Notizie su Israele 131 - 15 ottobre 2002


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Salvaci, o SIGNORE, Dio nostro, e raccoglici di tra le nazioni, perché celebriamo il tuo santo nome e troviamo la nostra gloria nel lodarti. Benedetto sia il SIGNORE, il Dio d'Israele, d'eternità in eternità! E tutto il popolo dica: «Amen!» Alleluia.

(Salmo 106.47-48)



BAMBINI PALESTINESI SPINTI AL "MARTIRIO"


    
Differenze educative

Palestinian Media Watch ha documentato in passato la tattica dell'Autorita' Palestinese di incoraggiare i bambini a perseguire l'eroica Shahada (morte per Allah) per poi usare il numero di bambini morti nella propria guerra mediatica contro Israele.
    Un comunicato del Palestinian Media Watch della scorsa settimana fa notare i recenti sforzi dell'Autorita' Palestinese di portare masse di violenti manifestanti nelle strade, nel tentativo di cambiare l'immagine di una guerra terroristica in quella di una insurrezione popolare.
    Ora l'Autorita' Palestinese ha unito le due tecniche, incoraggiando ancora una volta i bambini a morire come parte della "insurrezione popolare", ricominciando a trasmettere uno dei piu' disgustosi video dell'Autorita' Palestinese, il video della "Lettera d'addio". In questo video un bambino scrive una lettera d'addio ai suoi genitori, esaltando il suo desiderio di morire, e poi si mette di fronte a dei soldati israeliani durante uno scontro violento dove viene colpito e ucciso, raggiungendo il suo obiettivo. Mentre cade, le sue parole vengono cantate: "Com'e' dolce la Shahada (morte per Allah), quando ti abbraccio, terra mia"
    La ripresa della trasmissione di questo video indica che l'Autorita' Palestinese, dopo aver distrutto la propria immagine a causa del proprio sostegno ai terroristi suicidi, vuole dipingere se stessa e i propri bambini come vittime, avendo un grande numero di bambini morti da annunciare alla stampa.
    Bisogna inoltre notare che l'Autorita' Palestinese sembra aver gia' raggiunto il suo obiettivo, visto che sui giornali di oggi ha annunciato la morte "come Shahid" di due bambini, di 10 e 13 anni, descritti come "uccisi intenzionalmente a sangue freddo" (come fa sempre l'ANP nelle sue dichiarazioni abilmente studiate).
    "Non essere triste, mio caro
    e non piangere per la mia partenza
    mio caro padre.
    Per il mio paese, Shahada"

    "Non essere triste, mio caro
    e non piangere per la mia partenza
    mio caro padre.
    Per il mio paese, mi sacrificherò!"

    (Scene di bambini che insorgono contro i soldati, il bambino corre con i suoi amici, lanciando pietre...)

    "Con la mia determinazione
    voglio arrivare..."

    (Il bambino viene colpito al petto e cade a terra)

    "Com'e' dolce la Shahada
    quando ti abbraccio, terra mia!"

    (A questo punto si vede la mamma del bambino che piange)

    "Mia cara, madre mia, la piu' amata di tutte,
    sii felice per il mio sangue e non piangere per me".

Il messaggio di questa canzone per i bambini palestinesi e' chiaro: dev'essere desiderio ed obiettivo di ogni bambino morire negli scontri con Israele.

(Associazione Amici di Israele, 9.10.02 - segnalazione di Yosef Tiles)



CONTINUA LA LOTTA TRA FATAH E HAMAS


La lotta di potere nella striscia di Gaza tra la polizia palestinese e il gruppo radical-islamico Hamas continua. Adesso il capo dell'OLP, Yasser Arafat, ha inviato in zona decine di alti ufficiali della polizia dell'Autorità Palestinese (AP) dalla Giudea-Samaria. Hanno il compito di appoggiare i loro colleghi nei rapporti con i gruppi terroristici.
    La maggior parte degli ufficiali ha già un'esperienza tratta dai precedenti conflitti con i gruppi terroristici. Inoltre devono rinnovare le struttre dell'apparato di sicurezza dell'AP nella striscia di Gaza. La polizia accusa Hamas di tentare di mettere in discussione l'autorità dell'AP. 
    Domenica 6 ottobre dei membri di Hamas avevano sequestrato un capo di polizia dell'AP, l'avevano torturato e ucciso con più di 20 colpi. Dopo di che si erano verificati sanguinosi combattimenti tra i gruppi e la polizia. I gruppi terroristici e i civili avevano protetto gli assassini e impedito così il loro arresto da parte della polizia. Una gran parte della striscia di Gaza è sotto il controllo di Hamas, che ha un gran sostegno tra la popolazione. Nel frattempo le famiglie degli uccisi hanno fatto sapere che uccideranno i poliziotti responsabili della morte dei loro parenti. Non hanno eretto le tradizionali tende di lutto, segno questo che hanno deciso di compiere la vendetta  del sangue.
    Il poliziotto ucciso è stato sepolto giovedì 10. Più di 20.000 poliziotti e membri armati del partito Fatah di Arafat hanno preso parte al funerale a Gaza.
    Dall'inizio dei sanguinosi scontri ci sono ufficiali dell'AP e membri di Fatah che trattano con Hamas per porre fine agli scontri. Ma fino ad ora non si è trovato un accordo. "Hamas deve sostenere l'unità nazionale palestinese e smettere di proteggere gli assassini", ha chiesto Samir Mashhrawi (Fatah). Il partito di Arafat ha tuttavia sottolineato che Hamas, nonostante gli attuali problemi, resta sempre il loro partner politico e militare.
    Ufficiali dell'AP hanno fatto sapere che le prossime incursioni saranno rivolte contro Hamas, ma non contro i suoi leader di più alto rango. L'AP vuole evitare di essere accusata dai gruppi terroristici di procedere mano nella mano con Israele e di tentare di distruggere la struttura di Hamas.
 Giovedì la polizia ha detto inoltre che le violenze della popolazione contro di lei sono diminuite. Soltanto in alcuni casi isolati si sono avuti lanci di sassi contro i poliziotti.

(israelnetz.de, 11.10.02)



MANIFESTAZIONI DI SEGUACI DI FATAH CONTRO HAMAS


Migliaia di seguaci del presidente palestinese Yasser Arafat hanno dimostrato lunedì [14 ottobre] nella città di Gaza contro l'organizzazione radicale islamica Hamas. Gli aderenti al movimento di Arafat Fatah hanno gridato: "Sì all'unità".
    Sopra dei cartelloni che si riferivano agli attacchi dei gruppi radicali di Hamas si leggeva: "Non permettiamo che nessun partito prenda la legge nelle sue mani". Fatah ha giudicato gli attentati suicidi contro Israele. In ambienti palestinesi si dice che il consigliere per la sicurezza del governo palestinese, Mohammed Dahlan, ha presentato le sue dimissioni. Come motivo ha indicato il ritardo nell'applicazione delle riforme. Il Primo Ministro israeliano Ariel Sharon ha di nuovo invitato i palestinesi a sostituire il governo di Arafat.
    
Un partecipante alla manifestazione di lunedì 14 ottobre a Gaza porta la bandiera gialla dell'organizzazione giovanile di Fatah mentre passa davanti a un poster di Yasser Arafat avente sullo sfondo il Duomo della Roccia con la scritta: "No, il mio sogno non può essere completo senza Gerusalemme".

Tra i gruppi palestinesi si sono avuti anche forti contrasti sui mezzi da usare nella rivolta contro l'occupazione israeliana. Per questo motivo la settimana scorsa quattro membri di Hamas e un poliziotto palestinese sono stati uccisi. Hamas non riconosce l'esistenza di Israele e ha rivendicato una serie di attentati suicidi in Israele.
    In ambienti palestinesi si dice che Arafat non ha ancora accettato le dimissioni di Dahlan. Già all'inizio di quest'anno Dahlan si era ritirato a causa di un contrasto sulle riforme del servizio segreto palestinese nella striscia di Gaza. E' considerato un politico moderato e un candidato alla successione di Arafat.
    Arafat ha di nuovo convocato una riunione di gabinetto per la formazione del nuovo governo. Il ministro del lavoro Ghassan el Chatib ha detto che si aspetta che fra pochi giorni sarà reso noto un nuovo governo. Il governo attuale si è dimesso il mese scorso per evitare un voto di sfiducia del parlamento. Le elezioni sono fissate per il gennaio 2003.
    Davanti al parlamento israeliano Sharon ha detto, riferendosi al popolo palestinese: "Soffrono inutilmente, le loro vittime non servono a niente, il sangue versato è versato inutilmente... Per raggiungere la pace si deve sostituire un regime dell'omicidio con un regime di pace." Ed ha aggiunto: "Penso che il prossimo anno ci sarà una vera possibilità di arrivare a un punto di svolta."
    Il governo israeliano attribuisce ad Arafat la violenza dei palestinesi contro Israele. Israele, gli Usa e l'Unione Europea chiedono al governo dei palestinesi una riforma dell'amministrazione e delle forze di sicurezza, e un intervento deciso contro gli estremisti.

(Yahoo-Deutschland, 14.10.02)



FORTI DUBBI SUI FONDI TRASFERITI DA ISRAELE ALL'AUTORITA' PALESTINESE


Sul giornale israeliano Yediyot Aharonot il giornalista Itamar Eichner cita le dichiarazioni del coordinatore delle operazioni di Tzahal in Giudea-Samaria e nella striscia di Gaza fatte nel corso di una riunione della commissione parlamentare degli affari esteri e della difesa. Il generale Amos Guilad ha affermato che le somme che per un certo tempo erano state congelate da Israele e adesso sono state trasferite all'Autorità Palestinese, erano utilizzate da Yasser Arafat per finanziare le attività terroristiche. Ha aggiunto inoltre che questi fondi, destinati a migliorare la sorte della popolazione palestinese, non arriveranno mai ai loro destinatari. Guilad ha sottolineato che la situazione estremamente precaria dei palestinesi si aggrava di giorno in giorno e che l'80% di loro vivono sotto la soglia di povertà. Ha sottolineato che due milioni di palestinesi beneficiano dell'aiuto umanitario procurato dagli organismi internazionali e che è grazie alla buona volontà degli israeliani che permettono il passaggio delle derrate alimentari se non si è arrivati alla fame. Il generale Guilad ha inoltre ricordato che negli istituti scolastici palestinesi gli insegnanti inculcano nei loro allievi l'idea che Israele è un'entità illegittima e che bisogna incoraggiare la prosecuzione degli attentati suicidi. Ha denominato questo insegnamento come "intossicazione degli spiriti".
    Il generale Guilad ha poi fatto notare  che la corruzione è in netta crescita, provocando un'avversione sempre più forte della popolazione palestinese verso i suoi dirigenti. Secondo la sua analisi, le organizzazioni terroristiche continuano a pianificare degli attentati, ma la massa partecipa sempre di meno alle manifestazioni.
    Il Ministro degli esteri, Shimon Peres, ha dichiarato di non condividere il punto di vista del generale Guilad, e che non si può affermare con certezza che il denaro è utilizzato per finanziare delle attività terroristiche. Ma il Ministro Nathan Sharansky ha stimato, da parte sua, che bisogna effettuare un controllo serio del trasferimento delle somme che, secondo lui, debbono essere versate a delle organizzazioni internazionali come la Croce Rossa.

(Proche Orient.info, 14.10.02)



ARABI IN ISRAELE: LA PAROLA ALLE CIFRE


Il crescente divario fra lo stato di Israele e il mondo arabo circostante (che, nonostante le immense risorse naturali, si trova in fondo alla classifica delle Nazioni Unite di "sviluppo umano", alle spalle dei paesi dell'America latina, dei Cairaibi e del sud-est asiatico) rischia di rappresentare un ulteriore elemento di ostacolo per le future relazioni fra ebrei e arabi in Medio Oriente.
    Tuttavia, all'interno dello stato di Israele, a dispetto degli eventi di questi ultimi due anni, il grado di eguaglianza fra ebrei e musulmani sta migliorando sotto molti aspetti. I dati piu' interessanti in questo senso giungono dalle autorita' sanitarie e ci descrivono una situazione che e' persino migliore di quella che si riscontra nei paesi occidentali.
    Prendiamo ad esempio uno degli indicatori piu' importanti delle condizioni socio-sanitarie di una popolazione e delle minoranze all'interno di essa: il tasso di mortalita' infantile. In Israele esiste tuttora un divario significativo fra il tasso di mortalita' infantile della componente ebraica della popolazione e quello della componente musulmana (ma - si noti - non quello degli arabi cristiani). Nel 2001, fra gli arabi musulmani d'Israele il tasso di mortalita' era 8,2 ogni mille nati vivi, contro il 4,1 degli ebrei (e il 2,6 degli arabi cristiani). Si tratta di un divario importante, che le autorita' sanitarie israeliane tendono a spiegare soprattutto con i matrimoni fra consanguinei (ancora frequenti fra i musulmani, ma quasi del tutto assenti fra gli arabi cristiani). Ma cio' che va sottolineato e' l'impressionante miglioramento che si e' complessivamente registrato nel corso degli anni. Nel periodo fra il 1955 e il 1959 la mortalita' infantile fra gli israeliani musulmani era del 60,6 per mille, contro il 38,8 per mille fra gli israeliani ebrei (un dato, quest'ultimo, da ricordare a coloro che credono che Israele sia sempre stato un paese ricco e sviluppato). Il divario esiste ancora, ma le cifre in entrambi i gruppi di popolazione sono scese ai livelli di un paese occidentale.
    Anzi, il fatto ancora piu' significativo e' che oggi in Israele il divario fra la mortalita' infantile della maggioranza ebraica e quello della minoranza musulmana e' inferiore al divario che si registra in alcuni paesi occidentali fra la maggioranza della popolazione e le minoranze musulmane che vi risiedono. Questi dati, pubblicati per la prima volta nel 2000 dai ricercatori dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, mostrano per esempio che in Francia il tasso di nati morti e' 8 per mille nella maggioranza della popolazione contro il 13 per mille nella minoranza araba e nord-africana. Il tasso di mortalita' dei neonati a una settimana di vita e', rispettivamente, di 6 e 15 nei due gruppi. Cio' significa che la mortalita' fetale e perinatale tra gli arabi che vivono in Francia e' piu' del doppio di quella del resto della popolazione. Dunque nella evoluta Francia, il tasso di mortalita' infantile della minoranza araba (che per lo piu' parla la lingua del paese e spesso e' costituita da nativi di seconda, terza o quarta generazione) non solo e' parecchio piu' alta di quella della minoranza araba in Israele, ma il divario fra essa e la maggioranza e' significativamente maggiore che nel "razzista" Israele.
    Sono cifre che, da sole, contano piu' di tanti articoli anti-israeliani e di tante risoluzioni internazionali anti-sioniste.
    Si noti che, in generale, il divario fra i tassi di mortalita' infantile di maggioranza e minoranza nei paesi ricchi e sviluppati e' piu' alto che in Israele, anche la' dove non esiste una conflittualita' nazionale fra i due gruppi. In Svizzera il tasso di mortalita' infantile della minoranza turca e' 12,3 contro l'8,2 del resto della popolazione. In Gran Bretagna il tasso di mortalita' infantile della minoranza pakistana e' 7,8 contro il 5,6 della maggioranza. Negli Stati Uniti la situazione e' ancora peggiore, con un impressionante tasso di mortalita' infantile di 21,3 per mille nella minoranza nera contro l'8,5 della popolazione bianca.
    Se questi sono i termini di confronto, si puo' ben dire che Israele ha realizzato un progresso enorme in termini di miglioramento generale e di crescente equita' interna, tenendo presente oltretutto che si tratta di un paese meno ricco di quelli che abbiamo citato e di un paese che da sempre deve fare i conti con una situazione di acerbo conflitto nazionale fra maggioranza e minoranza.
    Certo non basta. Ma e' la dimostrazione che, anche nelle condizioni piu' difficili, Israele puo' perseguire la piena uguaglianza in ogni aspetto della vita dei suoi cittadini, sia ebrei che arabi.
  
(israele.net, 9.10.02 - dalla stampa israeliana)



E' ESATTO PARLARE DI TERRITORI OCCUPATI?


Occupazione come accusa

di Yosef Tiles

Al centro della lotta politica degli arabi palestinesi contro Israele si ripete l'affermazione che gli arabi della Cisgiordania e di Gaza resistono all'"occupazione".
    Gli arabi sono riusciti ad imporre il termine "territori occupati" oltre che alla maggior parte dei mass-media, anche all'ONU.
    Questo termine e' apparso anche nella bozza della dichiarazione della conferenza contro il razzismo di Durban.
    L'ambasciatore libico all' ONU in nome di tutto il blocco dei paesi arabi ha reiterato, che la resistenza contro un'occupazione non puo' essere classificata come terrorismo.
    Questo uso ripetuto del termine "territori occupati" serve a 3 scopi precisi:
  1. gli arabi cercano di creare un contesto politico in cui l'adozione da parte loro di violenza e terrorismo sia giustificata
  2. la richiesta perentoria degli arabi che Israele deve terminare l'occupazione, non lascia nessuno spazio per un compromesso territoriale su Giudea e Samaria (Cisgiordania) e sulla striscia di Gaza come espresso chiaramente nella risoluzione del consiglio di sicurezza dell'ONU 242
  3. l'uso del termine "territori occupati" nega qualsiasi diritto di Israele su queste terre.
Fosse stato usato il termine di territori contesi gli arabi e gli israeliani si sarebbero trovati con dei pari diritti in questo contenzioso.
    Inoltre presentando Israele come una forza esterna occupante delegittima i diritti storici di Israele a favore degli arabi.
    Questo e' diventato il punto focale nella diplomazia del ANP da

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quando sono fallite le trattative di Camp David nel 2000 e ancor di piu' dopo la conferenza di Durban del 2001.
    Infatti a Durban e' stato usato il termine "territori occupati" per invocare la memoria dell'occupazione nazista dell'Europa durante la seconda guerra mondiale.

La terminologia in altre dispute territoriali
Il termine "territori occupati" cosi' caricato di significato politico viene applicato solo ad Israele e non e' mai usato in altre dispute territoriali, specialmente da soggetti non coinvolti in prima persona.
Per esempio il dipartimento di stato americano si riferisce al Kashmir come ad un territorio conteso, così come nel caso del Nagornokarabakh in cui i separatisti armeni chiedono il loro diritto nei confronti dell'Azerbajan.
    Nonostante la decisione della corte internazionale di giustizia che il Sahara occidentale non era mai sotto la sovranita' del Marocco, il termine occupazione militare (quello che ha fatto il Marocco all'ex-colonia spagnola) non viene applicato.
    In un caso ancora piu' recente dell'isola di Zubarah, pretesa sia dal Qatar sia dal Bahrein, la corte internazionale di giustizia l'ha definita territorio conteso, prima di assegnarla al Qatar.
    Ogni situazione ha la sua unicita' storica, ma in una miriade di altre contese su territori, da Cipro alle isole Kurilii, a Abu Mussa nel golfo persico, che sono sfociati in conflitti militari il termine "territori occupati" non viene applicato, cosi' come non e' stato applicato per l'Istria o per il Sud Tirolo.
    Il caso della Cisgiordania e di Gaza sembra del tutto eccezionale nella storia recente.
    Dalla fine della seconda guerra mondiale il termine "territori occupati" non e' stato applicato a un territorio che ha cambiato mano in seguito ad un conflitto armato.

Nessuna sovranità riconosciuta su questi territori prima del 1967
Israele e' entrata nella Cisgiordania e in Gaza durante la guerra del 1967, vari esperti di diritto internazionale si oppongono al tentativo di definire la Cisgiordania e Gaza come "territori occupati" o come territori che ricadono sotto i trattati internazionali che riguardano i territori occupati.
L' ex-presidente della Corte Suprema israeliana , Meir Shamgar ha scritto nel 1970 che non si può de jure applicare la quarta convenzione di Ginevra del 1949 riguardo a territori occupati in Cisgiordania e Gaza, perche' questa presuppone che nei territori occupati ci fosse stato uno stato sovrano legittimo a cui questi territori sono stati sottratti. Infatti, prima del 1967, la Giordania aveva occupato la Cisgiordania, e l'Egitto aveva occupato la striscia di Gaza; la loro presenza in questi territori era dovuta ad un'invasione illegale effettuata nel 1948, in spregio al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nel 1950 la Giordania ha decretato l'annessione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Questa annessione è stata riconosciuta solo dalla Gran Bretagna (esclusa quella di Gerusalemme) e dal Pakistan, ma e' stata rifiutata da tutti gli altri stati del mondo, compresi quelli arabi.
    Per l'insistenza della Giordania, la linea di demarcazione che costituiva la frontiera tra Israele e la Giordania non e' mai stata riconosciuta come una vera frontiera fra due stati, ma solo come una linea d'armistizio. L'accordo di cessate il fuoco tra Israele e la Giordania diceva a chiare lettere :"Nessuna parte di questo accordo puo' pregiudicare i diritti, le pretese o le posizioni di una delle parti per la ricomposizione pacifica della questione Palestina, le norme di questo accordo sono determinate esclusivamente da considerazioni militari (articolo II, comma 2)."
    Come gia' sottolineato, in molti altri conflitti armati recenti in cui uno stato sovrano, internazionalmente riconosciuto perse dei territori, il termine occupati non venne applicato. Invece nel caso della Cisgiordania e Gaza dove in precedenza non c'era nessuno stato sovrano riconosciuto lo stigma d'occupante viene applicato ad Israele.

Aggressione contro autodifesa
I giuristi internazionali distinguono tra una conquista che deriva da un'aggressione e una disputa territoriale che deriva da una guerra di difesa. L'ex consigliere legale del dipartimento di stato americano Stephen Schwebel, che mentre presiedeva la corte di Giustizia Internazionale dell'Aja scriveva nel 1970 riguardo ad Israele: "Quando il detentore precedente occupava i territori in modo illegale, lo stato che li ha ripresi esercitando il diritto di autodifesa ha le carte in regola per mantenere questi territori nei confronti del precedente."
    Di qua la sequenza degli eventi storici del giugno 1967 e' critica, perche' Israele e' entrato nella Cisgiordania solo dopo ripetute violazioni giordane della linea d'armistizio con movimenti di truppe e bombardamenti d'artiglieria da parte dei giordani, che hanno dato inizio alla guerra. L'attacco giordano inizio' il 5 giugno 1967 alle ore 10:00 am; un ammonimento israeliano fu trasmesso alla Giordania tramite l'ONU alle ore 11. L'attacco giordano ando' avanti. Israele reagi' a partire dalle 12:45. In piu', forze armate irachene stavano attraversando la Giordania per attaccare Israele. Sotto queste circostanze la linea d'armistizio del 1949 perse la sua validita' dal momento che le forze giordane attaccarono Israele. La conquista della cisgiordania da parte d'Israele è il risultato di una guerra in cui Israele ha esercitato il suo diritto d'autodifesa.
    L'uso ripetuto del termine occupazione ha permesso ai palestinesi di offuscare la storia. Reiterando il termine occupazione gli arabi riescono a rovesciare la causalita' del conflitto specialmente di fronte al pubblico occidentale. Cosi' che la disputa territoriale agli occhi dell'occidente viene imputata ad Israele per la sua decisione di "occupare" i territori mentre questa situazione deriva da una guerra imposta ad Israele da una coalizione di stati arabi.

I diritti di Israele sui territori
La risoluzione 242 del consiglio di sicurezza delle nazioni unite del 22/novembre/1967, che serviva da base per la conferenza di Madrid del 1991 e per la dichiarazione dei principi del 1993 prevede solo che " Israele si ritiri da territori a delle frontiere sicure e internazionalmente riconosciute." Non dai territori, non da tutti i territori conquistati nel 67. L'uso di questa terminologia nella dichiarazione 242 seguiva mesi di attivita' diplomatica intensa. L'Unione Sovietica ha fatto di tutto per inserire la parola tutti prima della parola territori nella bozza in inglese della risoluzione 242. Lord Caradon, l'ambasciatore inglese all' ONU, ha vanificato questo sforzo. L'Unione Sovietica ha cercato di inserire nella risoluzione il termine "ritiro totale" ma e' fallita, non c'e' nessuna ambiguita' sui termini usati nella risoluzione 242, adottati infine all'unanimita' dal consiglio di sicurezza delle nazioni unite.
    Il consiglio di sicurezza delle nazioni unite ha quindi riconosciuto che Israele aveva un diritto su una parte di questi territori per disegnare una nuova frontiera sicura e difendibile.
    Il ministro degli esteri britannico del 1967, George Brown, ha spiegato nel 1970 che il significato della risoluzione 242 era che Israele non si sarebbe ritirata da tutti i territori occupati. Unita alla risoluzione 338 del consiglio di sicurezza dell'ONU e' diventato ancor piu' chiaro che solo negoziati possono determinare quale parte di questi territori diventerebbero israeliani e quale parte andrebbe in mano agli arabi.
    L'ultima attribuzione legale di quello che sono oggi la striscia di Gaza e la Cisgiordania risale alla decisione della lega delle nazioni del 1922 che ha assegnato la palestina come mandato provvisorio britannico e ha riconosciuto i diritti nazionali ebraici su tutto il territorio assegnato come mandato britannico; Questo riconoscimento era dovuto al legame storico degli ebrei alla loro terra e serviva come base per ricostruire li' il loro focolare nazionale. I membri della lega delle nazioni non hanno creato il diritto del popolo ebraico, ma piuttosto hanno riconosciuto un diritto preesistente di 2000 anni.
    I diritti di Israele si sono conservati sotto l'ONU, articolo 80 della carta dell'ONU, nonostante il fatto che la lega delle nazioni cesso' di esistere nel 1946. L'articolo 80 ha determinato che l'ONU non poteva alterare i diritti dei popoli preesistenti alla sua costituzione. Questi diritti sono stati riaffermati nella risoluzione 181 del 1947 in cui l'ONU decise la spartizione in due stati, decisione rigettata da tutti i paesi arabi e dagli abitanti arabi del mandato britannico.
    Su questi fondamenti della legalita' internazionale Israele possiede dei diritti legali su Cisgiordania e Gaza, diritti che vengono ignorati dagli osservatori internazionali che ripetono il termine "territori occupati" noncuranti dei diritti di Israele. Se Israele pretende di avere frontiere sicure occupando una parte della Cisgiordania e di Gaza, e' tutta un'altra cosa da una situazione in cui Israele viene definito una "forza di occupazione", che non ha nessun diritto su quella terra da quella reale in cui questi diritti d'Israele sono stati riconosciuti legittimi da tutti gli organi internazionali che avevano il compito di riconoscerli.

Dopo Oslo, si può ancora parlare di territori occupati?
Negli anni 80 il consigliere legale del dipartimento di stato Herbert Hansell, ha cercato di deviare il termine occupazione dalla terra ai suoi abitanti. Lui ha determinato che la IV convenzione di Ginevra del 1949 poteva riguardare la Cisgiordania e Gaza perche' il suo scopo era di difendere la popolazione civile di territori occupati. Questo tentativo e' stato rigettato dalle amministrazioni di Regan e Bush. Anche qui la definizione di popolazione occupata non puo' essere applicata nel nostro caso dopo l'applicazione degli accordi di Oslo.
    Sotto gli accordi di Oslo Israele ha trasferito specifici poteri dal suo governo alla cosidetta autorita' palestinese. Gia' nel 1994 il consigliere legale della croce rossa internazionale, doctor. Hans-Peter Gasser ha decretato che la sua organizzazione non aveva piu' nessuna ragione di monitorare gli adempimenti di Israele della IV convenzione di Ginevra riguardo a Gaza e l'area di Gerico, perche' questa convenzione non poteva piu' essere applicata alle aree sotto amministrazione dell' ANP.
    Con la conclusione del II accordo ad interim di Oslo, 1995 che ha esteso l'amministrazione palestinese al resto delle città della Cisgiordania il ministro degli esteri Shimon Peres ha dichiarato " con l'attuazione di questo accordo i palestinesi hanno guadagnato il loro autogoverno." Da allora il 98% della popolazione palestinese della striscia di Gaza e della Cisgiordania sono sotto la giurisdizione palestinese.
    Lo stato di Israele ha trasferito l'autorita' civile cosi' come la responsabilita'della sicurezza interna e dell'ordine pubblico all' Autorita' palestinese, conservando il potere di difendere i propri cittadini.
    La quarta convenzione di Ginevra del 1949 (articolo 6) stabilisce che la potenza occupante e' vincolata al rispetto di quest'articolo finche' esercita le funzioni di governo dei territori occupati.
    Con il trasferimento dei poteri amministrativi e di sicurezza al ANP, secondo gli accordi di Oslo, la striscia di Gaza e la Cisgiordania non possono piu' essere definite territori occupati.
    Lo stato di Israele e' stato costretto ad esercitare i suoi diritti residui, nell'ultimo periodo, solo come risposta all'escalation della violenza e degli attacchi armati, fomentati dall'ANP.
    Cosi' , ogni impegno militare israeliano intorno o dentro alle citta' palestinesi e' una diretta conseguenza della decisione palestinese di aprire un conflitto militare con Israele, e non e' la continuazione dell'occupazione come sostengono i palestinesi.
    Non appena l'ANP prendera' la decisione strategica di finire questa guerra di terrorismo, non ci sara' nessuna ragione perche' la presenza militare israeliana nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza non torni alle postazione del settembre 2000, postazioni che lasciavano e lasceranno ampia autonomia ai palestinesi.
    Chiamare i territori "territori palestinesi" puo' servire gli scopi politici di una parte del contenzioso, ma pregiudica il risultato futuro delle negoziazioni territoriali previste dalla risoluzione 242 del consiglio di sicurezza dell'ONU.
    In piu' questo serve a negare i diritti fondamentali dello stato di Israele.
    Peggio ancora, usare il termine "resistenza all'occupazione" e' diventato una semplice manovra per giustificare la campagna terroristica contro Israele che va avanti nonostante il consenso globale contro il terrorismo che si e' formato dopo l'11 settembre 2001.
    Sarebbe molto piu' accurato descrivere la Cisgiordania e la striscia di Gaza come territori contesi, su cui sia gli israeliani sia gli arabi palestinesi pretendono di avere dei diritti.
    Come disse l'ambasciatore all'ONU Madeleine Albright nel 1994:" Noi non tolleriamo la descrizione dei territori occupati da Israele durante la guerra del 1967 come territori palestinesi occupati".
    "Chiunque pensa che questa intifada sia scoppiata per la visita di Sharon al Monte dei Templi sbaglia... questa intifada e' stata programmata da molto tempo, da quando Arafat e' tornato da Camp David" ha ammesso il ministro per le comunicazioni palestinese Imad Al-Faluji (in un intervista ad Al Safir del 3/3/20001), ma ancora prima Al-Faluji ha affermato che questa guerra terroristica chiamata intifada e' scoppiata come risultato di una scelta strategica fatta dai palestinesi (intervista al Ayam del 6/12/2000).
    Arafat ha cominciato a chiamare i palestinesi alla nuova intifada gia' nei primi mesi del 2000. Davanti alla gioventu' di Al Fatah a Ramallah il 3/4/2000 ha sostenuto che i palestinesi dovranno tornare all'opzione dell'intifada (come riferito chiaramente dal giornale Al Mujahid).
    Marwan Bargouti, capo di Fatah in Cisgiordania, ha detto chiaramente gia' nel marzo 2000:" Dobbiamo iniziare una guerra sul campo di fianco ai negoziati.... Cioe' un confronto armato."(sul giornale Ahbar Al-Halil 8/3/2000).
    Durante l'estate del 2000 Al Fatah ha costruito 40 campi di addestramento per allenare i giovani palestinesi alla guerra che preparavano.
    L'edizione del luglio 2000 del mensile Al Shuhada , distribuito tra le forze di sicurezza palestinesi, recitava: "Dalla delegazione per i negoziati guidata dal comandante e simbolo Abu Ammar (Arafat) al popolo palestinese coraggioso, siate pronti. La battaglia per Gerusalemme e' cominciata". Un mese dopo il comandante della polizia palestinese ha detto al giornale ufficiale dell'ANP Al-Haiat Al-Jadida: "La polizia palestinese guidera' i figli nobili del popolo palestinese quando arrivera' il momento del confronto militare."
    Freih Abu Middein, il ministro della giustizia dell'autorita' palestinese, ha avvertito: " la violenza e' vicina ed il popolo palestinese e' disposto a sacrificare volentieri anche 5000 vittime (Al-hayat Al-Jadida, 24/agosto/2000).
    Un'altra pubblicazione ufficiale dell'autorita' palestinese l'11 settembre del 2000, 2 settimane prima della passeggiata di Sharon, scrisse: "noi dichiareremo l'intifada generale per Gerusalemme. Il tempo per l'intifata e' arrivato, il tempo per la Jihad (guerra santa) e' arrivato."
    Il consigliere di Arafat, Mamduh Nufal disse al francese Nouvel Observateur (1/marzo/2001): "alcuni giorni prima della visita di Sharon al monte dei templi, quando Arafat ci chiese di essere pronti per lo scontro armato io ero favorevole a delle dimostrazioni di massa, ma mi ero opposto all'uso delle armi, e' stata la decisione finale di Arafat di adottare l'uso delle armi e di attaccare civili e militari israeliani con le bombe."
    Il 30/09/2001 Nufal ha spiegato ad Al-Ayam che e' stato Arafat che ha emesso personalmente l'ordine ai comandanti del campo di aprire il confronto violento con Israele il 28 settembre del 2000.

(da "Informazione corretta")



IL POPOLO PALESTINESE NON ESISTE


Un titolo provocatorio? E' molto di piu'. E' la verita'.

di  Joseph Farah

La verita' non cambia. La verita' e' la verita'. Se una cosa era vera 50 anni fa, 40 anni fa, 30 anni fa, e' ancora vera oggi. E la verita' e' che solo 30 anni fa, non c'era molta confusione riguardo alla questione palestinese.
    Forse vi ricorderete che l'ex Primo Ministro israeliano Golda Meir fece la coraggiosa dichiarazione politica: "Non esiste un popolo palestinese".
    Questa affermazione da allora e' stata fonte di scherno e derisione da parte dei propagandisti arabi. Amano parlare del "razzismo" di Golda Meir. Amano insinuare che si trattasse di negazionismo storico. Amano dire che la sua affermazione e' palesemente falsa, una deliberata menzogna, un inganno strategico.
    Cio' di cui non amano parlare, invece, sono le dichiarazioni molto simili fatte da Yasser Arafat e dal suo ristretto cerchio di dirigenza politica anni dopo che Golda Meir aveva detto la verita' - che non esiste una distinta identita' culturale o nazionale palestinese.
    Cosi', nonostante il fatto che sia comunemente accettato che esista un popolo palestinese, voglio riportare queste dichiarazioni scomode fatte da Arafat e dai suoi sostenitori quando ancora non si preoccupavano molto delle pubbliche relazioni.
    Il 31 marzo 1977, il giornale olandese Trouw pubblico' un'intervista con un membro del comitato direttivo dell'OLP, Zahir Muhsein. Ecco le sue dichiarazioni:
    "Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno Stato Palestinese e' solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo Stato d'Israele per l'unita' araba. In realta' non c'e' differenza fra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni politiche e strategiche oggi parliamo dell'esistenza di un popolo palestinese, visto che gli interessi arabi richiedono che venga creato un distinto "popolo palestinese" che si opponga al sionismo.
        Per motivi strategici, la Giordania, che e' uno Stato sovrano con confini definiti, non puo' avanzare pretese su Haifa e Jaffa mentre, come palestinese, posso indubbiamente rivendicare Haifa, Jaffa, Beer- Sheva e Gerusalemme. Comunque, appena riconquisteremo tutta la Palestina, non aspetteremo neppure un minuto ad unire Palestina e Giordania".
Piuttosto esplicito, vero? E' perfino piu' chiaro della dichiarazione di Golda Meir. Conferma quello che ho scritto nel titolo. E non si tratta di una dichiarazione unica nel suo genere. Arafat stesso fece una dichiarazione di questo tipo, decisa ed inequivocabile, nel 1993.
Questo dimostra che, alla fine, la questione dello Stato Palestinese e' un sotterfugio ideato per arrivare all'obiettivo di distruggere Israele.
    In effetti, lo stesso giorno in cui Arafat firmo' la "Declaration of Principles" nel giardino della Casa Bianca nel 1993, spiego' la sua azione alla TV giordana. Ecco cosa disse:
    "Visto che non possiamo sconfiggere Israele con la guerra, dobbiamo farlo in diverse tappe. Prenderemo tutti i territori della Palestina che riusciremo a prendere, vi stabiliremo la sovranita', e li useremo come punto di partenza per prendere di piu'. Quando verra' il tempo, potremo unirci alle altre nazioni arabe per l'attacco finale contro Israele."
Non importa quante persone siano convinte che il desiderio di fondare uno Stato Palestinese sia sincero e che sia la soluzione per portare la pace in Medio Oriente, queste persone vengono prese in giro.
    L'ho detto prima e lo ripetero' ancora, nella storia del mondo, la Palestina non e' mai esistita come nazione. La regione conosciuta come Palestina e' stata governata prima dagli antichi romani, poi dai musulmani e dai crociati cristiani, poi dall'impero ottomano e, per poco tempo, dagli inglesi dopo la prima guerra mondiale. Gli inglesi acconsentirono a restituire almeno una parte della terra agli ebrei, visto che era la terra dei loro padri. Non e' mai stata governata dagli arabi come una nazione a sé stante.
    Perche' adesso e' diventata una priorita' cruciale?
    La risposta sta nella massiccia campagna di disinformazione e nello spietato terrorismo degli ultimi 40 anni.
    Golda Meir aveva ragione. La sua dichiarazione viene avvalorata dalla verita' della storia e dalle esplicite, ma poco conosciute, dichiarazioni di Arafat e dei suoi seguaci.
    Israele e l'occidente non devono arrendersi al terrorismo concedendo agli assassini quello che vogliono - il trionfo nelle pubbliche relazioni e una vittoria strategica. Non e' troppo tardi per dire no al terrorismo. Non e' troppo tardi per dire no ad un altro stato arabo terrorista. Non e' troppo tardi per dire la verita' riguardo alla Palestina.
  
(Associazione Amici di Israele, 3.10.02)



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