Notizie su Israele 120 - 25 agosto 2002
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Io li farò tornare dal paese d'Egitto e li raccoglierò dall'Assiria; li farò venire nel paese di Galaad e in Libano, ma non vi si troverà posto sufficiente per loro. (Zaccaria 10:10) ACCUSE DELL'ESERCITO ISRAELIANO ALL'UNIVERSITA' DI NABLUS GERUSALEMME - L'esercito israeliano ha elevato gravi accuse contro l'Università Al-Najah nella città di Sichem (Nablus), appartenente all'Autonomia Palestinese. In una relazione dell'esercito si sostiene che gruppi terroristici palestinesi come Hamas, Fatah e PFLP influenzano in modo determinante la vita del Campus, e che la maggioranza degli studenti appoggia gli attentati contro Israele. Particolarmente drammatica sembra essere la situazione nel Consiglio degli Studenti dell'Università. "Nelle ultime elezioni hanno trionfato Hamas e Ijhad islamica e il loro influsso sugli studenti è ulteriormente aumentato. Questa tendenza mostra una crescente influenza dei gruppi radicali islamici sugli studenti", scrive l'esercito. Oltre al Consiglio degli Studenti, Hamas ha reclutato altri aderenti, ha organizzato grandi manifestazioni e disseminato il Campus di "cellule terroristiche". Regolarmente si tengono nel campo riunioni di commemorazione degli studenti attentatori suicidi o dei morti palestinesi. I seguaci di Hamas hanno invitato apertamente ad appoggiare gli attacchi contro Israele e l'Università è diventata una "scuola di formazione per terroristi". Anche i membri del Consiglio degli Studenti hanno progettato attacchi contro Israele e aiutato i terroristi nella costruzione di armi, si dice ancora. Inoltre, ci sono stati già sette studenti dell'Università Al-Najah in Sichem che hanno compiuto attentati suicidi. L'Università Al-Najah si è difesa da queste accuse, e in un e-mail ha smentito la relazione dell'esercito israeliano. Nello scritto si dice che L'università è un'"istituzione accademica famosa e la nostra reputazione accademica è diffusa in tutto il mondo", si dice nello scritto. L'esercito israeliano appoggia la sua relazione con dozzine di riprese fotografiche che mostrano studenti nelle dimostrazioni, nelle riunioni di commemorazione o mentre ricevono capi Hamas di alto rango. La relazione dell'esercito israeliano può essere letta su internet: http://www.idf.il/newsite/english/main.asp (Israelnetz, 20.08.02) FINALMENTE UN AUTENTICO DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI! di Christoph A. Zörb
Il "leader della rivoluzione" Muhammar Gheddafi sarà nominato Presidente della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Una buona scelta. Anche se nel suo proprio Stato gli oppositori sono perseguitati, anche se i partiti sono vietati e la stampa è censurata, che cosa impedisce che in altri Stati possa combattere per i diritti umani? Magari in Israele e negli Stati Uniti. L'Unione Africana ha invitato la Libia ad assumere la presidenza della Commissione. Secondo il turno, toccava ad un paese africano. E dove trovare un migliore custode dei diritti umani del simpatico "Fratello Massimo" della Libia, che da 30 anni tiene in pugno il suo paese con il suo criptosocialismo beduino-musulmano? Una volta veniva considerato il "padrino del terrorismo", ma sono tempi lontani. Se Yasser Arafat ha il Premio Nobel per la pace, allora anche Gheddafi può diventare il supremo difensore dei diritti umani. Solo gli animi meschini ne saranno disturbati. Resta solo una domanda: quale ufficio e quale onorificenza dovrà ottenere il modello di democrazia Saddam Hussein? Capo della crocerossa internazionale potrebbe andar bene. O per questo titolo è già candidato Osama Bin-Laden? (Israelnetz, 20.08.02) ARAFAT SPINGE I BAMBINI AL "MARTIRIO" Palestinian Media Watch (PMW) riferisce di una recente uscita pubblica del Presidente dell'Autonomia Palestinese, Yasser Arafat, in cui ha nuovamente esortato i bambini al martirio. La comparsa in scena, davanti a un pubblico fatto in massima parte di bambini, è stata trasmessa dalla televisione palestinese il 18 agosto 2002. Il bambino di 14 anni morto in un conflitto a fuoco è diventato un simbolo eroico dell'Autorità Palestinese. Uno di questi bambini - ha detto Arafat - un giorno isserà la bandiera palestinese su Gerusalemme. I bambini hanno risposto in coro: "Milioni di shadid (martiri) marceranno su Gerusalemme". "Oh, bambini palestinesi! Colleghi, amici, fratelli e sorelle di Fari Ouda. I colleghi di questo eroe rappresentano un'immensa e fondamentale forza, e sarà vittoriosa, con la volontà di Allah! Uno di voi, un bambino o una bambina, alzerà la bandiera sulle mura di Gerusalemme, sulle sue moschee e sulle chiese... [non sulle sinagoghe!- ndt] Avanti insieme verso Gerusalemme!" Arafat ha già più volte esortato i bambini palestinesi al martirio. Nel gennaio scorso, in un'intervista alla televisione palestinese Arafat ha espresso l'importanza che lui attribuisce ai bambini palestinesi morti come "messaggio per il mondo": Domanda: "Signor Presidente, quale messaggio vuole inviare al popolo palestinese in generale e ai bambini palestinesi in modo speciale?" Risposta di Arafat: "... Il bambino che prende un sasso e si mette davanti a un carro armato, non costituisce forse il migliore messaggio al mondo se questo bambino diventa uno shadid? Noi siamo fieri di loro". (Ambasciata israeliana a Berlino, 22.08.02) INTERVISTE A LEADER ISLAMICI A LONDRA Il quotidiano arabo-londinese Al-Hayat ha pubblicato una serie di articoli sulla comunità musulmana in Gran Bretagna. Uno degli articoli conteneva interviste a due leader islamici che vivono a Londra: lo sceicco egiziano Abu Hamza, imam della moschea di Finsbury Park e capo dell'organizzazione Ansar Al-Shari'ah,e lo sceicco Omar Bakri, originario della Siria, che ha istituito e dirige l'Islamic Religious Court a Londra e dirige anche l'organizzazione islamica Al-Muhajiroun. Ecco alcuni estratti delle due interviste: Abu Hamza: l'Occidente non raggiungerà mai il livello dell'Islam; l'unica soluzione è di sollecitarlo ad unirsi all'Islam Domanda: "Lei si considera britannico?" Abu Hamza: "Mi considero britannico nella misura in cui utilizzo i miei documenti britannici per spostarmi. Se la domanda è se mi considero britannico perché concordo con la politica britannica, la risposta è, naturalmente, negativa... Io vivo qui e ho un passaporto. E' un'identità superficiale; la vera identità è nel cuore e nella mente, e questa è [l'identità] che guida un uomo. Questa [identità] è l'Islam... ". D.: "Ma in Gran Bretagna lei è rispettato come persona". Abu Hamza: "E chi ha detto che noi non rispettiamo una persona? Ma dobbiamo rispettare una persona anche quando vuole essere un animale?...C'è differenza fra un uomo di intelligenza e un uomo matto o un pervertito; [c'è differenza tra] un uomo naturale e un criminale... Dobbiamo rispettare chi si vanta della sua bestialità? Questo è inconcepibile. Questo è incompatibile con la legge religiosa islamica, o con la ragione". "La gente ottiene [il rispetto fondamentale] nella religione. Oltre quello, c'è il rispetto speciale per i credenti. Ogni uomo... [può scegliere] se essere un essere umano o una scimmia. Ad esempio, se un uomo indossa i vestiti, è rispettato; ma se se li toglie, non dovrebbe essere rispettato. Un adultero non dovrebbe essere rispettato. Chiunque attacchi i bambini non dovrebbe essere rispettato. Chiunque cerchi di trasformarsi in mezzo-uomo, mezza-donna non dovrebbe essere rispettato...". D: "Quanto è sensibile, secondo lei, la comunità islamica in Gran Bretagna alla sollecitazione a integrarsi nella società"? Abu Hamza: "Integrazione... estremismo... queste sono generiche generalizzazioni. Integrarsi con chi e a quali condizioni? Estremismo in che cosa? Noi possiamo cercare di agire con estremismo nell'affrontare il male, ad esempio... Quando voi parlate di estremismo e di integrazione sorge la domanda: chi si integra con chi e in quale materia? Se lei intende che il musulmano si integra con i non-musulmani in questioni che l'Islam non vieta - come la protezione dell'ambiente, la difesa dei diritti umani, e la lotta alla corruzione, all'usura e all'adulterio - allora sì, può esserci una tale integrazione. Ma se prendiamo l'integrazione in massa e ci integriamo tutti, la figlia del musulmano, incinta, verrà da lui, e lui dirà: 'Non importa, io sono integrato'. La moglie lo caccerà di casa e lui dormirà in macchina e lei porterà a casa il suo amante". D.: "Al summit di Siviglia [in Spagna], la Gran Bretagna ha chiesto [leggi] più rigide sull'immigrazione. Lei è preoccupato? " Abu Hamza: "La verità è che io ho [la cittadinanza] britannica. E' vero, attualmente non è di alcun valore quando tutto è controllato per ragioni di sicurezza... Io sostengo che il discorso su leggi di immigrazione più rigide non sia nient'altro che un discorso vuoto. I paesi europei vogliono scegliere un genere specifico di immigrati, perché hanno bisogno di questi immigrati. Le leggi di immigrazione non mi interessano. Io sono stato ingegnere britannico dal 1985 e sono membro della [British] Engineers Union...". "Ci sono cittadini britannici che vengono tormentati a Guantanamo, e nessuno alza un dito... Quando l'orologio della sicurezza fa tic-tac, lo straniero rimane uno straniero ovunque sia. Non potete combattere il razzismo profondamente radicato. Sarebbe un'idiozia pensare che questi paesi raggiungeranno mai il livello dell'Islam. Essi hanno bisogno di molto più tempo per capire persino l'Islam. L'unica soluzione per fermare il loro razzismo è di sollecitarli a unirsi all'Islam, in modo che capiscano di quale civiltà sono privi...". D: "Pensa alla possibilità di lasciare la Gran Bretagna?" Abu Hamza: "Io pensavo di andare in Afghanistan e mi ero preparato a farlo, ma Allah ha stabilito diversamente, principalmente alla luce del fatto che il mio passaporto era stato confiscato dalle autorità. Ora sono agli arresti domiciliari. Se avessi il mio passaporto, andrei. Prima dell'11 settembre, avevamo progettato tutti di emigrare in Afghanistan; anche dopo gli eventi dell'11 settembre. Molti lo volevano. Non pensavano che le cose sarebbero andate così, specialmente perché all'inizio Al-Qa'ida ha negato qualsiasi collegamento all'11 settembre. E' risultato che Al-Qa'ida non era collegata agli eventi. Come ingegnere, posso provare che questi edifici non sono caduti proprio a causa del fuoco... Chiunque conosca le caratteristiche di questi edifici sa che Al-Qa'ida non l'ha fatto. Questi edifici sono stati fatti esplodere dall'interno ". Lo sceicco Omar Bakri: trasformeremo l'Occidente in un regime islamico, per invasione esterna o culturale D: "Ho ascoltato la sua lezione sulle fondamenta del credo, e sembra che non siate interessati a portare gli studenti nella società britannica, cioè non li aiutate a essere musulmani britannici " Bakri: "Nel mio metodo di educazione, sono contrario all'idea di integrazione. Non crediamo che sia consentito integrarsi nelle società in cui viviamo. Non sono un sostenitore dell'isolamento dalla società e non sono un sostenitore dell'integrazione in essa. Sono un sostenitore dell'interazione con la società, per mezzo della mia religione e della mia opinione, per cambiare l'ambiente, non per essere cambiato da esso ". D: "E dove condurrà questa vita di separazione?" Bakri: "La vita di separazione condurrà... a [un] cambiamento nella situazione del paese in cui viviamo, come i musulmani hanno cambiato la situazione in Abissinia e in Indonesia . Se Allah vuole, trasformeremo l'Occidente in Dar Al-Islam [cioè, in una regione sotto la regola islamica] per mezzo di un'invasione dall'esterno. Se uno stato islamico cresce e invade [l'Occidente] noi saremo il suo esercito e i suoi soldati dall'interno. Altrimenti [cambieremo l'Occidente] attraverso un'invasione ideologica da qui, senza guerra e uccisioni". "O noi predicheremo a loro ed essi accetteranno [l'Islam] o noi vivremo tra loro ed essi saranno influenzati dalle nostre vite e accetteranno l'Islam come una soluzione politica ai loro problemi, non come una soluzione ideologica. L'Islam può essere una fede spirituale e può essere una fede politica... L'Islam ha difeso la religione dei cristiani, degli ebrei e degli altri ed ha dichiarato che 'non c'è alcuna coercizione nella religione'. [Ma] la coercizione è nelle leggi. Le leggi possono essere islamico-religiose e possono essere artificiali. Loro [gli occidentali] ci hanno imposto una legge artificiale, e il [futuro] regime islamico imporrà loro regole islamico-religiose. Il musulmano agirà secondo questa legge fuori dall'ubbidienza [cioè, volontariamente] e chiunque non sia musulmano farà questo per forza di legge. Io non obbedisco alla legge artificiale. Anche se non la vìolo, non obbedisco ad essa. Allah ha detto: 'Non obbedite agli infedeli e agli ipocriti' ". D: "Come si può vivere in una società in cui si è un estraneo?" Bakri: "L'Islam è una religione della legge della natura. Quando un uomo incontra problemi, egli utilizza la legge della natura. In America, si è sviluppata recentemente una discussione sulla separazione [tra uomini e donne] nelle università. Perché? Perché ci sono problemi. Ci sono ragazze che restano incinte a un'età giovane, senza marito. Non c'è alcun motivo di mischiare [i sessi] all'interno delle università. Perché?... Io vivo ai margini della legge esistente, finché ciò sia compatibile con la legge naturale e non sia in conflitto con l'Islam. Alcuni paesi hanno cominciato a discutere la questione della punizione dei ladri. Nell'ex Unione Sovietica, dicevano che avrebbero tagliato la mano del ladro. Questa è la legge di natura, perché è la legge severa che dissuade il ladro dal commettere il reato". D: "Lei è accusato di legami con organizzazioni verso le quali la Gran Bretagna è ostile e che essa vede come nemici. Lei predica ai suoi alunni di vedere il movimento talibano e Osama bin Laden come il gruppo che [secondo la tradizione musulmana] sarà salvato [il Giorno del Giudizio]". Bakri: "Finché le mie parole non diventano azioni, non fanno del male! Qui, la legge non ti punisce per le parole, finché non c'è alcuna prova che tu abbia compiuto delle azioni. In tal caso, sei ancora nei limiti della legge, e non ti possono punire. Se vogliono punirti, devono presentare prove contro di te, altrimenti le loro leggi saranno in uno stato di contraddizione interna. Quindi questo servirà all'Islam, perché saremo in grado di dichiarare che il campo capitalista è fallito di fronte al campo islamico nella realizzazione delle cose in cui crede, come la libertà di espressione". D: "Cioè, voi state testando questo regime [occidentale]?" Bakri: "Sì. Dobbiamo provare che la legge fatta dall'uomo è una legge fragile". |
D: "Ma finora questa legge non è crollata". Bakri: "Io vado avanti sui margini. Non obbedisco alla legge occidentale ma non li tradisco [cioè, gli occidentali]... C'è un patto tra me e loro, e non lo sto rompendo. Io non predico di uccidere neanche uno in Gran Bretagna. Ma loro hanno tradito il patto [tra noi] uccidendo i miei fratelli in Afghanistan; l'hanno tradito uccidendo i miei fratelli in Siria e in Iraq ". (MEMRI n.410, 9 agosto 2002) MANIFESTAZIONE PRO ISRAELE DAVANTI AL REICHSTAG DI BERLINO
BERLINO - "La Germania al fianco d'Israele", questo è stato il motto sotto cui hanno marciato ieri pomeriggio [24 agosto] a Berlino 3.000 amici di Israele provenienti da tutte le parti della Germania per esprimere sostegno e solidarietà allo Stato d'Israele. Dopo una marcia nel quartiere del Parlamento che si è conclusa con una manifestazione davanti all'edificio del Reichstag, i politici sono stati invitati a esprimersi senza riserve a favore dell'esistenza e del diritto alla difesa di Israele e di conseguenza a combattere ogni forma di antisemitismo in Germania. Inoltre i mezzi d'informazione sono stati invitati a limitare i loro resoconti sul conflitto mediorientale ai fatti, senza aggiungere opinioni personali alle notizie. Ludwig Schneider, oratore principale della manifestazione e editore della rivista "Israel heute - Nachrichten aus Israel", ha criticato il quadro unilaterale di Israele presentato dai media, formato sulla base della "propaganda araba" e ha invitato ad una maggiore aderenza alla verità e a una fondamentale solidarietà con Israele. Parole di saluto sono state rivolte, tra gli altri, dal deputato CDU Günther Nooke, da Philip Prinz von Preußen, pronipote del Kaiser Wilhelm, e da rappresentati di comunità cristiane e ebreo-messianiche di Berlino. La manifestazione si è conclusa con una preghiera comune dei manifestanti, in cui si è invocata la benedizione di Dio sui deputati del Parlamento tedesco e sui membri del governo. Per la manifestazione sono arrivate persone di tutte le età e da tutte le parti della Germania. Soltanto dalla Sassonia sono arrivati, nonostante l'acqua alta, dieci autobus pieni di persone che per un giorno hanno interrotto il lavoro per mettersi pubblicamente dalla parte di Israele. L'iniziativa "La Germania dalla parte di Israele" è frutto della collaborazione di diverse organizzazioni e comunità cristiane sotto la guida delle seguenti associazioni: "Internationale Christiche Botschaft Jerusalem" (Stuttgart), "Christliche Freunde Israels" (Altensteig), "Die Brücke Berlin-Jerusalem" (Berlin). Oltra a questa manifestazione, altre iniziative sono già progettate: nella settimana precedente le elezioni verrà pubblicata una lettera aperta sui quotidiani tedeschi in cui verranno di nuovo chiaramente formulate le richieste che la manifestazione ha rivolto ai politici e all'opinione pubblica. Inoltre, i cristiani di tutte le tendenze politiche saranno invitati a contattare i loro candidati politici e a interrogarli sulla loro posizione nei confronti di Israele, del conflitto mediorientale e delle tendenze antisemite in Germania. Le risposte di tutti i candidati verranno pubblicate su internet all'indirizzo http://www.deutschland-israel.de. (fonte: http://www.deutschland-israel.de, 25.08.02) LA DITTATURA PALESTINESE E' UNA MINACCIA PER ISRAELE Democrazia palestinese: ne' inutile ne' impossibile da un articolo di Natan Sharansky, gia' famoso dissidente sovietico, oggi vice primo ministro israeliano Il 24 giugno il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha delineato una prospettiva per il Medio Oriente basata sulla chiara consapevolezza che solo una societa' palestinese piu' democratica puo' dare vita a uno stato palestinese che non metta in pericolo la sicurezza di Israele. Mi sarei aspettato che la sinistra dentro e fuori Israele, paladina dei principi di democrazia e da tempo schierata a sostegno dell'idea di due stati che vivano fianco a fianco, accogliesse con favore un discorso volto a promuovere l'una e l'altra cosa. Invece la reazione e' stata di grande disappunto. A quanto pare questo disappunto scaturisce dalla convinzione assai diffusa che, legando la politica americana alle riforme interne palestinesi, il presidente Bush abbia allontanato ancora di piu' le prospettive di pace. Coloro che condividono questa diagnosi sono in genere convinti che promuovere la democrazia sia certo un'impresa nobile, ma che non abbia nulla a che vedere con lo sforzo per costruire la pace. Gli altri, quelli disposti a riconoscere che democrazia palestinese e sicurezza di Israele sono strettamente connesse fra loro, sono tuttavia scettici circa la possibilita' che nel mondo arabo possa emergere una vera democrazia. In parole povere, si ritiene comunemente che premere per la democratizzazione della societa' palestinese sia o poco importante, o poco realistico, o entrambe le cose. L'idea che la democrazia fra i nostri vicini palestinesi sia inutile non e' nuova. In effetti, uno dei presupposti centrali del processo di Oslo era che la natura non democratica del regime di Arafat (senza una Corte Suprema, senza gruppi per i diritti umani tipo B'Tselem e senza tutti quei cuori teneri di liberali fra i piedi) gli avrebbe permesso di combattere il terrorismo in modo efficace. Fin dall'inizio sono stato dell'idea che il concetto per cui forti dittatori producono una pace forte non e' altro che una pericolosa illusione. Nel 1993, subito dopo la firma degli Accordi di Oslo, ho sostenuto che conferendo al presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat un controllo assoluto sulla vita dei palestinesi stavamo mettendo in pericolo la sicurezza degli israeliani. Questa mia preoccupazione non era legata al fatto che Arafat in quanto tale fosse o meno un terrorista incorreggibile. Era piuttosto fondata sull'esperienza fatta in Unione Sovietica, la quale mi ha insegnato che esiste un nesso indissolubile fra repressione interna e aggressivita' verso l'esterno. Ero convinto che una dittatura palestinese, indipendentemente da chi ne fosse a capo, avrebbe fatalmente rappresentato una minaccia per la sicurezza del vicino Israele. Legando l'azione diplomatica degli Stati Uniti a un processo di liberalizzazione della societa' palestinese, l'amministrazione Bush mostra chiaramente di ritenere che la promozione della democrazia e' un fatto importantissimo per il processo di costruzione della pace in Medio Oriente. Ma molti a sinistra sono rimasti del tutto insensibili di fronte a questa innovatrice presa di posizione di Bush. Convinti che i palestinesi non saranno mai capaci di costruire una societa' libera, costoro considerano del tutto senza prospettive una politica americana vincolata a una democratizzazione palestinese. Dopo tutto, dicono, gli arabi non hanno nessuna tradizione di democrazia che possa dare qualche speranza in questo senso. Anche l'idea che certi popoli abbiano dei valori incompatibili con la democrazia ha una storia lunga alle spalle, e torna a circolare in occidente ogni volta che ci si trova di fronte al dilemma se appoggiare un dittatore amichevole o interferire nei suoi affari interni per favorire un mutamento di regime. E' stato detto di alcuni popoli dell'America latina. E' stato detto dei tedeschi. E' stato detto dei giapponesi. E' stato detto dei popoli dell'estremo oriente asiatico. E, naturalmente, e' stato detto dei russi. Ora lo si dice degli arabi: lo pensano gli Stati Uniti nel loro atteggiamento verso l'Arabia Saudita, lo pensa Israele nel suo atteggiamento verso i palestinesi. Io invece non ho il minimo dubbio che, come tutti gli altri popoli di cui si disse che avevano valori incompatibili con la democrazia, anche gli arabi dimostreranno che questa idea e' sbagliata. La mia fiducia nasce dalla convinzione che l'essenza della democrazia e' un valore universale. Per me questa essenza consiste nel diritto di esprimere i propri giudizi e le proprie opinioni senza temere di finire in carcere. Ogni cultura e' unica e ha il suo specifico ordine di valori, ma sono convinto che nessuno desidera vivere in una societa' pervasa dalla paura di finire in carcere. Oggi i palestinesi sotto Autorita' Palestinese vivono con questa paura e non hanno ancora la possibilita' di esprimersi liberamente. Sotto l'Autorita' Palestinese mancano completamente le istituzioni di una democrazia funzionante (stampa libera, tribunali indipendenti, veri partiti d'opposizione, organizzazioni per la difesa dei diritti umani) che permettono alla gente di esercitare senza terrore il proprio diritto di critica e libera espressione. Tenere oggi delle elezioni nell'Autorita' Palestinese non cambierebbe nulla. Affinche' i palestinesi abbiano la possibilita' di esprimere liberamente le proprie opinioni, e' indispensabile creare e sviluppare prima di tutto delle salde istituzioni democratiche. Le riforme necessarie non daranno vita a una democrazia liberale dalla sera alla mattina. Ma se viene offerta ai palestinesi una autentica possibilita' di creare una societa' libera, non ho dubbi che non se la faranno sfuggire. Qualunque tentativo di aggirare "l'ostacolo democrazia" posto da Bush mi ricorda i tentativi di costruire un "Nuovo Medio Oriente" appoggiando un dittatore considerato amichevole. Ora come allora, l'unico risultato sarebbe quello di prolungare il conflitto, con altro efferato terrorismo. Anziche' sforzarsi di sostenere fino all'ultimo un regime dittatoriale (sotto Arafat o sotto chiunque altro), la sinistra dentro e fuori Israele dovrebbe piuttosto cercare di aiutare i palestinesi a costruire una societa' libera, aiutando in questo modo i due popoli a creare una pace stabile nella regione. (israele.net, 23.08.02 - dalla stampa israeliana) INTERROGATO IL VESCOVO GRECO-ORTODOSSO HANNA ATALLAH GERUSALEMME - Giovedì 22 agosto il portavoce non ufficiale della chiesa greco-ortodossa, vescovo Hanna Atallah della Galilea, è stato fermato e interrogato dalla polizia di Gerusalemme mentre si trovava nella sua residenza nella Città Vecchia. E' accusato di istigazione "pro-intifada" e di essersi recato illegalmente in paesi ostili a Israele. Sembra che Atallah si sia incontrato anche con diverse organizzazioni terroristiche, e in particolare con lo sceicco Hezbollah Hassan Nasrallah. Durante i suoi viaggi illegali in Libano e in Siria Atallah ha concesso interviste televisive dichiarandosi favorevole alla lotta contro Israele e giustificando gli attentati suicidi contro civili israeliani. L'ordine di comparizione è partito direttamente dal Procuratore Generale della Repubblica Eljakim Rubinstein. Arabi cristiani e musulmani hanno chiesto l'immediata liberazione del vescovo perché - secondo loro - il suo fermo costituirebbe "una violazione della libertà di religione". Dopo cinque ore Atallah era già a piede libero. (Stimme aus Jerusalem, 23.08.02)
NOTIZIE IN BREVE - Nella città vecchia di Gerusalemme vivono attualmente, su una superficie di 87,9 ettari, 33.500 persone, di cui l'11,34% ebrei (nel 1995 era 8,6%). I cristiani sono il 18% e i musulmani il 70,66%. Per quanto riguarda la proprietà della terra della città vecchia, il 52% appartiene ai musulmani, il 29% ai cristiani e il 19% agli ebrei. - Secondo un'inchiesta dell'Istituto Dahaf, svolta su 775 israeliani di tutte le correnti religiose e non religiose, il 53% degli israeliani desidera la costruzione del terzo Tempio a Gerusalemme, sul Monte del Tempio. - Hagar Sar e Elieser Amitai, due vittime del terrorismo palestinese, vogliono sposarsi nel prossimo futuro e allevare insieme i loro 12 figli (otto di Hagar e quattro di Amitai). Hagar ha perso suo marito, Gilead, incaricato della sicurezza del consiglio regionale di Samaria, nel maggio 2001, per i colpi di un terrorista palestinese. Miriam, la moglie di Amitai, è morta nell'attacco terroristico all'autobus scolastico, vicino a Kfar Darom nel novembre 2000. Il findanzamento è già avvenuto. I due vivranno insieme a Kfar Darom. - Il vice Ministro israeliano per l'immigrazione, Yuli Edelstein, ha reso noto che gli immigrati dalla Russia non ebrei sono responsabili di oltre 500 episodi di antisemitismo. Questi sono avvenuti negli ultimi due anni e sono stati rivolti contro sinagoghe e cimiteri. Sono accusati di aver diffuso libri e cassette di contenuto antisemita. Su questo il governo non fa niente, ha detto Edelstein. (NAI - Israel heute, agosto 2002) INDIRIZZI INTERNET International Fellowship of Christians and Jews | |||||||||||