Notizie su Israele 141 - 5 dicembre 2002


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Così parla DIO, il Signore: Quando avrò raccolto la casa d'Israele in mezzo ai popoli fra i quali essa è dispersa, io mi santificherò in loro davanti alle nazioni, ed essi abiteranno il loro paese, che io ho dato al mio servo Giacobbe; vi abiteranno al sicuro; costruiranno case e pianteranno vigne; abiteranno al sicuro, quando io avrò eseguito i miei giudizi su tutti quelli che li circondano e li disprezzano; e conosceranno che io sono il SIGNORE, il loro DIO.

(Ezechiele 28:25-26)



GLI USA VOTANO CONTRO UNA RISOLUZIONE DELL'ONU


NEW YORK - Per la prima volta gli USA hanno votato contro una risoluzione dell'assemblea generale dell'ONU in cui si considera "nulla" una legge dello Stato israeliano che dichiara Gerusalemme capitale indivisibile d'Israele. Da anni le Nazioni Unite approvano questa risoluzione, e nelle precedenti votazioni gli USA si erano sempre astenuti.
    Martedì 3 dicembre, 154 paesi hanno approvato questa risoluzione contro la "legge di Gerusalemme", 6 si sono astenuti. Soltanto gli USA, Israele, la Micronesia, le isole Marshall e la Costa Rica hanno votato contro.
    Nel 1980 il governo Israeliano aveva approvato una legge fondamentale in cui si dichiara Gerusalmme "eterna e indivisibile capitale d'Israele". Nell'annuale risoluzione ONU si dice che tutte le azioni compiute "dalla forza occupante Israele" riguardo a Gerusalemme "sono da considerarsi nulle e non hanno alcuna validità".
    Alla fine dell'incontro di tre giorni a New York l'ONU ha rilasciato altre sei risoluzioni riguardanti il Medio Oriente. In esse, tra l'altro, viene criticata la politica del Primo Ministro israeliano Ariel Sharon e si invita Israele a ritirarsi dai territori dell'Autonomia Palestinese.
    Il delegato palestinese all'ONU, Nasser al-Kidwa, si è mostrato contento della risoluzione. D'altra parte è rimasto "scioccato" dal "No" degli USA alla "risoluzione su Gerusalemme". Ha detto che è "uno schiaffo in faccia" a tutti gli arabi, ai musulmani e ai cristiani.
    A differenza delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, queste risoluzioni non hanno forza giuridica. Rispecchiano tuttavia l'opinione dei singoli Stati sul conflitto mediorientale.

(israelnetz.de, 4.12.2002)



FILOPALESTINESI?


di Barbara Mella

    "Filopalestinesi", si definiscono: alla lettera, coloro che amano i palestinesi. E che cosa fanno per manifestare e concretizzare questo amore? Innanzitutto finanziano la dirigenza palestinese, che a sua volta finanzia il terrorismo, finanzia libri scolastici e programmi televisivi che aizzano all'odio, finanzia campi militari in cui i bambini vengono istruiti e addestrati all'odio e all'assassinio, finanzia l'apparato di polizia (o meglio, della dozzina di polizie) che partecipano attivamente alla macellazione degli israeliani. In secondo luogo organizzano cortei in cui vengono bruciate bandiere israeliane, vengono scanditi slogan di odio o amenità come "Palestina, vogliamo tutto: Israele dev'essere distrutto"; in cui, soprattutto, il terrorismo palestinese viene "compreso" e in larga misura giustificato. In terzo luogo scrivono articoli - se giornalisti - o lettere ai giornali - se lettori. Scrivono trasformando gli eventuali errori israeliani in crimini, o anche inventando crimini del tutto inesistenti; scrivono manipolando le notizie, spacciando per fatti le loro faziose interpretazioni dei fatti, omettendo notizie importanti quando queste potrebbero mettere in cattiva luce la parte palestinese. In quarto luogo vanno nei Territori a incontrare vari dirigenti palestinesi e a raccogliere e riportare amorosamente ogni loro respiro, e a fare loro da scudo contro l'esercito israeliano che tenta di smantellare le strutture del terrore.
    Qual è il risultato di queste manifestazioni di amore? Che i terroristi palestinesi, "compresi", giustificati, sostenuti, incoraggiati, in alcuni casi anche protetti, si sentono legittimati a continuare e intensificare la loro attività, rifiutando ogni compromesso e ogni possibilità di dialogo. Che Israele, in conseguenza di ciò, si chiude sempre di più alla comprensione nei confronti della sofferenza palestinese, ed è costretto a portare sempre più a fondo la sua guerra contro il terrorismo che, inevitabilmente, finisce per colpire anche chi terrorista non è. Che la nascita di uno stato palestinese e la pace e la prosperità per il popolo palestinese si allontanano sempre più. Che il macello continua, da entrambe le parti.
    Sembra che non si siano mai accorti, questi sedicenti filopalestinesi, che nessuno ha mai pensato alla possibilità di uno stato di Palestina: non l'impero romano, non l'impero ottomano, non la Gran Bretagna mandataria, non gli attuali stati arabi. Nessuno, tranne Israele. Sembra che non si siano mai accorti che nessuno, tranne Israele, ha mai trattato i palestinesi come cittadini detentori di qualche diritto e di qualche garanzia di legge. Sembra che non si siano mai accorti che nessuno, tranne Israele, si è mai preoccupato del bene dei palestinesi. Sembra che non si siano mai accorti che loro, i filopalestinesi, stanno dalla parte di chi da oltre mezzo secolo impedisce la nascita dello stato di Palestina, dalla parte di chi da oltre mezzo secolo tiene centinaia di migliaia di palestinesi rinchiusi, in condizioni disumane, nei campi profughi, di chi manda i bambini palestinesi al macello, di chi ha rubato i loro soldi, distrutto il loro presente e annientato il loro futuro. Sembra che non si siano mai accorti che noi, i filoisraeliani, stiamo dalla parte di chi accoglie nel proprio stato un milione e mezzo di palestinesi, li cura nei propri ospedali, paga gli avvocati d'ufficio che li difendono, offre loro garanzie legali di cui nessun arabo, in nessuno stato arabo, può godere; stiamo dalla parte di chi offre ai palestinesi posti di lavoro e mezzi di sostentamento; stiamo da parte di chi ha offerto loro uno stato e la pace. A qualcuno potrà forse apparire un paradosso, ma gli unici veri filopalestinesi in realtà siamo noi: i filoisraeliani. Lo abbiamo detto anche a una nota europarlamentare. Che si è degnata di rispondere. Con due parole: "povera piccola".

(informazione corretta, 5.12.2002)



GRUPPI PALESTINESI MINACCIANO ALTRI ATTENTATI


    Tre gruppi armati palestinesi promettono di continuare gli attentati contro Israele e condannano con forza i tentativi da parte di alcuni esponenti dell'Autorita' Palestinese di arrivare a una tregua.
    Rappresentanti delle organizzazioni terroristiche palestinesi Jihad Islamica (fondamentalisti), Fronte Democratico e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina si sono incontrati a Gaza per discutere gli ultimi sviluppi, soprattutto alla luce degli appelli lanciati da alcuni esponenti dell'Autorita' Palestinese per una cessazione degli attentati, per lo meno temporanea e limitatamente ai civili all'interno di Israele. Alla riunione non erano presenti rappresentanti di Hamas, il maggiore gruppo fondamentalista palestinese. Secondo fonti palestinesi, Hamas non e' stata invitata a causa dei colloqui che ha intrattenuto al Cairo nel mese scorso con rappresentanti di Fatah, dell'Autorita' Palestinese e del governo egiziano, ufficialmente su un'ipotesi di tregua degli attentati all'interno di Israele per lo meno durante il periodo della campagna elettorale israeliana. I colloqui al Cairo dovrebbero riprendere la prossima settimana, ma Hamas ha gia' seccamente smentito d'aver accettato di discutere una tregua.
    Jamil Majdalawi, esponente di spicco del FPLP nella striscia di Gaza, ha dichiarato che il popolo palestinese e' deciso a continuare la lotta armata "perche' e' l'unico modo per ristabilire i nostri diritti", e ha proposto la formazione di una leadership unificata palestinese che guidi la lotta. "Nonostante le pressioni internazionali - ha detto Majdalawi - l'intifada continuera' fino al raggiungimento dei suoi obiettivi".
    Muhammad al-Hindi, un leader della Jihad Islamica palestinese nella striscia di Gaza, ha affermato che nessun palestinese puo' firmare un accordo con Israele che comporti la rinuncia del "diritto al ritorno di tutti i profughi" (e loro discendenti all'interno di Israele) o la rinuncia al controllo su Gerusalemme: "Il nostro popolo e' deciso a fronteggiare i piani sionisti volti a dominare tutto il Medio Oriente - ha detto al-Hindi - e l'intifada segna piu' punti a nostro favore che punti contro: ecco perche' sionisti e occidentali sono tanto preoccupati".
    Il rappresentante del FDLP, Saleh Zeidan, ha spiegato che la strategia dell'intifada armata consiste nel condurre una guerra di logoramento contro Israele.
    Nel frattempo il presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat e il suo consigliere Bassam Abu Sharif hanno chiesto lunedi' al Quartetto Usa, UE, Russia e Onu di fare pressione su Israele affinche' cessi immediatamente le sue operazioni militari anti-terrorismo nelle citta' palestinesi, sostenendo che Israele con queste operazioni cerca di compromettere gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco (parziale e temporaneo).
    Parlando alcuni giorni fa negli Stati Uniti, il capo di stato maggiore israeliano Moshe Ya'alon aveva invece accusato Arafat d'aver deliberatamente impedito a due importanti esponenti dell'Autorita' Palestinese, Muhammad Dahlan e Mahmoud Abbas (Abu Mazen), di raggiungere un accordo con Hamas per una cessazione degli attentati di almeno tre mesi.

(israele.net, 3.12.02 - dalla stampa israeliana)



«I CAPI DELL'AUTONOMIA PALESTINESE HANNO FALLITO»


RAMALLAH - Il capo del gruppo terroristico radicale Fatah in Giudea e Samaria, Marwan Barghouti, ha rimprovarato alla direzione dell'Autonomia Palestinese (AP) di avere fallito nella lotta contro Israele. Barghouti, che è considerato la guida della cosiddetta "intifada" palestinese, chiede inoltre per la prima volta un cambio nella direzione dell'AP.
    "E' tempo che molti leader palestinesi lascino i loro posti, dopo che hanno fallito nelle loro decisioni e nella loro responsabilità in questa decisiva lotta", ha dichiarato Barghouti in uno scritto fatto circolare attraverso un avvocato. Nello stesso tempo il capo dell'"intifada" ha sottolineato che "la resistenza della popolazione palestinese contro l'occupazione israeliana è un sacro diritto" che deve essere mantenuto.
    Barghouti è stato arrestato nell'aprile di quest'anno durante un'operazione militare israeliana. Israele accusa Barghouti di diversi omicidi e tentativi di omicidio, e della progettazione di attentati terroristici che hanno causato la morte di 26 israeliani.
    Osservatori politici considerano le dichiarazioni di Barghouti un attacco diretto contro il capo dell'OLP, Yasser Arafat.

(israelnetz.de, 4.12.2002)



LA STAMPA ARABA E IL SERIAL ANTISEMITA "UN CAVALIERE SENZA CAVALLO" (II)


I canali egiziani e di altre televisioni in tutto il mondo arabo continuano la trasmissione dei 41 episodi del serial della televisione egiziana "Il cavaliere senza cavallo". La discussione in corso nei media arabi a proposito del serial sta salendo di tono; ogni giorno appaiono sulla stampa nuovi articoli sul serial, sulle proteste di Israele e degli Stati Uniti contro la sua trasmissione, sull'antisemitismo e sull'autenticità dei "Protocolli dei saggi di Sion". Ecco gli estratti di alcuni articoli della stampa araba relativi al serial (per una sintesi della trama, si veda l'appendice a questa analisi).


La tesi sulla libertà di espressione non regge

La maggioranza dei commentatori e degli editorialisti si è schierata a favore della trasmissione del serial; alcuni, tuttavia, hanno espresso disappunto per l'uso dei Protocolli da parte dei media arabi. Daoud Shirian, un editorialista saudita del quotidiano arabo-londinese Al-Hayat, ha affrontato l'argomento che la diffusione del serial sia una prova della libertà di espressione in Egitto:"… La nostra posizione di egiziani e arabi, in difesa del serial, sembra debole, perché basata sul diritto di [libertà] d'espressione. Nello stesso Egitto, un avvertimento [del governo] è stato inviato ieri al canale satellitare Dream [che trasmette il serial], sulla questione di un programma politico [in cui l'anziano giornalista Hasanayn Heikal ha discusso la questione di chi sarà il successore del presidente Mubarak]. In molti paesi arabi, quotidiani, uffici di canali satellitari e agenzie di notizie vengono chiusi. Quindi, basare le nostre [argomentazioni] sui princìpi della libertà di espressione... non serve ai nostri interessi... Finché i media arabi restano 'ufficiali', l'America e altre [nazioni] continueranno ad interferire nei suoi affari e a violare la loro sovranità" (1).


Quando gli arabi dicono "Noi siamo semiti", l'Occidente ride

Anche l'intellettuale egiziano Mamoun Fendi, che vive e scrive negli Stati Uniti, ha confutato l'argomento della "libertà egiziana di espressione". Tuttavia, il suo articolo si è principalmente occupato di un'altra affermazione emersa ripetutamente sui media arabi: che gli arabi sono semiti e quindi non possono essere antisemiti. Fendi ha scritto: "Quando gli arabi rispondono alle accuse di antisemitismo con l'argomento 'noi siamo semiti', l'Occidente ride... perché il termine 'antisemitismo', com'è inteso qui in Occidente, non è il risultato di una classificazione antropologica delle razze... Il 'semitismo' del concetto di 'antisemitismo'... è collegato prevalentemente agli olocausti ebraici in Europa, cioè all'odio verso quel popolo [gli ebrei], che ha portato direttamente alle camere a gas in cui gli ebrei furono cremati. Quindi, quando qualche arabo dice 'Noi siamo semiti', l'uomo comune [chiede]: 'Quando esattamente sono stati cremati, gli arabi, nelle camere a gas d'Europa, e come sono collegati a ciò? Naturalmente gli arabi non sono stati cremati dai nazisti. Quindi, l'affermazione degli arabi che essi sono 'semiti' è... un tentativo di spingersi nella storia di qualcun altro…".
"[In Occidente] ci sono ... alcuni che chiedono se questo tentativo [arabo] di scrollarsi [le accuse di antisemitismo] sia collegato alla negazione araba di questa storia, e perciò restano nelle stesse schiere dei neo-nazisti d'Europa, che negano l'esistenza delle camere a gas e dell'Olocausto... Mentre la Germania si purifica di questo crimine storico, troviamo che alcuni arabi celebrano l'evento [cioè l'Olocausto]..."(2).


La stampa egiziana in gran parte a favore del serial

La stampa egiziana è apparsa in gran parte a favore del serial. Un editoriale intitolato "No al terrorismo ideologico", apparso sul quotidiano governativo Al-Akhbar, ha affermato: "Quelli che gettano dubbi sull'autenticità dei "Protocolli dei saggi di Sion" sostengono che a compilarli sia stata [la polizia segreta] dello zar russo Nicola II, con lo scopo di addossare agli ebrei la responsabilità delle sofferenze della Russia del suo tempo. Secondo loro, i Protocolli furono la giustificazione di Hitler per la costruzione delle camere a gas!!... La questione più importante è: in pratica, non cerca, il sionismo, di prendere il controllo del mondo con il denaro, l'assassinio, il sesso e con [altri] più disprezzabili mezzi, principalmente nella nostra generazione?" (3).

Nella stessa edizione dell'Al-Akhbar c'era un articolo del Fatma Abdallah Mahmoud, che ad aprile 2002 aveva pubblicato un articolo che rimproverava Hitler per non aver finito il lavoro di annientamento degli ebrei (4). Mahmoud ha scritto: "Quegli assassini [gli ebrei], quei macellai, criminali di guerra, sanguisughe, nemici di tutta l'umanità... non smettono mai di suonare il loro disco consumato, la stessa accusa zoppa e la stessa stonata melodia non basata su nessun fondamento di verità, cioè che noi siamo antisemiti!!".

"Questa accusa è diventata nient'altro che una banale barzelletta, che risveglia disprezzo e ripulsa e rivela la loro assoluta ignoranza in tutte le cose che riguardano le fondamenta più semplici della loro religione. Come possiamo essere antisemiti quando noi siamo semitici in origine, ancora più semitici di loro? I nostri padri e nonni erano semiti. Possiamo essere ostili verso noi stessi? Noi non siamo pazzi, e non siamo afflitti da schizofrenia, per cui dovremmo odiare noi stessi…".

"Se solo quegli assassini di bambini che si rifugiano nelle braccia dei loro padri, che aprono i ventri di donne incinte e spargono i loro feti e i loro intestini in tutte le direzioni, quei criminali di guerra le cui mani grondano dalla testa all'alluce [sic] del sangue di palestinesi innocenti: se solo aprissero un po' i libri di storia e leggessero questa semplice frase che esprime fedelmente la verità e la realtà: 'I musulmani sono di origine semitica...".

"La verità incontrovertibile è che i 'Figli di Sion' sono gli antisemiti e i nemici di tutta l'umanità... Quel che li incrimina più di qualsiasi altra cosa e li accusa di antisemitismo e inimicizia verso l'umanità è

prosegue ->
il libro…satanico nel suo sangue e disgustoso nella sua viltà, chiamato 'I Protocolli dei saggi di Sion'... Il libro dei protocolli sprizza veleno e odio verso tutti i non-ebrei che vivono sulla faccia della terra!!…". L'articolo di Mahmoud continua, citando estratti dei Protocolli (5).

Al contrario, l'editorialista dell'Al-Akhbar, Wagih Abu Zikra, ha scritto che lui " tende a rifiutare la tesi che gli ebrei siano collegati a questo libro…". Ed ha continuato: "Israele, e anche la maggior parte degli ebrei del mondo, attuano il piano dei Protocolli, siano stati o meno scritti dai rabbini, li abbiano letti o meno i terroristi ebrei" (6).

Sul quotidiano governativo egiziano Al-Ahram, gli articoli a favore del serial sono apparsi a fianco di altri articoli che lo condannano. Zeinab Al-Imam ha espresso la sua "gratitudine eterna a chiunque abbia partecipato a questo lavoro e abbia aiutato a completarlo. Gratitudine eterna e una speciale benedizione al cavaliere, l'eroe della storia [l'attore Muhammad Subhi], che ha afferrato l'importanza di trasformare l'arte in un'arma da utilizzare in modo consapevole e agitarla in faccia al nemico; è l'arma che non versa sangue, ma illumina le menti..." (7).

In un articolo intitolato "I Protocolli dei saggi di Sion – Verità e illusione", anch'esso pubblicato sull'Al-Ahram, Hazem Abd Al-Rahman ha scritto: "…Noi non odiamo il popolo israeliano e non odiamo la parte ebraica di questo popolo... E' allora giusto basare [il serial] su [questo] contraffatto, bellicoso e falso materiale?" (8).

Ma, la maggior parte degli autori degli articoli pubblicati sull'Al-Ahram ha dissentito da Abd Al-Rahman, ed ha espresso sostegno al serial. Muhammad Salleh ha scritto: "… Essi [gli ebrei] sono riusciti ad evitare la rappresentazione del meraviglioso lavoro di Shakespeare 'Il mercante di Venezia' nei teatri d'Europa e d'America, [ma] non riusciranno ad imporre la loro posizione al mondo arabo... E' la beffa più stupida, ma rivela l'estensione dell'arroganza in Israele e negli Stati Uniti, il loro patron…" (9).


Un articolo di Magdi Salem che è stato pubblicato su Aqidati, un settimanale religioso edito dal quotidiano governativo egiziano Al-Gumhouriya, ha affermato: "Due libri hanno avuto un'influenza distruttiva sulla storia del genere umano... Il primo è stato 'Il Principe' di Machiavelli e il secondo 'I Protocolli dei saggi di Sion…".

"Il libro dei 'Protocolli dei saggi di Sion', con il quale gli ebrei negano qualsiasi collegamento, e sostengono che sia stato forgiato dalla polizia segreta zarista centinaia di anni fa, stabilisce le regole e le politiche di base adottate da un gruppo di esseri umani che pensano che solo a loro sia stata concessa la promessa di Dio di ereditare la terra e i suoi abitanti... Gli ebrei negano di avere queste idee di base, ma sempre - quando c'è un reato – si punta il dito verso chi si ritiene che ne guadagni. Gli ebrei hanno tratto giovamento da tutto quello che è accaduto alla razza umana anche in tempi antichi. Essi hanno acceso il fuoco delle guerre dai tempi antichi; sono loro che oggi controllano tutte le grandi forze politiche nel mondo, che agiscono ovunque a loro vantaggio; sono loro che intraprendono offensive contro chiunque dissenta da loro o contesti i loro metodi. La parola 'antisemitismo' è diventata un'accusa preconfezionata [diretta] a chiunque si azzardi a resistere a loro" (10).


I media arabi di tutto il mondo prendono posizione

Il dibattito sul serial si riflette anche sui media arabi pubblicati in tutto il mondo.

Sul quotidiano saudita Al-Riyadh, Abd Al-'Aziz Al-Sweid ha scritto: " L'attacco [mirato] a sradicare i 'Protocolli dei saggi di Sion' ha infuriato per qualche tempo...Lo scopo è di discolpare gli ebrei, a dispetto di ciò che le loro mani stanno facendo in questo periodo, anche se abbiamo già dimenticato il passato, principalmente dopo che gli assassini dei profeti [gli ebrei] ricevettero la dispensa [dal papa] per il versamento del sangue di Nostro Signore Gesù, benché essi abbiano cercato di ucciderlo, come prova il Corano... Gli editori arabi in tutto il mondo hanno un obbligo religioso ed etnico: stampare, senza considerare profitti o perdite, i 'Protocolli dei saggi di Sion', in edizioni economiche popolari, in arabo e in [altre] lingue, compreso l'ebraico. Io invito i proprietari di canali satellitari e ufficiali arabi a trasmettere il serial 'Il cavaliere senza cavallo'...I 'Protocolli dei saggi di Sion' sono veri, e chi ne dubita è invitato a leggerli e a vedere quali si siano avverati e in quale modo. Egli troverà che lo stesso tentativo ora in corso di sradicare i 'Protocolli' compare nei 'Protocolli'..."(11).


Sul quotidiano arabo-londinese Al-Sharq Al-Awsat, Ahmad Abbas Salleh ha scritto che non ci si dovrebbe aspettare che gli arabi si comportino obiettivamente quando sono coinvolti gli ebrei: "…Questo è il secondo tentativo di bloccare opere egiziane che essi [gli americani] considerano incitamento [e] odio antiebraico. Alcuni mesi fa, lo scrittore egiziano Adel Hamooda ha scritto un articolo sull'Al-Ahram in cui ha esaminato la vecchia storia di come gli ebrei uccidevano un bambino non ebreo e ne mescolavano il sangue nei dolci mangiati come rituale religioso"(12).

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Note:
(1) Al-Hayat (Londra), 6 novembre 2002.
(2) Al-Sharq Al-Awsat (Londra), 11 novembre 2002.
(3) Al-Akhbar (Egitto), 12 novembre 2002.
(4) Vedi MEMRI, Servizio speciale N. 375, 3 maggio 2002, "Un editorialista del giornale governativo egiziano a Hitler: 'Se solo l'avessi fatto, fratello' ''.
(5) Al-Akhbar (Egitto), 12 novembre 2002.
(6) Al-Akhbar (Egitto), 8 novembre 2002.
(7) Al-Ahram (Egitto), 6 novembre 2002.
(8) Al-Ahram (Egitto), 6 novembre 2002.
(9) Al-Ahram (Egitto), 9 novembre 2002.
(10) Aqidati (Egitto), 5 novembre 2002.
(11) Al-Riyadh (Arabia Saudita), 5 novembre 2002.
(12) Al-Sharq Al-Awsat (Londra), 8 novembre 2002.


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Appendice:

Il cavaliere senza cavallo – Sintesi della trama

Il 9° episodio è stato il primo in cui sono apparsi gli ebrei: un gruppo di religiosi ebraici si incontrano in una stanza buia per discutere un problema: una copia dei 'Protocolli dei saggi di Sion' è stata contrabbandata in Egitto e gli ebrei temono che gli egiziani leggano il libro e concludano che gli ebrei stanno cercando di fare in Egitto quel che hanno fatto in Russia. Gli ebrei vanno a parlare con la francese "Principessa Margaret", moglie del comandante britannico, che essi pensano abbia il libro. Glielo chiedono, ma lei nega di conoscerlo. Allora le chiedono di non costringerli ad estorcerlo, e lei grida loro di non minacciarla e li caccia dalla stanza. Dopo che se ne sono andati, Margaret prende il libro e lo nasconde in un cassetto. All'improvviso, appare l'eroe del serial, Hafez Nagib; era nascosto nella stanza durante lo scambio e ha sentito tutto. Quando Margaret esce, Hafez raccoglie il libro, che è in russo.

Nel 10° episodio, gli ebrei si incontrano in una stanza buia decorata con simboli ebraici, come un menorah con candele che bruciano. Discutono l'istituzione di uno stato ebraico in Palestina e dibattono se la Gran Bretagna li aiuterà o meno a stabilire una patria ebraica in Palestina, dato che s'era astenuta dall'istituire uno stato ebraico nel Sinai. La maggior parte degli ebrei sostengono che la Gran Bretagna abbia un interesse ad istituire un tale stato in Palestina per separare l'Egitto e la Grande Siria, evitando così l'unità araba o musulmana.

Nel 12° episodio, gli ebrei rapiscono Hafez per strada per forzarlo a consegnar loro il libro preso da Margaret. Trattano con lui e lo informano che il libro contiene una formula innovativa per fare il sapone.. Nagib accetta di consegnare il libro in cambio di 200 lire. Prende il libro dalla casa di Margaret e si incontra con un gruppo di egiziani, ai quali riferisce di essere riuscito a decifrare solo il nome del libro –'I Protocolli dei saggi di Sion' - e che deve apprendere quel che vi è dentro. Egli non crede all'affermazione degli ebrei sulla formula del sapone, e dichiara: "Che hanno a che fare i saggi di Sion con il sapone?".

(The Middle East Media Research Institute, 27.11.2002)



UN MIGLIAIO DI RISTORANTI CHIUSI NEGLI ULTIMI DUE ANNI


di Ronit Morgenstern

    Il settore di ristorazione d'Israele è nei guai – questa è la conclusione di un rilevamento speciale condotto per conto Associazione Israeliana Ristoratori. L'ispezione rivela che nel corso degli ultimi due anni, circa mille ristoranti e bar hanno chiuso i battenti. Nella sola regione di Tel Aviv, cinque ristoranti alla settimana, in media, hanno cessato le attività.
    Secondo i risultati di questo esame, rilevati dalla B.D.I. (Business Data Israel), nel paese vi sono attualmente circa 8.000 ristoranti, che danno lavoro a circa 100.000 persone (di cui 77.000 salariati). Gli impiegati nel settore costituiscono all'incirca il 3% degli impiegati nel settore commerciale. Gli analisti del B.D.I. valutano che il numero dei lavoratori dei ristoranti precipiterà entro la fine di quest'anno.
    Oren Schnabel, uno dei capi dell'Associazione Israeliana Ristoratori, afferma: "Per ogni ristorante che chiude, il risultato è che decine di lavoratori sono licenziati e vengono a cessare i mezzi di sussistenza di altre decine di fornitori di beni e servizi... Israele deve agevolare questo settore, in modo da prevenire la chiusura di ulteriori ristoranti – ad esempio, ridurre le tariffe dell'elettricità, le tasse comunali e cose simili".
    La crisi che colpisce il settore della ristorazione è stata in gran parte provocata dalla recessione dell'economia israeliana, dalla precaria situazione della sicurezza ed dal calo del turismo. Parallelamente, la necessità di impiegare addetti alla sicurezza ha causato un aumento delle spese di gestione dei ristoranti e dei bar.
    Secondo le cifre del rilevamento, si calcola che quest'anno vi sarà un calo del 30% nelle vendite del settore di ristorazione, in confronto allo scorso anno: 18 miliardi di shekel, paragonati ai 25 miliardi del 2001. Il fatturato dei ristoranti costituisce il 3% del fatturato totale del settore commerciale israeliano, esclusa l'industria diamantifera.

(Ma'ariv, 26.11.2002 - Fonte italiana: Keren Hayesod)



GERUSALEMME IN CRISI


di Yaniv Pohorils

Sono state rese note le ultime cifre sulla situazione di declino del settore commerciale di Gerusalemme: il 70% delle aziende della città sta attraversando difficoltà economiche; 2.000 sono le aziende che hanno chiuso i battenti dall'inizio dell'intifada; 3.000 lavoratori salariati sono stati licenziati. Le previsioni: altre 2.000 aziende potrebbero scomparire entro la fine del prossimo anno.

GERUSALEMME, 15.11.2002 - Questa settimana è stato consegnato all'Unione Nazionale dei Commercianti un resoconto speciale, che esamina la situazione commerciale a Gerusalemme. Il resoconto, preparato dallo E.C.S., prende in esame le attività commerciali durante l'anno 2002 (fino a settembre), rivelando la difficile situazione in cui si trovano le aziende della città.
    Nella sezione preliminare, che esamina l'impatto dell'intifada sugli esercizi commerciali di Gerusalemme, il resoconto evidenzia il fatto che delle 12.000 aziende attive nella città all'inizio di ottobre del 2000, circa 2.000 (il 16%) hanno chiuso i battenti.
    Il resoconto si occupa essenzialmente della situazione di quelle aziende che sono riuscite a sopravvivere malgrado le avversità, descrivendo il modo in cui esse affrontano la proccupante recessione e la situazione della sicurezza. Il materiale è suddiviso per argomenti.


Il 70% si trova in difficoltà

    Attualmente, 7.000 aziende – rappresentanti il 70% di tutti gli esercizi commerciali di Gerusalemme – si trovano in difficoltà economiche. La situazione economica del 20% di esse è definita "disperata", il 30% è in condizioni abbastanza buone ed un altro 20% viene descritto come solo leggermente toccato dalla crisi.
    Ezra Attiya, presidente dell'Unione Nazionale dei Commercianti, spiega il significato di tali cifre: "Il 20% di coloro in difficoltà economiche disperate hanno accumulato perdite per un periodo di diversi mesi. Molte di queste aziende si trovano in doppia difficoltà, poiché sono nell'impossibilità di chiudere i negozi, a causa di contratti di affitto a lungo termine. Il 30% delle aziende catalogate in condizioni abbastanza buone, hanno subito un calo del 20% - 25% nel giro di affari, rispetto allo stesso periodo durante lo scorso anno. Le altre, le cui difficoltà economiche vengono definite "leggere", hanno registrato un calo del fatturato del 10% - 15%".
    Il resoconto aggiunge che 3.000 gerosolimitani sono andati quest'anno ad ingrossare le file dei disoccupati, sia perché le aziende in cui erano impiegati hanno chiuso i battenti, sia perché esse si sono trovate in tali difficoltà da costringerne il licenziamento.


Gli albergatori sono i più duramente colpiti

    Mercoledì, l'Ufficio di Coordinamento delle Organizzazioni Economiche di Gerusalemme ha tenuto una seduta straordinaria, di cui il resoconto è stato l'argomento principale. L'Ufficio di Coordinamento ha rilevato una correlazione fra ciò che sta accadendo nei diversi settori e la situazione degli affari nella città, come è stato dettagliatamente spiegato da coloro che hanno preso parte alla discussione. Il direttore generale della Confindustria di Gerusalemme, Yoel Biala, ed il presidente dell'associazione, Moti Teperberg, hanno annunciato nel corso della seduta che essi si aspettano che venga applicata la decisione del Primo Ministro Ariel Sharon, riguardante il ripristino delle agevolazioni fondiarie ai conglomerati industriali delle zone periferiche, comprese le aree industriali di Gerusalemme. Sebbene il Primo Ministro abbia deciso di ripristinare tali agevolazioni, la questione deve essere ancora approvata dal governo.
    Rachel Goldberg, presidente dell'Associazione degli Albergatori di Gerusalemme ha rivelato le cifre deprimenti riguardanti il turismo: i pernottamenti dei turisti nella città sono diminuiti dell 82%, e 3.000 impiegati del settore ne hanno pagato il prezzo.
    Tutti i settori hanno richiesto assistenza al Comune di Gerusalemme ed ai vari ministeri. L'Unione dei Commercianti ha formulato richieste di assistenza per prevenire il collasso di altre aziende: agevolazioni continuate nel pagamento delle tasse municipali e congelamento delle tariffe per il 2003; creazione di un fondo prestiti per aziende in difficoltà, assistenza governativa nelle spese supplementari di sicurezza ed esenzione IVA per i turisti locali negli alberghi di Gerusalemme.
    I rappresentanti dei vari settori hanno aggiunto che, in mancanza di aiuti significativi, altre 2.000 aziende si troveranno costrette a cessare le attività.


Percentuali di contrazione del fatturato a Gerusalemme
negli ultimi 18 mesi



Trasporti e guide per turismo entrante 80%
Negozi al dettaglio per turisti, Judaica e gallerie d'arte   
75%
Computer e servizi di elaborazione dati 
45%
Agenzie immobiliari 
40%
Negozi di mobilio 
40%
Ristoranti e Bar 
40%
Cosmetica e Saloni di Bellezza 
38%
Servizi di trasporti mezzo camion 
35%
Servizi vari (riparazioni domestiche e ristrutturazioni) 
35%
Abbigliamento e calzature 
35%
Articoli casalinghi e da regalo 
30%
Elettrodomestici 
25%
Alimentari 
18%
Chioschi e Mense 
15%

(Keren Hayesod, 2.11.2002)


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