Notizie su Israele 93 - 30 aprile 2002


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Così parla il SIGNORE degli eserciti: «Ecco, io salvo il mio popolo dalla terra d'oriente e dalla terra d'occidente; li ricondurrò ed essi abiteranno in mezzo a Gerusalemme; essi saranno mio popolo e io sarò loro Dio con fedeltà e con giustizia».

(Zaccaria 8:7-8)


E' LA DISPERAZIONE?


Terroristi palestinesi travestiti da soldati israeliani hanno fatto irruzione, verso le nove di mattina di sabato scorso, nell'insediamento ebraico Adora, posto a nord-est di Ebron, e con i
  
Danielle Shefi
loro kalaschnikov hanno ucciso quattro israeliani. Sono piombati nella prima casa e hanno ucciso una bambima di cinque anni [Danielle Shefi, ved. foto] mentre stava ancora a letto e hanno ferito la madre e altri due bambini. In un'altra casa hanno sparato contro una coppia di marito e moglie che stavano dormendo. La donna è morta subito e l'uomo è rimasto gravemente ferito. Il figlio della coppia è stato ferito nel sonno. Dalla sinagoga sono usciti in aiuto alcuni residenti che hanno sparato ai terroristi. Nella sparatoria due residenti sono rimasti uccisi. In totale, in circa un quarto d'ora di azione terroristica sono morti quattro israeliani e sette sono stati feriti, di cui uno è ancora in pericolo di vita. I due terroristi sono fuggiti verso Ebron nei territori dell'Autonomia. Uno di loro è stato ucciso nella fuga da soldati israeliani.

(Stimme aus Jerusalem, 28.04.02)

  
Il lettino dove è stata uccisa la piccola Danielle

... o è l'odio?



IL GRUPPO INTERNAZIONALE "CRISTIANI PER ISRAELE"
PRENDE POSIZIONE


Il gruppo di lavoro "Cristiani per Israele" di Wetzlar (Germania) ha inserito oggi [26 aprile] due annunci di un'intera pagina su due giornali israeliani, uno in lingua inglese, il Jerusalem Post, e uno in lingua ebraica, il Maariv, con il seguente testo:

  • NOI diciamo NO all'aggressione ed al terrore contro Israele e contro gli Ebrei.
  • NOI diciamo NO alle menzogne, alla diffamazione e alle calunnie che i media diffondono su Israele.
  • NOI diciamo NO all'antisemitismo e all'antisionismo.
  • Per amor di Sion noi non taceremo! [Isaia 62:1]
  • Perché le promesse di benedizione di Dio sono sulla tua vita.
  • Israele  - noi ti promettiamo: non sei sola.
  • Anche se sempre più genti e popoli ti lasceranno sola e ti diffameranno - noi staremo sempre al tuo fianco in solidarietà e amore, in questi duri tempi.
  • INSIEME a noi si schierano milioni di Cristiani di tutto il mondo. Noi non abbiamo eserciti, ma lottiamo per te con le armi della nostra fede e con la forza del santo ed eterno Dio di Israele.
  • ISRAELE - Noi ti benediciamo nel nome dell'Onnipotente Dio.
  • Egli ti consoli e guarisca le tue ferite. Egli riempia di pace il tuo cuore e i tuoi pensieri, le tue parole e le tue azioni.
  • Lo SHALOM di Dio sia con te, Israele!

    Gruppo di lavoro "Cristiani per Israele" - internazionale -
    Pastore Dr. H.C. Fritz May

    (ICEJ Nachrichten, 26.04.02)



    NONOSTANTE LA SITUAZIONE, HANNO DECISO DI IMMIGRARE
    IN ISRAELE


    Alià: 212 nuovi immigranti dall'Argentina sono arrivati ieri in Israele, insieme ad Olim dalla Russia e dalla Francia.
       
    di Yair Sheleg
     
        Ieri pomeriggio, poco dopo le quattro, Claudio e Sandra Zlotnick, accompagnati dai loro due figli, hanno cominciato una nuova vita in Israele. Dopo avere praticamente trascorso un intera giornata sballottati fra un aeroporto e l'altro – da Buenos Aires, via Madrid, a Tel Aviv – i quattro sono atterrati in Israele, eccitati ed un po' stravolti. Erano così confusi che non riuscivano a ricordarsi il numero di telefono dei genitori di Claudio, Luiz ed Alvira Zlotnick, che abitano a Kfar Saba, dove anch'essi vivranno per il primo periodo in Israele. In Argentina, Claudio e Sandra commerciavano in oro, ma la grave crisi economica in cui versa il paese ha determinato la loro decisione di immigrare in Israele, anche se, per il momento, non sanno bene che cosa faranno qui. La situazione della sicurezza, in ogni caso, non ha impedito loro di fare l'alià.
        La decisione di immigrare è stata favorita dal fatto che quasi tutta la loro famiglia si trova già in Israele: i genitori di Claudio, i genitori di Sandra, l'unico fratello di Sandra con la sua famiglia ed un altro fratello di Claudio con la famiglia. Solo una sorella di Claudio, Fabiana, è rimasta all'estero – in Cile, però, non in Argentina.
        Quando Claudio e Sandra sono atterrati, la famiglia al completo li stava aspettando alla sala-arrivi dell'Aeroporto Ben Gurion. Dopo la riunione famigliare, hanno trovato il tempo di raccontare la storia dell'alià della loro famiglia.
        Marcelo Kirzner, il fratello di Sandra, fu il primo. Egli, sua moglie, che si chiama anche Sandra, ed i loro quattro figli immigrarono nel dicembre 1997. Non per ragioni economiche, sostiene: "In quel periodo, era davvero per puro Sionismo". La coppia si stabilì a Kiryat Bialik, con quella che fu la prima ondata della "Colonia argentina", formatasi nella città negli ultimi anni. Essi sembrano perfettamente acclimatati nell'ambiente israeliano. Sandra, per esempio, ha fatto uso ieri dei suoi contatti nell'ufficio Immigrazione dell'aeroporto, dove i suoi cognati hanno passato la prima fase del processo di inserimento, ed è stata in grado di riferire come viene effettuata la procedura in ogni suo stadio.
        Una anno dopo l'alià di Marcelo e Sandra, è stata la volta di Lalo Zlotnik, il fratello di Claudio, immigrato con sua moglie Judith ed i loro due figli. La famiglia si è stabilita ad Hod Ha-Sharon e Lalo, ragioniere di professione, ha studiato consulenza fiscale ed è diventato revisore dei conti di una società israeliana di leasing. Egli racconta che, dopo la nascita del secondo figlio "ci siamo resi conto che l'Argentina non era più la nostra casa". Egli parlò a lungo con suo fratello ed altri amici che rimanevano in Argentina, tendando di convincerli ad immigrare: "Gli ho detto che questo era l'unico paese che ci apriva le porte e i miei amici mi rispondevano che Israele mi aveva riempito la testa di Sionismo".
        Subito dopo l'inizio dell'intifada, nell'ottobre 2000, i genitori di Sandra, Pinhas ed Ana Kirzner, hanno fatto l'alià, stabilendosi vicino a loro figlio a Kiryat Bialik e nel maggio del 2001 sono immigrati anche i genitori di Claudio, Luiz ed Alvira, trasferendosi a Kfar Saba. Nel corso di tutto questo periodo, Claudio e Sandra erano decisi a rimanere in Argentina, ritenendo che il loro lavoro – il commercio dell'oro – avrebbe assicurato loro un futuro. Solo con il peggioramento della crisi economica e politica, in dicembre, hanno cambiato idea e deciso di raggiungere il resto della famiglia in Israele.
        Una volta presa la decisione, dice Lalo, i problemi di sicurezza non hanno più rappresentato un deterrente: "Erano preoccupati, ma nemmeno per un momento hanno pensato di rimandare l'alià e noi gli abbiamo spiegato che, sebbene ci fossero dei problemi, il governo li stava affrontando. L'Argentina non ha neppure un regime abbastanza stabile, da far sì che tu non venga ammazzato alla cassa automatica fuori dalla banca".
        Claudio e Sandra, insieme ai loro figli, Leonardo e Michaela, sono solo quattro dei 212 immigrati arrivati ieri dall'Argentina (oltre ai 55 olim dalla Russia ed ai 14 dalla Francia), su due voli separati, via Madrid e via Roma. Di solito, i voli degli immigranti dall'Argentina arrivano il martedì, ma per via di Yom Ha-'Atzmaut e per organizzare la cerimonia festiva, in cui il presidente dell'Agenzia Ebraica, Sallai Meridor ha definito gli immigranti di ieri "il più bel dono che Israele abbia ricevuto per la festa dell'Indipendenza", il personale dell'Agenzia ha arrangiato le cose in modo che i voli arrivassero ieri. I nuovi immigranti sono stati accolti da alti dirigenti dell'Agenzia: il presidente Meridor, il tesoriere Chaim Chesler ed il direttore generale del Dipartimento dell'Immigrazione, Mike Rosenberg. Anche gli altri olim hanno fatto notare che i problemi di sicurezza di Israele non sono stati un fattore deterrente.
        Rosenberg afferma che i problemi di sicurezza non costituiscono, per il momento, un vero ostacolo all'alià. Per quanto difficilmente credibile, il principale impedimento è, in effetti, la grave carenza di

  • carta in Argentina, che rende impossibile l'emissione dei passaporti, indispensabili per lasciare il paese. "Questo è il motivo, per cui, in certi casi, siamo costretti a ritardare le procedure dell'alià", sostiene Rosenberg. Ciononostante, egli ammette, sui tempi lunghi il fattore decisivo per quanto riguarda l'alià sarà determinato "dalla tensione esistente fra la crisi economica in Argentina e la difficile situazione della sicurezza in Israele".


    (Ha-aretz, 18 aprile 2002 - da Keren Hayesod)



    LA BATTAGLIA DI JENIN NEL RACCONTO DI UN TERRORISTA PALESTINESE


    Da un articolo del settimanale arabo Al Ahram

        Omar e' un "ingegnere" del campo profughi di Jenin, uno di quei fabbricatori di bombe tanto venerati nella "citta' dei dinamitardi". Per gli israeliani e' uno dei piu' pericolosi e ricercati terroristi. Omar, che dice di appartenere alla Jihad Islamica, ammette di essere uno dei pochi "combattenti" usciti da Jenin vivi e liberi: "Eravamo i combattenti meglio preparati di tutta la Cisgiordania - racconta al giornalista arabo che lo intervista poco dopo la sua fuga dal campo di Jenin appena caduto nelle mani dei soldati israeliani - Il nostro piano era quello di intrappolare i soldati e farli saltare per aria". A questo scopo Omar e altri "ingegneri" avevano prodotto centinaia di ordigni esplosivi e avevano scelto con attenzione dove piazzarli. "Abbiamo messo bombe trappola in piu' di 50 case intorno al campo. Abbiamo scelto gli edifici vecchi e vuoti e le abitazioni degli uomini ricercati da Israele perche' sapevamo che i soldati israeliani sarebbero venuti a cercarli. Abbiamo tagliato pezzi delle principali condutture dell'acqua e le abbiamo imbottite di esplosivo e chiodi. Poi le abbiamo piazzate a quattro metri di distanza in tutte le case, negli armadi, sotto i lavandini, nei divani". Contavano di mettere fuori combattimento i carri armati con bombe molto piu' potenti nascoste nei cassonetti dell'immondizia per le strade. Altri ordigni vennero piazzati dentro le automobili degli uomini sulla lista dei terroristi ricercati. Le bombe, collegate fra loro con fili elettrici, potevano esplodere con un comando a distanza azionato da una batteria d'auto. Il punto debole del piano, secondo Omar, era che tutti nel campo sapevano delle bombe. "Siamo stati traditi dalle spie fra di noi", dice. I fili collegati a piu' di un terzo degli ordigni sono stati tagliati dai soldati.

    (Al Ahram Weekly, Jerusalem Post, 26.04.02)



    NESSUNA PROVA DI MASSACRI A JENIN


        Alla vigilia dell'arrivo della missione Onu incaricata di accertare i fatti accaduti a Jenin, quasi tutti gli operatori umanitari impegnati nella citta' palestinese affermano di esser gia' arrivati a una importante conclusione: benche' il campo di Jenin abbia sofferto gravi distruzioni, e' del tutto chiaro che in esso non ha avuto luogo alcun massacro indiscriminato.
        Finora medici locali e personale umanitario hanno rinvenuto 52 corpi. "La maggior parte delle persone morte a Jenin - afferma Peter Bouckaert, ricercatore dell'organizzazione umanitaria Human Rights Watch - sono state uccise da spari. A quanto ci risulta, solo un uomo e' morto nel crollo della sua casa". Bouckaert, il cui gruppo sta lavorando a stretto contatto con il personale dell'ospedale di Jenin, ritiene che ormai vi possano essere pochi corpi ancora sepolti sotto le macerie, e si dice quasi certo che il bilancio totale non superera' gli ottanta morti. "Semplicemente non c'e' nulla che provi l'esistenza di un massacro" ha concluso Bouckaert.
        Poster con i volti dei "martiri" (attentatori suicidi) e bandiere di Hamas e Jihad Islamica sono ancora ben visibili negli edifici del campo dove sono all'opera squadre di UNWRA, B'Tselem, LAW, Amnesty International, Human Rights Watch e altre organizzazioni umanitarie. Intanto il governatore di Jenin e l'Autorita' Palestinese hanno vietato il proseguimento dei lavori umanitari nel campo fino all'arrivo della missione Onu guidata dall'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari.
        L'opera dei soccorritori, spiega Charles Capes vicedirettore dell' UNWRA, e' ostacolata anche dalla presenza di molti ordigni e bombe trappola che i miliziani palestinesi avevano disseminato in buona parte del campo. La settimana scorsa artificieri britannici e norvegesi ne hanno disinnescato una parte, ma sono partiti senza completare il lavoro. Dal 19 aprile almeno una persona e' morta e dodici sono rimaste ferite nell'esplosione delle mine lasciate dai miliziani palestinesi nel campo di Jenin.

    (Jerusalem Post, 28.04.02)



    "LA MISSIONE ONU SU JENIN SERVE SOLO PER INCASTRARCI"


        Dopo un lungo dibattito, domenica il governo israeliano ha deciso di respingere il permesso d'entrata alla missione Onu per l'accertamento dei fatti a Jenin. "Le Nazioni Unite si sono rimangiate gli accordi raggiunti con Israele sulla composizione e le procedure della missione", ha spiegato ai giornalisti il ministro Reuven Rivlin. Israele insiste che la missione dovrebbe essere composta da esperti in cose militari e in anti-terrorismo, non da politici che si occupano solo di profughi. L'Onu ha respinto la richiesta israeliana che il generale americano Bill Nash passasse da semplice consigliere a membro effettivo della missione. Israele aveva inviato dei rappresentanti a New York per discutere la questione, ma il segretario generale dell'Onu Kofi Annan si era rifiutato di rinviare la partenza della missione di piu' di un giorno.
        Rivlin ha spiegato a nome del governo che la composizione della missione e il suo mandato sono predisposti in partenza per far cadere ogni colpa su Israele: "Questa tremenda commissione Onu sembra fatta apposta per incastrarci e imbrattare la reputazione di Israele".
        Israele aveva anche chiesto che la missione si limitasse all'accertamento dei fatti, come previsto dalla relativa risoluzione del Consiglio di Sicurezza, e che non si spingesse a trarre conclusione o emettere giudizi. Israele chiedeva inoltre che la missione si occupasse non solo delle questioni umanitarie, ma anche dell'attivita' dei gruppi terroristici palestinesi che hanno usato il campo di Jenin, abitato da migliaia di civili, come vera e propria roccaforte e base per la preparazione e l'invio di numerosi attentati suicidi.

    (Ha'aretz, 28.04.02)



    ARAFAT E' LIBERO


    Arafat può lasciare la sua residenza assediata in Ramallah e muoversi liberamente nei territori dell'Autonomia palestinese. Come contropartita, i tre assassini del Ministro del Turismo israeliano Ze'evi verranno rinchiusi in una prigione palestinese sotto la sorveglianza di custodi americani e inglesi. Questo accordo è stato approvato dal governo israeliano con 17 voti favorevoli e 9 contrari. Ma Arafat teme che se lascia la sua residenza, gli assassini, rimasti senza la sua protezione, diventerebbero preda di caccia per gli Israeliani. Quindi Arafat lascerà la sua fortezza soltanto quando gli assassini verranno presi in custodia  dai sorveglianti americani e inglesi. Molti israeliani sono indignati di questa soluzione e sentono tutto questo come un "diktat americano". Nei prossimi giorni il Primo Ministro Sharon si incontrerà a Washington con il Presidente americano Bush.

    (Stimme aus Jerusalem, 29.04.02)



    GIORNALI ARABI E GIORNALI ITALIANI: UN CONFRONTO


    Da settimane, ormai, più o meno tutti i nostri giornali ci stanno bombardando di notizie sul "massacro" di Jenin: i nostri giornalisti, inorriditi, ci raccontano delle case sistematicamente distrutte dalla furia israeliana, che è arrivata addirittura a tagliare, per puro sadismo, le tubature dell'acqua, tanto rara e preziosa da queste parti, dei bambini uccisi indiscriminatamente, come se fossero anche loro terroristi, riportano le testimonianze dei palestinesi sconvolti: ci hanno distrutto tutto!
        Anche i giornali arabi (si possono leggere in inglese su www.memri.org) parlano di Jenin; anche loro riportano le testimonianze dei palestinesi: "Ne abbiamo ammazzati un sacco - proclamano trionfanti - loro dicono trenta, ma sono molti di più. Li abbiamo attirati in una trappola, abbiamo minato ogni casa, ogni mobile, ogni singolo oggetto, ogni bidone della spazzatura, ogni cadavere. Abbiamo tagliato le tubature dell'acqua e le abbiamo riempite di esplosivo. Abbiamo riempito di esplosivo gli zainetti degli scolari. Quando loro con gli altoparlanti chiedevano ai civili di uscire dalle case, loro non uscivano e quando i sionisti arrivavano alle case le facevamo saltare". E molte altre cose ancora raccontano i testimoni palestinesi ai giornali arabi.
        Come mai i nostri giornalisti non hanno mai sentito nessuno di questi racconti?

    (Informazione corretta, 29.04.02)



    INDIRIZZI INTERNET


    Israel Emergency Solidarity Fund