Inizio - Attualità »
Presentazione »
Approfondimenti »
Notizie archiviate »
Notiziari »
Arretrati »
Selezione in PDF »
Articoli vari»
Testimonianze »
Riflessioni »
Testi audio »
Libri »
Questionario »
Scrivici »
Approfondimenti



La fedeltà di Dio nei confronti di Israele ci incoraggia ad essere certi della nostra salvezza

Intervista al prof. Berthold Schwarz, docente di Teologia Sistematica alla Freie Theologische Hochschule Gießen (Germania) e Direttore dell'Institut für Israelogie.

Il prof. Berthold Schwarz

Israele continua ad avere un ruolo importante nel piano di salvezza di Dio e per questa ragione è fondamentale che determinati passi degli evangeli, ma anche degli scritti apostolici, non siano fraintesi ma interpretati in modo corretto per fede. Nell'intervista Berthold Schwarz parla dell'istituto, di un'involontaria teologia della sostituzione, dell'importanza del tema Israele e del giusto uso della Bibbia.

- Lei è direttore dell'Istituto di lsraelogla, Qual è stato il motivo della sua fondazione?
  Già negli anni Ottanta il rettore della Freie Theologische Hochschule (FTH) di Gießen, Helge Stadelmann, era convinto che dovessimo riflettere più a fondo sul rapporto fra Israele e la storia della salvezza biblica. Quando dei predicatori visitano le chiese e conoscono poco o niente di Israele, o presentano soltanto una «teologia della sostituzione», in cui Israele è soppiantato dalla Chiesa e non svolge più alcun ruolo, a lungo andare provocano dei danni nella formazione dei giovani e delle assemblee. Negli anni Ottanta, tuttavia, non c'erano né le risorse finanziarie né quelle personali per realizzare la visione di Stadelmann. Nell'anno 2003 sono stato nominato docente alla FTH e si parlò della possibilità di creare un Istituto per lo studio di Israele. In quel processo è stato utile che io propugnassi lo studio dell'importanza biblica di Israele nella storia della salvezza. Poi ci furono offerte delle generose possibilità di finanziamento esterne da parte dell'associazione CfI (Cristiani per Israele). Tutto questo ci ha permesso di fondare l'Istituto a Giessen nel 2004.

- Quali sono i compiti dell'Istituto?
  
L'Istituto lavora secondo i mezzi finanziari che ha a disposizione. Per esempio pubblichiamo una collana di libri scientificamente rilevante, la Edition Israelogie, e cerchiamo così di raggiungere soprattutto i collaboratori con una preparazione teologica, gli studenti delle scuole bibliche e di teologia. Affrontiamo varie questioni importanti - anche dal punto di vista teologico - che riguardano Israele. All'Istituto collaborano, fra gli altri, degli studenti della FTH. Curiamo i contatti con gli ebrei messianici nei paesi germanofoni e nell'America settentrionale. Sul nostro sito pubblichiamo vari saggi per tenere vivi certi temi come il superamento della teologia della sostituzione, il significato d'Israele nel rapporto con la Chiesa di Gesù, la chiarificazione di cosa sia l'ebraismo messianico o la questione dell'interpretazione della storia della salvezza nella Bibbia.
Come ogni lettore della Bibbia ben sa, leggere e capire l'Antico e il Nuovo Testamento comporta una grande sfida esegetica. Talvolta affrontiamo dettagli provocatori e la domanda se un dato passo si riferisca soltanto a Israele oppure no. Oppure, come deve essere applicato concretamente un certo passo biblico alla Chiesa e/o a Israele. A chi affronta questi interrogativi, cerchiamo di offrire dei mezzi di orientamento con i contributi dell'Istituto. Per quanto mi riguarda, visito numerose comunità in tutta la Germania per insegnare il rapporto biblico fra Israele e la Chiesa di Gesù.

- Esistono altre opere, scuole bibliche o chiese che si rivolgono all'Istituto e chiedono aiuto in questo frangente? Oppure succede il contrario ed è l'Istituto che va incontro agli altri?
  L'Istituto esiste dal 2004 e nel frattempo sono nati molti rapporti con i leader dei gruppi di ebrei messianici negli USA, con gente in Israele, giornalisti e teologi, e con istituti di formazione teologica nell'America del Nord o in Israele, come per esempio l'Israel College ofthe Bible. Nei paesi germanofoni le scuole bibliche e gli istituti di formazione sono relativamente restii per quanto riguarda la dottrina su Israele. Noi proponiamo delle conferenze, per le quali invitiamo degli oratori competenti, ma la risposta da parte delle scuole bibliche e delle chiese non è ancora come vorrei. Generalmente sono le chiese locali o singoli credenti che chiedono un servizio dell'Istituto dicendo: «Passa da noi, parla durante un convegno biblico. Guida le riunioni durante un fine settimana su Israele. Predica da noi sul tema Israele.» Negli anni scorsi abbiamo creato dei contatti grazie al mio servizio di relatore itìnerante. Talvolta anche altri collaboratori viaggiano e partecipano a manifestazioni, per esempio studenti che informano e sensibilizzano sugli obiettivi dell'Istituto. A Israele e alla Chiesa di Gesù sono legate delle domande importanti che i credenti stessi devono chiarire nella fede. Qui non si tratta soltanto della «voce 5000 dell'ordine del giorno», che in fin dei conti non interessa più nessuno. Israele è un tema importante per i Cristiani, o se non altro dovrebbe esserlo! A mio parere, come cristiani siamo tenuti a farci un'idea molto chiara e a saper informare in modo appropriato su questo argomento. Perciò, come Istituto di Israelogia, cerchiamo di dare degli impulsi alla riflessione. Negli ultimi otto anni, per essere sincero, l'istituto non ha ancora raggiunto un buon grado di influenza. Tuttavia ringraziamo il Signore per l'inizio che ci ha concesso!

- Qual è l'obiezione più frequente che sentite pronunciare e con cui si giustifica la teologia della sostituzione, ossia la dottrina secondo cui la Chiesa avrebbe preso il posto di Israele?
  In Germania ci sono ancora delle persone che ragionano in modo strettamente legato alla teologia della sostituzione, ma con loro ho raramente occasione di parlare. Molti altri però affermano tale teologia involontariamente e in buona fede. Spesso sono dei cari fratelli che prendono sul serio gli insegnamenti biblici, ma finiscono per interpretarli secondo la teologia della sostituzione senza rendersene conto. Questo dipende dalla cosiddetta ermeneutica, ossia dalle regole con cui interpretano le Scritture. Se per esempio alcune affermazioni dell'Antico Testamento, le profezie pronunciate da Gesù o i messaggi degli apostoli vengono considerati soltanto delle «immagini», e quindi non ci si aspetta una loro realizzazione concreta (sebbene il testo non sostenga tale ipotesi), se ne dà un'interpretazione molto diversa che se vi si
Certi passi della Bibbia non con- tengono parole rivolte diretta- mente alla Chiesa di Gesù e, per interpretarle correttamente, è necessario tener conto prima di tutto del loro destinatario originario.
riconosce una promessa divina per il futuro d'Israele. In un certo senso è necessario cambiare approccio e riconoscere che determinati passi della Bibbia non contengono parole rivolte direttamente alla Chiesa di Gesù e che, per interpretarle correttamente, è necessario tener conto prima di tutto del loro destinatario originario. Una volta fatto questo, ci si può chiedere: «Che cosa significano queste parole per la Chiesa di Gesù?» L'esperienza insegna che alcuni fratelli non riescono a compiere questo trasferimento durante l'interpretazione, ma spesso ciò non è dovuto a cattive intenzioni. Si legge semplicemente il testo: «Ascolta, ascolta Israele» e ci si dice: «Oggi non vogliamo più sentire parlare di Israele, queste parole sono sicuramente rivolte alla Chiesa!» In questo modo un testo biblico, che aveva un altro destinatario, viene applicato direttamente alla Chiesa di Gesù, e si tralascia di chiedersi che cosa significasse o significhi ancora per Israele. Inavvertitamente si inserisce qualcosa nell'interpretazione biblica che ha delle gravi conseguenze per il destinatario iniziale, Israele, senza esserne consapevoli.

- I più radicali si rifanno spesso agli apostoli e affermano: «Anche gli apostoli usano l'Antico Testamento in questo modo e riferiscono dei passi veterotestamentari alla Chiesa!)) Come risponderebbe a tale affermazione?
  Il loro ragionamento non è nuovo. Se però ci si impegna un po' e si analizza il modo in cui gli evangelisti del Nuovo Testamento, gli apostoli e Gesù stesso hanno usato i passi dell'Antico Testamento, si costata che non esiste un unico metodo o modo di citare e applicare i passi veterotestamentari. Questa è un'osservazione importante per ribattere la drastica affermazione che gli apostoli abbiano agito sempre secondo lo stesso schema.
Esistono invece molte varianti nel modo in cui il Nuovo Testamento tratta l'Antico. Alcune parole dell'AT hanno un significato per la Chiesa, per esempio come esortazione, nel senso di: «Imparate da loro». Ma ci sono vari altri modi e non c'è una sola regola. Per esempio, esistono alcune affermazioni neotestamentarie che confermano che determinate promesse rivolte a Israele nell'Antico Testamento ancora non si sono avverate e si realizzeranno in futuro, dopo il tempo della Chiesa. Ciò significa che non si può generalizzare e che è necessario esaminare ogni singolo passo e capire come Gesù e gli apostoli abbiano veramente usato le promesse e le affermazioni dell'Antico Testamento.
   Il semplice schema in bianco e nero, che di tanto in tanto si usa per spiegare il comportamento del Signore Gesù e degli apostoli, a mio parere non è corretto.

- Come interpreta le promesse per Israele in vista dello Stato ebraico moderno? Anche qui si dibatte sul ruolo esatto che la nazione secolare d'Israele ha nel piano di salvezza di Dio.
  In linea generale dobbiamo fare lo sforzo di riscoprire le promesse dell'Antico Testamento e capirne il contenuto nel contesto temporale in cui sono state pronunciate e per il pubblico cui erano destinate. Il passo che si sta esaminando si riferisce a un periodo preesilico? Oppure parla dell'esilio? O vi si accenna a qualcosa che riguarda la fine dei tempi? Per cominciare, quindi, dobbiamo capire le profezie e le promesse di Dio nel modo in cui i destinatari le capirono. In seguito esaminiamo come se ne parla nel Nuovo Testamento, se per esempio il discorso viene ripreso e portato avanti, se la promessa va riferita a Gesù e come eventualmente può essere riferita a Israele. Se si procede in questo modo, non si potrà affermare che i versetti dell'Antico Testamento che contengono una promessa sono tutti ancora irrealizzati. Esistono
I primi destinatari, il popolo del patto, Israele o gli ebrei, hanno ricevuto delle promesse che ancora dovranno realizzarsi nel futuro. Tali promesse sono spesso legate a determinate con- dizioni che si devono realizzare in un certo momento storico.
numerose promesse che ebbero la loro realizzazione già nel corso della stesura della Bibbia (per esempio quelle riguardo a Gesù, alla sua venuta, alla sua messianicità, ecc.).
Tutti questi passi vanno distinti dalle promesse che ancora non si sono avverate. Allora ci si rende conto che i primi destinatari, il popolo del patto, Israele o gli ebrei, hanno ricevuto delle promesse che ancora dovranno realizzarsi nel futuro. Tali promesse sono spesso legate a determinate condizioni che si devono realizzare in un certo momento storico. Prima non si potrà affermare che quelle promesse bibliche si siano avverate. Se riusciamo ad affrontare una promessa biblica in questo modo, troveremo anche delle affermazioni e delle promesse valide e fondate che si possono mettere in relazione con lo Stato d'Israele. Bisogna tuttavia prestare attenzione perché alcune promesse rivolte a Israele si riferiscono a un tempo ancora futuro e non allo Stato ebraico attuale. Distinguere le une dalle altre non è sempre facile. I lettori della Bibbia devono accettare la sfida e impegnarsi a non identificare con leggerezza tutte le promesse rivolte all'Israele biblico con quelle rivolte allo Stato ebraico secolare moderno.
Bisogna sempre tener conto del contesto in cui le promesse e la loro realizzazione vengono riportate. Esistono delle promesse che riguardano il futuro ristabilimento d'Israele, cui deve precedere però un profondo pentimento o un risveglio o una determinata azione di Dio, o che si riferiscono al ritorno del Messia. Promesse di questo tipo non possono applicarsi semplicemente a una qualche situazione storica d'Israele, e neppure al moderno Stato ebraico. Studiare a fondo e distinguere questi aspetti non è facile, richiede molto lavoro e uno studio approfondito delle Scritture.
   
- Che cosa consiglia a chi non ha avuto una formazione teologica? Se un semplice lettore della Bibbia legge tutti questi passi, può applicare una regola generale per metterli in relazione con l'Israele del passato, quello presente, quello del futuro e con la Chiesa?
  Il lettore che vuole leggere la Bibbia con attenzione ed è spinto da una certa curiosità dovrebbe tentare, durante la lettura dell'Antico Testamento, di riconoscere le connessioni interne alla Bibbia. Per farlo possono essere utili una chiave biblica e le proprie crescenti conoscenze della Parola di Dio, non è necessario aver studiato teologia ma essere interessati. Per esempio ci si può chiedere: «Bene, abbiamo qui una parola di Ezechiele oppure è il profeta Amos a parlare? Un momento, qui sembra quasi che questo messaggio di Dio sia stato dato nel periodo dell'esilio. Parte di questa promessa si è forse già realizzata? Oppure si tratta di qualcosa che deve ancora avvenire?» Durante lo studio si può prendere spunto anche da testi utili, da libri che nel corso degli ultimi decenni sono stati pubblicati su varie domande. Consiglio che si tenti di individuare le relazioni con un lessico biblico, lo studio personale della Bibbia e con libri. In questo modo si accresce la comprensione del modo in cui i testi dell'Antico Testamento sono connessi a quelli del Nuovo e quali interventi di Dio nei confronti d'Israele sono già avvenuti e quali no. Questo approccio richiede una certa disciplina dal lettore biblico perché non dia risposte affrettate e superficiali ma si impegni a studiare e capire ciò che è scritto.

- Un'ultima domanda. Lei ha detto che la questione d'Israele non è soltanto la voce 5000 nell'ordine del giorno. Perché essa è rilevante anche nella vita quotidiana del cristiano medio?
  La Chiesa di Gesù non va considerata il sostituto del popolo d'Israele. Questa, in ogni caso, è secondo me la visione corretta dedotta dalla Bibbia. Ciò significa che Israele continua ad avere un ruolo importante nel piano di salvezza di Dio e per questa ragione è fondamentale che determinati passi degli evangeli, ma anche degli scritti apostolici, non siano fraintesi ma interpretati in modo corretto per fede. Per esempio, come si affrontano determinate affermazioni bibliche se non si possono applicare direttamente alla Chiesa?
Visto che non si possono eliminare, bisogna chiedersi: Se hanno un significato per Israele, come posso ugualmente trarre profitto dalle promesse, dalle esortazioni e dai giudizi dell'Antico Testamento (cfr. 2 Ti 3:16: «ogni Scrittura è utile»)? Quale significato concreto hanno questi versetti per la Chiesa di Gesù o
Guardare Israele rafforza anche la nostra fede in Gesù Cristo. Se riconosciamo le connessioni e vediamo come Dio sta scrivendo la storia della salvezza, come annuncia la sua salvezza tramite suo Figlio Gesù nel contesto neotesta- mentario del Giudaismo e di Israele, allora la nostra fede ne esce arricchita e incoraggiata.
per il singolo credente, anche se inizialmente non furono rivolti a loro? È di fondamentale importanza rispondere a queste domande per leggere la Bibbia con profitto e crescere nella fede. Osservando Israele, si possono imparare lezioni importanti. Israele è la dimostrazione che l'opera salvifica di Dio nella storia non è ancora finita. Qui non si tratta di una suggestione o di una filosofia, ma del fatto che Dio opera in questo popolo e continuerà a farlo in futuro. Guardare Israele rafforza anche la nostra fede in Gesù Cristo. Se riconosciamo le connessioni e vediamo come Dio sta scrivendo la storia della salvezza, come annuncia la sua salvezza tramite suo Figlio Gesù nel contesto neotestamentario del Giudaismo e di Israele, allora la nostra fede ne esce arricchita e incoraggiata. Per questa ragione i cristiani devono riflettere su Israele e imparare a riconoscere i nessi. Per esempio dobbiamo capire perché i capitoli 9, lO e Il di Romani si trovano proprio in questa lettera. Ciò ha fra l'altro qualcosa a che vedere con la certezza della nostra salvezza (cfr. il passaggio da Rm 8:31-39 a Rm 9:1 sgg. e 11:1 sg. a Il :25-29). Se i cristiani vogliono ottenere la certezza della loro salvezza devono evidentemente credere in Gesù Cristo, nella sua morte vicaria sulla croce e nella sua redenzione. Ma anche Israele vi gioca un ruolo. La fedeltà di Dio nel rapporto con Israele ci incoraggia a essere certi della nostra salvezza. Dio nella storia si è rivelato fedele nei confronti di Israele (Rm Il :28) e così è fedele verso «noi» che crediamo in Cristo (Rm 8:39). La fedeltà di Dio rafforza la nostra certezza della validità della salvezza per la fede nel Cristo risorto (Rm 4:25).
Per finire vorrei porre l'accento sul fatto che, in generale, dobbiamo riflettere soprattutto su Cristo stesso. Lui è il nostro Signore, Redentore, Salvatore, colui che serviamo e al quale ubbidiamo. La meditazione su Gesù Cristo non deve essere soppiantata da nessun altro studio, neppure dalle ricerche riguardo Israele. Ciò non significa tuttavia che bisogna trascurare o disprezzare gli aspetti biblici importanti che riguardano il popolo di Dio. Dobbiamo piuttosto mettere in relazione, sulla base dell'insegnamento biblico, la storia della salvezza di Dio con Israele e la fede nel Salvatore Gesù Cristo: proprio questo ci permette di vivere una vita di fede equilibrata, sana e orientata sulla Bibbia.

(Chiamata di Mezzanotte, ottobre 2014)