Notizie su Israele 115 - 6 agosto 2002


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Così parla il SIGNORE, che ha dato il sole come luce del giorno e le leggi alla luna e alle stelle perché siano luce alla notte; che solleva il mare in modo che ne mugghiano le onde; colui che ha nome: il SIGNORE degli eserciti. «Se quelle leggi verranno a mancare davanti a me», dice il SIGNORE, «allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza». Così parla il SIGNORE: «Se i cieli di sopra possono essere misurati e le fondamenta della terra di sotto, scandagliate, allora anch'io rigetterò tutta la discendenza d'Israele per tutto quello che essi hanno fatto», dice il SIGNORE.

(Geremia 31:35-37)



IL MASSACRO DI JENIN NON C'È STATO


L'incursione dei militari israeliani a Jenin nell'aprile scorso e gli scontri che ne erano seguiti erano stati descritti come un massacro di civili. Si era parlato di centinaia di rifugiati inermi barbaramente uccisi, di una strage cinicamente compiuta per terrorizzare i palestinesi. Qualcuno ricorderà l'esibizione televisiva di Michele Santoro in una trasmissione unilaterale e faziosa persino oltre gli standard consueti. Su richiesta dei paesi arabi l'Onu ha svolto un'inchiesta che ora dà una versione tutta diversa di quei tragici avvenimenti. I caduti palestinesi sono stati 52, e fra questi 34 sono morti mentre combattevano, armi in pugno, contro le truppe con la stella di Davide, che per parte sua ha contato 23 vittime. Non solo, i terroristi palestinesi avevano minato le abitazioni e quindi è possibile che una parte delle vittime civili sia da attribuire alla loro responsabilità. Dal campo profughi di Jenin erano partiti i kamikaze che, nei primi mesi dell'anno, avevano messo a segno ben 28 attentati nei confronti dei civili israeliani e dei coloni. Insomma, pur nelle condizioni di una terribile guerra antiterroristica che si svolge casa per casa, Israele ha cercato di evitare, e a quel che pare c'è almeno parzialmente riuscito, di colpire indiscriminatamente la popolazione civile. In questo, beninteso, non ha fatto altro che rispettare i criteri umanitari che sono alla base di ogni istituzione democratica e civile. Bisogna però tenere conto di quali siano i nemici con cui ha a che fare. Il leader spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, sostiene apertamente l'obiettivo dello sterminio della popolazione civile ebraica di Israele: "Attacchiamo i civili israeliani perché per noi è come se fossero soldati nemici". Proclama anche che il fine della lotta è la pura e semplice distruzione di Israele, che "nato con la violenza, non potrà che morire con la violenza". Intanto i capi terroristici proclamano che per ognuno di loro che sarà colpito da Israele, dovranno "morire cento ebrei". Al confronto i proclami del maresciallo Kesselring, e le feroci rappresaglie dei nazisti che alle Fosse Ardeatine fucilarono 10 italiani per ogni caduto nell'attentato partigiano di via Rasella, sembrano gesti di moderazione. Finché a livello internazionale non ci si renderà conto che la sopravvivenza di Israele è effettivamente in pericolo, non si potrà trovare una via per la pace.

(Il Foglio, 03.08.02)



GLI EBREI CONTINUANO AD ARRIVARE IN ISRAELE


GERUSALEMME - L'immigrazione ebraica in Israele (alijà) va avanti come prima. La settimana scorsa sono arrivati in Terra Santa 656 nuovi immigrati. Questo fatto è stato riferito dall'Agenzia Ebraica con sede in Gerusalemme. 342 immigrati provengono dall'ex Unione Sovietica, 135 dalla Francia e 61 dall'Argentina. Gli altri immigrati provengono da Belgio, Inghilterra, Sudafrica, Germania, Etiopia, India, Brasile, Colombia, Canadà, USA e Svizzera.
    Martedì 6 agosto sarà il giorno del più gran numero di immigrati di quest'anno. All'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv sbarcheranno 620 immigrati, di cui 500 dall'Ucraina.
    Attualmente in Israele vivono circa 6,3 milioni di persone. Di queste, l'80,5 percento sono ebrei, il 14,6 percento musulmani, il 3,2 percento cristiani (in prevalenza arabi) e l'1,7 percento drusi e altri.
    Dalla sua fondazione, avvenuta nel 1929, l'Agenzia Ebraica ha portato in Israele 2,9 milioni di ebrei. L'Agenzia sostiene gli ebrei in difficoltà, li aiuta nel viaggio e nell'arrivo in Terra Santa. Dal tempo della sua fondazione l'Agenzia ha assunto anche alcune funzioni amministrative di un governo provvisorio.
    Soltanto nel decennio scorso sono arrivati in Israele più di un milione di nuovi immigrati, la maggior parte provenienti dagli Stati formatisi dalla disciolta Unione Sovietica.

(israelnetz.de, 05.08.02)



STATISTICHE SU ISRAELE


I numeri parlano da sé

di Amnon Rubinstein
(trad. Aaron Fait )

I risultati raggiunti da Israele si possono vedere nei numeri oltre che nella retorica. I'Ufficio Centrale di Statistica ha reso pubblico il rapporto annuale ed e' come sempre interessante oltre a incoraggiare dozzine di progetti di ricerca e articoli sulla societa' israeliana.
    Gli ultimi due aggiornamenti indicano che vi e' stato un progresso tra i piu' deboli settori della societa' israeliana.
    L'UCS ha recentemente rilasciato un documento intitolato "la popolazione araba in Israele" con statistiche interessanti. Non vi e' bisogno di dichiarare nuovamente che vi e' un enorme dislivello tra ebrei e arabi israeliani (anche se non tra ebrei e arabi cristiani). Ma le differenze stanno diminuendo in tutto, compreso lo standard di vita.
    I dati riguardanti i proprietari di veicoli indicano un aumento confortante.
    Nel 1986-87, solo il 9% (!!!) delle famiglie arabe possedevano una macchina.
    Nel 2000, questo dato e' salito fino al 46%-solamente il 10% in meno dello stesso dato nel settore ebraico. Il numero di linee telefoniche che raggiunge abitazioni arabe e' salito dal 33% all'85%, di nuovo solo il 10% in meno che tra gli ebrei. Addirittura il dato sul possesso di Personal Computer, dove ancora vi e' una discreta differenza, si e' ridotto. Le case arabe con PC sono salite dal 2% al 21%, mentre il 50% delle case ebraiche ha il computer. Figure simili sono state trovate per elettrodomestici come impianti stereo, video e aspirapolveri.
    Ovviamente questi non sono gli unici criteri per misurare differenze tra due societa', ma indicano un netto miglioramento nello standard di vita degli arabi israeliani, e una significante riduzione delle differenze tra arabi e ebrei.
    Non meno interessanti le figure per il 1999, presentate l'altra settimana alla direzione della Societa' Elettrica Israeliana dal dipartimento di statistica della stessa. I dati indicano un sensibile aumento nello standard di vita per un altro settore economicamente debole- gli immigrati dalla ex Unione Sovietica.
    Vi e' stato un genuino miracolo economico. Molti sono arrivati senza una lira e, in meno di un decennio, hanno risalito la scala economica.
    Secondo J. Razon, CEO della compagnia, il 56% degli immigrati tra il 1993- e il 1999 possiedono un appartamento, rispetto all'81% degli immigrati tra gli anni 1989-92, una maggiore proporzione che rispetto all'80% tra veterani israeliani (escludendo residenti nei Kibbutzim). E aumentando il lasso di tempo dall'arrivo in Israele, cosi' aumenta la grandezza degli appartamenti, da 84 metri quadri a 92, rispetto ai 104 metri quadri tra israeliani veterani. Il numero delle stanze e' aumentato da 3.1 a 3.4.
    I dati su elettrodomestici sono anche aumentati e sono quasi identici a quelli degli israeliani veterani. il 97.8% degli immigrati tra il 1989-92 ha una lavatrice in casa, rispetto al 94.6% degli immigrati tra il 1993-96 e al 97.7% dei veterani. L'85% degli immigrati veterani ha il forno, rispetto al 69% degli immigrati recentemente e all'89% degli israeliani veterani.
    In piu', il 56% degli immigrati veterani ha impianti di aria condizionata, rispetto al 26.4% degli ultimi arrivati e al 61% degli israeliani veterani.
    Nuovi immigrati tendono ad avere un maggior numero di impianti di riscaldamento rispetto agli israeliani veterani. Quando si arriva a lavapiatti, asciuga-vestiti, e freezer, le differenze aumentano.
    Ma la statistica maggiormente interessante riguarda l'uso medio di elettricita', che viene considerato uno standard comune di confronto a livello socio-economico. Il consumo di elettricita' tra gli immigrati e' salito dal 58% all'83% del consumo medio nazionale. Un raggiungimento splendido per la societa' israeliana e difficilmente si trova qualcosa di simile da comparare in altre societa' basate su immigrati.
    Vero, le figure non coprono il periodo attuale di recessione economica che sta colpendo Israele. Nonostante cio', la linea e' chiara e indica un ridursi delle differenze negli standard di vita. Il miglioramento e' avvenuto durante un periodo di accellerata crescita economica resa possibile dal processo di pace e dagli accordi di Oslo e sminuisce l'argomento crescita economica= aumento dislivello economico.
    Ora, figure alla mano tentate di adattarle alle accuse diffuse in certi circoli universitari che descrivono il sionismo e la societa' israeliana come "apartheid".

(Federazione Associazioni Italia Israele, 30.07.02 - dalla stampa israeliana)



ISRAELE RICONOSCE I SUOI ERRORI


Il portavoce delle forze armate d'Israele ha reso noto in un comunicato che nell'attuazione dell' operazione che ha portato all' uccisione del capo militare di Hamas Salah Shahada, vi sono state delle lacune nella raccolta delle informazioni e nella loro valutazione, che hanno provocato l'uccisione di 15 civili palestinesi, tra i quali nove bambini.
    Shahada e assieme a lui i civili furono uccisi il 22 luglio scorso nella città di Gaza nello scoppio di una bomba di una tonnellata lanciata da un aereo F-16 contro l'abitazione nella quale si nascondeva il capo di Hamas.
    L'operazione, per l'alto numero di vittime civili, ha suscitato severe critiche internazionali nei confronti di Israele.
    Nel riassumere i risultati dell'inchiesta condotta dall' esercito e dallo Shin-Bet, il servizio segreto di sicurezza, il portavoce militare ha detto che il momento dell'operazione o il metodo usato sarebbero stati cambiati se si fosse saputo che nell'edificio dove si nascondeva Shahada c'erano donne e bambini, della cui uccisione Israele si rammarica.
    L'inchiesta ha cercato di chiarire due aspetti: come mai il pilota dell'aereo non aveva ricevuto informazioni complete sull'obiettivo, inclusa la presenza di civili, e perchè si è usata una bomba da una tonnellata.

(RadioRadicale.it, 03.08.02)



ANTISEMITISMO ISLAMICO SOSTENUTO DAL POTERE TECNOLOGICO DEI MEDIA


Le menzogne antisemite che minacciano tutti noi

di Harold Evans
(trad.Valentina Piattelli)

    Il dilagare dell'antisemitismo nel mondo islamico, dalla scuola alla stampa, tv e internet, non solo rende la pace in Medio Oriente impossibile, ma ci rende tutti bersagli.
    Appena prima di essere cacciato dal Presidente Bush, Yasser Arafat aveva fatto una straordinaria offerta - straordinaria perché non riguardava una delle solite richieste che Bush stava per fare, straordinaria perché Arafat ha ammesso un orrore finora nascosto: l'indottrinamento dei giovani che diventano terroristi suicidi. In una comunicazione di sei pagine che ha spedito al Presidente Bush e alle capitali arabe, descrivendo il suo progetto di riforma in 100 giorni, Arafat ha affermato che avrebbe "rinunciato al fanatismo nei programmi educativi e contribuito alla diffusione dello spirito di democrazia e all'apertura culturale".
    C'è molto dietro al sasso che Arafat ha lanciato. Il fanatismo è stato alimentato nei terroristi suicidi e in milioni di giovani in tutte le nazioni arabe, con l'indifferenza dei media, governi, università e chiese del mondo civilizzato. Le scuole palestinesi, finanziate dall'Europa, sono fogne a cielo aperto in termini di odio che seminano. Odio non solo per Israele, ma per tutti gli ebrei e i loro amici. Il dottor Ahmad Abu Halabiya, ex rettore dell'Università Islamica di Gaza, ha affermato in un suo discorso: "Ovunque siate, uccidete gli ebrei, gli americani, che sono come loro, e tutti quelli che li sostengono". I leader arabi vengono a Washington, Londra e Ginevra con piani di pace, mentre a casa propria incitano i loro popoli con questi propositi. Significa che se anche per qualche miracolo ci fosse un accordo per formare uno stato palestinese, non ci sarà pace in Medio Oriente per una generazione. Gli israeliani potrebbero dimenticare o perdonare i terroristi assassini; i palestinesi potrebbero scordarsi l'umiliazione dell'occupazione. Ma il conflitto politico è solo uno degli aspetti del fanatismo che viene fomentato. Si somma alla disumanizzazione di tutti gli ebrei ed è stato creato e diffuso in tutto il Medio Oriente e nel sud Asia con proporzioni ed intensità senza precedenti. Si tratta di qualcosa di relativamente nuovo nel mondo islamico. C'era più tolleranza per gli ebrei nell'impero islamico di quanta non ce ne fosse nell'Europa cristiana.
    Ero consapevole, come tutti, che i palestinesi odiano lo stato di Israele. Quello che mi ha stupito è la virulenza di questo nuovo antisemitismo in ogni parte dei paesi musulmani. È delirante, infervorato, paranoico, violento, prolifico, e solo incidentalmente connesso al conflitto palestinese. La speranza - è un luogo comune - sembra che non c'entri niente. Il momento di grande speranza, in conseguenza a Camp David, ha dato origine a un aumento di odio, non ad una sua diminuzione. È un fenomeno unico; non esiste niente di simile per gli arabi o i musulmani.
    Chiunque parli di Palestina o di terrorismo parla a vanvera, di niente che possa essere compreso senza tener conto del modo in cui le menti sono state avvelenate. Il singolo assalto di uno skinhead a una sinagoga fa notizia, ma non l'incessante assalto agli ebrei che si svolge dal Marocco al Cairo, da Damasco, a Baghdad e Teheran, dalla striscia di Gaza a Karachi.
    Il paradosso è che questo avviene oggi che il mondo è collegato come mai prima d'ora in termini di diffusione delle notizie, ma molti di questi collegamenti sono mortalmente appassiti. Il fanatismo religioso, che ha diffuso e condonato il terrorismo e guidato il nuovo antisemitismo, è insensibile alla ragione. Jonathan Swift aveva riconosciuto questo dilemma più di 200 anni fa: Non puoi ragionare con qualcuno su qualcosa su cui questi non abbia ragionato prima da solo.
    Ciò con cui siamo alle prese è ben illustrato da quello che gli ebrei fecero al World Trade Centre. Tutti nel mondo islamico sanno che l'11 settembre è stato un complotto ebraico per aprire la strada ad un'operazione militare israeliana e statunitense contro Bin Laden e i talebani, ma anche contro i militanti islamici in Palestina. Nel giorno dell'attentato, 4000 ebrei erano assenti dal World Trade Centre; erano stati avvertiti.
    Pensavo che questa bufala fosse svanita nel nulla, ma mi è stata riferita in tutta sincerità da un taxista pakistano la settimana scorsa a New York; questo dimostra che si tratta della fedele rappresentazione di una ben salda convinzione musulmana. Milioni e milioni di persone credono a queste sciocchezze, come riportato da un sondaggio sottoposto a persone provenienti da nove paesi islamici (Pakistan, Iran, Indonesia, Turchia, Libano, Marocco, Kuwait, Giordania ed Arabia Saudita) che rappresentano circa metà della popolazione musulmana mondiale.
    Circa il 67% considera gli attacchi moralmente ingiustificati; è già qualcosa (perché non il 100%?). Poi è stato chiesto se credevano che fossero stati gruppi arabi a compiere gli attentati. Solo in Turchia la risposta è stata vicina al "si", circa 45%. In tutti gli altri otto paesi islamici, la popolazione respinge l'idea che arabi o Al Qaeda siano responsabili. Si tratta si un sondaggio di un paio di mesi fa, dopo milioni di servizi dei reporter e gli esultanti video di Osama Bin Laden. La maggioranza è schiacciante in Pakistan, Kuwait, Iran e Indonesia. In Pakistan solo il 4% ammette che gli assassini fossero arabi. Thomas Friedman, del "New York Times", ha dichiarato il mese scorso che in Indonesia, il più grande stato musulmano del mondo, nessuno dubita che si tratti di una cospirazione del Mossad. Chi può essere ingenuo/pazzo/malvagio/perverso abbastanza per seminare queste menzogne? Queste notizie arrivano dalle fonti ufficiali, dai giornali e dalle televisioni degli stati arabi, dalle scuole e dalle moschee finanziate dal governo, dai giornalisti arabi, dai vignettisti, dai religiosi e dagli intellettuali, dai siti web che contengono un'infinità di calunnie. La parvenza di modernità nei media arabi è un'illusione. Più importante della presenza dell'hardware è l'assenza di software, la nozione di un giornalismo libero, indipendente ed autocritico. La CNN riprenderà i danni dei bombardamenti in Afghanistan; Al Jazeera e le stazioni mediorientali non si sognerebbero mai di parlare con gli orfani e le vedove i cui amati sono stati assassinati da un terrorista suicida.

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L'ultima parola viene sempre data alla critica araba all'America. Come è possibile che le persone siano così sensibili alla disinformazione? Beh, le teorie della cospirazione semplificano un mondo complesso. L'assenza di prove costituisce la prova di un complotto: registrazioni mancanti a Pearl Harbor, pallottole mancanti a Dallas, corpi mancanti a Jenin. I pregiudizi vengono completati dalla fantasia. La smentita delle autorità è indice dell'entità del complotto: anche lei è coinvolta. Complotti e dicerie fioriscono, specialmente dove la circolazione delle informazioni e delle opinioni è limitata e l'analfabetismo è alto.
    Ma c'è un'altra spiegazione per il potere della menzogna oggi. È l'aurea di autenticità conferita dalla tecnologia, da Internet. John Daniszewski, del "Los Angeles Times", ha chiesto alla direttrice di "The Nation" ad Islamabad, Ayesha Haroon, perché se la prendono con Israele. "È possibile che ci sia malafede in quello che viene scritto" ha ammesso. "Penso anche che abbia a che fare con internet. Quando vedi qualcosa su un computer, tendi a credere che sia vero". Questo nuovo prodigio è anche fonte di sventura. Un indonesiano in visita alla fortezza islamica di Yogyakarta, secondo Friedman, si è detto spaventato dalla propensione alla jihad contro cristiani ed ebrei. Gli utenti di internet sono solo il 5 per cento della popolazione, ma questo 5% diffonde dicerie sugli ebrei a tutti gli altri. Dicono: "l'ha preso da internet". Pensano che sia la Bibbia.
    La calunnia riguardo agli ebrei che sono morti nel World Trade Centre, che milioni di persone considerano vera, ha iniziato a circolare nel settembre 2001 in un sito web chiamato InformationTimes.com "un servizio indipendente di notizie e informazioni", il cui indirizzo ufficiale è l'Ufficio Stampa di Washington. Ho pensato che valesse la pena chiedere al redattore capo, Syed Adeeb, per avere una conferma. Mi ha detto che la fonte era la stazione televisiva libanese Al Manar. Quando gli ho chiesto se non avesse qualche scrupolo ad affidarsi ad Al Manar, portavoce del gruppo terroristico hezbollah, il cui scopo è "promuovere un'efficace guerra psicologica contro il nemico sionista" la risposta di Adeeb è stata: "Beh, è una rete televisiva molto popolare". Adeeb evidentemente crede a questa storia; quando gli ho detto che ci sono stati ebrei morti nelle torri, ha ammesso che uno o due potrebbero essere morti, ma che gli pare sospetto che nessuno sappia dirgli quanti. Poi ha tenuto a dirmi di essere un cittadino americano e che alcuni dei suoi migliori amici sono ebrei. La visione del mondo di Adeeb si intuisce dai titoli sul suo giornale: "Israeliani con materiale esplosivo arrestati a Washington", "La mafia israeliana controlla il congresso americano", "Pazzi terroristi indu minacciano l'America", "FBI e CIA dovrebbero indagare sulla lobby israeliana", "Selvaggi soldati israeliani hanno violentato e torturato 86 donne a Nablus, Palestina".
    Ho chiesto quale fosse la fonte della notizia sulla violenza carnale e mi ha risposto che era stata riferita dalla deputata laburista Lynne Jones. Ho verificato. La dottoressa Jones aveva veramente messo in giro questa atrocità, citando l'email di un certo Anthony Razook di Nablus, ma è stata abbastanza accorta da precisare che "la notizia non era stata dimostrata". Questi distinguo scompaiono nella lavanderia dell'informazione.
    Un tempo storie come queste circolavano solo su sgualciti fogli ciclostilati, che non venivano mai alla luce. Oggi un Mago di Oz come Adeeb possiede un megafono per parlare al mondo credulone, con la falsa autenticità della distribuzione elettronica. Negli anni trenta, Cordell Hull si rammaricò del fatto che con la stampa e la radio una bugia poteva aver fatto il giro di mezzo mondo prima che la verità avesse avuto il tempo di infilarsi i calzoni; oggi può andare su Marte e tornare indietro prima che uno abbia il tempo di svegliarsi. Al capolinea dei titoli incendiari e della diffusione imprudente di email c'è Danny Pearl, torturato e sgozzato come un animale perché era ebreo e giornalista.
    Sfortunatamente, la stampa occidentale molto spesso, con le migliori intenzioni, ingenuamente rinforza le tendenze antisemite. Israele è sostenuta come diceva Lenin, come una corda sostiene un impiccato. Viene dato lo stesso peso alle notizie provenienti da una polizia corrotta o da risaputi bugiardi che alla notizie provenienti da una forte democrazia capace di autocritica. L'assunto - bonario, ma sciocco - è che questo sia in qualche modo equo, come se la verità potesse esistere soltanto in un vuoto morale, qualcosa che possa essere misurato al metro, come la stoffa. Cinque milioni di ebrei in Israele sono una minoranza a rischio, circondata da 300 milioni di musulmani governati per la maggior parte da regimi autoritari, stati quasi di polizia che in oltre 50 anni non hanno mai smesso di cercare di cancellare dalla faccia della terra Israele con la guerra o il terrorismo. Questi stati mettono a tacere il dissenso e il giornalismo critico, hanno sistemi penali vendicativi e scuole velenose, non riescono ad attuare praticamene nessuna misura di giustizia sociale o politica, sviano le frustrazioni della piazza verso il capro espiatorio del sionismo e alimentano il terrorismo internazionale. Eppure è Israele che è guardato con scetticismo e talvolta ostilità.
    Prendete la battaglia di Jenin. L'aspettativa di un'abbuffata da parte dei migliori giornali in Europa e di ora in ora delle televisioni portava a credere che le storie palestinesi di 3000 uccisi e sepolti in fosse comuni segrete dovesse essere vera, nonostante il principale diffusore di questa storia, Saeb Erekat, fosse stato accusato di essere un bugiardo. "The Guardian" è stato perfino indotto a scrivere un editoriale secondo il quale gli attacchi di Israele a Jenin erano "disgustosi in ogni loro aspetto" esattamente come l'attacco di Osama Bin Laden a New York l'11 settembre.
    "Disgustosi in ogni loro aspetto"?. Ci siamo forse persi qualcosa? Qualche provocazione americana ad Osama comparabile all'uccisione continua di israeliani - donne, bambini, anziani e malati? Al World Trade Centre accadeva qualcosa di minaccioso quanto la costruzione di bombe a Jenin, riconosciuta con orgoglio dai palestinesi come la Capitale del Suicidio? In realtà non c'è stato massacro, non ci sono state fosse comuni. Human Rights Watch ha finora contato 54 morti, compresi 22 civili - ma secondo gli israeliani sarebbero solo 3. Alcuni militanti palestinesi in realtà sostengono che Jenin sia stata una vittoria per l'uccisione di 23 soldati israeliani.
    Naturalmente la stampa aveva il dovere di riportare le affermazioni palestinesi secondo le quali c'era stato un massacro; doveva fare domande e dare l'allarme nei suoi editoriali. Ma non si può trovare la verità accostando affermazioni opposte, né l'isteria serve a raggiungere la verità. Le grandi storie come questa devono essere riportate con estremo rigore, trattenendo il linguaggio, ponendo attenzione scrupolosa nei titoli, ponendo attenzione alle fonti e mettendo sopra a tutto il senso di responsabilità: quando è reale, l'uso della parola "genocidio" è troppo doloroso per essere svalutato con un continuo uso per fatti ben più piccoli. Descrivere i bombaroli suicidi come "martiri", come è stato fatto di recente in alcuni titoli in Gran Bretagna, significa approvare la barbarie; i palestinesi possono chiamare i terroristi "martiri", se preferiscono, ma è una offesa ai veri martiri che hanno dato la loro vita per salvare altre persone, non per uccidere a casaccio e per ottenere una ricompensa economica per le loro famiglie. Le parole, ha detto Churchill, sono l'unica cosa che dura per sempre. Dobbiamo tutti avere molta attenzione con il potere esplosivo delle parole, la stessa che ci aspettiamo abbiano all'aeroporto con le nostre valigie.
    Lasciatemi respingere il sofismo secondo il quale discutere simili argomenti significa giustificare qualsiasi cosa fatta con la pretesa di protestare contro l'antisemitismo. Non è antisemita far domande su Jenin, non più di quanto non sia ostile alla stampa far domande su come la notizia è stata riportata dai media. Non è antisemita denunciare e protestare contro i maltrattamenti dei palestinesi. Non è antisemita ritenere che nel passato di Sharon si trovino le premesse del futuro. Non è antisemita deplorare un'occupazione così lunga, anche se originariamente determinata dai leader arabi che hanno istigato e perso tre guerre.
    È invece antisemita disprezzare lo stato di Israele come un'astrazione diabolica, mostrando tolleranza per il singolo ebreo, ma non per gli ebrei nel loro insieme; È antisemita inventarsi oltraggi maliziosi; È antisemita condannare costantemente in Israele ciò che viene ignorato o condonato altrove; in particolare È antisemita disumanizzare l'ebraismo e il popolo ebraico incitando o giustificando il loro sterminio. Che è quello che abbiamo visto migliaia e migliaia di volte in una proporzione oltraggiosa.
    La Comunità Europea ha recentemente approvato ulteriori donazioni milionarie all'Autorità Palestinese. Corrotta com'è, si simpatizza con il suo bisogno di alleviare la sofferenza e la povertà; non si dovrebbe però porre come condizione a queste donazioni che l'Autorità Palestinese cessi di usare i soldi europei per la propaganda razzista attraverso le sue scuole, moschee, televisione e radio, nei comizi politici e nei campi estivi? Il fanatismo al quale Arafat si offre di rinunciare "quale mezzo di baratto, non come principio morale" è il fanatismo stimolato dalla sua Autorità Palestinese la quale, fra gli altri progressi, produce documentari educativi con bambine che cantano la loro devozione al martirio. Il grado di infezione è stato evidente all'Università Al-Najah, a Nablus, dove gli studenti hanno organizzato una "Mostra sul Caffè Sbarro".
    Il Caffè Sbarro è una tavola calda dove un terrorista suicida ha ucciso 15 persone che stavano mangiando. La mostra, secondo Associated Press e i media israeliani, includeva anche un esposizione con fette di pizza e parti di cadaveri mescolate insieme sparse in tutta la stanza. Le mura erano dipinte di rosso per indicare il sangue schizzato ovunque.
    È difficile in queste cose trovare ragionevolezza - soprattutto nel Dipartimento di Psichiatria dell'Università di Ein Shams, al Cairo. Qui troviamo il Dr. Adel Sadeq, che è anche Presidente dell'Associazione Araba degli Psichiatri, che commenta riguardo ai bombaroli suicidi: "Come psichiatra professionista, io dico che il massimo dell'estasi arriva alla fine del conto alla rovescia; dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno. Quando il martire raggiunge l'uno ed esplode, ha come la sensazione di volare, perché è sicuro di non essere morto. È una transizione verso un altro mondo, più bello. Nessuno in occidente sacrifica la propria vita per la patria. Se la sua Patria sta affondando, l'occidentale è il primo a saltare su una barca. Nella nostra cultura è diverso; Questa è l'unica arma araba che c'è e chiunque dice diversamente è un sovversivo".
    Il prossimo paziente prego! Le caricature con cui il mondo musulmano mette continuamente in ridicolo gli ebrei calcano noiosamente sulle stesse accuse: gli ebrei sono sempre sporchi, con il naso adunco, avidi di soldi, vendicativi, vili parassiti, barbari che diffondono deliberatamente il vizio, la droga e la prostituzione e avvelenano l'acqua. Fra le storie inventate: le autorità israeliane hanno infettato 300 bambini palestinesi con l'HIV facendo loro iniezioni durante gli anni dell'intifada; gli israeliani hanno avvelenato i palestinesi con uranio e gas nervino; Israele sta diffondendo gomme da masticare e cioccolatini drogati per rendere le donne lascive; gli ebrei usano il sangue dei gentili per fare le azzime per Pasqua ("Al- Ahram", Cairo). Questo aprile, gli studenti di una scuola pubblica di San Francisco hanno appeso un poster di un bambino "ucciso secondo i riti ebraici su licenza americana".
    È incredibile ma i media arabi e musulmani, e dietro questi i loro stati, hanno resuscitato il noto imbroglio bolscevico, i Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Questo documento presunto segreto, ritenuto troppo ridicolo per una sceneggiatura di Mel Brooks, è il piano segreto sionista tramite il quale i demoniaci ebrei raggiungerebbero il dominio del mondo. Ha ricevuto più colpi al cuore da parte di accademici delle innumerevoli rivisitazioni del mito di Dracula, ma questa bizzarra contraffazione è ancora diffusa comunemente nel mondo musulmano. Sui Protocolli la Radiotelevisione Araba ha prodotto una serie televisiva in 30 puntate, costata milioni di dollari, con un cast di 400 persone. E non si trattava di una satira.
    Sono i Protocolli a ispirare Hamas, il Movimento di resistenza islamica, a insegnare ai loro bambini che gli ebrei controllano la ricchezza e i media del mondo. Secondo Hamas - e chi in classe solleverà dubbi? - gli ebrei hanno deliberatamente istigato le rivoluzioni russa e francese e la Prima Guerra Mondiale, in modo da cancellare il califfato islamico e istituire la Lega delle Nazioni "per comandare sul mondo attraverso i loro intermediari".
    Quando ho controllato sul sito della "Palestine Watch", fra l'altro, per indagare su cosa stessero dicendo al mondo sulla propaganda israeliana, sono rimasto allibito: descrivevano Hamas come se cercasse soltanto la pace con dignità, dimenticando di menzionare la piccola faccenda che lo scopo di Hamas è la distruzione dello stato di Israele.
    Tralasciando l'intensità e la forza di questa campagna svolta con tutti i mezzi, ci sono stati allarmanti cambiamenti nella sua direzione politica. La frustrazione araba per il riconoscimento dello stato di Israele dopo la Seconda Guerra Mondiale è stata espressa per decenni come "Perché gli arabi dovrebbero compensare gli ebrei per l'Olocausto perpetrato dagli europei?".
    Oggi però si sostiene che l'Olocausto sia un'invenzione sionista. Questo viene espresso con una veemenza così strabiliante quanto il disprezzo per gli studiosi.
    Un giornalista tipico di "Al-Akhbar", il quotidiano governativo egiziano, il 29 aprile ha scritto. "L'intera faccenda (l'Olocausto) come è stato provato da molti scienziati francesi e britannici, non è nient'altro che un enorme complotto israeliano per estorcere soldi al governo tedesco e ad altri governi europei. Personalmente, e alla luce di questa favola, mi lamento con Hitler dicendogli: "Se solo l'avessi fatto, fratello, se solo l'avessi fatto davvero, almeno il mondo potrebbe tirare un sospiro di sollievo senza il loro male e i loro peccati"."
    Hiri Manzour nel giornale ufficiale palestinese ha scritto: "La cifra di sei milioni di ebrei cremati nel campo nazista di Auschwitz è una bugia", un imbroglio promosso dagli ebrei all'interno delle loro "operazioni di marketing" internazionali.
    Seif al-Jarawn nel giornale palestinese Al-Hayat al-Jadeeda: "Si sono inventati storie orribili sulle camere a gas che Hitler, secondo loro, avrebbe usato per bruciarli vivi. La stampa è satura di immagini di ebrei fucilati o spinti in camere a gas. La verità è che questa malefica persecuzione è una malefica invenzione degli ebrei".
    Chiaramente siamo di fronte a un tentativo costante di minare le fondamenta morali dello Stato di Israele, e questo tentativo viene portato avanti anche da un certo numero di persone ritenute moderate. L'ex presidente dell'Iran, Ali Akbar Hashemi- Rafsanjani, ha detto questo a Radio Teheran: "Una bomba atomica spazzerà via Israele dalla faccia della terra, mentre il mondo islamico verrebbe soltanto danneggiato e non distrutto dalla rappresaglia nucleare israeliana".
    La meraviglia di questa campagna di antisemitismo è la sua stupefacente perversità: i media arabi e musulmani e le moschee dipingono gli israeliani come nazisti - perfino il conciliante Barak e il falco Sharon sono vestiti entrambi con svastiche e hanno zanne grondanti sangue - ma i media e le moschee smerciano la stessa giudeofobia che ha preparato la strada per Auschwitz. Come si può parlare con uno che conduce tutti i discorsi stando sulla testa urlando? Le persone che in Occidente adottano la stessa metafora omicida per Israele, e l'ho sentito spesso durante le mie visite recenti in Europa, possono anche essere ritenute scherzose nei loro paesi, ma non è là che si svolgono i fatti. Sono degli idioti morali, ma danno credibilità ai bugiardi malevoli del Medio Oriente.
    Paragonata alla fantasmagoria che ho descritto finora, può sembrare una faccenda minore il fatto che, senza eccezioni, i libri di testo palestinesi, forniti dall'Autorità Palestinese e finanziati dall'Europa, non contengano nelle loro mappe lo stato di Israele, non menzionino i suoi cinque milioni di abitanti, non riconoscano i legami storici degli ebrei con Gerusalemme.
    La richiesta palestinese di uno Stato è una domanda senza risposta, e con una leadership più saggia tale Stato avrebbe potuto fiorire da tempo. È tragico che questa causa sia adesso sfruttata così crudelmente con gli ebrei come una parola in codice per l'incitazione estremista contro l'America e dell'Occidente. Questa è una jihad. Il suo obiettivo siamo anche noi, gli europei che "somigliamo" agli americani perché credono nella liberaldemocrazia e sono infetti dalla cultura americana. Ma le prime vittime sono i palestinesi e le masse frustrate del mondo musulmano. I loro leader li hanno portati all'umiliazione con tre guerre. Non sono stati in grado di riformare le loro società corrotte e inette. Conviene loro piegare la rabbia e la disperazione delle piazze verso Israele e gli ebrei che secondo loro controllano l'Occidente, ma il terrore e l'odio hanno modo di avvelenare ogni società che li incoraggia o che li tollera.
    Quando Bernard Lewis ha osservato 16 anni fa che l'antisemitismo stava diventando parte della vita intellettuale degli arabi "praticamente allo stesso modo di quanto accaduto in Germania", ha aggiunto la riflessione consolante che esso mancava della qualità viscerale dell'antisemitismo viscerale dell'Europa centrale e orientale, essendo un antisemitismo "ancora prevalentemente politico, ideologico, intellettuale e letterario", privo di qualsiasi profonda animosità o risonanza popolare, talvolta cinicamente sfruttate dai governanti e dalle elite arabi, insomma un'arma politica di cui liberarsi quando non più utile.
    Ma questo è stato scritto prima dell'attuale rifiorire elettronico di odio, prima del lavaggio del cervello che ho riassunto, prima dell'11 settembre. Le abitudini mentali che tendono ad approvare il terrorismo si stanno ormai innestando nel mondo musulmano, sanzionate dalla letargia e dal pregiudizio dell'Europa: quei palestinesi che hanno ballato per la gioia l'11 settembre e quegli studenti che hanno allestito quell'orrenda mostra sugli assassini in pizzeria non erano membri di al-Qaeda, ma la loro accettazione del terrore quale sostituto della politica non è di buon auspicio per il futuro dei loro paesi o per le possibilità di un dialogo politico pacifico in uno qualsiasi degli Stati arabi.
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     Questo articolo è tratto da una lezione preparata per il 30° anniversario dell'"Index on Censorship". Harold Evans, ex direttore di "The Sunday Times" e di "The Times" è stato recentemente presidente della Random House, New York, e direttore editoriale del "Daily News", "Atlantic Monthly" e "US News & World Report". E' l'autore di "The American Century".

(fonte italiana: Associazione Amici di Israele, 28.06.02)



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