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Notizie su Israele 339 - 23 marzo 2006

1. Le istituzioni «educative» dell'Autorità Palestinese
2. Aiuti umanitari ai poveri terroristi
3. Scoperti antichi insediamenti ebraici in Israele
4. Per conservare il carattere simbolico del luogo
5. Immigranti in casa propria
6. Libri
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 2:11-12. Lo sguardo altero dell'uomo sarà umiliato, e l'orgoglio di ognuno sarà abbassato; il Signore solo sarà esaltato in quel giorno. Infatti il Signore degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque s'innalza, per abbassarlo.
1. LE ISTITUZIONI «EDUCATIVE» DELL'AUTORITA' PALESTINESE




L'iniziazione di Hamas al terrorismo fin dalla più tenera infanzia

di Claire Dana Picard

Abuso di bambini
I racconti fatti ai piccoli palestinesi non hanno niente a che vedere con i racconti di favole che hanno cullato la nostra infanzia. La stampa infantile delle organizzazioni terroristiche pubblica delle storie piuttosto edificanti nelle quali i piccoli palestinesi sono incoraggiati a compiere attentati suicidi.
    Nell'ultima edizione, n.72, del giornale di Hamas Al-Fatah, si parla di una bambina, Suad, che conduce dei soldati israeliani verso una trappola mortale in cui anche lei muore "della morte degli eroi per la liberazione della Palestina".
    Come tutti i racconti che alimentano il loro odio, inizia col parlare dei "crimini dei sionisti" che giustificano un'azione di "rappresaglia". La bambina "vendica" così la morte dei suoi genitori "uccisi da soldati israeliani".
Questo genere di storie fa capire come Hamas inculchi, nel quadro delle sue istituzioni "educative" nel seno dell'Autorità Palestinese, l'odio per l'ebreo.
    Nell'attuale racconto la piccola terrorista si rivolge a un ufficiale israliano e gli confida che può indicargli dove si nascondono dei "militanti" palestinesi. Ma in cambio chiede che le dia da mangiare per soddisfare la sua fame. L'ufficiale si lascia intenerire e ordina ai suoi uomini di condurla al campo militare. La fine è prevedibile: la bambina muore proclamandosi martire, shaida, "con il sorriso sulle labbra". Questa storia, che a noi pare terrificante, fa parte dell'indottrinamento della giovane generazione palestinese.

(Arouts 7, 21 marzo 2006)






2. AIUTI UMANITARI AI POVERI TERRORISTI




Aiuti a Hamas e la frode UNRWA

Da un articolo di Jonathan S. Tobin

La notizia buona è che gli Stati Uniti sembrano mantenersi fermi nel rifiuto di continuare a far affluire denaro all'Autorità Palestinese una volta saliti al potere gli uomini di Hamas recentemente eletti. Sebbene molti pensassero che Washington si sarebbe ben presto piegata su questa questione, l'amministrazione si sta attenendo alla linea della fermezza contro l'invio di anche solo un centesimo a Hamas. E il Congresso è pronto ad approvare misure restrittive che potrebbero funzionare da argine rispetto ad eventuali impulsi del Dipartimento di stato a cedere su questo tema.
    Ma qui arrivano le brutte notizie. Stati Uniti e Unione Europea (che pure sta valutando un taglio degli aiuti all'Autorità Palestinese) intendono inviare come aiuti umanitari molti di quei soldi che finora sono stati usati per mantenere la cleptocrazia dell'Autorità Palestinese. Così, pensano, i palestinesi innocenti non saranno costretti a soffrire per i crimini dei loro nuovi capi. Il ragionamento sembra molto logico e umano. Il solo problema è che l'ente umanitario che riceverà il grosso degli aiuti è una delle agenzie più pervasivamente politicizzate e infiltrate da terroristi che vi siano al mondo, e cioè l'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East).
    Da cinquantasei anni l'UNRWA impersona il simbolo stesso del doppio standard applicato dalla comunità internazionale per quanto riguarda la guerra del mondo arabo contro Israele. Mentre le Nazioni Unite si occupano di tutti gli altri profughi del mondo attraverso un'unica agenzia – L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR) –, per i profughi palestinesi è stata creata un'agenzia apposita, l'UNRWA appunto, che ha un mandato specifico e diverso. Purtroppo infatti, a differenza di tutti gli altri enti di aiuto ai profughi (compresi quelli che si sono occupati delle centinaia di migliaia di ebrei fuggiti dalle terre arabe dopo l'indipendenza di Israele), la principale ed esplicita missione dell'UNRWA non è mai stata quella di aiutare i palestinesi ad affrontare la realtà delle cose dopo la guerra del 1948. Aiutare i profughi palestinesi a reinserirsi non era il suo scopo. L'UNRWA esiste per lo scopo contrario: per mantenere i profughi palestinesi esattamente nella condizione e nel luogo in cui si trovano, affinché possano servire per giustificare l'infinita guerra contro Israele. Come è stato documentato da una serie di rapporti della Jewish Telegraphic Agency (http://www.jta.org), il curriculum dell'UNRWA è intessuto di complicità non solo con gli obiettivi politici del movimento palestinese, ma anche con le sue azioni più violente. Molti impiegati dell'UNRWA sono membri non solo delle principali fazioni terroristiche palestinesi come Fatah, ma anche del gruppo jihadista Hamas. Non più di due anni fa l'UNRWA si è trovata in grande imbarazzo quando il suo direttore di allora, il burocrate norvegese Peter Hansen, cercò di sostenere che questo fatto non era poi così importante. In effetti, fra i candidati della lista Hamas eletti nelle recenti elezioni palestinesi, un certo numero risulta sul libro paga dell'UNRWA. Naturalmente, perché mai dovrebbe preoccuparsi di queste infiltrazioni uno come Hansen, che nel 2002 contribuì in prima persona a diffondere la menzogna secondo cui le Forze di Difesa israeliane avevano commesso un indiscriminato massacro di civili nel campo profughi di Jenin? Il signor Hansen non si limitò a imbrogliare sul numero di vittime a Jenin, dove palestinesi armati di Hamas e Fatah avevano impegnato in una battaglia campale i soldati israeliani mandati a distruggere le basi del terrorismo all'indomani di una serie spaventosa di attentati stragisti palestinesi. Egli raccontò anche delle frottole sul dato di fatto che quello, come altri campi dell'UNRWA, da lungo tempo era stato praticamente trasformato in una roccaforte per i gruppi terroristi palestinesi sovvenzionata dall'Onu.
    Hansen e l'UNRWA hanno approfittato del prestigio del loro puntello "umanitario" per attaccare regolarmente Israele per le sue operazioni nei campi palestinesi, senza menzionare quasi mai il fatto che Israele stava reagendo all'aggressione del terrorismo palestinese. Ma, di nuovo, questo è dovuto al fatto che l'Onu ha sempre preferito chiudere gli occhi sulla circostanza che quei campi sotto la sua giurisdizione erano i luoghi dove venivano pianificate e organizzate le stragi terroristiche.
    Dipendenti dell'UNRWA hanno usato le strutture dell'agenzia per mettere terroristi al riparo da Israele, fino al punto di usare le sue ambulanze per trasportare armi e assassini. Hamas ha persino gestito la sua nuova emittente televisiva dall'interno di una moschea relativamente al sicuro nel campo profughi di Jabalya, gestito dall'UNRWA.
    Quand'anche tutto questo non fosse sufficiente per far suonare un campanello d'allarme sulla realtà dei campi UNRWA, anche solo lo stillicidio costante di palestinesi che all'interno di questi campi restano vittime di "incidenti sul lavoro" – frutto di esplosioni accidentali di ordigni in preparazione per attentati terroristici – dovrebbe cancellare ogni dubbio anche del più ingenuo degli osservatori.

(Jerusalem Post, 19 marzo 2006 - da israele.net)





3. SCOPERTI ANTICHI INSEDIAMENTI EBRAICI IN ISRAELE




Scavi a Kfar Kana rivelano insediamenti ebraici
dell'epoca di re Salomone e del periodo romano



Degli scavi di recupero condotti dall'Autorità Israeliana per le Antichità a Kfar Kana, a Nord di Nazareth, hanno rivelato resti di un insediamento esistito al tempo del regno unificato di re Salomone e del regno di Israele (seguito alla divisione tra regno di Israele e regno di Giuda, nei secoli X e IX a.C.). Nel corso degli scavi sono stati scoperti una sezione delle mura della città e resti di edifici. La direttrice degli scavi per conto dell'Autorità Israeliana per le Antichità, Yardena Alexandre, ha riferito che sono state trovate prove che indicano che il sito fu espugnato nel IX secolo a.C., probabilmente da un nemico. Tra gli altri oggetti rinvenuti nel sito anche vasellame in ceramica, una grande quantità di ossi animali, la raffigurazione di un uomo circondato da due coccodrilli e un sigillo in ceramica che riporta l'effige di un leone.
    In seguito alla sua distruzione, il sito fu abbandonato fino a che le sue rovine non furono nuovamente usate per un insediamento in epoca romana (1° sec. d.C.). L'identità di ebrei galilei di quei residenti è già nota dagli scavi precedenti condotti nel sito e da informazioni storiche che identificano l'insediamento nella Cana di Galilea, nota dal Nuovo Testamento.

(Ambasciata d'Israele a Roma, 12 marzo 2006)





4. PER CONSERVARE IL CARATTERE SIMBOLICO DEL LUOGO




Il sindaco di Gerusalemme restaurerà il Monte degli Ulivi

di Alexandre Yudkewicz

L'orto degli Ulivi
Il Monte degli Ulivi, in cui si trova il più celebre cimitero ebraico, sta per essere oggetto di un programma di restauro e di sviluppo di grande ampiezza, su iniziativa del sindaco di Gerusalemme. Nel quadro di questo progetto, che costerà 100 milioni di shekel (circa 20 milioni di euro), decine di pietre tombali saranno rinnovate. Il sindaco intende inoltre migliorare la sicurezza nel settore e sviluppare tutto il quartiere adiacente al cimitero.
    Muri di sostegno saranno eretti lungo i pendii del monte per evitare ogni smottamento del terreno che minaccia di crollare, in particolare nel settore delle tombe sefardite,. Il sindaco conta anche di installare dei fari di illuminazione su tutta la zona e allestire cammini in modo da facilitare l'accesso a tutte le tombe del cimitero
    Infine, attorno a tutto il cimitero sarà costruito un recinto in pietra, in modo da controllare l'accesso e permettere l'entrata soltanto da un ingresso principale, che sarà sorvegliato. Il sindaco intende inoltre costruire un centro di accoglienza e informazioni all'entrata del cimitero, al fine di facilitare la visita dei luoghi.

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L'iniziativa di tutto il progetto è dovuta dunque al sindaco di Gerusalemme in persona, il quale ha convinto il Primo Ministro dell'importanza della cosa, il che ha permesso di sbloccare la parte essenziale del budget. Il sindaco della capitale ha messo in guardia contro il pericolo di lasciare in abbandono un quartiere così importante dal punto di vista simbolico. In quel luogo sono sotterrati, tra le altre personalità eccezionali, i profeti Zaccaria, Aggeo e Malachia.

(Arouts 7, 21 marzo 2006)





5. IMMIGRANTI IN CASA PROPRIA




«Coloni» ancora senza casa

«israel heute», giornale in lingua tedesca con sede in Gerusalemme, ha intervistato Shlomo Julis, ex abitante di un insediamento nella striscia di Gaza che ogni anno organizzava un campionato tra le squadre di pallacanestro del Gush Katif. Quest'anno il campionato si è svolto nei dintorni di Gerusalemme.

Giocare a pallacanestro in un campo sportivo è qualcosa di normale tra giovani. Questa volta però la differenza sta nel fatto che i giovani sono tra quelli che nell'estate scorsa hanno dovuto lasciare le loro case nel Gush Katif e da allora non si erano più visti. La competizione tra le squadre degli ex insediamenti di Newe Dekalim e Nezer Hazani non è stata quindi soltanto un fatto sportivo, ma anche un amichevole rivedersi.
    L'ex abitante dell'insediamento Newe Dekalim, Shlomo Julis, organizzava ogni anno un incontro sportivo tra le squadre di pallacanestro degli insediamenti di Gush Katif in memoria di suo figlio Itai, morto di leucemia a 14 anni nel 1993.
    «Mi viene ogni volta la pelle d'oca», ha detto a israel heute, «quando vedo i nostri giovani trovarsi insieme da tutte le parti.» Ciascuno dei 21 insediamenti del blocco Gush Katif mandava una propria squadra di pallacanestro al "campionato di Gush Katif" che si teneva ogni stagione. Questa volta la città di Gerusalemme ha messo gratuitamente a disposizione uno stadio.
    La manifestazione sportiva è stato un piccolo raggio di luce nella grigia vita quotidiana dei «coloni», perché più di sei mesi dopo il ritiro da Gaza oltre il 50% dei «coloni» non ha ancora trovato un lavoro fisso e 180 famiglie sono sempre alloggiate in alberghi. Giorno dopo giorno, sui comuni israeliani piovono razzi fabbricati nella striscia di Gaza e lanciati da ex insediamenti ebraici. Molti «coloni» si lamentano e dicono che fino ad oggi non hanno ricevuto nemmeno uno shekel di tutti quelli promessi dal governo come risarcimento. Ai loro orecchi suona come uno scherno quando sentono dire dai politici che dopo le elezioni hanno intenzione di «evacuare» altri abitanti dagli insediamenti di Samaria.
    In totale sono state evacuate 1800 famiglie. Nella maggior parte dei casi i beni personali sono ancora immagazzinati, fin dallo scorso agosto, dentro container. Durante i mesi invernali molti hanno dovuto rinunciare ai loro abiti pesanti. E per comprare nuovi vestiti non hanno i soldi. Le famiglie che vivono nelle karavillas predisposte dal governo, hanno dovuto passare l'inverno in locali piccoli e freddi. Chi è stato alloggiato in albergo, perlomeno ha potuto stare al caldo.
    Quando Shlomo Julis e sua moglie Udi arrivarono al Gold Hotel in Gerusalemme, gli dissero che avrebbero passato lì al massimo due settimane. Nel frattempo le due settimane sono già diventate sette mesi. Su di loro incombe adesso un'altra evacuazione, questa volta dall'hotel, e questo nonostante che il loro alloggio non sia ancora pronto e loro non abbiano soldi. La liquidazione che a loro spetta per la casa lasciata nella striscia di Gaza, e che loro ancora aspettano, assomma a circa 800.000 shekel (circa 142.660 euro).
    Il direttore delle autorità di sgombero, Jonathan Bassi, ha detto che ad ogni singolo colono è stata proposta una soluzione al problema dell'alloggio, ma che molti non hanno accettato le proposte offerte. «Credo che a Pessach la maggior parte dei "coloni" avrà lasciato gli alberghi. Le persone però devono convincersi che è una loro scelta quella di restare negli alberghi». Julis ha confermato questo fatto, ma come spiegazione ha detto che una comunità di persone cresciute insieme vuole continuare a vivere unita, e non vuole essere dispersa in tante città lontane fra loro. «Ti dicono: "Va' lì", e tu devi andare lì», ha detto Julis. Alcune famiglie comunque si sono messe insieme e stanno costruendo le loro case in piccoli comuni fuori Gerusalemme. Una donna ha detto: «Ci sentiamo come immigranti in casa nostra».
    Il revisore dei conti dello Stato, Micha Lindenstrauss, poco tempo fa ha pubblicato un rapporto in cui ha documentato al governo il cattivo andamento del ritiro. E anche la reintegrazione dei «coloni» di fatto è fallita. «Il Ministero delle Finanze avrebbe dovuto incalzare per ottenere un procedimento veloce e concentrato», si dice nel rapporto.
    I giovani giocatori di pallacanestro non si sono molto preoccupati delle condizioni politiche di cornice. Per loro è stato soltanto un enorme piacere poter giocare di nuovo insieme. Adesso vivono in diverse città di Israele, nella città di karavillas Nitzan o in Ashkelon. Potersi ritrovare insieme è una gioia rara.
    «A dire il vero, non è un tempo molto felice», ha detto Hila Mitai (19 anni). «Siamo sparpagliati in tutto il paese e adesso mi ricordo di quanto una volta era bello. Mi piacerebbe che tutto fosse di nuovo come prima.»

(israel heute nr.331, aprile 2006)





6. LIBRI




Marcello Cicchese, Dio ha scelto Israele, ed. CDM Italia, Torino 2006.

Sintetica e commentata presentazione della rinascita dello Stato ebraico.

I capitoli del libro:

La questione delle questioni
Da secoli esiste nel mondo una questione ebraica. In ogni tempo e ovunque si trovino, gli ebrei costituiscono un problema. Ed è un problema scivoloso, sfuggente, perché mentre davanti a un enigma normalmente ci si chiede: "qual è la soluzione?" nel caso degli ebrei si è costretti a chiedersi: "dov'è il problema?"

1. La nascita del sionismo politico
Il ristabilimento della nazione di Israele e il miracoloso ritorno dei suoi cittadini sparsi in tutto il mondo fanno capire che Dio non ha cambiato opinione riguardo al "Suo popolo, che ha preconosciuto".

2. La nascita del sionismo pratico

Il sionismo non si limitò ad agire politicamente per ottenere che agli ebrei fosse concessa dalle nazioni la possibilità di costituire un loro proprio Stato sulla terra d'Israele, ma si adoperò anche per promuovere ed agevolare la concreta immigrazione degli ebrei nella terra dei loro padri.

3. La rinascita della lingua ebraica
Uno dei più grandi miracoli che ha accompagnato la costituzione del nuovo Stato d'Israele: la rinascita della lingua ebraica.

4. Le due guerre mondiali e la rinascita dello stato d'israele
La sovranità di Dio sugli uomini e sulle nazioni si conferma nella rinascita dello Stato d'Israele come conseguenza non prevista e non voluta dei due tremendi scontri bellici mondiali del secolo scorso.

5. Il tentativo sempre rinnovato di distruggere Israele
Anche dopo la rinascita dello Stato d'Israele gli ebrei continuano ad essere odiati e combattuti, con la violenza e con la propaganda menzognera. Ma poiché il nome di Israele pone in gioco il nome di Dio, i tentativi di Satana di istigare le nazioni contro Israele per distruggerlo sono destinati al fallimento.








7. MUSICA E IMMAGINI




Chava




8. INDIRIZZI INTERNET




Union Of Nazarene Yisraelite Congregations

Koinonia House




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