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Notizie settembre 2009

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Egitto, Amnesty International denuncia: centinaia di migranti muoiono al confine con Israele

Soldati israeliani confermano: "Sappiamo di uccisioni quasi tutti i giorni"

Diversi gruppi di attivisti per i diritti umani, tra cui Amnesty International, sostengono che le cifre ufficiali relative ai migranti uccisi dalle forze egiziane al confine con Israele, non rivelano la gravità del bilancio. Secondo questi dati sarebbero sette le vittime dall'inizio del mese ma diverse testimonianze parlano di uccisioni quotidiane. Sigal Rosen, dell'Ong "Moket", ha dichiarato all'agenzia Irin che" credo fortemente che ci siano centinaia di morti non dichiarte".
Sigal riferisce anche di aver parlato con centinaia di rifugiati e che tutti hanno raccontato di vittime nel loro gruppo. Cita poi anche fonti dell'esercito israeliano schierato al confine che "sentiamo sparare tutte le notti e quasi tutti i giorni siamo informati che le forze egiziane hanno ucciso qualcuno".
Il portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Hossam Zaki, ha risposto a queste affermazioni sostenendo che "la protezione dei confini dell'Egitto è limitata dai trattati e dalle convenzioni internazionali". Si apre il fuoco sui migranti, continua Zaki, "solo dopo che hanno ignorato l'ordine di fermarsi".
Human Rights Watch sostiene che anche in questo caso, non costituendo l'attraversare il confine un pericolo grave e immediato alla sicurezza, aprire il fuoco è illegale.
Nonostante il grande rischio che la rotta egiziana comporta, sono da 400 a 600 le persone che riescono ad entrare in Israele illegalmente ogni mese. La cifra dei richiedenti asilo attualmente sul suolo israeliano oscilla tra i 17 mila e i 24 mila.

(PeaceReporter, 30 settembre 2009)

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Braccio armato di Hamas conferma un accordo sul soldato Shalit

Si' alla liberazione di 20 "prigioniere" palestinesi in cambio di un filmato

Un murales che raffigura il soldato Shalit a Gaza
TEL AVIV-GAZA - Grazie alla mediazione di Egitto e Germania, Israele e Hamas sono giunti ad una prima intesa su uno scambio di prigionieri che consenta la liberazione di Ghilad Shalit, il caporale israeliano tenuto in ostaggio a Gaza dal giugno 2006. In cambio di un filmato di 60 secondi che mostra Shalit, Israele libererà venerdì 20 detenute palestinesi militanti di svariate organizzazioni fra cui Hamas, al-Fatah, Jihad islamica e Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Secondo radio Gerusalemme, il filmato è già nelle mani del mediatore tedesco.
"Si tratta di una svolta importante, ma la strada da percorrere resta ancora molto lunga", ha commentato il capo dello stato israeliano Shimon Peres. L'annuncio è giunto simultaneamente, in mattinata, a Gerusalemme e a Gaza. A Gerusalemme l'ufficio del primo ministro Benyamin Netanyahu ha divulgato un comunicato. A Gaza City la notizia è stata diffusa dal portavoce delle Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas) Abu Obeida, che ha improvvisato una conferenza stampa. In città l'eccitazione è palpabile, mentre la radio al-Aqsa di Hamas trasmette in onda aperta per sottolineare l'importanza del "successo" appena conseguito. Abu Obeida ha precisato che quasi tutte le "prigioniere" che riacquisteranno la libertà sono originarie della Cisgiordania, in prevalenza di Nablus. Ma una di esse - ancora non si conosce l'identità - ha residenza a Gaza ed è reclusa in carcere assieme con il suo figlio. Ancora non è noto se essa sarà autorizzata a rientrare nella Striscia. In giornata le autorità carcerarie israeliane pubblicheranno la lista delle detenute palestinesi che stanno per essere liberate: ciò per consentire eventuali ricorsi alla Corte Suprema da parte di congiunti di vittime di attentati a cui potrebbero aver preso parte. Da parte sua Abu Obeida ha ribadito che restano inalterate le condizioni iniziali di Hamas per la liberazione di Shalit. A quanto risulta esse includono la liberazione di centinaia di detenuti coinvolti nella progettazione e nella realizzazione di una serie di stragi che hanno insaguinato Israele nei primi anni della intifada.

(ANSA, 30 settembre 2009)

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Abu Sharif annuncia la 'terza Intifada'

L'ex consigliere di Yasser Arafat denuncia: 'Sarà una conseguenza delle violazioni e dei massacri israeliani'. - "I palestinesi si preparano ad una nuova Intifada". Bassam Abu Sharif, ex consigliere di Yasser Arafat, non ha dubbi e prepara gli animi della comunità internazionale alla terza insurrezione popolare del popolo palestinese dopo quella del dicembre del 1987 e quella del 2000 scatenata dalla passeggiata provocatoria dell'allora premier israeliano Ariel Sharon sulla spianata delle Moschee. Le dichiarazioni di Abu Sharif, diffuse oggi dall'agenzia di stampa Maan, sono giunte a commento degli incidenti di domenica scorsa avvenuti nella spianata antistante la moschea di Aqsa a Gerusalemme. Negli scontri, estesisi poi anche alla Città Vecchia di Gerusalemme, sono rimaste ferite cinquanta persone fra fedeli islamici e agenti della polizia israeliana. Il politico ha anche sostenuto che la, possibile, terza Intifada sarebbe una conseguenza delle "violazioni israeliane, dei massacri, della politica anti-palestinese, della confisca di terre e della separazione geografica delle terre palestinesi", mediante la costruzione della Barriera di Sicurezza. Nel frattempo la polizia israeliana continua ad indagare sugli incidenti di domenica scorsa avvenuti quando 150 fedeli islamici hanno impedito con la forza l'ingresso nella spianata delle moschee ad un gruppo di escursionisti. Permangono ancora delle divergenze sulla ricostruzione dei fatti. Secondo quanto la versione israeliana i turisti erano europei, mentre per i palestinesi si trattava di nazionalisti ebrei in procinto di recitare preghiere in occasione del digiuno del Kippur.

(PeaceReporter, 30 settembre 2009)

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Un microago israeliano per aiutare le popolazioni che soffrono

di Anna Momigliano

Obiettivo: più vaccino per tutti. Specie per i Paesi più poveri, per i quali è assai difficile garantire un'adeguata copertura ai propri cittadini in vista di una maggiore diffusione dell'influenza A.
Una piccola azienda bio-medica israeliana sostiene di avere trovato una soluzione per rendere i vaccini più efficaci dell'80%, attraverso l'utilizzo di un micro-ago. NanoPass è una start up - otto persone in tutto - basata a Ness Ziona, nella zona centrale di Israele. Come suggerisce il nome, è specializzate in nanotecnologie biomediche. Qualche mese fa la piccola società ha brevettato un micro-ago, adattabile alle siringhe attualmente in commercio, ma appena visibile all'occhio nudo, date le sue ridottissime dimensioni. Il prodotto, nato con l'obiettivo principale di ridurre il disagio nei pazienti, avrebbe già ottenuto la certificazione CE e sarebbe in attesa dell'autorizzazione dell'americana Food and Drug Administration, stando a quanto riferiscono fonti della compagnia. Inoltre la start-up ha firmato un accordo con l'Infectious Disease Research Institute di Seattle. Insomma, si tratta di un progetto bene avviato, che però è nato principalmente per ridurre i disagi nei pazienti dei Paesi ricchi, non per aumentare la diffusione dei vaccini nei Paesi poveri. Adesso però i creatori del micro-ago sostengono che questa nuova tecnologia potrebbe essere cruciale nel piano di vaccinazioni per l'influenza A e per altre vaccinazioni di massa: "Test clinici recentemente pubblicati sulla rivista Vaccine provano che [l'utilizzo del micro-ago] può ridurre la dose di un regolare vaccino per l'influenza stagionale, preservando la sua efficacia", dice l'amministratore delegato Yotam Levin. "In pratica questo significa che le autorità possono utilizzare la quantità di vaccino che hanno acquistato, per vaccinare almeno il doppio, se non il triplo, di persone". Adesso è ancora presto per cantare vittoria. Ma se confermata da studi più approfonditi, la scoperta di questa piccola azienda israeliana potrebbe trasformarsi in uno strumento preziosissimo per diffondere molti tipi di vaccino nei Paesi in via di sviluppo.

(Notiziario Ucei, 30 settembre 2009)

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Raid di Israele


L'aviazione di Israele ha portato un raid nel sud della Striscia di Gaza in risposta al lancio di due missili da parte di gruppi armati palestinesi verso il territorio israeliano. Secondo fonti militari di Israele, i razzi si sono abbattuti a nord della Striscia, nei pressi del villaggio di Zikin, senza causare danni o vittime. In risposta, "aerei da combattimento dell'Aeronautica hanno attaccato tre tunnel di contrabbando nell'area di Rafah, vicino la frontiera con l'Egitto", spiega un portavoce militare israeliano.

(L'Unione Sarda, 30 settembre 2009)

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Festa delle capanne

CASALE MONFERRATO (AL) - Per la comunità israelitica è la settimana della festa dei Sukot e come capita anche in altre occasioni la comunità di Casale Monferrato condivide questo momento di gioia con tutta la popolazione della città in cui vive da più di 400 anni.
Dunque a partire dalle ore 17 di domenica 4 ottobre la festa si apre a tutti.
E merita davvero di essere celebrata insieme perché è una ricorrenza particolarmente vivace che prevede molte occasioni conviviali. Il cortile del ghetto (cortile delle api) attrezzato con la tradizionale sukah (capanna), si animerà di un banchetto tradizionale con cibi ebraici che vengono solitamente consumati per questa festa (che prevede soprattutto frutta candita).
Si potrà però anche assistere a momenti della tradizionale cerimonia in cui i membri e gli amici della comunità pronunciano caratteristiche benedizioni (Sukot è una festa molto legata alle tradizioni agricole). Il tutto guidato, e spiegato da Claudia de Benedetti, vicepresidente Ucei e studiosa di tradizione ebraica che commenterà ogni passaggio della cerimonia dal punto di vista storico e culturale.
La festa è conosciuta anche con i nomi di "Festa delle capanne" o "Festa dei tabernacoli" ed è tra le ricorrenze più importanti dell'ebraismo. La parola "sukot" (plurale della parola ebraica "sukah) significa, per l'appunto capanna e serve a ricordare la vita del popolo di Israele nel deserto, quando durante il viaggio verso la terra promessa gli ebrei costruivano ripari provvisori con la poca vegetazione che riuscivano a trovare. Una ricorrenza antichissima dunque, tanto da essere codificata nella Torah "Per sette giorni abiterete nelle capanne. Ogni cittadino d'Israele abiterà nelle capanne, affinché le vostre generazioni sappiano che Io, il Signore Dio vostro, ho fatto risiedere i figli d'Israele nelle capanne quando li feci uscire dalla terra d'Egitto " (Levitico 23: 42-43).

(Il Monferrato, 30 settembre 2009)

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Un cartone animato di Hamas prende in giro l'ostaggio israeliano Gilad Shalit


(Palestinian Media Watch, 29 settembre 2009)

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Yom Kippur di tensione a Gerusalemme

La festa non cancella le preoccupazioni per i razzi iraniani

GERUSALEMME - Una giornata di riposo e di meditazione trascorsa senza incidenti di rilievo, ma con un sottofondo d'allarme segnato anche e soprattutto dall'ombra bellicosa delle esercitazioni missilistiche iraniane di queste ore. Così Israele ha celebrato ieri lo Yom Kippur: la ricorrenza più sentita dagli ebrei - inclusi quelli poco o punto osservanti - dedicata alla preghiera, all'esame di sé, alla penitenza, al distacco da ogni occupazione. Secondo consuetudine, il Paese - o almeno la sua maggioranza ebraica - si è fermato: uffici chiusi, attività azzerate, veicoli in garage, locali pubblici sbarrati, media silenziosi. Una quiete rotta da poche eccezioni, che non ha tuttavia cancellato del tutto il clima di tensione sui fronti più caldi.
Lo stato d'allerta - secondo quanto assicurato dalle autorità di governo e dai vertici militari, memori della Guerra del Kippur scatenata a sorpresa da Egitto e Siria 36 anni fa - è stato mantenuto elevato sia al confine nord (bersaglio in passato dalle milizie sciite libanesi di Hezbollah), sia a quello meridionale con la Striscia di Gaza controllata dagli islamico-radicali palestinesi di Hamas, dove nella mattinata di ieri due giovani sono stati feriti dal fuoco dell'artiglieria israeliana dopo che colpi erano stati sparati contro una pattuglia. La sorveglianza - con satelliti e sistemi radar in piena attività - si è però concentrata essenzialmente in direzione dell'Iran, considerato da Israele un pericolo incombente con i suoi programmi atomici e teatro ieri di esercitazioni condotte a colpi di fanfara e invocazioni ad Allah con missili a medio lungo-raggio capaci in teoria di colpire lo Stato ebraico. Esercitazioni accompagnate dai proclami bellicosi dei Guardiani della Rivoluzione e dalle minacce esplicite a Israele del ministro della Difesa, Ahmad Vahidi: secondo il quale "il regime sionista", se mai proverà ad attaccare le installazioni nucleari della Repubblica islamica, finirà con «l'esalare l'ultimo respiro». Parole cui d'altronde il governo d'Israele ha già risposto auspicando sanzioni stringenti della comunità internazionale verso Teheran, ma anche rivendicando il diritto a ricorrere in caso di necessità a «tutte le opzioni» disponibili (militare compresa) per garantire la propria «autodifesa».

(Corriere Canadese, 29 settembre 2009)

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Il coraggio di un poeta che portò alla luce il massacro di Babi Yar

di Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Nel 1941, kippur fu celebrato il 29 settembre. In molti luoghi, si era nel pieno della guerra. Kiev era sotto l'occupazione tedesca. Proprio nei dintorni, a Babi Yar, nei pressi del vecchio cimitero ebraico, gli Einsatzkommando 4, agli ordini del colonnello delle SS Paul Blobel, massacrarono a colpi di mitragliatrice con la collaborazione della polizia ucraina gli abitanti ebrei. Il massacro andò avanti fino al 3 ottobre. Si calcola che oltre 100.000 corpi caddero gli uni sugli altri nel burrone. Alcune vittime respiravano ancora e fu loro dato il colpo di grazia.
Per lungo tempo il massacro di Babi Yar venne tenuto nell'oblio anche dalle autorità sovietiche, ma qualcosa comunque trapelò.
Venti anni dopo, nel settembre 1961, il giovane poeta russo Evgenij Evtushenko, sconvolto dalla scoperta del tutto fortuita del massacro degli ebrei di Kiev, scrisse «Babi Yar», una poesia pubblicata sulla Literaturnaia Gazeta. Ha scritto in proposito Marek Halter: "Il Partito Comunista condannò immediatamente il poeta e il giornale. Ma era troppo tardi: i corpi delle vittime massacrate a Babi Yar già tornavano a galla e fluttuavano alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti, di tutto il mondo, sul Dniepr, il fiume che attraversa Kiev, e sotto le finestre del Cremino, sulle acque della Moscova".
La poesia di Evtuschenko contribuì ad alimentare la contestazione della storia ufficiale e il regime sovietico reagì con violenza: le opere di Evtuschenko furono messe all‘indice. Ciò nonostante, la poesia «Babi Yar» di Evtushenko fu tradotta in tutte le lingue, pubblicata dalla stampa di tutto il mondo e ispirò a Dimitry Shostakovitch la sua celebre tredicesima sinfonia. E dovunque - ancora oggi - risuona il grido del poeta:

Mi sembra d‘essere io un figlio di Israele...
Mi sembra di essere io Dreyfus.
Mi sembra di essere io un bimbo di Bialystok.
Mi sembra di essere io Anna Frank.

(Notiziario Ucei, 29 settembre 2009)

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Nello Rega: "Vado per la mia strada nonostante le minacce dei fondamentalisti islamici"

Nello Rega
Reporters intervista Nello Rega, giornalista di Televideo-Rai, scrittore e grande esperto di Medio Oriente. Il 24 settembre ha annunciato, durante una conferenza stampa in occasione della presentazione del suo ultimo libro, di aver subito minacce pesanti da parte di fondamentalisti islamici sia a Roma, dove lavora, che a Potenza, dove risiede la sua famiglia. Nonostante le intimidazioni sempre più pressanti - in cui ci si riferisce sempre a Hezbollah - Rega ha deciso di continuare la sua strada e di promuovere il messaggio del suo libro.

- Quando sono iniziate le intimidazioni?
-
Diverse settimane fa. Prima, ad ogni modo, dell'uscita del libro. Prima lettere, minacce verbali, infine due proiettili spediti da Roma a Potenza.

- Si sente protetto in questo momento?
-
Non tanto. Non mi sento totalmente protetto. Non certo per colpa dei singoli, non mi sento tutelato dallo stato in quanto ente. Ma sono intenzionato ad andare avanti per difendere la mia libertà di espressione.

- Che nesso c'è tra le minacce ed il messaggio del libro?
-
Sono stato per tanti anni inviato in Medio Oriente. Conosco tante situazioni, tante persone. Nel libro mi limito a raccontare la situazione mediorientale. Senza giudizi.

- D'accordo, ma allora perché minacciarla?
-
Sono un occhio indiscreto.
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Il blog del libro di Rega, Diversi e divisi. Diario di una convivenza con l'islam.
Parte dei proventi delle vendite del libro verranno donati all'associazione onlus Libanitaly.

(Blogosfere, 29 settembre 2009)

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Caccia israeliano colpisce lanciarazzi palestinese a Gaza

L'operazione al termine dello Yom Kippur

TEL AVIV - Un aereo da combattimento israeliano nella notte ha effettuato un raid nella striscia di Gaza, colpendo una postazione lanciarazzi palestinese. Lo ha reso noto questa mattina l'esercito israeliano in un comunicato, aggiungendo che nel giorno dello Yom Kippur (giorno dell'espiazione o del pentimento, che cadeva ieri, NdR) sono stati lanciati contro Israele tre razzi Qassam ed un colpo di mortaio, senza causare né vittime, né feriti.
L'operazione è stata coordinata con l'agenzia per la sicurezza del Paese ed i piloti hanno confermato di aver colpito con successo il bersaglio. Anche durante il fine settimana che ha preceduto lo Yom Kippur erano stati sparati molti razzi Qassam e colpi di mortaio, in risposta ad un attacco delle Forze aeree di Israele (Iaf) nel quale erano stati uccisi tre terroristi islamici.
"Nel corso di altri incidenti separati - continua la nota - i palestinesi hanno aperto il fuoco contro un contingente Idf (Israel defense force) in movimento presso il perimetro, il quale ha risposto al fuoco. Non sono stati riportati morti o feriti tra i soldati".

(Avionews, 29 settembre 2009)

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Alla Merkel le calorose congratulazioni di Israele

GERUSALEMME, 29 set. - "Calorose congratulazioni" di Israele a Angela Merkel per la vittoria elettorale di domenica: il portavoce del ministero degli Esteri, Yossi Levy, ha sottolineato oggi parlando con l'agenzia Dpa come il leader tedesco abbia dimostrato gia' in passato "una vera amicizia" nei riguardi dello stato ebraico. "Esiste un ampio consenso in Israele sul fatto che le relazioni israelo-tedesche continueranno ad essere buone come sono, o forse anche migliori", ha dichiarato. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha dichiarato lunedi' che durante il suo mandato il cancelliere aveva dimostrato "reale amicizia nei confronti di Israele", "un'impressionante sensibilita' nei confronti del passato", e "lealta' al riguardo delle speciali relazioni tra i due paesi ed i due popoli".

(Adnkronos, 29 settembre 2009)

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"Israele esalera' ultimo respiro"

Iran: nel caso in cui dovesse attaccarci

Il ministro della Difesa iraniano Ahmad Vahidi mette in guardia Israele dall'attaccare la Repubblica islamica. In caso di aggressione, minaccia, lo Stato ebraico "esalerà l'ultimo respiro". Il ministro ha lanciato il suo messaggio dopo che l'Iran ha sperimentato missili con una gittata sufficiente per colpire Israele e le basi militari statunitensi nell'area.

(TGCOM.it, 28 settembre 2009)

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Arezzo - "Mai più scritte inneggianti al nazismo ed al razzismo"

Dichiarazione del consigliere comunale Marco Paolucci

AREZZO - Il consigliere comunale Marco Paolucci del gruppo SINISTRA ha presentato questa mattina una interrogazione all'assessore Dringoli per segnalare che molte aree del centro della città e non solo sono coperte di scritte, spesso offensive e volgari e talvolta inneggianti al fascismo, al razzismo ed all'antisemitismo. Frasi particolarmente ingiuriose e di chiara matrice nazista e antisemita si trovano in Vicolo del Capitano Ardelli e nelle strade adiacenti. La nostra città deve essere salvaguardata sia dal punto di vista estetico che e soprattutto da quello morale e civile, la nostra città che è gemellata col comune di Oswiencin (Auschwitz) proprio per conservare e attualizzare la memoria della barbarie nazista. Con questa interrogazione il consigliere Marco Paolucci ha chiesto che si intervenga per coprire le scritte e per impedire che simili atti si ripetano.

(Arezzo Notizie, 28 settembre 2009)

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Anche Israele e Palestina a gara gastronomica vinta dall'italia.


SAN VITO LO CAPO (TRAPANI), 28 Settembre 2009 - Per alcuni giorni Guy e George hanno lavorato fianco a fianco davanti ai fornelli, scambiandosi battute di spirito ma anche qualche consiglio condito con gli immancabili 'segreti' sulle rispettive ricette. Israele e Palestina anche questa volta hanno fatto pace in cucina a San Vito lo Capo, il paesino del trapanese dove ogni anno si rinnova l'appuntamento con il "Cous Cous Fest", la Rassegna internazionale dedicata all'integrazione culturale e al dialogo giunta ormai alla dodicesima edizione....

(Siciliainformazioni.com, 28 settembre 2009)

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Israele: Kippur, quiete precaria

Ieri tensione tra giovani palestinesi e polizia a Gerusalemme

GERUSALEMME, 28 set - Un clima di quiete e nessun incidente significativo sta accompagnando finora in Israele la giornata conclusiva del Kippur. Non mancano tuttavia code di tensione all'indomani degli incidenti fra giovani palestinesi e polizia israeliana verificatisi ieri a Gerusalemme est, sulla Spianata delle Moschee. E l'allerta resta elevata pure sul fronte esterno: ai confini con Libano e Striscia di Gaza, ma soprattutto in direzione dell'Iran, teatro oggi di nuovi test missilistici.

(ANSA, 28 settembre 2009)

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Iran: prove di guerra, test sui missili a lungo raggio

Il corpo militare delle Guardie rivoluzionarie iraniane, i Pasdaran, hanno lanciato oggi, in via sperimentale, un missile a lungo raggio Shahab-3. Lo riferisce la tv in lingua inglese Press TV, che ha mostrato le immagini del lancio del missile in un deserto dell'Iran. Ieri era stato il comandante dell'aeronautica iraniana Hossein Salami ad annunciare il test del missile a lungo raggio, capace di distanze tra 1.300 e 2 mila km, in grado quindi di colpire Israele e la maggior parte degli Stati arabi. Il missile sarebbe in grado anche di lambire l'Europa, con la maggior parte del territorio della Turchia in gran parte entro il raggio d'azione del nuovo vettore. E a pochi minuti dal primo test, l'Iran ha lanciato un altro missile a lungo raggio. Si tratta del missile a due stadi e a lunga gittata ''Sejil''.

(ASCA, 28 settembre 2009)

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Iran: Cicchitto, pericolo per la pace, solidarietà a Israele

''L'Iran, dopo i lanci dei missili tipo 'Shahab' a media gittata, ha lanciato oggi uno 'shahab 3' a lunga portata. E' l'esibizione di una minaccia contro l'Occidente e in particolare contro lo Stato di Israele, al quale rinnoviamo la nostra solidarieta'''. Lo afferma in una nota il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. ''Non dimentichiamo che lo stato iraniano esprime un islamismo estremista che arriva a negare la Shoah. Se poi si pensa - conclude Cicchitto - che nel contempo l'Iran sta preparando la bomba atomica, risulta evidente qual e' il pericolo costituito dall'Iran per la pace nel mondo''.

(Virgilio Notizie, 28 settembre 2009)

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Gerusalemme Est, sassaiole e scontri con la polizia

GERUSALEMME - I disordini scoppiati stamane sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme est sono proseguiti nelle ore successive nelle viuzze della Città Vecchia, dove giovani palestinesi hanno sottoposto a sassaiole la polizia israeliana presente in forze. Fonti dell' Autorità palestinese hanno detto che almeno 17 palestinesi sono stati feriti nel corso dei disordini.
La polizia, dal canto, suo ha denunciato il ferimento di nove agenti, nessuno dei quali in modo grave, e annunciato l'arresto di cinque manifestanti. Secondo la polizia, le violenze sono cominciate quando un gruppo di religiosi ebrei, giunto per pregare nella Spianata delle Moschee, è stato attaccato con lanci di pietre da circa 150 musulmani, provocando il conseguente intervento della polizia che è poi riuscita a ristabilire una calma precaria. Ma poco tempo dopo i disordini sono ripresi nelle viuzze della Città Vecchia quando dagli altoparlanti delle moschee sono stati diffusi appelli "a difendere" la Spianata delle Moschee. Stando a diverse testimonianze, gruppi di giovani palestinesi sono scesi nelle strade gridando "col nostro sangue e la nostra anima ti difenderemo o Al Aksa (il nome di una delle due moschee della Spianata) e hanno cominciato a lanciare sassi contro gli agenti, che hanno replicato col lancio di granate assordanti.
La polizia è in seguito riuscita a ristabilire l'ordine; la calma tuttavia sembra fragile e incerta. I tumulti sono scoppiati proprio nel giorno in cui la popolazione ebraica in Israele si prepara al Kippur, la più solenne ricorrenza religiosa ebraica, in cui digiunando e pregando gli ebrei osservanti invocano il perdono divino per i loro peccati. La Spianata delle Moschee è il terzo luogo sacro del mondo musulmano; ma l'area, nota anche come Monte del Tempio, è il sito più sacro per gli ebrei in quanto si ritiene si trovi sopra i resti del biblico Tempio ebraico. Del Tempio resta una parte del muro di cinta - noto come Muro del Pianto e luogo di preghiera ebraico - che a sua volta delimita un lato della sovrastante Spianata. Proprio per evitare scoppi di passioni religiose e nazionalistiche da ambo le parti, la polizia israeliana è oggi presente in forze nell'area.

(ANSA, 27 settembre 2009)

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Il Mossad: "Venite a lavorare con noi". L'annuncio pubblicato sul Yediot Ahronot

Non ci sono molti incarichi come questo, né molte persone come te".
L'appello nelle pagine dedicate alla scoperta dell'impianto nucleare in Iran.


TEL AVIV - "Non ci sono molti incarichi come questo, nè molte persone come te". Con questo titolo ammiccante il Mossad (il servizio di spionaggio israeliano) pubblica oggi un vistoso annuncio a pagamento per reclutare nuove leve. Compare - sicuramente non a caso - nelle pagine dedicate dal quotidiano Yediot Ahronot alla scoperta in Iran di un impianto segreto per l'arricchimento dell'uranio.
"Ti si presenta adesso l'occasione di creare una realtà in cui svolgerai un ruolo centrale", fa sapere il Mossad ai suoi candidati. "Se sei dotato di coraggio, ragionevolezza e astuzia, potrai influenzare e concretizzare una missione nazionale e personale".
Il primo passo da fare è inoltrare una domanda al sito web della prestigiosa agenzia di spionaggio. Nelle colonne vicine, Yediot Ahronot sostiene che i dirigenti iraniani "non sapevano che la costruzione del reattore segreto a Qom era seguita dagli occhi delle agenzie di spionaggio di quattro Paesi", fra cui asseritamente Usa, Gran Bretagna, Francia ed Israele.
Ai lettori del giornale che vogliano imprimere una svolta avventurosa alla propria esistenza non resta dunque adesso che accostare l'annuncio pubblicitario al testo giornalistico sui più recenti sviluppi in Iran.

(la Repubblica, 27 settembre 2009)

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Nucleare: Israele esorta Usa ad agire subito contro l'Iran

WASHINGTON. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha detto a Nancy Pelosi, la Speaker della camera dei Rappresentanti americana, che sul problema del nucleare iraniano è ormai giunto il momento di agire. "Se non ora quando?", si è chiesto Netanyahu parlando al telefono con Nancy Pelosi e altri membri del Congresso, stando a quanto riferisce l'edizione online del quotidiano israeliano Haaretz. L'appello di Netanyahu riflette la crescente inquietudine di Israele di fronte a quella che lo stato ebraico considera la minaccia iraniana. Le apprensioni si sono intensificate da ieri, quando il presidente americano Barack Obama, quello francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico Gordon Brown hanno rivelato che l'Iran ha tentato di costruire in gran segreto un nuovo impianto per l'arricchimento dell'uranio.

(L'Unione Sarda, 27 settembre 2009)

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Kippur - Preghiera e maldicenza

di Scialom Bahbout, rabbino

Scialom Bahbout
Grande protagonista del giorno di Kippur è la parola. Mentre la mente e lo spirito sono impegnati nel fare un esame di coscienza, analizzando i comportamenti dell'ultimo anno, la bocca - il tramite attraverso cui passano le parole - è impegnata nel recitare le preghiere e il viddui (la confessione delle colpe commesse). In ebraico bocca si dice Pe, una delle lettere dell'alfabeto ebraico che ha due forme: una chiusa e una aperta (che si usa in fine di parola), forse per indicare che ci sono momenti in cui la bocca deve essere tenuta chiusa e altri in cui invece bisogna aprirla: c'è un tempo per parlare, c'è un tempo per tacere.
Da molto tempo siamo sommersi dalle indiscrezioni, dalla maldicenza, dal turpiloquio, dalle fughe di notizie dai processi in corso, dall'uso improprio della parola, che invece è stata data all'uomo per ben altri scopi. Kippur è un'occasione quasi unica per fare i conti con le proprie parole: le nostre preghiere non possono riscattare l'uso così dicotomico che si fa della parola. La purezza che deve essere intrinseca alla preghiera, mal si accompagna con la maldicenza.
Con l'augurio che ognuno possa trasformare la sua lingua in lashon ha-kodesh, una lingua che parla solo di cose sacre.

(Notiziario Ucei, 27 settembre 2009)

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Scontri al Monte del Tempio

Oggi inizia la festività ebraica dello Yom Kippur

GERUSELEMME - Scontri alle prime ore di questa mattina, in coincidenza con l'inizio della festivita' ebraica dello Yom Kippur, fra la polizia israeliana e decine di palestinesi al Monte del Tempio di Gerusalemme, uno dei luoghi piu' sacri per gli ebrei ma anche per i musulmani che lo chiamano il Nobile Santuario.
Secondo il portavoce della polizia, Shmuel Ben-Ruby, circa 150 palestinesi hanno attaccato lanciando pietre contro un gruppo di ebrei che visitava il sito. La polizia ha usato dei lacrimogeni per disperderli e due poliziotti sono rimasti leggermente feriti.
Secondo Ben-Ruby anche due palestinesi hanno riportato lievi ferite.

(RaiNews24, 27 settembre 2009)

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Iran, nuovi test su missili a lungo raggio. Netanyahu agli Usa: agire subito

Oggi sperimentato sistema multiplo. Per lunedì previsto lancio di un missile in grado di raggiungere Israele

TEHERAN (27 settembre) - L'Iran domani testerà un missile a lungo raggio che secondo analisti della difesa sarebbe in grado di raggiungere Israele e le basi Usa nella regione del Golfo. Come ha annunciato oggi la radio di Stato, e come ha confermato alla Press Tv il capo delle forze aeree dei Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione), Hossein Salami, il missile Shahab 3 sarà lanciato nella seconda giornata delle esercitazioni iniziate oggi col lancio di due missili a corto raggio.

Sperimentato lancio multiplo.
- Nel corso di manovre missilistiche avviate oggi dai Pasdaran, l'Iran ha sperimentato per la prima volta un sistema per il lancio multiplo simultaneo di vettori. Lo ha detto alla televisione Press Tv il comandante delle forze aeree dei Guardiani della rivoluzione, generale Hossein Salami. «Il nuovo sistema - ha detto Salami - è stato testato con successo e ha lanciato diversi missili Zelzal di fabbricazione iraniana». Durante la prima giornata di esercitazioni sono stati anche lanciati missili a corto raggio terra-terra Fateh-110 e i Tondar-69, missili a corto raggio navali.

Israele: agire subito.
- Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha detto a Nancy Pelosi, la Speaker della camera dei Rappresentanti americana, che sul problema del nucleare iraniano è ormai giunto il momento di agire. «Se non ora quando?», si è chiesto Netanyahu parlando al telefono con Nancy Pelosi e altri membri del Congresso, stando a quanto riferisce l'edizione online del quotidiano israeliano Haaretz. L'appello di Netanyahu riflette la crescente inquietudine di Israele di fronte a quella che lo stato ebraico considera la minaccia iraniana.

(Il Messaggero, 27 settembre 2009)

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Israele chiede l'aumento delle sanzioni contro l'Iran

Israele chiede l'inasprimento delle sanzioni contro Teheran dopo le rivelazioni su un nuovo centro per l'arricchimento dell'uranio.
Per la leadership israeliana, è evidente la strategia iraniana di arrivare a costruire la bomba atomica.
Parigi, Londra e Parigi avevano espresso ieri preoccupazione e paventato la possibilità di aumentare le sanzioni.
Il nuovo sito si trova nella città santa di Qom e dopo quello di Natanz, il secondo ad essere sottoposto al controllo degli ispettori dell'AIEA.
Teheran ha precisato che l'Iran lavora nel quadro delle regole dell'agenzia internazionale per l'energia atomica.
" Non è bello - ha detto il presidente Ahjmadinejad - per tre capi di stato dire una cosa senza fondamento legale. Accusano un governo indipendente, membro dell'AIEA senza alcuna prova o documentazione".
L'Occidente ha chiesto ora all'Iran di far piena luce sulle attività nucleari nel paese. Il primo ottobre si svolgerà una riunione del sestetto con i rappresentanti iraniani, considerata cruciale, dove potrebbero essere pianificate nuove sanzioni.

(euronews, 26 settembre 2009)

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L'Iran «accecherà i nemici», ma «concorda» le ispezioni per il nuovo sito nucleare

Il nuovo sito per l'arricchimento dell'uranio in Iran nei pressi di Qom (una delle città sante degli sciiti) la cui esistenza è stata resa nota ieri dopo la scoperta ad opera dei servizi segreti americani, israeliani e tedeschi, diventerà «presto operativo» e, a dispetto del fatto di essere stato accreditato dalle autorità di Teheran come impianto ad uso civile, «accecherà i nemici». Lo ha detto oggi Mohammad Mohammadi-Golpayegani, capo dell'ufficio della Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, citato dall'agenzia Fars.
«Dopo tutti gli incidenti che sono avvenuti - ha aggiunto Mohammadi-Golpayegani, riferendosi alle proteste postelettorali dell'estate - siamo al culmine della nostra potenza, e questo nuovo impianto ne è una dimostrazione. A Dio piacendo il sito diventerà presto operativo e accecherà gli occhi dei nemici». Poi, a fine mattinata, da Teheran un annuncio più conciliante: «Siamo pronti a fissare una data per l'ispezione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea)».
Il capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi, ha detto infatti che la data sarà concordata per un'ispezione al secondo sito per l'arricchimento dell'uranio, la cui esistenza è stata resa nota ieri. «Non abbiamo problemi con le ispezioni. Parleremo con l'Aiea - ha detto Salehi - e quando avremo raggiunto un accordo sul nuovo impianto, annunceremo i tempi per una visita degli ispettori».

Il monito di Washington
- Ieri sera da Pittsburgh, dove si è concluso il G-20, il presidente americano Barack Obama ha dichiarato di «non escludere alcuna opzione» nei confronti dell'Iran, inclusa implicitamente quella militare, ma di «preferire una soluzione diplomatica». Un quasi ultimatum. Obama ha risposto ad una domanda sulla esistenza o meno di una opzione militare dopo la rivelazione della esistenza del secondo sito nucleare in Iran, non noto all'Aiea.
Obama, in realtà, ha utilizzato la classica formula usata sempre negli ultimi anni dai presidenti americani per quanto riguarda la minaccia iraniana: «Non escludiamo nessuna opzione quando è in gioco la nostra sicurezza nazionale, ma preferiamo una soluzione diplomatica». Ed ha aggiunto: «Quando ci incontreremo il primo ottobre l'Iran dovrà avere un atteggiamento chiaro e abbandonare la ricerca di armi nucleari, o si troverà su un sentiero che porta a un confronto». Poche ore prima il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad aveva definito «un errore» le dichiarazioni di Obama a proposito degli impianti nucleari di Teheran.

La posizione di Israele
- La scoperta dell'esistenza di un secondo sito per l'arricchimento dell'uranio in Iran necessita di «una risposta senza equivoci» da parte delle grandi potenze mondiali durante la riunione del primo ottobre con il Gruppo del 5+1, ha dichiarato il ministro israeliano degli Affari Esteri, Avigdor Lieberman.
«La rivelazione sull'esistenza di questo secondo sito nucleare per l'arricchimento dell'uranio in Iran prova senza alcun dubbio che questo paese vuole dotarsi dell'arma atomica; speriamo che ci sia una risposta inequivocabile il primo ottobre», ha auspicato Lieberman ai microfoni della radio pubblica. L'Iran ed i sei paesi impegnati nei negoziati sul programma nucleare di Teheran (Germania, Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina e Stati Uniti) si riuniranno a Ginevra, come detto, il primo ottobre.

Miliband: i sani di mente non pensano a un attacco
- In vista di quel monento le diplomazie, al di là delle dichiarazioni più o meno animose, si sono rimesse al lavoro. In fondo solo pochi giorni fa prima del suo intervento all'assemblea generale dell'Onu lo stesso Ahmadinejad aveva detto che l'Iran non ha bisogno dell'atomica e si era detto pronto a trattare «alle giuste condizioni». Il ministro degli Esteri britannico David Miliband ha dichiarato oggi che la comunità internazionale punta, in effetti, ad una soluzione diplomatica della crisi. «Nessuna persona sana di mente contempla l'aspetto militare della questione dell'Iran senza vera preoccupazione. È per questo che siamo sempre impegnati al 100% per la via diplomatica», ha detto Miliband alla Bbc.
Analoga la posizione del governo italiano. La scoperta di un nuovo sito nucleare iraniano è fonte di «preoccupazione», ha spiegato il ministro degli Esteri Franco Frattini in un'intervista al Messaggero, ma se l'Iran «mette giù» le carte del negoziato «noi negoziamo» perché «la comunità internazionale ritiene che si debba dare una chance ai negoziati, sebbene non a tempo indeterminato». Entro l'anno «dovremo fare il punto e vedere se l'Iran ha effettivamente iniziato a collaborare», ha precisato Frattini. (Al.An.)

(Il Sole 24 Ore, 26 settembre 2009)

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Secondo razzo da Gaza su Israele in 3 giorni

GERUSALEMME, 26 set. - Ancora un attacco con razzi dalla Striscia di Gaza contro Israele: lo ha denunciato un portavoce dell'Esercito dello Stato ebraico, secondo cui nelle prime ore di oggi miliziani palestinesi sono riusciti a lanciare un ordigno, il secondo in tre giorni, che si e' abbattuto al suolo in territorio israeliano, esplodendo ma senza provocare feriti ne' danni materiali di rilievo; la zona dell'impatto era infatti disabitata. Altrettanto era avvenuto l'altroieri. Il nuovo razzo e' stato verosimilmente scagliato da Gaza come ritorsione per l'uccisione di tre miliziani della Jihad Islamica, sulla cui auto ieri era piombato un missile aria-terra; gravi lesioni avevano subito altri tre membri del gruppo radicale, che aveva preannunciato "vendetta". Negli ultimi tre mesi i razzi lanciati dall'enclave palestinese su Israele sono stati oltre una cinquantina, e piu' di 250 dal cessate-il-fuoco proclamato unilateralmente dallo Stato ebraico e da Hamas in gennaio, che pose fine alla sanguinosa offensiva israeliana nella Striscia, scatta il mese prima e denominata in codice 'Piombo Fuso'. Da allora comunque gli attacchi da Gaza sono sensibilmente diminuiti: nel 2008 in effetti furono nel complesso ben 3.350.

(AGI, 26 settembre 2009)

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'No al polo turistico nell'ex colonia-lager'. Minacciato Coen, della comunità ebraica

''Ritengo - ha detto Coen, commerciante di 49 anni, - che sia riconducibile alle mie dichiarazioni pubblicate mercoledì sui giornali, in cui prendevo nuovamente posizione contro la demolizione delle ex colonie Enel''.

Ettore Coen
SENIGALLIA (Ancona), 26 settembre 2009 - Minacce contenute in una lettera anonima sono state rivolte a Ettore Coen, commerciante ed esponente della comunità ebraica senigalliese. Lui ha presentato querela contro ignoti ai carabinieri.
La lettera gli era stata recapitata giovedì scorso a casa. Contiene frasi ingiuriose e riferimenti alla religione ebraica, e risulta spedita da Ancona mercoledì 23 settembre. ''Ritengo - ha detto oggi Coen in una conferenza stampa - che sia riconducibile alle mie dichiarazioni pubblicate mercoledì sui giornali locali, in cui prendevo nuovamente posizione contro la demolizione delle ex colonie Enel di Senigallia''.
Un complesso che fra il 1943 e il 1944 ospitò un campo di concentramento provinciale per una trentina di ebrei destinati al trasferimento nel campo di Fossili e da lì nei campi di sterminio. L'area delle ex colonie sarà trasformata in un polo turistico da 40 milioni di euro, contro il quale Coen e altri cittadini e gruppi di opinione (alcuni membri della Comunità ebraica, intellettuali, esponenti dell'opposizione di sinistra e di centrodestra) si erano a lungo battuti, chiedendo di preservare la memoria storica dei luoghi.
''Nella lettera, che ora è secretata - ha riferito Coen, difeso dall'avvocato Roberto Paradisi, della lista Coordinamento civico - si fanno riferimenti precisi alla vicenda della colonia, e anche alla mia religione''.
La busta contiene un foglio scritto al computer ma l'indirizzo di Ettore Coen è stato vergato a mano. ''Abbiamo chiesto ai carabinieri di sottoporre la busta ad una perizia calligrafica - ha concluso Paradisi - perché pensiamo che vi siano elementi riconducibili a un ambiente secondo noi ben preciso''.

(il Resto del Carlino, 26 settembre 2009)

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Israele: "Risposta senza equivoci". L'Iran: "Impianto operativo presto"

Dopo l'ultimatum di Obama, Sarkozy e Brown, nuovo monito dal ministro Lieberman
Khamenei annuncia l'entrata in funzione della centrale "segreta" di arricchimento dell'uranio.


NEW YORK - Cresce l'allarme nella comunità internazionale dopo la rivelazione fatta ieri sull'esistenza di un secondo sito per l'arricchimento dell'uranio in Iran. Per il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, la questione necessita di "una risposta senza equivoci" da parte delle grandi potenze mondiali durante la riunione del primo ottobre con il gruppo del 5+1. Il ministro degli Esteri israeliano ha aggiunto che "le rivelazioni su un secondo sito nucleare in Iran provano al di là di ogni dubbio che quel Paese vuole dotarsi di armi nucleari".

Iran, "impianto presto operativo"
- Sarà "presto operativo" il secondo impianto iraniano per l'arricchimento dell'uranio, attualmente in costruzione presso Qom: lo ha affermato Mohammad Mohammadi-Golpayegani, portavoce e capo dell'ufficio personale dell'ayatollah Ali Khamenei, Suprema Guida Spirituale della Rivoluzione Islamica e massima figura anche istituzionale del regime di Teheran. "Questo nuovo impianto diverrà operativo presto", ha fatto sapere Khamenei, citato dall'agenzia di stampa semi-ufficiale Fars.

Le preoccupazioni di Ban Ki-moon
- "Grave preoccupazione" è stata espressa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, dopo l'annuncio dell'esistenza in Iran di un secondo impianto in costruzione per l'arricchimento dell'uranio, nei pressi di Qom, oltre a quello già noto di Natanz. Ieri da Pittsburgh, dove erano riuniti per il vertice G20, il presidente Usa Barack Obama insieme a quello francese Nicolas Sarkozy e al premier britannico Gordon Brown hanno chiesto una "immediata ispezione" nel complesso da parte dei tecnici dell'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica. Lo stesso Obama non ha poi escluso l'opzione militare nei confronti di Teheran. In un comunicato diramato dal suo ufficio al Palazzo di Vetro, il segretario generale dell'Onu manifesta la propria "grave preoccupazione per le attività iraniane legate all'ininterrotto arricchimento dell'uranio, come comprovato dalla costruzione di una nuova struttura a ciò adibita". Nella nota Ban Ki-moon "sottolinea come sia a carico dell'Iran l'onere della prova", vale a dire la responsabilità di dimostrare che l'iniziativa sia effettivamente destinata a meri scopi civili, dunque pacifici e non militari, come sempre sostenuto dal regime degli ayatollah.

(la Repubblica, 26 settembre 2009)

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Le 10 domande sull'Olocausto e la banalità di Ahmadinejad

di Roberto Santoro

Il presidente iraniano Ahmadinejad ha rivolto una serie di domande all'opinione pubblica occidentale, tutte incentrate sull'Olocausto. Durante la Seconda Guerra mondiale - questo il filo del suo ragionamento - sono state uccise circa 60 milioni di persone. Allora perché l'Olocausto viene enfatizzato più di qualsiasi altro evento dell'epoca? E' davvero avvenuto nelle proporzioni che si raccontano? Dov'è accaduto? Chi lo ha commesso? Perché i politici occidentali si concentrano tanto sulla questione e quali sono le sue connessioni con la realtà di oggi? O meglio, perché viene usato come un pretesto per usurpare la terra di altri popoli come quello palestinese?
E' chiaro che si tratta di una catena d'interrogativi utili a far germogliare il seme dell'antisemitismo, disciplina che Ahamdinejad coltiva da tempo. Nel 2005 disse che l'Olocausto era un mito e l'anno successivo organizzò la conferenza negazionista, invitando un centinaio di ospiti da tutti i Paesi del mondo a discuterne. Da allora i leader e le opinioni pubbliche occidentali sembrano aver fatto il callo alle sue uscite infelici, quasi che quelle domande siano diventate banali o inutili da commentare. L'Iran nucleare è un avversario pericoloso a cui conviene tendere la mano. Il bello è che, parlando al Palazzo di Vetro, Ahmadinejad ha violato la risoluzione dell'Onu che ripudia il negazionismo.
La meticolosità della soppressione su scala industriale di un intero popolo è l'aspetto che trascende l'Olocausto e lo rende un crimine disumano che oltrepassa ogni altra aberrazione della Seconda Guerra mondiale. Che non fosse percepito nelle sue reali dimensioni neppure allora lo dimostra il fatto che gli ebrei nella Germania nazista ritennero che la follia di cui erano vittime appartenesse alla lunga storia di persecuzioni e deportazioni che avevano conosciuto nel corso dei secoli in Europa. Numerosi "consigli ebraici" nei ghetti dei Paesi occupati pagavano le SS e la Gestapo per guadagnare tempo, in attesa di una salvezza che non sarebbe mai arrivata.
Sarebbe potuta finire anche peggio. In Polonia, quando gli ebrei iniziarono a scarseggiare, le stelle gialle toccarono ai polacchi, i prossimi nella lista di zingari, down e omosessuali che Hitler meditava di sopprimere. Tutto questo è avvenuto in Paesi che hanno sperimentato il totalitarismo, un sistema sociale in cui le categorie del bene e del male vengono capovolte, e un intero popolo si rende complice di inauditi massacri, semplicemente perché crede che sia giusto farlo. L'Iran di Ahamdinejad è sulla buona strada ed ecco perché i governi occidentali lo temono tanto. La minaccia nucleare contro Israele è la connessione diretta fra il nazismo di ieri e di oggi, mentre i Basij sulle motociclette rastrellano le città come facevano gli squadroni della morte a caccia di ebrei. Hitler voleva una Germania "judenrein", Ahmadinejad pensa al Medio Oriente.
A credere che il dramma vissuto dal popolo palestinese sia la conseguenza dell'Olocausto, infine, sono solo quelli che propagandano idee del genere (insieme a quelli che se le bevono). Israele non è nato per redimere le potenze europee dal loro senso di colpa verso gli ebrei. Come non è colpa degli ideologi del Sionismo se gente squallida come Eichmann decise di spedire gli ebrei in Madagascar e nelle camere a gas, dopo aver letto i loro libri. I sionisti avrebbero raggiunto ugualmente le terre dei loro padri, come hanno fatto gli ebrei da tanti altri Paesi del mondo, trovando una Patria.

(l'Occidentale, 25 settembre 2009)

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Benyamin Netanyahu alle Nazioni Unite. Maariv: "Una serata di orgoglio nazionale"

TEL AVIV - Il commentatore Ben Caspit su Maariv l'ha definita: "Una serata di orgoglio nazionale e di fierezza". Un commentatore del Yadioth Ahronot ha affermato che ieri il premier "era al meglio". Questi alcuni fra i giudizi della stampa israeliana di oggi che plaudono al discorso del premier israeliano, Benyamin Netanyahu, alle Nazioni Unite in cui ha condannato il revisionismo storico del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, ha messo in guardia dai rischi di un Iran nucleare e ha chiesto l'archiviazione del Rapporto Goldstone, che accusa Israele di aver commesso crimini di guerra a Gaza. Ma non tutti sono dello stesso avviso. Haaretz si dissocia dalla maggioranza entusiasta e critica Netanyahu per aver ingaggiato con Ahmadinejad quella che al giornale sembra una battaglia inutile sulla fondatezza storica della Shoah. La pubblica esposizione di documenti nazisti è stata, secondo lo storico Tom Segev, "superflua e imbarazzante". Di tutto altro avviso Ben Caspit che su Maariv scrive: "Il premier ha strappato la maschera alle espressioni di ipocrisia mondiale che inizia con gli applausi ad Ahmadinejad e finisce nel Rapporto Goldstone". E ancora: "Il premier ha rappresentato quasi tutti noi, gli israeliani razionali, dal Meretz (sinistra sionista) fino a Beny Begin (destra del Likud)". Stessa posizione per Yedioth Aharont che giudica il discorso di Netanyahu "centrato e lucido" e afferma che il suo discorso "ha toccato tasti che i mezzi di comunicazione internazionali non possono ignorare".

(Notiziario Ucei, 25 settembre 2009)

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Ahmadinejad, l'Onu e gli svedesi

di Carlo Panella

"Quello dell'Onu, non è un Consiglio di Sicurezza, ma il Consiglio del terrore e delle sanzioni", questa sentenza di Gheddafi, ben più del mieloso intervento di Barack Obama, sintetizza la grande svolta che si è operata nell'assemblea generale dell'Onu.
Parole non nuove, ripetute a New York ormai da quattro anni da Ahmed Ahmadinejad per negare legittimità ad una legalità internazionale delle Nazioni Unite basata sulla egemonia delle nazioni del patto antinazista. La vocazione dell'Onu, disegnare una legalità internazionale sulla base del patto antinazista, quale valore irrinunciabile è oggi rifiutata da un fronte ampio che lega il populismo sanguinario dell'Iran khomeinista, al caudillismo autoritario del venezuelano Chavez, dell'ex cocalero boliviano Evo Morales e di tanti paesi del blocco dei Non Allineati che, con la benedizione della Cuba di Fidel Castro, hanno stretto negli ultimi anni un raccordo diplomatico forte con l'Iran. I poteri decisionali tutti concentrati nel Consiglio di Sicurezza, il seggio permanente e il diritto di veto patrimonio esclusivo dei paesi leader della coalizione antinazista (Usa, Inghilterra, Francia, Urss e Cina), sono connaturati alla funzione dell'Onu quale continuità -sul terreno dei valori- allo straordinario impegno che queste nazioni dispiegarono sul campo per sconfiggere il nazifascismo in Europa e in Asia. Questi, sono i valori oggi contestati da chi nega legittimità alla struttura stessa del Consiglio di Sicurezza e non è un caso, che questa negazione sia un tutt'uno con la riproposizione di un antisemitismo su scala planetaria, che porta Ahmadinejad, come Gheddafi (ma non in sede Onu) a denunciare Israele come punta di diamante del "complotto ebraico mondiale".
Qui sta il successo che indubitabilmente Ahmadinejad ha conseguito sulla scena internazionale: ha reso ormai usuale la riproposizione nella sede Onu delle paranoie del più becero antisemitismo, lo ha sdoganato, ha infranto il tabù che per sessanta anni lo ha espulso dal dibattito internazionale. Ahmadinejad, lega la volontà di distruggere Israele al ruolo "nefasto che gli ebrei ebbero nella storia", come scrisse Khomeini, la collega al ruolo nefasto della "lobby ebraica" e nega la legittimità stessa dell'Onu a causa del "crimine" compiuto nel 1947 con decisione di creare lo Stato di Israele. Dalla tribuna dell'Onu parlano ormai liberamente leader che dell'essenza più profonda del nazifascismo, l'odio antisemita, si fanno portatori. Per questo è stata vergognosa la decisione della Svezia, presidente dell'Ue, di non abbandonare assieme a Usa, Italia, Francia e tanti altri paesi, la sala, quando ha preso la parola Ahmadinejad. Ancor più vergognosa perché i diplomatici svedesi hanno avuto modo da anni di prendere atto della complessità e pericolosità della posizione di Ahmadinejad, che va ben oltre la negazione dell'Olocausto. Per questo, Nethanyau ha urlato al mondo : "Non permetteremo a quel leader pericoloso di minacciarci con una seconda Shoà". Per questo, il dialogante Obama appare votato al fallimento: non ha compreso la piattaforma politica degli avversari, come avvenne già una volta, in Europa, settanta anni fa. Per questo, la decisione degli Usa di Obama di accettare tutto, anche gli sgarbi diplomatici più insolenti dell'Iran, la scelta di lasciare isolata l'opposizione dell'Onda Verde iraniana, in nome di una volontaristica riproposizione del valore salvifico del "dialogo", appare ingenua ed opportunistica. L'Iran, e il blocco di paesi che è riuscito a costruire, non punta a un riconoscimento del suo legittimo peso geopolitico, come Obama crede. L'Iran e i suoi alleati si muovono su una piattaforma politica articolata su scala planetaria, che ha come passaggio obbligato l'abolizione del valore fondante del contrasto intransigente al nazifascismo che la nascita dell'Onu incarna. L'Iran di Ahmadinejad, del nazifascismo ripropone oggi, attualizzata, l'essenza antisemita. Quando Obama se ne renderà conto, potrà essere troppo tardi.

(Libero, 25 settembre 2009)

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Gli ebrei del litorale e il dibattito sulla laicità

La recente sentenza del TAR del Lazio e la discussione sull'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche è uno dei temi della puntata: una riflessione sull'organizzazione dell'ora alternativa, sul rispetto dei diritti degli studenti, sui problemi degli insegnanti, sul tema della laicità della scuola con Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Antonia Sani, coordinatrice della Associazione Nazionale per la scuola della Repubblica.
Nella puntata anche una cronaca della presentazione del progetto della nuova sinagoga di Ostia, con le voci delle autorità intervenute e di alcuni ebrei che vivono sul litorale; la manifestazione organizzata a Asti per la Giornata Europea con una passeggiata letteraria lungo le strade del ghetto e un'intervista a Gioele Dix con brani dello spettacolo "La Bibbia ha quasi sempre ragione" presentato al Castello Svevo di Trani in occasione di Negba, il festival di cultura ebraica.

La puntata di Sorgente di vita va in onda su RAIDUE lunedì 28 e martedì 29 settembre alle 1,20 circa e in replica lunedì 5 ottobre alle ore 9,30 del mattino.
I servizi di Sorgente di vita sono anche on line

(Notiziario Ucei, 25 settembre 2009)

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Sinagoga dell'epoca del Secondo Tempio scoperta a Magdala, sul Lago di Tiberiade

Una sinagoga del periodo del Secondo Tempio (50 a.e.v-100 e.v) è stata rinvenuta in uno scavo archeologico che la Israel Antiquities Authority sta conducendo in un sito destinato alla costruzione di un albergo sulla spiaggia Migdal, sul Lago di Tiberiade. In mezzo alla sinagoga si trova una pietra incisa con una menorah (candelabro) a sette braccia, unica nel suo genere.
La sala principale della sinagoga misura circa 120 metri quadrati e le sue panche di pietra, che servivano da sedili per i fedeli, sono addossaste ai muri della sala. Il pavimento era fatto a mosaico e i muri trattati con intonaco colorato (affreschi). Nella sala è stata scoperta una pietra quadrata, con la cima e quattro angoli ornati di rilievi. La pietra è incisa con una menorah a sette braccia posta su un piedestallo a base triangolare, fiancheggiato ai due lati da un'anfora....

(israele.net, 25 settembre 2009)

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Giornalisti: minacce a Rega dopo il suo libro sull’Islam

Il giornalista di Televideo Rai, Nello Rega, ha riferito di avere ricevuto prima lettere minatorie, poi proiettili insieme alla copertina stampata da internet di 'Diversi e divisi', suo libro sulla convivenza tra cristiani e islamici che sara' presentato anteprima nazionale domenica a Potenza. In una conferenza stampa, il giornalista ha spiegato che nelle lettere minatorie si fa riferimento a Hezbollah. "Nonostante le minacce siano sempre piu' massicce e dirette", ha voluto puntualizzare Rega in conferenza, "non mi faro' intimidire e continuero' nel mio lavoro e a credere nelle mie idee, forte della solidarieta' di chi mi circonda e delle istituzioni".

(la Repubblica, 24 settembre 2009)

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La Spagna squalifica israeliani da una gara, perché loro sede è in Cisgiordania

MADRID, 24 set - Un equipe di scienziati israeliani squalificata da una gara internazionale perché la loro università ha sede in Cisgiordania. E' accaduto in Spagna, ad annunciare la squalifica, con le relative motivazioni, è stato un funzionario del ministero per l'Abitazione di Madrid, citato dal sito di notizie israeliano 'ynet news'. Il funzionario, che ha chiesto di restare anonimo, ha spiegato che la Spagna ha agito rispettando le linee Ue, che impongono una sorta di boicottaggio per i prodotti e le attività legate all'occupazione israeliana dei Territori palestinesi.

(Aki, 24 settembre 2009)

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Egitto - Tutti contro l'Unesco per la bocciatura di Hosni

Irina Bokova
«Scontro di civiltà», «voto contro l'islam», intervento della «lobby ebraica». La stampa egiziana non ha digerito la bocciatura del proprio candidato Farouk Hosni a direttore generale dell'Unesco in favore della bulgara Irina Bokova e si è scatenata ieri, dando man forte allo stesso Hosni. Il ministro della Cultura egiziano - che avrebbe dovuto rappresentare l'Unesco - si è scagliato anche lui contro l'organizzazione accusandola di essersi «politicizzata». Per il quotidiano indipendente «Al-Masry Al-Youm» «uno scontro di civiltà ha risolto la battaglia dell'Unesco». «L'America, l'Europa e la lobby ebraica hanno abbattuto Farouk Hosni dopo l'onorevole competizione del delegato egiziano», ha commentato il giornale. «Il candidato egiziano e arabo ha subìto una feroce campagna contraria da parte dell'amministrazione americana, sotto la pressione degli ebrei», ha scritto anche il quotidiano di opposizione «Al-Ahrar».

(il Giornale, 24 settembre 2009)

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Onu, da Israele avviso ad Ahmadinejad: "Non ci sarà un secondo Olocausto"

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu, nel suo discorso oggi alle Nazioni Unite, farà riferimento alla minaccia rappresentata dal presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. "Non permetteremo a quel leader pericoloso di minacciarci con un secondo Olocausto" ha detto Netanyahu al quotidiano Israel ha-Yom, che gli è politicamente vicino

"Dirò al mondo cosa noi proviamo riguardo l'Iran. E' importante che il mondo ascolti e comprenda cosa noi sentiamo e pensiamo in merito" ha detto ancora Netanyahu. "Saranno parole chiare e nette".
PERES: Mahmud Ahmadinejad "è un leader oscuro e tetro, che si concilierebbe con il Medio Evo, che vorrebbe uccidere come all'epoca dell'Inquisizione": lo ha affermato il capo dello stato israeliano Shimon Peres commentando l'intervento di ieri del presidente iraniano all' Assemblea Generale delle Nazioni Unite. "Il popolo iraniano ha vergogna di lui, per questo si ribella", ha aggiunto. Ahmadinejad, ha insistito Peres, "predica l'omicidio e l'odio, il terrorismo, il ricorso ad armi nucleari per un genocidio". "Se c'è qualcuno agli antipodi della morale ebraica, questi è proprio lui" ha osservato Peres. In Israele intanto c'è soddisfazione per l'abbandono della sala dell'Assemblea generale da parte di numerose delegazioni diplomatiche durante il discorso di Ahmadinejad. "E' stato un successo della diplomazia israeliana" ha stimato il viceministro degli esteri Dany Ayalon. Nessun commento particolare è stato espresso finora in Israele nei confronti della Svezia i cui rappresentanti sono invece rimasti ad ascoltare il discorso del presidente iraniano. Nelle settimane scorse fra Israele e Svezia (il Paese che ha la presidenza di turno dell'Unione europea) si è creata una crisi in seguito alla pubblicazione su un giornale di Stoccolma di un articolo su un asserito traffico di organi di palestinesi, giudicato in Israele molto diffamatorio.

(L'Unione Sarda, 24 settembre 2009)

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Netanyahu, Israele non accetterà il ritorno ai confini del 1967

GERUSALEMME, 24 set. - Israele non accettera' il ritorno ai confini del 1967. E' il messaggio forte e chiaro lanciato dal premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu, in un'intervista rilasciata al quotidiano israeliano 'Haaretz'. Il premier ha definito "positive" le affermazioni del presidente Usa Barack Obama sul Medio Oriente. E pero' ha precisato: "le cose che ha detto sull'occupazione non sono nuove. Le ha gia' dette al Cairo, e in effetti questa e' la formula adottata dalla Road Map e non dice che dobbiamo tornare alle frontiere del 1967".

(Adnkronos, 24 settembre 2009)

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Religioni, culture, democrazia

Gadi Luzzatto Voghera spiega la ricetta ebraica fra valori e poteri

di Daniel Reichel

"Religioni, culture e democrazia" è il tema degli incontri organizzati quest'anno dal Centro Studi sul Pensiero Contemporaneo (CESPEC) di Cuneo fino al 26 settembre. La sede cuneese dell'Università di Torino ospita un ciclo di interventi incentrati sul complesso tema dei rapporti mutevoli e spesso spinosi fra religione e ordinamento democratico.
Tra i docenti universitari italiani e stranieri che saranno presenti figurano i nomi di Arnaldo Nesti, Gadi Luzzatto Voghera (nella foto a fianco), Pier Cesare Bori, Massimo Campanini e Silvio Ferrari.
Di "Ebraismo e democrazia" ha trattato l'incontro con Gadi Luzzatto Voghera, docente di Storia dell'ebraismo moderno e contemporaneo all'Università di Padova e autore del libro "L'antisemitismo di sinistra", che ha illustrato a studenti, professori e semplici spettatori, l'intreccio che da secoli intercorre fra la Legge ebraica e quella civile, fra tradizione religiosa e istituzioni secolari. "Un compito arduo quello di riassumere in una lezione i temi per cui a Padova faccio interi seminari" scherza in apertura il professor Luzzatto; a giudicare dalla pioggia di domande, il pubblico ha decisamente apprezzato il suo, seppur breve, intervento.
Attraverso salti temporali, citazioni ed esempi, lo storico ha cercato di tratteggiare un quadro di come le società ebraiche siano riuscite a regolare per secoli le proprie comunità applicando i dettami talmudici. La legge ebraica regolava, e lo fa tutt'ora, la vita degli ebrei della Diaspora, i quali, come minoranza, devono rispettare il diritto positivo dello stato in cui vivono. I problemi sorgono inevitabilmente con la nascita di Israele, sottolinea il professore, perché ci si comincia a chiedere quali siano le norme da seguire, o meglio quale sistema normativo applicare ad uno Stato ebraico di cui però non faranno solo parte gli ebrei. Al momento come è noto in Israele vi sono sia tribunali civili quanto rabbinici e questi ultimi sono investiti del potere decisorio in riferimento al diritto di famiglia.
La discussione sul ruolo che la religione ebraica deve avere nella democrazia è molto viva nella società israeliana e non solo; ma vogliamo sottolineare un punto preso in esame da Luzzatto: la necessità di evitare fanatismi, questione quanto mai attuale in un mondo in cui si tende a radicalizzare le proprie posizioni, spesso con esiti violenti. "In Israele il fanatismo ha ucciso leader politici" dice il professore "gli estremisti godono dei privilegi che la democrazia gli garantisce, utilizzano i suoi strumenti per avere visibilità e poi dichiarano di volerla distruggere". E' necessario evitare tali degenerazioni e garantire, tramite il rispetto di principi comuni a ebraismo e democrazia, tolleranza e comprensione.
Luzzatto termina il suo intervento citando Ezechiele (il riferimento è alla necessità o meno di convertire all'ortodossia la massa di ebrei russi che cercano rifugio in Israele e di cui non si sa effettivamente l'origine, ma il significato della citazione è sicuramente estendibile): " [..]Dice il Signore Dio: Guai ai pastori d'Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana,
ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza."

(Notiziario Ucei, 24 settembre 2009)

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Gaza - tv a bimbi: uccidete gli ebrei

Razzo in territorio israeliano, nessun ferito

GERUSALEMME, 24 set - A Gaza, in un programma tv per bambini, si e' affermato che per liberare la Palestina si devono massacrare gli ebrei in Israele. Lo rivela il sito internet israeliano Palestinian Media Watch, che monitora i media palestinesi, controllati da Hamas. E intanto un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza e' caduto in territorio israeliano senza causare feriti

(ANSA, 24 settembre 2009)

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Israele e Palestina fanno pace... Al Cous cous fest

Israele e Palestina, a San Vito Lo Capo, si incontrano dietro i fornelli e fanno pace. L'occasione è il Cous Cous Fest che ogni anno, da dodici edizioni, li fa fronteggiare a colpi di mestoli, spezie e coreografie i cui ingredienti sono tutti commestibili. Gli chef dei due Paesi a partire da domani, ancora una volta, saranno nelle stesse cucine per preparare la loro ricetta di cous cous che si confronterà con quelle di Costa d'Avorio, Francia, Italia, Marocco, Senegal e Tunisia per vincere il premio della gara gastronomica internazionale. George Suheil Srour, chef palestinese che lavora a Betlemme, presenterà un filetto di tonno rosso in crosta tricolore di sesamo e cous cous profumato al limone. Lo chef israeliano, Guy Perez, è alla terza generazione di chef nella sua famiglia e gestisce un ristorante a Tel Aviv. Di madre marocchina, presenterà una ricetta di cous cous allo strudel d'agnello e mandorle. Per qualche giorno, a San Vito, gli chef dimenticano gli orrori della guerra e si tuffano in una festa di sapori, culture e colori. Ne è una prova il commento di Perez, dopo avere assaggiato il cous cous marocchino: "E' come quello - ha detto - che prepara mia madre".

(Siciliainformazioni.com, 24 settembre 2009)

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«L'Italia scarica Hosni». E l'antisemita perde la poltrona all'Unesco

di Andrea Morigi

Irina Bokova
L'Unesco non avrà come direttore generale Farouk Hosni, sconfitto dall'ex ministro bulgaro degli Esteri, Irina Bokova, con 31 voti contro 29.
Sarà la prima donna a capo dell'Unesco, se la Conferenza generale del 15 ottobre, cui spetta l'ultima parola, confermerà la scelta del Comitato esecutivo che ieri, alla quinta votazione, ha optato per lei.
Sull'esito, tuttavia, si apre un giallo che riguarda l'Italia. Malgrado l'appello rivolto da Libero il 10 settembre scorso al ministro degli Esteri Franco Frattini, il governo italiano sembrava ufficialmente rimasto fermo nel proprio sostegno a un candidato impresentabile, accusato di antisemitismo per le sue frasi contro Israele e gli ebrei e di censura contro gli intellettuali.
Così, mentre alle 18.31 di ieri le agenzie di stampa battevano la notizia della vittoria della Bokova, da New York il numero uno della Farnesina rilasciava una dichiarazione tanto simultanea quanto sconcertante, annunciando che l'Italia manterrà la promessa fatta due anni fa «personalmente da Silvio Berlusconi al presidente egiziano Hosni Mubarak», votando quindi per Hosni.
In realtà, secondo la corrispondenza firmata da Steven Erlanger sul New York Times di ieri, proprio il mancato appoggio di Francia, Israele e Italia (che non si erano opposti fino a lunedì) al candidato, fino ad allora favorito, avrebbe determinato le sorti del voto a favore della bulgara.
Ieri pomeriggio, a Parigi, l'atto finale. Ad anticiparlo anche un suicidio politico-mediatico da parte dell'egiziano, che aveva ammesso, parlando con il giornale elaph.com, di aver svolto nel 1985 un ruolo di primo piano nel far sfuggire alla giustizia tre dirottatori palestinesi della nave Achille Lauro, che avevano ucciso il disabile americano di origine ebraica Leon Klinghoffer.

Complice di Abu Abbas
    All'epoca dei fatti Hosni era il direttore dell'Accademia d'Egitto a Roma «in veste di diplomatico» ma non solo. Interviene l'11 ottobre 1985 quando «i servizi segreti egiziani attuarono un piano diversivo» per sottrarre all'autorità italiana tre dei dirottatori, tra cui il loro leader Abu Abbas. Erano arrivati a Roma a bordo di un aereo egiziano diretto a Tunisi ma intercettato da caccia statunitensi e costretto a tornare a terra. Tocca a Hosni risolvere la questione: «I servizi segreti dissero di voler ospitare i passeggeri in accademia e io detti ordine di preparare 17 stanze, mentre giunsero solo 14 persone», ricostruisce. Ma non basta, perché ci sono ancora i magistrati da depistare: «Poi venne da me il procuratore italiano, che voleva a tutti i costi mettere in imbarazzo l'Egitto, e chiese di interrogare i (passeggeri) non egiziani, ma risposi che in accademia c'erano solo ospiti egiziani». La manovra diversiva riesce perché da un lato «i servizi segreti avevano invece lasciato i tre palestinesi a bordo dell'aereo», mentre dall'altro «mi fu chiesto di prender tempo fino a fine giornata con il procuratore, che chiedeva che gli consegnassi i passaporti (dei passeggeri ospitati in accademia)». Facendo credere alle autorità italiane, grazie a questo stratagemma, che i terroristi fossero ancora all'interno dell'Accademia, «l'aereo decollò indisturbato dall'aeroporto di Roma. E solo quando quest'ultimo si trovava ormai al sicuro, consegnai i passaporti al procuratore italiano che però non trovò nulla».

Spia anti-Mossad
    Hosni aveva anche rivelato che nel 1971 «quando ero a Parigi, come addetto culturale, mi veniva chiesto di spiare gli studenti e di stilare un rapporto su quelli che deviavano». Nulla di grave, secondo lui, perché «questo non significa che li reprimessi». Quel compito spettava ad altri, visto che era stato incaricato dal capo dei servizi segreti egiziani in persona, «in un momento in cui il Mossad israeliano aveva totale libertà d'azione. Anche la Francia era impegnata in una guerra occulta fra servizi, a proposito di una vendita di missili. Perciò era necessario prendersi cura degli studenti egiziani e proteggerli da ogni infiltrazione del Mossad».
Ancora più opportuno è parso ai governi civili membri dell'Unesco, escludere la possibilità che un complice dei terroristi arabi li rappresentasse.

(Libero-news.it, 23 settembre 2009)

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A Parigi sconfitta la realpolitik

di Pierluigi Battista

Era assolutamente inattesa, fino a pochi giorni fa, l'elezione di Irina Gueorguieva Bokova alla direzione dell'Unesco. E ancor di più la cocente sconfitta di Farouk Hosni, sostenuto da uno schieramento internazionale cementato dalla realpolitik. Sembrava inattaccabile la candidatura al vertice di un organismo culturale dedito alla tolleranza e alla custodia dell'immenso patrimonio culturale dell'umanità di un uomo che voleva sistematicamente escludere gli israeliani (e persino gli «ebrei» tout court) da questo patrimonio comune. Le rivelazioni sulla sua biografia e sulle sue sistematiche dichiarazioni in odor di antisemitismo sembravano insufficienti a minare la compattezza di chi aveva sostenuto, accettato, o subìto obtorto collo, il nome di Hosni. E invece no.
    Sarà perché la soglia dell'accettabilità era stata ampiamente oltrepassata, sarà per la resipiscenza di chi pensava si potesse sorvolare sulla smodatezza con cui Hosni aveva auspicato di «bruciare» personalmente i libri israeliani, fatto sta che la candidatura di una donna impegnata sul fronte dei diritti umani, sulla difesa della democrazia, sulla battaglia per l'eguaglianza tra i sessi, la bulgara Bokova, è apparsa più credibile, più adatta a quel ruolo così delicato e cruciale.
    Ha perso l'arroganza di chi ha voluto imporre un candidato dalla biografia impresentabile. Ha perso l'acquiescenza dei governi occidentali (compreso quello italiano) convinti, puntando sul nome sbagliato, di aprire una porta di dialogo con il mondo arabo. Ha perso la stessa ragion di Stato israeliana, alla ricerca di un buon rapporto con l'Egitto di Mubarak fino al punto di assecondare la scelta di un uomo che ha ripetutamente tuonato contro l'eccesso di influenza «ebraica» sul sistema mondiale dei media e ha favorito la diffusione nel mondo arabo dei famigerati «Protocolli dei savi anziani di Sion». Ha vinto la ragione sociale dell'Unesco, che non tollera discriminazioni, pratiche censorie e bavagli alla cultura libera. Da Parigi arriva perciò una buona notizia. E si rafforza, finalmente, la convinzione che non si possa pronunciare qualunque nefandezza senza doverne pagare dazio. Ora a Irina Bokova la responsabilità di rappresentare non la diga per arginare il peggio, ma la scelta giusta nel posto giusto. La sua biografia, a differenza di quella di Hosni, induce all'ottimismo.

(Corriere della Sera, 23 settembre 2009)

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Marcia indietro Usa sul congelamento degli insediamenti israeliani

L'inviato speciale Usa per il Medio Oriente George Mitchell, contrariamente ha quanto chiesto ripetutamente dal presidente Barack Obama e dal segretario di Stato Hillary Clinton, ritiene che il congelamento degli insediamenti israeliani in Cisgiordania non sia un elemento essenziale per la ripresa dei negoziati di pace. Parlando al termine dell'incontro trilaterale tra Obama, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Anp Abu Mazen, Mitchell ha affermato che gli Usa non hanno mai posto "precondizioni" alle trattative e cosi' come non dovrebbero fare le parti Ai giornalisti che gli chiedevano se fossero possibili nuovi colloqui israelo-palestinesi senza il congelamento delle colonie Mitchell ha replicato: "Per noi non c'e' alcun elemento che debba essere considerato come una precondizione ai negoziati". Non solo Mitchell ha anche negato che Obama o Clinton abbiano posto il problema degli insediamenti come condizione anche se entrambi hanno piu' volte chiesto a Netnayahu di porre fine alla costruzione di nuovi edifici in Cisgiordania.

(la Repubblica, 22 settembre 2009)

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Maratona di Berlino: più di 1000 persone corrono per Gilad Shalit

di M. Breckner

BERLINO - Più di 1.000 persone hanno preso parte alla maratona che si è svolta domenica a Berlino per solidarietà con il soldato israeliano Gilad Shalit rapito nel 2006. Sono stati distribuiti in tutto 3.000 bracciali azzurri in ricordo del prigioniero.
Al quotidiano "Bild.de" l'iniziatore, Ron Segal, ha dichiarato che esattamente 1.183 corridori hanno portato un bracciale azzurro come segno di ricordo, cioè un corridore per ogni giorno che l'israeliano ha dovuto trascorrere nella prigionia palestinese dall'inizio fino a domenica scorsa. «Circa 900 maratoneti si sono registrati nominalmente in anticipo per questa azione e molti altri hanno portato i bracciali senza registrarsi formalmente. In tutto abbiamo distribuito 3.000 bracciali» ha dichiarato domenica Segal. Il produttore cinematografico israeliano vive a Berlino e lui stesso ha partecipato alla corsa lunga 42 chilometri. Il suo numero di partenza era 1183.
L'azione di solidarietà della maratona è stata appoggiata dall'ambasciata israeliana, dall'associazione Germania-Israele e dalla comunità ebraica di Berlino. Bracciali, T-shirt e materiale d'informazione sono stati distribuiti da aiutanti volontari. Allo stand di informazioni degli organizzatori c'era anche la possibilità di parlare con Ekkehard Band, il sindaco di Berlino Tempelhof-Schöneberg. Il quartiere è gemellato con Naharija, luogo di nascita di Gilad Shalit.
Shalit è stato rapito il 25 giugno 2006 da terroristi palestinesi su territorio israeliano e trasportato nella striscia di Gaza. Da allora il governo israeliano si adopera per la liberazione del soldato che oggi ha 23 anni. I suoi rapitori impediscono visite della Croce Rossa e ogni assistenza medica a Shalit.

(Israelnetz.com, 22 settembre 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Israele: boicottare il discorso di Ahmadinejad all'Onu

TEHERAN, 22 set. - L'ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Gabriela Shalev, ha invitato tutti i membri dell'Assemblea generale dell'Onu, che domani si apre a New York, a boicottare il discorso del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. "Il semplice gesto di lasciare la stanza o di non essere presenti mentre Ahmadinejad parlera' e' un atto simbolico", ha affermato Shalev in un'intervista alla radio dell'esercito. "Noi - ha aggiunto - vogliamo solamente ricordare ai Paesi di tutto il mondo quanto sia pericolosa questa persona e lo Stato che guida".

(IGN, 22 settembre 2009)

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La "teshuvà"

di Roberto Della Rocca, rabbino

Roberto Della Rocca
La decade con cui si apre il nuovo anno ebraico coincide con gli Aseret Jemè Teshuvà, i dieci giorni di teshuvà, culminanti nel giorno di Kippùr. Ritornare, riparare, rimettere in discussione: la teshuvà è un po' tutto questo. In un primo momento riguarda evidentemente il rapporto che ciascuno stabilisce tra se stesso e i propri errori; ma, fondamentalmente, la teshuvà va ben oltre il problema del peccato, del giudizio che ciascuno nutre su ciò che ha fatto o non ha fatto. Il vero problema non può limitarsi alla contabilizzazione delle proprie colpe. Nella visione ebraica, peccare non significa soltanto commettere un'infrazione ma, piuttosto, mancare a se stessi, allontanarsi dall'obiettivo. A questo proposito un insegnamento rabbinico sostiene che in questi giorni l'uomo viene giudicato non tanto per ciò che ha fatto, quanto per ciò che non ha fatto, e che, invece, avrebbe potuto fare.

(Notiziario Ucei, 22 settembre 2009)

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Israele avverte l'Iran e il mondo: «Non esclusa azione militare»

Israele continua a sperare che le armi della diplomazia, e un regime di sanzioni più rigido, possano fermare la corsa nucleare dell'Iran. Ma non intende concedere garanzie preventive di non intervento, né rinunciare a opzioni di sorta: inclusa quella d'una ipotetica azione militare. Sono questi i messaggi recapitati oggi alla comunità internazionale dal governo di Benyamin Netanyahu e dallo stato maggiore di Tsahal (l'esercito israeliano) all'indomani dell'intervista alla Cnn di Dmitri Medvedev nella quale il presidente russo aveva detto d'aver ricevuto assicurazioni dal collega Shimon Peres sull'intenzione israeliana di non far ricorso all'uso della forza contro l'Iran. Rassicurazioni che il portavoce del ministero degli Esteri Yigal Palmor ha evitato oggi con cura di confermare o smentire. Puntualizzando tuttavia all'ANSA che quanto riferito da Medvedev non può in nessun modo legare le mani al governo israeliano....

(Il Secolo XIX, 22 settembre 2009)

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Accordo Renault-Better Place. Per la Fluence ZE in Danimarca

Siglato l'accordo per comincerà a importare e distribuire la vettura elettrica anche in Israele.

La Fluence ZE
Renault e Better Place hanno annunciato la sottoscrizione di un accordo in base al quale Better Place comincerà a importare e distribuire una prima automobile elettrica Fluence ZE, una berlina a 5 posti, nel primo semestre 2011 in Israele e proporrà ai clienti di acquistare questa vettura presso i concessionari Renault in Danimarca. Le due aziende si impegnano su un volume di almeno 100.000 veicoli per i due paesi entro il 2016.
Il veicolo si ispirerà ad uno dei quattro concept-car presentati da Renault al Salone dell'Auto di Francoforte. Il concept-car Fluence Z. E. prefigura la futura versione elettrica di Fluence e costituisce una soluzione di mobilità a zero emissioni per il futuro.
La batteria può essere completamente ricaricata su una presa standard (in un tempo fra quattro e otto ore) o grazie ad una soluzione immediata (meno di cinque minuti) chiamata "Quickdrop" - una tecnologia di sostituzione delle batterie - che permette ai veicoli di sostituire le loro batterie in meno del tempo necessario ad una vettura termica per fare il pieno di carburante.
Renault e Better Place hanno collaborato alla messa a punto di questa soluzione tecnologica innovativa perché un veicolo possa sostituire rapidamente una batteria scarica con una interamente carica in pochi minuti. Una terza opzione - la ricarica rapida - consiste nel ricaricare la batteria per l'80% della sua capacità in 20 minuti.
Ma non è tutto. Questo veicolo beneficierà di una garanzia, proposta per la prima volta sul mercato israeliano, di quattro anni e 120.000 km. Le prime consegne cominceranno nel primo semestre 2011. Le auto saranno in seguito disponibili nei punti vendita specifici Better Place, così come in alcune concessionarie Renault. I clienti beneficeranno di un'ampia rete di servizi post-vendita Renault, come previsto da un contratto di manutenzione completo.

(la Repubblica, 22 settembre 2009)

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Investimenti a Gerusalemme

Il fondo Al Qods acquista un terreno per conservare il carattere arabo della città.

Il fondo marocchino Al Qods (parola che vuol dire Gerusalemme, in lingua araba - Ndr) ha annunciato l'acquisto di un terreno a Gerusalemme per un importo di cinque milioni di dollari con l'obiettivo di preservare il carattere arabo-musulmano della parte orientale delle citta' annessa nel 1967 da Israele.
''Il terreno, 1800 m2 di superficie, ospitera' un centro culturale che si chiamera' Casa del Marocco'', precisa Abdelkebir Alaoui Mdaghri direttore del Fondo Al Qods ed ex ministro degli Esteri.
''Circa il 90 per cento delle terre arabo-musulmane sono state annesse da Israele che ha costruito e edifici e case - ha aggiunto Mdagri -; e' ora urgente intervenire, altrimenti non ci saranno piu' terre arabo-musulmane nella Citta' Santa''.
Nel 2009 il fondo Al Qods ha offerto all'ospedale palestinese di Gerusalemme un nuovo reparto chirurgico e ha finanziato la costruzione di un college e la ristrutturazioni di quattro scuole.
Intanto il gruppo alberghiero degli Emirati Arabi Uniti ''Jumeirah'' e la Sgtm Immobiliare del Marocco hanno firmato un accordo per la costruzione di un complesso alberghiero nella zona sud di Marrakesh.
Lo rende noto l'agenzia di stampa 'Map' che cita fonti di Dubai.
Il complesso, la cui apertura avverra' in tre tappe a partire dal 2013, comprendera' tre alberghi a 5 stelle per un totale di 630 camere e una cinquantina di ville residenziali.
Sul terreno di 180 ettari sono previsti un campo di polo, un percorso di golf, una spa di 2.500 metri quadrati e una sala conferenze.
Sarà una struttura, dunque, di livello molto qualificato.

(Il Denaro, 22 settembre 2009)

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Terrorismo, le moschee dove si predica l'odio

di Gian Marco Chiocci - Luca Rocca

Predicatori d'odio islamici. Fiancheggiatori del terrorismo, predicatori di violenza, fondamentalisti di professione, leader spirituali sulla carta eppoi espulsi per decisione del governo e non di rado «salvati» da sentenze giudiziarie ambigue. Alcuni fanno esplicitamente il tifo per la sharia, altri applicano l'arte della dissimulazione, predicando pace ma diffondendo il jihad. La «mappa geopolitica» degli imam che hanno scelto il nostro Paese per diffondere il Corano nel senso più estremo, radicale, e violento del termine, è più estesa di quanto si pensi. Secondo una recente analisi dell'Antiterrorismo è soprattutto il Centro-nord l'area prescelta da coloro che esortano i fedeli alla caccia all'apostato dal pulpito della loro carica: siano essi predicatori patentati, imam fai-da te, guide spirituali o tabligh «itineranti»....

(il Giornale, 22 settembre 2009)

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Netanyahu difenderà l'espansione degli insediamenti con Obama

ROMA, 21 set - Israele difenderà l’espansione dei suoi insediamenti in Cisgiordania. In vista del vertice trilaterale a New York, voluto dal presidente americano Barack Obama, il governo del premier Benjamin Netanyahu annuncia battaglia su uno dei nodi cruciali per la ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi. O almeno è quello che si desume da alcune dichiarazioni rilasciate dal portavoce del premier, Nir Hefetz, alla radio dell’esercito e riprese dal quotidiano Haaretz. “Non si è mai sentito un primo ministro che dice di voler congelare la costruzione di alloggi, è vero il contrario - ha osservato il portavoce Hefetz -. Ci sono alcuni politici che vedono la sospensione delle costruzioni o la cessione di territorio nazionale come un vantaggio, il primo ministro Netanyahu non è tra questi”, ha quindi chiarito, lasciando poco spazio all’interpretazione. Si annuncia quindi in salita la strada del presidente Obama, che pure mette a disposizione la sua credibilità per uscire dallo stallo e riavviare il processo di pace.
E se c’è chi punta il dito contro la rigidità in tema di insediamenti mostrata da Israele, favorevole ad una moratoria non più lunga di un anno, c’è anche chi, come il ministro della Difesa israeliano, Enhud Barak, punta il dito contro l’intransigenza palestinese. “Temo - ha osservato il leader laburista -, che i palestinesi stiano perdendo una grande opportunità”. Quella cioè di veder finalmente nascere lo stato palestinese. Barak è a Washington, dove incontrerà il segretario alla Difesa, Robert Gates, e il consigliere per la sicurezza nazionale, generale James Jones.

(il Velino, 21 settembre 2009)

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Ahmadinejad: fiero di aver irritato gli occidentali e gli ebrei

TEHERAN, 21 set. - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è detto "fiero" di aver irritato gli occidentali e gli ebrei con le sue ultime dichiarazioni in cui ha sparato nuovamente a zero sulla Shoah. "E' per noi motivo di orgoglio il fatto di aver irritato i professionisti degli sterminii" nel mondo, ha dichiarato Ahmadinejad, secondo l'agenzia Irna, in un apparente riferimento ad alcuni Paesi occidentali e allo stesso Israele. In un discorso pronunciato venerdì scorso in occasione di una giornata di solidarietà con i palestinesi, Ahmadinejad aveva definito un "mito" quello della Shoah. "L'esistenza stessa del regime ebraico è un insulto alla dignità dei popoli", aveva detto Ahmadinejad in riferimento a Israele. "Loro (gli occidentali, ndr) hanno lanciato il mito dell'Olocausto: hanno mentito, hanno fatto il loro spettacolo e poi hanno sostenuto gli ebrei", aveva proseguito. Il presidente iraniano aveva poi minacciato: "I giorni di questo regime sono contati, ed è sul punto di crollare. E' un regime moribondo". Ahmadinejad già nel 2005 aveva esortato a "cancellare Israele" dalle carte geografiche.

(Apcom, 21 settembre 2009)

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Generale Ashkenazi: "il rapporto Goldstone è fazioso"

"Abbiamo fatto il possibile per evitare vittime civili"

Il capo di stato maggiore israeliano, il generale Gabi Ashkenazi, ha criticato oggi il rapporto Goldstone sull'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza dello scorso inverno, nel quale si accusano sia i militari israeliani che i miliziani di Hamas di aver commesso crimini di guerra. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Secondo il generale, il rapporto, stilato dalla commissione d'inchiesta Onu diretta dal giudice sudafricano Richard Goldstone, è fazioso. "Ho letto il rapporto - ha detto Ashkenazi alla radio militare - è fazioso e sbilanciato". Il generale ha quindi difeso l'esercito: "I nostri soldati hanno una moralità, abbiamo fatto tutto il possibile per non colpire i civili". Il rapporto è stato criticato anche dai vertici politici israeliani. Gli Stati Uniti hanno detto che si concentra troppo sull'operato dell'esercito israeliano. L'operazione "Piombo fuso" iniziò il 27 dicembre scorso e cessò dopo tre settimane. Obiettivo dell'esercito israeliano era quello di fermare i ripetuti attacchi con razzi Qassam lanciati dalla Striscia di Gaza. Durante l'offensiva sarebbero morte circa 1.400 persone, tra cui molti civili, secondo quanto riportato da fonti palestinesi locali.

(Virgilio Notizie, 21 settembre 2009)

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Israele: l'opzione militare contro l'Iran non è ancora esclusa

Danny Ayalon
GERUSALEMME - Israele non ha ancora accantonato l'opzione di una risposta militare al programma nucleare di Teheran. Lo ha detto un alto esponente governativo, dopo che il presidente russo ha detto che il suo omologo israeliano gli ha assicurato che non attaccherà l'Iran.
Il viceministro israeliano della Difesa Danny Ayalon, ad una domanda di Reuters se l'affermazione del presidente israeliano Shimon Peres, riportata ieri dal presidente russo Dmitry Medvedev, sia una garanzia che non si saranno bombardamenti da parte di Israele sull'Iran, ha risposto: "Certamente non è una garanzia. Non penso, con tutto il rispetto, che il presidente russo sia autorizzato a parlare per conto di Israele e di sicuro non abbiamo escluso dal tavolo alcuna opzione".
Israele ha da tempo respinto le rassicurazioni iraniane sul fatto che il loro programma nucleare non miri a produrre armamenti ed ha detto che non tollererà questo livello di armamenti nella Repubblica Islamica, notoriamente avversa allo stato ebraico.
Nella trascrizione del Cremlino dell'intervista rilasciata da Medvedev a Cnn martedì scorso, il presidente dice che un attacco all'Iran porterebbe ad un "disastro umanitario" ed al rischio di ritorsioni su Israele che colpirebbero anche altre nazioni.
"Ma i miei colleghi israeliani mi hanno detto che non prevedono di agire in questo modo e io gli credo", aveva aggiunto Medvedev.

(Reuters, 21 settembre 2009)

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Raid di caccia israeliani su tunnel di contrabbando armi tra Gaza ed Egitto

TEL AVIV, 21 set. - Caccia israeliani hanno bombardato la notte scorsa tre tunnel usati per il contrabbando di armi al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto. L'annuncio e' stato dato questa mattina dai militari israeliani: l'attacco e' stato deciso in seguito al lancio di razzi a partire dalla Striscia di Gaza verso il territorio israeliano durante la festivita' di Rosh Hashana, il capodanno ebraico, e' stato annunciato. Nella dichiarazione i portavoce militari fanno poi presente che si considera Hamas "responsabile del mantenimento della calma nelle comunita' meridionali israeliane" e si avverte che da parte israeliana "si rispondera' ad ogni tentativo di interrompere questa calma".

(Adnkronos, 21 settembre 2009)

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Medvedev: "Israele non attaccherà Teheran"

Israele ha assicurato alla Russia che non intende attaccare l'Iran. Lo ha detto il presidente russo Dmitri Medvedev in un'intervista trasmessa oggi dalla Cnn, nella quale definisce un eventuale attacco come "la cosa peggiore che si possa immaginare".

Dmitri Medvedev
Israele ha assicurato alla Russia che non intende attaccare l'Iran. Lo ha detto il presidente russo Dmitri Medvedev in un'intervista trasmessa oggi dalla Cnn, nella quale definisce un eventuale attacco come "la cosa peggiore che si possa immaginare".
Medvedev ha precisato che l'assicurazione gli è stata data dal presidente israeliano Shimon Peres durante un incontro a Soci in agosto. "Quando è venuto a trovarmi a Soci, il presidente israeliano Peres ha detto una cosa importante per tutti noi: "Israele non ha in programma attacchi contro l'Iran, siamo un paese pacifico e non faremo una cosa del genere", ha riferito il presidente russo.
Nell'intervista alla Cnn, che è stata registrata martedì scorso, Medvedev ha anche definito "molto alta" la probabilità di un accordo entro l'anno fra Russia e Stati Uniti su un nuovo trattato per ridurre le armi strategiche.

(RaiNews24, 20 settembre 2009)

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Khamenei, grido contro i sionisti

Lo dimostrano le manifestazioni tenutesi in Iran contro Israele

TEHERAN, 20 set. - La guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei, ha lanciato un grido d'allarme contro il 'cancro sionista' che 'mangia la nazione islamica'. In un discorso fatto in occasione della fine del Ramadan, Khamenei ha spiegato che le grandi manifestazioni tenutesi venerdi' scorso in tutto il paese per la 'giornata di Qom' sono state 'un chiaro grido dei musulmani' contro i sionisti.
La giornata era dedicata alla solidarieta' con la Palestina e alla protesta contro Israele.

(ANSA, 20 settembre 2009)

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Gaza, nuovo lancio razzi su Israele; nessun ferito

GERUSALEMME, 20 set. - Alcuni razzi sono stati lanciati stamane dalla Striscia di Gaza contro Israele. Lo ha reso noto un portavoce dell'esercito israeliano spiegando che l'episodio non ha comunque provocato vittime. A dicembre scorso Israele aveva lanciato un'offensiva mortale contro Hamas per porre fine al lancio di razzi sul territorio. Da allora altri 200 ordigni hanno comunque continuato ad essere lanciati.

(AGI, 20 settembre 2009)

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Il Capodanno ebraico festeggiato dalla comunità cittadina di Siracusa

di Alessia Valenti

SIRACUSA 19 set. - Hanno avuto ieri sera inizio i festeggiamenti del Rosh Ha-Shana, il capodanno ebraico. Festività molto sentita nel mondo semita che, secondo quanto affermato dal rabbino capo di Siracusa Stefano di Mauro, consente di calcolare la progressione degli anni e quindi di stabilire l'anno sabatico e del giubileo. "Si racconta di D-o seduto sul trono - riferisce il rabbino Di Mauro - mentre sfoglia i libri che raccolgono la storia dell'umanità, non soltanto del popolo ebraico. Ogni singola persona viene presa in considerazione in base alle proprie colpe per decidere se è meritevole di perdono. La decisione però sarà ratificata soltanto in occasione del Kippur che cade tra dieci giorni". "In questo frangente - prosegue ancora Stefano Di Mauro - gli ebrei sono chiamati a compiere un'analisi del proprio operato sia nei confronti dei precetti ebraici, sia riguardo ai comportamenti assunti nei confronti dei propri conoscenti ai quali dovrà chiedere perdono per i torti arrecati. Il danneggiato avrà il dovere di offrire il proprio perdono, solamente in casi particolari ha la facoltà di negarlo". La comunità ebraica aretusea, costituita da una ventina di fedeli alcuni siracusani altri di provenienza ebraica, ha inaugurato ieri sera con momenti di preghiera, seguiti da una cena, l'inizio del nuovo anno.
I festeggiamenti, a cui hanno preso parte anche alcuni membri della comunità ebraica catanese e palermitana, si sono svolti nei locali della sinagoga, in via Italia 88. Le celebrazioni si protrarranno con incontri di preghiera fino a domani. Da ieri sono, quindi, iniziati per i religiosi ebrei i 10 giorni di penitenza che rappresentano la preparazione necessaria per l'ottenimento del perdono nel giorno dello Yom Kippur.

(La Sicilia, 19 settembre 2009)

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Rapporto Onu su Piombo Fuso, gli Usa si dissociano. Israele soddisfatta

La Casa Bianca invita comunque Tel Aviv ad avviare indagini approfondite sugli «abusi»

TEL AVIV (19 settembre) - Gli Usa si dissociano dal rapporto Onu che accusa Israele (ma anche i guerriglieri di Gaza) di crimini contro la guerra e l'umanità durante l'offensiva sulla Striscia di Gaza (dicembre 2008-gennaio 2009, vittime: 1200-1400 palestinesi, 9 israeliani). E Israele, che ieri aveva fatto un giro di telefonate ai leader mondali per avere sostegno, è rimasta soddisfatta.
La posizione degli Usa. Secondo un portavoce del Dipartimento di Stato il rapporto «si focalizza larghissimamente su Israele», soffermandosi sulle «deplorevoli azioni di Hamas» e sulle sue responsabilità all'origine del conflitto solo in modo «timido e generico». Opinione che non impedisce peraltro agli Usa di sollecitare Israele ad affidare alle proprie «istituzioni democratiche» indagini approfondite sugli «abusi» denunciati durante l'operazione Piombo Fuso ma che sembra comunque una presa di distanza dalla commissione Goldstone.
Haaretz e Yediot Ahronot sottolineano con enfasi i rilievi mossi dall'amministrazione Obama al testo redatto sotto la guida del magistrato sudafricano Richard Goldstone, rilevando come sia stato ritenuto «iniquo verso Israele».
L'agenzia palestinese Maan minimizza l'intervento Usa come «una cauta espressione» di critica che non risponderebbe in realtà alle pressioni israeliane per una condanna vera e propria.

(Il Messaggero, 19 settembre 2009)

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Mosca condanna le parole di Ahmadinejad su Israele, 'sono inaccettabili'

MOSCA, 19 set - Dura condanna della Russia al discorso di ieri di Mahmoud Ahmadinejad, nel quale il presidente iraniano e' tornato ad attaccare Israele definendo l'olocausto ''un pretesto per occupare la Palestina''.
''Certe parole, da chiunque pronunciate, contraddicono la verita' e sono totalmente inaccettabili'', ha fatto sapere il ministro degli Esteri Russo, Sergei Lavrov, per bocca del suo portavoce, Andrei Nesterenko.
''Cercare di riscrivere la storia, specialmente in occasione del 70mo anniversario dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale, e' un'offesa alla memoria di tutte le vittime e di tutti coloro che hanno combattuto il fascismo'', ha aggiunto il portavoce del ministero degli Esteri russo.
Nesterenko ha sottolineato infine che le parole di Ahmadinejad ''non contribuiscono a creare un'atmosfera internazionale che favorisca il dialogo sulle questioni che riguardano l'Iran''.

(ASCA, 19 settembre 2009)

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In Iran avanza il cambiamento: via le bandiere di Hezbollah


Nel corso delle contestazioni di ieri 18 settembre contro il regime khomeinista in Iran, i manifestanti hanno simbolicamente ammainato una bandiera dell'organizzazione terroristica libanese Hezbollah, legata a doppio filo ai pasdaran, le Guardie rivoluzionarie della Repubblica islamica: segno della volontà della nuova generazione iraniana di invertire il corso della politica estera di Teheran, da 30 anni imperniata sul sostegno al terrorismo internazionale come strumento di minaccia e ricatto nei confronti di Europa, Stati Uniti ed Israele.

(l'Occidentale, 19 settembre 2009)

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Capodanno ebraico: in Medio Oriente buoni propositi, e un anno difficile

Un ebreo iraniano festeggia il capodanno
Questa sera in Israele, e non solo, si festeggia il capodanno ebraico. E' tempo di riflessioni e di buoni propositi. Obama si augura che il nuovo anno sia un'occasione per "guarire le ferite e le divisioni" non solo tra le persone, ma anche tra le nazioni.
Ottima idea! Intanto però questo nuovo anno, il 5770 per il calendario ebraico, non sta cominciando sotto i migliori auspici.
Per paura degli attentati, l'esercito ha annunciato la chiusura dei confini con la Cisgiordania per tutta la settimana.
Di passi avanti nel processo di pace non si vede neanche l'ombra.
Nel frattempo a Gaza City Hamas ha organizzato una grande manifestazione per festeggiare "la giornata di Al Quds" (Al Quds è il nome arabo di Gerusalemme) - per augurarsi la distruzione dell'Entità Sionista (cioè il nome di Hamas per Israele).
E come se tutto questo non bastasse? Da Teheran Ahmadinejad ora dice apertamente di "non escludere" una bomba atomica iraniana nel futuro.
Cominciamo bene.
Il Jerusalem Post dà il benvenuto al nuovo anno con un quiz per i suoi lettori (cliccate qui per farlo, in inglese). Il titolo è tutto un programma: "Le cose potranno peggiorare, da qui al 5771?".
Se non altro, Obama si merita dei complimenti per il suo ebraico.
Qui sotto trovate il suo discorso. "L'shanà tovà tikatevu" ha detto. Cioè: "Che voi possiate essere iscritti (nel libro della Vita, nda) per un buon anno".
Buon 5770 a tutti.

(Panorama, 18 settembre 2009)

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Turista ebrea protesta: via dagli scaffali i vini del Duce e di Hitler

La donna si lamenta con la direzione del market Carrefour ritira le bottiglie con l'effigie dei dittatori

VARESE - Probabilmente la signora francese che lo scorso agosto ha fatto la spesa al supermercato Gs di Cuveglio, in provincia di Varese, non è mai stata a Predappio. Soprattutto non si sarebbe mai aspettata di trovare esposte tra la selezione dei vini di un supermercato di un luogo di villeggiatura bottiglie con etichette «nostalgiche» del ventennio o rappresentanti le effigi del Duce o di Hitler. Se a ciò aggiungiamo le origini ebraiche della villeggiante, è chiaro che gli ingredienti sono sufficienti per far scoppiare un caso. Non è ne uno scherzo di cattivo gusto malriuscito, ne una chiara dichiarazione di antisemitismo delle comunità del varesotto. Si tratta solo di «discutibili» prodotti a fine goliardico che il supermercato di Cuveglio offre ai suoi clienti. Alla signora francese non è importato se nel medesimo scaffale ci fossero anche bottiglie raffiguranti il Papa, Bob Marley, Stalin, Che Guevara, gli alpini o i manifesti delle case di tolleranza; la donna si è sentita profondamente offesa dalle bottiglie in questione. Quindi ha scattato delle fotografie, si è indignata con i responsabili del supermercato e, rientrata in Francia, ha inoltrato la sua rabbia ai vertici di Carrefour, la multinazionale della grande distribuzione che possiede il marchio Gs.
Le bottiglie di vino in questione sono un'idea commerciale dell'imprenditore Alessandro Lunardelli che ha deciso di creare questa collana di bottiglie di vino da tavola con le etichette dedicate a una cinquantina di personaggi storici. Tanto che a Milano non è certo difficile reperire le medesime bottiglie in alcuni locali cult della movida milanese. Nonostante ciò la direzione di Carrefour ha deciso di sposare le istanze della signora giustificandosi e dicendo di non essere al corrente di questo inquietante episodio perché ogni gestore è libero di offrire alla sua clientela i prodotti che meglio crede, pur sempre attraverso la centrale d'acquisto Carrefour. Insomma, le bottiglie «incriminate» sono state levate dagli scaffali, ma dal supermercato varesino fanno sapere: «Non si trattava di vendita a scopo politico, tanto che sullo scaffale erano presenti altre 40 referenze. Si trattava piuttosto di una questione goliardica per chi avesse voluto fare un regalo. Comunque le bottiglie con Hitler e Mussolini sono state levate dagli scaffali come richiesto da Carrefour Italia».

(il Giornale, 17 settembre 2009)

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Bottiglie di Hitler, supermercato offre vacanza gratis alla turista offesa

Un centro commerciale del paese vuole inviare un messaggio alla donna francese che ha denunciato l'episodio: "Non siamo antisemiti, torni a trovarci in Valcuvia"

VARESE - La signora francese offesa dalle bottiglie di Hitler e Mussolini, messe in vendita in un supermercato di Cuveglio, ha vinto un soggiorno gratis in Valcuvia. Non è uno scherzo, è il messaggio che il centro commerciale "Valcuvia Shop" di Cuveglio (dove c'è un supermercato Gs, ma non quello delle bottiglie incriminate) ci ha chiesto di inviare in Francia. "Non sappiamo l'identità della signora - spiega Andrea Leta responsabile di Cuveglio - ma se navigando su Internet si riconoscerà, vorremmo che si mettesse in contatto con noi, che accettasse le scuse della Valcuvia e gradisse anche un soggiorno offerto dalla nostra proprietà. Perché lo facciamo? Non vogliamo che torni in Francia con ricordi spiacevoli, o con il sospetto che in zona si tollerino segnali antisemiti, e soprattutto ci dispiace che in Francia si parli di noi in questi termini".
E' davvero curioso quello che ci ha raccontato il direttore Andrea Leta, tanto più che il suo centro commerciale non c'entra nulla con la vicenda delle bottiglie in vendita con l'immagine di Hitler e Mussolini: "E' vero, il Gs in questione, non è nel nostro centro commerciale - sottolinea - ma in quello al confine con Cuvio. Però molta gente ha pensato che le bottiglie fossero qui, e abbiamo dovuto dare spiegazioni. Chiariamo dunque che a Cuveglio ci sono due supermercati di quel gruppo, retti entrambi dalla stesso gestore ma in luoghi diversi; e comunque non le abbiamo vendute qui. Tuttavia, la proprietà ha deciso di lanciare questo messaggio".
L'azienda ci ha garantito che non si tratta di una sparata e che manterrà la promessa: un soggiorno tutto pagato. Dunque, non ci resta lanciare il messaggio nel web, aspettando che arrivi alla signora. Chissà, che un giorno, non si possa fotografare una stretta di mano tra la turista francese e i supermercati della Valcuvia, magari davanti a un buon bicchiere di vino. Senza etichetta.

(Varesenews, 17 settembre 2009)

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Capodanno ebraico: Alemanno, mi unisco ai festeggiamenti

ROMA, 17 set - ''Come Sindaco di Roma mi unisco alla Comunita' Ebraica che festeggia domani il Capodanno''. E' quanto si legge in una nota del sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
''Questa festa - prosegue Alemanno - segna l'inizio dell'anno 5770 dalla creazione dell'uomo ed e' quindi anche un richiamo universale alla fratellanza fra tutte le persone.
Fare iniziare l'anno con il ricordo della creazione e' anche voler sottolineare il legame che unisce tutte le cose a Dio, e' l'occasione per ricordare il radicamento profondo della dimensione religiosa.
La religione, quando vissuta in modo autentico e lontano da strumentalizzazioni, e' un vero fermento positivo per tutta la societa', stimolo nell'orientamento verso i valori del rispetto della persona e dell'autentico umanesimo''.
La Comunita' Ebraica della nostra capitale, conclude il primo cittadino, ''e' un esempio vivente di dialogo costruttivo fra identita' profonde, ed e' un'anima costitutiva della nostra citta'. So che gli studiosi ebrei interpretano questo nuovo anno come orientato all'arricchimento spirituale e alla crescita nella concordia. Auguro di cuore che davvero cosi' possa essere grazie anche al costante impegno comune.

Buon Anno! Shana' Tova'''.

(ASCA, 17 settembre 2009)

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Aperta la sinagoga di Ostia. soddisfatti oltre 3.000 ebrei

ROMA, 17 set - Anche Ostia ha la sua sinagoga. E' stato infatti inaugurato il tempio di via Oletta alla presenza del presidente della comunita' ebraica Riccardo Pacifici e del minisindaco del XIII municipio Giacomo Vizzani. ''Siamo molto felici - ha detto Vizzini - di aver consegnato le chiavi della struttura alla comunita' e soddisfatti di aver onorato la promessa che avevamo fatto. La consegna era stata prevista per il mese di giugno, poi per motivi burocratici la data e' slittata''.
Soddisfatta anche la rappresentante della comunita' ebraica, Loretta Kayon: ''Finalmente - ha affermato - possiamo usufruire di questo spazio per le nostre celebrazioni senza dove arrivare alla sinagoga di via del Tempio. Solo nel XIII municipio sono presenti oltre 3.000 ebrei, e questo spazio ci permettera' di semplificare e migliorare la nostra situazione sul territorio. Adesso inizieremo la programmazione annuale delle attivita' religiose e ricreative''.

(ASCA, 17 settembre 2009)

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Via Ripetta, torna fra i banchi il professore che negò la Shoah

di Chiara Righetti

L'amarezza dei colleghi: "Assurdo ritrovarlo proprio qui"
Lui ribatte: "Sono sereno"

ROMA - Giacca scura e cartellina, il professor Roberto Valvo varca deciso il portone della scuola. Da lunedì ha di nuovo lezione regolarmente, 18 ore al liceo artistico Ripetta. Per l‘insegnante accusato di aver detto, tra l‘altro, che «gli ebrei non sono italiani» e che la Shoah «è stata un po‘ una montatura», la sospensione decisa dopo un‘ispezione del Provveditorato è finita a metà maggio. E col nuovo anno, il suo nome è tornato a figurare fra gli altri nel prospetto degli orari.
In sala professori c‘è amarezza, e la sensazione di essere stati presi in giro: «Pensare che siamo stati ricevuti dal presidente della Camera per l‘anniversario delle leggi razziali. Fu Fini a dirci, nel corso del colloquio, "meno male che quell‘insegnante è stato rimosso". È assurdo che l‘abbiano rimandato proprio qui». «Persone così non dovrebbero insegnare». Le voci si rincorrono, come quella di un ulteriore episodio di antisemitismo venuto alla luce solo dopo l‘ispezione dell‘Ufficio scolastico regionale: «Pare che in terza C abbia fatto l‘appello, chiedendo ai ragazzi se nelle loro famiglie c‘erano ebrei». Ma non mancano gli attestati di solidarietà: «Valvo è un amico, se così posso definirlo. E ha subito un‘eccessiva gogna mediatica».
In questi giorni il liceo ha altri problemi: le classi troppo numerose, la palestra da ristrutturare. Quelli sul caso-Valvo sono «atti riservati», e la scuola si limita a ribadire di aver preso atto di «una decisione ministeriale». L‘unico margine è stata la scelta di assegnare il prof negazionista ad altre sezioni, con sollievo dei suoi ex alunni che commentano: «Se tornava qui, ci toccava scrivere a Napolitano». Ma se ne parla lo stesso nei capannelli all‘uscita: «Tra scioperi e assemblee eravamo riusciti a farlo cacciare, non ci aspettavamo certo di ritrovarlo qui».
All‘ultima campanella Valvo esce sorridente. «Sono amato, rispettato», dice. Ha scelto lei di cambiare sezione? «Non sono un reo che debba chiedere di andarsene. Io sono sereno, sono stato a casa 5 mesi e 15 giorni». A stipendio pieno? «No, con delle trattenute - che io chiamo furti. L‘assurdo è che avrei già l‘età per la pensione, questi sono i miei due anni di proroga. Il primo me l‘hanno fatto passare a casa, per la denuncia di un padre di famiglia». Non fu la preside a denunciarla? «No, lei dopo si è accodata». Le ragioni? «Subcultura, ignoranza. E certi giornali che fanno di tutto per vendere più copie». Sul merito però «non parlo, anche perché la questione penale è ancora aperta. Dico solo che ho la coscienza pulita, non ho perso il sonno. Non so se "loro" abbiano dormito altrettanto tranquilli».

(L'espresso local, 17 settembre 2009)

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Morta super-nonna, lascia 1400 eredi

Israele, aveva anche bis-bisnipoti

Millequattrocento eredi. E' l'impressionante discendenza di Rachel Krishevsky, ebrea ultra-ortodossa, morta a 99 anni a Gerusalemme circondata dalle cure dei suoi numerosi cari. Matriarca degna delle tradizioni bibliche, nonna Rachel, come la chiamavano a centinaia, si è sposata ancora diciannovenne con un cugino, da cui ha avuto undici figli, a loro volta molto prolifici.
Tale madre, tali figli. La terza generazione ha toccato infatti la cifra ragguardevole di 150 nipoti, che a loro volta hanno generato oltre 1.000 bambini, e così via. L'anziana ha lasciato dietro di sè figli, nipoti, bisnipoti e persino bis-bisnipoti.
"Nonnnina era una donna timorata di Dio, che conosceva il libro dei Salmi a memoria - ha spiegato uno dei familiari -. Siamo tristi per la sua morte, ma fieri di quello che ha fatto in vita". Seppure morta trisavola, nonna Rachel non rappresenta comunque un record assoluto. Tra gli ebrei religiosi almeno due famiglie possono vantare "quadrisnonni". Una è quella del rabbino Yosef Shalom Elyashiv, capo del ramo lituano dell'ebraismo ortodosso. Appena pochi mesi fa il suo bis-bisnipote ha avuto il primo figlio.

(TGCOM.it, 17 settembre 2009)

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Racconto di Rosh haShanà

Mia zia era una donna semplice. Non era istruita. Sapeva lo Shemà, eppure cantava Mismor LeDavid senza avere idea del significato. Per lei era normale. A un Rosh haShanà del 1971, eravamo al tempio e alla fine le feci gli auguri: "Buon 5732!" Ci abbracciammo, poi lei disse: "5732?... Forse volevi dire buon 1971!" "No zia, volevo dire buon 5732". "Che cosa? - esclamò - ma lo sa tuo padre che leggi tutta questa fantascienza?" Per fortuna, vicino a noi c'era lo shamash e le spiegò che il 1971 era secondo l'Era Volgare. "Ha ragione - ammise - anche secondo me il 1971 era volgare. Speriamo che il prossimo anno sia meglio. Auguri!"

Il Tizio della Sera

(Notiziario Ucei, 17 settembre 2009)

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È il «palestinismo» la vera malattia dell'Onu

di Fiamma Nirenstein

La relazione della commissione Goldstone non mostra alcun interesse per la verità, ma solo per l'ennesima criminalizzazione di Israele. E stabilisce un principio: bisogna arrendersi ai terroristi che colpiscono i civili.

Fiamma Nirenstein
La relazione della commissione Goldstone sull'operazione "Piombo fuso" è un pericolo per tutti noi. È, nero su bianco, il proclama che stabilisce che bisogna arrendersi di fronte al terrorismo sistematico che colpisce e usa i civili. Se si dà una rapida occhiata alle 575 pagine prodotte per stabilire che cosa è accaduto a Gaza nella guerra del 2008-2009, si vede che la commissione istituita dall'Onu non ha avuto alcun interesse alla verità, ma solo alla ennesima criminalizzazione di Israele: l'Onu incarna qui, ancora una volta, un esempio del palestinismo moralista che sfrutta, in funzione della delegittimazione antioccidentale, i sensi di colpa del mondo contemporaneo e cerca, nella pratica immediata, la morte civile e fisica dello Stato ebraico.
L'Onu dedica ogni anno due terzi delle sue risoluzioni sui diritti umani alla condanna di Israele; la sua assemblea, dove sono già risuonati i discorsi antisemiti del presidente Ahmadinejad, adesso procede con una versione flautata, quella del giudice Goldstone, un ebreo con tanto di figlia che vive in Israele.
Andiamo per ordine. Israele attaccò solo perché messo all'angolo da tredicimila missili caduti sul suo territorio dal 2000 e nonostante le mille richieste all'Onu di fermare Hamas dopo che aveva interamente sgomberato Gaza. L'organizzazione terrorista finanziata dall'Iran, devota alla distruzione di tutti gli ebrei del mondo, proseguì però nei suoi lanci. Le richieste di Israele all'Onu ottennero uno sbadiglio simile a quello che Goldstone ha dedicato al cittadino di Sderot David Bedein quando è andato alla seduta del Comitato per testimoniare le sofferenze della gente del suo Paese.
In secondo luogo, il richiamo continuo alla legge internazionale che si fa in tutto il rapporto, delle cui bugie ci occuperemo fra un momento, ignora i crimini di Hamas, non mettendo in relazione la guerra col bombardamento cui ha sottoposto Israele. Solo Israele è sotto accusa e lo era fin dall'inizio, tanto che persino personaggi antisraeliani come Mary Robinson, commissaria Onu organizzatrice della Conferenza di Durban del 2001, hanno rifiutato di partecipare al comitato ritenendolo "non equilibrato". È evidente invece che i principali violatori della Convenzione di Ginevra sono coloro che combattono sparando sui civili, usando strategicamente come scudo umano fisso le proprie donne e i propri bambini e travestendo i propri combattenti coi panni dei civili. Hamas, dunque. Insomma, Goldstone non risponde alla domanda del mondo contemporaneo su come combattere al di là della convenzione di Ginevra in situazioni, per esempio, come quelle descritte da noti inviati, in cui la gente terrorizzata veniva obbligata a proteggere gli uomini di Hamas restando prigioniera per far loro scudo nelle proprie case, nelle scuole, negli ospedali, nelle ambulanze. Goldstone condanna Israele per aver combattuto in una situazione di grande difficoltà in cui erano in gioco i civili, e dimentica che il quartier generale di Hamas era situato nei sotterranei dell'Ospedale Shiba, e che Israele non l'ha toccato benché ne facessero un uso cinico.
Da chi ha ricavato le proprie informazioni Goldstone, che accusa Israele di aver colpito volontariamente i civili e di aver fatto fra i 1200 e i 1400 morti? E sono verificabili? La risposta è che il rapporto è pieno di bugie consapevoli. La commissione era già formata in origine da personaggi come la professoressa di Diritto Christine Chinkin che, prima dell'inchiesta, aveva «rifiutato categoricamente» il diritto di Israele all'autodifesa e che, sempre in anticipo, aveva dichiarato Israele «aggressore e perpetratore di crimini di guerra».
Se si va a guardare da vicino le fonti consultate, troviamo che molte non sono identificabili. Le altre, sono semplicemente le Ong antisraeliane più politicizzate: Betzelem e il Palestinian Center for Human Rights sono citate 70 volte, l'organizzazione palestinese Al Haq altre 30, e così via. L'assunzione che siano stati colpiti intenzionalmente luoghi e persone appartenenti al mondo civile, fa uso di errori fattuali: Abdullah Abdel Hamid Muamar, 22 anni, ucciso, viene definito dal Palestinian Center "uno studente", dunque un civile. Anche Human Rights Watch, un'altra delle fonti preferite, ne fa una vittima innocente, ma secondo una pubblicazione delle Brigate Al Qassam, Muamar era un membro di Hamas, e appare sul un website arabo mentre regge un missile Qassam. Secondo una ricerca dell'esercito israeliano, 564 morti erano membri armati di Hamas, 100 erano della Jihad Islamica; i membri del Fatah, pure presenti, non sono contati, e i poliziotti del regime di Hamas, categorizzati come civili, erano per l'84% parte del meccanismo di sicurezza di Hamas; fra loro, Muhammad el Dasuqi, un membro del Comitato della Resistenza, era per esempio probabilmente uno di terroristi che attaccò un convoglio dell'ambasciata Usa nel 2003. L'attacco alla scuola dell'Onu nel campo profughi di Jabaliya, che all'inizio fu indicato come una grande strage, fu poi smentito: la scuola, anche secondo fonti locali, non fu in realtà attaccata, l'esercito sparò a una struttura nei dintorni, dove si erano acquartierati i militanti di Hamas.
In realtà, il Centro Interdisciplinare di Herzliya sostiene, secondo i dati riportati dal giornalista Ben Dror Yemini, che fra il 63 e il 75% dei colpiti sono stati uccisi perché erano coinvolti nella guerra. Erano circa 900 persone, e a questi vanno aggiunti, purtroppo, i civili usati come scudi umani. Hamas è il vero colpevole di crimini di guerra.

(il Giornale, 17 settembre 2009)

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Cinema: accolti con entusiasmo in Israele i 'Basterds' di Tarantino

ROMA, 16 set - Nessuna contestazione e applausi a scena aperta: si è conclusa così la prima proiezione in sala dinanzi al pubblico israeliano dell'ultimo film di Quentin Tarantino. Curioso, per sua stessa ammisione, di conoscere la reazione degli spettatori comuni in Israele al debutto del suo 'Inglourious Basterds' - avventura fantapolitica in cui Hitler si ritrova nel mirino d'un manipolo di soldati-vendicatori ebrei americani - da ieri nelle sale. Oltre al regista, lodato anche l'attore principale Cristoph Waltz: la sua interpretazione del luciferino ufficiale nazista 'cacciatore di ebrei' - gia' premiata a Cannes - convince al punto che il quotidiano Haaretz la definisce senza mezzi termini ''da Oscar''. Sia Waltz sia Tarantino sono spuntati ieri sera, piu' o meno a sorpresa, dopo la proiezione del film in un cinema di Tel Aviv: accolti con calore dagli spettatori.

(IRIS Press, 16 settembre 2009)

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Ombre tedesche

Diamo la parola alla giuria di Oviedo che ha appena conferito il premio Principe d'Asturia alla capitale sulla Sprea. A 20 anni dalla caduta del Muro si legge nella motivazione "Berlino s'è trasformata in un punto nodale per la comprensione fra i popoli contribuendo così alla giustizia, pace e libertà nel mondo". Suonerà un tantino esagerato, ma per la capitale tedesca, sfigurata da 40 anni di Guerra fredda e per 28 anni dalla cicatrice del Muro, il premio spagnolo è una bella soddisfazione. E non è l'unico riconoscimento internazionale che i tedeschi abbiano di recente spuntato.
A 70 anni dalla guerra una nota positiva arriva ora da Israele. Dal compartimento di storia tedesca all'università ebraica di Gerusalemme diretto da Moshe Zimmermann. Che ha condotto un'inchiesta chiedendo agli israeliani di valutare il rapporto dei tedeschi con la memoria dell'olocausto. Risultato sorprendente, la maggiorparte degli interpellati (il 61 per cento ) "crede che la Germania si sia comportata in modo decente col proprio passato", nota Zimmermann, uno storico.
Un filosofo dell'università di Karlsruhe invece, Heiner Mühlmann, ha scritto che la cultura d'un popolo altro non è che lo stress che ci si accolla lottando con le ombre del passato. In particolare, con quelle gettate dagli scudi di guerra dei propri avi. Non c'é dubbio che i tedeschi si siano rivelati dei veri campioni in 'stress storico', specie per quanto concerne le orride ombre lasciate loro in eredità dai guerrieri nazisti.
Il premio spagnolo è un inchino a Berlino, la metropoli più sfregiata, ed oggi più rinnovata d'Europa. E il riconoscimento dei cittadini israeliani un omaggio agli sforzi compiuti dai tedeschi per comprendere i propri orrori. Una doppia lezione questa tedesca, di faticoso stress con gli incubi del passato e riconquistata decenza, da cui anche noi in Italia potremmo, forse, apprendere qualcosa.

(L'espresso blog, 16 settembre 2009)

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Blitz israeliano contro marito-padrone in Cisgiordania

di Roberto Fabbri

Liberati dalla propria casa-prigione da un commando di ex militari israeliani. È la storia di una giovane donna americana - sposata con un arabo, e residente fino a mercoledì scorso in un villaggio della Cisgiordania - e del suo figlioletto di due anni e mezzo. Il carceriere era il marito, un musulmano tradizionalista. Si erano conosciuti alcuni anni fa durante un soggiorno di lui negli Stati Uniti, al termine del quale l'uomo le aveva chiesto di seguirlo in Medio Oriente, nella casa dove già abitava con la prima moglie e diversi figli.
L'idillio è però durato poco e da tre anni sembra che la donna fosse tenuta di fatto segregata tra le mura domestiche, sorvegliata a vista affinché non tentasse di chiedere aiuto nemmeno per telefono, e regolarmente picchiata. Alle violenze fisiche, il marito aggiungeva le minacce: «Se provi a scappare non rivedrai mai più il bambino», pare fosse solito ripeterle.
Preoccupata per la sorte di quella figlia sparita da qualche parte in Medio Oriente, dopo avere chiesto invano aiuto al consolato Usa a Gerusalemme Est, la famiglia della donna ha deciso infine di assoldare un'unità di contractor per ritrovarla. Affidato a veterani dei reparti speciali israeliani, il blitz è avvenuto in pieno giorno, mentre il marito e padre-padrone non era in casa, e ha avuto successo: con il recupero dei due reclusi e la loro consegna al consolato americano.
Poche ore dopo, forniti di un nuovo passaporto (quello vecchio lo aveva distrutto il coniuge) mamma e bimbo sono stati caricati su un volo in partenza dall'aeroporto di Tel Aviv, destinazione New York: fine dell'incubo.

(il Giornale, 16 settembre 2009)

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Israele - Popolazione sempre più giovane, ma ci si sposa più tardi

Tasso crescita a favore cittadini arabi:2,8 contro 1,7 israeliani

Alla vigilia dell'anno 5770 secondo il calendario ebraico, la popolazione di Israele è di 7.465.500 persone. Di queste, 5.634.300 sono ebrei (75,5%), 1.513.200 arabi (20,3) e 318.000 "altri" (4,2). Le cifre sono state comunicate dall'Ufficio centrale di statistica israeliano nel suo consuntivo 2009, sessantesimo anniversario dell'istituto. Per il sesto anno consecutivo il tasso di crescita demografica annuale è stato dell'1,8%, con la popolazione ebraica che aumenta dell'1,7 e quella araba del 2,8. Nel suo complesso, la popolazione è relativamente giovane: i bambini fino ai 14 anni sono il 28,4% (nei paesi occidentali la percentuale media è del 17). Soltanto il 9,7% degli israeliani ha più di 65 anni, contro il 15 degli altri paesi occidentali) Il rapporto fra donne e uomini è quasi di parità (979 maschi ogni 1.000 femmine) fino ai 38 anni, quando la percentuale di donne comincia a crescere. C'è una netta tendenza a sposarsi in età sempre meno giovanile. Fra gli israeliani maschi di età compresa fra i 25 e i 29 anni, il 62% è scapolo; per le donne il dato scende al 42. L'età media per il primo matrimonio è di 27,3 anni per gli uomini e di 24,3 per le donne. Nel 2008 la percentuale dei cittadini israeliani nati nel Paese è salita a 3,9 milioni (70,7% della popolazione totale). Circa metà dei residenti vive nel centro del Paese (28% nella regione centrale e 21% a Tel Aviv); meno del 10% vive al nord. Anche il 2008 ha visto parte della popolazione lasciare Gerusalemme, con 4.200 persone che hanno scelto una diversa residenza, e per la prima volta la migrazione ha interessato anche il comprensorio di Tel Aviv, con 5.700 trasferimenti altrove.

(Virgilio Notizie, 16 settembre 2009)

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Rapporto Onu, Israele: documento "nauseante"

"Non abbiamo bisogno di lezioni di moralità da Siria e Somalia"

Non si è fatta attendere la reazione di Israele al rapporto della commissione Goldstone sull'operazione militare Piombo fuso nella Striscia di Gaza, lanciata alla fine dello scorso anno e terminata dopo tre settimane. Secondo i risultati dell'inchiesta condotta dalla Commissione Onu guidata dal sudafricano Richard Goldstone, diffusi ieri, sia Israele che Hamas hanno commesso crimini di guerra e forse crimini contro l'umanità: lo Stato ebraico non limitando "le perdite civili"; i gruppi armati palestinesi attaccando con i razzi Qassam le comunità israeliane nel Negev occidentale. Israele però respinge con fermezza il rapporto di 575 pagine, definito "nauseante" e di parte poiché mette sullo stesso piano "uno Stato democratico con una organizzazione terroristica". "Non abbiamo nulla di cui vergognarci e non abbiamo bisogno di lezioni di moralità da una commissione istituita dalla Siria, dal Pakistan, dal Bangladesh, dalla Malaysia e dalla Somalia", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yossi Levy, secondo quanto riporta il Jerusalem Post. Israele respinge anche la richiesta della Commissione Goldstone di svolgere un'inchiesta indipendente sul suo comportamento durante l'offensiva contro Hamas, che avrebbe fatto circa 1.400 morti, tra cui molti civili, secondo il bilancio fornito da fonti palestinesi di Gaza. Secondo quanto scrive il quotidiano israeliano Haaretz, Israele ha invece iniziato una battaglia diplomatica per impedire che il rapporto venga ora presentato di fronte al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e anche al Tribunale penale internazionale dell'Aia, dove potrebbero venire incriminati responsabili israeliani coinvolti nell'operazione militare. Già ieri sera un team di esperti guidato dal consigliere giuridico del ministero degli Esteri, Ehud Keinan, ha consegnato un'analisi preliminare del rapporto al premier Benjamin Netanyahu e al ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. "L'obiettivo è quello di evitare una china scivolosa che rischia di portare Israele di fronte al Tribunale penale internazionale dell'Aia", ha detto un alto funzionario israeliano.

(Virgilio Notizie, 16 settembre 2009)

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Io, nel mirino degli allievi di Goebbels

di Giorgio Israel

Il consulente della Gelmini vittima di attacchi antisemiti: "Sono razzisti che cercano un capro espiatorio da colpire". Usano la tattica nazista: ripeter la stessa bugia e poi additare un uomo per isolarlo.

Giorgio Israel
Non è certamente per un pavido tentativo di mettersi al riparo ma per mostrare fino a che punto di malafede si possa arrivare pur di costruire dei capri espiatori se dico che quel che ha fatto il Gruppo di lavoro sulla formazione degli insegnanti da me presieduto non aveva nulla a che vedere col problema del precariato. Al contrario. La nostra scelta è stata di separare il problema della formazione iniziale degli insegnanti da quello del reclutamento e di occuparci soltanto del primo, il che era peraltro prescritto dal decreto costitutivo della commissione.
    Quel che rende grottesche le accuse che ci vengono mosse in certi siti estremisti - e a me in particolare come «vero autore della Riforma che sta sconvolgendo la vita a decine di famiglie» - è che aver separato questi temi è stato il principale motivo di critica che taluno ha mosso al nostro progetto. Noi abbiamo ritenuto che il problema della formazione andasse distinto da quello del reclutamento, in quanto il primo è di natura essenzialmente teorica - a differenza del secondo, più pratico - e richiedesse di essere una buona volta definito a regime, in una prospettiva stabile, e non provvisoria, legata alla contingenza e a misure tampone. Quindi un problema distinto dal reclutamento, per non dire da quello del precariato, che ha una natura di emergenza e può essere affrontato soltanto in termini di scelte politiche volte a superare nel modo più indolore una drammatica eredità accumulatasi in decenni di politiche sconsiderate.
    Se il nostro progetto ha qualche cosa a che fare col precariato è casomai nel senso che, per il futuro, esso mira ad evitare la creazione di altre sacche di precari! Ai critici che ci invitavano, secondo il solito metodo all'italiana, a ricorrere al principio di implicazione - A è legato a B, B e C, ecc. quindi o si risolve tutto insieme, o niente (e quindi niente) - abbiamo risposto che, visto che si parla tanto di spirito scientifico, chi vuol affrontare razionalmente i problemi complessi deve saperli distinguerli in sottoproblemi risolubili e non intrecciarli l'uno sull'altro come un nodo gordiano.
Quindi una delle critiche principali (e sbagliata) al nostro progetto è stata di esserci occupati soltanto di formazione. Di altre - un rapporto più equilibrato tra scuola e università nel processo di formazione, più spazio al tirocinio - si è tenuto conto in un processo di consultazione e di confronto a tutto ispirato salvo che a un decisionismo impositivo. In fin dei conti, il nostro progetto ha riscosso molti più consensi che critiche e molti hanno capito che esso prefigura un futuro di maggiore serietà e senza precariato.
    Questo, ripeto, tutti hanno dato mostra di averlo capito. Ma ora qualcuno ha deciso di far credere ai precari in agitazione che siamo noi ad aver costruito una «riforma» per farli piangere. In breve, si sta fabbricando in perfetta malafede un capro espiatorio.
In questi mesi, le polemiche in cui ci siamo trovati sono state tutte civili, salvo qualche insulto isolato nei limiti della norma. Ho registrato personalmente i soliti riferimenti al mio «ebraismo» da parte dei soliti estremisti, magari qualche caduta di stile di un funzionario in pensione, qualche frasaccia sul mio cognome («è tutto un programma»), ma sono abituato dalla nascita a questi detriti, che non mi fanno né caldo né freddo. Però stavolta è stato passato un confine: non soltanto per la definizione di «puparo ebreo», quanto per il parallelismo con Marco Biagi rafforzato da un riferimento «teorico» insistito al fatto che, come allora Biagi sarebbe stato lo strumento della costruzione del precariato in generale (cosa che peraltro è un falso macroscopico), così oggi la sua operazione si starebbe riproponendo nella scuola.
    Volete la prova che si vuol dir questo a dispetto dei fatti? Nel blog in oggetto, mentre si continua a far finta che il lavoro della nostra commissione abbia riguardato il precariato, l'amministratore ha tentato blandamente di calmare le acque osservando che «i tecnici seguono gli indirizzi politici, non hanno il potere di imporre riforme. Sarebbe come caricare su Marco Biagi la responsabilità della precarizzazione del lavoro. Qualcuno l'ha fatto, ma era un folle terrorista».
    La risposta che ha ricevuto è talmente emblematica che non merita commenti (quantomeno per chi conserva un minimo di buona fede): «Ognuno di noi è responsabile di quello che fa. Non esistono tecnici per la dequalificazione della scuola e per terrorizzare decine di migliaia di famiglie. È una scelta politica. In quanto a Biagi certamente è da condannarne l'omicidio ma quando collaborava con il governo avrebbe dovuto chiedersi l'effetto delle sue proposte su una intera generazione di giovani che è incanutita da precaria senza futuro e sull'altra che ne sta seguendo le sorti».
     Dunque, non soltanto sono - siamo - ormai bollati come coloro che hanno preso addirittura la decisione politica di terrorizzare decine di migliaia di famiglie, ma l'omicidio di Biagi è condannato con il solito «ma». La tecnica è quella codificata da Goebbels e che, per esplicita ammissione di Hitler, era stata copiata dai metodi stalinisti: ripetere cento volte la stessa bugia perché diventi una verità, fabbricare un capro espiatorio, additarlo al pubblico ludibrio per isolarlo meglio. Qui, poi, l'operazione torna particolarmente comoda, data la natura ebraica di un soggetto implicato, la quale ha una lunga tradizione di demonizzazione.
    In queste ore sono arrivate tante manifestazioni di solidarietà che sono davvero confortanti. Ma fino a un certo punto. Perché a fronte delle chiare prese di posizioni di Fioroni e Buttiglione resiste una zona di silenzio. Talvolta, oltre al silenzio c'è di molto peggio. Così Repubblica ha derubricato la vicenda al fatto che il ministro Gelmini avrebbe colto «un'appetitosa chance offerta da un "cretino"» ed ha aggiunto: «Peccato che lo staff del ministro Gelmini si sia basato sulle agenzie senza neanche visitare il sito». Comica gaffe, perché è proprio Repubblica ad aver riferito una balla: «Il vero artefice della riforma è il professor Giorgio Israel, ebreo come lo era Biagi». A parte il fatto che non risulta che Biagi fosse ebreo, il tenore del messaggio era ben altro: «La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia. In realtà, l'artefice dietro le quinte di essa, il puparo, è l'ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta». E una visita al sito, e ad altri connessi, avrebbe permesso di constatare che c'era anche dell'altro, e che, come abbiamo visto, non cessa di esserci. A che pro un atteggiamento tanto fazioso? In tal modo, si finisce col pagare (e far pagare) un prezzo troppo alto minimizzando una vergognosa e pericolosa demonizzazione, per giunta di stile razzista, solo per conquistare i precari a un'operazione politica.

(il Giornale, 16 settembre 2009)

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Aquilone su Gerusalemme

(AP Photo / Bernat Armangue)
Due ragazzi palestinesi giocano con un aquilone affacciandosi sulla cupola della moschea Rock nella città vecchia di Gerusalemme. Attivisti israeliani e palestinesi martedì hanno presentato una più dettagliata visione di come un accordo di pace tra le due parti sarebbe, più di 400 pagine piene di mappe, orari per il ritiro delle truppe israeliane e anche un elenco di armi che a una Palestina non militarizzata non sarebbe consentito di avere.

(Panorama, 15 settembre 2009)

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Shirat ha Yam, la sedicesima sinagoga di Roma diventa realtà

di Lucilla Efrati

Si chiamerà Shirat ha yam (cantica del mare) e sorgerà sul litorale romano la sedicesima sinagoga della città di Roma. Questa sera, infatti, il sindaco Gianni Alemanno consegnerà formalmente al presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici le chiavi dell'edificio comunale di via Oletta, ad Ostia, saranno presenti anche il Presidente del XIII Municipio, onorevole Giacomo Vizzani, e il rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.
"La sinagoga di Ostia, che si inaugura questa sera, ha un forte valore simbolico per gli ebrei della città" dice il rav Ariel Di Porto che segue fin dall'inizio il nucleo ebraico della zona che comprende oltre a Ostia, Axa, Casal Palocco, Dragona, Vitinia e Acilia.
"Le attività sono iniziate due anni fa a Pesach (Pasqua ebraica), abbiamo organizzato le due serate del seder di Pesach e la cerimonia de Lag Ba'omer in una sede provvisoria che ci era stata concessa al Borghetto dei pescatori ed anche Rosh Kodesh Elul agli scavi del Tempio di Ostia antica".
"Ora avremo stabilmente questa struttura a cinquecento metri dal mare, - prosegue il rav Ariel Di Porto - dove potremo organizzare le preghiere per Rosh ha Shanà e per Yom Kippur. Abbiamo anche in programma una cena per la festa di Sukkot".
E' un momento importante per gli ebrei di Ostia che da anni chiedevano al Campidoglio un luogo in cui poter pregare. Un sogno che finalmente diventa realtà.

(Notiziario Ucei, 15 settembre 2009)

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"Far ridere le persone delle loro tragedie" è l'obiettivo del nuovo programma di Palestine Tv

Si chiama "Watan al Watar" - "La patria appesa a un filo" - il primo tentativo di satira politica in Palestina.

Il nuovo programma di Palestine TV prende di mira i politici inetti, i poliziotti prepotenti e gli estremisti musulmani, attraverso divertenti sketch messi in scena per trenta minuti ogni sera da un noto trio di comici. Sebbene la satira resti una forma d'arte più che marginale nei Paesi arabi, dove i regimi autoritari normalmente impongono la censura sui media, il popolo palestinese sembra essersi presto abituato alla novità, vista la popolarità conquistata in pochissimo tempo dalla trasmissione. Palestinesi di ogni parte del West Bank, di Gaza e di Gerusalemme est dicono di guardare lo show insieme a tutta la famiglia, appena dopo il pranzo serale che segna la fine del digiuno del Ramadan.
In una recente scenetta un attore che impersona il leader di Fatah, Abbas, mentre presiede la settima convention del partito, ironizza sulla tendenza dei leader arabi a trasmettere il proprio lavoro agli eredi. "Il presidente lo guarda e ride", ha affermato Yasser Abed Rabbo, direttore dell'emittente tv., che ha dovuto comunque agire con cautela, chiedendo il permesso di Abbas prima di mandare in onda l'episodio.
Ma la satira di Palestine TV ha preso di mira anche altri politici come il Primo ministro Salam Fayyad o il negoziatore capo Saeb Erekat, che in un episodio consegna i propri pantaloni in cambio lo smontaggio di un posto di blocco militare israeliano, un compenso irrisorio per anni di trattative di pace. Un'altra sera lo sketch aveva per protagonista un estremista islamico che non riconosceva una delle sue tante mogli perché indossava un mantello nero e un velo che le copriva quasi tutto il viso, l'"uniforme" imposta alle donne musulmane dai tradizionalisti.
Secondo Manal Awad, uno degli attori che ha dato vita al programma, "è un segnale che il pubblico è assetato di maggiore libertà". "Stiamo cercando di rompere le tre linee della società palestinese: la politica, il sesso e la religione. Vogliamo inviare un messaggio chiaro agli ascoltatori: abbiamo bisogno di dire le cose così come sono in realtà, non di evitarle".
"Non abbiamo limiti, possiamo criticare qualsiasi cosa vogliamo", ha detto Imad Farragine, uno degli autori della trasmissione, facendo notare come lo scorso martedì la trasmissione abbia avuto la libertà di parlare della detenzione dei rivali politici, un tema particolarmente delicato sia per Fatah che per Hamas.
Non tutti però vedono di buon occhio questa mancanza di censura. "Penso che gli attori si metteranno nei guai", sostiene Zaal Abu Ruqti, abitante della West Bank, dando voce ai timori di molti suoi concittadini.
"Voglio far ridere le persone delle loro tragedie e tentare di cambiare la loro situazione", è la risposta degli autori del programma.

(PeaceReporter, 15 settembre 2009)

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Lieberman; Israele pronto a negoziare, i palestinesi no

ZAGABRIA, 15 set - Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman, in visita oggi a Zagabria, ha ribadito che ''e' la parte palestinese a rifiutare i negoziati di pace e i colloqui diretti'', e non Israele, ''che dal primo giorno del governo Netanyahu ha espresso la disponibilita' ad avviare negoziati con le autorita' palestinesi''. Lo riferisce l'agenzia di stampa croata Hina. ''Il governo israeliano - ha sottolineato Lieberman - non ha posto nessuna condizione per avviare i colloqui, ma la parte palestinese ha rifiutato i colloqui diretti''. Rispondendo a una domanda sul problema degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e sullo stop a nuove costruzioni per la ripresa del dialogo, il capo della diplomazia israeliana ha affermato che ''la questione e' solo un malinteso, non si tratta di un ostacolo reale alla pace, ma di una scusa per evitare i negoziati diretti''. Secondo Lieberman, lo stop alla costruzione di nuovi insediamenti come condizione per la ripresa dei colloqui e' voluto da coloro ''che forse vorrebbero affossare qualsiasi possibilita' per una soluzione onnicomprensiva''. ''Sono dell'opinione che tutti quelli che tentano di presentare la questione della costruzione degli insediamenti come un ostacolo alla ricerca di un'ampia soluzione vogliano ingannare l'opinione pubblica ed evitare un approccio pacifico al problema'', ha detto Lieberman. Il ministro degli esteri israeliano ha cominciato da Zagabria un giro in alcuni paesi della ex Jugoslavia, che lo portera' domani nella capitale serba Belgrado e successivamente a Podgorica, in Montenegro.

(ANSA, 15 settembre 2009)

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Se il governo israeliano chiude un occhio sull'antisemitismo

L'Egitto candida un nemico degli ebrei all'Unesco e il governo di Tel Aviv non si oppone, contando di ottenere l'aiuto del Cairo nella gestione di Gaza. Con che faccia un domani lo Stato ebraico potrà chiedere ad altri paesi di ostacolare personaggi del genere?

di Yasha Reibman

Yasha Reibman
Cinismo e real politik, errore madornale o normalizzazione. È da capire quale idea meglio esprima quanto sta succedendo in questi giorni. L'Egitto ha candidato Farouk Hosny a Segretario generale dell'Unesco. Dal 1987 Hosny è membro del governo egiziano e ricopre la carica di ministro della cultura. In Parlamento, solo un anno fa, Hosny ha dichiarato che vorrebbe bruciare personalmente qualunque libro israeliano presente in Egitto. Saputo che la propria candidatura non verrà appoggiata dal rappresentante di Obama all'Unesco, Hosny ha esclamato: «Quell'ebreo!». Killion non è ebreo e boicotta Hosny, mentre Israele, che è lo stato ebraico, non si opporrà alla candidatura del ministro egiziano. Può sembrare paradossale, ma è proprio così.
Il governo israeliano spera in questo modo di ottenere una maggior collaborazione da parte del Cairo per la gestione della frontiera con Gaza e per la liberazione di Gilad Shalit, il caporale israeliano rapito oramai 4 anni fa da terroristi palestinesi. La posta in gioco non è piccola, ma lo scambio suona quanto meno cinico. L'Unesco d'altra parte ha già riconosciuto Tel Aviv patrimonio dell'umanità per la grande presenza di edifici in stile Bauhaus e forse il governo israeliano può pensare di aver già incassato il possibile da questo organismo. Ma il punto è un altro. Se un personaggio come Hosni, che inneggia al rogo dei libri scritti in ebraico, non incontra oggi l'opposizione israeliana a essere eletto a uno dei principali incarichi internazionali, perché mai altri paesi dovrebbero opporsi? E quando Israele in future analoghe situazioni chiederà di non ostacolare personaggi apertamente antisemiti, perché mai altri paesi dovrebbero accogliere queste richieste? Oppure siamo di fronte a una grande normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Egitto, ma perché allora l'Egitto dovrebbe proporre un candidato così controverso? Le decisioni di oggi determineranno il domani.

(Tempi.it, 15 settembre 2009)

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Cisgiordania: Israele cattura ricercato Hamas

Le forze di sicurezza israeliane hanno catturato oggi nella zona di Tulkarem, in Cisgiordania, un super ricercato dell'ala militare di Hamas (il gruppo islamico radicale palestinese al potere nella Striscia di Gaza) accusato di coinvolgimento in attentati terroristici sanguinosi perpetrati in Israele negli anni passati.
L'uomo, Mohammad Khreweich, 26 anni, considerato il capo della cellula clandestina di Hamas nell'area di Tulkarem, è stato arrestato insieme con un complice, Adnan Samara. Secondo quanto riferito da un portavoce militare israeliano, non è stato in grado di opporre resistenza. Khreweich è accusato di aver partecipato fra l'altro all'organizzazione dell'attentato compiuto in occasione della Pasqua ebraica 2002 contro un hotel di Netanya (nord di Tel Aviv), costato la vita a 29 persone.
Sempre in Cisgiordania, ma in un'operazione separata, le forze israeliane hanno inoltre catturato cinque esponenti della milizia dei Tanzim sospettati di aver sparato o lanciato pietre contro automobili di passaggio lungo le strade che conducono ad alcune colonie ebraiche della regione.

(ticinonews.ch, 15 settembre 2009)

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Minacce antisemite, ferma reazione dell’Ucei

Le gravissime, infami minacce antisemite di cui è stato oggetto il professor Giorgio Israel, docente di matematica all'Università la Sapienza di Roma e consulente del ministero della Pubblica istruzione hanno suscitato una ferma reazione del Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. "Come tutti i veri democratici - ha affermato il presidente Ucei - siamo favorevoli al confronto delle idee e intendiamo difendere strenuamente il diritto di tutti ad esprimere le proprie opinioni, anche quelle che non condividiamo. Ma non siamo disposti a rimanere in silenzio se qualcuno divulga frasi del tipo "il puparo è l'ebreo Giorgio Israel", che contiene in poche parole il peggio del pregiudizio antiebraico, del razzismo, della violenza verbale e sconfina nell'istigazione a delinquere con l'accostamento tra il professor Giorgio Israel e il professor Marco Biagi, il giuslavorista ucciso a Bologna dalle Brigate Rosse".

(Notiziario Ucei, 15 settembre 2009)

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Scuola, messaggio sul web contro Israel. Solidarietà della politica al professore

Il docente accusato su un forum e paragonato a Biagi. La Gelmini: «Attacchi inaccettabili»

ROMA - I provvedimenti del ministro dell'istruzione paragonati alla legge Biagi, in quanto tutti fonte di precarizzazione, e l'indicazione del professore Giorgio Israel quale ispiratore delle riforme: il primo a dare notizia dei «messaggi deliranti» apparsi su un sito internet è il ministro del welfare Maurizio Sacconi, che mette in guardia dalla «follia del lungo terrorismo ideologico italiano». «La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia - si legge in un forum di discussione sul sito internet www.comedonchisciotte.org - in realtà, l'artefice dietro le quinte di essa, il puparo, è l'ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta».

SOLIDARIETA' - Subito si moltiplicano gli attestati di solidarietà e gli allarmi; interviene anche Mariastella Gelmini: «È inaccettabile che una persona che ha contribuito con il suo impegno e con la sua onestà intellettuale alla riforma della formazione iniziale degli insegnanti - dice il ministro - debba temere ora per la sua incolumità. Il professor Israel sta lavorando alla riforma della scuola mettendo a disposizione del Paese il suo impegno e le sue idee. Per questo voglio esprimergli tutta la mia solidarietà». Lui, Giorgio Israel, docente universitario di matematica all'Università La Sapienza di Roma e presidente della Commissione ministeriale per il rinnovamento della formazione dei docenti, commenta con preoccupazione le frasi ingiuriose e antisemite contro di lui: «In questo paese c'è una dose di violenza politica che fa spavento».

LA DENUNCIA - Lo stesso Israel ha riportato le minacce sul suo blog: »Un amico mi ha segnalato le frasi scritte contro di me e anche io sono andato a vedere. Quello che mi colpisce - dice all'Ansa - è che noi come commissione non ci siamo mai occupati del precariato, né tanto mento del reclutamento dei docenti, ma soltanto della formazione iniziale. Ma, evidentemente, quando si vuole linciare qualcuno, ogni pretesto è buono». «Hanno scritto che sto facendo piangere migliaia di famiglie, hanno messo il riferimento all'antisemitismo... il quadrò è fin troppo chiaro« conclude. Una «ferma condanna da parte di tutte le forze politiche» è chiesta dal presidente della Commissione istruzione della Camera, Guido Possa (Pdl), mentre il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, tuona: «Chi a sinistra si era illuso di poter imbrigliare del tutto le tentazioni di un "autunno caldo" in un quadro di pacifica e fisiologica dialettica democratica, dovrà prendere atto di aver coltivato un'idea quanto meno illusoria«. Solidarietà a Israel e al ministro Gelmini da Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl. Ferma condanna anche dal segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna.

(Corriere della Sera, 14 settembre 2009)

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Shoah: Tullio Colsavatico Giusto fra le Nazioni

Scrittore morto a Tolentino salvo' 42 ebrei dallo sterminio

TOLENTINO (MC), 14 set - Lo scrittore e poeta Tullio Colsalvatico (Camporotondo 1901-Tolentino 1980) e' stato riconosciuto Giusto fra le Nazioni. Il suo nome verra' inciso nel Mausoleo dello Yad Vashem a Gerusalemme, che commemora le vittime della Shoah e chi rischio' la vita per salvare gli ebrei perseguitati. Nel 1943 Colsavatico nascose un gruppo di 42 ebrei a Fiastra, fornendo rifugi sicuri e documenti falsi. Alla cerimonia per la consegna della medaglia alla memoria, il 16 settembre a Tolentino, sara' presente anche Fiorella Calo' Di Tivoli, all'epoca una bambina. Con la famiglia scampo' al rastrellamento nazista grazie al coraggio dello scrittore.

(ANSA, 14 settembre 2009)

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Sia-Ssb: vince la gara per sistema interbancario in Palestina

MILANO, 14 set. - Il gruppo Sia-Ssb si e' aggiudicato, tramite la controllata Perago, la gara indetta dalla Palestine Monetary Authority per progettare e realizzare la nuova infrastruttura tecnologica per i pagamenti interbancari in Palestina. Lo annuncia il gruppo italiano, sottolineando che la realizzazione del progetto e' la base per modernizzare il sistema bancario locale. La nuova infrastruttura tecnologica permettera' una piu' efficiente gestione della compensazione e del regolamento dei pagamenti.
Si tratta della prima implementazione al mondo di una soluzione di mercato capace di gestire il regolamento sia dei pagamenti interbancari all'ingrosso sia di quelli al dettaglio, tramite il sistema Real-Time Gross Settlement (Rtgs), con funzionalita' integrate di compensazione dei pagamenti retail. Attualmente sono 20 le banche (di cui 10 straniere) che operano sul territorio palestinese attraverso un network di 205 filiali. L'infrastruttura consentira' di trasferire una media giornaliera di circa 10mila pagamenti. In questo modo, il sistema dei pagamenti palestinese raggiungera' livelli tecnologici in linea con quelli delle economie piu' evolute e potra' consentire lo sviluppo di ulteriori servizi, come l'online banking e il mobile banking.
Grazie alle funzionalita' multi-currency, il nuovo sistema Rtgs potra' gestire contemporaneamente le quattro attuali diverse valute legalmente riconosciute in Palestina: euro, dollaro statunitense, Shekel israeliano e Dinaro giordano. Si prevede che il progetto possa concludersi entro la prima meta' del 2010. ''Il progetto avviato in Palestina dalla controllata Perago conferma che il bacino del Mediterraneo e' un'area dalle grandi potenzialita' di crescita", dichiara Renzo Vanetti, amministratore delegato di Sia-Ssb e presidente di Perago.

(Adnkronos, 14 settembre 2009)

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Israele-Anp, al Veneto la guida di un progetto Ue

BRUXELLES, 14 set - Educare alla pace, coinvolgendo i media: questo lo scopo di un progetto europeo, vinto dalla Regione Veneto come leader di "PET-med"(EU Partnership for Peace).
Il piano d'azione, informa la sede della Regione Veneto a Bruxelles, prevede di realizzare una serie di attività nei territori dello Stato di Israele e dell'Autorità palestinese della Cisgiordania e di Gaza con l'obiettivo di rafforzare il ruolo dei media come strumento di promozione di tolleranza e reciproca comprensione tra comunità locali in conflitto.
Fra gli obbiettivi, l'identificazione di standard condivisi e metodologie di lavoro che permettano una completa ed imparziale informazione sul conflitto e il processo di pace in Israele e Palestina, l'elaborazione di una metodologia di insegnamento rivolta a studenti e docenti sull'uso critico dei media in materia di conflitto, la realizzazione e produzione di un format radiofonico mediante il lavoro congiunto di professionisti del settore ed infine la creazione di gruppi di lavoro transnazionali che includano membri delle diverse comunità coinvolte nel conflitto.
Si tratta di azioni concrete che testimoniano, spiega la Regione, come il Veneto possa dare un contributo a quel processo di pace che dovrà fare ancora molta strada. Il Veneto e gli atri due partner, il Palestine-Israel Journal (PIJ) e la School of Communication del Netanya Academic College, avranno a disposizione durante i 24 mesi del progetto un budget di 356.074,60 euro.
"Questo successo - ha spiegato il direttore della sede del Veneto a Bruxelles, Gian Lorenzo Martini - è la continuazione della politica del presidente Giancarlo Galan che solo due anni fa ha visto lavorare insieme il Rappresentante dell'Autorità palestinese e l'Ambasciatore Israeliano in Italia. Questa è concretezza. Questo è il futuro che vogliamo".

(ANSA, 14 settembre 2009)

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Israele, la maledizione dell'astronauta

Si schianta il giovane pilota di caccia orfano di una vittima dello Shuttle. Il padre era morto nel 2003 nell'incidente del Columbia su Palestine (Usa)

di Alix Van Buren

"Un lutto inconcepibile", titolano le tivvù israeliane nell'annunciare la morte del giovane top gun Assaf Ramon, 21 anni, ucciso nello schianto del caccia F16-A sui colli brulli della Cisgiordania. Una perdita inimmaginabile, ripetono, eppure tanto familiare. Già, perché il capitano dell'aviazione, precipitato per un guasto tecnico durante un volo d'addestramento, è il primogenito di Ilan Ramon, un personaggio che ha fatto storia.
Ramon padre era il "placido eroe", il primo astronauta dello Stato ebraico, l'uomo che agli occhi dei suoi aveva incarnato le speranze di rinascita d'Israele il 16 gennaio 2003 quando caracollò sorridendo, ingoffato dalla tuta spaziale, a bordo della navicella americana Columbia, ma poi di colpo le disintegrò, esplodendo assieme allo shuttle al rientro nell'atmosfera sopra Palestine in Texas, quel lugubre shabbat del primo febbraio.
Centinaia di bambini avevano seguito l'impresa per giorni, gli occhi fissi sulle costellazioni del Sud Est prima che s'alzasse l'alba, nell'attesa di cogliere il balenìo metallico sopra il Mediterraneo, quasi - scrivevano i commentatori - trasportasse i loro sogni. Squadre di psicologi si esercitarono a discettare intorno al sentimento d'abbandono e di sconfitta, che quella tragedia imprimeva nella coscienza nazionale. Altri filosofeggiarono sulle arcane coincidenze del termine ebraico per spazio, hallal, e del suo secondo significato di "assassinato", di vuoto immenso, schiacciante.
Per tutto questo il futuro capitano Assaf, allora quindicenne, venne abbracciato "orfano di Israele",
Assaf Ramon con la madre, il giorno del funerale di suo padre
adottato metaforicamente dal Paese. Nacque presto un nuovo culto: quello dell'adolescente che prometteva di ricalcare le orme del padre, di solcare i cieli ai comandi dei caccia da combattimento, come il padre nel discusso raid dell'81 sul reattore nucleare iracheno di Osirak; anzi, di decollare un giorno verso altri pianeti nello spazio.
Di nuovo oggi, al rientro della flottiglia di elicotteri Blackhawk coi resti del pilota, Israele s'interroga sulle "oscene ironie" di una saga che si rinnova; sul "destino di un sogno che continua a infrangersi".
Ancora pochi mesi fa, infatti, Assaf, l'astro promettente delle forze aeree, era scampato all'impatto di uno Skyhawk, un aereo d'attacco leggero, privo di un motore bloccato da un'avaria. Il giorno, poi, della conquista delle ali dorate da pilota, appuntategli sul petto dal presidente Shimon Peres, era stato occasione di gaudio nazionale. Un po' come quando il padre, Ilan, sei anni fa, nel congedarsi prima del lancio della Missione STS-107, in un'intervista alla Radio militare, aveva appassionato gli ascoltatori: "Quando quei razzi entreranno in funzione, andremo assieme nello spazio, io e tutti voi". E in quel 113 esimo lancio, cifra infausta per la numerologia anglosassone, portò con sé il disegno tracciato da un bambino ad Auschwitz: l'immagine, scura e sognante, della Terra vista dalla luna.
Ramon, dicono in Israele, aveva sfiorato il cielo, e ne era stato polverizzato. Come oggi il figlio. Le autorità avvieranno un'inchiesta. Ma la sua fama di eroe già vola alta.

(la Repubblica, 14 settembre 2009)

Notizie su Israele 154

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Il cattolicesimo e la predominanza inaccettabile

di Donatella Di Cesare

"Nel nostro paese la religione cattolica non può essere paragonata alle altre religioni. Ha una valenza maggiore, è praticata dalla stragrande maggioranza della popolazione e ha un passato attualissimo. Non la si può mettere sullo stesso piano delle altre religioni" - così ha dichiarato lo scorso 10 settembre il ministro dell'Istruzione Gelmini a proposito della discussa ora di "insegnamento multiconfessionale". Queste parole, nella loro prevaricante rigidità, impongono una riflessione.
È evidente che tutto ciò che rinvia al molteplice e al plurale sembra nell'Italia di oggi minaccioso e sospetto. L'intolleranza verso ogni forma di differenza è sotto gli occhi di tutti. Con ogni mezzo, lecito e illecito, si cerca di alimentare il mito di una identità italiana autentica e originaria, intatta e integrale (la cui quintessenza più pura sarebbe magari quella padana…). Che ironia per uno dei paesi più eterogenei d'Europa che attraverso le mescolanze e in forza delle diversità ha edificato produttivamente la propria storia! Ma il mito conservatore di una identità integrale, che non permette fratture e incrinature, è l'origine del fondamentalismo religioso e politico che, volendo eludere ogni interna dissonanza, ogni conflitto irrisolto nel sé, finisce per reprimere l'altro dal sé, quell'altro in cui vede rispecchiata la sua alterità.
Il "passato attualissimo" della religione cattolica è l'ebraismo. E se la provenienza è anche futuro, sono i cattolici a precludersi così la possibilità di un'apertura (di cui pure ci sono non poche testimonianze negli ultimi decenni) e di una riscoperta di sé attraverso l'altro e con l'altro. Sorvolando sulla mancanza di correttezza politica, commette dunque un grave errore non solo il ministro dell'Istruzione. Perfino l'Inquisizione, che ha incarnato il mito della "purezza del sangue", della passione dell'identità, dell'aberrante senso di missione volto a espellere o inglobare ogni differenza, ha finito per essere utilizzata per abusi e macchinazioni politiche. Farebbero bene i cattolici, quelli che non innalzano la bandiera dell'integralismo, che non vedono ovunque in agguato incrinature e relativismi, a vigilare più che mai. Ne va anche dei loro diritti, della loro libertà, della loro coscienza.

(Notiziario Ucei, 14 settembre 2009)

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Quagliariello: "Su web proclama antisemita e violento"

"Chi a sinistra si era illuso di poter imbrigliare del tutto le tentazioni di un 'autunno caldo' in un quadro di pacifica e fisiologica dialettica democratica dovrà prendere atto di aver coltivato un'idea quanto meno illusoria". Lo dice il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, nel denunciare le parole lette in un forum di discussione sul sito internet www.comedonchisciotte.org.
"In questi giorni - segnala Quagliariello - è stato pubblicato il seguente messaggio al professor Giorgio Israel, presidente della Commissione ministeriale per la formazione degli insegnanti: 'La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia. In realtà, l'artefice dietro le quinte di essa, il puparo, è l'ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunettà".
"Si tratta - commenta il vicecapogruppo - di una formula quanto meno originale per esprimere un messaggio di 'augurì per l'apertura dell'anno scolastico. Di certo è un fatto gravissimo, che da una parte rivela quanto dal brodo di coltura dell'estremismo traggano ancora alimento le radici dell'antisemitismo, e dall'altra evidenzia mai sopiti segnali di violenza che nel nostro Paese sembrano ineluttabilmente destinati ad accompagnare ogni progetto riformista. Non si spiega altrimenti il riferimento a Marco Biagi, rispetto al quale ogni ulteriore commento appare superfluo".
"Ci aspettiamo che tutte le forze responsabili del Paese, dall'una e dall'altra parte politica, si uniranno senza se e senza ma nella condanna dei sinistri messaggi che proclami come quello qui riportato sembrano evocare - conclude Quagliariello - e nell'espressione di una piena solidarietà al professor Israel, e faranno tutto quanto nelle loro possibilità per far sì che la scuola non diventi una palestra di guerriglia ideologica, ma il terreno fertile per un progetto riformatore che consenta di scrivere una pagina nuova nell'istruzione italiana".

(l'Occidentale, 14 settembre 2009)

Blog di Giorgio Israel

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Il testo del messaggio di Bin Laden

«O popolo americano, vi parlo oggi per ricordarvi le cause dell'11 settembre e di ciò che ne è conseguito, tra cui guerre e atti tirannici - afferma Bin Laden nella prima parte della registrazione audio - e per parlarvi a proposito di quale via si possa seguire per risolvere questi problemi. In particolare per ricordarvi il ruolo di chi è stato colpito da questi eventi e che ora chiede l'apertura di indagini per conoscerne le cause, come primo passo verso la giusta direzione tra le tante direzioni sbagliate prese negli ultimi otto anni. Invito gli americani a prendere questa direzione, considerato che la Casa Bianca è una delle parti in causa e ha detto per anni che la guerra era necessaria per salvaguardare la vostra sicurezza, mentre ogni persona intelligente deve ascoltare entrambe le parti in conflitto per conoscere la verità».
Il terrorista saudita passa quindi a puntare il dito contro Israele, che a suo dire è la causa vera della guerra tra l'Occidente e l'Islam radicale. «Per iniziare vi dico che molte volte, per più di due decenni, vi abbiamo mostrato e spiegato che il motivo vero delle nostre divergenze con voi riguarda il vostro sostegno e la vostra alleanza con gli israeliani che occupano la nostra terra, la Palestina - aggiunge - La posizione che avete assunto sin dall'inizio su questo argomento ci ha spinto a eseguire l'azione dell'11 settembre. Se aveste saputo quante sofferenze ci hanno causato gli ebrei con il sostegno delle vostra amministrazione avreste capito che entrambi siamo vittime della Casa Bianca, che è la prima a essere ostaggio dei gruppi di potere, delle compagnie e delle lobby israeliane».
A sostegno della sua tesi, Bin Laden cita spesso pubblicazioni americane anti-ebraiche e punta il dito contro quella che definisce «lobby ebraica» americana. Dal suo discorso è possibile immaginare che la registrazione sia stata realizzata alla fine di giugno o a luglio, perché cita come evento «accaduto poche settimane fa» la visita dell'ex presidente Usa, Jimmy Carter, a Gaza avvenuta proprio a giugno. «A spiegarvi uno dei motivi dell'11 settembre è uno dei vostri cittadini, un ex agente della Cia che si è svegliato e ha deciso di dirvi la verità nonostante le minacce e ha scritto alcune cose sull'11 settembre in un suo libro - spiega il terrorista saudita - Per quanto riguarda ciò che patisce il nostro popolo in Palestina, di recente Obama nel suo discorso al Cairo ha parlato delle sofferenze dei nostri cittadini sotto l'occupazione e l'embargo e ha detto molto di più il vostro ex presidente Carter circa il razzismo israeliano contro la nostra gente in Palestina. In particolare ho ascoltato le sue parole alcune settimane fa, durante la sua visita alla distrutta Gaza, dove ha detto che 'gli abitanti di Gaza vengono trattati come animalì».

(Il Sole 24 Ore, 14 settembre 2009)

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Perché un antisemita alla guida dell'Unesco

di Giorgio Bastiani

Un antisemita dichiarato ai vertici dell'Unesco? Questa sembra la prossima "sorpresa", ampiamente anticipata, che ci riserveranno le Nazioni Unite, eleggendo l'egiziano Farouk Hosny alla guida dell'organizzazione internazionale. Farouk Hosny, ministro della Cultura del governo del Cairo, 71 anni, ha un modo tutto suo di proteggere il patrimonio dell'umanità. Di fronte al Parlamento egiziano, quando gli chiesero cosa avrebbe fatto dei libri israeliani presenti fra gli scaffali della nuova biblioteca di Alessandria, aveva risposto, senza esitare: "Che quei testi vengano bruciati. Se dovessero essercene, li brucerei io stesso davanti ai vostri occhi". Oltre alla "gaffe" citata, che tradisce la volontà di ripetere il rogo nazista dei libri nella Berlino degli anni '30, Hosny non ha risparmiato dichiarazioni antisemite, sul presunto controllo sionista dei media mondiali (parlando chiaramente di "Infiltrazione degli ebrei nella stampa internazionale"), del carattere "razzista e aggressivo" della cultura ebraica, sulla necessità di recidere ogni legame intellettuale con Israele. In maggio, citando queste e altre prese di posizione, Elie Wiesel, Claude Lanzmann e Bernard Henry Levy avevano firmato un appello, pubblicato su Le Monde, contro l'eventuale elezione di Hosny, definito come "un uomo pericoloso, un istigatore della violenza nel cuore e nelle menti degli uomini". In Italia, un appello parlamentare contro la promozione del ministro egiziano era stato diffuso dalla deputata Fiamma Nirenstein. "Senza l'intervento attivo delle istituzioni e del mondo della cultura" - aveva scritto la giornalista e deputata del Pdl lo scorso 28 luglio - "la direzione dell'Unesco potrebbe essere prossimamente assegnata a Farouk Hosny, attuale Ministro della Cultura egiziano, che, nel corso della sua carriera, si è qualificato per le sue spudorate campagne antisemite e contro lo Stato d'Israele, che è per altro in pace con l'Egitto da 30 anni a questa parte". L'appello era stato firmato da numerosi esponenti della maggioranza e dell'opposizione. Ma la "realpolitik" finisce per trionfare sempre. E Farouk Hosny sarà molto probabilmente eletto anche con il voto favorevole del nostro Paese. Fonti della Farnesina affermano che l'Italia ne sosterrà la candidatura. Merito dei buoni rapporti commerciali fra Roma e Il Cairo: dal 2008 il governo Berlusconi vede nell'Egitto un ottimo partner mediterraneo. Ma ancor più sconcertante è il sostegno, passivo, che il ministro egiziano potrebbe, con tutta probabilità, ricevere anche dagli Stati Uniti e dallo stesso governo israeliano. Infatti, dopo qualche smentita sulle sue dichiarazioni, dopo aver dichiarato di non "aver avuto intenzione di offendere la cultura ebraica" e dopo aver permesso al direttore Daniel Barenboim di dirigere l'orchestra sinfonica del Cairo, Hosny gode ora anche della "non opposizione" di Gerusalemme. Perché, come scriveva ieri l'International Herald Tribune (citando Haaretz), la sua elezione, con il silenzio di Israele, farebbe parte dei nuovi accordi fra Benjamin Netanyahu e il presidente egiziano Hosni Moubarak.

(l'Opinione, 14 settembre 2009)

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Netanyahu: Israele Stato ebraico è condizione per la pace

ROMA, 14 set - Riconoscimento di Israele quale "Stato ebraico" e demilitarizzazione della Palestina. Sono queste le due garanzie che il governo israeliano richiede ai palestinesi perché il negoziato di pace possa riprendere. Lo ha ribadito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel corso di una audizione davanti alla Commissione Esteri e Difesa della Knesset. Il leader conservatore - il cui esecutivo poggia in Parlamento su una maggioranza eterogenea che comprende nazionalisti laici e ultraortodossi, il Likud e il partito laburista - ha ripreso i temi da lui stesso lanciati l'estate scorsa dall'Università di Bar Ilan, quando ha posto le basi della politica estera del proprio governo. Per Netanyahu la questione degli insediamenti non è quella principale: "Il problema centrale qua è la condizione essenziale (il riconoscimento del carattere ebraico di Israele, ndr) senza la quale è impossibile risolvere il conflitto".
Quanto agli insediamenti, Netanyahu, sotto la pressione internazionale del Quartetto Usa-Ue-Russia-Onu che da mesi chiede uno stop alla loro crescita, ha poi chiarito: "Gerusalemme non è un insediamento e là le costruzioni non si fermeranno". Il primo ministro, che domani vede l'inviato speciale Usa per il Medio Oriente, George Mitchell, ha poi ricordato di aver acconsentito al completamento della costruzione di 2.500 unità abitative già iniziate e di aver autorizzato, due giorni fa, la costruzione di 455 nuove unità. Netanyahu ha anche dichiarato che "la riduzione nelle costruzioni sarà per un periodo limitato di tempo, sul quale non c'è ancora un accordo con gli Stati Uniti". Di conseguenza: "Dobbiamo ancora fissare la data per un incontro con Abu Mazen (il presidente dell'Autorità palestinese, ndr)". Rivolto ai palestinesi, il capo del governo israeliano ha poi commentato la recente assise di al-Fatah che si è svolta a Ramallah: "Mentre noi facciamo i primi passi per far ripartire il processo, la controparte rende più estremista la propria posizione".

(il Velino, 14 settembre 2009)

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Balcani: Israele torna in ex Jugoslavia, Lieberman in Serbia

GERUSALEMME, 14 set - Comincia oggi con una tappa di esordio in Serbia la missione balcanica del ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, la prima di un esponente d'alto livello del governo dello Stato ebraico in ex Jugoslavia fin dalla dissoluzione sanguinosa di quel Paese. Lo rende noto un annuncio ufficiale secondo cui Lieberman visitera' nei prossimi giorni anche la Croazia e il Montenegro. Per Israele si tratta di un altro tassello nella strategia di una maggiore presenza di politica estera in territori lasciati in secondo piano negli ultimi anni. A quanto si e' appreso, Lieberman avra' incontri con i massimi vertici politici sia di Belgrado, sia di Zagabria, sia di Podgorica. Esponente della destra radicale al centro di ricorrenti polemiche, Lieberman ha tenuto in questi mesi un profilo piuttosto defilato malgrado il ruolo di ministro degli Esteri. E' stato tuttavia impegnato in 'missioni di frontiera' seguite dai media israeliani con un certo interesse: dall'area dell'ex Urss (regione di cui e' originario), all'Africa, dove nelle ultime settimane ha compiuto un lungo tour - il piu' importante da molti anni a questa parte di un governante israeliano - giudicato nel complesso efficace da diversi specialisti.

(ANSA, 14 settembre 2009)

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Libano-Israele: Non resteremo a guardare se attaccati di nuovo

Il Premier Netanyahu avverte il governo di Beirut dopo il lancio razzi

"Non resteremo a guardare se il territorio israeliano verrà attaccato". Lo ha affermato il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, parlando a proposito dei razzi lanciati venerdì scorso dal sud del Libano sul nord di Israele. Lo stato ebraico ha subito risposto con colpi d'artiglieria. "Prendiamo questo episodio molto seriamente", ha detto il premier nel corso della riunione del gabinetto. "Non resteremo certo a guardare se i cittadini israeliani verranno attaccati". Il premier ha ribadito che considererà il governo libanese "responsabile" di tutte le violazioni che arriveranno contro "il nostro territorio e che trovano origine sul suolo libanese". I rapporti tra Israele e Libano sono tesi dalla guerra tra Tsahal ed Hezbollah nell'estate del 2006.

(Virgilio Notizie, 13 settembre 2009)

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Libano: fatwa contro Israele

Il decreto religioso emesso da Fadlallah, autorita' sciita

BEIRUT, 13 set - L'ayatollah libanese Mohammed Hussein Fadlallah ha emesso una fatwa che proibisce la normalizzazione dei rapporti con Israele. 'La normalizzazione dei rapporti con il nemico sionista sotto qualunque forma e' proibito dalla sharia (la legge coranica)', ha detto Fadlallah, una delle alte autorita' sciite del Libano. Il decreto religioso, ha precisato, 'si applica a qualunque musulmano'.

(ANSA, 13 settembre 2009)

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Arctic Sea, il Mossad e i missili russi per l'Iran

Sarebbe stato sequestrato dal Mossad, e non dai pirati, perché carico di missili destinati all'Iran, il cargo russo "Arctic Sea", scomparso a luglio al largo della Manica e ritrovato a metà agosto a Capo Verde. Lo hanno sostenuto diverse fonti, rivelando che il premier Netanyahu avrebbe compiuto un viaggio-lampo a Mosca il 7 settembre per chiedere al Cremlino di rinunciare a dotare Teheran di avanzati sistemi di difesa missilistica, destinati alla protezione delle installazioni nucleari iraniane da eventuali raid aerei da parte dei jet di Tel Aviv. Ne dà notizia in Italia il network "PeaceReporter", che rileva «gli ingredienti per la sceneggiatura di un film o per un libro noir».
Le prime voci si sono diffuse l'8 settembre, quando il "Jerusalem Post" ha scritto che Netanyahu si sarebbe allontanato per dieci ore, all'insaputa del governo stesso. L'indomani, lo "Yedioth Ahronoth" ha sostenuto che il premier si sarebbe recato a Mosca per una visita-lampo al governo russo. Versione confermata dal terzo grande quotidiano israeliano, "Ha'aretz", in merito alla strana scomparsa del primo ministro. Con Netanhyau sarebbero partiti Uzi Arad, responsabile della sicurezza nazionale dello Stato ebraico, e il generale Meir Kalifi, segretario dell'esecutivo per gli affari militari. Motivo del viaggio? Il carico dell'Arctic Sea.
Secondo "Ha'aretz", il cargo trasportava un carico di batterie anti missile S-300, di fabbricazione russa, destinate all'Iran. Il governo di Teheran avrebbe bisogno di acquisire quel tipo di sistema difensivo per mettere in sicurezza i siti nucleari e porre il suo programma di sviluppo atomico al riparo da un colpo di mano dei caccia israeliani che, in barba ai negoziati internazionali, potrebbero decidere di risolvere a modo loro il dossier nucleare degli ayatollah. «Netanhyau - aggiunge "PeaceReporter" - sarebbe andato di persona a tentare di convincere i russi a non provarci di nuovo», chiedendo un chiarimento più in generale sulle forniture militari russe a Siria, Iran ed Hezbollah libanesi. «Dal governo d'Israele nessuno conferma, nessuno smentisce».
A Mosca, invece, sempre il 7 settembre, il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha definito «prive di ogni fondamento» le ricostruzioni circolate in questi giorni rispetto alla scomparsa dell'Arctic Sea, che secondo la versione ufficiale sarebbe stata vittima di un'aggressione dei pirati (novità assoluta nella Manica dai tempi di Sir Francis Drake nella seconda metà del '500). L'equipaggio del cargo, 15 marinai russi, sarebbe stato sequestrato da otto uomini, estoni, russi e lituani. Obiettivo dei pirati, ricattare l'armatore per ottenere un riscatto e il recupero del carico di legname del valore di 1,8 milioni di dollari, imbarcato in Finlandia e diretto al porto algerino di Bedjaia.
Pur promettendo un'inchiesta accurata e assicurando che la versione ufficiale sulla "nave del mistero" salpata da Kaliningrad è l'unica credibile, Lavrov non ha risposto alla domanda più importante: se l'Arctic Sea trasportava solo legname, per quale motivo il governo russo ha impegnato nella ricerca del cargo una mini-flotta di quattro navi da guerra? Per salvare i quindici marinai? «Difficile crederlo», osserva Christian Elia su "PeaceReporter", «anche perché i russi hanno impedito a chiunque di avvicinare la nave alla fonda a Capo Verde e i marinai liberati».
Non ci ha creduto neanche per un istante Mikhail Voitenko, direttore del quotidiano online "Sovfracht", il primo a scrivere che quel cargo «non trasportava legname, ma armi» e che i dirottatori «non erano criminali, ma agenti segreti israeliani, impegnati a bloccarne il carico». Voitenko, che citava fonti del ministero della Difesa russo e aveva ricevuto e pubblicato alcune lettere dei familiari dei marinai sequestrati - racconta "PeaceReporter" - ha ora abbandonato la Russia in tutta fretta.
Il giornalista, che ha detto di non voler rivelare la località nella quale si è rifugiato, secondo quanto raccontato alla Bbc dal suo editore è «terrorizzato» dalle telefonate minatorie ricevute nei giorni successivi alla pubblicazione del suo articolo sulla ricostruzione della vicenda dell'Arctic Sea. A sentire Voitenko, dall'altra parte del telefono c'erano agenti del temuto Fsb, il servizio d'intelligence russo, che facendogli capire con chi aveva a che fare lo hanno 'invitato' a farsi gli affari suoi.
«Cosa che non ha fatto l'ammiraglio Tarmo Kouts, ex capo delle forze armate estoni e relatore per l'Unione Europea per la pirateria internazionale» aggiunge "PeaceReporter". In un'intervista al periodico "Usa Time", Kouts ha dichiarato come solo la presenza di missili a bordo della nave è in
grado di spiegare lo strano comportamento russo nella faccenda. «Ognuno può dire quello che gli pare, ma la ricostruzione ufficiale non è credibile», ha affermato l'ammiraglio. «Che otto uomini assaltino un cargo in acque europee e si dileguino nel nulla dopo aver raggiunto Capo Verde è irrealistico».
Un mistero fitto, insomma, ma che non dovrebbe stupire più di tanto, conclude "PeaceReporter": «Il Mossad, il servizio d'intelligence israeliano, non è nuovo a questo genere di operazioni». Nell'aprile scorso, secondo quanto riportato dal giornale egiziano "El-Aosboa", un'unità speciale israeliana intercettò un cargo diretto alla Striscia di Gaza e partito dal Sudan, carico di armi provenienti dall'Iran. Stessa sorte, questa volta a Dubai, secondo il "Financial Times", per un mercantile con, nella stiva, armamenti provenienti dalla Corea del Nord e diretto in Iran. «La Guerra Fredda è finita, ma i metodi con i quali la si combatteva non sono passati di moda»

(Libre, 13 settembre 2009)

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Religione nelle scuole: scelte preoccupanti

"L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane esprime viva preoccupazione per le posizioni assunte in merito all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane da alcuni ministri del Governo in carica, in coincidenza con l'inizio dell'anno scolastico". Lo ha affermato il Presidente Ucei Renzo Gattegna.
"Preoccupano - ha aggiunto - in particolare tutte le decisioni assunte al fine di rendere inefficace la recente sentenza del TAR del Lazio, favorevole al ricorso presentato dai rappresentanti dell'UCEI, di altre confessioni religiose e di associazioni varie, contro la disparità di trattamento in favore degli alunni che si avvalgono di tale insegnamento".
"L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane invita tutte le parti a una ponderata ed equilibrata valutazione delle ragioni degli appartenenti alle confessioni religiose diverse dalla cattolica, dei non credenti, e degli studenti che hanno scelto di non avvalersene, e ribadisce il principio della assoluta facoltatività della scelta dell'insegnamento della religione cattolica, e la contrarietà a qualsiasi tipo di discriminazione o disparità di trattamento".
"Solo lo svolgimento di un dibattito sereno e costruttivo potrà evitare che si ripropongano anacronistici conflitti di religione, e permettere il mantenimento di un'armonia nei rapporti fra tutte le componenti della nostra società, nel pieno rispetto dei principi di laicità dello Stato sanciti dalla Costituzione repubblicana".

(Notiziario Ucei, 13 settembre 2009)

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Mostra di Venezia - Leone d'Oro a "Lebanon" di Samuel Maoz

Vince il film del regista israeliano sulla guerra

Il film vincitore del Leone d'Oro della 66esima Mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia è, come da previsioni, "Lebanon" del regista israeliano Samuel Maoz con Yoav Donat, Itay Tiran, Oshri Cohen. Il film è ambientato durante la prima guerra del Libano, nel giugno 1982. Un carro armato e un plotone di paracadutisti vengono inviati a perlustrare una cittadina ostile bombardata dall'aviazione israeliana ma i militari perdono il controllo della missione, che si trasforma in una trappola mortale. Gli eroi saranno quattro ragazzi di vent'anni ansiosi di combattere e sacrificarsi.

(Virgilio Notizie, 12 settembre 2009)

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In un libro la versione di Hamas

TEL AVIV - I rapitori del caporale Ghilad Shalit, sono in grado di custodirlo per anni in una località segreta di Gaza conosciuta a pochi dirigenti di Hamas fra cui il capo del loro braccio armato, Ahmed al-Jaabri.

Lo afferma l'autore di un libro appena uscito in Israele, il giornalista Suleiman a-Shafi, della televisione commerciale Canale 2, mentre le trattative per uno scambio di prigionieri fra Israele e Hamas segnano il passo. Il contenuto della sua inchiesta è stato anticipato dal quotidiano Yediot Ahronot (che è anche l'editore del libro), mentre da più parti già piovono recriminazioni. Il giornale viene accusato di aver dato credito ad informazioni incontrollabili disseminate da Hamas e di «speculare» per motivi commerciali sulla vicenda del militare. L'«eroe» del libro risulta essere al-Jaabri, il comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam che nel giugno 2006 ordinò il rapimento di «almeno tre soldati», all'insaputa del primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh e del presidente dell'Anp Abu Mazen.

(Il Tempo, 12 settembre 2009)

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Italia-Israele. A Scilla il concerto della Corale di Palmi

Domenica 13 settembre alle ore 21.00 presso l'Anfiteatro della Villa Comunale di Scilla, si terrà il concerto della Corale di Palmi - costituita nel 1998 dalla locale Chiesa Evangelica - che eseguirà musiche ispirate dalla tradizione ebraica. L'iniziativa è organizzata dal Comune di Scilla e dall'Associazione Italia-Israele di Reggio Calabria

Il Presidente Associazione Italia-Israele RC
Dott. Antonio Porcaro

(www.newz.it, 12 settembre 2009)

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"Scintille di ebraismo", la media fa scintille

Un concorso in cui gli studenti dovevano produrre un elaborato su "un personaggio ebreo, di qualsiasi epoca, che abbia influito sullo sviluppo della società in campo artistico, scientifico o letterario".

SAN VITO (UD) - Grande soddisfazione per gli studenti della scuola secondaria di primo grado "Tommaseo-Amalteo" di San Vito che si sono distinti di recente al concorso nazionale intitolato alla memoria di Rav Elia Kopciowski, conquistando i primi tre posti. Il concorso, su scala nazionale, è promosso dalla famiglia del rabbino Kopciowski (deceduto nel 2002), un'eminenza intellettuale nel mondo della cultura ebraica (ha ricoperto l'incarico di rabbino capo della comunità di Trieste e poi di Milano) e figura di spicco nelle culture interreligiose (ha avuto un ruolo importante nel dialogo con i cattolici al tempo di Papa Wojtyla).
Il concorso indetto alla sua memoria, bandito in primavera, aveva come titolo "Scintille di ebraismo": gli studenti dovevano produrre un elaborato su "un personaggio ebreo, di qualsiasi epoca, che abbia influito sullo sviluppo della società in campo artistico, scientifico o letterario". La scuola già in passato ha aderito all'iniziativa e anche per l'anno scolastico 2008-2009 ha deciso di parteciparvi. Tutte le classi della "Tommaseo-Amalteo" (dirigente scolastico Gianfranco Nosella) sono state coinvolte e nonostante la giovane età degli studenti (dai 12 ai 14 anni), la qualità degli elaborati è stata elevata. A riconoscerlo è stata la giuria del concorso che ha comunicato alla scuola che si era distinta nella categoria scuola secondaria di primo grado conquistando i primi tre posti. Il primo premio è stato vinto dall'elaborato degli studenti Alessio Poloni, Riccardo Bot, Fabio Zanotel, Luca Mio su Leonard Bernstein; il secondo posto dall'elaborato sulla cantante Noa di Valentina Azzano Cantarutti e Francesco Blason e così il terzo premio, ex- aequo, è stato vinto dall'elaborato su Anna Frank di Marta Ughi. Ci sono state inoltre delle menzioni speciali a Pamela Frontini e Marina Nadalin su Frank London (trombettista newyorkese) e Daniel Baremboim; altra menzione a Giulia Martinis e Valentina Susanna per il lavoro svolto su David Grosssman. Un plauso alle insegnanti Manuela Boz, Manuela Fontanesi e Maria Sasso che hanno seguito il progetto. Un premio è andato infine anche alla stessa scuola "Tommaseo-Amalteo" (per l'alto valore educativo) che è stato consegnato mercoledì scorso a Gradisca d'Isonzo, durante la cerimonia di premiazione.

(Il Gazzettino, 12 settembre 2009)

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Ritrovata sinagoga risalente al 50 a.C. "E' possibile vi pregasse Gesù"

La scoperta è avvenuta a Migdal, il luogo in cui i cristiani ritengono sia nata Maria Maddalena

GERUSALEMME, 11 settembre 2009 - Le rovine di una sinagoga risalente a oltre 2.000 anni fa, in cui potrebbe aver pregato Gesù, sono state riportate alla luce sulla costa del Mare di Galilea. La scoperta è avvenuta a Migdal, il luogo in cui i cristiani ritengono sia nata Maria Maddalena. Secondo gli storici venne costruita presumibilmente intorno al 50 a.C. ed è uno dei sette luoghi di culto che risalgono al periodo precedente la costruzione del secondo tempio.
"È possibile che Gesù abbia pregato in questa sinagoga perchè Migdal era una città molto importante", ha spiegato la direttrice degli scavi Dina Abshalom-Gorni. Gesù trascorse molto tempo in preghiera sulle coste del Mare di Galilea, conosciuto anche come Lago Kinneret, dove secondo la Bibbia furono compiuti diversi miracoli.
Gli archeologi attribuiscono grande valore al ritrovamento dei mosaici che ricoprono tutto il pavimento della sinagoga e alla scoperta di una delle quattro copie esistenti della menorah - il tradizionale candelabro a sette braccia - proveniente dal secondo tempio ebraico andato distrutto nel 70 d.C. "L'artista che l'ha realizzata probabilmente ha visitato Gerusalemme per vedere con i propri occhi il sacro candelabro", ha spiegato l'archeologa.

(Quotidiano.net, 11 settembre 2009)

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A Roma inaugurato un memoriale per le Torri gemelle

ROMA (11 settembre) - Due colonne romane molti anni fa appartenenti a una fontana nei pressi di Montecitorio, poi chiuse nei magazzini della sovrintendenza ai Beni culturali del Comune di Roma, e oggi riesposte in piazza di Porta Capena, dove, vicino al cipresso piantato all'indomani dell'attentato alle Torri gemelle di New York, ricorderanno la tragedia dell'11 settembre.
Alla base delle due colonne c'è una targa contro ogni forma di terrorismo dedicata alle vittime di quell'attentato. In loro memoria è stata scelta una frase del filosofo americano George Santayana: «Coloro che non sanno ricordare il passato, sono condannati a ripeterlo». Ad inaugurare il Memorial che il Comune di Roma ha scelto di dedicare alle vittime dell'11 settembre, è stato il sindaco Gianni Alemanno alla presenza dell'ambasciatore degli Stati Uniti, David Thorne, della Speaker della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi e di fronte ad una platea di ospiti tra cui il prefetto Giuseppe Pecoraro, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il presidente del consiglio comunale Marco Pomarici, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, l'Imam Aladdin Goobashi, il soprintendente ai Beni culturali del Comune di Roma Umberto Broccoli, l'assessore capitolino alla Mobilità, Sergio Marchi, l'assessore provinciale alla Cultura Cecilia D'Elia, la moglie del sindaco, Isabella Rauti, alcuni consiglieri e delegati capitolini, il comandante dei vigili urbani, Angelo Giuliani, autorità militari e delle forze armate.
«Affidiamo a questo memorial - ha detto il sindaco - il compito di ricordare la tragedia dell'11 settembre: queste colonne saranno il grido silenzioso contro l'intolleranza e contro ogni forma di terrorismo e fondamentalismo».

(Il Messaggero, 11 settembre 2009)

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Dal sito che segnala le bufale giornalistiche

I soldati che fanno traffico di organi umani

Il 16 luglio la storia degli scudi umani. Poche settimane, e il 23 agosto arriva la storia dei prigionieri usati per il traffico di organi umani. La lancia un giornalista svedese sul più importante quotidiano del suo Paese (circa il triplo del nostro Corriere).
In Italia la notizia arriva 'politicizzata', giocata più che altro sulla reazione di alcuni israeliani che ipotizzano in rete di rispondere al giornalista svedese... boicottando l'Ikea. Un minimo di sospetto che sia una bufala nasce dalla enormità dell'accusa, e allora qui si sta un po' più bassi, come fa il Corriere della Sera.
Attenzione, però: resta un accreditamento di base della bufala, visto che qui si parla di "articolo contestato" o "articolo della discordia". Ma non è un articolo: è una bufala totale e, di nuovo, del tutto non verificata....

(Malainformazione, 11 settembre 2009)

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Su Israele due razzi sparati dal Libano

TIRO/GERUSALEMME - Almeno due razzi sono stati sparati oggi dal Libano contro il nord di Israele, spingendo l'artiglieria israeliana a bombardare i boschi di frutta da dove sono provenuti i razzi. Lo hanno riferito fonti della sicurezza di entrambi i paesi.
Le fonti dicono che i razzi sono stati lanciati dall'area di Tiro, nel sud del Libano, vicino alla frontiera tra i due paesi. Le forze di sicurezza libanesi, che hanno riferito di due missili diretti verso Israele a fronte di 15 sparati verso il Libano, non hanno avanzato ipotesi su chi potrebbe celarsi dietro questi attacchi.
Secondo una fonte della polizia israeliana i due razzi, che hanno colpito l'area della Galilea occidentale, non hanno fatto feriti o danni. Intanto, però, la tv israeliana ha mostrato un terzo missile, che ha danneggiato un traliccio elettrico.
I razzi di oggi sono i primi sparati da diversi mesi dal Libano, dove nel 2006, per circa un mese, si svolse la guerra tra Israele e i guerriglieri Hezbollah libanesi.
Altri attacchi sono stati denunciati da allora dalle forze israeliane, libanesi e dalle forze di pace dell'Onu, sempre nella zona vicino alla frontiera e attribuiti a gruppi militanti più che ad Hezbollah, il movimento sciita, sostenuto da Iran e Siria, ancora molto potente in Libano, in particolar modo nella zona meridionale.
Durante l'offensiva di Israele contro Hamas nella striscia di Gaza dello scorso gennaio, Hezbollah aveva già respinto le accuse che lo volevano coinvolto nel lancio di razzi dal Libano. I responsabili della sicurezza hanno riferito che è più probabile che dietro quegli attacchi ci potessero essere piccoli gruppi di rifugiati palestinesi o gruppi legati ad al Qaeda.

(Reuters, 11 settembre 2009)

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Israele: il 65% favorevole a Netanyahu e il 44,7% a un congelamento delle colonie

Gli israeliani sono divisi sulla questione del congelamento delle costruzioni nelle colonie in Cisgiordania, richiesto dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea. Lo rivela un sondaggio diffuso oggi dalla radio pubblica israeliana.
Alla domanda: "Siete favorevoli a un congelamento (delle colonie) nei territori palestinesi?", il 44,7% delle persone interpellate ha risposto affermativamente, mentre il 38% si è detto contrario. Il restante ha detto di non avere alcuna idea al riguardo.
Il 65% degli israeliani esprime inoltre un giudizio favorevole nei confronti del premier Benjamin Netanyahu, e il 60% del suo ministro della Difesa Ehud Barak, leader del partito laburista e alleato di governo. Il controverso ministro degli Esteri, l'ultra-nazionalista Avigdor Lieberman, ha un gradimento del 49%.

(Clandestinoweb, 11 settembre 2009)

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Nazisti - Processo a John Demjanjuk non prima di novembre

Decisione confermata fine mese, ex guardiano Sobibor ha 89 anni

Non si terrà prima di novembre il processo a John Demjanjuk, il presunto criminale di guerra nazista estradato in Germania dagli Stati Uniti a inizio maggio, per il suo coinvolgimento nell'uccisione di 27.900 ebrei nel lager nazista di Sobibor, nell'allora Polonia occupata. In un comunicato il tribunale di Monaco di Baviera, dove l'89enne presunto ex guardiano del campo sarà processato, ha annunciato che il processo si aprirà la prima metà di novembre. La data precisa - ha aggiunto la corte - sarà confermata alla fine di settembre. Demjanjuk, che fino a pochi mesi era un commerciante d'auto in pensione in Ohio, sostiene di essere stato un soldato dell'Armata rossa catturato come prigioniero di guerra e di non aver mai fatto del male a nessuno.

(Virgilio Notizie, 11 settembre 2009)

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Sondaggio - Gli israeliani perdonano i tedeschi, ora sono amici

di Roberto Fabbri

È proprio vero che il tempo è il miglior medico. L’opinione pubblica israeliana, cioè quella di un Paese che è nato per risarcire gli ebrei degli orrori loro inflitti dai tedeschi durante il periodo nazista, prova oggi un sentimento di «prevalente simpatia» verso la Germania. Lo afferma un sondaggio pubblicato da uno dei più importanti quotidiani israeliani, Yediot Ahronot.
Il giornale di Tel Aviv “spara” addirittura un titolo a effetto, «Gli israeliani hanno perdonato i tedeschi», che forse è un po’ esagerato. Però sembra ormai assodato che la radicata identificazione del passato tra Germania e nazismo non è più automatica tra gli israeliani di oggi: e non è un cambiamento da poco. Anzi: l’antico odio verso i loro crudeli persecutori di un tempo è a tal punto scemato da far sì, per esempio, che solo cinque israeliani su cento provino disagio nell’acquistare prodotti made in Germany, o pensino che sia il caso di boicottarli. E solo un telespettatore su cinque ammette di aver pensato alle tragedie del passato quando ha seguito i campionati mondiali di calcio giocati in Germania nel 2006 o i recentissimi mondiali di atletica disputati nello stadio di Berlino fatto costruire da Adolf Hitler.
Gli israeliani hanno dunque dimenticato il male subito dai tedeschi? No, non è questo il punto. La memoria storica della Shoah, lo spaventoso sterminio pianificato di circa sei milioni di persone inermi colpevoli solo di essere ebrei, rimane ben radicata nel sentire collettivo. Semmai, si è in qualche modo assestata, permettendo di giudicare il presente senza farsene più condizionare come se 65-70 anni non fossero ormai trascorsi. E non è neanche corretto immaginare che siano rimasti gli anziani a odiare i tedeschi, mentre i giovani sarebbero diventati più indifferenti non avendo vissuto di persona le persecuzioni. Paradossalmente, infatti, il sondaggio rivela che gli israeliani più in là negli anni, quelli fuggiti in Palestina dopo essere scampati all’Olocausto, sono quelli in grado di fornire sui tedeschi e sulla Germania i giudizi più sobri e al tempo stesso più ponderati. Tanti giovani, invece, si dimostrano più condizionati dal peso terribile della Storia, che in Israele significa quasi sempre il ricordo tramandato di violenze innominabili inflitte a familiari innocenti.
Colpisce anche il fatto che la maggioranza (52% per la precisione) degli ebrei israeliani giudichi in modo positivo il ruolo svolto dalla Germania nello scacchiere mediorientale, mentre solo il 27 per cento degli arabi israeliani la pensa allo stesso modo: sembra che questo si spieghi con il timore che i tedeschi di oggi, più o meno consapevolmente, finiscano con il far «pagare il conto» dei loro sensi di colpa verso gli ebrei ai palestinesi.
Un’ultima considerazione di ordine storico sui risultati del sondaggio. Gli israeliani di oggi sembrano ormai in grado di non veder più nei tedeschi l’uguale dei nazisti che li perseguitarono oltre mezzo secolo fa: forse anche perché consapevoli che il tempo ha cambiato quel popolo, non più ossessionato come in passato da un malsano nazionalismo. In passato fu diverso, ma sempre nel solco della concretezza: lo dimostrò negli anni Cinquanta Ben Gurion, che compì la difficile scelta di accettare il denaro tedesco a titolo di compensazione, mentre tanti in Israele, il leader della destra Menachem Begin in testa, non volevano assolutamente. Ciò non impedì agli israeliani, nel decennio successivo, di sequestrare, processare e mettere a morte l’aguzzino nazista Eichmann. Distinguendo con chiarezza tra il popolo tedesco e i criminali di Hitler.

(il Giornale, 11 settembre 2009)

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ImHalal, il motore di ricerca che rispetta le regole islamiche

E' nato ImHalal, un motore di ricerca che permette ai fedeli musulmani osservanti di navigare solo in siti accettabili e non proibiti dalla legge della sharia.

E' in rete ImHalal, il motore di ricerca che mette al fulcro della web search la fede musulmana e il rispetto delle regole islamiche. Il termine potrebbe essere tradotto con “Io sono religiosamente corretto”.
Nato da un'idea di Reza Sardeha, amministratore delegato di una compagnia olandese, l’Azs Media Group, il portale ingloba nei risultati di ricerca soltanto contenuti accettabili, segnalando quali parole conducano a risultati proibiti.
Termini come “sesso”, “gay”, oppure altri meno “oltraggiosi”, ma comunque poco tollerati, come “maiale” e “birra” si collocano fuori dal gruppo di siti nei quali attingere informazioni necessarie.
Reza Sardeha ha inoltre intenzione di chiedere la collaborazione di diversi imam, per selezionare il maggior numero di contenuti offensivi per i musulmani osservanti, che navigano sul web.
ImHalal è online dallo scorso lunedì ed è disponibile in 15 lingue, fra cui inglese, arabo e farsi. Il portale propone inoltre quattro immagini di sfondo fra le quali scegliere, fra i quali una moschea.
Niente a che vedere, quindi, con azioni di censura o il filtro cinese tanto discusso: ImHalal è un semplice modo di aiutare i fedeli a navigare rispettando le regole della propria fede, e siccome costituisce una libera scelta non si può etichettare come censura, ma come una opportunità per informarsi e avventurarsi nel mare di informazioni presenti in rete, senza allontanarsi dai dettami della sharia.

(BitCity, 11 settembre 2009)

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L'Olanda batte un colpo e si risveglia dal torpore della "dhimmitudine"

di Bernardino Ferrero

Dopo anni di atteggiamento remissivo verso la sempre più numerosa comunità islamica presente nel Paese, l’Olanda batte un colpo e i giudici processeranno un gruppo culturale arabo per aver pubblicato sul proprio sito delle vignette negazioniste. Una corte di Utrecht ha dichiarato che le immagini - in cui si lascia intendere che l’Olocausto sarebbe una ‘costruzione’ - sono un insulto per gli ebrei e rappresentano una forma illegale di discriminazione. I gestori del sito islamico rischiano un anno di carcere o, nel migliore dei casi, una multa di circa 5.000 euro.
La risposta del braccio olandese della Lega Araba Europea non s’è fatta attendere. Secondo il responsabile della AEL l’intenzione del sito non era quella di negare la realtà dell’Olocausto bensì di fare un “atto di disobbedienza civile”. Una risposta al controverso politico olandese Geert Wilders, dunque, che nel suo film "Fitna" ha paragonato il Corano a Mein Kampf e il profeta Maometto a una sorta di pedofilo a caccia di ragazzine. Secondo l’AEL ci sarebbe quindi un “doppio standard”: la libertà di parola che vale per Wilders non è concessa ai musulmani.
In realtà le accuse contro Wilders - di aver montato una campagna anti-islamica ed una piattaforma politica contro l’immigrazione - erano cadute quando i giudici avevano concluso che i suoi insulti non colpiscono direttamente i musulmani ma la figura di Maometto in particolare (si pensi a come e a quanto è stato preso di mira il Gesù cattolico). Le vignette apparse sul sito arabo invece mostrano chiaramente due ebrei accanto a una pila di scheletri, accanto ad un segnale stradale con su scritto “Auswitch” (Auschwitz), mentre uno di loro solleva un osso dicendo “Non credo che siano ebrei”. Questa immagine non c’entra nulla con Wilders, così come gli ebrei non c’entrano nulla con le “vignette danesi” che tanto baccano, caos e proteste, provocarono negli anni scorsi. Cosa accadrebbe, d’altra parte, se gli ebrei olandesi dovessero insultare i musulmani ogni volta che subiscono degli attacchi antisemiti?
Fatto sta che il processo intentato dalla corte di Utrecht è il segnale di un risveglio della comunità olandese che vuole difendere i valori laici, della tolleranza e della ragione, che contraddistinguono la cultura occidentale. Dagli anni Novanta, il numero dei musulmani in Olanda è cresciuto fino a superare il 6 per cento dei 16 milioni e mezzo di persone che costituiscono la popolazione olandese. L’omicidio di Pym Fortuyn prima, quello del regista Theo Van Ghog nel 2004, e infine il volontario esilio della intellettuale di origini somale Ayaan Hirsi Ali - che ha lasciato l’Olanda per rifugiarsi negli Stati Uniti - sono stati altrettanti colpi lanciati dall’integralismo islamico alle libertà e alla identità olandese. Forse qualcosa sta cambiando.

(l'Occidentale, 11 settembre 2009)

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Il presidente Chavez attacca di nuovo Israele

Hugo Chavez
Il presidente venezuelano Hugo Chavez torna ad attaccare Israele, accusando lo stato ebraico di compiere un genocidio nei confronti dei palestinesi. "Non è che Israele voglia sterminare i palestinesi. Lo fa apertamente. Di che cosa si tratta, se non di un genocidio?", afferma Chavez in un'intervista concessa al quotidiano 'Le Figaro'. A suo parere "è difficile credere" che l'attacco militare di fine dicembre a Gaza fosse una risposta ai lanci di missili da parte della Striscia. Gli israeliani "cercavano una scusa per sterminare", sostiene Chavez, che si dice favorevole a "sanzioni" contro lo stato ebraico. "Riconosco il diritto d'Israele a esistere, come quello di tutti gli altri paesi, hanno tutti gli stessi diritti, compreso il futuro stato palestinese - afferma infine il presidente venezuelano- ma Israele deve rispettare il principio di autodeterminazione dei palestinesi". Pronta la replica d'Israele, con il quale il Venezuela ha da tempo rapporti molto tesi. "Ci dispiace che il presidente Chavez abbia deciso di recitare la propaganda di uno dei regimi più oppressivi del Medio Oriente", ha commentato Yigal Palmor, portavoce del ministero degli Esteri, riferendosi alla leadership di Hamas nella Striscia di Gaza. Tutto ciò, ha aggiunto, "non fa bene alla grande tradizione di fiducia, progresso e libertà del popolo venezuelano".

(Il Denaro, 10 settembre 2009)

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Mosca nega il viaggio di Netanyahu, Kommersant conferma

Il ministero degli esteri russo ha riferito di non avere alcuna informazione su una presunta visita a Mosca questa settimana del premier israeliano, Benyamin Netanyahu. Lo riferisce l'agenzia Interfax citando il portavoce dello stesso ministero, Andrei Nesterenko. Ieri un'analoga smentita era stata data dalla presidenza russa e dal portavoce del governo, ma oggi l'autorevole quotidiano Kommersant, citando una fonte anonima ma qualificata del Cremlino, scrive che Netanyahu avrebbe effettivamente compiuto la visita. In Israele è polemica sulla missione segreta di 14 ore compiuta martedì scorso dal capo del governo. Missione dietro la quale, come la stampa ha più tardi unanimemente rivelato, si sarebbe celato un viaggio riservatissimo in Russia per colloqui sulla questione iraniana (armi e nucleare).

(L'Unione Sarda, 10 settembre 2009)

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Berlusconi chieda a Gheddafi dove si trova l’attentatore della Sinagoga di Roma

di Laura Fontana

E’ una storia che dovrebbe far parte della memoria collettiva italiana ma da tempo pare essere stata dimenticata, insieme a tante altre storie: il 9 ottobre 1982, davanti la Sinagoga di Roma vi fu un attentato dove rimasero ferito 37 persone e perse la vita un bambino di due anni. Dopo ventisette anni di distanza, ancora molte ombre si stendono sulle dinamiche dell’attentato e dei cinque presunti attentatori facenti parte del gruppo d’assalto, l’unico identificato fu Osama Abdel Al Zomar, processato e condannato all’ergastolo in contumacia dal tribunale di Roma. Al Zomar fu arrestato in Grecia a distanza di qualche anno, ma il governo di Atene ignorò la richiesta di estradizione italiana e fece trasferire il prigioniero nella Libia di Mohammad Gheddafi.
Questi avvenimenti sono ritornati d’attualità quando, lo scorso 30 agosto, il Presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha partecipato ai festeggiamenti per il primo anno degli accordi bilaterali tra Italia e Libia: con la firma di questi trattati il governo italiano si è impegnato al risarcimento per i danni di guerra e si è altresì scusato per il comportamento tenuto dagli italiani in Libia durante il periodo della colonizzazione. La comunità ebraica, però, si è fatta sentire ritenendo giusto e doveroso da parte della Farnesina avviare una rogatoria internazionale per l’estradizione di Al Zomar ora che le relazioni diplomatiche tra Italia e Libia si sono ristabilite.
A farsi portavoce è stato proprio il padre del bambino ucciso nell’attentato alla Sinagoga, Joseph Taché che ha dichiarato: “Mi sembra giusto che un assassino come Al Zomar, condannato in contumacia in Italia, paghi il suo debito. E se non può farlo nel nostro paese come sarebbe doveroso, almeno lo faccia in Libia. E’ quello che Berlusconi dovrebbe chiedere a Gheddafi. L’Italia - ha proseguito Joseph Taché - è il mio Paese e non può soltanto subire richieste, deve anche chiedere qualche cosa ed ha tutto il diritto di farlo. Dubito fortemente che il terrorista sia attualmente in carcere”. (fonte, Ansa.it)
Riguardo l’ultima affermazione, Joseph Taché, si riferiva all’accoglienza “calorosa” riservata all’attentatore di Lockerbie all’arrivo in Libia; alla fine della dichiarazione, comunque si è appellato anche al Ministro degli esteri Franco Frattini che, dal canto suo, in una nota del ministero ha assicurato “di chiedere informazioni alla prima occasione utile al Ministro degli esteri libico”. “Tuttavia - ha aggiunto il titolare della Farnesina -, le Autorità italiane non sono a conoscenza del luogo ove attualmente si trovi Al Zomar e se costui si trovi in Libia. L’eventuale estradizione poi, qualora si conoscesse il luogo dove al Zomar si trova, presupporrebbe un accordo organico bilaterale di estradizione che non esiste attualmente tra Italia e Libia”. (fonte, intervista a Sky Tg24)
Rimane però il fatto che, se il colonnello Gheddafi si è impegnato a collaborare contro il terrorismo di matrice islamica e visto che l’Italia in tutti i modi ha teso la mano a Tripoli in segno di riconciliazione, ci si aspettano altrettanti gesti arrivare dall’altra parte del Mediterraneo e un’inchiesta per sapere che fine ha fatto l’attentatore alla Sinagoga di Roma potrebbe essere uno primo passo avanti per la costruzione di una reciproca fiducia.

(Mediapolitica, 10 settembre 2009)

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Umorismo, antisemitismo e musica: racconto della prima serata ebraica barese

di Marisa Della Gatta

BARI - Dopo l'esordio a Trani, ormai capitale dell'ebraismo con la Giornata Internazionale, il primo "Festival della cultura ebraica in Puglia" taglia il traguardo di arrivo a Bari per le sue due giornate conclusive. Si comincia con un incontro sul tema "umorismo e antisemitismo".
Tra i relatori, Luciano Canfora, Professore di Filologia alla Facoltà di Lettere e collaboratore alla pagina culturale del "Corriere della Sera", autore, per l'occasione, di un intervento incentrato su "gli stereotipi antisemiti nella letteratura di consumo".
La sua è un'analisi su alcuni dei grandi scrittori novecenteschi che hanno riportato nei loro scritti i luoghi comuni vecchi e nuovi nei confronti degli ebrei: dall'avidità di denaro, a descrizioni su particolari fisici come "capelli di montone" e "espressione da serpente a sonagli", fino ad osservazioni come quella di Agata Christie, secondo cui "qualche goccia di sangue ebraico non fa mai male".
Molti di questi scrittori tornarono sui loro passi nel dopoguerra, con sentimenti fortemente antinazisti, ma i loro pregiudizi, formulati nei secoli, continuano ad essere diffusi in tutto il mondo fino ad oggi, come ha mostrato lo psicanalista David Meghnagi nella sua presentazione sull'"iconografia antisemita". Una raccolta di immagini, vignette satiriche, fumetti discriminatori verso gli ebrei dal medioevo al ventunesimo secolo.
Per alleggerire la tensione del tema, sono state recitate delle barzellette ebree, difficilmente comprensibili per un pubblico inesperto, in quanto "l'umorismo ebraico è tanto sofisticato che bisogna entrare negli ingranaggi per poterlo comprendere in pieno", ha spiegato Meghnagi.
Più chiaro, invece, il discorso del rabbino Benedetto Carucci sull'umorismo nel testo biblico. L'esempio più significativo è stato indicato da lui nella figura di Isacco, che contiene nel suo nome la radice del verbo "ridere", pur vivendo una storia piena di drammaticità: "Isacco è il contrario di quello che il suo nome dice ed è in questo che si crea l'umorismo".
Se la conferenza ha elencato ed evidenziato gli stereotipi antisemiti, a rovesciarli è stato il concerto di Mor Karbasi, la stella emergente della musica israeliana.
La sua bellezza, certo diversa da un "montone" o un "serpente a sonagli", e la sua capacità di fondere ritmi spagnoli, ebraici e mediorientali hanno riallacciato la città con il filo della sua storia ebraica e bizantina, nella roccaforte barese di Bisanzio per eccellenza, il Fortino.

(Puglialive.net, 10 settembre 2009)

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L’egiziano antisemita all’Unesco che l’Italia non può votare

L’appello al ministro Frattini

di Andrea Morigi

Faruk Hosni
A partire dal prossimo 17 settembre, a Parigi, a scrutinio segreto, cadrà la scelta su uno degli attuali nove aspiranti alla carica di direttore generale dell’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni unite per l’istruzione, la scienza e la cultura.
Sulla candidatura dell’egiziano Faruk Hosni, promossa dall’Egitto e appoggiata, oltre che dal mondo arabo e islamico anche dall’Italia, sono divampate polemiche politiche e giornalistiche. Si premierebbe chi, nel maggio 2008, ha dichiarato che sarebbe disposto a bruciare personalmente ogni libro israeliano che si trovasse nella biblioteca nazionale di Alessandria d’Egitto.
Benché, in seguito, lo stesso Hosni abbia ritrattato quella dichiarazione, «che ho pronunciato involontariamente... nella foga della discussione politica», rimane il dubbio che il pentimento abbia l’unico scopo di guidare un’organizzazione internazionale.
Non ha però smentito di aver affermato di trarre odio per Israele dal latte materno e che gli intellettuali come lui non accetteranno mai Israele.
Al contrario, secondo quanto riporta la stampa internazionale, in una successiva conversazione con la stampa egiziana, Hosni avrebbe recentemente accusato l’ambasciatore statunitense presso l’Unesco, David T. Killion, di svolgere, principalmente in quanto a suo dire ebreo, un’azione per sottrarre consensi alla candidatura egiziana. Pare che siano il suo incubo: ne vede anche dove non ce n’è traccia, perché Killion non è ebreo, ma ha lavorato per il deputato democratico della California Tom Lantos, acceso sostenitore di Israele.
Già ministro della cultura egiziano negli ultimi due decenni, Hosni si è distinto per aver esteso la censura a ogni aspetto della vita intellettuale, tanto che l’organizzazione internazionale Reporter Senza Frontiere ritiene che «il ministro egiziano debba fornire assicurazioni inequivoche sul proprio impegno per la libertà d’espressione, condannando pubblicamente le violazioni della libertà di stampa e gli arresti di blogger».
Alla fine dello scorso mese di agosto il filosofo Bernard-Henri Lévy, il produttore cinematografico Claude Lanzmann e lo scrittore sopravvissuto all’Olocausto Elie Wiesel hanno lanciato un appello affinché l’Unesco «si risparmi la vergogna» di scegliere come proprio rappresentante chi ha pronunciato in diverse occasioni parole di odio antisemita.
Il Centro Simon Wiesenthal teme che, nella prospettiva in cui Hosni sia scelto come direttore generale, si ponga «una seria minaccia agli autentici valori dell’Unesco».
L’Italia non può, solo per compiacere la Lega dei Paesi Arabi e l’Organizzazione della Conferenza e sperare di ottenere da loro contropartite in termini politici ed economici, favorire la nomina di Hosni.
Per questo, Libero lancia un appello affinché la posizione italiana sia riconsiderata e il nostro governo opti per una candidatura europea, scegliendo tra i nomi proposti, sui quali i ventisette paesi comunitari devono ancora prendere una decisione: la commissaria alle relazioni esterne dell’Unione europea Benita Ferrero-Waldner, l’ambasciatrice lituana all'Unesco, Ina Marciulionyte, e l’ambasciatrice bulgara a Parigi, Irina Bokova. Oppure si astenga. Ma lo dica.

(Libero-news.it, 10 settembre 2009)

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La Lombardia pensa a un banca di credito cooperativo a Betlemme

MILANO, 9 set. - La possibilita' di realizzare a Betlemme una banca di credito cooperativo, grazie anche al supporto di Regione Lombardia, e' stata discussa oggi da Robi Ronza, delegato del presidente della Regione Lombardia per le Relazioni internazionali, con il Capo del servizio di vigilanza sulle banche dell'Ufficio Monetario dell'Autorita' Palestinese (che in Palestina ha funzione di Banca centrale).
Hanno partecipato all'incontro anche Riyad Abu-Shehadeh, il decano della Facolta' di Economia dell'Universita' di Betlemme, Fadi Kattan, il direttore della Bethlehem Arab Society for Reahabilitation, Edmond Shehadeh, il direttore generale della Cassa Padana Bcc di Leno (Brescia), Luigi Pettinati, il presidente della Banca di Credito Cooperativo dell'Adda e del Cremasco, Giorgio Merigo, e il responsabile delle relazioni esterne della Federazione delle Bcc lombarde, Sergio Baia.
"Regione Lombardia - ha dichiarato Ronza - e' pronta a sostenere attivamente le due banche italiane che hanno gia' attivato con successo progetti simili in altre parti del mondo. Si tratterebbe di uno strumento di grande rilievo per il pacifico sviluppo dell'economia produttiva della Palestina. Da parte nostra, potremo contribuire favorendo corsi di formazione presso l'Universita' di Betlemme per giovani interessati a lavorare nel settore".

(Adnkronos, 10 settembre 2009)

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Milano: amici di Israele, scritta antisemita in zona San Siro

MILANO, 9 set. - Su un muro di Milano, in zona San Siro, e' apparsa una scritta offensiva contro gli ebrei. A comunicarlo e' Davide Romano, segretario dell'associazione 'Amici di Israele', che ha raccolto la denuncia di Adam Atef. "Un nostro iscritto italo-egiziano ci ha comunicato di aver trovato davanti al luogo dove presta la sua opera di volontariato in favore degli immigrati una scritta offensiva verso gli ebrei. Una scritta antisemita su un muro della citta' e' gia' una cosa grave, ma temiamo ci sia molto di piu' e di peggio", spiega Romano.
"Adam e' noto tra i suoi conoscenti -prosegue- per essere amico del popolo ebraico, oltre che vicino a Israele. Per molti versi egli rappresenta un possibile e prezioso ponte di dialogo tra il mondo arabo e quello ebraico, e proprio questo crediamo sia il motivo per cui sia stata vergata quella frase ingiuriosa". Per il segretario dell'associazione "tale scritta non e' 'solo' un'offesa per l'ebraismo, ma anche per l'islam tollerante e per tutte le culture che credono nel dialogo e nella pacifica convivenza.
L'associazione 'Amici di Israele' esprime solidarieta' ad Adam Atef e chiede "al Comune di Milano che si attivi al piu' presto per cancellare quella scritta che ferisce l'intera citta'". Inoltre, concludono i rappresentanti dell'organizzazione "chiediamo alle istituzioni locali un maggiore impegno non solo contro l'estremismo, ma anche a favore dell'integrazione".

(Adnkronos, 9 settembre 2009)

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Fossano: nonno Moise, protagonista di Conta le stelle...

di Antonella Balocco

Elena Loewhental
Nonno Moise, il protagonista del romanzo "Conta le stelle se puoi" di Elena Loewhental, è approdato alla finale del prestigioso premio "Campiello", piazzandosi al secondo posto, dopo la vincitrice Margharet Mazzantini.
Cosa sarebbe successo se, nel 1924, Benito Mussolini fosse morto d'infarto prima della promulgazione delle leggi razziali, della Shoà e del secondo conflitto mondiale? La storia di molte famiglie ebree sarebbe stata sicuramente diversa… Partito da Fossano, con un carretto di stracci, approda a Torino, fa fortuna e, da vita ad una dinastia. Questa in sostanza la trama dell'ultimo romanzo dell'autrice torinese Elena Loewental, di origine ebrea, insegnate di ebraismo alla facoltà di filosofia dell'Università Vita e Salute "S. Raffaele di Milano", studiosa di ebraismo e autrice di numerosi saggi e romanzi.
L'autrice aveva presentato, la primavera scorsa, proprio a Fossano il suo romanzo, raccontando che la trama era in parte, ovviamente inventata visto il corso della storia, ed in parte vera: infatti tra i suoi parenti c'era stato un "nonno Moise", effettivamente partito alla fine dell'ottocento, proprio dalla città degli Acaja, e proprio con un carretto di stracci.
Ancora frastornata e felice per il secondo posto al "Campiello", racconta il suo legame con Fossano e con il suo personaggio:
Ha mancato per un soffio la vittoria al premio "Campiello", che esperienza è stata?
Non mi aspettavo che nonno Moise facesse tutta questa strada. Il premio Campiello mi ha portato in tutta Italia, dal Trentino alla Campania e il protagonista del mio romanzo era idealmente con me. E' stata un'esperienza entusiasmante, ho conosciuto gli altri finalisti e, a cinquant'anni, non mi aspettavo di arrivare come finalista.
Qualche anno fa era arrivata in finale anche al premio "Strega", con "Attese" edito da Bompiani, questa volta con "Conta le stelle se puoi" edito da Einaudi. Per lei c'è differenza tra i suoi due lavori?
Assolutamente si. Nonno Moise mi è rimasto nel cuore: è un personaggio che ho amato molto dal quale ho fatto davvero fatica a staccarmi.
Durante la presentazione del libro a Fossano aveva detto che non riusciva a far morire il personaggio….
E' vero, ho rimandato la morte del protagonista più volte. Ad un certo punto, per ovvie esigenze anagrafiche, Moise era davvero vecchissimo, ho dovuto porre fine alla sua vita. E' stato un vero e proprio lutto.
Dopo il Campiello, nonno Moise, o meglio il suo romanzo andrà ancora più lontano, magari oltreoceano, come gran parte degli emigranti piemontesi?
Non lo so. Magari, mi piacerebbe che tante persone conoscessero questo personaggio che, davvero ho amato e amo molto. Si vedrà…

(Savona news, 9 settembre 2009)

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Israele, campagna contro i matrimoni misti

Sospesi gli spot tv dopo le polemiche

ROMA (9 settembre) - Il presidente dell'Agenzia ebraica, Natan Sharansky, ha ordinato la sospensione immediata di una controversa campagna televisiva lanciata per sensibilizzare l'opinione pubblica sui rischi rappresentati dai matrimoni misti degli ebrei nella Diaspora.
«Per quanto sia necessario rafforzare i legami fra la Diaspora ebraica e lo Stato di Israele - afferma Sharansky - dobbiamo stare attenti a non ferire i sentimenti degli ebrei che vivono in altri Paesi».
Che sia una scelta voluta o dovuta, Sharansky non lo dice, ma sicure sono le immediate proteste che la campagna pubblicitaria creata dalla sua agenzia ha suscitato.
L'Agenzia ebraica, infatti, incoraggiava gli israeliani a fornire ad un centralino i nomi di loro conoscenti ebrei all'estero in procinto di sposarsi, per contattarli telefonicamente e dissuaderli dal concludere matrimoni misti. Veniva offerto loro anche un soggiorno in Israele, allo scopo di rafforzare le loro radici ebraiche.
L'idea sarebbe nata in seguito alla consapevolezza che ormai i matrimoni misti fra gli ebrei della Diaspora superano il 50% e per tale ragione le file del popolo ebraico nel mondo si assottigliano.

(Il Messaggero, 9 settembre 2009)

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Fassino: "L'ebraismo, una presenza forte nelle esperienze della mia vita

di Rossella Tercatin

Ha visitato la Sinagoga Centrale di via Guastalla a Milano, l'onorevole Piero Fassino. Ha ascoltato attentamente la storia della Comunità ebraica milanese e le spiegazioni sul significato del mese di Elul, l'ultimo del calendario ebraico. Ha incontrato i ragazzi dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia e il loro presidente, Daniele Nahum. Si è discusso di Israele e politica estera, ma anche dell'integrazione delle minoranze in Italia, e del contributo che gli ebrei italiani possono offrire. A conclusione di questo momento, l'onorevole Fassino, esponente di spicco del Partito Democratico, nonché uno dei promotori del movimento di Sinistra per Israele, accetta volentieri di raccontare qualcosa di più del suo fortissimo rapporto con l'ebraismo, e con lo Stato ebraico, che è anche parte della sua storia personale e familiare.

Onorevole Fassino, come nasce il suo legame con l'ebraismo?
L'ebraismo è sempre stato presente in modo forte nella mia vita. Io sono cresciuto in una famiglia torinese di tradizione antifascista. Nella mia città, storicamente, la Comunità ebraica è sempre stata molto legata ai movimenti di sinistra. Quando ero bambino, ricordo gli amici ebrei di mio padre che riempivano la casa. Anche nel mio percorso politico ho mantenuto legami di amicizia molto forti con le comunità ebraiche italiane e con Israele.

C'è qualcosa di particolare, come una persona, un episodio, un libro, che può simboleggiare questo rapporto?
È difficile dirlo, ma dovendo scegliere, c'è un ricordo che mantengo particolarmente vivo. Si era nel 1967, all'indomani dello scoppio della Guerra dei Sei Giorni, momento in cui si produsse una frattura terribile tra Israele, che era appoggiato dagli Americani e la sinistra, che prese le parti degli Stati arabi supportati dall'Unione Sovietica. Ricordo che una sera si radunarono a casa nostra molti amici di religione ebraica di mio padre, pieni di apprensione e commozione per quanto stava accadendo, ma anche per il conflitto tra la loro identità ebraica e quella di uomini di sinistra. Insieme scendemmo per le vie di Torino, in una fiaccolata di solidarietà a Israele organizzata dalla Comunità ebraica. Non dimenticherò mai l'emozione dei loro volti, e nemmeno la tensione ideale che vi albergava.
Da un punto di vista di vista culturale, non posso non citare, tra i miei autori preferiti, Amos Oz, Isaac Bashevis Singer, e molti altri, che mi hanno consentito di capire meglio il vissuto e i sentimenti ebraici, e come Israele rappresenti il simbolo di questa identità.

A proposito di Israele, lei c'è stato numerose volte. Cosa vede di diverso in questo paese rispetto a quello che mostrano i media?
La prima cosa che mi colpisce di Israele è il suo cosmopolitismo.
È incredibile come gente proveniente da ogni angolo del mondo riesca non solo a convivere in uno stesso Stato, ma a condividerlo pienamente, nonostante le differenze di origine e di cultura. Ammiro il fatto che l'ebraismo sia riuscito a dare loro una base comune così forte da essere capace di costruire un'identità profonda, ma allo stesso tempo piena di dinamismo. E ammiro Israele perché, pur avendo costruito l'identità della propria popolazione su un fattore religioso, offre un grande esempio di laicità e democrazia.
Penso che l'Italia potrebbe imparare molto da Israele, soprattutto in questo momento in cui, nel nostro paese, la questione del rapporto con lo straniero e con le minoranze è diventata centrale.

Parlando del nostro paese, oggi (ieri ndr) si celebra la Giornata Europea della Cultura Ebraica, che qui riscuote un successo incredibile. Lo scorso anno delle 200 mila presenze in tutta Europa, 50 mila sono state registrate in Italia. Come commenta questo dato?
Un dato senz'altro confortante. Confortante perché significa che la minoranza ebraica in Italia è viva e la sua attività è capace di stimolare interesse e vicinanza nella società italiana. E confortante anche perché dimostra come la società italiana sia lieta di accogliere gli strumenti di conoscenza e di accettazione dell'altro che la comunità ebraica le offre, e che rappresentano un contributo inestimabile nella lotta contro ogni forma di razzismo e xenofobia.

(Notiziario Ucei, 9 settembre 2009)

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Negba approda Bari, il primo Festival in Puglia della cultura ebraica

Ad aprire la due giorni, mercoledì 9 settembre, nella Sala Murat (ore 19.00), il convegno-dibattito su "Satira, umorismo e antisemitismo"

Approda a Bari oggi e domani con due concerti e due convegni, NEGBA, il primo Festival in Puglia della cultura ebraica, promosso dall'Unione Comunità Ebraiche Italiane (Ucei) e dalla Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo con la collaborazione e il sostegno di 7 Amministrazioni comunali. Si chiude a Bari dopo aver visitato tutta la Puglia, NEGBA, il Festival della cultura ebraica, in prima assoluta quest'anno nella nostra regione, promosso dall'Unione Comunità Ebraiche Italiane (Ucei) e dalla Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo con la collaborazione e il sostegno di 7 Amministrazioni comunali: Andria, Bari, Lecce, Oria, Otranto, San Nicandro Garganico e Trani. Quattro gli eventi in programma che tra mercoledì 9 e giovedì 10 settembre catalizzeranno l'attenzione del pubblico di appassionati e curiosi.
Ad aprire la due giorni, mercoledì 9 settembre, nella Sala Murat (ore 19.00), il convegno-dibattito su "Satira, umorismo e antisemitismo", tema caro alla cultura ebraica che su di esso ha costruito tanta letteratura e tanto teatro. A dipanare il filo sottile che collega ironia e umorismo, satira e antisemitismo interverranno David Meghnagi, psicanalista e filosofo, Massimo Bucchi, autore di satira italiana tra i più colti e originali, Luciano Canfora, intellettuale barese e Benedetto Carucci Viterbi, rabbino e direttore delle scuole ebraiche di Roma. In serata poi, nella splendida cornice del Fortino Sant'Antonio (ore 21.30), si esibirà Mor Karbasi, talento emergente per la critica internazionale. Un autentico melting pot culturale l'universo musicale messo in scena dalla cantante israeliana che vive a Londra e canta in spagnolo ebraico, ladino e inglese, ondeggiando tra sonorità tradizionali e influenze moderne. Nuovo spazio al confronto invece giovedì 10 settembre, sempre nella Sala Murat, dove si discuterà de "Le forme della Memoria" e dei modi di fruizione e rappresentazione che l'architettura e l'arte contemporanea hanno prodotto. A raccontare la loro esperienza ci saranno: Daria Bonfietti per il Museo per la Memoria di Ustica; Helena Njiric con la sua testimonianza su Jasenovac, nel Museo di tutte le vittime delle guerre balcaniche, esempio tra i più celebrati della giovane architettura internazionale; Pippo Ciorra per i tanti spazi che in tutto il mondo si interrogano sul senso e le forme per trasmettere e comunicare la Memoria.
A conclusione, sempre al Fortino Sant'Antonio (ore 21.30), i Boogie Balagan in concerto, con l'energia travolgente di un rock ironico e vibrante. Il gruppo franco-israeliano, giudicato la rivelazione del momento, arriva in Italia con un ritmo scatenato e ipnotico, riuscito mix di ironia, rock' n' roll e sonorità mediorientali, per raccontare in parole e musica sogni e inquietudini di una gioventù in guerra da sempre e da sempre in cerca della pace. In caso di pioggia i concerti si svolgeranno nell'Auditorium della Vallisa, a pochi metri dal Fortino Sant'Antonio.

(Sudnews, 9 settembre 2009)

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Non è vero che Israele sta per costruire nuove colonie in West Bank

Nei giorni scorsi l'Europa e gli Stati Uniti hanno continuato il loro pressing su Israele condannando i "nuovi insediamenti" che il governo Netanyahu è in procinto di costruire in Cisgiordania. "Non accettiamo la legittimità di un'espansione continuata degli insediamenti e chiediamo con urgenza che vengano fermati", ha chiesto il portavoce della Casa Bianca Gibbs, mentre l'alto rappresentante della politica estera europea Solana aggiungeva: "La posizione dell'UE è ben nota. Tutte le attività di colonizzazione si devono fermare". Il congelamento degli insediamenti israeliani resta la precondizione di un nuovo round diplomatico con i palestinesi.
Oggi scopriamo di che si tratta quando si parla di "nuovi insediamenti". Sono nuovi permessi per vecchi cantieri, come ha scritto il quotidiano israeliano Haaretz, che non può essere certo definito un megafono della destra religiosa. Le autorizzazioni formalizzate da Netanyahu riguardano 455 nuovi alloggi nelle colonie già presenti in Cisgiordania, da costruire prima che passi l'eventuale moratoria proposta dagli Stati Uniti (il ministro degli esteri Lieberman è tornato a definire Gerusalemme 'capitale indivisibile di Israele' escludendola da ogni tipo di negoziato). Cantieri che, sempre secondo Hareetz, sono già aperti, ma erano stati bloccati dopo essere stati autorizzati dai precedenti governi....

(l'Occidentale, 9 settembre 2009)

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Verbania - Si ricorda la strage degli ebrei sul Lago Maggiore

Otto settembre 1943: la riconquista della libertà da parte di una generazione di giovani a cui era stata negata. Così, Irene Magistrini, vice-presidente della Casa della Resistenza, rievoca l'importanza di questa data che è stata celebrata oggi a Verbania Fondotoce, nel Parco della memoria, con l'inaugurazione del monumento in ricordo della strage degli ebrei sul Lago Maggiore. Alla cerimonia, in programma in mattinata, con un omaggio al Sacrario dei caduti della Resistenza, sono intervenuti il presidente del Comitato Resistenza-Costituzione, Roberto Placido, e la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso.

(Radio News, 8 settembre 2009)

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Israele: premio in denaro per spose ortodosse senza make up

Una borsa di studio a chi evita il make up nel giorno del proprio matrimonio. E' l'iniziativa del seminario Darchei Rachel di Gerusalemme, riservato alle ragazze ebree ultra-ortodosse. Nella vita di tutti i giorni, le allieve sono tenute a osservare il severo regolamento dell'istituto, che vieta il trucco. In occasione delle nozze, però, sono dispensate dall'obbedienza alla regola del volto al naturale. E molte ne approfittano per abbondare col belletto. L'aumento dell'uso di rossetto e affini tra le giovani ultraortodosse ha però messo sul chi vive i direttori del seminario - considerato uno dei più conservatori in ambiente ortodosso - che hanno deciso di dare un incentivo per invertire la tendenza. Secondo il nuovo regolamento, ogni studentessa che si presenterà al futuro sposo col viso struccato avrà in cambio 1000 shekel (circa 200 euro). Il progetto è partito da poco, qualcuno però già si dice scettico: "Non credo che possa funzionare, - dice un educatore - il trucco è accettabile nella cultura ortodossa, e poi quello del matrimonio è un giorno speciale".

(silovoglioweddingplanner, 8 settembre 2009)

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Delegati Fatah ad alto livello a Gaza, per la prima volta dopo il 2007

GERUSALEMME, 8 set. - Per la prima volta dal giugno 2007, quando Hamas ha preso il potere con un colpo di mano, una delegazione del partito nazionalista laico Fatah visitera' la Striscia di Gaza. Lo ha annunciato oggi Nabil Shaath, membro del Comitato centrale di Fatah, aggiungendo che la delegazione avra' incontri con rappresentanti del movimento islamico per la riconciliazione tra le due forze politiche rivali, in vista dei colloqui per la formazione di un governo palestinese di unita' nazionale che riprenderanno alla fine del Ramadan. La delegazione, ha precisato Shaath, includera' alcuni dei nuovi dirigenti di Fatah eletti nel Comitato centrale al congresso del partito che si e' tenuto il mese scorso a Betlemme, in Cisgiordania. Hamas da parte sua ha comunicato di non essere a conoscenza dell'arrivo della delegazione di Fatah ma ha fatto sapere di non avere intenzione di porre ostacoli. "Siamo pronti a stabilire un coordinamento per questa visita e a dare il benvenuto alla delegazione", ha detto Fawzi Barhum, portavoce del movimento islamico. Allo stesso tempo Barhum ha posto dei "limiti" alle possibilita' di movimento e di lavoro dei delegati di Fatah alla luce, ha spiegato, "delle restrizioni che i militanti di Hamas incontrano in Cisgiordania". Il portavoce si riferiva alla detenzione di centinaia di attivisti del movimento islamico nelle prigioni dell'Autorita' nazionale palestinese, formata in gran parte da esponenti di Fatah. Fonti palestinesi nel frattempo continuano a mettere in dubbio un accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas e quindi la possibilita' di formare un governo palestinese di unita' nazionale e di convocare elezioni legislative e presidenziali il prossimo gennaio in Cisgiordania e Gaza.

(Apcom, 8 settembre 2009)

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Germania - Boom di vendite online di film nazisti!

di Cartapazio Bortollotti

La denuncia, dall'Osservatore Romano, dopo la prima uscita lanciata dal tedesco "Die Welt". Un boom di vendite, che come afferma il quotidiano tedesco, molto allarmante!
Die Welt punta il dito contro il colosso statunitense di vendite Online Amazon.
Leggiamo dalla stampa tedesca, questa notizia che è un preciso segnale.
Qualcosa non va!
"Boom inatteso, un successo travolgente, che sta pericolosamente dilagando in tutta Europa". E' quello degli acquisti on line di film nazisti e antisemiti, tra cui il famigerato "Jud Süss", "Süss l'ebreo", del regista Veit Harlan, che "fanno furore in particolare tra i giovani tedeschi e che spesso vengono mascherati come semplice materiale di documentazione storica".
Ad occuparsene, e' l'Osservatore Romano, rilanciando l'allarme del quotidiano tedesco "Die Welt", che punta il dito contro il noto colosso statunitense delle vendite in rete Amazon.

(Reset Italia, 8 settembre 2009)

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L'Australia noleggerà Uav israeliani

(WAPA) - Il ministro della difesa australiano, John Faulkner, ha confermato oggi che il suo governo ha ordinato a noleggio aerei senza pilota a controllo remoto (Uav) israeliani Heron, prodotti da Israel aerospace industries (Iai), da utilizzare in Afghanistan a partire dall'anno prossimo. L'accordo è stato raggiunto con la società canadese MacDonald, dettwiler and associates (Mda).
Il 1o settembre scorso Mda aveva annunciato di aver ottenuto un contratto per la fornitura di sistemi di sorveglianza ad un "Cliente confidenziale", che si è poi dimostrato essere il governo australiano. Gli Uav saranno operativi dall'inizio del 2010 per un periodo di un anno, con opzione per altri due anni. Mda fornirà piena operatività, logistica e manutenzione per inviare informazioni di intelligence in tempo reale direttamente dal teatro operativo.
"Questo contratto -ha dichiarato David Hargreaves, vice-presidente del gruppo canadese- aumenta la capacità di Mda di offrire servizi di sorveglianza aerea avanzati chiavi in mano molto velocemente a clienti con necessità urgenti sia domestiche che di schieramento all'estero".

(Avionews, 8 settembre 2009)

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Israeliano il fabbro campione del mondo

Gottlieb Zeevik
Questo il verdetto del 4o campionato del mondo di forgiatura disputatosi a Stia nell'ambito della XVIII Biennale Europea d'Arte Fabbrile. Grande successo di pubblico e critica per la manifestazione che tornerà nel 2011.
È Gottlieb Zeevik di Israele il fabbro campione del mondo di forgiatura 2009. Questo il verdetto del quarto campionato del mondo che si è disputato a Stia nell'ambito della XVIII Biennale Europea d'Arte Fabbrile. La gara, che ha visto la partecipazione di circa 200 fabbri provenienti da 20 paesi stranieri, aveva come tema Equilibri. Il giovane fabbro israeliano ha preceduto nella classifica individuale l'italiano Antonio Elia e l'austriaco Stradner Alois. Menzione speciale della giuria per il fiorentino Claudio Tempestini.
Viva soddisfazione è stata espressa dal Sindaco di Stia Luca Santini e dalla Presidente dell'Associazione per la Biennale d'Arte Fabbrile Paolo Caleri:
"Siamo soddisfatti dell'ottima riuscita della manifestazione e della grande partecipazione sia in termini di pubblico che di espositori. Il bilancio della XVIII Biennale d'Arte Fabbrile è senza dubbio ottimo visti i moltissimi apprezzamenti ricevuti sia dai fabbri che dai visitatori giunti a migliaia da ogni parte d'Italia. La Biennale si conferma come punto di riferimento nel panorama del ferro battuto e una grande occasione per conoscere Stia, il Casentino e la provincia di Arezzo nell'ottica di un proficuo scambio tra cultura, promozione del territorio e artigianato. Un sentito ringraziamento a tutti i fabbri, agli sponsor, agli enti che ci hanno sostenuto e a tutti quelli che hanno lavorato per la buona riuscita della manifestazione".

(Arezzo Notizie, 6 settembre 2009)

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Israele: svastiche sui muri della sinagoga

Indignazione a Tel Aviv, anche scritte inneggianti a Hitler

TEL AVIV, 6 set - Reazioni indignate a Petach Tikwa (Tel Aviv) dopo la scoperta di graffiti inneggianti a Hitler in una sinagoga cittadina. Svastiche e scritte, tracciate con vernice nera sulle pareti interne ed esterne, sono state notate ieri dai fedeli giunti per partecipare alle preghiere del sabato.
Gia' in passato a Petach Tikwa furono arrestati alcuni giovani di origine russa, sedicenti ''neo-nazisti'', che avevano profanato un'altra sinagoga disegnando svastiche al suo ingresso.

(ANSA, 6 settembre 2009)

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Irving. Parla il «negazionista». Israele protesta con «El Mundo»


Polemiche in Spagna per l'intervista allo storico britannico negazionista David Irving pubblicata dal quotidiano «El Mundo». Due pagine intere, apparse nel nome della libertà di stampa e nonostante le proteste preventive di Israele. L'ambasciatore israeliano in Spagna, Raphael Schutz, fra gli altri, aveva diffidato il giornale dal dare la parola a Irving, noto per le sue tesi in favore del nazismo e di relativizzazione del genocidio di sei milioni di ebrei perpetrato dal Terzo Reich. Il problema, ha avvertito Schutz, «non sono gli antisemiti, che sono ovunque, ma gli editori e i direttori di giornale che decidono di dare loro voce». Anche il capo della diplomazia spagnola Miguel Angel Moratinos, che la settimana prossima sarà in missione in Medio Oriente e in Israele, si è dissociato dalla decisione del quotidiano «pur nel più assoluto rispetto della libertà d'espressione».

(il Giornale, 6 settembre 2009)

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Svezia-Israele - Il Ministro degli Esteri Bildt cancella la visita

Programmata per l'11 settembre. Difficili relazioni tra i 2 Paesi

Carl Bildt
ROMA, 6 set. - Il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, ha cancellato la visita in Israele programmata per l'11 settembre a causa della tensione tra i due Paesi. Bildt ha spiegato la decisione con il cattivo "timing" dovuto ai colloqui in corso tra lo Stato ebraico e gli Usa per il processo di pace. In realtà, fonti del ministero degli Esteri israeliano, secondo quanto scrive l'edizione on-line del quotidiano "Haaretz", indicano il vero motivo della cancellazione della visita nella temuta fredda accoglienza che il ministro svedese avrebbe avuto a Gerusalemme. Le relazioni tra i due Stati non sono felicissime a causa della questione sollevata da un articolo ritenuto antisemita uscito il mese scorso sul tabloid svedese "Aftonbladet", che fantasticava di come i soldati israeliani trafficassero in organi delle vittime palestinesi. Il ministro degli Esteri svedese, attualmente presidente di turno dell'Unione europea, ha rifiutato la richiesta israeliana di condannare l'articolo, appellandosi alla difesa della libertà di stampa.

(Apcom, 6 settembre 2009)

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Israele: stampa, Arad morì nel 1995

Un giornale ritiene di aver risolto il mistero della sorte del giovane aviere

TEL AVIV, 6 set - Il quotidiano Yediot Ahronot ritiene di aver risolto dopo anni un mistero che angoscia gli israeliani: la sorte dell'aviatore Ron Arad. Il giovane, caduto nel Libano del Sud mentre era in missione bordo di un Phantom, sarebbe morto per una malattia nel 1995, mentre era prigioniero in territorio libanese.
Ma solo molti anni dopo i servizi segreti ne hanno avuto una conferma molto attendibile.
La sorte di Arad appassiona ancora l'opinione pubblica, parte della quale e' persuasa che sia vivo.

(ANSA, 6 settembre 2009)

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Giornata ebraica» - A Trani giunti ebrei da Gerusalemme

TRANI - Esponenti delle comunita' ebraiche di Gerusalemme e di diverse città d'Italia sono da stamani a Trani, città italiana capofila della 10/a Giornata europea della cultura ebraica in programma da oggi, il 17 Elul 5769 del calendario ebraico. La manifestazione, al suo primo decennale, quest'anno è dedicata alle feste e alle tradizioni ebraiche. Sono coinvolti 28 Paesi in tutta Europa e tra questi l'Italia con 59 località, tra cui Trani è capofila delle manifestazioni.
Le comunità ebraiche giunte finora a Trani dall'Italia sono quelle di Roma, Bologna, Trieste, Ancona, Torino, Napoli e Sannicandro Garganico (Foggia). Tra i presenti il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. Le iniziative previste per oggi sono partite in ritardo a causa della pioggia. Molti i controlli compiuti da carabinieri e polizia che si avvalgono anche degli artificieri e delle unità cinofile.
Trani, che si trova a circa 50 chilometri a nord di Bari, è stata per un millennio riferimento per tutte le comunità ebraiche nel Mezzogiorno d'Italia. Un percorso bruscamente interrotto nel 1541, quando l'editto di espulsione dal Regno di Napoli, emanato dal re spagnolo Ferdinando, colpì gli ebrei del sud d'Italia. A Trani - oltre le cerimonie previste per oggi - a partire da domani e fino a giovedì 10 settembre, prenderà il via il primo 'Festival della Cultura Ebraica in Puglià chiamato 'Negbà che in ebraico significa 'Verso sud'.

(la Gazzetta del Mezzogiorno, 6 settembre 2009)

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Shoah - A Londra il treno degli ebrei praghesi salvati dal loro 'Schindler'

Centenario, li accoglie in stazione: "E' meraviglioso vedervi qui"

Nicholas Winton accoglie i passeggeri in stazione

ROMA, 4 set. - E' arrivato in orario alla Liverpool Street di Londra il treno speciale da Praga al suo secondo appuntamento con la storia. Un viaggio-omaggio a sir Nicholas Winton, salvatore di 668 bambini ebrei, che ha da poco compiuto 100 anni, tenuti meravigliosamente, ed era alla stazione londinese ad attendere il convoglio, seduto sulla sua sedia a rotelle. Dai vagoni ha visto scendere 170 passeggeri, tra cui 22 di quei sopravvissuti, oggi settantenni e ottantenni, e molti dei loro discendenti, partiti da Praga il 1o settembre scorso per testimoniare di quegli otto treni che negli ultimi mesi di pace, tra marzo e agosto 1939, Winton era riuscito fortunosamente a far partire da Praga per l'ovest, pieni di piccoli profughi come loro. Oggi i discendenti dei 'bambini di Winton' sono circa 5.000 persone. L'idea dei 'kindertransport' per sottrarre i bambini ebrei alla 'soluzione finale' erano un fenomeno già registrato in Europa, ma non c'era nulla del genere per la Cecoslovacchia, e Winton, toccato dalla tragedia dei profughi visti all'indomani dell'invasione tedesca dei Sudeti, e intuendo chiaramente il destino prossimo della Cecoslovacchia, decise di intervenire. Né lui, che tacque per tutta la vita su quella missione compiuta, rivelata solo nel 1984 dalla moglie Grete, né i sopravvissuti credevano avrebbero visto anche questo giorno.Sul binario tra loro abbracci e strette di mano. "E' straordinario rivedervi dopo 70 anni" ha esclamato lui alla stazione, davanti a una folla di alcune centinaia di persone, tra cui altri sopravvissuti alla Shoah, intervenuti ad accogliere il treno. Winton ha ricordato ai presenti sulla banchina come fosse stato complicato trovare per quelle diverse centinaia di bambini profughi altrettante famiglie inglesi pronte ad accoglierli, e come avesse organizzato il loro incontro in stazione, "proprio qui a Liverpool Street" ha ricordato, all'arrivo di ognuno degli otto convogli fatti partire da Praga in una corsa contro il tempo. "In ogni modo tutto alla fine andò bene, ed è meraviglioso vedere gli effetti anche ora, perché la storia sarebbe potuta finire in modo del tutto diverso" ha proseguito Winton.

(Apcom, 4 settembre 2009)

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Israele, un algoritmo per decifrare testi antichi

Un gruppo di ricercatori israeliani sostiene di aver sviluppato un programma per computer in grado di decifrare testi antichi fino ad oggi considerati illeggibili. La scoperta, osserva l'agenzia Reuters, potrebbe segnare un progresso nell'archeologia e aprire la strada a una sorta di motore di ricerca in stile Google per documenti storici.
Il software messo a punto dal team israeliano è basato su un algoritmo simile a quelli utilizzati dai programmi che si trovano nei computer delle forze dell'ordine per identificare e comparare le impronte digitali. L'obiettivo del team dell'Università Ben-Gurion del Negev è scoprire il significato di lettere e parole, anche scritte a mano, impresse in manoscritti facendo risparmiare agli studiosi ore e ore di studio per ogni documento.
"Con l'algoritmo che abbiamo elaborato il computer può ricreare con accuratezza porzioni di testo andate perdute con il passare dei secoli", ha detto Itay Bar-Yosef, uno dei ricercatori coinvolti nel progetto. "Più testi il programma analizza, più diventa veloce e accurato", ha aggiunto.
Il computer esamina copie digitali dei manoscritti, assegnando valori numerici a ogni pixel di scrittura, a seconda di quanto è scuro. Separa gli scritti dallo sfondo e poi identifica linee, lettere e parole. Il programma riesce ad analizzare gli le scritture fatte a mano e lo stile: in questo modo è in grado di inserire le porzioni di testo mancanti in documenti sbiaditi dal tempo.
Secondo i ricercatori, che finora hanno lavorato in prevalenza su testi ebraici antichi, il programma potrebbe essere pronto per gli addetti ai lavori nel giro di due anni. In un'epoca in cui le biblioteche di tutto il mondo acconsentono alla creazione di copie digitali dei volumi che ospitano, il software israeliano potrebbe spingere colossi come Google o Microsoft a sviluppare un motore di ricerca per testi antichi.

(TGCOM.it, 4 settembre 2009)

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Soldati di Israele sulla Piazza Rossa

Parteciperanno per la prima volta a parata festa annuale Mosca

TEL AVIV, 4 set - I soldati israeliani si apprestano a marciare per la prima volta su Mosca: si tratta di 45 membri della banda dell'esercito israeliano. Il gruppo partecipera' alla parata per la festa annuale insieme alle orchestre militari di Italia, Francia, Gb, Scozia, Kazakhstan e a diverse compagini di casa. Gli orchestrali in divisa si schiereranno prima in forma di candelabro a sette bracci, uno dei simboli piu' antichi dell'ebraismo, e poi scriveranno con i loro corpi la parola 'shalom'.

(ANSA, 4 settembre 2009)

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"Colonie" - Netanyahu vuole accelerare prima della moratoria

TEL AVIV - Il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, e' intenzionato ad autorizzare l'avvio della costruzione di alcune centinaia d'altre unita' abitative nelle colonie ebraiche della Cisgiordania (territorio palestinese), prima di cedere alla pressioni americane per un congelamento almeno temporaneo degli insediamenti funzionale al rilancio del processo di pace. Lo riferiscono oggi i media online di Tel Aviv, riportando anticipazioni riferite da una fonte anonima interna allo staff del primo ministro. La fonte non ha indicato un numero esatto, ma ha detto che le autorizzazioni riguarderanno ulteriori progetti accanto ai 2500 nuovi attualmente gia' in costruzione. Si tratterebbe di una segnale della volonta' del premier - di fronte alle resistenze ad ogni forma di congelamento che salgono dalla sua coalizione a maggioranza di destra e dal suo stesso partito, il Likud - di dimostrare di non voler abbandonare il movimento dei coloni, nonostante qualche possibile concessione momentanea alla moratoria sollecitata dall'amministrazione Obama e dalla comunita' internazionale. La fonte ha d'altronde sottolineato che restano ancora da definire i termini e i limiti di una eventuale adesione concreta dell'attuale governo israeliano alle richieste americane di un congelamento. Secondo dati ufficiali resi noti ieri, negli ultimi otto mesi il numero dei nuovi progetti edilizi avviati da Israele in Cisgiordania e' diminuito del 34% rispetto al 2008. Tuttavia organizzazioni non governative segnalano al contempo un incremento gia' in atto a Gerusalemme est (che il governo Netanyahu non considera terra d'insediamenti, ma parte della ''capitale indivisibile ed eterna d'Israele''). Attualmente in Cisgiordania vivono circa 300.000 coloni ebrei, mentre a Gerusalemme est (annessa di fatto da Israele nel 1967, ma non riconosciuta come territorio israeliano dalla comunita' internazionale) se ne contano ormai oltre 200.000. Intanto il presidente israeliano Shimon Peres si e' detto fiducioso per il processo di pace in Medio Oriente. ''Ci sono buone chances - ha detto a Cernobbio, dove nel pomeriggio sara' relatore al forum economico denominato Workshop Ambrosetti - che le trattative riprendano entro fine mese sotto l'egida dell'Onu''.

(ANSAmed, 4 settembre 2009)


Il faraone non voleva che gli ebrei si moltiplicassero e per questo aveva deciso di far morire tutti i nuovi nati maschi. Il nuovo faraone adesso è Obama - dicono i “coloni” - che non vuole che gli ebrei degli insediamenti abbiano la possibilità di crescere.
Per farglielo sapere hanno appeso dei poster con la scritta “Let my people grow” (lascia crescere il mio popolo).









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Israele, mostra provocatoria: donne kamikaze dipinte come Madonne rinascimentali

Sette kamikaze palestinesi rappresentate adesso come Madonne rinascimentali che abbracciano Gesù Bambino: questa l'idea provocatoria di due pittrici israeliane, Galina Bleich e Lilia Check, che nella serata di giovedì presenteranno al pubblico sette delle loro opere nel Beit Sokolov, il circolo stampa di Tel Aviv.
Come prevedibile, la loro iniziativa sta destando prime proteste di esponenti politici e di congiunti delle vittime degli attentati terroristici compiuti dalle giovani donne palestinesi.
Al quotidiano Yediot Ahronot la pittrice Lilia Check ha detto di essersi interrogata sulla metamorfosi di una donna "che dovrebbe essere l'incarnazione dell'amore e della maternità in uno strumento di odio".
"Accanto ai quadri - ha aggiunto l'artista - sono esposte zolle di terra prelevate dai luoghi dove sono avvenuti gli attentati e sono ricordate le vittime. Vogliamo avvertire che l'attuale periodo di calma potrebbe essere solo transitorio"
Secondo Yediot Ahronot un deputato del Likud ne ha chiesto la chiusura ma il responsabile del circolo stampa ha replicato di essere tenuto a rispettare la libertà di espressione artistica.

(blitzquotidiano, 3 settembre 2009)

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Libano, Hezbollah in possesso di armi chimiche

ROMA, 3 set - Il deposito di armi di Hezbollah esploso il 14 luglio scorso nei pressi del villaggio di Hirbet Salim, nel Sud del Libano al confine con Israele, conteneva anche armi chimiche. A rivelarlo oggi è il quotidiano kuwaitiano Al-Siyassa, che cita fonti di intelligence europee. Degli undici miliziani rimasti uccisi, tre sarebbero morti per intossicazione chimica. Per 24 ore dopo l'esplosione Hezbollah ha negato l'accesso alla zona all'esercito regolare libanese e alle forze Unifil, ma dalle indagini successive alcune tracce di armi chimiche sono comunque state individuate. Il gruppo sciita libanese ha cercato di negare persino l'esistenza di un deposito di armi, che a meno di 20 chilometri dal confine con Israele sarebbe in violazione delle risoluzioni dell'Onu. Eppure, si sospetta che Hezbollah abbia disseminato circa 35 tra depositi e postazioni oltre i limiti consentiti.
Secondo le stesse fonti di intelligence europee, che operano sul terreno in Libano insieme alla forza Unifil, Hezbollah avrebbe recentemente ricevuto una fornitura di maschere e altro equipaggiamento da guerra chimica, di granate e missili a corto raggio con testate chimiche, e sarebbe sul punto di ricevere anche armi biologiche. Il materiale sarebbe stato spedito per via aerea dall'Iran in Siria, e da qui fatto arrivare in Libano. Secondo i rapporti d'intelligence trasmessi a un certo numero di capitali dell'Unione europea e al comando generale della Nato a Bruxelles, Hezbollah avrebbe costruito dallo scorso dicembre diversi depositi che contengono armi chimiche. Sarebbero sparsi per lo più lungo il tragitto Damasco-Beirut, nel centro del Paese, e lungo entrambe le sponde del fiume Litani, soprattutto nei pressi di Tiro, cioè al di fuori dell'area in cui sono dispiegate le forze Unifil. La fornitura di equipaggiamenti protettivi da guerra chimica e biologica, avvertono fonti della Difesa tedesche, indicano l'intenzione di Hezbollah di usare missili a lunga gittata e armi chimiche contro Israele in un futuro conflitto.

(il Velino, 3 settembre 2009)

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Bari - Negba, verso il mezzogiorno: il primo Festival della Cultura Ebraica in Puglia

Prenderà avvio dal prossimo 6 settembre la prima edizione del Festival della Cultura Ebraica, nata come "salto di qualità" rispetto alla Giornata Europea dedicata all'ebraismo, alla sua decima edizione.
L'iniziativa comprende mostre, spettacoli teatrali, conferenze e persino cene di cucina tradizionale, ramificate in tutte le Province della Regione: Trani, Andria, San Nicandro, Lecce, Otranto, Oria....

(Puglialive, 3 settembre 2009)

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Gaza, al via nuovo programma di aiuti finanziato dall'Italia

ROMA, 3 set - La direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs) della Farnesina ha approvato un finanziamento di quattro milioni di euro per la realizzazione di un Programma di emergenza per il sostegno della popolazione palestinese residente nella Striscia di Gaza. Dei fondi, un milione sarà destinato a iniziative sul tema della Salute; un milione e 200 mila per Acqua e ambiente, Territorio e Gestione risorse naturali; 600 mila euro per Agricoltura e sicurezza alimentare; un milione per Istruzione, Tutela dei gruppi vulnerabili e promozione del ruolo della donna e, infine, 200 mila euro verranno utilizzati per sostenere i costi di gestione. Per quanto riguarda il primo tema, verranno avviate iniziative di sostegno alle autorità locali per la riabilitazione e messa in sicurezza di strutture tecniche sanitarie per l'erogazione dei servizi di base alle categorie vulnerabili colpite dal conflitto; verranno fornite attrezzature sanitarie, farmaci e consumabili per le strutture sanitarie, inclusi i campi profughi; formazione del personale per migliorare l'erogazione di servizi di base e saranno forniti servizi sanitari per categorie fortemente colpite dal conflitto, in particolare per malati cronici e pazienti con disabilità fisiche, mentali, uditive.
Sulla seconda tematica si lavorerà per aiutare le autorità tecniche locali per l'erogazione dei servizi essenziali di loro competenza (acqua potabile, gestione rifiuti e acque reflue) Per la fornitura di emergenza di attrezzature per la gestione delle acque reflue, la riparazione e l'adeguamento dei beni e dei servizi di base. Identificazione, acquisto e fornitura di strumenti e beni di emergenza per il potenziamento dei servizi pubblici. Per la fornitura di materiali e attrezzature per la corretta distribuzione di acqua potabile. Per il supporto alla riabilitazione e ricostruzione di infrastrutture idriche danneggiate. Per la fornitura di attrezzature per la potabilizzazione. Per l'acquisto di attrezzature per la dissalazione dell'acqua e per attività di formazione e sensibilizzazione per il corretto utilizzo dell'acqua in situazioni di emergenza. Sull'Agricoltura e sicurezza alimentare, invece, verranno avviate attività agricole di recupero dei terreni danneggiati. Saranno creati orti familiari in aree bonificate. Si costruiranno cisterne per uso familiare. Si riabiliteranno strutture per l'irrigazione dei terreni agricoli e si procederà all'acquisto e installazione di serbatoi d'acqua per animali d'allevamento.
Nel settore Istruzione, Tutela dei gruppi vulnerabili e promozione del ruolo della donna, infine, verranno creati spazi di supporto psico-sociale; saranno sostenute le strutture già esistenti per l'attivazione di azioni per il superamento del trauma; si organizzeranno attività ludico-ricreative per il superamento del trauma e sessioni di sensibilizzazione sulle tematiche di protezione dei minori. Verranno inoltre potenziati i meccanismi di protezione sociale; saranno riabilitazione le strutture educative danneggiate e gli spazi ludico-ricreativi già esistenti; si farà attività di formazione e verranno forniti beni essenziali e di supporti educativi per i minori e le loro famiglie. Infine verranno supportati gli insegnanti e le strutture educative e saranno forniti servizi di protezione sociale per categorie vulnerabili, sostegno al ruolo della donna e creazione di opportunità socio-economiche.
Le attività in tutti i settori saranno realizzate in gestione diretta dall'Unità tecnica locale (Utl) della Dgcs a Gerusalemme e sono in linea con le Linee guida e di programmazione per il triennio 2009-2001 della Cooperazione italiana. Peraltro, il Programma identifica specifiche azioni mirate a favorire il miglioramento all'accesso ai servizi primari in un contesto di emergenza strutturata e di possibile crisi umanitaria, determinata dal recente blocco della Striscia di Gaza e dall'ultima operazione israeliana. Inoltre, le attività saranno definite avendo come target specifici le categorie più vulnerabili della popolazione palestinese residente nella Striscia di Gaza: donne e bambini. Sul primo fronte l'obiettivo è permettere la creazione di opportunità socio-economiche ed educative. Sul secondo, invece, verranno poste in essere iniziative di tutela e promozione dei diritti fondamentali dei bambini, degli adolescenti e dei giovani, considerata la grave situazione riscontrata sul terreno in termini di patologie post-traumatiche da stress.

(il Velino, 3 settembre 2009)

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L'Onu come Hamas: niente Shoah nei libri delle scuole Unrwa di Gaza

E' una dato di fatto che Hamas neghi la persecuzione e l'annientamento di 6 milioni di ebrei durante il regime nazista. Ora, però, l'organizzazione terroristica palestinese intende imporre tale revisionismo, oltre che alle scuole dalla stessa gestite a Gaza, anche agli altri istituti estendendo il divieto di inserire cenni alla Shoah anche nei libri di storia adottati nelle scuole gestite dall'Onu. Ovviamente e, come sempre, l'Onu, si adegua alle decisioni di Hamas. Infatti, nelle scuole di Gaza finanziate dall'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per gli aiuti ai civili palestinesi, sarà previsto l'uso di un libro consono ai dettami di Hamas.
Alle accuse di negazionismo e filo-nazismo, il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha risposto che il diniego di Hamas deriva da altre ragioni. «Al di là di quella controversia - spiega Abu Zuhri - ci opponiamo all'introduzione del "cosiddetto" Olocausto nei libri di testo perché la mossa rafforzerebbe le tesi di chi legittima l'occupazione della terra palestinese».

(Abruzzo Liberale, 3 settembre 2009)

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Iran, il ministro della Difesa è un ricercato per terrorismo

Dopo una maratona durata due giorni, il parlamento di Teheran chiamato ad esaminare i 21 ministri del nuovo governo del presidente, Mahmoud Ahmadinejad ha deciso: confermato alla Difesa un ricercato dall'interpol per un suo presunto coinvolgimento di un attentato contro una sinagoga in Argentina avvenuto nel 1994; bocciate due donne ministro; e per la prima volta nella storia della Repubblica islamica, ha dato la fiducia ad una donna per guidare il dicastero della Salute.
Il Majilis al Shura (parlamento) ha proceduto al voto singolarmente per ogni ministro. Tre dei ministri proposti dal presidente riconformato nel contestato voto presidenziali dello scorso 12 giugno, non hanno ottenuto la fiducia del parlamento. Ed ora, il presidente deve proporre altri nomi.
Il ministro della Salute confermato, è la ginecologa Marzieh Vahid Dastjerdi.
Secondo quanto riferito dalla tv di stato, i deputati hanno invece negato la fiducia a tre dei 21 ministri. I bocciati sono i ministri dell'Energia, dell'Istruzione e del Welfare. Queste ultime due sono donne.
Il ministro della Difesa, Ahmad Vahidi, ricercato dall'Interpol nell'ambito di un'inchiesta su un attentato avvenuto nel 1994 alla sede dell'Associazione ebraica di Buenos Aires che provoco' 85 morti e 200 feriti, è stato il più votato.
Ahmadinejad aveva chiesto al parlamento di confermare i suoi ministri «in blocco» «per fare contento la guida suprema», Ali Khamenei. Così non è stato anche se il numero dei bocciati è stato inferiore alle previsioni della vigilia, viste le numerose critiche piovute dal campo conservatore sui nomi di alcuni ministri giovani ritenuti «inesperti».

(Il Secolo XIX, 3 settembre 2009)

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Olanda: gruppo arabo sotto processo per una vignetta sull'Olocausto

La Lega araba europea (Ael) è finita sotto processo in Olanda per aver pubblicato sul suo sito una vignetta a sostegno della tesi che l'Olocausto fu un'invenzione degli ebrei. La vignetta mostra due uomini che, vicini a un gruppo di cadaveri su cui campeggia un cartello con la scritta Auschwitz, dicono in sostanza che forse quei morti non sono ebrei, ma devono comunque arrivare a essere sei milioni. Per il pubblico ministero, secondo quanto riportano i media olandesi, la vignetta può essere ritenuta discriminatoria e quindi offensiva nei confronti degli ebrei.

(L'Unione Sarda, 2 settembre 2009)

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Palestinese in galera Israele, da analfabeta a laureato

Storia di un ex detenuto oggi leader al Fatah

ROMA, 2 set. - "Grazie al carcere israeliano sono un uomo vivo" dice Fahad Abu al Haj. Entrato in carcere "analfabeta", è uscito dopo 10 anni "letterato, autore di tre libri e addirittura dirigente del movimento al Fatah" e a giorni discuterà la tesi di laurea all'Università. E' la storia di questo palestinese , raccontata da lui stesso al quotidiano panarabo al Sharq al Awsat. L'uomo, oggi 47enne, venne arrestato nel 1978 in Cisgiordania dai soldati dello stato ebraico. Quando arrivò nel carcere di Bir al Saba'a "non sapevo leggere nè scrivere perchè fino ad allora avevo passato la mia vita tra le pecore e le terre di mio padre", racconta Abu Jihad. Ma il giovane miliziano del movimento di Resistenza palestinese si sente presto "un peso per i compagni" e prova "vergogna perchè non ero in grado di scrivere una lettera alla mia famiglia". E così decide di "risparmiare i soldi per comprare penne e quaderni" e di frequentare un corso di lingua all'interno del carcere, dedicando agli studi anche "18 ore al giorno". "Piangevo perchè non sapevo scrivere", dice oggi, alla soglia del "sogno". Sposato e padre di 6 figli, Abu Jihad, a giorni discuterà la tesi di laurea sulla "prima esperienza democratica palestinese" con un docente dell'Università Libera d'Olanda venuto in Cisgiordania per lui. Abu Jihad ha conseguito la maturità nella scuola del carcere dove ha scritto il suo primo libro: "i cavalieri dell'Intifada parlano da dietro le sbarre". Ne sono seguiti altri due. Uscito dal carcere nel 1985, ha ottenuto il "Diploma Superiore" all'Università israeliana di Gerusalemme. "Senza porre limiti alle mie ambizioni negli studi", ricorda il suo passato e dice al cronista di al Sharq al Awsat, che "allora ero una nullità, oggi, grazie al carcere, sono un uomo vivo". Il vecchio combattente di un tempo elogia anche indirettamente la democrazia israeliana, quando spiega che "la prima esperienza di elezioni democratiche palestinesi" fu quella delle comunali del 1976, ma "cinque anni prima, il nostro movimento di detenuti aveva eletto già nel 1971 la sua leadership all'interno delle carceri israeliane".

(Apcom, 2 settembre 2009)


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Israele. Primi passi verso la «pace economica»

Primo incontro del nuovo corso Netanyahu tra autorità israeliane e palestinesi

Bassem Khoury e Silvan Shalom
Il vicepremier israeliano Silvan Shalom e il ministro palestinese dell'Economia Bassem Khoury, si sono incontrati oggi a Gerusalemme, per il primo incontro in oltre sei mesi tra autorità di così alto livello dello Stato ebraico e dell'Anp. Si è trattato inoltre del primo incontro tra esponenti dei
due governi da quando il premier israeliano Benjamin Netanyahu è entrato in carica a marzo. Fino a oggi, infatti, i ministri palestinesi avevano sempre boicottato le controparti israeliane.
Come si apprende dal sito del quotidiano «Haaretz», durante i colloqui al King David Hotel, Shalom e Khoury hanno discusso di alcune strategie economiche per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi. Secondo fonti ufficiali, l'agenda dell'incontro prevedeva anche un confronto sull'ipotesi di alleggerire le restrizioni per l'ingresso in Israele di uomini d'affari e altre personalità palestinesi.
Al centro del colloquio, a cui hanno partecipato alcuni funzionari dei due esecutivi, anche la proposta di creare aree industriali congiunte, con l'obiettivo di realizzare quella che Netanyahu ha più volte definito come «pace economica».

(Vita.it, 2 settembre 2009)

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"Morte a Israele": così Teheran incorona anche il ministro stragista

di Gian Micalessin

Il Parlamento iraniano approva con cori antisemiti la nomina del nuovo responsabile della Difesa, ricercato per terrorismo

Il presidente Mahmoud Ahmadinejad lo ripete da giorni. «Voglio scelte pulite, vogliamo - ripete parlando dei 21 fedelissimi proposti come ministri del suo nuovo esecutivo - promuovere la giustizia, preservare la dignità nazionale, raggiungere il progresso e fronteggiare i prepotenti». Sia fatta la sua volontà. Da ieri, grazie al voto entusiasta del Majlis, il parlamento iraniano, il presidente ha al fianco un ministro della Difesa all'altezza del programma. Lui si chiama Ahmad Vahidi e non è un politico qualsiasi. Lui è un super ricercato inseguito da un mandato di cattura internazionale, un generale con tanto di foto nella lista dei latitanti dell'Interpol, un ex capo pasdaran sospettato di aver progettato l'attentato del 18 giugno 1994 al centro della Comunità ebraica di Buenos Aires costato la vita a 85 persone.
Per usare le parole del procuratore argentino Alberto Nisman, titolare da anni dell'inchiesta sulla strage, il generale Vahidi - capo negli anni 90 della Brigata Al Quds, l'unità dei Guardiani della rivoluzione responsabile delle operazione speciali all'estero - è «l'elemento chiave nella pianificazione e nella decisione dell'attentato». Tra le stanze del nuovo «walhalla» iraniano dominato dai duri e puri di regime quei sospetti diventano autentici attestati di benemerenza. «Quelle accuse non hanno alcun effetto anzi giocheranno a suo favore», avvertiva Alaeddin Boroujerdi, presidente della commissione incaricata di vagliare le nomine ministeriali, rispondendo alle critiche di chi in Argentina e negli Sati Uniti definiva un insulto la nomina di un sospetto terrorista. E così, ieri, mentre i portavoce iraniani contrattaccano accusando il sistema giudiziario argentino di non aver esibito una singola prova contro il generale - l'aula del Majlis acclama la nomina del grande inquisito sottolineandone il gradimento al grido di "morte a Israele". In quello slogan - così caro ai deputati oltranzisti - c'è la sintesi di tutti i sospetti su Vahidi, già sottosegretario alla Difesa nel precedente governo, e sulla strage di Buenos Aires. Una strage messa a segno, si dice, per vendicare il rapimento e la deportazione in Israele di Mustafa Dirani, un capo di Hezbollah responsabile, a suo tempo, della detenzione di Ron Arod, l'aviatore israeliano scomparso in Libano negli anni 80. Quei sospetti, nelle parole del capo della commissione difesa Gholam Reza Karami, uno dei più entusiasti sostenitori del generale, «sono la dimostrazione di come la nomina sia l'unica risposta possibile alle mosse della lobby ebraica».
Nell'aula del Majlis non tutti i 21 candidati di Ahmadinejad possono contare su una simile scontata approvazione. Chi non possiede un cursus honorum paragonabile a quello del «ricercatissimo» ministro della Difesa rischia di dover superare le forche caudine. Ne sa qualcosa Sussan Keshavarz, la candidata al ministero dell'Istruzione costretta ieri a rispondere alle critiche di quanti non la considerano all'altezza dell'incarico e dei religiosi che la vorrebbero depennata per il solo fatto di esser donna. Se riuscirà a convincere il Majlis la signora Keshavarz diventerà, assieme alle colleghe Marzieh Vahid Dastjerdi e Fatemeh Ajorlu designate al dicastero della Salute e a quello Welfare, una delle prime tre donne ministro della Repubblica islamica.
In attesa di queste e altre nomine indispensabili per varare il suo esecutivo Mahmoud Ahmadinejad studia come evitare le nuove sanzioni minacciate dalla Casa Bianca e dalla comunità internazionale per bloccare i suoi progetti nucleari. La platea prescelta stando alle voci sarebbe anche stavolta l'Assemblea delle Nazioni Unite. Sfruttando quell'auditorio e la presenza dei media di tutto il mondo il presidente conta di lanciare nuove offerte capaci di arginare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza. «L'Iran ha pronta una proposta aggiornata sulla questione nucleare ed è pronto a discuterne con le potenze internazionali» - ha annunciato ieri il capo dei negoziatori Saeed Jalili. Mesi fa il presidente americano Barack Obama aveva intimato all'Iran di rispondere entro fine settembre alle offerte avanzate a suo tempo dai 5 più 1, la controparte internazionale composta dai rappresentanti del Consiglio di sicurezza (Pechino, Mosca, Londra, Washington e Parigi) e da quelli del governo di Berlino.

(il Giornale, 2 settembre 2009)

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Unifil separa le mucche israeliane dagli stagni libanesi

ROMA, 2 set - Caschi blu di nazionalità spagnola inquadrati nella missione di peacekeeping Unifil II dispiegata nel Libano meridionale sono impegnati nella costruzione di recinti di filo spinato attorno allo stagno di Kfarshouba nella regione libanese dell'Arkoub. Lo rivela la National News Agency di Beirut spiegando che il lavoro dei militari punta a impedire che le mucche israeliane che pascolano libere nell'area inquinino le acque dello stagno situato nei pressi del confine. La Nna ha anche reso noto che questa opera degli uomini di Unifil, forse non espressamente prevista nelle regole d'ingaggio, è stata accordata dal comando dei caschi blu su richiesta dell'amministrazione di Kfarshouba con l'assenso dell'esercito libanese. "I militari stanno costruendo dei pali in cemento - conclude l'agenzia libanese - un processo che li impiegherà per tre giorni e alla fine del quale il recinto sarà completato con il filo spinato per tenere alla larga le mucche".

(il Velino, 2 settembre 2009)

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La Siria libera terrorista dell'Achille Lauro

"Vado verso la morte" aveva detto Al Molqui durante il trasferimento da Palermo a Roma al fine di imbarcarsi per il volo diretto a Damasco.
Figuriamoci, invece, se le autorità siriane potevano giustiziare un terrorista campione di antisemitismo come Youssef Maged al Molqui, capo del commando palestinese che assaltò la nave da crociera Achille Lauro il 7 ottobre 1985. Durante il sequestro i terroristi uccisero un cittadino americano di origini ebraiche, Leon Klinghoffer, disabile costretto sulla sedia a rotelle. Il corpo di Klinghoffer fu gettato in mare in pasto ai pesci.
Il commando sbarcò dalla nave su una pilotina per raggiungere Alessandria d'Egitto, dove si imbarcò su un aereo che venne poi catturato dai caccia americani e fatto atterrare nella base di Sigonella. I prigionieri, però, non vennero consegnati alle autorità statunitensi ma processati a Genova. Al Molqui, condannato a 30 anni di reclusione dalla Corte d'Assise di Genova per quel sequestro e l'uccisione di Klinghoffer, aveva scontato 20 dei 23 anni e 8 mesi di carcere, pena ridotta per buona condotta.
Ora, come confermato da sua moglie Carla Bianco, Al Molqui è un uomo libero. Libero anche di tornare ad uccidere.

(Abruzzo Liberale, 2 settembre 2009)

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Commemorato a Praga il treno che nel 1939 salvò 669 bambini ebrei

Un treno verso la salvezza, quello che nel 1939 permise a 669 bambini ebrei di scampare alla furia nazista, e trovare rifugio a Londra. A organizzarlo fu l'inglese Nicholas Winton, che in quegli anni si trovava a Praga, impegnato accanto alle migliaia di rifugiati che lo scoppio della guerra cominciava a produrre.
La storia di questo Schindler britannico rimase sconosciuta per cinquanta anni, e per tutto questo tempo molti dei bambini scampati all'olocausto, come Ruth Hallova, non hanno saputo chi abbia loro salvato la vita. "Non avevamo paura", dice l'anziana donna, "anzi ci sentivamo fortunati di essere lì. E' straordinario che dopo 70 anni sia nelle condizioni fisiche di rifare quel tragitto".
Il treno oggi ripercorre quel cammino di 70 anni fa, quasi come un monito a non dimenticare. Adesso Nicholas Winton ha raggiunto la soglia dei cento anni di età, e vive in Gran Bretagna. Più volte decorato dalla regina Elisabetta e dalla Repubblica Ceca, è stato in passato anche candidato al premio Nobel per la pace, in seguito ad un appello firmato da 32.000 studenti europei.

(euronews, 1 settembre 2009)

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La sapete l'ultima dell'Onu? L'Olocausto non esiste

di Gian Micalessin

Hamas non vuole che un libro finanziato dal Palazzo di Vetro e destinato ai giovani palestinesi parli della Shoah. E le Nazioni Unite si adeguano

Per gli integralisti non esiste. E per l'Onu si può continuare a ignorarlo. Da fine agosto la storia dell'Olocausto si ferma a Gaza. A deciderlo con una draconiana imposizione e una supina accettazione ci stanno pensando i signori di Hamas e i rappresentanti del Palazzo di vetro nella Striscia. Il diktat - capace di bloccare l'inserimento dell'Olocausto nei testi scolastici palestinesi - è roba di questi giorni. Tutto inizia con il sussurrio di tre insegnanti di Gaza pronti a scommettere sull'arrivo nelle classi riservate ai tredicenni di un libro di storia con un capitolo dedicato alle persecuzioni degli ebrei nell'era nazista. Il libro, finanziato dall'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per gli aiuti ai civili palestinesi, si preannuncia come un'autentica novità studiata per infrangere il tabù che da 60 anni impedisce di citare l'Olocausto nelle scuole palestinesi. A smentire gli insegnanti ci pensa una lettera dei Comitati popolari per i rifugiati, l'organizzazione di Hamas responsabile dei campi profughi. «Non permetteremo che i nostri figli studino una menzogna inventata dai Sionisti e propagandata dai loro organi di stampa, l'Olocausto non è un fatto storico accertato, vogliono aggiungerlo ai nostri libri per far leva sulle emozioni dei nostri bimbi» - ammonisce una lettera dei Comitati popolari recapitata a John Ging, capo dell'Unrwa nella Striscia. Altra benzina sul fuoco arriva dal predicatore fondamentalista Younis Al Astal secondo cui insegnare l'Olocausto equivale a far circolare una menzogna studiata per fornire un alibi agli ebrei e a far dimenticare le sofferenze del popolo palestinese.
A conferire valore di legge al «pronunciamento» integralista ci pensa però l'Unrwa. Il portavoce dell'agenzia Adnan Abu Husna anziché protestare innesta la retromarcia, si adegua alla tesi fondamentalista e chiarisce che «nei correnti libri di testo non esistono riferimenti all'Olocausto». Come dire scherzavamo, non pensiamo certo di regalare spazio a simili bagatelle. Lo scorso luglio i capi dell'Unrwa erano già stati accusati dagli israeliani di concordare con Hamas la distribuzione degli aiuti dell'Onu e di concedere all'organizzazione integralista il controllo di un'importante fetta dei fondi destinati alla ricostruzione della Striscia.
Il tema dell'Olocausto è da sempre, comunque, un argomento ostico per i palestinesi. E non solo per quelli legati ad Hamas. Negli anni '70 il presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas si laureò in Unione Sovietica discutendo all'Università orientale di Mosca una tesi dedicata alle «relazioni segrete tra il nazismo e i capi del movimento Sionista». Nella tesi, pubblicata in arabo nel 1983 Abbas cita le tesi dello storico Robert Faurisson e di molti altri negazionisti per ridimensionare le cifre dell'Olocausto. «Dopo la guerra - spiega Abbas - si diffuse la voce che tra le vittime...vi fossero almeno sei milioni di ebrei... in verità nessuno può confermare o negare quel dato... lo storico e autore Raoul Hilberg ritiene che non superi le 890.000 unità». A trasformare l'Olocausto in un nuovo tabù - soprattutto per le formazioni finanziate da Teheran - contribuiscono le prese di posizione del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad volte a negare la verità della Shoah. Secondo il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri il niet dell'organizzazione deriva però da altre ragioni. «Al di là di quella controversia - spiega Abu Zuhri - ci opponiamo all'introduzione del "cosiddetto" Olocausto nei libri di testo perché la mossa rafforzerebbe le tesi di chi legittima l'occupazione della terra palestinese».
Intanto la ripresa dei negoziati di pace tra il governo israeliano e l'Autorità palestinese si fa sempre più remota. Ieri il presidente Mahmoud Abbas ha detto di non voler partecipare alla trattativa sino a quando Israele non imporrà un effettivo congelamento delle colonie. Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha invece lanciato un duro monito al premier dell'Anp Salam Fayyad che nei giorni scorsi aveva preannunciato la nascita, entro due anni, di uno Stato palestinese "di fatto". Lieberman ha sottolineato l'impossibilità di fissare una data limite per l'accordo finale e ha diffidato l'Anp dal prendere decisioni unilaterali minacciando una reazione israeliana.

(il Giornale, 1 settembre 2009)

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Giornata della Cultura Ebraica - Uno sguardo all'Europa

di Rossella Tercatin

In tutta Italia fervono i preparativi per la Giornata della Cultura Ebraica che si svolgerà domenica 6 settembre.
Nel nostro paese questa manifestazione riscuote un grande successo, ricordando che lo scorso anno, nella Penisola, hanno preso parte all'evento oltre 50 mila persone, a fronte dei 200 mila visitatori complessivi in tutta Europa.
La rassegna italiana si distingue per ricchezza e numero di centri coinvolti, a maggior ragione data l'esiguità numerica degli ebrei italiani rispetto alla popolazione, ma la Giornata della Cultura Ebraica, quest'anno incentrata sul tema "Feste ebraiche e tradizioni", coinvolgerà centinaia di città sparse per altri 26 stati europei.
Un paese in cui questa manifestazione, organizzata dal B'nai B'rith Europe, European Council of Jewish Communities e Spanish Jewry Network, assume una particolare rilevanza è la Gran Bretagna, dove gli eventi legati alla Giornata della Cultura Ebraica si protrarranno per dieci giorni. In tutto il Regno Unito verrà celebrato il contributo dato dalla Comunità ebraica inglese alla storia e allo sviluppo del Paese, con conferenze, spettacoli, possibilità di visitare sinagoghe, cimiteri e musei. Di particolare interesse poi saranno gli itinerari guidati alla scoperta della storia degli ebrei d'Inghilterra, come ad esempio The First Jews of London - London's Medieval Jewish Community 1169-1290 ("I primi ebrei a Londra - La Comunità ebraica di Londra nel Medioevo 1169-1290") domenica 6 settembre, o una speciale tour a tema ebraico del Parlamento inglese che si terrà a Westmister mercoledì 16, guidato da Lord Janner, già presidente della Board of Deputies of British Jews, una delle principali organizzazioni ebraiche inglesi.
In Francia, dove la Giornata della Cultura Ebraica ebbe la sua prima esperienza a livello locale, a Strasburgo nel 1996, si avranno eventi in numerose regioni. A Parigi il programma prevede in particolare conferenze in diverse sinagoghe, ciascuna incentrata su particolari ricorrenze, dal Capodanno allo Shabbat, che saranno condotte da importanti personalità dell'ebraismo francese, come il Gran Rabbino di Parigi David Messas, che terrà nel pomeriggio una conferenza sul matrimonio ebraico alla Grande Synagogue de la Victoire, al termine della celebrazione di due autentici matrimoni, eccezionalmente aperta al pubblico.
Nell'organizzazione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, un ruolo importante viene giocato dalla Spagna, attraverso lo Spanish Jewry Network. Quest'anno gli eventi si susseguiranno per tutta la prima settimana di settembre. Data la ben nota ricchezza della storia ebraica in Spagna, l'offerta risulta particolarmente variegata, spettacoli, visite dei numerosi luoghi significativi da un punto di vista storico, conferenze.
Una curiosità: nella città di Segovia, situata nella Comunità autonoma di Castiglia e Leòn, è disponibile un elenco di ristoranti in cui dall'1 al 7 settembre saranno offerti piatti tipici della cucina sefardita.
In Svizzera saranno particolarmente attive le città di Zurigo e Ginevra, mentre a Lugano ci sarà incontro con il professor Chiappini, rettore dell'università di teologia di Lugano, nella sala conferenze della Chiesa Evangelica e un concerto del coro Kol Hakolot.
Il programma della Germania propone conferenze su tutti gli aspetti dell'ebraismo e numerosissimi concerti in oltre venti città, mentre la novità di quest'anno è rappresentata dalla partecipazione di Amburgo, in cui si terranno varie lezioni, tra le altre cose sulle feste di Sukkot e Pesach, oltre alle visite guidate dell'Amburgo ebraica e, anche qui, a vari concerti.
Partecipano a questa decima edizione della Giornata della Cultura Ebraica anche Belgio, Bulgaria, Danimarca, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Norvegia, Polonia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ucraina (per i programmi completi www.jewisheritage.org). Quest'anno manca purtroppo all'appello la Turchia, presente nelle scorse edizioni con numerose iniziative, che evidenziavano tra l'altro i legami tra la Comunità ebraica turca e quella italiana.
Un po' dappertutto sarà possibile visitare sinagoghe e cimiteri ebraici, spesso in disuso, oltre che assistere a conferenze, concerti e rassegne gastronomiche, sempre molto amate.
Il successo che la Giornata della Cultura Ebraica ottiene ogni anno, ha spinto il Consiglio d'Europa a creare, nell'ambito del programma "Europa - Una tradizione comune", che ha lo scopo di mettere in luce l'apporto dei diversi popoli e paesi alla cultura europea, un "Itinerario europeo della tradizione ebraica", i cui siti percorrono l'Europa da Nord a Sud, e da Est a Ovest.
Proprio in questa direzione, va letta la speciale attenzione che viene dedicata in tutti i paesi, oltre che al tema principale delle feste e tradizioni, a evidenziare l'intreccio tra la storia nazionale e il ruolo che vi hanno giocato gli ebrei.
La Giornata Europea della Cultura Ebraica, che quest'anno festeggia i suoi dieci anni con un bilancio decisamente positivo, rappresenta un importante strumento per far conoscere tutto questo ai popoli di tutta Europa, soprattutto nei paesi dove l'ebraismo, che un tempo rappresentava una componente importante della società civile, oggi è quasi scomparso.

(Notiziario Ucei, 1 settembre 2009)

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È il momento dei romanzieri «yiddish». E un attentatore palestinese dialoga con il superstite

Autunno ed ebraismo insieme: non è peregrina come ipotesi, poiché l'autunno, a guardar bene, ha una malinconia che possiamo ben dire ebraica - va be', più yiddish che ebraica, più «Chagall», persino nei colori - ma comunque ce l'ha. E allora vediamo le uscite editoriali israelite di questa rentrée. Per La Giuntina - casa editrice di riferimento per il settore (e prima a pubblicare, nel 1995, la Nemirovsky con Un bambino prodigio, ristampato una settimana fa) - usciranno diversi autori di calibro. Primo tra tutti, l'85enne Sami Michael, nato a Baghdad e fuggito in Iran nel 1948, autore di 11 romanzi, tre saggi e tre opere teatrali che l'hanno collocato tra i più grandi scrittori di origine sefardita. Esce da noi con Tempesta tra le palme, storia della convivenza - proprio a Baghdad - tra musulmani e cristiani. Il libro fa parte della collana «Israeliana», dedicata alla letteratura ebraica contemporanea: la stessa dove usciranno - a fine mese e all'inizio del prossimo - anche La tempestosa vita di Lazik di Ilja Ehrenburg, tragicomico ritratto di un'epoca (quella sovietica) e di un ebreo errante sballottato tra mille brillanti quanto effimeri successi mondani, e Via Zamenhof, una conversazione di Roman Dobrzynski con Zaleski-Zamenhof, il nipote dell'inventore dell'esperanto, che aveva 14 anni quando i nazisti occuparono Varsavia e arrestarono, per eliminarli, tutti i componenti della sua famiglia. Mondadori, invece, arriverà in libreria verso fine mese con La mia storia, la tua storia di Assaf Gavron, racconto a due voci: quella di uno yuppie di successo diventato celebrità nazionale per esser scampato a diversi attentati dove altri hanno trovato la morte, e quella di Fahmi Sabih, terrorista palestinese che da bambino ha assistito alla morte di sua madre sotto i colpi dei soldati israeliani.

(il Giornale, 1 settembre 2009)

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