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Notizie su Israele 396 - 28 luglio 2007

1. Piccoli martiri assassini della Jihad
2. Se Israele sparirà dalla carta geografica
3. Scende il sostegno al terrorismo, tranne nell'ANP
4. La prima donna scriba dopo trecento anni
5. Resistenza «antimissione» in Israele
6. Libri
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Geremia 17:5-6. Così parla il Signore: «Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si allontana dal Signore! Egli è come una tamerice nel deserto: quando giunge il bene, egli non lo vede; abita in luoghi aridi, nel deserto, in terra salata, senza abitanti.»
1. PICCOLI MARTIRI ASSASSINI DELLA JIHAD




Così Hamas educa i bambini palestinesi a uccidere gli ebrei

di Giulio Meotti

ROMA - Queste sono alcune delle poesie jihadiste propagate negli anni scorsi dalla televisione palestinese.

"Madre amatissima, sii felice del mio sangue",
"Quanto è dolce la shahada, com'è dolce il profumo del martirio, vado senza lacrime, senza paura, seguitemi",
"Con la tua morte hai portato vita alla nostra volontà",
"Con gioia morirò da martire",
"Milioni di Shahids in marcia per Gerusalemme",
"Porterò la mia anima sul palmo della mano e la getterò nell'abisso della distruzione".

Hamas ha sviluppato una pedagogia dell'annientamento ebraico, dove i figli di Israele sono ritratti come "cani" da abbattere con il martirio. Questa sanguinaria propaganda che spinge i bambini a immolarsi contro Israele, si è recentemente incarnata in due programmi di grande successo: il topo Farfur e l'ape Nahal. I terroristi che fanno strage di israeliani devono essere indicati come eroi e modelli per la società, e questa è la seconda componente dell'opera di creazione di terroristi suicidi fatta dall'Autorità palestinese. Nella società palestinese non sembrano esistere eroi e modelli più grandi dei terroristi suicidi. Campi estivi per bambini vengono intitolati a Wafa Idris e Ayyat Al Achras, terroriste suicide. Eventi sportivi vengono normalmente intitolati a terroristi suicidi, come quel campionato di calcio per quattordicenni cui è stato dato il nome di un terrorista che quattro anni fa massacrò 31 israeliani nell'attentato di Pasqua al Park Hotel di Netanya. Recentemente il ministero della Cultura dell'Autorità Palestinese ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata a Hanadi Jaradat, la terrorista che fece strage di 21 israeliani, ebrei e arabi, in un ristorante di Haifa.
    Tornando ai due nuovi personaggi, Farfur è un topolino che insegna ai bambini a uccidere gli ebrei. L'emittente di Hamas Al Aqsa due settimane fa ha trasmesso l'ultima puntata di una serie che ha per protagonista il pupazzo Farfur. Nell'ultimo sketch, questo topolino viene picchiato a morte da un funzionario israeliano che vuole acquistare la terra palestinese contro la sua volontà. Il nonno di Farfur affida al nipote dei documenti dicendogli che "provano che la terra è nostra", la magica terra "coperta di fiori, ulivi e palme", occupata "nel 1948 dagli sporchi, criminali ebrei saccheggiatori". Farfur chiede: "Che terra, nonno?". Risposta: "La terra si chiama Tel Al Rabi, ma gli ebrei la chiamano Tel Aviv da quando l'hanno occupata". Il nonno consegna a Farfur "la chiave che userai quando la terra sarà riconquistata". Nella scena dopo compare il funzionario israeliano che interroga Farfur: "Abbiamo saputo che tuo nonno ti ha affidato le chiavi e i documenti della terra. Farfur, vogliamo comprare la tua terra, ti daremo un sacco di soldi e ci prenderemo i documenti". "No – risponde Farfur – noi non siamo gente che vende la propria terra a dei terroristi". "Farfur, dammi i documenti", insiste l'attore. "No, non ve li darò, non ve li darò", grida il pupazzo. L'attore picchia Farfur gridando: "Dammi i documenti". Farfur, sotto i colpi, continua a gridare: "Non li darò a degli odiosi terroristi, a dei criminali". Continua a picchiarlo, mentre Farfur grida "basta, basta!". Una bambina di nome Sara, che conduce il programma da studio, commenta: "Miei piccoli amici abbiamo perduto il nostro amatissimo amico Farfur. È diventato martire difendendo la sua terra. È diventato martire per mano di criminali e assassini che uccidono bambini innocenti". Chiama Shaimaa, ha tre anni. Sara chiede: "Hai visto, gli ebrei hanno fatto morire Farfur come un martire. Che cosa vorreste dire agli ebrei?". La voce della bimba al telefono risponde: "Non ci piacciono gli ebrei perché sono cani, li combatteremo". Sara interviene con tono sarcastico. "Ma no, Shaimaa. Gli ebrei sono buoni, gli ebrei sono nostri amici e noi giochiamo con loro, non è così?". La piccola ascoltatrice: "Hanno ucciso Farfur!". Sara sorride: "Hai ragione, Shaimaa, gli ebrei sono criminali e nemici, dobbiamo buttarli fuori dalla nostra terra".
    Morto Farfur per mano degli ebrei perfidi, il nuovo protagonista della tv di Hamas è un'ape di nome Nahul e si è presentata alla conduttrice del programma dicendo d'essere il cugino di Farfur e di voler "continuare sulla strada di Farfur… la strada del martirio, dei guerrieri della jihad". "In suo nome ci prenderemo la nostra vendetta sui nemici di Allah, sugli assassini di profeti…". La stessa conduttrice, Sara, dice: "E tu chi sei? Da dove vieni?". L'ape Nahul: "Sono Nahul. Voglio essere con te in ogni puntata di 'Pionieri di domani', proprio come Farfur. Voglio continuare sulla strada di Farfur, la strada dell'islam, la strada dell'eroismo, la strada del martirio, la strada dei mujahiddin della jihad. Io e i miei amici seguiremo le orme di Farfur. E in suo nome ci prenderemo la vendetta sui nemici di Allah, sugli assassini dei profeti, sugli assassini di bambini, fino a quando libereremo Al-Aqsa dalla loro sozzura. Noi abbiamo fede in Allah". Il mufti di Gerusalemme nominato dall'Autorità Palestinese, Ikram Sabri, ebbe a dire che "più giovane è il martire, più viene ammirato, ed è per questo che le madri gridano di gioia alla notizia della sua morte. Il martire è invidiato perché gli angeli in cielo lo accompagnano alle sue nozze". Hamas negli anni scorsi aveva dedicato una canzone, accompagnata da un video, a Wafa Idris, che fece strage nel centro di Gerusalemme, la prima donna kamikaze: "Sorella mia Wafa, battito del cuore orgoglioso, bocciolo che era in terra e oggi è in cielo, sorella mia che hai scelto la Shahada, con la tua morte hai portato vita alla nostra volontà". Segue il coro "Allah Akbar, o Palestina degli arabi, Allah Akbar". Il ministero della Cultura dell'Autorità Palestinese di Arafat pubblicò il suo Libro del Mese, una raccolta di poesie in onore della terrorista suicida Hanadi Jaradat responsabile dell'assassinio di 21 israeliani innocenti. Il libro è stato distribuito come supplemento speciale del quotidiano Al-Ayyam. La raccolta comprende una poesia che celebra l'attentato terrorista della Jaradat definendolo "la meta più alta". La poesia è dedicata a Hanadi Jaradat, definita "Rosa della Palestina, Iris del Carmelo, Martire di Allah". La sera di sabato 4 ottobre 2003 la Jaradat si fece esplodere nel ristorante Maxim di Haifa uccidendo 21 israeliani, sia ebrei che arabi, compresi quattro bambini. Più di sessanta i feriti e mutilati. L'attentato venne rivendicato dalla Jihad Islamica. La poesia biasima la nazione araba perché ignora la jihad:

"Dov'è la nazione araba?
Gli eserciti si sono nascosti
non rimane nulla sul campo…
non il suono della jihad
tutti loro, nell'ora della decisione
si sono arresi, obbediscono al nemico…
O Hanadi! O Hanadi!
La vendetta chiama!…
La bandiera della nazione non sventola sui campi della jihad".

La poesia si conclude quando la terrorista prende l'iniziativa:

"Oh, Hanadi! O Hanadi!
Fa' tremare la terra sotto i piedi del nemico!
Fallo esplodere!
Hanadi disse: Sono le mie nozze,
sono le nozze di Hanadi
il giorno in cui la morte come martire per Allah diviene la meta più alta
che libera la mia terra".

Hanadi Jaradat
Un anno fa la televisione palestinese ha ricominciato a trasmettere un videoclip in cui si vede il piccolo Mohammed al Dura, simbolo della cattiveria israeliana che uccide i bambini palestinesi, che invita i ragazzini palestinesi ad immolarsi per condividere con lui i piaceri del paradiso dei "martiri" bambini. Il Palestinian Media Watch ricorda che la compagna di indottrinamento messa in onda nel 2002-2003 dalla televisione palestinese fu tanto efficace che, a quell'epoca, il 70-80 per cento dei ragazzini palestinesi intervistati in tre diversi sondaggi dichiarava di voler morire da "martire". Solo nel marzo scorso ne vedemmo un altro. "Tu ami la mamma, vero? Dov'è adesso?". "In paradiso". "Che cosa ha fatto?". "Ha scelto il martirio". "Ha ucciso degli ebrei? Quanti ne ha uccisi?". È un'intervista trasmessa dalla televisione Al Aqsa, controllata da Hamas nella Striscia di Gaza. I due bambini sono figli di Rim Riashi, che il 4 gennaio del 2004 si è fatta saltare al valico di Erez uccidendo cinque israeliani. L'intervistatore incalza Mohammed: "Quanti ne ha uccisi?". Il piccolo, cinque anni, fa vedere le dita: "Così...". "Quanti sono?". "Cinque".
    Nel 2001 un videoclip prodotto dal ministero per l'Informazione dell'Autorità Palestinese invitò i bambini a diventare martiri. Nel video si vede sempre al-Dura che giunge in un paradiso fatto di spiagge, cascate e ruote panoramiche da luna park. Al-Dura si rivolge ai bambini palestinesi dicendo: "Non vi dico addio, vi dico di seguire i miei passi". Dopo di che si vedono bambini e bambine palestinesi che lasciano i giocattoli e impugnano le pietre. Intanto, la canzone di sottofondo recita: "Come è buono il profumo dei martiri, come è buono l'odore della terra, della terra arricchita dal sangue, il sangue che sgorga da un giovane corpo".
    Nel giugno del 2002 ne andò in onda un altro. Intervistatore: "Pensi che il martirio sia bello?". Wala: "Il martirio è molto, molto bello. Cosa potrebbe esserci di meglio che andare in Paradiso?". Ancora l'intervistatore: "E cosa è meglio: pace e pieni diritti per il popolo palestinese o il martirio?". Wala: "Il martirio! Otterrò i miei diritti dopo essere divenuta martire! Noi vogliamo restare ragazzi per sempre!".
    Recentemente la televisione di Hamas ha mandato in onda un video della figlia di quattro anni della terrorista suicida Rim Riyashi che canta alla sua mamma e giura di seguire le sue orme. Il programma per bambini della TV Al Aqsa mostra un'attrice bambina che impersona il ruolo della figlia che osserva Riyashi mentre prepara la bomba e chiede a sua madre: "Mamma, che cosa porti in braccio invece di me?". La bambina poi guarda alla TV un'altra scena che presenta la morte della mamma mentre compie la sua missione suicida, e capisce che sua madre stava portando una bomba. "Solo adesso capisco che cosa per te era più prezioso di noi..." canta guardando la bomba. Nonostante senta la mancanza della mamma, giura di seguire le sue orme. Il video finisce con la bambina che apre il cassetto della madre e tira fuori i candelotti di esplosivo che la madre aveva lasciato lì.

(il Velino, 23 luglio 2007)





2. SE ISRAELE SPARIRA' DALLA CARTA GEOGRAFICA




Se Israele sparirà dalla carta geografica, gli integralisti prenderanno di mira l'Europa

Pace in Medio Oriente? Ma la Jihad è globale

di David Harris*

Sono appena tornato da un nuovo viaggio in Europa per incontri sui temi del Medio Oriente. Se potessi avere un dollaro (o anche meglio, dato il cambio, un euro) ogni volta che sento dire in una capitale o nell'altra che Israele deve risolvere il conflitto con i palestinesi per disinnescare l'ira mondiale dei jihadisti, oggi io sarei una persona ricca. Ma persone davvero intelligenti credono seriamente a quello che dicono, o piuttosto questo dire è solo un apparato retorico riflessivo, che ripete a pappagallo quanto la saggezza convenzionale ha fermamente stabilito? Va senza dire che una soluzione permanente al conflitto israeliano-palestinese sarebbe molto benvenuta. Ma per i jihadisti non cambierebbe molto. In fondo, loro non sono interessati alla pace tra israeliani e palestinesi. Ammesso e non concesso che Israele sparisca dalla mappa, le richieste dei jihadisti – ad esempio, le truppe occidentali fuori da Iraq e Afghanistan; le basi militari americane fuori dal Golfo Persico; l'India fuori dal Kashmir; l'Armenia fuori dal Nagorno-Karabakh; i regimi filo-occidentali fuori da Islamabad, Riyadh, Amman e Cairo; la restaurazione del califfato e il trionfo della legge della shari'a – continuerebbero senza perdere un colpo.
    L'elenco dei "torti" è senza fine, offrendo giustificazioni innumerevoli alla rabbia. È nutrito fra gli altri dall'infrastruttura globale e dalle sostanziose risorse della Fratellanza musulmana, dalle istituzioni wahhabite appoggiate dai Sauditi e dai gruppi sciiti sostenuti dagli iraniani. Si afferma l'ovvio dicendo che i vari esponenti dell'Islam integralista sono guidati da un'agenda teologica. Sì, essi possono richiedere sostegno lamentando che i musulmani sono designati come bersaglio qui e là, che sia vero o no. Ma nessuno dovrebbe farsi alcuna illusione. Il pressing su Israele per soddisfare l'appetito di queste forze determinate non aiuterebbe, ma aumenterebbe solamente la loro fame e condurrebbe alla conclusione che un "Essere Supremo" sta guardando in giù con favore agli sviluppi terreni. È successo già: la sconfitta dell'Unione sovietica in Afghanistan ad opera dei mujaheddin negli anni Ottanta, ed oggi le grandi difficoltà incontrate dalle truppe americane e dai loro alleati in Iraq ed ancora una volta in Afghanistan, ha persuaso le forze integraliste che sono inarrestabili, che "Dio" è dalla loro parte.
    Israele, per la sua posizione geografica, è sulla linea di frontiera del conflitto, in questo caso rappresentato da Hamas, Hezbollah, Jihad islamica, e dagli stati loro finanziatori, Iran e Siria. La sua abilità di rimanere in piedi - come uno stato forte, democratico, pluralista e cercatore di pace – merita ampio appoggio e ammirazione. Come un ex ministro degli esteri europeo disse in privato ad un gruppo dell'AJC, "io sono giunto alla conclusione che Israele non è più solo una questione ebraica. È della massima importanza anche per l'Europa. Se Israele dovesse cadere per mano dei jihadisti di Hamas e Hezbollah, appoggiati dall'Iran, l'Europa sarà il prossimo obiettivo. Io ora sono convinto di questo, mentre una volta avevo i miei dubbi. Tramite l'intimidazione, la coercizione, la minaccia della violenza ed il terrorismo, l'Europa sarà sfidata. Che Israele rimanga forte dovrebbe essere un vitale interesse europeo".
    Chiaramente l'Europa sarà sfidata indipendentemente da quello che accadrà ad Israele. I recenti eventi hanno reso tutto fin troppo chiaro. Ma il commento di questo statista di centrosinistra è nondimeno un'ammissione illuminante di una realtà che molti altri ancora stentano ad ammettere. Questi statisti - come altri intellettuali, sindacalisti e attivisti dei diritti umani - dovrebbero avere un elenco di letture obbligatorie. E magari cominciare dall' "Infedele", scritto da Ayaan Hirsi Ali. In questo straordinario resoconto autobiografico, Hirsi Ali, di origine somala, rivela la visione del mondo degli integralisti islamici. Essendo stata parte di quel mondo, nel Corno d'Africa, Kenia, e Arabia Saudita, lei conosce le cose di cui parla. Come una Cassandra, lei ci dà l'allarme sulla repressione delle donne, così profondamente radicata; sull'antisemitismo, così largamente diffuso, sulla diffida agli "infedeli" e sugli obiettivi islamici di dominazione globale che lei ha conosciuto da vicino. Cita un predicatore islamico: "L'Islam è sotto attacco e i suoi nemici - gli ebrei e gli americani - bruceranno per sempre; quelle famiglie musulmane che hanno spedito i loro figli presso le università di Stati Uniti, Gran Bretagna e delle altre terre degli infedeli, bruceranno.... Se tu non romperai le tue amicizie con i non-musulmani, tu brucerai."
    Ed il suo insegnante di religione in una scuola musulmana di Nairobi credeva che "gli ebrei controllano il mondo, ed ecco perché noi dobbiamo essere puri: per resistere a questa influenza malvagia. L'Islam è sotto attacco, e noi dobbiamo alzarci e lottare contro gli ebrei, perché solamente se tutti gli ebrei saranno distrutti potrà giungere la pace per i musulmani." Un altro libro da leggere dovrebbe essere "Viva Israele" di Magdi Allam (per ora disponibile solo in italiano ma, si spera possa essere presto disponibile in altre lingue). Egiziano di origine, Allam è un giornalista ed editorialista musulmano tra i più prominenti di Italia, e non rinuncia mai a dire le cose come stanno. Nella sua potente difesa di Israele, Allam scrive: "In queste pagine, io ho voluto raccontarvi del mio lento ed angoscioso viaggio esistenziale dalla bugia, dalla dittatura, dall'odio, dalla violenza e dalla morte, alla civiltà della verità e della libertà, dell'amore della pace e della vita. Sono giunto alla ferma convinzione che, oggi più che mai, la difesa del valore della santità della vita umana converge con la difesa del diritto di Israele di esistere".
    Sia Hirsi Ali che Allam avvertono sui pericoli che non sono visti facilmente da chi è estraneo al mondo islamico, perché le complessità di questo mondo non saranno districate da gite a magnifici alberghi a Marrakesh o a ben guidate visite alle piramidi, e ancora meno da intuizioni, proiezione dei propri valori su altri o informazioni frammentarie. C'è, di quando in quando, uno sguardo penetrante capace di rivelazioni simili, come il potente "Osama" cinematografico circa l'inimmaginabile asprezza della vita delle donne durante il dominio talebano dell'Afghanistan, o il recente documentario di un'ora della CNN sul Pakistan quale centrale del terrore islamista globale. Non voglio in alcun modo descrivere lo stato delle cose come una lotta tra Islam e il resto del mondo.
    Lontani da ciò, piuttosto, è contro quelli che condividono la visione di un Islam che, per ordine divino, vive in permanente conflitto col resto del mondo – approfittando di alcune situazioni politiche, che si tratti di Israele o del Kashmir, per convincere un mondo spesso credulone che il conflitto è qualche cosa di molto più concreto e, perciò, meno cosmico. E' indiscutibile che esistono conflitti politici che necessitano di urgenti soluzioni. Ma scegliere di credere che è probabile che quelle soluzioni soddisfino le richieste dell'Islam integralista - o che addirittura tolgano il vento dalle sue vele - è

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tutt'altra questione. Qualche volta, la cosa più difficile da vedere per noi è quella che sta proprio davanti alle nostre facce.

(traduzione italiana a cura di Carmine Monaco)

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*Direttore dell'American Jewish Committee

(L'Opinione.it, 21 luglio 2007)





3. SCENDE IL SOSTEGNO AL TERRORISMO, TRANNE NELL'ANP




Da un sondaggio si rivela che sono sempre meno i mussulmani che in Medio Oriente e in altri paesi islamici sostengono il terrorismo e giustificano attentati suicidi o altre forme di violenza in nome dell'Islam. L'unico paese a fare eccezione è la Palestina.
    È quanto annuncia un gruppo di analisti americani del Pew Research Center. Secondo gli analisti sarebbe dimezzata, rispetto al 2002, la percentuale di islamici che appoggia gli attacchi kamikaze.
    In Libano, per esempio, cinque anni fa si stimava che il 74% della popolazione fosse sostenitrice dei kamikaze, mentre oggi questa percentuale è scesa al 34%. Dati simili si registrano anche in Bangladesh, Pakistan, Giordania e Indonesia, dove la maggior parte dei musulmani ritiene che gli attentati siano accettabili soltanto in rarissimi casi.
    Tra tutti i paesi per cui è stato possibile raccogliere i dati, fa eccezione soltanto la Palestina, in cui ben il 70% della popolazione è ancora convinta che gli attacchi contro i civili possano essere spesso o qualche volta giustificati. Rimane quindi molto elevata la fiducia ad Osama bin Laden che, seppur in calo rispetto al 2003, viene stimata attorno al 57% degli abitanti.
    Negli altri paesi islamici invece il supporto a bin Laden è crollato parallelamente al crollo del sostegno all'estremismo. Questo trend positivo è massimo in Giordania, dove il calo dei consensi al leader terrorista è pari al 56%: ovvero solo un giordano su cinque sembra appoggiare ancora il terrorista.
    Meno uniformi risultano invece, stando allo studio del Pew Research Center, le opinioni riguardo a Hezbollah e ad Hamas. Entrambi i gruppi sono visti in maniera fortemente positiva dai palestinesi e godono di buona considerazione anche nei Paesi a predominanza musulmana del Medio Oriente e dell'Asia. La condanna giunge invece dagli islamici che risiedono in Turchia.
    Ma ciò che preoccupa di più i musulmani, secondo la ricerca, è la tensione esistente tra sciiti e sunniti, che comporta continue violenze di origine settaria nel territorio iracheno. L'88% dei libanesi, il 73% dei kuwaitiani e il 67% dei pachistani ritiene sempre più grave il conflitto interreligioso, che a parer loro non sarebbe affatto una questione limitata all'Iraq.
    Stando a quanto emerge dalla ricerca, si evince che esiste comunque un diffuso sentimento anti-americano, nel mondo islamico: gli Stati Uniti vengono considerati come una potenziale minaccia per il futuro dal 64% dei turchi e dei pachistani. Le percentuali sono ancora superiori in Bangladesh (93%), Marocco (92%) e Malaysia (81%).
    In generale, gli Usa sono stati citati come la principale minaccia militare da 17 dei 47 paesi mondiali complessivamente analizzati e si posizionano al primo posto in questa classifica, davanti all'Iran e anche ad al Qaida.

(L'Occidentale, 26 luglio 2007)





4. LA PRIMA DONNA SCRIBA DOPO TRECENTO ANNI




Bella, bionda e scrive sempre la Torah

Aviel Barclay, nata cattolica, stregata dalla bellezza dei segni ebraici

di Elena Loewenthal

Aviel Barclay
Aviel è alta un metro e 68, ha un fisico atletico e sfoggia un sorriso solare sotto la chioma bionda. Ammette di consumare un po' di alcol, ma non fuma. Ama il cinema di Cronenberg e fra le sue letture preferite c'è Il vecchio e il mare di Hemingway. Allo stato civile compare come di sfuggita la dicitura «divorziata», mentre il punto esclamativo marca le sue foto su Myspace: qui sono senza makeup!
    In effetti questa estroversa trentottenne non pare aver bisogno di grandi artefizi sul piano fisico. Sarà l'aria pulita della British Columbia, Canada, dove è nata e dove trascorre gran parte dell'anno. Sarà fors'anche il suo mestiere, a far l'effetto di una crema di bellezza: niente stress, niente colleghi molesti, niente frustranti e tirannici capi. È un mestiere di certosina pazienza ma anche di dialogo ininterrotto. Con la pagina bianca. Con il cielo. Con le lettere ebraiche. Perché Aviel (nata Allison) Barclay è una scriba di testi ebraici. Profani ma soprattutto sacri. Erano tre secoli che una donna non si cimentava con quest'arte: l'ultima fu Sarah, la figlia di rabbi David Oppenheim, a Praga, all'inizio del Settecento.
    Lo scriba, il sofer (femminile soferet) non è un semplice copista o un calligrafo per quanto virtuoso. La storia comincia molto lontano: nella fattispecie in cima al monte Sinai. Lassù Mosè, che non era armato né di inchiostro né di carta, incise su pietra le tavole dettate dal Signore. Non una, bensì due volte, giacché il primo paio andò in frantumi per un accesso (per quanto giustificato) di collera. Il profeta pagò con doppio lavoro il proprio sdegno per aver visto gli israeliti gozzovigliare intorno al vitello d'oro. Ma in fondo con ciò egli detta le regole di quel delicato mestiere che è la scrittura in lingua santa.
    Lo scriba che si dedica a un rotolo della Torah destinato a servire nella liturgia sinagogale dev'essere infatti ben attento a quel che deposita sulla pergamena (perché non di comune carta si tratta): basta un puntino fuori posto, uno sbaffo di troppo o di meno, e tutto il lavoro è da buttare, il rotolo perde ogni valore. E così, per una civiltà che ha praticamente messo al bando l'arte figurativa, la scrittura è da sempre una forma di arte. Ma non solo: è anche, in fondo, il simbolo di quella tenacia condita di pazienza e di speranza che è il filo conduttore della storia ebraica negli ultimi duemila anni. La scrittura dei testi sacri è un mestiere difficile, ricco di regole, dettami e raccomandazioni: sull'inchiostro e la penna da usarsi, sulle righe da rispettare, sul corpo delle lettere. L'alfabeto ebraico non è una semplice rappresentazione, è il codice d'accesso alla realtà - terrena e divina. Per questo non ammette approssimazioni né tantomeno errori, quando va lasciato sulla pagina bianca. Aviel Barclay si è innamorata di questa storia. Nata cattolica, un giorno vide il film Il violinista sul tetto e rimase folgorata da quelle lettere indecifrabili: «Erano stupefacenti. Mi sembravano di fuoco, accendevano immagini nel mio cervello». Qualche anno dopo Aviel ha imparato, da sola, il misterioso alfabeto. Poi comincia un lungo, tortuoso cammino di avvicinamento all'ebraismo, dapprima al movimento conservativo e poi all'ortodossia - senza perdere mai nulla di quella sua vena lieve, spensierata. Aviel è andata a studiare a Gerusalemme, ha frequentato seminari e botteghe di scribi. Ora vive fra Vancouver e Londra, ha già preparato vari Sefer Torah («Il libro della Torah», cioè il Pentateuco in forma di rotolo per la lettura sinagogale) e moltissimi altri testi ebraici, liturgici e decorativi. Ha un sito ricco di notizie, una piccola scuola per donne che vogliono scrivere, un blog vivace.
     Prima di mettersi al lavoro, Aviel ha studiato a fondo i testi, per cercare di comprendere il posto delle donne con il pennino in mano. Ha scoperto che, malgrado discussioni e divergenze a non finire - cosa che capita puntualmente su ogni argomento dello scibile ebraico - nulla vieta alle donne questo mestiere (mentre ad esempio lo studio della Qabbalah è loro vivamente sconsigliato, se non interdetto). Perciò si è buttata a capofitto in quest'attività, offrendo le proprie competenze anche attraverso la rete globale. È una scriba, insomma, decisamente al passo con i tempi: anche se guardandola china sulla pergamena con la penna in mano, qualche ricciolo che sfugge dai bordi della cuffia, sembra che il tempo sia fermo da secoli, per lasciarla scrivere.

(La Stampa, 27 luglio 2007)





5. RESISTENZA «ANTIMISSIONE» IN ISRAELE




Relazioni ebraico-cristiane sotto tiro

di Ryan Jones

Mina Fenton
Da quattro anni una donna politica israeliana mette tutto il suo impegno per fermare le relazioni ebraico-cristiane. Alla fine adesso sembra aver raggiunto il suo scopo, dopo che ha trovato udienza presso le autorità religiose israeliane.
    I tentativi fatti nel passato da Mina Fenton, consigliere comunale di Gerusalemme, non avevano fino ad ora ottenuto successo perché le autorità religiose israeliane, sotto la guida dell'ex Rabbino Capo Meir Lau, erano di solito molto tolleranti e addirittura spesso appoggiavano la riconciliazione e la collaborazione ebraico-cristiana. Ma il successore di Lau, il Rabbino Yonah Metzger, viene descritto, a quanto sembra, molto più politico e sospettoso.
    Qualche settimana fa la Fenton, insieme con altre persone di opinioni simili appartenenti a diversi gruppi-antimissione ebraici, è riuscita a convincere un alto Tribunale rabbinico a vietare la partecipazione ebraica a una conferenza interconfessionale di donne, organizzata da parlamentari collegate a "Caucus Women's Council" e da due organizzazioni cristiane residenti a Gerusalemme.
    Un motivo ancora più grande di preoccupazione per i credenti biblici orientati pro-Israele è stato il fatto che Benny Elon, membro della Knesset, presidente di Caucus e tenace sostenitore delle relazioni ebraico-cristiane, ha considerato vincolante per sé la decisione rabbinica e non ha partecipato alla conferenza.
    In un colloquio con israel heute, la Fenton ha dichiarato che la prova dell'attività missionaria da lei esibita davanti al Tribunale rabbinico ha convinto Elon dei pericoli che provengono dalla collaborazione ebraico-cristiana a livello pubblico, e ha promesso di non organizzare mai più manifestazioni simili.
    Elon non ha fatto nessun commento su questa notizia. Ma il fatto che lui, richiamandosi alla decisione del Tribunale rabbinico e in contraddizione con il suo precedente documentato atteggiamento favorevole alle relazioni ebraico-cristiane, abbia disertato la conferenza è molto più eloquente di qualunque eventuale smentita.
    Mina Fenton evidentemente è convinta che non ci siano basi religiose per un dialogo o una collaborazione tra il mondo cristiano evangelico e Israele. «Bisogna convincersi che l'idea di una mescolanza di ebrei e cristiani è completamente sbagliata», ha dichiarato la Fenton a israel heute. «Si tratta di due diverse religioni con diversi principi. L'idea che ebrei e cristiani possano stare insieme, operare insieme, organizzare dialoghi e lavorare insieme non è kosher.» Il pensiero che la fede cristiana è ancorata nella fede ebraica e il riferimento al fatto che Gesù e quasi tutti i suoi primi discepoli erano ebrei, per la Fenton è una "falsa conclusione". «E' un tentativo di considerare gli ebrei come matti. In questo modo si vogliono convincere gli ebrei a diventare cristiani e si fa questo come se non esistesse alcuna differenza tra valori ebraici e valori cristiani», dice, e afferma che la cristianità si è impadronita di valori ebraici e che il cristianesimo è una deformazione della Bibbia. I cristiani stanno sempre lì a cercare di convertire gli ebrei. «Quando i cristiani si impegnano per il bene d'Israele, il loro obiettivo ultimo rimane sempre la conquista della Terra Santa. Ogni anno arrivano questi cristiani e si rafforzano in Gerusalemme», dice la Fenton, riferendosi all'annuale Festa delle Capanne. «Desiderano ardentemente che Gesù venga al più presto a governare su Gerusalemme. Il loro obiettivo è conquistare Israele e Gerusalemme!»
    La Fenton ha dichiarato che la decisione del Tribunale rabbinico e i suoi effetti sulla conferenza delle donne rappresenta un "punto di svolta storico" nei suoi sforzi, ed è decisa a usare il precedente che è riuscita a ottenere per rendere più difficili e impedire altre collaborazioni tra cristiani ed ebrei.
    Dopo aver avuto successo presso le superiori autorità religiose, la Fenton adesso probabilmente è in grado di procurare seri danni, ha ammonito David Parsons, portavoce della ICEJ (International Christian Embassy Jerusalem), una delle organizzazioni che ha partecipato alla conferenza delle donne. «Da molti anni Mina Fenton rappresenta un problema, e non smetterà. Ora che ha trovato ascolto presso il Tribunale rabbinico, potrebbe tentare di bloccare la nostra collaborazione con gli israeliani», teme Parsons.

(israel heute, luglio 2007 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





6. LIBRI




Israele: Il contrasto tra gli ultraortodossi e i laici

di Eleonora Bianchini

Israele: costruito a tavolino nel 1948, focolaio di odi e ambizioni religiosi, baluardo escatologico della salvezza messianica. Aviezer Ravitzky dell'Università ebraica di Gerusalemme fa luce sulla democrazia laica e sulla speranza del messia che hanno costruito Israele in "La fine svelata e lo stato degli ebrei. Messianismo, sionismo e radicalismo religioso in Israele" (Marietti editore). Emerge un quadro di una complessità straordinaria, un puzzle politico-religioso che disegna le molteplici interpretazioni sull'esistenza di Israele. Secondo gli oppositori radicali è "un'impresa condannata al fallimento" al contrario dei sionisti per i quali rappresenta "rientro nella storia". La perfezione di uno stato confessionale è scalfita dal mancato ritorno alle origini dell'intera popolazione. Secondo i più fedeli praticanti, come afferma Ravitzky, "l'Assemblea d'Israele («i nostri santi padri») non può più accontentarsi di ciò che è parziale, ma soltanto di ciò che è perfetto, della rivelazione diretta e piena del redentore d'Israele". Nella speranza dell'incarnazione messianica, infatti, "Israele è in obbligo, con obbligazione a un tempo storica e metastorica, nei confronti della sofferenza delle generazioni e della speranza delle generazioni, e questo obbligo gli impedisce di accontentarsi dell'annuncio di una salvezza imperfetta".
    Per gli ebrei ortodossi l'unità politica di Israele è l'epifania di un passaggio definitivo, l'Eden. Anche il nome scelto per la costituzione dello stato riveste un ruolo simbolico fondamentale. Infatti, spiega l'autore, "alla vigilia della proclamazione della fondazione dello Stato ebraico, i membri del «Direttorio del popolo» e gli estensori della «Carta di indipendenza» discussero riguardo a quale dovesse essere il nome del nuovo Stato13. Quando alla fine scelsero l'espressione Medinàt Yisrael, non credo si siano resi conto che un maestro come E.S. Shapira aveva già precedentemente nascosto in questa espressione la carica esplosiva teologica contenuta nel nome Israele, e che un maestro come A.I. Ha-kohen Kook vi aveva anch'egli precedentemente nascosto la carica esplosiva teologica contenuta nei concetti trascendenti di Malkhùt Yisrael (sovranità d'Israele) e di Knèsset Yisrael (assemblea d'Israele: designazione attuale del Parlamento)". Ravitzky ricorda dunque l'importanza dell'etimologia per attribuire un significato profetico e letterale allo stato d'Israele e cita Scholem: «Pensano di aver trasformato l'ebraico in una lingua profana, di aver tolto da essa il "pungiglione apocalittico"ma non è vero. Dio non resterà in silenzio nella lingua in cui è stato scongiurato migliaia di volte di ritornare nella nostra vita». Uno stato costruito su un sentimento, religioso e di sangue, che lo rende la nazione più travagliata della storia, tra persecuzioni e privilegi negati ad altre stirpi.

(Affari Italiani, 26 luglio 2007)





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