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Gli «interstizi» del Ghetto

Ebrei e cristiani nella Serenissima: un volume mette in luce divisioni ma anche scambi e rapporti di amicizia fra gli intellettuali

di Riccardo Calimani

La zona del Ghetto ebraico a Venezia
Ebrei e cristiani, pur contigui, vissero veramente separati a Venezia e nei suoi domini nel periodo che va dal tardo Medioevo all'età moderna? In apparenza la risposta a questa domanda sembra semplice. A Venezia le porte del ghetto furono abbattute e bruciate solo con l'arrivo delle truppe napoleoniche e nei territori della Terraferma la situazione non era molto differente. Eppure le conclusioni intuitive non sembrano essere così scontate. Nel settembre del 2007 si è tenuto presso il Centro Tedesco di Studi Veneziani e il Dipartimenti di Studi Storici dell'Università di Ca' Foscari un convegno con gli interventi di numerosi studiosi che hanno dibattuto la questione e si sono chiesti se, al di là dei comportamenti ufficiali sanciti da innumerevoli leggi e regole, non vi siano stati continui scambi tra ebrei e cristiani non solo in campo economico, ma anche più specificamente in campo religioso, scientifico, sociale e culturale sia Venezia che nello Stato de Mar.
   Qualche tempo fa le Edizioni di Storia e Letteratura hanno pubblicato gli atti di quel incontro di studi e questo volume di seicento pagine a più voci è oggi un prezioso strumento per capire quali siano stati i complessi processi di interazione tra maggioranza e minoranza e per capire come si sia sviluppata quella ricca osmosi tra individui e gruppi apparentemente divisi da un muro di incomprensioni e di delibere discriminatorie. Questo il titolo: Interstizi. Culture ebraico- cristiane a Venezia e nei suoi Domini dal Medioevo all'età moderna a cura di Uwe Israel, Robert Jütte e Reinhold Mueller. Le diciotto relazioni, frutto del lavoro di numerosi specialisti, ruotano attorno a questi spazi angusti eppure fecondi, gli interstizi, appunto, e sottolineano che, pur nella complessità del dualismo segregazione-apertura, le influenze reciproche, magari non dichiarate, non manifeste, ci furono e furono profonde e la premessa a queste analisi non poteva essere più originale e brillante: la riproduzione di una lettera del cardinale Bessarione diretta nel 1463 al doge Cristoforo Moro nella quale si sostiene che agli ebrei veniva concesso di stare in mezzo ai cristiani in modo «pacifico, tranquillo e libero» e di «vivere e relazionare e commerciare con loro». La bolla di Bessarione, di straordinaria importanza, fu fatta propria dal Consiglio dei Dieci due mesi più tardi, ma questo gesto non impedì che mezzo secolo dopo a Venezia fosse costituito il ghetto, luogo di segregazione che sarebbe durato almeno tre secoli. Nonostante tutto questo, come hanno ben testimoniato paradossalmente gli stessi verbali dei processi inquisitori, le aree di interconnessione esistenziale furono molto ampie e i contatti tra gli individui si svilupparono in molti ambiti personali sociali e economici e perfino religiosi, con azioni e reazioni, tra incertezze ed esitazioni.
   Intellettuali dei due schieramenti intrecciarono spesso intensi rapporti di amicizia e di discussione, magari in modo discreto e non formale e molto spesso le deliberazioni delle autorità furono più volte reiterate, segno evidente del fatto che non venivano rispettate come si sarebbe auspicato. Quello che emerge sorprendentemente è la capillarità, la persistenza dei piccoli insediamenti ebraici nel Veneto non solo a Verona, a Padova a Rovigo e, naturalmente, a Venezia, ma anche in piccoli borghi o paesi dove più facili erano i contatti e gli interscambi e i cosiddetti "interstizi" potevano essere più ampie meno controllati. Singolare il fatto che, ai primi gruppi italiani o todeschi, si siano affiancati a poco a poco ponentini e levantini commercianti che arrivavano da regione lontane, da porti del Mediterraneo dove avevano conservato parentele e legami personali molto utili a quello che oggi sarebbe stato chiamato importexport. L'analisi di molti documenti notarili getta un fascio di luce intenso e nuovo su questa antica presenza ebraica e permette di capire fino in fondo quanto le terre venete siano state da secoli e secoli crogiolo di esperienze e di incontri fecondi tra genti diverse che arrivavano alla ricerca di tranquillità e benessere. La storia di ieri rivela ancora non solo antiche complessità, ma anche e offre strumenti per capire gli avvenimenti di oggi.

(Corriere del Veneto, 9 luglio 2011)