Notizie su Israele 126 - 20 settembre 2002
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Infatti il SIGNORE degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque s'innalza, per abbassarlo; contro tutti i cedri del Libano, alti, elevati, e contro tutte le querce di Basan; contro tutti i monti alti, e contro tutti i colli elevati; contro ogni torre eccelsa, e contro ogni muro fortificato; contro tutte le navi di Tarsis, e contro tutto ciò che piace allo sguardo. L'alterigia dell'uomo sarà umiliata, e l'orgoglio di ognuno sarà abbassato; il SIGNORE solo sarà esaltato in quel giorno. (Isaia 2:12-17) Questo notiziario è composto da un unico documento di carattere storico. I grassetti sono del redattore. M.C. I LEGAMI STORICI TRA ISLAMISMO E NAZISMO Adolf Hitler e il Muftì di Gerusalemme Storia della strana e per molti versi ancora sconosciuta intesa che, tra il 1934 e il 1945, legò saldamente le sorti del Movimento Arabo Palestinese capeggiato dal Gran Muftì di Gerusalemme a quelle del nazismo e del Terzo Reich. di Alberto Rosselli
La storia degli intensi e complessi rapporti che, tra il 1934 e il 1945, intercorsero tra il Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al Husseini, capo spirituale dei musulmani palestinesi, e il leader nazista Adolf Hitler rappresenta una delle vicende a sfondo politico-religioso più interessanti e meno note di quegli anni. I motivi che spinsero la più alta e venerata personalità religiosa del Medio Oriente ad unire i propri destini a quelli del dittatore tedesco e, più in generale, alle forze dell'Asse, suscitano infatti un'indubbia curiosità, aprendo le porte ad un dibattito che, nell'attuale contesto politico internazionale, caratterizzato dalla recrudescenza dell'estremismo islamico antisionista e antioccidentale, assume una valenza ancora maggiore. La condivisione dei programmi antisemiti e la comune avversione nei confronti dei sistemi democratici furono tra gli elementi che, sessant'anni fa, cementarono le basi di un'intesa politica e militare tra il nazismo e il Movimento Arabo del Gran Muftì: un'alleanza di cui, tuttavia, per molti anni poco si è detto e scritto, almeno in Italia; fors'anche a causa di quel malinteso senso di tutela e di rispetto per la seppure giusta "causa palestinese". Che il Gran Muftì di Gerusalemme nutrisse molta simpatia nei confronti dell'ideologia antisemita è cosa nota, ma assai meno lo sono i documenti e i carteggi che testimoniano, in maniera chiara ed inoppugnabile, il tentativo condotto da Amin al Husseini e dai vertici del nazismo per dare vita ad un vasto e articolato programma di sterminio e di lotta armata sia nei confronti della comunità israelitica internazionale, che contro le democrazie occidentali: un piano dal quale, sotto certi aspetti, il "principe del terrore" Bin Laden sembra avere tratto più di uno spunto. Oggi, però, grazie all'impegno di un gruppo di storici israeliani e statunitensi e alle testimonianze emerse dagli archivi segreti del Terzo Reich, del governo americano, inglese ed ex-sovietico, è possibile ricostruire con precisione (purché ne sussista la volontà, ovviamente) la trama e il contenuto di uno dei più scellerati complotti di matrice razzista e terrorista mai progettati nel corso del XX secolo. Dopo anni di indagini e di studi, i ricercatori dell'Istituto Simon Wiesenthal di Los Angeles sono riusciti a fare riemergere dagli archivi del controspionaggio nordamericano buona parte della corrispondenza segreta e dei diari personali del Gran Muftì di Gerusalemme e un certo numero di casse contenenti una voluminosa massa di documenti (in lingua araba e tedesca) attraverso la lettura dei quali è possibile fare luce sull'intera e complessa vicenda. Dopo la caduta del muro di Berlino, gli studiosi israeliani e statunitensi (supportati anche da informazioni e suggerimenti forniti da colleghi inglesi, russi e serbi) hanno infatti passato al setaccio tutto il materiale e le testimonianze relative all'attività di Husseini e dei gruppi arabi che, a cavallo degli anni Trenta/Quaranta, collaborarono attivamente con i nazisti. Nella fattispecie, la documentazione fa riferimento ai numerosi dossier redatti tra il 1936 e il 1945, dalla Kripo (la Polizia Criminale nazista) e dalla Gestapo, dalla Sezione Mediorientale dell'Abwehr (il Servizio Segreto tedesco diretto dall'ammiraglio Wilhelm Canaris); dal Dipartimento Affari Islamici e del "Centro Addestramento Elementi Musulmani" delle Waffen SS (posto alle dirette dipendenze di Heinrich Himmler); dal "Comando Operazioni Oriente" della Divisione Speciale Brandeburg; dal Sonderstab F del generale Helmut Felmy (organismo incaricato di arruolare nella Wehrmacht volontari mediorientali, nordafricani, ma anche transcaucasici e russo-asiatici) e dall'Arab Bureau del dicastero degli Esteri di Joachim von Ribbentrop. L'antisemitismo come ragione di vita Amin al Husseini (chiamato anche Al-Haji Amin) nasce nel 1897, a Gerusalemme, da una famiglia molto religiosa che, fino dalla più tenera età, educa il figlio secondo i più rigidi precetti islamici. Dopo avere compiuto i suoi primi studi nella città natale, Amin li prosegue al Cairo e, in seguito, a Costantinopoli. Nel 1910, entra nell'esercito ottomano, venendo assegnato ad una scuola di artiglieria. Sembra che dopo le Guerre Balcaniche Husseini abbia completato in una scuola coranica la sua preparazione culturale e religiosa. Ancora molto giovane, Amin mostra simpatie nei confronti del Movimento Arabo che fa capo allo sceriffo de La Mecca Hussein, uno dei più importanti vassalli della Sacra Porta. Nel 1914, in seguito ad abboccamenti con i servizi segreti inglesi di base al Cairo e agli aiuti promessi dal Foreign Office di Londra e dal Comando Supremo dell'Esercito inglese in Egitto, lo sceriffo inizia, infatti, a progettare una rivolta nazionalista araba con l'intento di liberare dal giogo ottomano la regione dell'Hegiaz, posta sotto il suo governo, e le città sante di Medina, La Mecca e Gerusalemme. Tra il 1914 e il 1918, Amin al Husseini segue e partecipa con interesse alla lotta condotta dallo sceriffo contro i turchi, fornendo, sembra, il suo appoggio alla causa attraverso attività segrete e di spionaggio. Nel marzo 1920, partecipa al Congresso panarabo di Damasco che proclama l'indipendenza dell'Iraq sotto il re Abdullah e della Siria sotto Feisal, uno dei figli dello sceriffo Hussein della Mecca. Nel successivo mese di aprile, Amin al Husseini aderisce all'organizzazione di una sommossa antiebraica in Palestina (regione posta sotto mandato britannico) e, in seguito alla creazione della Haganah (l'organizzazione armata di autodifesa ebraica), contribuisce a fondare diverse bande terroristiche antibritanniche, incominciando, nel contempo, a pianificare una strategia per "eliminare fisicamente tutti gli elementi sionisti dal territorio mediorientale". Nel maggio 1921, Husseini fomenta nuove manifestazioni antisioniste in Palestina e, poco dopo, viene nominato Gran Muftì di Gerusalemme, la più alta carica religiosa dell'islam, acquisendo subito grande prestigio e potere. Nel 1925, favorisce segretamente la nascita dell'Associazione Armata Araba guidata dal fondamentalista siriano Izz al-din Qassam. Nell'agosto del 1929, Husseini dà la sua benedizione ad una delle più violente persecuzioni antiebraiche. Con l'intento di limitare il diritto di preghiera degli israeliti presso il Muro del Pianto di Gerusalemme e le visite alla Tomba dei Patriarchi di Hebron, Husseini sobilla nuovamente la popolazione musulmana, contribuendo, tra l'altro, alla soppressione della secolare comunità ebraica di Hebron. Nel 1931, il Gran Muftì sostiene la nascita del Partito Arabo per l'Indipendenza, uno schieramento che reclama a gran voce l'unione politico-religiosa tra Palestina e Siria, regione posta sotto mandato francese. Nel 1933, dopo la salita al potere di Hitler in Germania, Husseini confida ai suoi discepoli e collaboratori di "intravedere un nuovo, radioso futuro", e predice "l'avvento di una nuova era di libertà per i musulmani di tutto il mondo". Galvanizzato dai risultati delle repressioni antiebraiche messe in atto dai nazisti, il Gran Muftì, che ormai si avvale di un folto seguito di seguaci, scatena nuove rivolte a Jaffa, Haifa e Nablus. Il 21 Luglio 1934, il Muftì di Gerusalemme compie il passo decisivo. Con lo scopo di stabilire uno stretto rapporto di cooperazione con il nazismo, si reca in visita al nuovo console generale tedesco di Palestina, Döhle. Nel corso dell'incontro, che verrà definito "molto cordiale e proficuo", Husseini conferma il suo incondizionato sostegno alla Germania di Hitler, domandando al diplomatico "fino a che punto il Terzo Reich fosse disposto a sostenere il movimento arabo contro gli ebrei". Ricevute soltanto vaghe assicurazioni in proposito, nel 1936, Amin al Husseini invia alcuni suoi collaboratori a Berlino per "intraprendere amichevoli contatti con i capi del movimento nazista". E nel contempo, in Palestina, proclama la lotta armata contro le comunità ebraiche e le forze di occupazione inglesi, affidando il compito di dirigere la rivolta a Fawzi el Kawakij. Quest'ultimo, nel 1941, sosterrà assieme allo stesso Muftì il fallito colpo di stato anti-inglese del leader nazionalista iracheno Rashid Alì, e, successivamente, nel 1948, guiderà le truppe arabe irregolari contro il neonato stato di Israele. In occasione dei disordini del 1936, Husseini incita i musulmani fondamentalisti ad attaccare anche le fazioni moderate islamiche, causando (secondo fonti britanniche) non meno di 4.000 morti. Informati della rivolta dal console tedesco, il ministero degli Esteri e i vertici delle Waffen SS, iniziano a prestare maggiore attenzione all'attività del Muftì e dei suoi seguaci, pur mantenendo nei confronti del mondo islamico un atteggiamento di sostanziale diffidenza. Nel settembre 1937, due giovani ufficiali delle SS, Karl Adolf Eichmann (che diverrà in seguito il coordinatore supremo della "Soluzione Finale") ed Herbert Hagen, vengono inviati a Gerusalemme per cercare di sondare il livello di affidabilità del Muftì e dei suoi collaboratori e, eventualmente, trovare i presupposti per una più concreta cooperazione politico-militare. L'ordine di Hitler è infatti quello di intensificare i rapporti tra nazismo ed islamismo radicale, ma di procedere con assoluta cautela. Pur reputando interessante l'opportunità di agganciare al carro nazista un elemento di prestigio come il Gran Muftì, il Führer - che non nasconde il suo disprezzo non soltanto per gli ebrei, ma anche per tutta la razza semita - non desidera, almeno per il momento, provocare una crisi mediorientale dai risvolti imprevedibili. Mentre i due agenti tedeschi si apprestano a partire per la Palestina, le autorità militari inglesi, che già da tempo indagano sulle attività sovversive del Gran Muftì, spiccano un mandato di cattura contro Amin al Husseini, costringendo quest'ultimo a darsi alla macchia. Tuttavia, una volta giunti ad Haifa, Eichmann e Hagen riescono egualmente a contattarlo. I colloqui segreti tra i due agenti e il Gran Muftì si rivelano abbastanza promettenti. Alla fine, Eichmann offre ad Husseini la protezione dei servizi segreti tedeschi e la fornitura di denaro, armi, munizioni ed esplosivi in cambio del suo impegno ad operare a fianco della Germania per debellare il "demone sionista", ma anche per minare le fondamenta del dominio anglo-francese in Medio Oriente. Husseini non pone alcuna difficoltà, dichiarandosi "felice di cooperare per il trionfo di una giusta causa", e promette di fare del suo meglio, coinvolgendo anche i leader delle comunità musulmane di Siria, Transgiordania, Libano e Iraq. Nel 1938, secondo il carteggio Wiesenthal, il nome in codice del Gran Muftì risulta già nel libro paga dell'Abwehr II. Verso la fine dello stesso anno l'Abwehr II pianifica un programma per inviare in Palestina, tramite navi battenti bandiera neutrale, alcune forniture di armi e munizioni destinate alle forze di Husseini. Per motivi di sicurezza, il carico dovrebbe essere sbarcato in un porto dell'Arabia, probabilmente Gedda. All'ultimo momento, però, l'operazione viene sospesa. Hitler, già impegnato in Spagna, con la Legione Kondor, a fianco del generale Francisco Franco, ed in procinto di annettere la Boemia alla Germania, preferisce evitare di inasprire ulteriormente i rapporti con l'Inghilterra, i cui servizi segreti, tra l'altro, sono già al corrente dei legami tra i nazisti e il Gran Muftì. Nel settembre del 1939, all'indomani dell'invasione tedesca della Polonia, Amin al Husseini dichiara pubblicamente di volere dare il suo esplicito sostegno al "meritevole e coraggioso condottiero Adolf Hitler", incitando "i musulmani a prendere le armi a fianco della Germania nazista". All'inizio del 1941, dai microfoni di un'emittente segreta, il Gran Muftì invoca "il diritto degli arabi a risolvere il problema ebraico con le stesse modalità e gli stessi mezzi adoperati dal Führer, e lancia un proclama affinché tutti gli islamici contribuiscano con le armi al successo delle forze dell'Asse". Tuttavia, non potendo ancora usufruire di una protezione tedesca e temendo di essere arrestato dagli inglesi, verso la fine del 1940, Amin al Husseini decide di fuggire in Iraq e di muoversi per conto proprio, utilizzando il denaro che nel frattempo gli è stato inviato dall'Abwehr. Grazie a queste risorse, egli inizia a sostenere il partito nazionalista iracheno di Rashid Alì (compagine che, tra l'altro, controlla buona parte dell'esercito), fortemente avverso agli inglesi e agli ebrei. E la Mesopotamia diventa così il banco di prova dell'organizzazione messa in piedi dal Muftì con i marchi tedeschi. Rashid Alì, che sta aspettando il momento migliore per scatenare la rivolta anti-inglese, accoglie Husseini come un fratello e lo nasconde in un rifugio segreto, consentendogli di operare indisturbato. Tra la fine del 1940 e l'inizio del 1941, molti funzionari iracheni stabiliscono rapporti di segreta cooperazione con l'ormai fantomatico Muftì che, con molta abilità, continua ad eludere le ricerche della polizia e dell'esercito inglese presenti anche in Iraq. Nell'aprile 1941, il Movimento rivoluzionario di Husseini si consolida, iniziando, tra l'altro, a ricevere sovvenzioni in denaro anche dall'Italia, dall'Arabia Saudita e dall'Egitto. Nel suo rifugio segreto sotterraneo (situato, sembra, tra Baghdad e Mosul), protetto dai compiacenti militari iracheni, il Muftì conduce una vita piuttosto agiata. Egli dispone, infatti, di un attrezzato ufficio dotato di linea telefonica, di una potente stazione radio, di servizi e di un ampio magazzino zeppo di armi, munizioni, viveri e medicinali. Assieme a lui lavorano almeno una dozzina di collaboratori fidati ed altrettante guardie del corpo, quasi tutte provenienti dall'esercito iracheno. Nella primavera del 1941, Rashid Alì, sostenuto dall'esercito nazionale e dalle cellule di Husseini, dà inizio alla sommossa antibritannica. Rashid Alì obbliga il primo ministro iracheno, il filo-inglese Nuri Said Pasha, a dare le dimissioni; dopodiché ordina alle sue truppe di chiudere i rubinetti delle lunghe condotte che collegano i campi petroliferi mesopotamici al porto di Haifa e di circondare le scarsamente presidiate basi dell'aviazione e dell'esercito inglesi. Contemporaneamente, il Muftì lancia, attraverso un messaggio radio, la jihad (la guerra santa) contro l'Inghilterra. Nonostante il fulmineo avvio del Golden Square o "Blocco d'Oro" (il brillante nome in codice con cui Rashid aveva voluto battezzare la sua insurrezione), la manovra si rivela, però, intempestiva e male architettata. Innanzitutto, perché sia Rashid Alì che il Muftì non tengono al corrente l'Abwehr circa le loro mosse, e in secondo luogo perché le forze armate italo-tedesche, impegnate in questo periodo in Grecia contro l'esercito inglese ed ellenico, non sono ancora in grado di intervenire con la dovuta celerità ed incisività in Medio Oriente. Hitler e Mussolini, infatti, non potranno che inviare agli iracheni ribelli che qualche dozzina di consiglieri, meno di cinquanta aerei da trasporto e da combattimento e - tramite il compiacente governo francese di Vichy - un solo convoglio ferroviario carico di armi e munizioni proveniente dalla Siria. A completare la frittata ci pensa poi il Comando dell'esercito iracheno che, palesando un'evidente inettitudine, non riesce ad eliminare i pochi presidi inglesi che, nell'arco di dieci giorni, vengono soccorsi da un forte corpo di spedizione proveniente dall'Egitto e dall'India. Consolidata nuovamente la loro presenza sul territorio mesopotamico, gli inglesi schiacciano la rivolta nazionalista irachena e costringono sia Rashid Alì che il Muftì a fuggire. Quest'ultimo, braccato dai britannici, riesce a trasferirsi nel nord del paese da dove - grazie al denaro e alla connivenza di ribelli musulmani - passa in Iran e successivamente in Turchia. Giunto ad Istanbul, Amin al Husseini si mette in contatto con alcuni agenti tedeschi che lo aiutano a raggiungere la Germania. Verso la metà del novembre 1941, il Muftì giunge a Berlino, dove viene accolto da Eichmann. Questi lo introduce nei palazzi della politica, dove viene interrogato da alcuni alti ufficiali delle SS circa il fallimento del Golden Square. Husseini non mostra alcun imbarazzo nell'addossare tutta la colpa del disastro alla "quinta colonna ebraica che opera in Iraq", aggiungendo che un più concreto e sollecito sostegno da parte delle forze dell'Asse avrebbe probabilmente evitato il grave infortunio. L'infelice osservazione del Muftì irrita non poco i tedeschi e rischia di compromettere i futuri piani di cooperazione arabo-nazisti. Tuttavia, Eichmann ci mette una pezza e convince il Führer a continuare ad accordare fiducia e sostegno all'alleato. Il 20 Novembre 1941 il ministro degli Esteri tedesco, Joachim von Ribbentrop, riceve il Gran Muftì, e dal loro colloquio vengono poste le basi per il successivo incontro con Hitler.
Ma torniamo al colloquio del 22 novembre 1941 tra il Gran Muftì e Adolf Hitler. Nel corso dell'incontro, durato circa un'ora e mezza, il Gran Muftì dichiarò che "gli arabi dovevano essere considerati amici naturali della Germania " e che "egli era pronto ad adoperarsi per convincere tutti i musulmani presenti in Africa Settentrionale, nell'Europa occupata e in Russia" ad arruolarsi in una speciale Legione Araba (la Freies Arabien) al servizio della comune causa antisionista e antioccidentale. "In questa gigantesca lotta, gli Arabi si batteranno anche per scacciare gli anglo-francesi dal Medio Oriente e per creare i presupposti di un grande Stato Arabo Unito, comprendente la Palestina, la Siria, il Libano, la Transgiordania e l'Iraq". Dal canto suo, il Führer (che, in seguito allo smacco subito da Rashid Alì, non si fidava più delle capacità organizzative e militari dei capi arabi) assicurò che "la Germania, pur essendo decisa a richiedere alle nazioni sue alleate (Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria, Croazia, Slovacchia e Finlandia, ndr) di contribuire fattivamente alla risoluzione del problema ebraico", non riteneva ancora opportuno "dirigere un simile appello ai popoli mediorientali e a quello iraniano, troppo strettamente controllati dalle forze inglesi e sovietiche". Pur amareggiato dalle dichiarazioni del Führer, Amin al Husseini tentò, nei mesi successivi, di persuadere sia Hitler che Mussolini a sottoscrivere un documento ufficiale con il quale "la Germania e l'Italia si sarebbero impegnate in tempi brevi ad intervenire militarmente in Medio Oriente per aiutare i musulmani a scacciare gli inglesi". Dichiarazione, questa, che i due dittatori non sottoscrissero poiché, al momento, risultava tecnicamente inattuabile. Il Führer preferì rinviare qualsiasi eventuale azione nella regione ad una data successiva alla conquista del Caucaso e della valle del Nilo da parte delle forze dell'Asse. Amin al Husseini dovette quindi accontentarsi. |
"In attesa dello sfondamento italo-tedesco dei fronti egiziano e caucasico - annotò sul suo diario - ai musulmani non rimane che mettersi a disposizione della Germania, partecipando alla distruzione dei sionisti in Europa". Per cercare di andare incontro ad Husseini, nel 1942 i tedeschi lo posero alla direzione dell'"Ufficio Arabo": un ente controllato dalle SS al quale sarebbe spettato il compito di fare propaganda antisemita e di favorire l'arruolamento dei musulmani nella Legione Araba di cui si è detto, ma anche nei reparti delle SS appositamente costituiti da Himmler per inquadrare elementi bosniaci e albanesi. Questi ultimi andarono, infatti, a formare la 13ma Divisione da montagna SS Handzar e la 21ma Divisione da montagna Skanderbeg, indossando una divisa da combattimento abbastanza simile a quella in uso nelle sezioni analoghe tedesche. Sul capo essi portavano il fez rosso con appuntato il teschio, mentre al posto delle consuete scritte runiche del colletto comparvero curiosi gagliardetti con una scimitarra islamica [ved. foto sotto].
Situato non lontano da Berlino, il quartiere generale del Muftì controllava una fitta rete di collaboratori, sia in Europa che nel resto del mondo. Esso, infatti, estendeva la sua autorità a tutto il Medio Oriente, e al Nord Africa, ma anche sulle più lontane regioni asiatiche abitate da minoranze islamiche. Tra il 1942 e il 1944, il Gran Muftì lavorò intensamente, consentendo l'arruolamento nella Legione Araba e nelle Divisioni Waffen SS di molti uomini. Grazie alla sua martellante propaganda, attuata tramite potenti stazioni radio messe a disposizione dai tedeschi, e mediante frequenti viaggi, decine di migliaia di musulmani balcanici andarono a formare le nuove divisioni di Himmler. Queste unità, divenute ben presto note per la loro ferocia, vennero spesso impiegate nei Balcani in azioni antipartigiane e nei rastrellamenti di ebrei e zingari. Nel 1943, non meno di 50.000 musulmani di varia provenienza risultavano presenti nelle divisioni SS o nei reparti speciali tedeschi (1).
Nel corso del conflitto, molto intensa risultò anche l'azione diplomatica svolta dal Gran Muftì. Tra il 1942 e il 1944, egli effettuò diversi viaggi per l'Europa, recandosi nelle regioni abitate da nuclei musulmani (Bosnia, Kosovo, Albania) per constatarne la fedeltà al Reich, e stringendo rapporti di amicizia e cooperazione anche con i capi di movimenti parafascisti croati e serbo-cetnici che avevano in comune un profondo odio nei confronti degli ebrei e delle democrazie occidentali. Non solo. Sembra che nel 1942, tramite l'ambasciata giapponese di Berlino, il Muftì abbia avviato contatti perfino con il governo di Tokyo, il cui ministero della Guerra era intenzionato a servirsi di lui e dei suoi seguaci per fare insorgere contro gli eserciti di Ciang Kai Shek e di Mao Tse Tung le comunità musulmane della Cina centro-occidentale (regioni del Tarim e del Tsinghai) e per tenere buone quelle, assai più numerose, dell'Indonesia e delle isole meridionali delle Filippine. Nella sua veste di responsabile della supervisione della propaganda radio dell'Asse diretta verso i popoli musulmani, il Muftì utilizzò spesso le numerose ed efficienti emittenti radio tedesche, potendo contare, nel 1942, su almeno sei stazioni. Ma Husseini amava molto parlare anche davanti alle grandi folle. Nel giugno del 1943, a Berlino, in occasione di un'importante adunata nazista, il Muftì lanciò strali contro la Dichiarazione Balfour, prendendosela, tanto per cambiare, con la "cospirazione anglo-sassone, massonico-ebraica". Rivolto agli alti gradi delle SS presenti, disse: "Il trattato di Versailles non fu soltanto un disastro per voi tedeschi, ma lo fu anche per il popolo arabo. In ogni caso, oggi sappiamo come rimettere le cose al loro giusto posto e, soprattutto, oggi siamo tecnicamente in grado di eliminare dalla faccia della terra tutti gli israeliti". Tra il 1941 e il 1943, il Muftì e i servizi segreti tedeschi inviarono in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Palestina, Siria e Trasgiordania un gran numero di opuscoli e di altro materiale propagandistico antinglese e soprattutto antisionista. Anche quando le armate del Reich dovettero abbandonare le steppe russe e l'Africa settentrionale, arretrando sempre più verso i confini tedeschi, Husseini continuò a lottare, lanciando messaggi alle popolazioni mediorientali, africane e addirittura alle minoranze arabe residenti in Asia e negli Stati Uniti, spronandole a combattere contro il demonio sionista e plutocratico. Il 1° Marzo 1944, nel corso dell'ennesima trasmissione radiofonica, il Muftì ebbe modo di ribadire il suo immutato odio nei confronti degli israeliti: "Arabi! Alzatevi come un solo uomo e combattete per i vostri sacrosanti diritti. Uccidete gli ebrei dovunque li troviate. Ammazzate, e farete cosa gradita da Allah". Ma intanto la guerra stava volgendo al termine e le armate di Hitler ripiegavano su tutti i fronti sotto la pressione delle forze anglo-americane e sovietiche. Catturato nel tardo aprile del 1945 in un piccolo paese della Germania occidentale dalle truppe statunitensi, Al Husseini venne tradotto in un carcere francese da dove, nel 1946, riuscì però ad evadere, rifugiandosi prima al Cairo e poi a Beirut, in Libano. In questa città egli dedicherà il resto della sua esistenza ad elaborare piani e strategie finalizzati alla distruzione della razza ebraica e dello stato di Israele, dando, con immutata perseveranza e rabbia, il suo sostegno materiale morale a tutti i nemici del sionismo. Venerato ma ormai messo da parte dai più giovani e rampanti leader del terrorismo islamico, l'ex Gran Muftì di Gerusalemme Amin al Husseini morirà nella capitale libanese il 4 luglio 1974. NOTE
BIBLIOGRAFIA Eric Lefevre, Brandeburg Division commandos of the Reich, Histoire & Collections, Parigi, 2000. Hans von Steffens, Salaam (Geheimkommando zum Nil, 1942), K. Vowinckel Verlag, 1960. James Lucas, Kommando (German Special Forces of World War Two), Arms and Armour Press, 1985. Stefano Fabei, La politica maghrebina del Terzo Reich, Quaderni del Veltro, Parma. James Lucas, L'ultimo anno dell'esercito tedesco maggio 1944 - maggio 1945, Hobby & Work Italiana Editrice, Milano, 1998 (da Amici di Israele) _______________________________________________ Telegramma inviato da Heinrich Himmler al Gran Muftì: Traduzione: AL GRAN MUFTI AMIN EL HUSSEINI BERLINO IL MOVIMENTO NAZIONALSOCIALISTA DELLA GRANDE GERMANIA HA SCRITTO FIN DAL SUO INIZIO SULLA SUA BANDIERA LA LOTTA CONTRO L'EBRAISMO MONDIALE. QUINDI HA SEMPRE SEGUITO CON PARTICOLARE SIMPATIA LA LOTTA DEGLI AMANTI DELLA LIBERTÀ ARABI, SOPRATTUTTO IN PALESTINA, CONTRO GLI INTRUSI EBREI. L'INDIVIDUAZIONE DI QUESTO NEMICO E LA COMUNE LOTTA CONTRO DI LUI COSTITUISCONO IL SOLIDO FONDAMENTO DEL NATURALE LEGAME TRA LA GRANDE GERMANIA NAZIONALSOCIALISTA E GLI AMANTI DELLA LIBERTA' MAOMETTANI DI TUTTO IL MONDO. IN QUESTO SPIRITO LE TRASMETTO, NELL'ANNIVERSARIO DELL'INFAUSTA DICHIARAZIONE DI BALFOUR, I MIEI PIÙ CORDIALI SALUTI E AUGURI PER LA FELICE PROSECUZIONE DELLA SUA LOTTA FINO ALLA SICURA VITTORIA FINALE. FIRMATO: HEINRICH HIMMLER Hitler riceve il Gran Muftì di Gerusalemme Il Muftì di Gerusalemme e il moderno islam INDIRIZZI INTERNET Associazione AMICI DI ISRAELE | ||||||||||||||||