Notizie su Israele 132 - 22 ottobre 2002


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Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore.

(Isaia 43.1-3)



In un articolo pubblicato sul numero di agosto del mensile "Shalom", dal titolo "Finalmente a casa" (ved. Notizie su Israele n.118), Fiamma Nirenstein commenta con intima soddisfazione il fatto che il 9 luglio scorso 400 ebrei americani e canadesi sono scesi all'aeroporto Ben Gurion per rimanere in Israele e diventare cittadini israeliani. Purtroppo, tra i vari motivi di compiacimento non viene menzionato il fatto che il viaggio era stato sponsorizzato dall'organizzazione ebraica "Nefesh b'Nefesh" (da uomo a uomo), e che i fondi necessari erano stati raccolti da un'associazione formata da ebrei e cristiani evangelici. Su Notizie su Israele n.104 del 15 giugno si riportava la notizia di questo viaggio prima ancora che avvenisse:
    
Rabbi Yechiel Eckstein

«I doni per questo gruppo di immigranti hanno raggiunto la somma di 2 milioni di dollari e provengono in massima parte dalla "International Fellowship of Christians and Jews".
    Il Presidente dell'associazione, Rabbi Yechiel Eckstein, ha detto che è la prima volta che cristiani americani sostengono l'immigrazione di ebrei nordamericani in Israele. La partecipazione a questo progetto è stata ottenuta grazie alle offerte dei 250.000 membri cristiani dell'associazione che versano annualmente milioni di dollari per collaborare ai progetti di aiuto per Israele.
"Negli anni scorsi abbiamo permesso a centinaia di migliaia di ebrei dell'ex Unione Sovietica, dell'Etiopia e infine dell'Argentina di realizzare il loro sogno di tornare in Israele. Adesso abbiamo il privilegio di realizzare questa nuova ondata di immigrazione dal Nordamerica."
    Secondo dati della "Jewish Agency", responsabile da parte israeliana dell'immigrazione ebraica, è la prima volta da 25 anni che un così gran numero di ebrei nordamericani immigrano in una sola volta. Secondo la "Jewish Agency", l'anno scorso sono immigrati in Israele 1378 ebrei. Attualmente nel Nordamerica vivono più di 6 milioni dei 14,4 milioni di ebrei sparsi nel mondo. Fino ad ora gli ebrei nordamericani non hanno costituito una parte molto grande degli immigranti in Israele.»

    Commentando questo arrivo, Fiamma Nirenstein nel suo articolo osserva: "Gli USA con i loro 400 immigranti hanno fatto un grandissimo regalo a Israele, la gente è grata e sorpresa". E' giusto allora sapere che di questo regalo bisogna essere grati anche agli ebrei e ai cristiani evangelici americani che hanno deciso di lavorare insieme per aiutare Israele.
    L'articolo che segue, tradotto con autorizzazione da Proche-Orient.info, pur non essendo molto benevolo nell'esaminare questo singolare avvicinamento tra ebrei e cristiani evangelici, ha comunque il merito di far capire che il fenomeno non è trascurabile.
    Come per tutti gli altri articoli, il riportarlo su questo notiziario non significa che si concorda con tutto quello che è scritto.

Marcello Cicchese



EBREI E CRISTIANI EVANGELICI ALLEATI PER ISRAELE


La nuova alleanza: i cristiani evangelici e gli ebrei americani

di Anne-Elisabeth Moutet


WASHINGTON - Oggi pomeriggio, 11 ottobre 2002, diverse decine di migliaia di cristiani evangelici americani manifesteranno sui prati davanti alla Casa Bianca il loro sostegno a Israele. Il loro slogan:  "Christian Solidarity With Israel". Diversi camion sono già in strada dalla sede della Bible Belt: dal Texas, dalla Carolina del Sud, dall'Alabama e dal Tennesse... Sono stati ordinati un migliaio di bandiere israeliane. E dei cartelli: "No a uno Stato palestinese", "Bush devi sostenere Israele", ecc. Tra gli oratori, Ehud Olmer, il sindaco di Gerusalemme, ma anche il leader del partito repubblicano alla Camera dei Rappresentanti, Tom DeLay, i senatori dell'Oklahoma e del Kansas Jim Inhofe e Sam Brownback, il televangelista Jerry Falwell, il pastore Pat Robertson. Scopo dichiarato: superare a destra George W. Bush, nonostante che il 43° presidente, un metodista molto vicino alla corrente evangelica, uno dei presidenti più credenti della storia degli Stati Uniti, abbia raccolto nel suo team alla Casa Bianca un cocktail ragguardevole di ebrei neo-conservatori e di cristiani evangelici, tutti molto pro-israeliani.


Sono tutti più intransigenti degli stessi ebrei
"Siamo a tre settimane dalle elezioni alla Camera", spiega un aggiunto di Roberta Combs, presidente della Christian Coalition (dove ha preso il posto del fondatore, Pat Robertson), che organizza la manifestazione di questo pomeriggio. "Il Presidente sa che due anni fa ha guadagnato alcuni Stati, come il Tennessee e l'Arkansas, con lo scarto di qualche centinaio di voti. Gli elettori che fanno la differenza sono nostri sostenitori". Per intendersi: i cristiani evangelici per cui la lettura della Bibbia è essenziale e fondante. Sono loro che hanno contribuito alla disfatta di Jimmy Carter, pur essendo anche lui un pastore battista. Sono sempre loro che hanno sconfitto George Bush padre nel 1992, delusi per la sua politica giudicata troppo filoaraba.
    La difesa d'Israele è diventata una delle questioni capitali, messa al primo posto nelle preoccupazioni di questo elettorato numeroso (si stima che siano tra 50 e 70 milioni gli americani che si presentano in questo modo) e conservatore. Spesso più intransigenti della maggior parte degli stessi ebrei, sono convinti che la fondazione di Israele nel 1948 costituisca la realizzazione di una promessa biblica. La minima esitazione della Casa Bianca nel sostenere Ariel Sharon li fa uscire fuori in forza, inondando l'esecutivo di e-mail minacciosi. Vedono in Colin Powell, e soprattutto nei funzionari arabizzanti del Dipartimento di Stato, degli agenti dell'Anticristo. Il presidente del gruppo repubblicano alla Camera, il texano Dick Armey, la primavera scorsa ha dichiarato, nel corso di un dibattito televisivo, che si rifiuta di veder Israele abbandonare il più piccolo pollice di terra della riva occidentale (la Cisgiordania) a uno Stato palestinese. "Non ho niente contro la fondazione di uno Stato palestinese. Ci sono centinaia di migliaia di chilometri quadrati di terreno nei paesi arabi che possono servire a questo scopo. Hanno la terra, i mezzi e l'opportunità di stabilirvi un nuovo Stato". Ma questo vorrebbe dire che i palestinesi dei territori dovrebbero essere trasferiti in questo nuovo Stato, domanda stupefatto il giornalista Chris Matthews. "Perché no? La maggior parte delle persone che costituiscono oggi la popolazione israeliana è venuta da fuori. I palestinesi potrebbero fare altrettanto". Qualche giorno più tardi Armey ha ritirato la sua proposta, ma altri responsabili cristiani, come il pastore Jerry Falwell o Janet Parshall, hanno fatto osservazioni simili.


Difendono Israele perché credono che questa sia la sola scelta morale possibile
Dapprima sorpresi e anche diffidenti, gli ebrei americani hanno gradualmente imparato a lavorare con questi inaspettati alleati. "Per molto tempo gli ebrei americani hanno vissuto come degli episcopaliani e hanno votato come dei portoricani", ironizza il giornalista Robert Kuttner. Traduzione: portafoglio a destra e scheda elettorale a sinistra. Ancora oggi una grande maggioranza di ebrei vota democratico - tra il 60 e l'80 per cento, secondo gli scrutini - e finanziano generosamente questo partito più dei repubblicani. Per i baby boomers che hanno fatto il loro primo apprendistato politico negli anni sessanta, il cavallo di battaglia della destra religiosa - contro l'aborto, la pornografia e la droga - evoca visioni spaventose che si aggiungono ai vivi ricordi dell'antisemitismo cristiano. Ma a partire dagli anni di Reagan l'elettorato ebreo scivola lentamente a destra, e l'antisionismo viscerale dei "political correct" non fa che accelerare questa tendenza. "Gli ebrei non si sentono più obbligati a votare democratico", constata Ronald Lauder, ex-presidente della Conferenza dei Presidenti d'Associazioni ebree, sul Wall Street Journal lo scorso giugno. "Al Congresso, i più decisi difensori d'Israele provengono da Stati dove il voto ebreo è inesistente. Difendono Israele perché ritengono che quella sia l'unica scelta morale possibile".
    "La Bible Belt è la cintura di sicurezza dell'America [lett. The Bible Belt Is America's Safety Belt]: affinché l'olocausto non possa arrivare qui", scrisse nel 1987 il rabbino americano d'origine viennese, Joshua O. Haberman, nella seria rivista "Policy Review",  un articolo precursore che oggi viene sempre citato. Nell'articolo Haberman spiega che la sua città natale, culla di una civiltà fine e brillante, che intorno alla fine dell'Ottocento ha dato al mondo la psicanalisi e l'espressionismo, la Secessione e il modernismo, Freud, Zweig, Mahler, Klimt, Schiele, Schoenberg e tanti altri, trent'anni più tardi accoglie Hitler in un delirio di gioia. "Il sofisticato clima intellettuale di Vienna era dominato da un relativismo morale molto alto che sfiorava il nichilismo, e questo ha lasciato gli spiriti disarmati davanti all'appello di Hitler'. Fuggendo il nazismo per rifugiarsi in America, Haberman rifa l'itinerario di Tocqueville, e scopre in questa società apparentemente più semplice - "semplicista", direbbe qualcuno - l'armatura di principi morali assoluti, fondati su una profonda fede vissuta nel quotidiano. "Le persone che incontravo per strada, nei negozi, nelle chiese, erano forse meno colte e sottili dei loro omologhi viennesi; ma erano anche più schiette, più aperte, più degne di fiducia... A Vienna stavo sempre in guardia, mi chiedevo che cosa si nascondeva dietro la maschera di cortesia con cui mi accoglievano; mentre la fede delle persone che incontravo in Alabama, vissuta semplicemente e rinforzata ad ogni tappa dalla società... li proteggeva contro gli eccessi di governo che conducono immancabilmente al totalitarismo".


"La Bibbia è molto chiara sui paesi del Patto: Dio ha promesso questa terra agli ebrei"
Il giornalista ebreo religioso Binyamin L. Jolkovsky, vecchio collaboratore del Wall Street Journal e fondatore del notevole sito www.jewishworldreview.com, che riunisce gli editorialisti più conosciuti della succursale conservatrice americana, ebrei e cristiani, dichiara: "Spesso sento di avere più cose in comune con un cristiano che prende la sua religione sul serio che con un ebreo laico di cui non condivido nessun valore."
    L'influente direttore di Weekly Standard a  Washington, William Kristol, figlio del grande intellettuale ebreo neo-conservatore Irving Kristol, è legato da un'amicizia di molti anni con l'attivista repubblicano cristiano Gary Bauer, incontrato nell'amministrazione di Reagan quando tutti e due lavoravano nel gabinetto del Ministro dell'Educazione, William Bennet, tentando di restaurare una certa disciplina nelle classi delle scuole pubbliche americane. Il mio sostegno a Israele, dice Bauer, è sia teologico che ideologico. "La Bibbia è molto chiara sui paesi del Patto: Dio ha promesso questa terra agli ebrei. Ma io credo che Israele e gli Stati Uniti sono dei reciproci alleati naturali nel conflitto che oppone il fondamentalismo islamico alle democrazie occidentali." (La newsletter di Bauer, inviata in tutti i paesi a circa 100.000 destinatari, sostiene ogni giorno la causa d'Israele davanti alla profonda America).
    Per molti evangelici che leggono la Bibbia letteralmente, il ritorno degli ebrei nel loro proprio Stato è tanto più essenziale perché è la condizione che precede il ritorno del Cristo previsto nel libro dell'Apocalisse e nella lettera ai Tessalonicesi. Soltanto allora, secondo un pastore anglicano del XIX secolo, John Nelson Darby, i veri credenti cristiani saranno rapiti fisicamente a Dio (il "rapimento"), mentre il resto dell'umanità assisterà al terribile combattimento di Armaghedon (la valle di Meghiddo a Gerusalemme [la giornalista non sembra forte in geografia!, n.d.r.]) tra le forze del Male e quelle del Bene. Una parte degli ebrei riconoscerà Gesù e l'altra perirà nella conflagrazione finale. Teoria che si inscrive direttamente nella lunga storia religiosa della fondazione degli Stati Uniti: i pellegrini del Mayflower s'identificano negli ebrei alla ricerca della Terra Promessa, e ci fu una discussione seria nel XVII secolo per decidere se gli americani dovevano abbandonare la lingua inglese e sostituirla con l'ebraico [citato da Fréderic Encel nel numero d'ottobre di Herodote].

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I critici ebrei dell'alleanza con gli evangelici, come il giornalista israeliano Gershom Gorenberg, naturalmente sostengono che i cristiani fondamentalisti non amano veramente gli ebrei, ma li "strumentalizzano" per ottenere la loro propria salvezza [considerazione che denota l'ignoranza del giornalista, n.d.r.]. "Fino ad ora," risponde l'editorialista Jonah Goldberg, "si sono visti i cristiani utilizzare la Bibbia per giustificare i trattamenti più vili verso gli ebrei. Per una volta che i cristiani pensano che la Bibbia ordini loro di amare e rispettare gli ebrei, non mi sto a lamentare. Quanto allo svolgimento dell'Ultimo Giudizio, è Dio che deciderà, e Lui è più competente di noi."


Menachem Begin è stato il primo a tendere la mano ai cristiani evangelici
E' stato Menachem Begin il primo a riconoscere tutte le possibilità dell'alleanza con i cristiani americani. Dal suo arrivo al potere nel 1977, ha coltivato Jerry Falwell, Billy Graham e Pat Robertson, i tre leader più conosciuti dell'evangelismo militante; conferisce a Falwell il premio Jabotinsky per "i servizi resi alla causa d'Israele"; e, secondo una giornalista, gli offre perfino un jet privato di fabbricazione israeliana. Quando, nel 1981, Israele distrugge il reattore nucleare iracheno Osirak, Begin chiama Jerry Falwell ancora prima di aver parlato con Reagan e gli chiede di spiegare al pubblico cristiano americano le ragioni del bombardamento.
    Le reazioni, anche all'interno del suo partito, in un primo momento sono fiacche. I fondamentalisti cristiani saranno anche pro-israeliani, ma sono antisemiti, dice qualcuno. Qualche anno più tardi, dei nastri magnetici contenenti i colloqui tenuti alla Casa Bianca nel 1972 tra il presidente Nixon e il reverendo Billy Graham sembrano giustificare queste accuse. Nixon redige una lista di tutti i giornali e tutte le riviste "interamente controllate dagli ebrei" - tra cui, evidentemente, il Washington Post di Katharine Graham, nata Meyers - e si sente Billy Graham aggiungere: "Se non si trova il modo di rompere questo controllo, il paese è rovinato". Graham, che oggi ha 83 anni, ha presentato le sue scuse: "Ho avuto torto. Avrei dovuto contraddirlo." Gli ebrei conservatori spiegano che quello che veniva rimproverato agli ebrei dei media era di essere di sinistra, non di essere ebrei.
    Al suo arrivo al potere nel maggio 1977, Begin  ha dovuto affrontare una crisi: due mesi prima il presidente Carter si era pronunciato per "i diritti dei palestinesi, ivi compreso quello ad una terra." La mano tesa di Begin agli evangelici americani ha un effetto immediato: intere pagine di pubblicità appaiono sulla maggior parte dei giornali importanti americani, in cui si dichiara che "E' venuto il tempo per i cristiani evangelici di riaffermare la loro fede nella profezia biblica e nel diritto divino d'Israele alla sua terra." I cartelloni fanno riferimento al ruolo dell'Unione Sovietica (comunista e atea!) nelle risoluzioni dell'ONU. Sono finanziati da un'organizzazione evangelica pro-sionista, l'Istituto di Gerusalemme per gli Studi sulla Terra Santa, e firmati da un gruppo di personalità evangeliche. "Si indirizzano direttamente al cuore dell'elettorato di Carter", spiega Jerry Strober, un vecchio collaboratore dell'American Jewish Committee, per il quale questa campagna è la prima significativa manifestazione dell'alleanza tra cristiani e israeliani. Il gruppo di Begin reagisce prontamente: quando nel 1980 l'influente pastore Bailey Smith, presidente della Convenzione dei Battisti del Sud, dichiara in un incontro evangelico di 15.000 persone a Dallas che "Dio non ascolta le preghiere degli ebrei", qualche settimanana più tardi gli viene organizzato un viaggio in Israele, dopo il quale Smith ritirerà le sue parole.
    I risultati di questa reciproca e assidua corte non si fanno attendere. Nel marzo 1985, per esempio, davanti all'Assemblea Rabbinica di Miami, Falwell promette di "mobilitare 70 milioni di cristiani conservatori a favore di Israele e contro l'antisemitismo." Fatto importante, riesce ad ottenere l'avvicinamento del potentissimo senatore Jesse Helms, presidente della Commissione degli Affari Esteri del Senato: un "colpo" politico i cui inestimabili effetti si fanno sentire ancora oggi.


L'apoteosi dei neo-conservatori cristiani ed ebrei sotto Reagan
Reagan, eletto nel 1980, è discretamente ma fermamente cristiano, e per di più è molto pro-israeliano. Con lui arrivano al potere due famiglie di pensiero in apparenza antinomiche, ma che tuttavia creeranno la base dell'alleanza ebreo-cristiana. Da una parte, è il momento in cui prendono importanza i grandi movimenti della destra religiosa, in reazione, certamente, agli eccessi degli anni 70, tra cui la delibera Roe v. Wade della Corte Suprema del 1973, con cui si autorizzava l'aborto a livello federale (fino a quel momento la decisione era lasciata ai singoli Stati). Viene vanificato il tentativo dell'Amministrazione Carter nel 1978 di abolire i vantaggi fiscali delle scuole private, il che decuplica le adesioni alla "Christian Coalition" di Pat Robertson e alla "Moral Majority" di Jerry Falwell. Il vocabolario politico di Reagan, accuratamente calibrato, attinge coscientemente dal linguaggio biblico. D'altra parte si assiste all'apoteosi dei neo-conservatori: questi intellettuali (molti ebrei, ma non tutti) provenienti dalla sinistra passano nel campo repubblicano e forniscono a Ronald Reagan sia l'armatura ideologica e intellettuale, sia una parte del suo governo. E' il caso dell'universitario Jeane Kirkpatrick, che il Presidente nomina suo ambasciatore alle Nazioni Unite dopo aver letto uno dei suoi articoli nel "Commentary", la rivista pubblicata dall'American Jewish Committee, roccaforte del neo-conservatorismo sotto l'autorità del suo redattore capo, Norman Podhoretz, che Reagn chiama regolarmente al telefono.
    L'amministrazione Reagan organizzerà regolarmente dei seminari per i suoi sostenitori della destra religiosa: tra gli invitati ci sono i gruppi di pressione ebrei AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) e AFSI (Americans For A Safe Israel). Anche se Bush padre, attorniato da petrolieri texani i cui interessi nell'Arabia Saudita l'allontanano da Israele, interrompe questa pratica, le vicissitudini delle Amministrazioni successive non arrestano affatto la luna di miele tra ebrei ed evangelici. Al contrario, la nuova generazione di attivisti cristiani, che non ha conosciuto questa alleanza, vi si consacra interamente senza riserve mentali: Ralph Reed, erede di Pat Robertson alla "Christian Coalition", che oggi è una delle stelle nascenti del partito repubblicano, confessa di essere lui stesso scioccato dagli sviamenti occasionali di uomini della generazione di Robertson o Smith. Ma per i cristiani americani di meno di 50 anni, il sostegno a Israele è diventato un riflesso fondamentale.
    Questa sorprendente relazione è ben lungi dall'operare a senso unico. Sono soprattutto degli attivisti ebrei quelli che, per esempio, hanno aiutato in modo decisivo a far rimettere all'ordine del giorno politico di Washington il problema delle persecuzioni contro le minoranze cristiane. L'ex direttore giuridico del Ministero delle Finanze dell'amministrazione Reagan, Michael J. Horowitz, si interessa dal 1995, nell'ambito dell'Istituto Hudson, della sorte dei cristiani perseguitati, e qualche volta massacrati, in paesi così diversi tra loro come l'Arabia Saudita, la Cina, l'Etiopia, l'Egitto o il Sudan, dove si stima che dal 1989 sono morti 700.000 cristiani. "Ho un argomento incomparabile per mobilitare le persone a cui preparo il seggio", spiega. Gli dico: "Io sono ebreo e mi occupo di queste minoranze cristiane, perché non fate niente?" Un altro associato di Hudson, l'intellettuale conservatore Marshall Wittman, anche lui ebreo, ha lavorato diversi anni come lobbysta per la Christian Coalition.


Con il divorzio, l'aborto e la pornografia i cristiani fondamendalisti hanno perso il fiato
"Più generalmente, i gruppi cristiani fondamentalisti traggono un vantaggio politico essenziale dalla riorganizzazione della loro agenda attorno a Israele," spiega un analista di Washington. "Sono stati creati vent'anni fa e hanno perso il fiato. Per quanto tempo si possono mobilitare le energie su temi come l'aborto, la lotta contro il divorzio o la pornografia, la violenza al cinema, che non si riescono a smuovere di un millimetro? Le loro truppe erano scoraggiate. La lotta per Israele invece, nel contesto generale della guerra contro il terrorismo e l'islamismo, e con una sinistra così violentemente antisemita, rimobilita il paese profondo. Non dico che questa sia l'unica ragione della loro scelta, e nemmeno la principale, ma è impossibile che non se ne siano resi conto".
    Nell'attesa, le iniziative si moltiplicano. Per esempio, l'Amicizia Internazionale Per i Cristiani e gli Ebrei, un'organizzazione che ha sede a Chicago ed è diretta dal rabbino canadese Yechel Eckstein, negli ultimi 7 anni ha raccolto 60 milioni di dollari per Israele, in massima parte da chiese evangeliche. L'estate scorsa un gruppo di congregazioni evangeliche americane ha raccolto 2 milioni di dollari per aiutare 400 ebrei americani e canadesi a fare la loro alià [ved. Notizie su Israele, n.104 e n.118]. La scorsa primavera i network della catena di televisioni cristiane americane hanno organizzato un telethon di 5 ore sulle vittime degli attentati suicidi. E le organizzazioni ebree più diffidenti cominciano ad aprire le loro porte e i loro giornali a questi nuovi difensori: l'Anti Defamation League, che nel passato era vicina a Pat Robertson, ha recentemente diffuso un editoriale di Ralph Reed.
    E dopo la manifestazione a Washington di venerdì 20 ottobre prossimo, il rabbino Eckstein spera di mobilitare 100.000 chiese nel mondo e un milione di cristiani per una giornata di preghiera per Israele.

(Proche-Orient.info, 11 ottobre 2002)



LA PAURA DEI MUSULMANI DAVANTI ALLE PROFEZIE BIBLICHE

    
 

Nei media arabi si può osservare che anche i musulmani hanno paura delle profezie bibliche. Sul giornale saudita Al-Watan è stato recentemente pubblicato un articolo sui "cristiani estremisti" negli USA che avrebbero influenza sul Pentagono. Che cosa intendono i musulmani per "cristiani estremisti"? Pensano a John Hagee, Pat Robertson, Roberta Combs, Jerry Falwell, Joyce Meyers, Jack Smith e molti altri che stanno dalla parte di Israele, sono repubblicani e sostengono completamente il Presidente George W. Bush. Il pericolo per la pace mondiale, secondo Al-Watan, è costituito da questi cristiani, e non da Osama bin Laden. "Un gruppo di leader cristiani vuole indurre il governo americano a mettere in pratica le profezie per Israele. Questi cristiani sono un pericolo per il Medio Oriente, perché impediscono ogni pace con i palestinesi", si dice nell'articolo del giornale saudita.

(da NAI-Israel heute, settembre 2002)


INDIRIZZI INTERNET


International Fellowship of Christians and Jews
Christian Coalition of America
Stand for Israel
Christians and Israel
Bridges For Peace
International Christian Embassy Jerusalem
Jews for Jesus
Ariel Ministries
A Jewish Christian Look
Christian Friends of Israel
The Friends of Israel Gospel Ministry
Christian Action for Israel
Vision for Israel
Vision pour Israël
Vision für Israel
Christliche Freunde Israels
Internationale Christliche Botschaft Jerusalem
Dienste in Israel
Deutschland an der Seite Israels
Die große Bedeutung Israels
Jerusalem Schalom