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La donna cananea

di Marcello Cicchese

MATTEO 15

  1. Partito di là, Gesù si ritirò nelle parti di Tiro e di Sidone.
  2. Quand'ecco, una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: “Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide! Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio”.
  3. Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli, accostatisi, lo pregavano dicendo: “Licenziala, perché ci grida dietro”.
  4. Ma egli rispose: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele”.
  5. Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: “Signore, aiutami!”.
  6. Egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini”.
  7. Ma ella disse: “Dici bene, Signore; eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”.
  8. Allora Gesù le disse: “O donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi”. E da quel momento sua figlia fu guarita.

Un modo comune di avvicinarsi ai racconti evangelici su Gesù è di trattarli come modelli di alta moralità, e dunque come esempi da cui imparare qualcosa per la propria condotta di vita. Si cercano allora, con opportuni adattamenti, possibili traslazioni nella vita quotidiana. Per esempio, dal modo in cui Gesù perdona la donna accusata di adulterio dai farisei (Giovanni 8:1-11) si trae l'invito a non imitare gli accusatori ma ad essere misericordiosi verso chi è "caduto" in questo o in altri peccati. Più chiari ancora sembrano essere i racconti di alcune parabole di Gesù, in cui l'insegnamento morale sembra essere esplicito, come la famosa parabola del buon samaritano. In questo caso, la figura esemplare sarebbe quel non ebreo che al contrario del sacerdote e del levita, davanti al ferito che incontra "non passa oltre dal lato opposto", ma si ferma e offre soccorso al ferito.
  Paragoniamo allora l'atteggiamento di quel samaritano verso il ferito con quello di Gesù verso la donna cananea. Gesù si trova fuori di Israele, in terra straniera. Avrebbe preferito restare in incognito (Marco 7:24), ma non gli è concesso: un imprevisto gli rovina il programma. Una donna del luogo, una cananea, una non ebrea, avendo saputo che nei paraggi si trova Gesù, ormai famoso in tutto il territorio, comincia a gridare. Perché grida? Perché è nel bisogno. Il suo grido è una richiesta angosciata di aiuto: in casa sua ha una figlia "gravemente tormentata da un demonio". La donna ha sentito che in Israele Gesù ha sanato malati di tutti i tipi, guarito epilettici, liberato indemoniati (Matteo 4:23-25); dunque sa che Gesù può davvero soccorrerla nel suo bisogno. Allora invoca a tutta voce il suo intervento: “Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide!" E che fa Gesù? Non risponde. Va oltre, proprio come il sacerdote e il levita della parabola citata. Non è strano?
  Si potrebbe tentare una spiegazione psicologica: Gesù era stanco. Di una stanchezza morale, spirituale. Era uscito da Israele dopo aver questionato in modo tremendo con farisei e scribi sull'onore da dare a Dio (Marco 7:1-23). Era stato uno scontro duro, da spaventare perfino i discepoli (Matteo 15:12). Adesso forse avrebbe preferito che per un po' si ignorasse la sua posizione pubblica, ma la donna cananea aveva rovinato tutto. Davanti al suo grido Gesù tace, come se sperasse che in questo modo la richiesta si spegnesse da sé. La donna invece insiste, insiste, insiste, al punto che perfino i discepoli s'infastidiscono di questo prolungato silenzio del loro maestro. Così Gesù, oltre ai gridi imploranti della donna, deve subire anche i loro allusivi rimproveri: "Licenziala, perché ci grida dietro", dice qui il testo, con un significato incerto che non sceglie tra "esaudiscila"  e "mandala via" di altre traduzioni. In ogni caso, i discepoli invitano Gesù a decidersi: o una cosa o l'altra, non ha senso lasciare tutti in sospeso, né la donna né loro.
  Alla donna no, ma ai discepoli Gesù risponde. E già questo può irritare qualcuno. Forse perché i discepoli sono uomini e la cananea è donna? Maschilismo? Anche il tenore della risposta può irritare: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele”. Che vuol dire? Forse che Gesù può aiutare soltanto gli ebrei in Israele e non i pagani di altre nazioni? Razzismo?
  La donna, che fino ad allora aveva "gridato dietro" al gruppo senza ottenere risposta, per obbligare Gesù a prenderla in considerazione gli si "prostra davanti" e lo implora: "Signore, aiutami". Che farà ora Gesù? La donna è lì, ai suoi piedi, e tutti, donna e discepoli, aspettano che si decida a dire o fare qualcosa. Gesù risponde: “Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini”. Che vuol dire? Anche qui c'è qualcosa che può apparire scandaloso.
  I figli di cui parla Gesù sono i "figli del regno" promesso a Davide. La donna ha riconosciuto Gesù come "figlio di Davide", re d'Israele, ma come cananea pagana deve ricordare che lei non è tra questi figli, dunque non ha certi diritti. Se  il mandato di Gesù viene metaforicamente inteso come un compito di portare cibo ai figli d'Israele, si capiscono le sue parole quando spiega che "non è bene" sprecare il cibo destinato ai figli ... per buttarlo ai cagnolini". E' una frase che si fa fatica a mandar giù.
  Per capirne la portata bisogna sapere che tra gli ebrei in Israele si pensava ai pagani come cani randagi che vanno in giro a cercare rifiuti di che sfamarsi. Dicendo "non è bene", Gesù usa un'immagine popolare per indicare il rispetto dovuto a un'oggettiva questione di posizione: il "pane" che gli è stato affidato per essere consegnato ad alcuni non deve essere dato ad altri. Certo però che l'accostamento di figli e cani può mettere a disagio.
 La reazione della donna è ancora più sorprendente: invece di insorgere offesa per il modo usato, entra pacatamente nel merito: "Dici bene, Signore". Da notare che adesso non ripete l'espressione "figlio di Davide", che è implicita nelle parole "dici bene" con cui ammette che tutto quello che Gesù ha detto sul Regno e sui suoi figli è vero. Ripete invece l'espressione "Signore", che può essere intesa come "Signore di tutti", dunque anche dei cagnolini.
  Questa reazione alle parole di Gesù ricorda la risposta di Mosè alle parole con cui Dio dopo l'idolatria del vitello d'oro gli aveva comunicato la decisione di distruggere il popolo. In quell’occasione Mosè non cercò di impietosire Dio facendogli notare che la sua decisione avrebbe provocato la morte di uomini donne e bambini incolpevoli; allo stesso modo, la donna non cerca di impietosire Gesù facendogli notare che il suo rifiuto avrebbe lasciato lei e sua figlia in una situazione angosciosa. In entrambi i casi l'attenzione non è posta sulle conseguenze della decisione, ma sulle parole di chi ha preso la decisione.
  Mosè osa rivolgersi a Dio dicendogli: "Ricordati!" Ricorda quello che avevi detto ad Abraamo Isacco e Giacobbe quando "giurasti per te stesso, dicendo loro: 'Io moltiplicherò la vostra progenie come le stelle dei cieli; darò alla vostra progenie tutto questo paese di cui vi ho parlato, ed essa lo possederà per sempre'" (Esodo 32:13).
  E a queste parole Dio si pentì (Esodo 32:14).
  La donna sente Gesù che dice: E' bene che... e risponde: Dici bene, Signore. Quindi non contesta la situazione legale prospettata da Gesù: anche per lei i figli sono figli e i cani sono cani, ma senza invalidare l'autorità della legge, fa presente che si può trovare un'applicazione che non la contrasta: anche i cani possono essere sfamati senza togliere nulla ai figli.
  E a queste parole Gesù si pentì.
  Non sta scritto proprio così, ma è il senso che si può dare alle parole "ti sia fatto come vuoi".  La decisione è presa; il Signore ha parlato; le conseguenze sono viste da tutti: "E da quel momento sua figlia fu guarita".
  Gesù non trascura neppure di rendere note le motivazioni della sua sentenza: "O donna, grande è la tua fede".
  La donna si è messa nella giusta posizione in due modi: 1) ha riconosciuto, come pagana, la posizione predominante di Israele e dei suoi figli; 2) ha creduto, contrariamente a molti ebrei, che Gesù è davvero il figlio di Davide promesso a Israele. E ha posto la sua fiducia in lui.
  Una lettura del testo evangelico di questo tipo esclude radicalmente ogni applicazione attualizzante di tipo moralistico. Non esiste tra gli uomini alcuna situazione paragonabile a quella qui descritta. Qui è rivelato qualcosa di importante sulla persona di Gesù come figlio di Davide nei suoi rapporti col regno promesso a Israele (2 Samuele 7:12-16); come buon pastore che va in cerca delle "pecore perdute della casa d'Israele" (Ezechiele 34:11-16); come servo di Dio mandato sulla terra per essere "luce delle nazioni e strumento di salvezza fino alle estremità della terra" (Isaia 49:6).
  E se il suo comportamento appare scandaloso a qualcuno, ciò è dovuto al carattere particolare della Bibbia, che davanti al tentativo di forzarne il significato secondo i propri gusti si chiude a riccio e lascia che il superbo lettore rimanga nelle sue convinzioni davanti al testo. Senza capire che non ha capito.
  Non così la donna cananea, che come l'ebrea Maria di Betania si pone in umiltà ai piedi di Gesù, e così facendo "ha scelto la buona parte che non le sarà tolta" (Luca 10:38-42).

(Notizie su Israele, 23 giugno 2024)