Notizie su Israele 94 - 2 maggio 2002


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Tu, o SIGNORE, Dio degli eserciti, Dio d'Israele, àlzati a giudicare tutte le genti! Non far grazia ad alcuno dei perfidi malfattori! Ritornano di sera, urlano come cani e si aggirano per la città. Ecco, vomitano ingiurie dalla loro bocca; hanno spade sulle labbra. «Tanto», dicono, «chi ci ascolta?» Ma tu, o SIGNORE, riderai di loro; ti farai beffe di tutte le genti. O mia forza, a te mi rivolgerò, perché Dio è il mio rifugio.

(Salmo 59:5-9)


LETTERA APERTA AI PALESTINESI DI UN EBREO PROGRESSISTA DELUSO


Quando un sogno va in frantumi

di Mario Wainstein (*)

    Prima di tutto devo fare una dichiarazione. I nostri saggi dicono che non si deve giudicare quello che una persona dice in un momento di lutto o di tristezza, perché non sono momenti di massima lucidità. Quello che sto per dire in questa nota - una delle più personali e gravi che ricordo in tutta la mia lunga carriera giornalistica - è il prodotto di uno di quei momenti e non so come la penserò tra qualche settimana o mese. Però la rivista su cui la pubblico esce settimanalmente e non posso certamente postdatare i miei sentimenti. Passarci sopra, come se niente fosse, sarebbe ingannare il lettore, una cosa che non ho mai fatto, alla faccia di chi la pensa in modo contrario.
    Per tutta la mia vita sono stato un buon nipote. Il mio nonno materno era un ebreo tradizionalista che andava in sinagoga tutti i Shabbat. Quello paterno era un comunista che sognava un mondo migliore senza oppressi e oppressori, senza corrotti e corruttori. Sono loro erede come per trasfusione, e non solo per via genetica, ma anche per quelle lunghe e nostalgiche ore di convivenza in cui i ruoli erano chiaramente definiti: loro parlavano e io ascoltavo.
    Dalla mia infanzia mi porto sempre dietro un'immagine incancellabile. Perché è impressionante per un bambino veder piangere suo nonno. Mi viene in mente mio nonno, seduto sul bordo del letto, mentre mi racconta come, dopo che Nikita Krushov aveva denunciato i crimini di Stalin, era venuta a casa sua, a Mendoza, una modesta esattrice del Partito Comunista per ritirare la quota mensile di sottoscrizione. Mio nonno mi raccontò come, con occhi vitrei e voce spezzata, con un misto d'indignazione e di dolore, aveva scaricato su quella povera donna tutta la frustrazione d'una vita intera: "Siete voi a dovermi pagare, per i danni e i pregiudizi con cui m'avete fatto credere in voi e con i quali m'avete ingannato per tutta la vita". Era inconsolabile.
    Io sono venuto a vivere in Israele, come nipote di uno dei miei due nonni; e ho dedicato quasi tutta la mia vita da adulto a lottare per la rivendicazione dei diritti degli svantaggiati in genere, e dei palestinesi in particolare, come nipote dell'altro nonno.
    Non riesco a capire come la storia possa ripetersi in maniera tanto simile. Io, che una volta ho pagato la mia attività sociale a favore degli arabi di Lod con il mio posto di lavoro; io, che ho vissuto un anno intero dei miei risparmi, senza lavorare, per potermi dedicare, dopo la guerra del Libano, all'attività politica a favore del dialogo con l'OLP; io, che durante l'Intifada ho preferito andare nella prigione militare, piuttosto che reprimere i civili nei territori occupati; io, oggi, dico che ho sprecato le mie energie, i miei sogni, le mie capacità e gran parte della mia vita, e che sono stato usato come un utile idiota, la cui buona fede è stata strumentalizzata.
    Mentre chiedevo il dialogo e la creazione di uno Stato palestinese, come espressione naturale del sentimento di solidarietà tra i popoli, il palestinese mi appoggiava, come espressione naturale del suo desiderio di togliere a me lo stesso diritto che io stavo rivendicando per lui. Stato palestinese sì, Stato ebraico no. Mentre stavo cercando affanosamente la formula del modus vivendi, un accordo onorevole, una soluzione equa per la convivenza armonica su un piano di uguaglianza, lui cercava la giustizia. La sua giustizia esclusiva. Se mi avessero avvisato prima, avrei potuto anch'io difendere la giustizia del sionismo e della mia presenza in questo posto, mettendomi in prima linea di fuoco.
    Avevo capito (e continuo a pensarla ancora adesso così) che se si trattava di un conflitto di giustizia, non saremmo mai arrivati a nessun accordo, visto che la giustizia è inflessibile, assoluta e innegoziabile. Con la giustizia, come anche con la religione, si rischia di finire in una lotta armata all'ultimo sangue, fino a che uno non annienta fisicamente l'avversario . Essa serve soltanto a risvegliare fanatismi e ideologie totalitarie.
    Non sono un imbecille, come posso apparire a molti di voi, e so che non c'è altra via che il negoziato. Tanto voi che noi siamo qui per rimanerci e abbiamo la necessità di farlo [il negoziato], nel bene o nel male, con la vita o con la morte. Fino a poco fa ero disposto a lavorare molto per farlo nel bene, affinché vivessimo in pace, affinché arrivassimo ad un accordo. Oggi non più. L'unica cosa che m'interessa a questo punto è riuscire a separarci per non doverci mai più guardare in faccia. Vorrei costruire una muraglia insuperabile che ci separi e non vi voglio più vedere. Noi non siamo cugini. Nel migliore dei casi siamo vicini che non si possono soffrire. Io, per lo meno, non vi voglio più. In quello schifoso linciaggio a Ramallah avete partecipato tutti voi. Non vi siete neppure disturbati a cercare addetti "speciali". Avete partecipato "tutti" voi che eravate lì, secondo quello che normalmente significa "tutti". Non Hamas, non la Jihad islamica. Gente comune. Ubriachi di sangue. Io, con gente come voi non voglio fare la pace.  Semplicemente non vi voglio più vedere. Non voglio stare lì e non voglio che entriate qui. E le vostre trasmissioni televisive devono essere classificate come canali pornografici, per evitare che turbino le menti dei minori. Quando a Nazaret si è quasi fatto un pogrom, perfino io, umilmente, l'ho condannato con rabbia su queste colonne. Venti dei nostri più importanti scrittori sono andati lì ad esprimere le loro condoglianze. E io sto ancora aspettando una sola persona, non dico un intellettuale, ma un semplice palestinese, che pubblichi sulla stampa, alla radio o alla televisione la sua condanna, il suo orrore, il suo ribrezzo per quello che è stato fatto a Ramallah. 
    Dopo 32 anni di lotta, poco fa, mi è venuto di chiedere: Dove sta il movimento di "Pace Adesso" di voi palestinesi? Com'è possibile che noi qui assilliamo continuamente i nostri governi perché siano più flessibili e l'unica cosa che otteniamo da voi palestinesi è la vostra collaborazione allo stesso obiettivo [del governo]? Non vi è mai passato per la mente che anche voi potete esercitare pressioni sul vostro governo affinché anche lui sia più flessibile? Credete davvero che la colpa sia solo nostra e la giustizia solo vostra?
    Siamo sull'orlo d'una guerra orribile che ormai pare inevitabile. Però, se qualcuno di voi crede che siamo disposti a rinunciare alla nostra ragione d'essere, sbaglia di grosso. Ormai mi sono stancato di cercare di comprendere sempre e soltanto le sensibilità  dei palestinesi, senza che nessuno di voi sia disposto ad ascoltare quali sono le mie. Voi dite che per voi l'onore è una questione fondamentale. Può anche darsi. Ma a me, per via di qualcosa che ha a che fare  con i miei nonni, ogni volta che dite che mi volete sterminare, mi create seri problemi all'apparato digerente. Soprattutto se le vostre minacce sono accompagnate da un linciaggio.
   Come il mio nonno di Mendoza, io non credo né nella metempsicosi, né nell'immortalità dell'anima. Anche se, ahimé, la mia angoscia non è proprio una fotocopia della sua. Avrei voluto potergli chiedere come si fa a vivere con tutto questo vuoto nel petto, quando un grande sogno va in frantumi.

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(*) Mario Wainstein è un giornalista argentino di tendenza progressista, residente da più di 30 anni in Israele. Redattore capo del settimanale AURORA.  Cofondatore di Shalom Achshav (Pace Adesso) e attivista militante per il dialogo israelo-palestinese.  Il movimento di Shalom Achshav ha organizzato manifestazioni di massa  negli anni '90 ed è riuscito a mobilitare 1 milione di aderenti. Traduzione dal castigliano di Motty Levi.

(Gruppo Rimon, 30.04.02)



IL MUSULMANO DOMINERA' SULL'EBREO: ALLAH LO VUOLE


I seguenti brani sono tratti dal sermone del venerdì predicato da Sheikh Imarn Ibrahim Madhi, impiegato dell'Autorità Palestinese, nella Moschea Sheikh 'Ijlin, nella città di Gaza, e trasmesso il 12 aprile 2002 dalla TV dell'Autorità Palestinese.


"... Oh, amati di Allah! [Nel sermone di venerdì], due settimane fa ho portato a nome vostro una benedizione d'amore alle corone sui nostri capi, cioè ai governanti arabi e musulmani. Tra le altre cose, ho detto: "Oh corone sui nostri capi: Se Sharon vi sputasse in faccia, che cosa fareste? Ma oggi chiedo scusa per queste parole, perché Sharon non ha soltanto sputato sui capi della nazione, ci ha anche messi sotto i piedi."

"Noi siamo convinti della [futura] vittoria di Allah; noi crediamo che uno di questi giorni entreremo in Gerusalemme come conquistatori, in Giaffa come conquistatori, in Haifa come conquistatori, in Ramle e Lod come conquistatori, in Hirbya e Dir Jerjis e in tutta la Palestina come conquistatori, come Allah ha decretato... 'Entreranno nella moschea Al-Aqsa come sono entrati la prima volta...'"

"Ogni persona che in questi giorni non arriva al martirio dovrebbe svegliarsi nella notte e dire: 'Mio Dio, perché mi hai privato del martirio per la tua causa? Perché i martiri vivono vicino ad Allah'..."

"I nostri nemici adesso soffrono più di noi. Perché? Perché siamo convinti che i nostri morti vanno in Paradiso, mentre i morti degli Ebrei vanno all'inferno, ad un destino crudele. Rimaniamo dunque saldi, in ubbidienza ad Allah..."

"Gli Ebrei aspettano il falso messia ebreo, mentre noi aspettiamo, con l'aiuto di Allah, il Mahdi e Gesù, pace sia su di lui.
Le pure mani di Gesù uccideranno il falso messia ebreo. Dove? Nella città di Lod, in Palestina. La Palestina sarà, come nel passato, un cimitero per gli invasori - com'è stato un cimitero per i Tartari, per gli invasori Crociati, e [per gli invasori] del vecchio e nuovo colonialismo..."

"Un'attendibile Hadith [tradizione] dice: 'Gli Ebrei vi combatteranno, ma voi dominerete su di loro.' Che cosa  ci potrebbe essere di più bello di questa tradizione? 'Gli Ebrei vi combatteranno - cioè, gli Ebrei hanno cominciato a combatterci. 'Voi dominerete su di loro' - Chi metterà il Musulmano a dominare sull'Ebreo? Allah... e l'Ebreo dovrà andare a nascondersi dietro alla roccia e all'albero."

"Ma la roccia e l'albero diranno: 'Oh Musulmano, oh servo di Allah, dietro di me si è nascosto un Ebreo, vieni e uccidilo'. Tranne l'albero Gharqad, che è l'albero dell'Ebreo."

"Noi crediamo in questa Hadith. Noi siamo anche convinti che questa Hadith preannuncia la diffusione dell'Islam e il suo dominio su tutto il paese..."

"Oh miei cari, guardate all'oriente della terra, trovate il Giappone e l'oceano; guardate all'occidente della terra, trovate [un qualsiasi] paese e l'oceano. Siate certi che questi apparterranno alla Nazione Musulmana, come dice la Hadith...' da oceano ad oceano'..."

"Oh Allah, accetta i nostri martiri nel più alto dei cieli..."
"Oh Allah, fa vedere agli Ebrei un giorno nero..."
"Oh Allah, annienta gli Ebrei e i loro sostenitori..."
"Oh Allah, innalza la bandiera della Jihad in tutto il paese..."
"Oh Allah, perdona i nostri peccati..."

(MEMRI, 16.04.02)



ARABO DI BETLEMME LAVORAVA PER I TERRORISTI


Zahi Zableh, 50 anni, è stato arrestato dai soldati in Betlemme. Durante l'interrogatorio ha confessato di aver comprato centinaia di

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armi per gli agenti di sicurezza dell'Autorità Palestinese e più tardi per i terroristi di Tanzim, di averle riparate e tenute in ordine. Negli ultimi sei mesi la richiesta di armi e la pressione per averle era così alta che qualche volta ha lavorato anche venti ore al giorno. E' stato messo in stato d'arresto per 15 giorni, fino a che la Polizia non avrà preparato una denuncia.


(Stimme aus Jerusalem, 01.05.02)



L'AMBIGUITA' MORALE DELL'ONU


L'Onu e il terrorismo nei campi palestinesi

di Shlomo Avineri

    Prima o poi la commissione Onu incaricata di accertare i fatti arrivera' a Jenin. Meglio cosi', perche' la campagna palestinese in stile Gobbels circa un presunto massacro indiscriminato di civili ad
    
Delle 690 risoluzioni votate dall'ONU fino al 1990, 429 sono di condanna contro Israele
opera di Israele deve essere smascherata. Ma la commissione Onu dovrebbe indagare anche qualcos'altro, e cioe' le complicita' delle stesse Nazioni Unite che hanno permesso al terrorismo palestinese di svilupparsi nel campo profughi di Jenin e in altri campi palestinesi in Cisgiordania e Gaza.
    Cio' che infatti e' stato completamente dimenticato, nella raffica di accuse e contro accuse, e' che il campo di Jenin - come tutti i campi profughi palestinesi - e' gestito dalla UNWRA, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi.
    E' da tempo che si trascina questo scandalo di un'agenzia dell'Onu che si e' totalmente appiattita sulla posizione araba per cui i campi profughi (in realta' ormai veri e propri quartieri) devono rimanere degli agglomerati eternamente provvisori affinche' i profughi del 1948 e i loro discendenti restino eternamente nella condizione di profughi, e resti sempre aperta la loro rivendicazione di tornare all'interno di Israele. Qualunque tentativo di varare un piano di riabilitazione e reinserimento dei profughi li' dove si trovano o anche solo di rendere piu' umane le condizioni di vita nei campi e' stato bloccato da questa politica araba, avallata dall'UNWRA, volta a preservare la miseria dei profughi affinche' le loro rivendicazioni non siano in alcun modo attenuate.
    Ma c'e' una questione ancora piu' grave. Tutti i funzionari che gestiscono i campi profughi - dai direttori, agli impiegati, fino agli insegnanti nelle scuole - sono dipendenti dell'UNWRA. La maggior parte di loro sono palestinesi. Non e' possibile che un campo come quello di Jenin sia stato trasformato in un centro di reclutamento e addestramento per decine di attentatori suicidi senza che i funzionari, pagati dall'Onu, che lo gestiscono ad ogni livello (palestinesi o stranieri) non ne sapessero nulla, non fossero conniventi o addirittura non vi abbiano attivamente preso parte. Si puo' anche capire che il personale palestinese dell'UNWRA simpatizzi per la causa palestinese, e che lo facciano anche gli impiegati stranieri assunti dall'agenzia. Ma c'e' una bella differenza fra appoggiare la causa palestinese e aiutare o favorire il terrorismo e gli attentati suicidi.
    Come al solito, le Nazioni Unite sono molto restie ad indagare su se stesse e a fare i conti con le conseguenze delle proprie responsabilita', come fu dopo Srebrenica dove, nel 1995, le forze Onu di peace-keeping si resero complici del massacro di settemila musulmani. L'Onu dovrebbe ora indagare su se stessa e controllare se fra gli impiegati delle sue agenzie per i profughi non vi siano persone implicate, direttamente o indirettamente, con attivita' terroristiche. […] Finche' l'Onu non prendera' misure molto serie per dissociare chiaramente se stessa e le proprie agenzie da qualunque coinvolgimento con il terrorismo e l'istigazione al terrorismo, la sua posizione morale restera' molto ambigua e sostanzialmente insostenibile. In Bosnia l'Onu si e' resa complice di un vero massacro. Nei campi palestinesi e' stata per anni, come minimo, passiva testimone del coinvolgimento dei suoi stessi impiegati nelle attivita' terroristiche. In quanto ente mondiale dedicato alla pace, l'Onu deve prima di tutto fare pulizia in casa propria. Non ci si puo' ergere a giudici degli altri quando la propria stessa organizzazione ha la mani macchiate, anche solo indirettamente, del sangue sparso dai terroristi.

Shlomo Avineri
Scienze politiche -  Universita' di Gerusalemme

(Jerusalem Post, 28.04.02)



CHI HA VIOLATO I DIRITTI UMANI A JENIN?

  
I criminali di guerra (palestinesi) di Jenin

di Jerome Marcus (*)

    Le Nazioni unite sono intente ad indagare sulle accuse mosse agli Israeliani, di aver violato i diritti umani dei Palestinesi nel corso dell'incursione di questo mese nel campo profughi di Jenin. Poiché in quel luogo sono stati uccisi dei non-combattenti, sulla stampa viene impiegata a profusione la parola "massacro". Tuttavia, nella "comunità dei Diritti Umani" molti hanno già emesso un verdetto. "When we are confronted with the ext" Quando ci troviamo davanti alla portata della distruzione del campo profughi di Jenin", dice Rene Kosirnik del Comitato Internazionale della Croce Rossa, "è difficile sostenere che sia stata rispettata la legge umanitaria internazionale". Anche Amnesty International sostiene di avere le prove della violazione dei diritti umani a Jenin.
    Mr. Kosirnik e compagni hanno ragione su un punto: a Jenin è stata violata la legge internazionale, e si deve investigare sulle violazioni. Ma la legge non è stata infranta da Israele, che ha reagito in modo attento e proporzionato all'assassinio quotidiano dei suoi cittadini. In base alla legge internazionale, chi viola i diritti umani dei Palestinesi non combattenti sono i terroristi Palestinesi, che si sono nascosti con le loro armi - senza uniformi o altri segni o simboli identificativi prescritti dalle leggi di guerra - tra la popolazione civile della Cisgiordania.
    All'Articolo 58 del Protocollo relativo alla Protezione delle Vittime di Conflitti Internazionali Armati, la Convenzione di Ginevra stabilisce che chi ha il controllo del territorio "deve compiere ogni sforzo per trasferire la popolazione civile, singoli civili e beni appartenenti a civili sotto il suo controllo da zone in prossimità di obiettivi militari; evitare di collocare obiettivi militari all'interno o in prossimità di aree densamente popolate; prendere ogni altra precauzione necessaria a proteggere la popolazione civile, i singoli civili o i beni appartenenti a civili sotto il suo controllo dai pericoli derivanti da operazioni militari".
    George H. Aldrich, il principale Negoziatore Americano di questo Trattato, ha spiegato che, secondo quanto in esso stabilito, "una parte che abbia il controllo su un territorio - come lo avevano i Palestinesi in tutte le città della Cisgiordania prima di essere sconfitti dagli Israeliani - "è tenuto a prendere tutte le misure possibili per proteggere i civili e i beni dei civili dagli effetti del combattimento, principalmente mediante la separazione, per quanto possibile, di questi dagli obiettivi militari". La parte in questione deve, pertanto "evitare di collocare inutilmente obiettivi militari in prossimità delle abitazioni civili".
    I terroristi palestinesi hanno fatto esattamente il contrario. Anziché "evitare l'inutile collocazione di obiettivi militari in prossimità delle abitazioni civili", hanno nascosto tali "obiettivi" quasi esclusivamente all'interno delle abitazioni e di altri edifici civili: le fabbriche di bombe che gli Israeliani hanno scoperto in tutta la Cisgiordania erano collocate all'interno di abitazioni, scuole e altri edifici civili. E anziché "compiere ogni sforzo per separare per quanto possibile, dagli obiettivi militari", i Palestinesi si sono sforzati al massimo per nascondere gli obiettivi militari dietro, dentro, intorno e sotto obiettivi civili e perfino umanitari. L'ambulanza dentro cui si trovava la cintura esplosiva; la giovane donna "in travaglio" che, come si è poi scoperto, era sul punto di "partorire" una bomba - queste sono le violazioni più esplicite dei diritti umani internazionali della popolazione in mezzo alla quale questi obiettivi militari sono stati nascosti.
    In un'intervista rilasciata dopo la battaglia al Settimanale del Cairo Al-ahram, un bombarolo arabo di nome "Omar" ha delineato con orgoglio la strategia palestinese di militarizzazione delle case: "Avevamo imbottito di esplosivo più di cinquanta case sparse per il campo", ha raccontato. Donne disarmate attiravano i soldati israeliani verso la morte.
    I Palestinesi hanno usato la popolazione civile in questo modo perché, lo sappiamo, questo fa parte della loro strategia: fai delle vittime, poi lamentati per le vittime. Inoltre, sapendo di non poter affrontare Tzahal in campo aperto, i Palestinesi hanno cercato di menomare l'esercito israeliano nascondendosi tra i civili, costringendo in questo modo i veri soldati a trattenersi. I Palestinesi sapevano che gli Israeliani - un esercito disciplinato di mariti e padri - si sarebbero trattenuti per evitare di uccidere i non combattenti.
    Perfino dei combattenti arabi hanno ammesso che gli Israeliani hanno fatto esattamente così. Thabet Mardawi, un terrorista di base a Jenin, poi caturato, ha detto alla CNN la settimana scorsa che lui e altri Palestinesi si aspettavano che gli Israliani attaccassero con aerei e carri armati. "Non potevo credere ai miei occhi quando ho visto i soldati", ha raccontato. Gli Israeliani sapevano che ogni soldato che fosse entrato nel campo in quel modo sarebbe stato ucciso." Sparare a quegli uomini mentre camminavano cautamente lungo le strade "è stato come andare a caccia... E' stato come ricevere un premio... Avevo aspettato un momento simile per anni." Potrebbe essere più chiaro di così? I 13 soldati uccisi in quella trappola mortale a Jenin sono morti esattamente perché cercavano di distinguere tra "obiettivi" militari e non militari, cosa che un "Daisy Cutter" non può fare. In altre parole, cercavano di eliminare gli effetti delle violazioni dei diritti umani inflitte alla popolazione di Jenin dall'esercito di terroristi che aveva stabilito lì la propria dimora.
    Alla fine, naturalmente, - come era certo che sarebbe accaduto, purché non fossero ritirati troppo presto -, i soldati Israeliani sono riusciti a portare a termine la loro missione. Ma i terroristi Palestinesi, essendosi installati in mezzo alla popolazione civile, si sono assicurati un raccolto fresco di vittime, che adesso stanno utilizzando per le loro pubbliche relazioni. L'indagine dell'ONU a Jenin è il frutto di questa campagna mediatica. Ciò che i Palestinesi hanno fatto per assicurarsi queste vittime, costituisce tuttavia la vera violazione dei diritti umani dei residenti della Cisgiordania.
    Per contrasto, l'unica domanda appropriata che l'ONU dovrebbe porsi riguardo la condotta di Israele è se la reazione sia stata proporzionata a questa provocazione e a questi metodi di combattimento. Se l'ONU vuole investigare nuovamente su questa faccenda, dev'essere libera di farlo. Ma non può nemmeno porre la questione in modo appropriato senza una piena comprensione delle incessanti violazioni dei diritti umani che Israele si è trovato di fronte mentre i suoi soldati camminavano con cautela per le strade imbottite di esplosivo di Jenin, cercando di distinguere tra le vittime innocenti della guerra e i terroristi che si nascondevano tra di loro, usandole come scudi umani.
    Questo inganno è la vera violazione dei diritti umani a Jenin e in tutta la Cisgiordania.

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(*) Jerome Marcus, Procuratore presso il Dipartimento di Stato negli anni 1987-88, è avvocato a Filadelfia.

(The Wall Street Journal, 30 aprile 2002)


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