Notizie su Israele 99 - 17 maggio 2002


<- precedente    seguente ->                                                                                                                                                 indice
Il SIGNORE si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il SIGNORE vi ama: il SIGNORE vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha liberati dalla casa di schiavitù, dalla mano del faraone, re d'Egitto, perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri. Riconosci dunque che il SIGNORE, il tuo Dio, è Dio: il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti.

(Deuteronomio 7:7-9)


DISCORSO DEL PRIMO MINISTRO ARIEL SHARON ALLA KNESSET


Gerusalemme, 14 maggio 2002

Signor Moderatore,
Membri della Knesset

    Siamo qui, due giorni prima della vigilia della festa di  Shavuòt. "Celebrerai la festa delle Settimane, cioè delle primizie della mietitura del frumento, e la festa della Raccolta alla fine dell'anno "(Esodo 34:22).
    Nei tempi antichi i nostri antenati in questa festa avrebbero fatto un pellegrinaggio al Monte del Tempio, qui a Gerusalemme, portando le primizie dei loro prodotti agricoli. E avrebbero così osservato il precetto di Deuteronomio 26:1-3:

Quando sarai entrato nel paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà come eredità e lo possederai e lo abiterai, prenderai delle primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà, le metterai in un paniere e andrai al luogo che il SIGNORE, il tuo Dio, avrà scelto come dimora del suo nome. Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni, e gli dirai: «Io dichiaro oggi al SIGNORE tuo Dio che sono entrato nel paese che il SIGNORE giurò ai nostri padri di darci».

  
La Knesset israeliana
"Sia buono o cattivo, facile o difficile, economico o costoso - questo è il mio Paese", diceva Zeev Jabotinski all'inizio del secolo scorso, e aggiungeva: "Israele e la Terra d'Israele sono una stessa cosa". Non c'è nessun potere al mondo che può porsi tra il popolo d'Israele e la sua terra. Non c'è niente di più morale e di più giusto del successo del popolo d'Israele dopo duemila anni di esilio, e del ritorno alla sua patria d'origine per stabilire uno Stato sovrano suo proprio.
    Prima di essere eletto Primo Ministro ho promesso al popolo israeliano che avrei portato sicurezza e pace. Questo è il mio proposito e sto facendo ogni sforzo, insieme ai membri del governo, per portarlo a compimento. In precedenti occasioni ho spiegato da questo podio che per raggiungere una vera pace, una pace per generazioni, dovremo essere pronti a fare concessioni, dolorose concessioni; ma comunque non faremo nessuna concessione quanto alla sicurezza dei cittadini di Israele.
    Il primo obiettivo del governo di unità nazionale che presiedo è quello di proteggere lo Stato, assicurare la sua esistenza, mantenere la sicurezza dei cittadini di Israele e assicurare un futuro migliore e più sicuro ai nostri figli. La sicurezza dei cittadini di Israele era al primo posto nei nostri pensieri quando il governo, durante la Pasqua, ha deciso di addentrarsi nell'Operazione Scudo di Difesa.
    Da qui vorrei inviare le mie condoglianze alle famiglie dei soldati e dei civili morti durante e dopo questa operazione, e auguro ai feriti che si trovano ancora in ospedale una pronta guarigione.
    L'Operazione Scudo di Difesa ha costituito un importante e vitale momento nella battaglia per distruggere le infrastrutture del terrorismo, nella guerra per distruggere il terrorismo dovunque si fosse trovato.
    Durante l'operazione sono stati arrestati più di duemila ricercati, alcuni da molto tempo. Considerevoli sezioni delle strutture terroristiche in varie città sono state distrutte; fabbriche di esplosivi sono saltate in aria; depositi di armi, materiale da guerra e equipaggiamenti per il sabotaggio sono stati sequestrati.
    I risultati delle operazioni hanno consentito di continuare a procedere con calma, sulla base delle informazioni di intelligence acquisite durante l'operazione, i cui risultati parlano da soli. Azioni tempestive e precise, che il nemico non conosce in anticipo ma che avverte molto bene, nelle sue città, nelle concentrazioni di terrorismo in cui si è barricato, nei suoi centri.
    Non abbiamo finito il lavoro. La nostra battaglia contro il terrorismo va avanti e andrà avanti ancora. I principi di azione che sono stati tracciati subito dopo la conclusione dell'Operazione Muro di Difesa ci hanno permesso di continuare a occuparci delle infrastrutture del terrorismo, entrando nelle aree dell'Autorità Palestinese, localizzando i terroristi-suicidi e sventando sul nascere gli attacchi.
    Non ci deve essere nessun luogo nascosto per i terroristi, per quelli che li aiutano e li nascondono, per quelli che li mandano e per tutti quelli il cui obiettivo è il terrorismo. Durante tutte queste azioni abbiamo osservato l'importante principio che in questo momento ci guida: evitare sia l'escalation, sia la guerra locale.
    Anche sul fronte settentrionale stiamo procedendo in accordo con lo stesso principio di evitare il deterioramento e l'escalation. La visita a Damasco del Segretario di Stato USA, Colin Powel, ha portato in quel momento ad una pausa di un paio di settimane, ma subito dopo abbiamo avuto ripetuti tentativi degli Hezbollah di arrivare a un'escaltion, incoraggiati dalla Siria.
    Nonostante questi tentativi degli Hezbollah, Israele ha continuato a fare ogni sforzo diplomatico per cercare di calmare la situazione sul confine settentrionale. Comunque, è chiaro a tutti che Israele non può restarsene passivamente seduto se continuano le provocazioni e gli attacchi terroristici ai nostri cittadini e ai soldati sul confine settentrionale. La settimana scorsa, nella mia recente visita negli Stati Uniti, la quinta da quando ho il mio incarico, ho sollevato la questione nel mio colloquio con il Presidente americano George Bush.

Membri della Knesset,

    il governo che presiedo, un governo di unità nazionale, sa fare attente e responsabili considerazioni sia in materia di sicurezza, sia in questioni diplomatiche. Il governo che presiedo capisce che per mantenere la forza di Israele dobbiamo mantenere la nostra rete di relazioni con i nostri amici in tutto il mondo, specialmente con gli Stati Uniti, i nostri più grandi amici. La nostra attuale rete di relazioni con l'amministrazione USA - basata su fiducia, comuni valori, principi e mutui interessi - è buona come forse non è mai stata.
    La mia ultima visita negli USA - nel corso della quale naturalmente ho incontrato il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, il Segretario di Stato Colin Powell, il Consigliere alla Sicurezza Nazionale dr. Condoleza Rice, il Vicepresidente Richard Cheney e, naturalmente, il Presidente Bush - è stato uno sforzo integrato che ha coinvolto uno staff di lavoro di diverse persone che hanno affrontato diversi temi politici: dettagliati documenti preparati dal Ministro dell'Educazione Limor Livnat, che mi ha accompagnato nel viaggio, riguardavano il terrorismo palestinese contro i bambini israeliani; e documenti su fondi che l'Arabia Saudita ha trasmesso alle famiglie dei terroristi-suicidi, che sono stati presentati agli USA dagli ufficiali dell'IDF. Il Commissario di Polizia Shlomo Aharonishky e altri anziani ufficiali di polizia si sono incontrati con diversi gruppi e uomini chiave a Washington. Anche il Ministro dell'Interno Eli Yishai mi ha accompagnato nel viaggio e mi ha fornito una considerevole assistenza. Tutte queste persone hanno contribuito al successo del viaggio.
    Nei miei incontri a Washinghton abbiamo discusso un ampio spettro di argomenti bilaterali che provengono dai nostri comuni valori - pace, libertà e democrazia - e i nostri comuni interessi - impegno per la pace, sicurezza e stabilità in Medio Oriente.
    Abbiamo considerato l'aspirazione che è comune a tutti noi - assicurare una vera pace, una pace per generazioni.

Membri della Knesset,

    i cittadini di Israele sono persone amanti della pace. La nostra aspirazione alla pace proviene dal nostro desiderio di vivere in sicurezza nel nostro paese e di svilupparlo a beneficio nostro e della regione nel suo insieme.
    Nel miei colloqui negli USA ho fatto presente che Israele vuole entrare nei negoziati di pace, e vuole farlo non appena saranno presenti due elementi fondamentali per lo stabilimento di un genuino processo di pace:
  1. La completa cessazione del terrorismo, della violenza e dell'istigazione.
  2. L'Autorità Palestinese deve sottoporsi a fondamentali riforme strutturali in tutti i campi - sicurezza, legislazione e società - mantenendo una completa trasparenza e responsabilità organizzativa.
    Chiunque vuole la pace deve capire che non c'è altra scelta - non ci può essere pace con un corrotto, marcio, dittatoriale regime di terrore. Deve essere un'Autorità diversa.
    Quando questi due elementi fondamentali saranno presenti, saremo disposti a compiere i passi verso i negoziati, inclusi il lungo stadio intermedio in cui dovremo determinare le relazioni tra noi e i palestinesi. Dopo di che, dopo che avremo visto come i palestinesi costruiscono la loro società e la loro autonoma amministrazione, quando saremo convinti che desiderano una vera pace - allora saremo in grado di mandare avanti le discussioni per determinare il carattere degli accordi permanenti tra noi e loro. Solo allora saremo in grado di misurare quali garanzie saranno necessarie per essere sicuri che gli accordi saranno onorati. Solo allora saremo in grado di firmare un accordo di pace, l'accordo di pace permanente che noi tutti speriamo.

Membri della Knesset,

    le questioni di sicurezza hanno un'influenza diretta sulla situazione economica, non solo in termini di costi diretti delle complesse operazioni di sicurezza che abbiamo portato avanti, ma anche in effetti indiretti sullo stato delle entrate provenienti dalle tasse.
    Per prevenire il collasso del sistema economico, dobbiamo mostrare responsabilità nazionale anche nella sfera economica. Ieri, qui nella Knesset, abbiamo aggiornato un piano economico che si propone di affrontare la presente, difficile situazione e prevenire che il deterioramento dell'economia conduca a una situazione pericolosa.
    Capisco che non è un piano facile. Molti gruppi si sentono obbligati a considerarsi colpiti da questo, ma è nostro dovere, alla luce della situazione. Dobbiamo fare tutti la nostra parte e dimostrare, come membri della Knesset, la nostra responsabilità pubblica sostenendo il piano.

Membri della Knesset,

    nei mesi scorsi il popolo israeliano ha mostrato la sua grandezza. Di fronte alla difficile battaglia che molti, sbagliando, pensavano che avrebbe condotto allo sgretolamento della società israeliana, i cittadini di Israele hanno saputo rimanere uniti e resistere insieme nella lotta, occupando ognuno il suo posto e facendo ognuno la sua parte.

    Come mebri della Knesset, come pubblici rappresentanti, dobbiamo fare anche noi la nostra parte. Dobbiamo ricordare che molti occhi sono puntati su di noi in questa casa, e dobbiamo agire in accordo. Dobbiamo continuare il pubblico dibattito, che è il cuore e l'anima della democrazia israeliana, dobbiamo evitare atti che possano minare la fiducia del pubblico in essa. E soprattutto, dobbiamo ricordare che nonostante le nostre differenze di opinioni, noi tutti siamo uniti nel desiderio di continuare a vivere qui, nel nostro paese, in pace e sicurezza.
    Credo che se tutti noi agiremo responsabilmente, con avvedutezza e tolleranza, mantenendo la nostra unità, continueremo ad andare avanti così.
    Da qui, auguro a tutto il popolo d'Israele un felice Shavuòt.

(Ministry of Foreign Affairs, 16.05.02)


I 13 PALESTINESI CHE VERRANNO "PROTETTI" IN EUROPA


I miliziani palestinesi esiliati avevano imposto un regno del terrore

di Sayed Anwar

BETLEMME - I residenti di questa città biblica esprimono sollievo per l'esilio a Cipro la scorsa settimana dei 13 miliziani palestinesi che, secondo i loro racconti, negli ultimi due anni hanno imposto un regime del terrore inclusi stupri, estorsioni ed esecuzioni.
    I 13 inviati a Cipro, così come gli altri 26 mandati nella striscia di Gaza, si erano rifugiati nella Chiesa della Natività, dando avvio a un assedio durato 39 giorni e terminato venerdì.
    I palestinesi che vivono vicino alla chiesa hanno descritto il gruppo come una banda criminale che praticava estorsione soprattutto sui cristiani palestinesi chiedendo «denaro per protezione» dai principali commercianti che fabbricano e vendono articoli religiosi.
    Secondo i residenti di Betlemme uno dei principali boss del gruppo, Jihad Jaara, di 29 anni, girava in città con un fucile M-16 terrorizzando la comunità.  «Finalmente i cristiani possono respirare» ha detto Helen, 50 anni, una cristiana madre di 4 bambini. «Siamo così felici che se ne siano andati questi criminali che ci hanno minacciati per così tanto tempo.»
    Altri temono che dei nuovi banditi approfittino della scomparsa del gruppo e del ritiro delle forze israeliane.   «Arriveranno nuove bande?» ha chiesto Samer, 33 anni, dal sobborgo cristiano di Beit Jala a Betlemme. «I banditi cominceranno a cercare di vendicarsi sui deboli, sulla gente disperata».
    I residenti inoltre hanno detto che il Signor Jaara e un altro capo supremo, Ibrahim Abayat, hanno preso nove musulmani sospettati di collaborare con Israele, li hanno portati in un appartamento vicino la piazza della Mangiatoia e gli hanno sparato. Le esecuzioni sono avvenute poco prima dello scontro del 2 aprile tra forze israeliane e miliziani palestinesi che ha portato più di 200 palestinesi nella basilica dove sono rimasti per 39 giorni. Abayat in una intervista telefonica dall'interno della chiesa mentre era in corso l'assedio ha riferito di essere lui il responsabile delle uccisioni. Ha detto che non c'era bisogno di un processo perché «era risaputo che queste persone avessero legami con Israele».
    Abayat e il signor Jaara ora si trovano in un hotel di Cipro, nell'attesa di essere trasferiti in un paese europeo non ancora reso noto, dove molti si aspettano di essere rimessi in libertà. La banda ha detto di far parte delle Brigate dei Martiri di Al Aksa, una milizia legata al leader palestinese Yasser Arafat che ha rivendicato molti dei recenti attacchi suicidi in Israele.
    Zuhair Hamdan, fondatore del Movimento per la Coesistenza a Gerusalemme, stava seduto davanti al suo negozio vicino Betlemme a novembre quando una macchina ufficiale dell'Autorità Palestinese gli si è fermata davanti stridendo i freni. Dal finestrino posteriore un uomo armato, che il Signor Hamdan ha riconosciuto come uno dei membri della banda, gli ha scaricato addosso 12 proiettili del suo fucile M-16, colpendolo cinque volte all'addome, alle gambe e al collo. Il Signor Hamdan era tanto vicino alla morte in ospedale che ora scherza dicendo «Hanno portato il mio corpo al cimitero ma il cimitero non m'ha voluto».
     La banda apparentemente usava il suo facile accesso ai fucili e i suoi stretti legami con le forze di sicurezza palestinesi di Arafat per estorcere denaro, contrabbandare fucili e droga e persino per separare le donne dai mariti. Dopo che una donna era stata stuprata da un membro della banda, lo stupratore fu incarcerato ma solo per poco tempo. I suoi commilitoni hanno costretto i secondini a lasciarlo libero. Persino durante il recente assedio, i membri della banda che non erano scappati nella chiesa hanno continuato a pretendere i soliti 10 shekel (circa 2 dollari) da ogni tassista che usciva o entrava da un parcheggio vicino al compound. Lo scorso mese è stato picchiato un tassista che aveva rifiutato dicendo di non avere contanti.
    La banda operava presumibilmente sotto la piena protezione della organizzazione Fatah del Signor Arafat e dei Tanzim, il suo braccio militare. Durante i 19 mesi di disordini, i membri della banda hanno spesso sparato contro il quartiere israeliano di Gilo dal sagrato della Chiesa e dalle case dei cristiani palestinesi di Beit Jala. Quando i banditi palestinesi si presentavano alla porta, le famiglie cristiane non avevano spesso altra scelta se non di lasciarli usare le loro case come postazione per i cecchini e affrontare le conseguenze della risposta israeliana.

(The Washington Times, 13 maggio 2002 - da Gruppo Rimon)



SUI LIBRI DI TESTO PALESTINESI E ISRAELIANI


L'educazione e la pace

di Angelica Calo' Livne'
Kibbutz Sassa - Galilea

    In questi giorni si e' parlato molto dei libri di testo nelle scuole dell'Autonomia Palestinese e di Israele. Il CMIP (Centro per il monitoraggio della dinamica della pace)   e' un'organizzazione non governativa fondata a New York nel 1998 da Andre' Marcus.
    Lo scopo del CMIP e' di incoraggiare lo sviluppo "di rapporti pacifici tra popoli e nazioni, attraverso la creazione di un clima di tolleranza e di mutuo rispetto basato sul rifiuto della violenza come mezzo per la risoluzione dei conflitti".
    Il CMIP pone enfasi sullo studio dei testi scolastici e sui programmi educativi, dove vede "un segnale significativo sull'orientamento e le valutazioni che le società vogliono trasmettere ai loro  giovani".
    I primi studi del CMIP includevano il conflitto arabo-israeliano nella speranza di "incoraggiare la rinuncia alla violenza e lo sradicamento degli stereotipi", e di conseguenza "costruire solide basi per una pace autentica e durevole tra Israele e i suoi vicini Arabi". Più tardi il CMIP estenderà, questo progetto a "altre regioni del mondo".
    Riportero' qui sotto alcuni brani riportati dalla relazione del CMIP sui libri di testo palestinesi e  alcuni brani che ho raccolto in quelli israeliani e le  conclusioni della relazione.

Scuole dell'Autorita' palestinese

STUDENTI DI 8 ANNI

- Forma una frase contenente le seguenti parole.
  Muore come un Martire per difendere, nostro eroe, la Madrepatria
(La nostra lingua araba, classe 3, prima parte, pp. 8-9).

- (L'insegnante) deve porre le seguenti domande:
a. Chi occupa Gerusalemme oggi?
b. Qual è il nostro dovere verso Gerusalemme?
(La nostra lingua araba, Guida dell'insegnante, classe 3 pp. 130-131)

Sviluppa (nello studente) il desiderio di proteggere la Madrepatria

prosegue ->
dall'ingordigia dell'invasore
(La nostra lingua araba, Guida dell'insegnante, classe 3 pag.133)

- Cosa mi è rimasto di questa lezione:
- sacrificare la propria vita e le proprietà terrene per Allah e la Madrepatria,
- sopportare tutte le avversità e credere nelle sentenze di Allah e nel destino che Egli ha stabilito
- gli Ebrei sono traditori e sleali
(Educazione religiosa islamica, classe 4 pp. 44-45-55).

STUDENTI DI 10 ANNI

La cartina che è inclusa in questo paragrafo mostra, sotto il nome di Palestina, tutto il territorio di Israele.
    
La Palestina "dal fiume al mare"
Domande per la comprensione del testo.
Nominare 4 gloriose battaglie che hanno avuto luogo sul suolo di Palestina.
Perché dobbiamo combattere gli Ebrei e buttarli fuori dal nostro Paese?
Ricorda che: il risultato finale e inesorabile sarà la vittoria dei Musulmani sugli Ebrei
(La nostra lingua araba, classe 5, pp.64-67).

La Jihad è un dovere religioso per tutti i Musulmani (Musulmani di entrambi sessi)
(La nostra lingua araba, classe 5 pag. 167).

Gli Ebrei hanno un atteggiamento ostile e ambiguo verso la nuova religione. Essi hanno rifiutato Maometto e lo hanno chiamato bugiardo; hanno combattuto la sua religione in ogni modo e con ogni mezzo e questa guerra perdura fino ad oggi. Essi cospirano con gli ipocriti e gli idolatri contro di lui e continuano a comportarsi così
(Educazione Islamica, classe 7 pag. 125).

Tema: Come libereremo la terra che ci è stata rubata?
Usa i concetti seguenti: unità araba, cieca fiducia in Allah, armi ultramoderne e munizioni, uso del petrolio e altre risorse naturali come armi nella battaglia di liberazione
(La nostra lingua araba, classe 7, prima parte, pag.15).

Studio della poesia "Mamma"
    Mamma, io partirò presto, prepara il sudario
    Mamma, io affronto la morte, io non vacillo
    Mamma, non piangere per me se cadrò
    Non ho paura della morte e il mio destino è morire come un Martire
(La nostra lingua araba, classe 7, pag. 63)

Perché il poeta chiede a sua madre di non piangere per lui?
Risposta:perché egli vuole diventare un martire di Allah e non ha paura della morte
(La nostra lingua araba, Guida dell'insegnante,, classe 7 pag. 303)

Il CMIP commenta:
    "Ne consegue certamente che i bambini non debbano essere ritenuti responsabili per la propaganda di cui si nutrono. D'altra parte non si può ignorare un fenomeno che è una grave minaccia per il futuro. Ignorare ciò che viene insegnato attualmente nelle scuole palestinesi è come gettarsi nelle braccia dei peggiori nemici della pace.
    Cresciuti con la convinzione che gli ebrei siano sleali e avari di natura e che debbano essere espulsi dal Paese, potranno i bambini palestinesi tendere amichevolmente la mano ai bambini israeliani della stessa età? Come si può rimpiazzare lo spirito della Jihad (assolutamente inteso qui come "guerra santa" nella sua accezione più feroce), l'invocazione al massacro, il culto della morte e l'esaltazione del martirio, con lo spirito della fratellanza, o addirittura alla coesistenza? Il processo mentale, gli slogans, perfino il vocabolario che sono incisi nella memoria di questi bambini sono destinati a lasciare traccia duratura. E gli sforzi di pace – che vanno avanti in modo infruttuoso – rischiano di scontrarsi contro i pregiudizi antiebraici insegnati oggi nelle scuole dell'Autorità Palestinese.
    I leaders palestinesi non sono gli unici responsabili per questo stato di cose. I programmi delle scuole dell'Autorità Palestinese sono finanziati, sorvegliati e approvati nella Comunità internazionale. L'Unione Europea, le Nazioni Unite e l'UNESCO hanno voce in capitolo sulla questione. i contenuti della relazione che viene qui pubblicata sono conosciuti sia dai rappresentanti di queste organizzazioni che dagli Stati membri, ma niente viene fatto.
    Avvelenare la mente dei bambini è ufficialmente un crimine che dovrebbe spaventare capi di stato, agitare politici, mobilitare i cittadini. Tutti coloro che desiderano veramente un futuro di pace per le popolazioni del Medio Oriente, devono denunciare queste pratiche scandalose, prima che il veleno abbia effetti irreversibili".

Scuole israeliane

Voglio riportare solo alcuni brani e i titoli nei libri di testo.

"Pace"
"Pace e' una benedizione,
pace e' una preghiera
pace e' la parola che sentirai in ogni momento della giornata…
………………
sempre pace, non lotta ne' fuoco.
Su tutta Israele
Su tutto il mondo"

Guerra e' una cosa da piangere (poesia)
Il pianto dei fiori sul Monte Meron (un vecchio pastore druso racconta a due bimbi ebrei della Galilea l'importanza del rispetto per la natura)
Kibbuz Abu Yssa (racconti di amicizia e cooperazione tra gli arabi di Tulcarem e gli ebrei della zona vicino a Natania e Maabarot all'inizio).
Il recinto abbattuto (la storia di Yoram, ragazzo  della Gerusalemme ebraica  e di Mahmud, della Gerusalemme giordana, amici fraterni)
Storie sui Drusi (dal libro "Uniti nel destino" di Amal Nasser Aladin)
Il cavallo di Nabek (racconto popolare arabo)
Alla vigilia di un'altra guerra   ("Bambini di tutto il mondo,  per un attimo guardate negli occhi i vostri genitori e gridate: Vogliamo vivere! VIVERE!")

    E infine la conclusione del CMIP  "In parallelo con la relazione relativa ai testi scolastici palestinesi, il CMIP ha pubblicato una dettagliata relazione intitolata 'Libri di testo arabi e palestinesi in Israele'. Questa relazione (che può essere vista in Internet sito www.edume.org) è il risultato di un studio accurato su 360 libri scolastici. La maggior parte di questi libri sono approvati dal Ministero dell'Educazione e consigliati dalle scuole pubbliche. Comunque, lo studio è stato allargato in modo da includere libri di testo usati nella rete delle scuole autonome ultra ortodosse; questa rete, nella quale studia il 10% dei bambini israeliani, non è controllata dal Ministero dell'Educazione. La relazione del CMIP inizia con tre punti fondamentali validi per tutti I testi:

a. I testi non dubitano sulla legittimità dello stato di Israele.
b. Non c'è indottrinamento contro gli Arabi in quanto nazione.
c. Nessuno dei libri di testo richiama alla violenza o alla guerra.

    Prima di tutto i ricercatori del CMIP hanno messo l'accento sulla descrizione che dell'Islam viene fatta dal sistema scolastico israeliano.

Conclusione

    In tutte le scuole sotto il controllo del Ministero dell'Educazione, l'Islam è descritto in modo rispettoso. La storia dell'Islam e le sue regole essenziali sono sviluppate in "modo obiettivo e reale" e molti libri evidenziano aspetti positivi dell'Islam. Inoltre, i luoghi sacri a Ebrei e Musulmani non sono presentati come esclusivamente ebraici.
    Anche l'affinità dei Musulmani a Gerusalemme è spiegata agli studenti, sebbene l'accento sia posto sul lato religioso piuttosto che su quello politico. I soli commenti negativi sull'Islam sono stati trovati nei libri in dotazione ai bambini ultra ortodossi (che come ricordato prima costituiscono il 10% dell'intero corpo scolastico). La relazione del CMIP trova che nei testi scolastici israeliani il ritratto degli Arabi mostra "un genuino sforzo per rimuovere gli stereotipi e costruire le fondamenta per la coesistenza, il rispetto reciproco tra le popolazioni".  I bambini israeliani leggono "molte storie che descrivono amicizia tra ebrei e arabi nei Paesi Islamici e in Israele, anche in tempi di guerra. E' stato notato che "ci sono storie di ebrei che aiutano arabi… e arabi che soccorrono ebrei.
Quando i libri di storia si occupano del conflitto arabo israeliano, "tutti i libri di storia spiegano che i due principali aspetti del problema che hanno causato il rigetto arabo del sionismo erano: "l'acquisto di terre da parte degli ebrei e l'immigrazione degli ebrei in Palestina (Alià), più tardi Stato di Israele… Questa opposizione, che iniziò con scontri locali, divenne gradualmente lotta organizzata". I libri di testo evitano di demonizzare l'opposizione araba al sionismo, spiegandola piuttosto come "la richiesta di una giusta proprietà e il desiderio di restare la maggioranza della popolazione".
    Tra le mappe geografiche incluse nei libri di testo, alcune "mostrano la demarcazione tra lo Stato di Israele e i territori di Giudea e Samaria", mentre alcune altre "mostrano solo il confine tra Israele e Giordania". L'Atlante più usato nelle scuole pubbliche "include una mappa che mostra i Territori amministrati dall'Autorità Palestinese", mostrando chiaramente le linee di demarcazione "in conformità agli accordi di pace tra Israele e i Palestinesi.

Per ulteriori informazioni:
Center for Public Policy Italia
Via Eupili, 8
20123 Milano
Tel: 347-3487846 16
e-mail: cpp italia@libero.it
Presidente per l'Italia: Paolo Fo

(ricevuto il  16.05.02)


PERCHE' NON POSSIAMO NON DIRCI SIONISTI


Arafat o non Arafat? Una passione inutile. Il problema sono l'islam radicale e il revanchismo panarabo. Ferocemente antiebraici. L'autore di un atlante della Jihad spiega perché "non possiamo non dirci sionisti".


Yasser, leader dell'immaginario  

di Carlo Panella 

   E se il problema, il vero problema, non fosse Arafat?
    Se la verità fosse che in Palestina si combatte sempre la stessa guerra, iniziata dagli arabi nel 1947 e mai terminata, una guerra che ha per scopo non la costruzione dello stato Palestinese, ma la distruzione dello Stato di Israele? Se i palestinesi che hanno sul serio creduto alla formula "pace contro territorio" fossero solo una esigua minoranza che riesce ad imporsi solo quando le avventure belliche arabo-palestinesi vengono sconfitte sul campo? Se il problema, il vero problema, la vera disgrazia del popolo palestinese, fosse che tutte le classi dirigenti che ha espresso hanno sviluppato politiche fallimentari? Come è evidente, sono solo domande retoriche.
   
Cosa insegna la storia

    Tracciate una linea che parta dalla leadership del Gran Muftì di Gerusalemme che guidò i palestinesi nella guerra del '48 e colleghi tutti gli episodi della storia successiva, al '67 di Nasser, sino a tutto il quarantennio di leadership di Arafat. Scoprirete che la prima classe dirigente palestinese si è trasferita con centinaia di uomini, armi e bagagli a Berlino, da Hitler per collaborare alla "soluzione finale"; che il comandante militare delle rivolte degli anni trenta e poi della guerra del '48, Qhawuqgi, è stato il responsabile della radio nazista in lingua araba; che centinaia di palestinesi si sono arruolati nella Wehrmacht e che hanno rastrellato partigiani in Yugoslavia. Scoprirete che - inseguito da mandato di cattura yugoslavo come criminale di guerra - il Gran Muftì scatena la guerra del '48 assemblando anche tutti i cascami del nazismo sopravvissuti e portando il suo popolo al disastro. Scoprirete che la seconda classe dirigente palestinese, con Shukeiri, fonda una Olp succube dei deliri panarabi nasseriani nel 1964 ed è partecipe della folle avventura egiziana del '67 che porta alla perdita di Gerusalemme e dei Territori. Scoprirete più golpe di Arafat contro gli arabi di quanti ne ricordiate e che la quarta leadership, quella di Hamas e di Hezbollah è sempre più forte e sempre più fanatica e pericolosa.
   
Arafat (sempre lui)

    Scoprirete, insomma che vi è una duplice continuità cinquantennale: il diritto all'autodeterminazione dei palestinesi è innanzitutto contrastato dalla strategia dei leaders palestinesi (la prima dirigenza palestinese rifiuta lo Stato arabo di Palestina sancito dall'Onu, errore esiziale). Scoprirete infine che la vera causa prima delle follie delle varie strategie palestinesi è sempre la stessa: la volontà di distruggere Israele. Fa eccezione un'unica svolta, nel '93, a Oslo. Ma alla luce dell'oggi è evidente che a determinarla fu solo la mancanza di alternative: Arafat e l'Olp si erano distrutti da soli appoggiando Saddam Hussein. Per questo ebbe un effimero sopravvento la debole ala politica dei pochi palestinesi (Abu Mazen, Abu Ala, Hanane Ashrawi, ala ultra minoritaria dell'Olp) che lavorano per costruire uno Stato, non unicamente per distruggere quello degli ebrei.
    Arafat si comprende - con una incredibile linearità - solo con questa chiave interpretativa. Arafat che tenta nel 1970 il golpe in Giordania contro re Hussein e che provoca il Settembre Nero. Arafat che tenta il golpe nel 1980 in Libano e che deve fuggire, scacciato armi alla mano dai libanesi. Arafat che si schiera con Saddam Hussein nel 1990 che simbolicamente manda i missili a gasare gli ebrei di Israele. Arafat che fino al 1986 rifiuta la mozione 242 dell'Onu perché gli dà ragione sui Territori, ma gli impone di riconoscere Israele. Arafat che solo nel 1998 - avete letto bene 1998 - cancella formalmente dallo statuto palestinese l'obiettivo della distruzione dello Stato di Israele. Arafat che nel 2000 rifiuta il 92% dei Territori che gli offre Barak. Arafat che oggi è il leader indiscusso di una Al Fatah, fucina di suicidi-assassini. Arafat che forse altri non è se non un pendolo, un non-leader, un megafono di volontà altrui, un furbesco mediatore dotato di una straordinaria capacità mediatica. Se questo è Arafat, ha senso auspicare il superamento della sua leadership? Forse. Ma forse è del tutto inutile, perché tra i suoi successori prevarrà ancora per molto tempo la linea di Arafat. Inutile, perché oggi gli ulema delle moschee "moderate" di Al Azhar al Cairo, della Mecca e della Medina incitano i fedeli a sterminare gli ebrei - gli ebrei, non i sionisti - e la Pravda del "moderato" governo egiziano, il quotidiano Al Akhbar, rimprovera Hitler «per non aver terminato il lavoro». Il fatto è che l'intera identità arabo islamica è cresciuta e si è sviluppata dal 1918 in poi per negare e per distruggere lo Stato d'Israele. Olp di Arafat inclusa, come da Statuto.
   
Palestinesi, impegnati a sparare

    Il problema vero è che in Palestina si sono saldate due componenti culturali che sono egemoni - non perché maggioritarie numericamente, ma perché ormai determinano gli eventi - nel mondo arabo-islamico. L'islam radicale non può sopportare l'affronto di uno Stato degli Ebrei, perché nega, dentro la Storia, sul teatro di Gerusalemme, la stessa rottura che la profezia di Maometto porta nel continuum giudaico-cristiano. Là dove non agisce l'islam fondamentalista, agisce la frustrazione secolare del nazionalismo arabo: quando fu chiesto a David Lloyd George come mai non aveva consultato i palestinesi prima di impegnarsi con la dichiarazione Balfour del 1917, la sua spiegazione fu netta: «non potevamo, erano troppo impegnati a spararci contro!». Ottima battuta che sintetizza anche la storia successiva: dal 1914 in poi i palestinesi hanno sempre "sparato contro" il campo delle democrazie. Prima hanno combattuto a fianco delle autocrazie turco-prussiane, poi direttamente nel campo del nazismo, poi hanno preso armi contro la decisione dell'Onu di legittimare lo Stato d'Israele, poi hanno giocato nelle infinite guerre interarabe dei regimi dittatoriali arabi, poi a fianco del totalitarismo sovietico e infine del paranazismo iracheno. I sionisti, specularmente, hanno combattuto dalla prima guerra mondiale in poi come parte integrante degli eserciti delle democrazie occidentali. I palestinesi, come gli arabi, non hanno mai combattuto il colonialismo turco e neanche quello anglo-franco-italiano. Solo due soggetti arabi assolutamente minoritari hanno condotto una resistenza vincente, l'una al colonialismo turco (la dinastia hascemita, l'unica a prendere le armi contro i turchi e oggi regnante in Giordania) e l'altra al colonialismo francese (il Destour di Habib Bourghiba in Tunisia). L'Algeria del Fln, naufragata nella guerra civile, fa storia a sé.
    Non a caso, queste sono anche le uniche forze politiche arabe non anti-ebraiche, non anti-sioniste. Feisal Al Hashemi (l'amico di Lawrence d'Arabia) accettò sempre la dichiarazione Balfour e concordò con Chaim Weizmann, futuro presidente d'Israele, strategie comuni per la Palestina; suo fratello Abdullah, re di Giordania - il «saggio monarca» lo definiva ben Gurion- fu ucciso nel 1951 da un sicario del Gran Muftì di Gerusalemme, mentre stava trattando una pace duratura con Golda Meier.
   
"Distruggere Israele"

    Il loro nipote, re Hussein di Giordania ha costituito sino al 1988 l'alternativa più seria (con uno stato palestinese confederato al suo regno), alla follia recidiva della strategia dell'Olp. Bourghiba, l'11 marzo del 1965 da Beirut, chiese infatti solennemente a tutti gli Stati arabi di riconoscere lo Stato d'Israele. Se questa straordinaria intuizione fosse stata accettata, la storia del Medio Oriente sarebbe stata un'altra. Ma Bourghiba fu irriso. Il campo arabo era tutto per Nasser, che si preparava «a distruggere Israele». Passati i decenni i rapporti di forza tra i nipoti di Nasser e quelli di Bourghiba sono sempre più a favore del primo, anche nell'Olp. Ma gli epigoni di Nasser oggi sono passati a Khomeini e Bourghiba è morto, senza eredi. Meglio, ha avuto un erede: Anwar el Sadat, che ha fatto la fine che ha fatto, e Arafat non l'ha mai dimenticato.

(Tempi, 16.05.02)


LIBRI


Carlo Panella, Piccolo Atlante del Jihad - Le radici del fondamentalismo islamico, Oscar Mondadori, Milano, marzo 2002


INDIRIZZI INTERNET


Bridges For Peace