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Notizie su Israele 400 - 4 settembre 2007

1. Tensione nell'esercito israeliano
2. Israele si prepara alla difesa passiva
3. Un quarto dei giovani israeliani si sottrae alla leva
4. L'economia israeliana continua a crescere
5. Scoperti i resti del Tempio di Gerusalemme?
6. Libri
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Geremia 31:35-36. Così parla il Signore, che ha dato il sole come luce del giorno e le leggi alla luna e alle stelle perché siano luce alla notte; che solleva il mare in modo che ne mugghiano le onde; colui che ha nome: il Signore degli eserciti. «Se quelle leggi verranno a mancare davanti a me», dice il Signore, «allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza».
1. TENSIONE NELL'ESERCITO ISRAELIANO




Prova di forza tra politica e promessa

di Aviel Schneider


«I soldati israeliani sono uno strumento della politica israeliana», ha dichiarato l'ebreo nazional-religioso e ex generale d'armata Jakob Amirdor. «Non è per motivi strategici che due famiglie di "coloni" sono state evacuate da Hebron all'inizio di agosto. Il motivo della decisione politica è stato una querela presso la Corte Suprema del movimento di sinistra liberale Peace-Now .» Dodici soldati israeliani dell'unità Duchifat in Hebron si sono rifiufati di eseguire l'ordine di evacuare dal centro di Hebron due famiglie ebree, rispettivamente con sei e otto figli.
    Quando, alcuni giorni prima, uno dei renitenti agli ordini era venuto a sapere dell'operazione di sgombero, aveva telefonato al suo Rabbi, Dov Lior di Kiriat Arba, e gli aveva chiesto come avrebbero dovuto comportarsi, lui e i suoi commilitoni, di fronte al dilemma tra ordine militare e Torah. Davanti al quotidiano israeliano Yediot Aharonot, il contestato rabbino ha negato di aver incitato i soldati israeliani alla disubidienza agli ordini. «La nostra società religiosa non permetterà mai che una legge o un ordine siano in contrasto con la Torah. Come non si può ordinare a un soldato di mangiare carne di maiale, così non si può costringere un ebreo a lasciare il suo posto in Eretz Israel».
    Alti ufficiali militari vedono il pericolo che alla fine siano i rabbini a dirigere l'esercito israeliano. «La società israeliana siede su una polveriera. Sempre più spesso veniamo a trovarci in situazioni in cui dobbiamo concordare delle operazioni con i nostri soldati. Loro prima chiedono ai loro rabbini, e quando conoscono la relativa valutazione spirituale tornano con una risposta positiva o negativa», ha detto alla radio israeliana un ufficiale. «Non è possibile! I renitenti agli ordini devono essere immediatamente allontanati dall'esercito. Soltanto così faremo capire ai rabbini che non devono immischiarsi in questioni strategiche.»
    Secondo fonti dell'esercito israeliano, i soldati del movimento nazionale dei "coloni" sono soldati molto buoni. Ma quando diversi di loro svolgono il servizio nelle cosiddette truppe Hesder qualche volta si sviluppa una dinamica religiosa molto forte. Questa può diventare così dirompente da portare a conflitti di coscienza verso certi ordini militari. Per questo motivo, già un anno fa è stato proposto di far svolgere il servizio ai soldati nazional-religiosi per quanto possibile come singoli. Nello Stato Maggiore è già manifestata la preoccupazione per una possibile rivolta degli ufficiali religiosi all'interno dell'esercito israeliano. Secondo dati dell'esercito, metà dei diplomati che escono dalla scuola ufficiali israeliana sono religiosi. I giovani nazional-religiosi aspirano alle unità migliori e più pericolose, perché più di altri israeliani sono stati educati a difendere la biblica terra Eretz Israel. Perché è un ordine della Torah, così come è un divieto quello di evacuare ebrei da questa terra. Lo Stato Maggiore israeliano nota già un cambiamento nella giovane generazione di ufficiali. A sessant'anni dalla fondazione dello Stato d'Israele, molto fa pensare ad una svolta a destra. La tensione tra promessa biblica e politica aumenta.

(israel heute, settembre 2007 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





2. ISRAELE SI PREPARA ALLA DIFESA PASSIVA




Un superbunker antinucleare sotto i monti di Gerusalemme

di Gian Micalessin

Chi ci ha messo piede lo descrive come un antro tanto ampio e profondo da mettere soggezione. Sta nascendo sotto gli occhi di tutti, ma pochi a Gerusalemme hanno capito cosa sia. Pochi hanno realizzato che sulle montagne sopra la Città Santa sta sorgendo il primo immenso rifugio capace di resistere a un attacco atomico. La «grande paura» israeliana non è semplice suggestione. Nessuno - neppure il Mossad - è riuscito a penetrare il velo di segretezza che circonda i progetti nucleari di Teheran. Neppure le spie israeliane di discendenza persiana infiltrate nella Repubblica islamica hanno scoperto se Teheran sia prossima all'obiettivo o abbia bisogno di molti anni per assemblare il primo ordigno nucleare.
    Gli indizi che fanno temere il peggio non mancano. Qualche giorno fa i portavoce militari di Teheran hanno annunciato l'entrata in servizio di una bomba intelligente da circa 900 chili. I missili Shahab 4, entrati in produzione da tempo, continuano a venir perfezionati e sono in grado di trasportare testate sempre più potenti fino ai confini dello Stato ebraico. Per premunirsi i vertici politico militari di Israele hanno deciso di costruire un super bunker capace di proteggere il governo e i responsabili delle forze di sicurezza.
    Non è un progetto da poco. Per rendersene conto basta alzare gli occhi alle montagne. La strada costruita per far passare gru, trivelle, attrezzi e lavoratori specializzati consente il transito di due grossi camion affiancati. Ma per capire la maestosità del progetto, spiegano i pochissimi che ci hanno buttato un occhio, bisogna entrarci. «Là dentro è immenso, sembra di stare in un film, t'incute paura e soggezione soprattutto se pensi che da lì sarà possibile controllare l'intero Paese – ha raccontato a Yediot Ahronot, il più diffuso quotidiano israeliano - un esponente del governo reduce da una visita al sito.
    L'enorme cellula di roccia, acciaio e cemento capace di preservare i vertici dello Stato ebraico e risparmiarli dall'inverno nucleare costerà oltre 200 milioni di euro e non verrà terminata prima di quattro anni. In caso di attacco nucleare il primo ministro non dovrà neppure preoccuparsi di salire in macchina o in elicottero. Pochi secondi dopo l'allarme verrà sospinto nei tunnel blindati scavati sotto gli uffici del governo e sotto la residenza di Gerusalemme e scortato al bunker atomico. Israele punta però a mantenere la massima segretezza sugli snodi interni della costruzione, sulla dislocazione delle sale e sulle varie misure di sicurezza capaci di garantire l'incolumità assoluta ai suoi ospiti.
    La costruzione è stata affidata a quattro aziende leader a livello mondiale in quel tipo di fabbricati. Quando si è trattato di scegliere la manodopera il governo ha però imposto condizioni inderogabili. Chiunque abbia accesso al cantiere e ai progetti, dal primo architetto e ingegnere fino all'ultimo manovale, dev'essere di religione ebraica. I lavoratori assunti sono stati poi passati al vaglio da Mossad e Shin Bet per verificarne parametri d'affidabilità e credenziali di sicurezza.
    A livello strategico il bunker viene considerato la risposta israeliana ai piani iraniani. La dottrina sembra la stessa della «guerra fredda», quando Urss e Usa facevano capire all'avversario di poter sopravvivere al primo attacco nucleare e rispondere con un colpo altrettanto devastante. In questo caso il secondo colpo di Israele sarebbe ben più che devastante e capace con ogni probabilità di incenerire l'avversario. Teheran per ora non sembra tirarsi dietro. La bomba intelligente, ultima creatura iraniana sul terreno della reciproca deterrenza, è stata battezzata Qased ovvero «messaggero».
    Il messaggio affidato alla testata lo ha illustrato il ministro della Difesa iraniano Mostafa Mohammad Najjar: «Soltanto un numero limitato di Paesi - ha detto - possiede la tecnologia necessaria per costruire e utilizzare una bomba a guida intelligente e noi siamo uno di quelli». L'Iran insomma si sente grande potenza, non teme rivali ed è pronto allo scontro persino con Israele.

(Il Giornale, 28 agosto 2007)





3. UN QUARTO DEI GIOVANI ISRAELIANI SI SOTTRAE ALLA LEVA




In Israele una Leva speciale per i vip

di Elena Lattes

Per un Paese, come Israele, che vive da sessant'anni sotto costante minaccia di annientamento da parte dei suoi vicini, il servizio militare obbligatorio per uomini e donne è sempre stato un elemento indispensabile per la difesa dello Stato e formativo ed essenziale per ogni cittadino maggiorenne.
    Recentemente, però, da un sondaggio è risultato che un quarto dei giovani israeliani si sottrae alla leva, molti facendosi passare per religiosi (gli ortodossi, infatti sono esentati) o per mentalmente infermi.
    L'esercito, quindi, allarmato, visti gli enormi pericoli in cui il Paese e i cittadini possono incorrere, ha cominciato a cercare soluzioni, alternando il bastone alla carota. Così, se da una parte i vertici hanno invitato organizzazioni pubbliche e municipalità a cancellare o non ospitare le performances delle celebrità, dall'altra stanno ora progettando di iniziare un programma speciale per vip, che permetterà loro di svolgere un servizio militare facilitato, in modo che possano continuare nella loro carriera, così come già da tempo atleti e musicisti, riconosciuti particolarmente dotati di talento, hanno l'opportunità di non interrompere le loro esercitazioni artistiche.
    Uno dei maggiori problemi identificati, infatti, è che proprio i divi che evitano la leva costituiscono un modello per i loro coetanei. "I diciottenni all'apice della loro carriera possono contribuire senza dover abbandonare la loro attività e noi li dobbiamo aiutare, proprio come abbiamo fatto con gli artisti e gli atleti." Spiega un ufficiale della Direzione del Personale.
    Al reparto speciale potranno accedere modelle, presentatori televisivi e attori di soap opera. Ogni caso verrà esaminato individualmente, il numero di accessi sarà limitato e coloro che non accetteranno questo programma dovranno svolgere il loro servizio regolarmente. I soldati vip potranno esibirsi davanti ai loro compagni di leva e saranno loro dati tutti i giorni di licenza necessari per proseguire la loro carriera.
    Israele è un Paese particolare, come osservava lo scrittore Ephraim Kishon, dove i figli insegnano la lingua ai genitori e i genitori spesso seppelliscono i figli. Ma anche il Paese dove ogni soldato è un essere umano e ogni essere umano è un soldato. Visti i risultati del sondaggio quest'ultimo assioma sembra non corrispondere più alla realtà. Forse, però, si potrà presto cambiare in "ogni vip è un soldato".

(Nuova Agenzia Radicale, 31 agosto 2007)





4. L'ECONOMIA ISRAELIANA CONTINUA A CRESCERE




Israele, il miracolo economico

Lo Stato ebraico può contare solo sulle sue risorse umane

di David Harris*

Questi giorni, tutti sembrano così occupati a tentare di salvare Israele da se stesso, che un grande evento viene trascurato.
Mentre i consigli da tutto il mondo circa quello che Israele dovrebbe fare riguardo alle sue sfide geopolitiche minacciano di creare un ingorgo nel ciberspazio, il paese ancora una volta ha rivelato che è in realtà piuttosto capace di trovare da solo il modo di raddrizzare anche cose importanti. Non è stupendo? Se si trattasse di altri paesi non sarebbe una notizia degna di titoloni; trattandosi di Israele, comunque, data la taglia da "nocciolina" del paese, di sicuro lo è. Di certo, Israele è divenuto progressivamente una dinamica storia di successo economico. Il che non è un'impresa da niente. Solo alcuni anni fa, era conficcato nel fango e solo pochi outsider avrebbero scommesso sulle sue prospettive. Ma un passo alla volta Israele si sta facendo avanti, e le implicazioni sono considerevoli sia entro i confini della nazione sia fuori.
    Non che fosse un grande segreto, ma Israele non poteva contare sulle proprie risorse naturali per farsi notare. Conoscete la vecchia battuta: "Perché gli ebrei vagarono nel deserto per 40 anni dopo l'esodo dall'Egitto? Perché fecero il giro lungo per trovare l'unico paese nella regione senza petrolio". La sola risorsa naturale di Israele è stata il suo capitale umano, il talento e il genio creativo della sua gente. E nell'economia globalizzata, ad alta tecnologia e di servizi del mondo di oggi, le forze di Israele sono divenute beni immensi. Ecco degli esempi: Primo, le università di Israele, sono state citate nelle recenti classifiche globali, le uniche della regione fra le istituzioni dedicate all'istruzione superiore. L'Università ebraica è elencata da Newsweek al 60° posto fra le principali università del mondo. L'Università cinese di Shangai Jiaotong, ha fornito il suo elenco delle 500 principali università e, di nuovo, l'Università ebraica è tra le prime 100, e le sei altre principali università di Israele sono tutte presenti nel prestigioso raggruppamento.
    Inoltre, fra gli otto vincitori di Premi Nobel di Israele, quattro vengono dall'ambiente accademico - due in chimica e due in economia. Secondo, Israele si classifica primo nel mondo per numero di ingegneri e scienziati pro capite, così come per numero di pubblicazioni scientifiche pro capite pubblicate dai suoi abitanti. Inoltre, quasi un quarto della forza di lavoro di Israele è in possesso di un titolo universitario, il che ci pone al terzo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti ed i Paesi Bassi, su una base proporzionale. Terzo, secondo lo US-Israel Business Exchange, Israele si classifica terzo, dopo gli Stati Uniti ed il Giappone, in brevetti pro capite. Quarto, per un paese di solamente sette milioni di persone, Israele ha un numero sbalorditivo di società di start-up, soprattutto nel campo ad alta tecnologia. Inoltre, Israele ha il terzo più grande numero di società elencato sul NASDAQ, dopo gli Stati Uniti ed il Canada.
    Quinto, il PIL di Israele pro capite lo pone ben all'interno della media delle 27 nazioni dell'Unione europea. Incidentalmente, il PIL di Israele è più alto della somma di tutti i PIL dei paesi confinanti: Egitto, Giordania, Libano, Autorità palestinese e Siria. Sesto, nel 2006 gli investimenti stranieri in Israele

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hanno raggiunto un nuovo record. Quello era lo stesso anno in cui Warren Buffett, considerato tra i più saggi investitori del mondo, fece la sua prima maggiore acquisizione fuori degli Stati Uniti, quando pagò 4 miliardi di dollari per Iscar, un'industria leader in attrezzi metallo-penetranti. Allora Buffett disse: "io credo nel mercato israeliano e nell'economia israeliana, e penso che questo è un buon momento per investirvi."
    Settimo, questo anno Israele è stato accettato per un anno di prova nell'Organizzazione per la Cooperazione Economica e Sviluppo (OECD), il prestigioso gruppo che comprende le prime trenta nazioni industrializzate del mondo. Ottavo, la disoccupazione in Israele sta scendendo decisamente. Mentre era al 10,7 percento nel 2003, secondo Il Rapporto di Gerusalemme, dovrebbe attestarsi al 7,5 percento alla fine di quest'anno. Nono, l'inflazione, un nemico frequente di Israele negli anni passati, è tranquillamente sotto controllo, librandosi circa al due percento. E decimo, le innovazioni e i prodotti israeliani stanno imponendo il loro marchio nel mondo, facendo avanzare le frontiere della conoscenza e sviluppo umano.
    Esperti israeliani in biotecnologia stanno lavorando per sviluppare nuove medicine e procedure per estendere la vita umana. E Teva, una società farmaceutica israeliana è divenuto il più grande produttore al mondo di antibiotici. Mentre ad alcuni fondamentalisti religiosi piacerebbe riportare il mondo al settimo secolo, scienziati ed ingegneri israeliani stanno spingendoci direttamente al ventiduesimo secolo. Prova di ciò può essere trovata, per esempio, in quasi ogni computer, telefono cellulare e pannello solare. Mentre estremisti cercano di arrecare danni al nostro mondo, trasformando la speranza in disperazione, specialisti agricoli israeliani, attraverso processi innovativi come l'irrigazione goccia a goccia stanno trasformando il deserto in terreno coltivato in tutto il globo.
    Di sicuro, il ritratto non è completamente roseo. C'è ancora molto da fare in Israele. Di particolare preoccupazione sono le recenti indicazioni che gli investimenti in istruzione sono diminuiti, che troppe persone rimangono sotto la linea di povertà, e che, a causa di fattori religioso-culturali, una percentuale notevolmente alta della popolazione adulta non partecipa alla forza lavoro. Fortunatamente, ognuno di questi tre problemi è oggi sullo schermo radar della nazione, sebbene solamente il tempo ci dirà se sono stati affrontati in un modo serio e sostenuto. Considerando come vanno tutte le altre cose in Israele e dintorni in questi giorni, direi che questa è una storia di successo. Niente male per un paese che, per i suoi critici, sembra incapace di fare qualcosa di giusto.
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* Direttore esecutivo dell'American Jewish Committee, traduzione italiana a cura di Carmine Monaco

(L'Opinione.it, 31 agosto 2007)






5. SCOPERTI I RESTI DEL TEMPIO A GERUSALEMME?




Una scoperta che cambia la storia

di Nino Materi

Cercavano l'acqua, hanno trovato un tesoro. All'apparenza sono semplici pietre, ma con quei sassi i sacerdoti del tempio hanno costruito il muro della fede. Mattoni per erigere altari ed elevare anime.
    La scoperta già divide gli archeologi di tutto il mondo: «Resti del Secondo Tempio ebraico di Gerusalemme potrebbero essere stati scoperti per caso nell'area del Monte del Tempio, dove erano in corso lavori per la realizzazione di tubature per un acquedotto». Termini come «potrebbero» e «per caso» non contribuiscono a dare sostanza scientifica all'evento, ma certo non azzerano la suggestione del ritrovamento.
    Uno dei ricercatori, il professor Gaby Barkai, ha raccomandato al governo israeliano di «bloccare i lavori perchè gli scavi hanno portato alla luce un imponente muro lungo sette metri». Si tratta del muro del secondo Tempio di Salomone costruito nel 515 a.C e distrutto nel 70 d.C. dall'imperatore romano Tito? Mistero.
    L'area interessata, approvata dall'ufficio islamico per gli Affari religiosi, si estende per un metro e mezzo in profondità e cento metri di lunghezza; nella zona, conosciuta in tutto il mondo islamico come «Spianata delle Moschee» (terzo luogo sacro per l'Islam dopo la Mecca e Medina) si trovano anche la Moschea di Al-Aqsa e la Cupola della Roccia: gli ebrei la chiamano Monte del Tempio o Monte Moriah e qui - secondo la leggenda (sic!) - sorgeva il secondo Tempio, ricostruzione del primo, distrutto dal babilonese Nabucodonosor.
    Echi del passato che oggi rimbombano in un mix di politica, integralismo e teologia nelle parole del capo del movimento islamico nei Territori, Shaikh Raed Salah: «Israele vuole costruire un tempio ebraico sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, quella che per gli ebrei è il Monte del Tempio». Secondo quanto riporta il quotidiano Yedioth Ahronoth, l'esponente religioso ha chiesto in una lettera ai sovrani arabi e ai leader dei paesi musulmani di «impedire la divisione della moschea di Al Aqsa tra ebrei e islamici, poiché gli israeliani vogliono realizzarvi il loro "tempio immaginario"».
    Insomma, la scoperta dei nuovi resti sacri avrebbe innescato un «conflitto di interessi» storico-religiosi di difficile soluzione.
    La struttura composta dalla Moschea di Al Aqsa e dalla Cupola della Roccia si sviluppa esattamente sopra il Muro del Pianto, il luogo più sacro agli ebrei, e il sospetto di Salah - convinto che l'intero complesso di Al Aqsa appartenga ai musulmani - è che Israele «stia cercando di espropriarne una parte».
    Certezze non ce ne sono, se non quelle che vengono dagli antichi testi secondo i quali il Tempio di Gerusalemme fu realizzato per ospitare l'Arca dell'Alleanza ed era considerato dalla religione ebraica l'edificio sacro più importante. Almeno, questa è la tesi sostenuta nella Bibbia. Una trama avvincente fatta di vendette e distruzioni. Cliccatissima su Wikipedia.
    Secondo l'enciclopedia virtuale il Primo Tempio fu costruito dal Re Salomone (nel X secolo a.C.) per poi venire completamente distrutto da Nabucodonosor II nel 586 a.C.; il Secondo Tempio fu eretto invece al ritorno dall'esilio babilonese a partire dal 536 a.C.: i lavori terminarono nel 515 a.C., mentre il restauro eseguito da Giuda Maccabeo risale al 164 a.C..
    Nelle religioni monoteiste il Tempio di Gerusalemme ed il luogo dove questi era costruito ha una grande importanza per le tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo ed islam.
    Con la distruzione del Secondo Tempio, nella religione ebraica, ebbero termine i sacrifici che solamente nel tempio si compivano e scomparve il ruolo del sacerdozio che lì esplicava la sua attività. La distruzione del Tempio segna quindi una tappa cruciale nella costituzione del giudaismo, così come è oggi conosciuto, con una pratica di culto pubblico non più sacrificale ma incentrato sul culto sinagogale.
    Il Muro occidentale, detto anche Muro del Pianto, luogo di preghiera e di pellegrinaggio dopo la distruzione del Secondo Tempio, è diventato dopo il 1967 come una vasta sinagoga a cielo aperto.
    La maggior parte degli ebrei religiosi non si recano sulla spianata delle Moschee, luogo del Tempio, per evitare di mettere piede sullo spazio sacro del Santo dei Santi.
    Una guerra di religione destinata a riemergere anche dagli scavi archeologici.

(Giornale, 1 settembre 2007)





6. LIBRI




"La fine di Israele" di Furio Colombo (Il Saggiatore)

"Israele appartiene al mondo e ai valori della sinistra. Senza il sostegno della sinistra del mondo Israele muore". Furio Colombo, giornalista, scrittore e senatore dell'Ulivo, lancia il suo grido d'allarme per il futuro dello Stato ebraico e, in un pamphlet sorretto da grande tensione ideale, accusa senza mezzi termini la propria parte politica di una grave miopia nei confronti di Israele, che potrebbe portare alla scomparsa di questo Paese. "La fine di Israele" (edizioni Il Saggiatore) è un 'j'accuse' appassionato che parte dalla constatazione di come i valori fondanti di Israele siano quelli dell'antifascismo e della democrazia per denunciare un atteggiamento ostile da parte della sinistra europea, e italiana in particolare, che oggi fa della causa israeliana una causa di destra, con il rischio, secondo Furio Colombo, che a Gerusalemme ci si ritrovi sempre più spostati su posizioni di "nazionalismo esclusivo, simile e simmetrica al nazionalismo irriducibile di Hamas".
    Eppure, ricorda l'ex direttore de L'Unità, lo Stato di Israele è nato in base a una risoluzione dell'Onu, votata con convinzione dall'Unione Sovietica (mentre gli Stati Uniti, cui il popolo della sinistra anti-americana attribuisce una indissolubile e nefanda contiguità con Israele, esitarono molto di più) che prevedeva anche un equivalente Stato palestinese, con pari superficie e pari opportunità. A non volere la nascita di una nuova Palestina, ricorda Colombo, furono proprio gli Stati arabi che oggi fanno della difesa dei palestinesi il principale cavallo mediatico della loro lotta contro Israele. "Il no immediato, violento e risoluto dei ricchi Stati arabi della regione - scrive Furio Colombo - aveva con tutta evidenza un doppio scopo: soffocare Israele sul nascere e impedire per sempre la nascita di uno Stato di Palestina". E mentre lo Stato ebraico si connotava per il suo carattere sionista-socialista ben rappresentato dai kibbutz, "le sinistre europee si sono schierate accanto agli arabi del petrolio, ispirati dalla vecchia e solida propaganda nazista, mai morta in quei Paesi".
    La situazione internazionale attuale, contraddistinta dall'impantanamento americano in Iraq - conflitto che Furio Colombo ritiene profondamente sbagliato e frutto di una politica americana ispirata dal delirio neoconservatore di settori dell'amministrazione Bush - non agevola la situazione di Israele che si trova a essere bersaglio di una recrudescenza dell'odio collettivo dei Paesi arabi, cui si associa l'impotenza d'azione di Washington, tradizionale baluardo della causa israeliana. A questo si associa poi la posizione di Paesi come l'Italia che, per bocca del suo ministro degli Esteri - cui Furio Colombo non risparmia durissime accuse, pur senza mai nominarlo - nel novembre del 2006 ribadisce, nella ricostruzione del senatore ulivista, di "vedere il problema da un lato solo. Tutte le possibili colpe israeliane sono elencate, insieme a previsioni negative per il futuro. Mancano le minacce a quel Paese, lo stato d'assedio, l'analisi dei potenti nemici, nutriti e sostenuti dal potere del petrolio". Manca insomma la consapevolezza della complessità di una situazione in cui "per Israele prevale su tutto la lotta per sopravvivere. Per i palestinesi la sola alternativa accettabile è diventata la morte di Israele".
    In questo contesto spicca la furia antisemita del presidente iraniano Ahmadinejad e dalla corsa di Teheran al nucleare Furio Colombo trae delle lugubri prospettive, condivise anche dallo storico israeliano Benny Morris. "Israele - secondo Morris - rischia l'olocausto nucleare". Una prospettiva che dovrebbe far gelare il sangue al mondo intero, ma che - secondo Colombo - non sembra mobilitare più di tanto la comunità internazionale né l'opinione pubblica mondiale che, mentre accoglie con enorme sdegno la morte di innocenti bambini palestinesi a Cana, tace tanto sulle stragi sugli autobus israeliani quanto sulle reiterate minacce di distruzione di Israele puntualmente ribadite da Ahmadinejad. E in questo clima di isolamento a Israele restano solo le opzioni estreme, con tutto il rischio che comportano.

(Alice News, 29 agosto 2007)

COMMENTO - E' singolare che a breve distanza di tempo siano usciti due libri, uno dal titolo "Viva Israele", scritto da un arabo, e un altro dal titolo "La fine d'Israele", scritto da un ebreo. Il libro di Furio Colombo prende atto di tante cose che ci sono: odio contro Israele, volontà di distruggere il suo Stato, misteriosa incomprensione della sinistra per tutto quello che avviene in questo campo, ma non offre nessuna convincente spiegazione dei fenomeni. Le cause di tutti i mali, secondo lui, sembrano risiedere soprattutto negli opposti estremismi del fondamentalismo islamico da una parte e del fondamentalismo cristiano teocon di George Bush dall'altra. E poi nella non spiegata incomprensione della sinistra, che invece per sua natura e vocazione dovrebbe essere il punto di riferimento e il sostegno di Israele. Un estratto dal libro:
    «... più si proclama la guerra totale, più gli assalitori di Israele possono fingersi partigiani di una resistenza a quella guerra, ottimo alibi per attaccare Israele e tentare di cancellarlo. La sinistra dovrebbe aprire gli occhi su ciò che non è resistenza, ma progetto bene organizzato, bene armato, bene finanziato e apertamente annunciato di cancellazione di un popolo. La destra dovrebbe avere il coraggio di denunciare il vero pericolo: non è in atto alcuna guerra di civiltà, non sta per venire la fine del mondo. Ma potrebbe venire la fine di Israele».
    Ai tanti fondamentalismi sbandierati se ne potrebbe aggiungere un altro: il fondamentalismo laico. Che esamina tutto, analizza tutto, giudica tutto e non capisce niente. Ci sia permesso allora di opporre alla suddetta dichiarazione di fondamentalismo laico un'altra dichiarazione proveniente dall'area del fondamentalismo biblico: «Verrà prima o poi la fine di questo mondo, ma non verrà la fine di Israele». M.C.

Così parla il Signore, che ha dato il sole come luce del giorno e le leggi alla luna e alle stelle perché siano luce alla notte; che solleva il mare in modo che ne mugghiano le onde; colui che ha nome: il Signore degli eserciti. «Se quelle leggi verranno a mancare davanti a me», dice il Signore, «allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza» (Geremia 31:35-36)





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