamo nulla da nascondere era semplicemente molto, molto pericoloso e non abbiamo potuto permetterci di mettere a repentaglio la loro vita e, a causa loro, quella dei nostri soldati. L'esercito israeliano non ha rimosso dal campo nessuno dei terroristi uccisi" C'e' un attimo di silenzio. "Il popolo palestinese si e' trascinato in una grande tragedia. Stanno cercando di farci apparire come una sorta di Rambo che distrugge tutto senza distinzione ma la verita' e' che stanno distruggendo se' stessi. Stanno sacrificando donne, bambini inermi. Eravamo gia' usciti da due anni da Jenin, avevamo affidato la citta' in mano all'Autonomia Palestinese. Ci hanno costretto a rientrare nelle loro strade per distruggere l'arsenale di morte che avevano creato sfidando la nostra buona fede e il nostro desiderio di pace. Il nostro obiettivo non era la conquista di Jenin, era la cattura dei capi terroristi e la distruzione delle infrastrutture del terrore!" Non posso dire di sentirmi meglio dopo questa conversazione, e neanche posso dire di credere che tutto sia finito che non ci saranno piu' attentati ne' vittime, ma una cosa si, posso dirla, c'e' gente in questa terra la cui coscienza lavora ininterrottamente, i cui valori umani sono radicati nel profondo di certe radici lunghe 4000 anni. Si puo' credere o no, si puo rimanere scettici o increduli davanti alle parole di questi ufficiali, ma penso proprio che questa coscienza, questi valori siano esattamente cio che anche stavolta ci permettera' di sopravvivere nonostante tutto! Angelica Calo' Livne' (ricevuto dall'autrice, 25.04.02) PROCESSO-FARSA A RAMALLAH Per non dover consegnare a Israele gli assassini a lungo ricercati e tuttavia riuscire a far terminare il blocco militare alla residenza di Arafat, il capo palestinese ha inscenato un processo-farsa nel quale i quattro assassini del Ministro del Turismo israeliano Se'evi sono stati condannati a pene da uno a 18 anni, da scontare in una prigione palestinese. Il processo non è stato soltanto uno spettacolo per i media, ma anche la prova che Arafat ha sempre mentito quando diceva di non sapere niente riguardo all'assassino di Se'evi. Invece vivevano nello stesso quartiere residenziale. Israele non si dichiara soddisfatto di questo processo-teatro e toglierà il blocco militare soltanto se gli assassini saranno consegnati a Israele. (Stimme aus Jerusalem, 26.04.02) MANCANO SOLO I SOLDI PER FARE GUERRA A ISRAELE "Dateci 100 miliardi di dollari e dichiareremo guerra a Israele". Questo e' quanto stato dichiarato dal primo ministro egiziano Attef Obeid Ramez a un giornale del Dubai pubblicato il 24.4.02. Alla domanda dell'intervistatore su come e' possibile che il piu' grande stato arabo tolleri la presenza di un ambasciatore dello stato sionista, il primo ministro egiziano ha risposto che l'Egitto riceve dall'America,in base agli accordi di pace con Israele, di cui l'America e' garante, 3 miliardi di dollari l'anno, indispensabili per mandare avanti l'economia egiziana. Se gli Stati Arabi vogliono che l'Egitto cambi rotta debbono solamente mettersi d'accordo e trovare 100 miliardi. Piu' semplice di cosi'... (Federazione Associazioni Italia-Israele, 26.04.02) «NO ALL´OLP NELLA MIA RESIDENZA» NEW YORK - «No all'Olp in casa mia»: il sindaco di New York Michael Bloomberg ha «disinvitato» da un ricevimento nella residenza privata di Gracie Mansion il rappresentante dell'Autorità Palestinese all'Onu. «Non vedo ragioni per avere l'Olp a Gracie Mansion», ha |
dichiarato Bloomberg sottolineando di aver da tempo etichettato l'organizzazione di Yasser Arafat come «un gruppo terrorista». La polemica è nata qualche giorno fa quando l'Onu ha chiesto al sindaco di poter usare la storica villa sull'East River per un ricevimento di diplomatici. Così lunedì scorso il miliardario prestato alla politica ha passato in rassegna la lista degli invitati: ha cancellato dall'elenco taiwanesi e cubani, in ossequio alle regole di protocollo fissate dal Dipartimento di Stato, ma sul rappresentante palestinese ha agito di testa sua: «L'ho fatto in linea con l'iniziativa di Rudolph Giuliani, che qualche mese fa ha restituito al principe saudita al Walid bin Talal un assegno da dieci milioni di dollari», ha spiegato il sindaco. (La Stampa 26.4.02) FIERE DELL'ALIA' PER TORNARE IN ISRAELE Nonostante tutto, immigrano in Israele di Zvi Aloush, Parigi Persino in tempo di guerra, vi sono quelli che vogliono fare l'alià: i Sindaci israeliani, mandati a "vendere" Israele alla Fiera dell'Alià a Parigi, sono rimasti sorpresi dal gran numero di persone interessate. Gli immigranti potenziali, che preferiscono Israele alla Francia antisemita, si preoccupano di più dell'alloggio e dell'impiego che della situazione militare. Sionismo stile 2002. Hana Ben-Simchon, che vive in un sobborgo di Parigi, ha preso per il bavero il Sindaco di Karmiel, Adi Eldar, quasi giustificandosi: "Le sto chiedendo un consiglio. Ho una casa in Israele e sto per fare l'alià, la prossima settimana. Alcuni amici mi hanno consigliato di rimandarla di almeno un mese, perché la mia casa si trova in Via Gad Mechness a Natania, dove c'è stato un attentato poco tempo fa. Lei che cosa mi consiglia di fare rinviare la cosa o immigrare immediatamente?" Ad Eldar non è stato facile nascondere la propria perplessità. Dopo un attimo di riflessione, ha risposto alla giovane donna, che tentava di controllare senza troppo successo i suoi tre vivacissimi figli: "Se si sente più tranquilla e sicura, rimandi pure la sua alià di un mese. Non è così grave. Qualsiasi cosa succeda, noi l'aspettiamo." Tutto ciò è accaduto alla conclusione di un'enorme fiera, organizzata di recente dall'Agenzia Ebraica in una delle vie chic di Parigi, non lontano dagli Champs Elysées. Eldad sembrava esausto, come un imprenditore edile, che abbia venduto appartamenti per sette-otto ore di fila ad una fiera dell'edilizia. Ed era proprio quello che Eldar aveva fatto durante tutta la giornata: si era incontrato con centinaia di ebrei curiosi, tentando di vendere loro Karmiel. Negli stand vicini, nello stesso salone, i suoi colleghi, i sindiaci di Ashkelon (Benny Vaknin), Ashdod (Zvi Tsikler), Kiryat Gat (Albert Erez) e Beit Arieh (Mark Assia), tentavano di "vendere" le loro città, piccole e grandi. Anche Gerusalemme e Haifa hanno mandato i loro rappresentanti. L'immigrazione in Israele, stile 2002, assomiglia proprio alla vendita di un appartamento. Ogni stand aveva il suo sindaco, con il suo assistente che parlava francese, uno schermo televisivo su cui era proiettato un video che descriveva le meraviglie della città e una pila di dépliants in carta patinata a colori, che promettevano monti, colline e soprattutto tantissimo mare. Perché questo è quello che interessa i parigini più di ogni altra cosa: Gerusalemme ed il mare. Quindi gli stand di Gerusalemme e Ashdod erano i più affollati, seguiti a ruota da Ashkelon e Haifa. Oltre 2500 ebrei hanno visitato la fiera quel giorno: la maggior parte religiosi, alcuni persino ultra-ortodossi, con uno spruzzo di laici. Alcuni sono arrivati con domande precise: volevano conoscere i minimi particolari riguardanti il pacchetto di sovvenzioni fornito dall'Agenzia Ebraica e dal Ministero dell'Assorbimento; volevano informazioni sulle posssibilità di alloggio ed impiego nella città da loro scelta; alcuni volevano addirittura sapere quali scuole sono situate nelle vicinanze del quartiere in cui era stato offerta loro una casa. I sindaci sono rimasti allibiti nel constatare che gli immigranti potenziali non dimostravano particolare interesse per delicata situazione di sicurezza del paese. Nessuno ha fatto domande a questo proposito, a parte la signora Ben-Simchon, che, come si è visto, aveva ottime ragioni per informarsi. Che cosa spinge gli ebrei francesi ad interessarsi alla possibilità di immigrare in Israele in questo periodo? Secondo Moshe Almoznino, direttore della Missione dell'Agenzia Ebraica a Parigi, vi sono in Francia 600.000 ebrei che, sebbene si siano sentiti sempre sicuri della loro vita sul posto, in questi giorni si sentono un po' meno a loro agio. L'incredibile aumento degli incidenti di carattere antisemita definiti "gravi" - oltre 400 dall'ottobre 2000 è causa di seri timori. Oggi vivono in Francia circa 6 milioni di musulmani, il cui numero è in continuo aumento. Gli ebrei hanno già paura di girare per le strade di Parigi con la kippà in testa. La nuova ondata di antisemitismo che colpisce la Francia è diversa da quelle precedenti, di cui era responsabile l'estrema destra. Questa volta, chi sta dietro tali spregevoli azioni sono i figli degli immigrati arabi, sostenuti dalla sinistra radicale e dai Verdi. Sami Gozlin, responsabile della sicurezza della Comunità ebraica, racconta che, in molte delle dimostrazioni anti-israeliane, i leaders arabi dei movimenti di sinistra lasciano fare e dire: "In queste dimostrazioni la folla grida: 'Ebrei Assassini!' e 'Morte agli ebrei!' dice Gozlin e di fatto, tali manifestazioni legittimano gli attacchi contro di noi". Il risultato: se nei primi tre mesi del 2001, 428 ebrei si sono rivolti all'Agenzia Ebraica, esprimendo un chiaro interesse per l'alià, nel corso dei primi tre mesi del 2002, il loro numero è salito a 1250. Almoznino dice: "Noi vorremmo trarre vantaggio da questa ondata, da questo momento di interesse. Per questo abbiamo fatto venire i sindaci: desideriamo che chiunque sia interessato possa parlare direttamente con le più alte autorità e fare delle domande. Facciamo in modo che anche i sindaci abbiano un qualche interesse nell'inserimento degli immigrati". L'anno scorso, circa 1.200 persone sono immigrate dalla Francia in Israele. La meta di Moshe Almoznino è di arrivare quest'anno a raddoppiare il numero. Non è un compito facile: la burocrazia israeliana non rende le cose facili per gli immigranti dalla Francia. Si prenda un medico, ad esempio. Per poter esercitare in Israele, un medico ebreo francese deve superare un difficile esame, senza che si tenga minimamente conto della sua abilità in quanto medico o del fatto di avere esercitato la professione per oltre vent'anni. "L'esame scoraggia spiega Lorrain Cohen, un giovane dentista di Parigi, con moglie e quattro figli, che ha comperato un appartemento ad Ashkelon, ma ha ancora delle esitazioni circa l'immigrazione Ho quasi venduto il mio studio, ma poi mi sono fermato per via dell'esame. Chieda ad un qualsiasi medico israeliano che abbia raggiunto una certa posizione se sia pronto a sostenere in Francia un esame su quanto ha studiato quindici anni prima. Il messaggio che percepiamo è che voi siete inondati di medici e non avete bisogno di dottori francesi. Noi la vediamo così". "Ho un amico, che è cardiologo ed ha dei pazienti israeliani che vengono a curarsi da lui. Si è semplicemente sentito insultato dalla pretesa di fargli fare un esame. Può darsi che dobbiate controllare accuratamente le credenziali dei medici che immigrano dall'Europa Orientale, ma che cosa c'entriamo noi?" Oltre al dott. Cohen, abbiamo incontrato Zvika Voltoch, quarantenne, che è venuto alla fiera con sua moglie, Carinne ed i loro tre figli. Zvika lavora al Comune di Parigi, dove alllestisce spettacoli musicali basati su strumenti a percussione per i bambini delle scuole. Corinne lo aiuta, curando gli aspetti tecnici e logistici. Lei è francese, lui di origine israeliana. Parlano entrambi l'ebraico ed ora hanno deciso di immigrare in Israele. Li ho incontrati dopo che erano stati allo stand di Gerusalemme. Entrambi si erano fissati su Gerusalemme, ma dopo aver visto lo stand di Ashkelon stavano già tentennando. Persino Albert Erez di Kiryat Gat era riuscito a convinverli a guardare un po' più a Sud. Voltoch: "Economicamente stiamo bene, però non abbiamo il calore umano, lo charme e la hutzpah (sfacciataggine) degli israeliani. Anche la situazione della sicurezza in Israele è preoccupante. Non tanto per noi, quanto per i figli. Ma questo è il prezzo dell'alià. Bisogna predere il buono con il cattivo". Gli immigranti potenziali passano da uno stand all'altro come su un nastro mobile. I sindaci sudano, perché, per ragioni di sicurezza, le finestre non possono essere aperte. "E poi la stampa dice che siamo andati a divertirci", si lamenta Tsilker, che ha dovuto pregare per avere un panino e un lattina di Coca Cola tiepida. Il generale di brigata (in riserva) Giora Rom, il direttore generale dell'Agenzia Ebraica, ha tirato le somme della fiera: "Il problema con gli ebrei francesi non è di fargli fare l'alià, ma piuttosto quello di integrarli in Israele. Si tratta di una immigrazione di gente benestante, che può benissimo decidere in qualche ora con 300 dollari di biglietto e quattro ore di volo di fare dietro-front. Per questo abbiamo mandato i sindaci. Sono loro che sostengono il primo impatto". In collaborazione con Bo'az Bismut, Parigi. (Yediot Aharonot, 4 aprile 2002 - fonte italiana: Keren Hayesod, 22.04.02) ALIA' ANCHE DURANTE L'INTIFADA Continuano ad arrivare immigranti dall'Argentina e dall'Etiopia di Ora Arif Il Programma "Na'aleh" quest'anno ha accolto 110 ragazzi provenienti dalla Francia, rispetto ai 40 dello scorso anno. I paesi al mondo, da cui si è avuto un aumento dell'alià durante questo periodo sono stati l'Argentina e l'Etiopia: nel 1999 vi sono stati solo 936 immigranti dall'Argentina; nel 2000 1.053; nel 2001 1.367. Gli immigranti dall'Etiopia erano 2.290 nel 1999; nel 2001 2.201; nel 2001 3.272. Malgrado che lo scorso anno il numero degli immigrati dalla Francia sia diminuito 1.002, rispetto ai 1.153 del 2000 Moshe Almoznino, facente funzione di direttore della Missione dell'Agenzia Ebraica in Francia, calcola che, nel 2002 si vedrà una grande ondata di immigrazione in Israele. Secondo le cifre in suo possesso, 164 ebrei sono immigrati in Israele fino alla metà di marzo. "Riteniamo che le cifre dell'immigrazioni aumenteranno durante l'estate dice Almoznino ed è probabile che si arriverà a raddoppiare il numero dell'anno scorso". La situazione in Israele non ha avuto conseguenza sull'alià dalla Francia o dall'Argentina affema Mike Rosenberg, direttore generale del Dipartimento di Immigrazione dell'Agenzia Ebraica La gente che ha intenzione di fare l'alià non ha annullato. Nelle ultime fiere dell'alià che si sono tenute nei due paesi, il personale dell'Agenzia, i rappresentanti degli istituti di istruzione superiore e i datori di lavoro israeliani sono rimasti sorpresi dal fatto che pochissimi si siano informati della situazione della sicurezza, mentre le più numerose richieste di informazioni riguardavano le possibilità di alloggio e lavoro". Un fatto supplementare, consolidante la valutazione di Almoznino che il numero di immigranti dalla Francia stia aumentando, è la lista di color che hanno fatto domanda di ammissione al Programma Na'aleh (Giovani prima dei Genitori). Attualmente, un mese prima della fine della iscrizioni, 110 ragazzi francesi sono già stati accettati al programma, rispetto ai 40 che vi avevano preso parte lo scorso anno. "Questo dimostra che anche le famiglie dei ragazzi pensano di immigrare in Israele. Altrimenti non manderebbero i loro figli", sostiene Almoznino. Secondo i suoi dati, vi è addirittura un aumento delle iscrizioni in tutti i tipi di istituzioni educative. L'Istituto Lev di Gerusalemme (religioso), ad esempio, che lo scorso anno ha ammesso 40 nuovi allievi su 100 candidati, quest'anno ha ricevuto richieste da 300 candidati. Le cifre di quest'anno indicano un incremento significativo dell'immigrazione dall'Argentina: nei soli primi tre mesi del 2002, sono arrivati in Israele 980 immigranti praticamente lo stesso numero di tutto il 2000. Ciò significa che, se si manterrà lo stesso ritmo, il numero totale degli immigranti dall'Argentina raggiungerà quest'anno i 4.000 5.000. "Noi lavoriamo per portare quanti più ebrei sia possibile a fare l'alià afferma il presidente dell'Agenzia Ebraica Sallai Meridor l'interesse per l'immigrazione in Israele sta crescendo, nonostante la situazione". (Yediot Aharonot, 4 aprile 2002 - fonte italiana: Keren Hayesod, 22.04.02) INDIRIZZI INTERNET Dio ha scelto Israele (III) | ||||